Il regista di Il Destino di un Cavaliere, Brian
Helgeland, spiega perché il sequel del film non è andato
avanti in casa Netflix. Distribuita nel 2001, la commedia d’azione
ambientata in un finto Medioevo racconta la storia di William
Thatcher interpretato da Heath
Ledger, uno scudiero contadino che si atteggia a
cavaliere e si sforza di raggiungere la gloria nelle gare di
giostre. Il film ha avuto un modesto successo al botteghino, ma ha
poi sviluppato un seguito appassionato, in parte grazie alla
performance carismatica di Ledger.
In una recente intervista per
Inverse, Helgeland rivela che
esistevano diverse idee per Il Destino di un Cavaliere
2. Lo sceneggiatore e regista spiega che un’idea è
arrivata addirittura a suscitare l’interesse di Sony, ma una
collaborazione pianificata con Netflix sul progetto è andata in
pezzi a causa dei dati algoritmici di quest’ultima società.
Quando abbiamo finito Il
Destino di un Cavaliere, stavamo già pensando di
realizzare il seguito, un film sui pirati. La trama ruotava attorno
al conte Adhemar che rapiva Jocelyn e la portava a Costantinopoli.
Ma tutti vengono messi in schiavitù quando vengono poi rapiti dai
pirati. C’è un prigioniero sulla barca che ha una mappa del tesoro
tatuata sulla schiena, ma continua a essere fustigato per
indisciplina. I ragazzi si offrono volontari per farsi frustare a
turno al posto di questo prigioniero, così la mappa non viene
cancellata. Sony non voleva farlo.
Mi è stata proposta un’altra
idea che riguardava la figlia di William. Paul
Bettany mi chiamò dopo aver cenato con Alan
Tudyk, e i ragazzi avevano l’idea che William fosse morto durante
una guerra. Tuttavia, William ha una figlia adolescente che vuole
fare una giostra, ma non le è permesso perché è una donna.
Rintraccia la banda e loro accettano di insegnarle a giostrare, ma
deve nascondere la sua vera identità. Così le tagliano i capelli
corti e lei parla con una voce profonda, eccetera.
L’ho proposto a Sony perché ne
possiede i diritti e sembrava che fossero interessati a realizzarlo
con Netflix, distribuendolo come film Netflix. A quanto mi risulta,
Netflix ha testato l’idea di un sequel attraverso i propri
algoritmi, i quali hanno indicato che questa idea non avrebbe avuto
successo. Il Destino di un Cavaliere sembra
diventare sempre più popolare ogni anno che passa; è la cosa più
strana.
Helgeland non lo specifica, ma i
suoi commenti suggeriscono che la spinta per un sequel non si è
verificata fino a dopo la morte di Heath Ledger
nel 2008. Entrambe le idee per la storia, dopo tutto, non includono
William. Anche se sarebbe sicuramente interessante riprendere la
storia con il resto del cast del film, che include Paul
Bettany, Alan Tudyk, Rufus Sewell, Mark
Addy e Shannyn
Sossamon, ad un sequel mancherebbe uno degli
ingredienti chiave che rendono l’originale tanto amato: Ledger,
appunto.
Nel 1964, il regista Michelangelo
Antonioni gira il suo nono lungometraggio, dal titolo
Il deserto rosso. Ci ricordiamo la
storia, incentrata sul personaggio di Giuliana. Moglie del
dirigente industriale Ugo, il quale pare incapace di capirla, lei,
complice un incedente d’auto, comincia a vivere una fase
depressiva, che neppure l’amicizia (prima) ed il tradimento (dopo)
con l’Ing. Corrado salveranno dal suo acuirsi.
Il film s’intitola
Il
deserto rosso, con due sole parole. Un
sostantivo, che rinvia alla fredda o meglio scheletrica
architettura del Polo petrolchimico a Ravenna, e poi un aggettivo,
che rinvia all’unica tonalità (presente dappertutto: negli abiti,
nelle pareti, nelle condutture, nei parapetti ecc…) almeno
teoricamente in grado di rivitalizzare lo spleen esistenzialistico
dei personaggi. Antonioni ama le carrellate che portano la macchina
da presa a risalire, o di contro a ridiscendere, i vari edifici. Il
film Il deserto rossoinizia
mostrandoci il fumo industriale, da una coppia di soffioni.
Contraddicendone la risalita, tramite il vento, la macchina da
presa si sposta in discesa, inquadrando gli operai, i quali
dovrebbero andare a lavoro (siccome in quelle ore la Cgil
ha indetto uno sciopero). E’ la prima testimonianza estetica
dell’incomunicabilità visiva, la quale supporterà i dialoghi mai
conclusi fra i vari personaggi, in tutto il film.
La metafora del fumo industriale è
interessante: nel film i personaggi dialogano in maniera
confusionaria; il fumo degli scarichi industriali risale in aria
formando delle volute, molto lente e pesanti da percepire; i
dialoghi dei personaggi hanno spesso un’ambizione intellettuale,
alla fine, però, ne escono solo dei giri di parole. Gli esempi sono
numerosi, anche il personaggio in apparenza più stabile
(assumendosi le responsabilità che gli competano, quantomeno in
ambito lavorativo), ovvero l’Ing. Corrado, giunge a dire: “Io
nasco a Trieste, ma la mia famiglia s’è trasferita a Bologna; da
solo ho vissuto prima a Milano, poi a Bologna, mentre adesso non
saprei dove andare”. La protagonista Giuliana (con la grande
recitazione di Monica Vitti, musa di Antonioni sia dentro sia fuori
il set, per dieci anni) pensa nella confusione di se stessa in
specie quando racconta i propri sogni. Abbiamo l’impressione che
lei non concluda un vero discorso perché si sente letteralmente in
un altro mondo.
Ricordiamo una scena in cui la
protagonista ha la testa quasi nascosta, dentro la tappezzeria del
divano: di nuovo, è la metafora del fumo industriale che,
pericolosamente, non risale per disperdersi in aria, ma rimane a
contorcersi, nel piano orizzontale del vissuto materiale. La regia
poi rinforza la nostra comprensione inconcludente di Giuliana, con
la sinestesia. La sirena di una nave mercantile va virtualmente a
perforare la testa della donna, impedendole persino di vivere. Le
onde sonore sostituiscono il fumo industriale. L’intero film è
montato per inquadrature i cui elementi tagliano continuamente se
stessi. Nella scena iniziale, ad esempio, gli operai passano da
destra a sinistra (in orizzontale), mentre Giuliana ed il figlio
Valerio s’avvicinano a noi, dalla profondità (dunque in verticale).
L’incomunicabilità visiva del film presuppone che i loro incroci
saranno solo fittizi. Il gruppo degli operai non si fermerà innanzi
a Giuliana e Valerio, o viceversa e le persone rinunceranno al
contatto reale (conoscendosi).
Più in generale, è caratteristico
che Antonioni in molti film inquadri i protagonisti a sfuggire gli
uni sugli altri. Giuliana pronuncia la sua frase sconclusionata, e
quando l’Ing. Corrado le si avvicina, lei ha già camminato oltre.
Soprattutto, nel film Deserto rosso, l’incomunicabilità
dello sfuggire ci pare insistita, per la complicità
dell’architettura industriale. Le tubature inevitabilmente seguono
un percorso a zig-zag, nel contrasto fra le pareti ed i
piani. Qualcosa di simile accade nel continuo stop and go di
Giuliana, che si riverserà sull’Ing. Corrado. Antonioni insiste
molto a mostrare che le persone si appoggiano alle pareti,
inquadrandole in diagonale, perché quelle potrebbero cadere da un
momento all’altro. Quando Giuliana ha un momento d’intimità, sia
col marito sia con l’Ing. Corrado, innanzi ai loro corpi può
comparire il più freddo e striminzito parapetto del letto. Torna la
metafora estetica del taglio, per avvertirci che la passione della
protagonista è solo momentanea.
Per il filosofo Sartre, se qualcuno
immagina, accade che la sua coscienza diventi essenzialmente
libera. Così l’io soggettivo si renderebbe del tutto autonomo,
rispetto all’alterità. Invece, se la coscienza stesse a percepire,
le mancherebbe la sua libertà. Un’opera d’arte si pone in via
certamente materiale, così, noi ci aspetteremmo che essa vada
unicamente percepita. Invero, l’arte per Sartre sarà fruita con la
sola facoltà dell’immaginazione. Sappiamo che lui segue un
indirizzo filosofico di tipo essenzialmente esistenzialistico. Ciò
significa che tutta la realtà si fa come tale solo in quanto essa
appare nella coscienza d’un certo (singolo) uomo. L’io soggettivo
che definisce una qualunque persona va costituendo ogni ente del
mondo. La realtà si fa come tale perché un certo individuo ne ha la
sua coscienza.
Questa conclusione definisce il
tema filosofico della cosiddetta intenzionalità, che ciascuna mente
umana porta sempre con sé. Sartre spiega che noi abbiamo
inevitabilmente coscienza di qualcosa. Ciò vale sia per gli enti di
tipo astratto, sia per quelli più semplicemente materiali. La
necessità che noi ammettiamo il medium del di spiega il classico
tema fenomenologico dell’intenzionalità. Però, nell’opera
d’arte resta accettato che nessuno ha coscienza di quella in via
solo percettiva. Un fenomeno estetico ha pure una dimensione
concretamente materiale. Questa va intrinsecamente a richiamare un
atto intenzionale, il quale risulta di stampo sempre
immaginario.
Nel film
Il
deserto rosso, sarebbe facile limitarsi a
percepire il suono della nave mercantile. Durante la scampagnata
dei dirigenti industriali, nella casetta del pescatore, solo
Giuliana ha voglia d’immaginarlo, in maniera creativa. La sirena
della nave letteralmente si trasferisce dentro la testa della
donna. Giuliana è quasi un’esistenzialista, se in lei la realtà
circostante deriva dall’apparenza della sua immaginazione. Nel
contempo, la regia insiste a visualizzare il posizionamento della
scenografia, più che i singoli oggetti. L’Ing. Corrado cerca
d’avvicinarsi a Giuliana, ma lei ha già camminato oltre. Così, noi
vediamo solo il posizionamento del primo sulla seconda. Le tubature
industriali si percepiscono per i loro incroci spezzati (a
zig-zag). Di nuovo, conta il loro posizionarsi. E’ il problema
dell’intenzionalità, se parliamo di filosofia. La scelta
fotografica di colorare alcuni elementi col rosso spinge
l’osservatore ad isolarli, nel loro ipotetico calore.
Presumibilmente, quelli avrebbero dovuto simboleggiare la rinascita
(la rivitalizzazione) dal grigio mondo industriale. In realtà, i
personaggi del film alla fine continueranno ad evitarsi. Giuliana
non rinasce nemmeno sognando la sabbia rosa dell’isola Budelli, a
La Maddalena.
Per Sartre, la coscienza di chi
concettualizza può conoscere (grazie alla sua riflessione
intellettuale) quella che, inizialmente, aveva soltanto percepito
qualcosa. Invece, l’immaginazione si definisce come tale quando una
persona prova a capire unicamente la mera intenzionalità. La
coscienza di chi fantastica si delinea sempre riguardando
l’inevitabilità della mente che si posizioni. Con l’immaginazione,
succede che il fenomeno estetico venga inteso unicamente perché lo
si deve intendere. Tramite l’opera d’arte, la coscienza
contemplativa si riferisce solo al suo inevitabile farsi di se
stessa. Non ci sono altri rimandi.
Con la fantasticheria, la coscienza
si fa del tutto autonoma, attiva e spontanea. Di contro,
percependo, accade che noi restiamo passivamente condizionati dal
mondo in cui ci troviamo, tramite una precisa situazione
esistenziale. Per Sartre, l’immaginazione si darà avendo la
coscienza d’un fenomeno esteriore, che sfugga sia alla sensazione
sia al pensiero. Innanzi all’opera d’arte, l’intenzionalità è
letteralmente di tipo impercettibile. Ma essa non può unicamente
(essenzialmente) riflettere. Ciò avviene dal momento che
l’immaginazione si pone in via sempre esteriore, laddove il
pensiero si trova necessariamente interiorizzato. L’intenzionalità,
di stampo appena impercettibile, per Sartre va a nientificare la
più immediata sensibilità del corpo. Con l’opera d’arte, il
contemplatore sa finalmente che la coscienza è unicamente di se
stessa. Allora immaginare significa intendere con la mente un
oggetto che risulti solo posizionato dall’Io. Qui la coscienza non
si fa più condizionare dal piano della realtà materiale (che invece
va sempre percepita). L’immaginazione diventa per Sartre una vera e
propria forma di negazione universale, ossia tanto del mondo
concreto quanto di ciascuna riflessione intellettuale.
Nel film Deserto rosso, la
protagonista Giuliana all’improvviso chiede all’Ing. Corrado se lui
vota a destra oppure a sinistra. Lui rilancia: quella prima domanda
ne aprirebbe una seconda, anche più importante: “Credi o non credi
in Dio?”. L’Ing. Corrado ritiene che in ogni caso loro siano
innanzi ad “un problema troppo grande da risolvere”. E’ il momento
in cui la riflessione intellettuale si fa inutile, in mezzo ad una
natura (la materia del mondo) che si percepisce come squamosa e
viscida, complici gli scarichi industriali. Nel film Deserto
rosso, la battuta del “Credi o non credi in Dio?” si risolve
forse laicamente nel “Mi pare un problema che noi possiamo solo
porre”. Alla nientificazione degli affetti fra le persone,
s’accompagna la nientificazione dell’ambiente.
Esce nei cinema –
il 2 luglio 2020, distribuito
da Cine1 Italia, Il Delitto
Mattarella per la regia di Aurelio
Grimaldi, co-prodotto da Cine 1
Italia e Arancia Cinema e
in qualità d’investitore esterno dalla
società Edilizia Acrobatica SpA, con il
supporto della Sicilia Film
Commission e Sensi
Contemporanei. Il film si avvale di un ricco
cast siciliano, composto da Antonio Alverario, Claudio
Castrogiovanni, Nicasio Catanese, David Coco, Vincenzo Crivello,
Francesco Di Leva, Donatella Finocchiaro, Lollo Franco, Sergio
Friscia, Ivan Giambirtone, Leo Gullotta, Guia Jelo, Francesco La
Mantia, Vittorio Magazzù, Tuccio Musumeci, Tony Sperandeo, Andrea
Tidona.
Un vero e proprio tributo alla
memoria di Piersanti Mattarella da parte
degli attori siciliani coinvolti nel progetto che si avvale, a sua
volta, di una troupe interamente siciliana. Aurelio
Grimaldi da anni raccoglie materiali
sul caso-Mattarella. Dopo l’elezione del
fratello Sergio al Quirinale ha scritto una sceneggiatura densa di
fatti e documenti, con l’intento di combattere l’oblio in cui è
caduta la vicenda. Tra i personaggi le prime due cariche dello
Stato, Sergio Mattarella e l’allora
Presidente del Senato Pietro Grasso, che
quel 6 gennaio 1980 era un giovane PM di turno e quindi titolare di
inizio indagini sull’omicidio.
“Piersanti Mattarella – sottolinea
Grimaldi – è una figura ingiustamente
dimenticata. A Roma e Milano non esiste nemmeno una via a lui
dedicata. La discrezione della impeccabile famiglia e del fratello
Presidente della Repubblica sono senza pari”.
Il Delitto Mattarella, la sinossi
6 gennaio 1980. Il
Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella si sta
recando a Messa con la sua famiglia. Un giovane si avvicina al
finestrino dell’auto e spara a sangue freddo a Piersanti e lo
uccide. Pur nel disorientamento del momento con una serie di
depistaggi verso il terrorismo di sinistra, il delitto apparve
anomalo per le sue modalità. Il giovane Sostituto Procuratore
di turno, quel giorno dell’Epifania, sarà Pietro Grasso, futuro
Procuratore Antimafia e Presidente del Senato. Le indagini
saranno proseguite dal Giudice Istruttore Giovanni
Falcone, che scoverà pericolose relazioni tra Mafia, Politica,
Nar e neofascisti, banda della Magliana, Gladio e Servizi
Segreti. Il film ricostruisce il clima politico che ha
preceduto l’omicidio: protetto a Roma dal Segretario della DC
e dal Presidente della Repubblica Pertini, Mattarella è totalmente
avversato dai capicorrente siciliani del suo
partito. Mattarella non disturbava solo gli equilibri in
essere nella DC ma entrava a gamba tesa sugli affari e gli
accordi tra politica e mafia, la quale, per l’omicidio Mattarella,
si allea con l’estrema destra romana neofascista in cambio
dell’evasione dal carcere Ucciardone del leader Concutelli. Ma
l’omicidio Mattarella è anche la storia di una famiglia, di esseri
umani, di valori e ideali perseguiti con sincero spirito di
servizio e afflato solidale: aspetti che nel film hanno un
ruolo centrale. Aurelio Grimaldi ripercorre quei tragici
giorni con occhio attento e sensibile.
Arriva su Sky una nuova docu-serie
che raccoglie materiali d’archivio e testimonianze inedite su un
caso di cronaca nera ancora molto discusso. Il delitto di
Ponticelli. L’ombra del dubbio è la docu-serie Sky
Original prodotta da Sky e Groenlandia, dal 22
aprile in esclusiva su Sky Documentaries dalle 20.15 tutti gli
episodi, in streaming solo su NOW e disponibile on
demand.
La trama della docu-serie Il delitto di
Ponticelli. L’ombra del dubbio
È il 3 luglio 1983, Rione Incis,
Ponticelli, Napoli. I corpi di Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, di
7 e 10 anni, vengono ritrovati nel greto del torrente Pollena. Sono
posizionati uno sopra l’altro, semi carbonizzati, ricoperti di
ferite da arma da punto e taglio. L’autopsia rivelerà tentativi di
abusi e violenze sessuali. “Il massacro di Ponticelli” lascia un
segno indelebile, anche in una comunità abituata a contare i morti
della feroce guerra di camorra in atto in quegli anni. Per quasi
due mesi giornali e tv non parlano d’altro. Chi può aver compiuto
un simile orrore? Nonostante in un primo momento le indagini si
fossero concentrate su un pregiudicato che sembrava il colpevole
perfetto, il 4 settembre 1983 vengono arrestati a sorpresa tre
ragazzi incensurati, tra i 18 e i 20 anni: Ciro Imperante, Giuseppe
La Rocca, Luigi Schiavo. Il processo tarda a partire e dopo quattro
anni, tra Poggioreale e soggiorni obbligati, arriva la condanna,
confermata in Appello e Cassazione. Ergastolo, fine pena mai – si
legge sulla sentenza. Una sentenza che è la conseguenza di una
serie di testimonianze e confessioni su cui si estende l’ombra
lunga del dubbio dovuta a presunte violenze perpetrate durante gli
interrogatori e a un possibile ruolo giocato dalla camorra.
Dal 2015 Ciro, Luigi e Giuseppe
sono uomini liberi, dopo aver trascorso più di 27 anni di carcere
insieme, nella stessa cella, professandosi ogni giorno innocenti.
Nell’estate 2022, dopo tre richieste di revisione respinte, la
Commissione antimafia ha votato all’unanimità la proposta di
indagare sulle infiltrazioni camorriste che avrebbero inquinato le
indagini. Oggi i tre sono in attesa che una nuova Commissione
proceda con l’audizione dei testimoni chiave e con la tanto sperata
revisione del processo. E se chi avesse ucciso le due bambine fosse
ancora in giro? E se Ciro, Giuseppe e Luigi fossero davvero vittime
di uno dei più grandi errori giudiziari della storia del nostro
paese?
A quasi quarant’anni dal massacro,
il caso è tornato alla ribalta coinvolgendo anche il governo. I tre
accusati tornano a parlare della loro storia in questa docu-serie
in quattro episodi. Oggi Giuseppe, Ciro e Luigi continuano la loro
battaglia per ottenere la revisione del processo, in attesa che una
nuova Commissione Parlamentare proceda con l’audizione dei
testimoni chiave.
Il delitto di Ponticelli.
L’ombra del dubbio è una docu-serie Sky Original, prodotta
da Sky e Groenlandia. Di Emanuele Cava, scritta da Matteo Billi,
Emanuele Cava con Shadi Cioffi. Regia di Christian Letruria. In
esclusiva tutti gli episodi su Sky Documentaries dalle 20.15 del 22
aprile, in streaming solo su NOW e disponibile anche on demand.
In prima tv su Sky, domenica
30 e lunedì 31 gennaio alle 22.55, andrà in onda il documentario in
due puntate Il Delitto di Cogne, che si prefigura
di ricostruire la vicenda giudiziaria e mediatica che venne messa
in piedi intorno al delitto efferato che vide protagonista il
povero Samuele, di soli 3 anni.
Sono passati vent’anni
da quella sciagurata mattina in cui il piccolo venne trovato morto
nel letto dei genitori, nella loro villetta nei pressi di Cogne, un
paesino montano in Val D’Aosta. Le molte domande ancora aperte, il
processo, le fasi della difesa, e l’epilogo con la condanna
dell’unica indiziata, la madre, Annamaria
Franzoni, sono il fulcro di questo documentario che
racconta gli eventi attraverso la voce di chi li ha vissuti in
prima persona.
Le voci coinvolte sono infatti quelle dei giornalisti –
tra cui Alessandra Comazzi de La Stampa, Michele
Cucuzza e GigiIorio, il primo fotoreporter ad
arrivare sulla scena del crimine – che hanno raccontato in prima
persona quello che hanno vissuto e visto insieme alle testimonianze
del Procuratore Capo di Aosta, MariadelSavioBonaudio, e dell’avvocato della Franzoni, CarloTaormina.
Il Delitto di Cogne
Un delitto racchiuso in
soli 8 minuti: tra le 8:16, quando Annamaria esce di casa con
l’altro figlio Davide, fino alle 8:24, orario in cui dice di essere
rientrata. In mezzo, il mistero. Un mistero che per anni è stato
raccontato con ossessione da tutti i media. Otto minuti che hanno
cambiato la vita di una famiglia e il modo di raccontare il crime
in Italia. Come accadde anche con la tragedia di Vermicino, anche
in questo caso la stampa (qui anche la televisione) raccontò la
vicenda minuto per minuto, udienza per udienza, con la costruzione
di un vero e proprio caso mediatico che uscì dalle aule dei
tribunali e dalle stanze delle indagini, per entrare nelle case di
tutti gli italiani che volevano sapere se davvero questa donna
aveva ucciso suo figlio.
Il 21 maggio
del 2008, a sei anni dall’infanticidio, la Corte Suprema di
Cassazione ha riconosciuto colpevole Annamaria Franzoni
condannandola in via definitiva a 16 anni.
Il Delitto di
Cogne è una produzione originale Crime+Investigation,
prodotto da Simona Ercolani di Stand By Me
per A+E Networks Italia. Scritto da Simone Passarella, a cura di
Lorenzo De Alexandris, produttore esecutivo Fabrizio Forner. La
regia è di Claudio Pisano.
Come spesso accade in
questo tipo di prodotti, il racconto è molto classico, legato a
testimonianze, immagini di repertorio anche molto forti, interviste
e resoconti dei protagonisti dell’epoca. Tra tutte le testimonianze
riportate, però, sicuramente quella dell’Avvocato Taormina,
difensore di Franzoni, è tra quelle più interessanti e sfumate, la
vera cartina di tornasole di un caso che presenza ancora oggi
moltissimi interrogativi.
L’omicidio di Samuele Lorenzi
L’omicidio di Samuele
Lorenzi ha avuto una rilevanza mediatica inconsueta, qualcuno dice
grazie al magnetismo enigmatico emanato da Annamaria Franzoni, ed è
diventato uno di quei casi di cronaca nera rimasti impressi nel
ricordo collettivo, un caso che, a distanza di tanti anni, divide
ancora l’opinione pubblica in innocentisti e colpevolisti. Gli
stessi che, all’epoca, hanno posto al centro del loro interesse non
la ricerca dell’assassino di Samuele, ma la condanna o meno di sua
madre.
Il Debito di
John Madden, remake di HaHov, film israeliano del
2007 diretto da Assaf Bernstein, racconta la storia di tre giovani
agenti del Mossad, David, Stefan e Rachel, i quali nel 1966 si
trovano nella Berlino Est per catturare il famigerato criminale
nazista Vogel, conosciuto come Il chirurgo di Birkenau,
per processarlo in Israele.
I tre giovani portano dentro gli
orrori della guerra, a qualcuno di loro sono venute a mancare
persone care e questo è il loro modo di cercare giustizia. La
tensione è alta e qualcosa non va secondo i piani…l’operazione
fallisce ma i tre agenti decidono di insabbiare il caso. A distanza
di trent’anni però, la verità verrà inevitabilmente a galla e
toccherà a Rachel saldare il debito con la propria coscienza, la
propria famiglia e il proprio popolo.
Il Debito, il film
Il Debito è un
film con delle alte potenzialità, legate soprattutto ai temi della
guerra e dell’antisemitismo che però non sono approfonditi a
dovere; il regista li accenna soltanto. L’importanza della verità,
l’enorme senso di colpa che deriva dal vivere nella menzogna, il
conflitto tra la ragione di stato e del cuore, la tradizione ebrea
sono elementi solo rintracciabili, quando avrebbero potuto essere
il motore di un film di qualità.
Evidentemente John
Madden ha preferito puntare sulle caratteristiche tipiche
di un thriller best-seller come i colpi di scena, i combattimenti e
le storie d’amore. Nessun dubbio sulla qualità degli attori, in
grado di mimetizzarsi, di cambiare accento e modo di muoversi; in
particolare non si può fare a meno di citare Jessica Chastain (The
Tree of life) e Helen Mirren che hanno rappresentato in maniera
realistica la sofferenza di una Rachel rispettivamente giovane nel
’66 e anziano 30 anni dopo. Deludente invece il famoso Sam Worthington (Avatar),
incapace di esprimere i celati tormenti del giovane David.
Ma è nel finale che il film trova
il suo momento peggiore. Se inizialmente, grazie ai colpi di scena,
alla bravura degli attori, ai colori della fotografia, le atmosfere
e costumi d’epoca e ai temi, anche se solo accennati
dell’olocausto, il film scorreva e destava l’attenzione, nel finale
quell’armonia sembra cedere. Tutto si fa caotico e si chiude
frettolosamente e il debito dello stato israeliano alla fine passa
in secondo piano. Il Debito uscirà nelle sale
italiane il 16 settembre con il titolo tradotto Il Debito.
La notizia che la Warner
Bros. Discovery ha pianificato di riavviare essenzialmente
il suo universo cinematografico DC (ufficiosamente
soprannominato DCEU) con James Gunn e Peter Safran che
assumono il ruolo di co-responsabili dei neo-costituiti DC
Studios è sembrata andare a genio alla maggior parte dei
fan, in particolare a quelli che erano dell’opinione che il
franchise avesse un estremo bisogno di una revisione da molti
anni.
James Gunn ha anche chiarito che questa è solo
la prima parte di questo progetto, a cui se ne aggiungeranno molti
altri. Il regista ha dimostrato di essere abile nel destreggiarsi
tra diversi progetti contemporaneamente, ma c’era comunque il
timore che sarebbe pututo essere anche troppo per uno come lui,
soprattutto se si tiene conto del fatto che attualmente sta
co-gestendo uno studio cinematografico, scrivendo e dirigendo
Superman:
Legacy e supervisionando (o almeno partecipando)
a numerosi altri film e serie tv. È molto, e sembra che le cose non
stiano andando così bene come James Gunn vorrebbe farci credere.
Durante l’episodio di questa
settimana di The Hot Mic, Jeff
Sneider (fonte che si è rivelata tra le più attendibili a
Hollywood) afferma che, secondo la sua fonte, il DCU è un “casino”. Non condivide molti
altri dettagli, ma aggiunge che è sorpreso che altri organi di
stampa non abbiano riportato quanto ha sentito.
Onestamente, se questo fosse vero,
non sarebbe una sorpresa, considerando la quantità di lavoro che
comporta la costruzione di un intero universo cinematografico e
televisivo, praticamente dalle fondamenta, e non dovrebbe essere
necessariamente motivo di preoccupazione.
È inevitabile che ci siano alcuni
problemi iniziali mentre James Gunn e Peter Safran si stanno
organizzando, e non possiamo immaginare che abbiano pensato che non
avrebbero incontrato alcuni problemi importanti prima che questo
franchise rinnovato cominciasse a prendere forma.
Se le cose sono ancora più caotiche
di quanto pensiamo, potremmo leggere maggiori dettagli a breve. Per
ora rimaniamo ottimisti e aspettiamo almeno di vedere come
procedono Creature
Commandos e Superman:
Legacy prima di dare per spacciato il DCU!
L’universo DC inizia davvero
con l’uscita di Superman, con la mente geniale James Gunn che finalmente svela molti elementi
incredibilmente emozionanti sul futuro del franchise. Il
film di James Gunn su Superman è stato a lungo
considerato il vero inizio dell’universo DC, nonostante l’uscita di
Creature Commandos nel dicembre 2024. Superman
dovrebbe dare il via a una serie di
film e serie TV nel Capitolo Uno della DCU, intitolato Gods and
Monsters, che molti ritengono consisterà nei progetti che James
Gunn ha rivelato nel gennaio 2023.
Da allora, Gunn e il suo numeroso
team hanno messo a punto questo primo capitolo della DCU, che ha indubbiamente apportato alcune
modifiche.
I prossimi film DC come Supergirl:Woman of Tomorrow, Clayface e Dynamic Duo sono
stati confermati, ma altri devono ancora ricevere aggiornamenti
significativi. Tuttavia, lo stesso Gunn, insieme al suo collega
capo della DCU Peter Safran, ha rettificato questa mancanza
di informazioni, con il regista che ha fornito un aggiornamento
sulla DCU presso il lotto della Warner Bros. nel
febbraio 2025. Questo aggiornamento ha fornito maggiori
informazioni sul futuro della DCU oltre Superman, completo di molte
rivelazioni incredibilmente eccitanti.
James Gunn è immerso nella
post-produzione di Superman
Come previsto, Gunn ha fornito
molti aggiornamenti sul film Superman della DCU. L’uscita del film è prevista per luglio
2025, con un trailer che sarà rilasciato a dicembre 2024. Non
sorprende quindi che Gunn abbia dichiarato di essere immerso nella
post-produzione di Superman, apportando le ultime modifiche
e tagli per perfezionare il film prima che dia il via alla
narrazione generale dell’universo DC.
Supergirl: Woman Of Tomorrow è
un sogno che diventa realtà per James Gunn
Un altro film della DCU di cui James Gunn ha fornito un aggiornamento
è la storia di
Supergirl: Woman of Tomorrow. La produzione del film del
2026 è iniziata nel gennaio 2025, con Gunn che ancora una volta ha
elogiato la fantastica sceneggiatura di Ana Nogueira. Gunn ha anche
parlato con entusiasmo del regista Craig Gillespie e della
protagonista
Milly Alcock, insistendo sul fatto che quest’ultima era nel suo
radar sin dalla prima stagione di House of the Dragon. Nel complesso,
le rivelazioni di Gunn dimostrano che Supergirl: Woman of Tomorrow
è in buone mani su tutta la linea e rimane in linea con la data di
uscita prevista per giugno 2026.
James Gunn sta lavorando a un
misterioso progetto DCU
Il regista statunitense James Gunn arriva alla premiere di Los
Angeles della Warner Bros. ‘The
Flash’ tenutasi al TCL Chinese Theatre IMAX il 12 giugno 2023 a
Hollywood, Los Angeles, California, Stati Uniti. — Foto di
imagepressagency – DepositPhotos
Una delle rivelazioni più grandi e
misteriose del recupero della DCU è che James Gunn sta già lavorando al suo
prossimo progetto nel franchise. Frustrantemente, anche se
logicamente, Gunn non ha voluto divulgare ulteriori informazioni al
riguardo. Anche se Gunn ha dichiarato che non è il sequel di
Superman ed è separato dal suo lavoro su altri film e
spettacoli della DCU, sta attualmente scrivendo la sua prossima
sceneggiatura mentre la produzione del primo volto al termine.
Il film Batman, The Brave and
The Bold della DCU è in fase di sviluppo molto attivo
Un progetto che ha ricevuto pochi
aggiornamenti da gennaio 2023 è la storia di Batman della DCU, The
Brave and the Bold. Si diceva che la regia fosse affidata
ad Andy Muschietti, il regista di The Flash, ma non sono
stati forniti aggiornamenti sul casting o date ufficiali di
produzione. Allo stesso modo, non è stata confermata una data di
uscita per il progetto.
Tuttavia, Gunn ha tranquillizzato
tutti al DCU Catch-Up, insistendo sul fatto che
The Brave and the Bold è in fase
di sviluppo molto attivo. Gunn ha confermato che il lavoro sulla
sceneggiatura del film sta procedendo bene, e lui è attivamente
coinvolto nel processo dato che Batman è uno dei tre eroi
principali della DCU, insieme a Superman e Wonder Woman. Peter Safran ha confermato che la
sceneggiatura sarà mostrata ad Andy Muschietti una volta
completata, il che porterà alla decisione finale su chi dirigerà il
progetto.
Paradise Lost, Booster Gold e
Swamp Thing rimangono in fase di sviluppo
Per quanto riguarda il terzo dei
tre principali personaggi della DCU, Wonder Woman dovrebbe apparire in Paradise
Lost, una serie TV annunciata per gennaio 2023. Gunn ha
confermato che questa rimane una priorità, con il capo della DC
Studios coinvolto in questo processo tanto quanto lo è in The
Brave and the Bold. Tra gli altri progetti annunciati per
gennaio 2023, Gunn ha confermato che Booster Gold e Swamp
Thing stanno ancora procedendo.
Per quanto riguarda quest’ultimo,
Safran ha confermato che stanno aspettando che James Mangold scelga
di dirigere Swamp Thing. Mangold ha proposto l’idea a Gunn e
Safran e, nonostante il duo di produzione abbia confermato che non
si sarebbe legato troppo alla narrativa generale della DCU, l’idea era abbastanza forte da essere
accettata. Dopo il lavoro di Mangold su A Complete Unknown,
resta da vedere quale sarà la sua prossima produzione, ma Gunn ha
chiarito che Swamp Thing sarà pronta nel caso in cui venga
scelta dallo scrittore-regista.
La seconda stagione di
Peacemaker porterà Chris Smith, il personaggio di John Cena, in un
luogo ancora più profondo
L’altro progetto live-action della
DCU che uscirà nel 2025 è la seconda stagione
di Peacemaker. Il finale della prima stagione di
Peacemaker è considerato canonico per la
DCU da Gunn, tutto tranne il breve cameo della
Justice League della DCEU, che ora è reso
nullo e non valido. Indipendentemente da ciò, la seconda stagione
di Peacemaker continuerà la storia di Chris
Smith/Peacemaker, con Gunn che accenna al fatto che diventerà
ancora più complessa, personale ed emozionante. Gunn ha elogiato la
performance di John Cena e la sua capacità di interpretare aspetti
emotivi, insistendo sul fatto che la seconda stagione di
Peacemaker si concentrerà più su Chris Smith che
sull’omonimo supereroe della serie.
James Gunn sta già lavorando
alla seconda stagione di Creature Commandos
Il sequel del primo progetto
della DCU è in arrivo
Nonostante l’ultimo episodio della
prima stagione diCreature
Commandossia andato in onda solo un mese prima del
ritorno della DCU di Gunn e Safran, sono stati svelati i
dettagli della seconda stagione. Il duo ha confermato che la
seconda stagione diCreature Commandos è stata ordinata,
con Gunn che afferma che sono già in corso discussioni sulla sua
storia. I personaggi e la trama hanno chiaramente avuto un
riscontro positivo tra il pubblico, come sottolinea Gunn, grazie
alle ottime recensioni e al passaparola, ed è un sollievo che la
seconda stagione sia già in arrivo.
Lanterns è collegato a
Superman, ma ha un tono molto diverso
Per quanto riguarda lo show
televisivo Lanterns
dellaDCU, Gunn e Safran hanno fornito molti
aggiornamenti. Gunn ha seguito varie parti dello show mentre
continuava le riprese, e lui e Safran hanno elogiato i registi e
gli sceneggiatori coinvolti, così come le star Kyle Chandler e
Aaron Pierre. Gunn ha anche sottolineato quanto sia diverso da
Superman in termini di stile e tono, nonostante contenga un
collegamento tramite il personaggio di Lanterna Verde Guy Gardner
che apparirà nel film del 2025.
Clayface inizia la produzione
nell’estate del 2025, uscirà nell’autunno del 2026
Una conferma più sorprendente come
parte della DCU è stata recentemente un film su Clayface.
Simile all’origine di Swamp Thing come progetto, Gunn e
Safran hanno rivelato che Clayface non è mai stato
pianificato apertamente, ma che l’idea e la sceneggiatura fornite
da Mike Flanagan erano troppo buone per essere ignorate. Il regista
di Clayface,
James Watkins, è stato confermato, con i capi della DCU che hanno rivelato che la produzione inizierà
nell’estate del 2025 per una data di uscita nell’autunno del 2026.
Come Lanterns e Swamp Thing, Clayface ha un tono e
uno stile diversi da quelli di Superman, con Gunn che lo
descrive come un horror completo.
Dynamic Duo è un film di
formazione che potrebbe non essere ambientato nella DCU
Dynamic Duo film DC – da Instagram/James Gunn
Uno dei primi progetti DCU ad essere annunciato lo scorso anno è stato
un film d’animazione intitolato Dynamic Duo. Il film
presenterà due versioni del fidato aiutante di Batman, Robin. Il
film è stato tenuto per lo più segreto da allora, rendendo le
rivelazioni di Gunn e Safran nel febbraio 2025 ancora più
intriganti.
Gunn ha dichiarato di aver
pensato a come collegare il film alla storia in arrivo, ma che la
natura della sua trama e lo stile animato unico lo rendono
separato…
Dynamic Duo è stato
descritto come un film di formazione che piacerà a tutti e che
permetterà di conoscere Gotham, ma Gunn
ha lasciato intendere che potrebbe non essere ambientato nella DCU
principale. Gunn ha dichiarato di aver pensato a come collegare
il film alla storia in arrivo, ma che la natura della sua trama e
lo stile animato unico lo rendono un progetto a sé stante. La
situazione potrebbe cambiare in futuro, soprattutto ora che Gunn ha
espresso il suo interesse a rendere Dynamic Duo un progetto
ufficiale della DCU, ma per ora il regista non ha voluto
confermare apertamente la sua collocazione in un modo o
nell’altro.
4 Nuovi Spettacoli Della DC
Universe Adatti Alle Famiglie Hanno Ottenuto Il Via Libera
Il settore animato/per famiglie
della DCU sta crescendo
Oltre alla conferma di Dynamic
Duo, Peter Safran e James Gunn hanno annunciato altri progetti
DCU più tranquilli. Il primo ha rivelato che sono
stati annunciati quattro nuovi programmi TV: tre progetti animati
chiamati My Adventures with Green Lantern, Starfire e DC
Superpowers, e uno spin-off di Superman con Krypto.
Saranno tutte storie per famiglie per la DCU, che andranno ad arricchire il franchise
oltre la produzione cinematografica per un pubblico più adulto.
Il DCU punta a sette progetti
all’anno
Una delle conferme più interessanti
all’evento di aggiornamento della DCU è stata la rivelazione di quanti progetti
Safran e Gunn cercheranno di pubblicare ogni anno. Anche se questo
obiettivo esatto non sarà raggiunto per un po’ di tempo, fino a
quando non saranno completate le basi, la DCU si sta impegnando a pubblicare sette progetti
all’anno. Safran ha fornito i dettagli, insistendo sul fatto
che ogni anno verranno realizzati tre film (due live action e uno
d’animazione) e quattro serie TV, suddivise in parti uguali tra
animazione e live action.
Il DCU punta a coesione e
unità, con progetti che possono anche essere indipendenti
Indubbiamente, l’aspetto più
criticato della sequenza temporale dei film del DCEU è stata la sua
eterogeneità. Dopo che Zack Snyder ha lasciato il franchise, è
stato diviso in due visioni: una che seguiva ancora ciò che Snyder
aveva iniziato e un’altra dettata dalla supervisione dello studio.
Il DCU sta cercando di rimediare a questo problema,
con Gunn e Safran che continuano a sottolineare come stiano
puntando alla coesione e all’unità con i loro progetti. Detto
questo, ciò non impedirà ai singoli progetti DC di essere
indipendenti, il che significa che il pubblico in generale può
entrare e uscire in qualsiasi momento e seguire comunque la
narrazione generale del franchise.
Matt Reeves deve ancora
presentare una sceneggiatura per The Batman – Parte 2
L’attesa per The
Batman – Parte II di Matt Reeves è stata straziante per
molte persone, ma Gunn e Safran hanno dato un aggiornamento
piuttosto positivo. Pur confermando che Reeves deve ancora
presentare la sceneggiatura completa del film, hanno rivelato che
ciò che hanno letto finora è molto incoraggiante. Ciò significa che
The
Batman – Parte II rispetterà sicuramente la data di uscita
del 2027, invece di essere ulteriormente ritardata.
Robert Pattinson non è il
Batman della DC
Robert Pattinson è Batman in The Batman
Un punto controverso riguardo alle
differenze tra le storie di Batman di Reeves in Elseworlds e The
Brave and the Bold è se questo cambierà. Recentemente sono
state elaborate teorie che suggeriscono che la saga The
Batman di Reeves sarà inserita nella continuità principale
della DCU, rendendo il Cavaliere Oscuro di
Robert Pattinson l’unico e solo Batman del franchise.
Tuttavia,
Gunn e Safran hanno confermato che non era questo il piano,
solo un mese dopo l’enigmatico debutto di Batman nella DCU in Creature Commandos.
Gunn ha confermato senza mezzi
termini che non era previsto che Pattinson fosse il Batman della
DCU. Safran ha poi confermato, insistendo sul
fatto che il duo ama il suo lavoro, ma che un altro Batman della
DCU è imperativo. Safran afferma che questo
Batman arriverà in The Brave and the Bold, come previsto fin
dall’annuncio del progetto.
The Authority e Waller hanno
avuto alcune battute d’arresto
Oltre a Paradise Lost, Booster Gold e Swamp Thing, nel
gennaio 2023 sono stati annunciati diversi altri progetti DCU. L’ultimo aggiornamento di Gunn ha
rivelato che alcuni di questi sono al momento in secondo piano per
la DC Studios, in particolare The
Authority e John Waller. Gunn non ha rivelato
quali battute d’arresto abbia subito quest’ultimo, ma ha insistito
sul fatto che il primo sia stato più difficile da perfezionare in
quanto molto simile ad altri IP parodia di supereroi come
The
Boys, il che significa che non è una priorità attuale.
Il lato videoludico della DCU
rimane importante
Una lotta contro un kaiju in Superman. Cortesia di DC
Studios
Quando Gunn ha confermato per la
prima volta i suoi piani a lungo termine per la DCU, un elemento ha attirato l’attenzione di
molti. Gunn ha dichiarato che la DCU rimarrà coerente dal punto di vista narrativo
nei videogiochi, nei film e negli spettacoli televisivi, cosa
insolita per i franchise moderni. Da allora, gli aggiornamenti dei
videogiochi sono stati pochi e rari, ma Gunn ha confermato che
questo aspetto è ancora molto importante, anche se più segreto.
Gunn ha dato il suo contributo a vari progetti di videogiochi,
dimostrando almeno che il futuro della DCU è nei videogiochi tanto quanto nel cinema e
nella TV.
James Gunn ha in programma dei
film di gruppo
Isabela Merced è Hawkgirl in Superman. Cortesia di DC
Studios
Naturalmente, una delle domande
principali che i fan si pongono riguardo alla DCU è quando verranno introdotte per la prima
volta squadre come la Justice League. Anche se Gunn non ha dato una
risposta diretta a questa domanda, ha almeno confermato che per il
futuro sono previsti film di gruppo. Nonostante gli sia stato
chiesto di Justice League o Justice Society, Gunn è rimasto evasivo
e non ha rivelato molto, passando ad altre domande dopo aver
insistito sul fatto che sono in lavorazione film di squadra con più
personaggi.
Superman è incentrato su 3
personaggi con molti eroi secondari
Da quando è stato rilasciato il
primo trailer di Superman, molti si sono preoccupati che
il film possa perdere di vista il suo personaggio principale, data
la quantità di altri eroi coinvolti. Tuttavia, Gunn ha messo a
tacere queste preoccupazioni al DCU catch-up, insistendo sul fatto che ogni
fotogramma di Superman è utilizzato per promuovere il
viaggio dell’omonimo eroe DC. Il regista ha continuato dicendo che
i tre personaggi principali del film sono Superman, Lois Lane e Lex
Luthor, con personaggi come Hawkgirl, Mr. Terrific e Guy Gardner,
ad esempio, che fungono da personaggi secondari.
Un secondo trailer di Superman
è in preparazione
La redazione del Daily Planet in Superman. Cortesia di DC
Studios
Uno degli ultimi elementi
menzionati da Gunn e Safran all’evento di aggiornamento della
DCU è stato il marketing per Superman.
Alla domanda su un altro trailer, Gunn ha rivelato che ne sta
preparando un altro per il film. Safran scherza dicendo che questo
sarebbe tecnicamente il primo trailer ufficiale, dato che quello
pubblicato a dicembre è stato definito un teaser. In ogni caso, un
altro trailer di Superman è atteso a breve per anticipare
ulteriormente il vero inizio dell’universo DC che James Gunn
e Peter Safran hanno anticipato a lungo.
Il ritorno di Charlie Cox nei panni di Matt Murdock
in
Daredevil:Born
Again sembra una benedizione dall’alto, ma
l’attore ha aspirazioni più alte della sua serie televisiva. In
seguito a un panel al FanExpo di Chicago, ScreenRant ha riferito che Cox è
interessato ad allargare le sue ali Marvel. Oltre a recitare in una
serie tutta sua, l’attore di Daredevil
spera di tornare a recitare in altre proprietà Marvel. Nell’era Disney+, Matt ha avuto dei
piccoli camei in
She-Hulk e Echo
nei panni dell’avvocato acrobatico. L’attore ha dichiarato che gli
piacerebbe realizzare altri spin-off, soprattutto dopo la sua
collaborazione con Tom Holland in
Spider-Man: No Way Home. Cox ha
dichiarato:
“Essere nel film di Spider-Man
mi è sembrato un grande passo solo in termini di molte persone che
fanno riferimento a questo film quando le incontro.Credo
che non si possa sottovalutare quanto sia importante quando questi
personaggi hanno una storia nei fumetti.Quando poi ci
scontriamo sullo schermo, significa davvero molto per i fan, e lo
capisco.Lo penso anch’io adesso.L’idea di Matt
Murdock e Peter Parker insieme è così iconica.Spero che in
futuro potremo fare altre cose insieme, perché è davvero
divertente.Questa è la cosa più importante: che si
presentino queste opportunità”.
Charlie Cox fa riferimento al più
grande punto di forza della Marvel: Il divertimento. Sebbene in
passato sia gli attori che i fan si siano mostrati stanchi riguardo
al futuro della Marvel, Cox ha la giusta idea di
ciò che rende il marchio così popolare.
Daredevil e Spider-Man
potrebbero essere la prossima fase della Marvel
La Marvel può andare in molte
direzioni diverse in futuro. I fan non vedono l’ora di avere una
nuova iterazione degli X-Men, soprattutto dopo il
successo di X-Men
’97 e Deadpool
& Wolverine. Ma non c’è motivo per cui, nel
frattempo, non si debba perseguire qualcosa che ha dimostrato di
funzionare. In Spider-Man: No Way Home, Matt e Peter si
incontrano per la prima volta e il pubblico è impazzito. Vedere
questi due personaggi storici insieme sullo schermo non è stata una
cosa da poco. Questa apparizione non è stata solo un’emozione per i
nostalgici dei fumetti. Cox e Holland hanno un’innegabile chimica
che dovrebbero perseguire in futuro.
La loro dinamica è molto lontana
dal rapporto tra Peter e Tony Stark (Robert
Downey Jr.), ma nel modo migliore possibile. Il
loro scambio comico porterebbe una nuova prospettiva al MCU, che molti desiderano da tempo.
I rapporti promettenti su Spider-Man 4 indicano che Holland
non è ancora fuori dai giochi della Marvel, quindi potrebbe esserci
ancora l’opportunità di vedere questi due insieme. Mentre i fan
aspettano che questo prenda forma, possono assistere al ritorno di
Cox in
Daredevil:Born
Again su Disney+ nel marzo 2025.
Il profilo Tumblr del Daily
Bugle ha postato delle foto di graffiti che rappresentano
il “nostro amichevole Spider-Man di quartiere”. Le foto, che
ovviamente rientrano nella massiccia campagna virale del film, sono
accompagnate da questo commento:
JJJ una volta scrisse un
articolo denunciando la maledizione di graffiti – “cartelloni del
teppista” – e chiese un giro di vite in tutta la città. Ma a volte
una maledizione è una benedizione. Queste pareti sono coperte in
“arte illegale” – ma questo vicolo non è mai stato più
sicuro.
In The Amazing Spiderman 2, per
Peter Parker (Andrew Garfield), vive una vita molto la occupata –
tra prendere i cattivi come Spider-Man e passare il tempo con
la persona che ama, Gwen (Emma Stone); diplomato ormai ha lasciato
le scuole superiore e non ha dimenticato la promessa fatta al padre
di Gwen di proteggerla – ma questa è una promessa che
semplicemente non può mantenere sempre. Le cose cambieranno per
Peter quando un nuovo cattivo, Electro (Jamie Foxx), emerge dagli
abissi della città, e un vecchio amico, Harry Osborn (Dane DeHaan),
ritorna, e fa riemergere nuovi indizi sul suo passato.
In seguito alla falsa intervista
con Spencer Smyth della Oscorp Industries, il sito
del Daily Bugle (altro tassello
dell’incredibile lavoro sul viral marketing che si sta portando
avanti per il film The Amazing Spider-Man
2) ha pubblicato un articolo che ci fa dare uno
sguardo all’interno della società di Norman
Osborn.
L’articolo di cui vi riportiamo
parte della traduzione di seguito è stato scritto da Joy
Mercado, personaggio Marvel che ha visto il suo debutto
in Moon
Knight #33.
All’interno del pezzo ci sono anche
delle dichiarazioni di Donald Menken, CEO della
Oscorp e interpretato da Colm Feore nel prossimo
film.
Alcune persone hanno le
visioni del futuro. Io?
Io ci sono stato e l’ho
visto con i miei occhi.
Dietro le ridicolmente
fortificate superporte del quartier generale della Oscorp
Industries il futuro aspetta pazientemente che il resto di noi
arrivi. Solo pochi privilegiati vi risiedono, guardiani di segreti
che solo il tempo (e giornalisti intrepidi) potranno
rivelare.
Vi ricordiamo che attualmente il
sequel della nuova serie è attualmente in post-produzione.
Come sempre ricordiamo che nel film ritorneranno i
protagonisti Andrew
Garfield e Emma
Stone ai quali si
aggiungono Jamie Foxxin
Electro, Dane
DeHaan come Harry Osborn, il
villain Paul
Giamatti e Felicity
Jones. Tutte le news sul film le trovate nel
nostro speciale: The Amazing Spider-man
2. Mentre per tutte le info
sul film vi segnaliamo la nostra
Scheda Film: The Amazing Spider-man
2. La pellicola è diretta ancora una volta
da Marc Webb su
una sceneggiatura di Alex
Kurtzman, Jeff Pinkner, Roberto Orci ed
uscirà il 2 Maggio 2014.
Abbiamo sempre saputo che la
battaglia più difficile per Spider-Man è sempre stata quella
interiore: la lotta tra i compiti ordinari di Peter Parker e le
straordinarie responsabilità di Spider-Man. Ma in The Amazing
Spider-Man 2, Peter Parker si troverà a scoprire che c’è un
conflitto ancora più profondo che deve affrontare.
E’ un grande lavoro essere
Spider-Man (Andrew Garfield). Per Peter Parker, non c’è nessuna
emozione bella come volteggiare trai grattacieli, dedicandosi
all’essere un eroe, e passare il tempo con Gwen (Emma Stone). Ma
l’essere Spider-Man ha un prezzo: solo Spider-Man può proteggere i
suoi amici di New York dai formidabili cattivi che minacciano la
città. Con l’incombere di Electro (Jamie Foxx), Peter deve
confrontarsi con un nemico molto più potente di lui. E mentre il
suo vecchio amico, Harry Osborn (Dane DeHaan), ritorna, Peter
comincia a capire che tutti i suoi nemici hanno una cosa in comune:
la OsCorp.
Cosa accadrebbe se le persone,
invece di invecchiare, ringiovanissero? È proprio questa la storia
di Benjamin Button, nato vecchio con gli acciacchi del tempo, ma
con un animo giovane e curioso. Un film che dall’inizio annuncia la
sua fine, inevitabile, anche per chi, come Benjamin, ha avuto una
vita diversa, straordinaria. Tratto dal racconto di
Francis Scott
Fitzgerald, Il curioso caso di
Benjamin Button racconta vita ed avventure di
Benjamin, che pur vedendo il mondo da una prospettiva diversa,
resta un essere umano, con debolezze e pregi, doti e difetti.
Diretto di David
Fincher, che aveva lasciato il pubblico incollato alle
poltrone dei cinema con Zodiac, bello seppur a tratti pesante,
Il curioso caso di Benjamin
Button esce dai canoni del regista,
diventando un prodotto anonimo nelle mani della storia stessa, vero
punto di forza della pellicola. Una regia impersonale quindi, che
lascia un po’ a bocca asciutta i cultori dell’ottimo regista di
Seven e Fight Club.
Lascia indifferente anche la fotografia candidata all’Oscar di
Claudio Miranda, fedelissimo di Fincher, che pure
in Panic Room aveva svolto un bel lavoro, ma che in Benjamin Button
osa troppo e sfiora la finzione, soprattutto nelle scene in cui si
vuole ricreare la luce dell’”ora magica”.
Il cast di Il curioso caso di Benjamin
Button
Buona prova del cast:
Brad Pitt comincia ad abituare il suo pubblico a
grandi interpretazioni, anche se qui non è all’altezza del suo
ruolo in Jesse James che gli fruttò la Coppa Volpi a Venezia;
Cate
Blanchett, semplicemente bellissima, eterea ed
evanescente resta una delle regine del cinema; notevole anche
l’interpretazione di Tilda Swinton che porta con sé un fascino
d’altri tempi.
La sceneggiatura, nelle mani di
Eric Roth, premio
Oscar per Forrest Gump, mostra con
misura e poesia, senza mai scadere nel romanticismo scontato,
un’esistenza particolare, vite che si intrecciano per trovarsi a
metà strada, attraverso un diario, un racconto che è allo stesso
tempo una scoperta e una riflessione sulla vita, sul suo valore,
sulla sua fugacità. Il curioso caso di Benjamin
Button ha riscontrato un notevole successo di
critica, ma un entusiasmo tiepido da parte del pubblico
d’Oltreoceano. Candidato a 13 premi Oscar tra cui: Miglior Film,
Miglior Regia, Miglior attore protagonista, Miglior attrice non
protagonista, Miglior Sceneggiatura, Miglior Fotografia.
Il film del 2008, Il curioso
caso di Benjamin Button (qui la recensione) diretto da
David Fincher, racconta come noto la vita di
Benjamin Button (Brad
Pitt) dalle strane circostanze della sua nascita nel
1918 fino a poco tempo dopo la sua morte nel 2003. Il film lo segue
mentre nasce con il corpo rugoso e delicato di un uomo anziano,
cresce in una casa di riposo e gradualmente lo vede ringiovanire
fino a quando alla fine muore “di vecchiaia” pur apparendo come un
bambino. Solo vagamente basato sul racconto di F. Scott
Fitzgerald, il film è però narrato dall’amore della vita
di Benjamin, Daisy (Cate
Blanchett).
Il film ha infatti inizio dopo che
Benjamin è già morto e vede una Daisy più anziana chiedere alla
figlia Caroline (Julia Ormond) di leggerle il
diario di Benjamin un’ultima volta. Si anima dunque da lì il
ricordo dell’esistenza di quest’uomo speciale, portandoci ad
esplorare lo strano viaggio che ha compiuto nel corso della sua
vita. Il finale porta poi la storia d’amore narrata a una
conclusione adeguata e accenna anche al motivo per cui Benjamin
Button invecchia al contrario. Scopriamo dunque in questo articolo
il significato del finale di Il curioso caso di Benjamin
Button.
L’invecchiamento di Benjamin era
legato all’orologio?
Prima dell’inizio della storia della
vita di Benjamin ne Il curioso caso di Benjamin
Button, la morente Daisy racconta alla figlia la storia di
un orologiaio di nome Monsieur Gateau
(Elias Koteas), incaricato di costruire un
orologio per una nuova stazione ferroviaria. Gateau, in quel
momento, era sconvolto dalla morte di suo figlio nella Prima Guerra
Mondiale e quando l’orologio fu finalmente inaugurato nel 1918, la
folla riunita rimase sbalordita nel vedere che funzionava al
contrario. Gateau spiegò di averlo progettato volutamente in quel
modo nella speranza che il tempo stesso cominciasse a girare
all’indietro e che tutti i ragazzi persi in guerra potessero
tornare a casa.
C’è quindi un evidente legame tra la
storia di M. Gateau e quella di Benjamin Button, che nacque la
notte in cui la guerra finì: l’11 novembre 1918. Poco prima che
Benjamin giunga alla fine della sua vita, l’orologio che scorre
all’indietro nella stazione ferroviaria viene sostituito con un
orologio digitale che scorre normalmente, il che significa che sia
l’orologio che la durata della vita di Benjamin sono più o meno gli
stessi. La condizione di Benjamin e dell’orologio non sono mai
esplicitamente collegati l’uno all’altro ma, piuttosto, l’orologio
e il desiderio del signor Gateau sono una metafora di ciò che
rappresenta la vita di Benjamin: un desiderio di ritorno alla
giovinezza.
Benjamin sviluppa la demenza quando
diventa bambino
Verso la fine de Il curioso
caso di Benjamin Button, Daisy si riunisce a Benjamin dopo
un periodo di diversi anni. Non più interpretato da Brad Pitt, Benjamin appare ora come un ragazzo
di 12 anni. Viveva per strada quando i servizi sociali lo hanno
prelevato e riportato alla casa di riposo, dato che l’indirizzo di
essa era scritto nel suo diario. Lunatico e restio a essere
toccato, Benjamin sta sviluppando una demenza e fatica a
riconoscere Daisy quando la rivede. Gli spettatori potrebbero
essere confusi sul perché Benjamin stia sviluppando una malattia
che di solito affligge solo affligge solo le persone anziane,
mentre lui ringiovanisce di giorno in giorno, ma Benjamin Button
spiega che si tratta della natura del suo invecchiamento.
È vero che la maggior parte delle
malattie che si presentano con la vecchiaia, dall’artrite alla
cataratta – erano presenti in Benjamin quando è nato. Tuttavia,
solo il suo corpo invecchia all’indietro, mentre la sua mente
invecchia in avanti. Per questo motivo, mentre cresceva, aveva una
curiosità e una ingenuità ed era mentalmente coetaneo di Daisy. La
demenza di Benjamin può essere legata al fatto che, mentre il suo
corpo si trasforma da adulto in bambino, la sua mente si deteriora
al contrario della normale crescita mentale di un bambino. Negli
ultimi anni di vita, i suoi ricordi “svanirono come sogni
inconsistenti dalla sua mente, come se non fossero mai
stati”.
Seguendo la vita di Benjamin Button
dall’inizio alla fine, alcuni spettatori si aspettavano che
Il curioso caso di Benjamin Button si concludesse
con una sorta di orribile parto inverso. Invece, Benjamin diventa
sempre più giovane, fino a diventare fisicamente un neonato. Un
giorno, mentre Daisy lo tiene in braccio, lui la guarda per
l’ultima volta e poi muore. Poiché è nato con l’aspetto e i
disturbi di un uomo di 84 anni, la sua durata di vita è definita
dalla condizione della sua nascita. La storia di Fitzgerald finisce
in modo simile:
“Non ricordava. Non ricordava
chiaramente se il latte fosse caldo o freddo durante l’ultima
poppata o come fossero passati i giorni – c’era solo la sua culla e
la presenza familiare della nonna. E poi non ricordava nulla.
Quando aveva fame piangeva, e questo era tutto. Durante i pomeriggi
e le notti respirava e su di lui c’erano borbottii e mormorii che
sentiva a malapena, e odori debolmente differenziati, e luce e
buio. Poi tutto fu buio, e la sua culla bianca e i volti fiochi che
si muovevano sopra di lui, e il caldo e dolce aroma del latte,
svanirono del tutto dalla sua mente”.
Poiché Benjamin sviluppa molti dei
sintomi del morbo di Alzheimer, i cui primi sintomi, accennati
prima del finale, possono essere sorprendentemente ben compresi, la
sua morte potrebbe essere attribuita alla demenza, che nelle sue
fasi finali fa perdere la capacità di coordinare funzioni
fondamentali come la deglutizione o la respirazione.
Un’interpretazione meno cupa e più poetica della morte di Benjamin
è però che egli sia semplicemente giunto al termine della sua vita
naturale.
Mentre però la gente guardava il
bambino morire alla fine e lo vedeva come una tragedia, Fincher la
vede in modo molto diverso. Il regista ha spiegato (in
un’intervista al The Guardian) che, alla fine, il
pubblico si aspetta una sorta di “effetto speciale” nel
film, e per lui è stato il passare del tempo. “Ho pensato che
l’immagine finale di una donna di 74 anni che tiene in braccio un
bambino di sette mesi e lo aiuta a superare la morte, ecco ho
pensato che fosse un modo bellissimo per concludere una storia
d’amore”.
Il vero significato del finale de
Il curioso caso di Benjamin Button
Il messaggio un po’ sorprendente
alla base de Il curioso caso di Benjamin Button è
dunque che la strana condizione di Benjamin non ha molta
importanza. Come ha spiegato lo sceneggiatore Eric
Roth a Cinema 24/7, “non fa alcuna differenza se vivi
la tua vita all’indietro o in avanti: è come la vivi”. Fin
dall’inizio del suo diario, Benjamin comunica che le circostanze
della sua nascita e della sua morte – per quanto bizzarre – sono le
parti meno significative della sua vita. Alla fine, dopo tutto,
esce dal mondo nello stesso modo in cui vi è entrato: “solo e
senza niente”.
Sebbene l’invecchiamento a ritroso
di Benjamin Button, spesso incompreso, lo aiuti a trarre il massimo
dalla sua ultima vita, il montaggio finale delle persone importanti
che ha incontrato nel corso della sua vita invia il messaggio che
le opportunità non finiscono con la giovinezza. Elizabeth
Abbott (Tilda
Swinton), che ha abbandonato il suo sogno di nuotare
nella Manica dopo aver fallito da giovane, ci riesce a 60 anni.
Daisy è sconvolta dalla perdita della sua carriera di ballerina
dopo l’incidente, ma in età avanzata fonda una scuola di danza e
insegna ad altre ragazze a ballare.
Il padre di Benjamin,
Thomas (Jason Flemyng), vive con
il grande rimpianto di aver abbandonato il figlio, ma riesce a
riallacciare i rapporti con lui e a dire a Benjamin la verità prima
di morire. David Fincher ha dichiarato in
un’intervista a Film Comment di aver realizzato
Il curioso caso di Benjamin Button “con l’idea
di mostrare la fallacia dell’idea che la gioventù sia sprecata per
i giovani”. C’è sempre tempo per fare ciò che non si è ancora
fatto e rimediare a ciò che non è andato bene, proprio come la
lettera che Benjamin scrive alla figlia avuta da Daisy ci
suggerisce.
Come più volte è stato sostenuto, la
vita sarebbe di molto migliore se si potesse nascere vecchi e piano
piano ringiovanire fino all’infanzia. Su questa premessa si basa il
film Il curioso caso di Benjamin Button (qui la recensione), diretto nel
2008 dall’acclamato regista David Fincher, autore
di opere come Zodiac, The Social Network e il più
recente Mank. Si tratta questa
di una delle sue opere più ambiziose e ricche, all’interno della
quale si snoda un’intera vita e l’intreccio che questa stringe con
il contesto storico in costante mutamento.
Tra grandi effetti speciali ed
emozioni portate avanti con grande delicatezza, prende così vita
uno dei film chiave del nostro millennio. Con un budget di circa
150 milioni di dollari, Il curioso caso di Benjamin
Button si è infatti affermato come un trionfo di critica e
pubblico, arrivando ad un guadagno globale di 335 milioni. Il film
ottenne poi anche ben 13 nomination ai premi Oscar, vincendo quelli
per il Miglior trucco, i Migliori effetti speciali e le Migliori
scenografie. Prima di diventare film, però, il racconto di Benjamin
Button è stato ideato da un noto scrittore degli inizi del
Novecento.
Il libro da cui è tratto Il curioso caso di Benjamin
Button
Il film, infatti, è tratto
dall’omonimo racconto breve del 1922 scritto dal celebre
Francis Scott Fitzgerald. La sceneggiatura di
Eric Roth, però, si discosta poi da questo
coprendo un arco narrativo che arriva sino ai giorni nostri. Di
questo si cercò di realizzarne una trasposizione già dagli anni
Novanta, e numerosi sono i nomi accostatisi tanto alla regia quanto
all’interpretazione del protagonista. Fu però Fincher ad ottenere
infine l’onore, pur dichiarando di non aver mai letto il racconto
originale e dunque non seguendolo fedelmente ma proponendone invece
una libera trasposizione.
C’è una storia vera dietro il film?
La risposta è no. L’eccezionalità
del racconto rende chiaro che quanto si vede nel film è frutto di
pura finzione. Di certo, sono però reali determinati elementi del
contesto intorno a Benjamin, dalla Prima e Seconda guerra mondiale
fino all’uragano Katrina di cui si accenna nelle ultime scene del
film.
La trama e il cast di Il
curioso caso di Benjamin Button
Tutto ha inizio nel 1918, quando la
signora Button muore dando alla luce un bambino molto particolare.
Questi sembra affetto da una sindrome che lo fa assomigliare ad un
ottantenne. Disgustato, il padre decide di abbandonarlo davanti ad
una casa di riposo gestita da Queenie e
Tizzy Weders. I due decideranno di accogliere il
neonato, chiamandolo Benjamin Button. Benché i
medici predicano una morte certa in tempi brevi, il bambino sembra
migliorare giorno dopo giorno. Con il tempo, inizia a risultare
anche sempre più giovane, passando dall’essere una fragile anziano
ad un uomo adulto e robusto. Per Benjamin è l’inizio di una vita
incredibile, ricca di avventure, che lo porterà tanto a
sperimentare gli orrori della guerra quanto la dolcezza dell’amore,
in particolare quello provato per la bella
Daisy.
Attore ricorrente nella filmografia
di Fincher, Brad Pitt
ottenne l’ambito ruolo di Benjamin Button, interpretandolo tanto
nelle sue età più anziane quanto in alcune di quelle più giovani.
L’attore, infatti, si sottopose ogni giorno a circa cinque ore di
trucco, al fine di assumere l’aspetto richiesto per il personaggio.
Ad interpretare il personaggio a 12 anni è l’attore Spencer
Daniels, noto per la serie Mom, mentre
Chandler Canterbury interpreta Benjamin a 8 anni.
Nei panni dei genitori adottivi Queenie e Tizzy si ritrovano invece
l’attrice Taraji P. Henson, candidata all’Oscar
per la sua interpretazione, e Mahershala Ali,
anni prima di vincere i suoi oscar per Moonlight
e Green
Book. L’attore Jason Flemyng è presente
con il ruolo di Thomas Button, padre di Benjamin.
Nel film sono poi presenti gli
attori Tilda Swinton
nei panni di Elizabeth Abbott e Jared Harris in
quelli del capitano Mike Clark, significative personalità che
Benjamin incontra nel corso della sua vita. Julia
Ormond veste il ruolo di Caroline, la figlia di Benjamin e
Daisy. L’amata del protagonista ha invece il volto della premio
Oscar
Cate Blanchett. Anche lei, per le sue ultime scene, si
richiesero ben quattro ore giornaliere di trucco. Poiché questo era
particolarmente scomodo da portare, l’attrice dovette girare nel
minor tempo possibile le scene in ospedale. Nel ruolo di Daisy
all’età di 7 anni, infine, si può ritrovare una giovanissima
Elle Fanning,
qui ad uno dei primi ruoli cinematografici che l’hanno poi resa
particolarmente celebre.
Tra gli elementi più sbalorditivi
del film vi sono senz’altro i suoi effetti speciali, poi premiati
con l’Oscar. In particolare, il processo che porta il personaggio,
e il suo attore, dall’essere un anziano al trasformarsi in giovane
hanno richiesto un grandissimo lavoro di elaborazione digitale di
CGI. Il look che David Fincher, il supervisore degli effetti visivi
Eric Barba e il make-up artist Greg Cannom hanno pensato per
Benjamin da bambino, è ispirato ai veri bambini affetti dalla
rarissima sindrome di Hutchinson-Gilford, nota anche
come progeria. Questa fa apparire i giovani pazienti
che ne soffrono come precocemente invecchiati. Per arrivare ad un
risultato simile, fu però necessario dar vita ad un perfetto
connubio tra trucco ed effetti generati al computer.
Le frasi più belle del film
Qui di seguito si riportano invece
alcune delle frasi più belle e significative pronunciate dai
personaggi del film. Attraverso queste si potrà certamente
comprendere meglio il tono del film, i suoi temi e le variegate
personalità dei protagonisti. Ecco dunque le frasi più belle del
film:
Le nostre vite sono determinate dalle opportunità, anche da
quelle che ci lasciamo sfuggire. (Benjamin Button)
Capita a tutti di sentirsi diversi in un modo o nell’altro,
ma andiamo tutti nello stesso posto, solo che per arrivarci
prendiamo strade diverse. (Queenie)
Uno si può incazzare quando le cose vanno così. Si può
bestemmiare, maledire il destino, ma quando arriva la fine non
resta che mollare. (Mike Clark)
Per quello che vale, non è mai troppo tardi, o nel mio caso
troppo presto, per essere quello che vuoi essere. Non c’è limite di
tempo, comincia quando vuoi, puoi cambiare o rimanere come sei, non
esiste una regola in questo. Possiamo vivere ogni cosa al meglio o
al peggio, spero che tu viva tutto al meglio, spero che tu possa
vedere cose sorprendenti, spero che tu possa avere emozioni sempre
nuove, spero che tu possa incontrare gente con punti di vista
diversi, spero che tu possa essere orgogliosa della tua vita e se
ti accorgi di non esserlo, spero che tu trovi la forza di
ricominciare da zero. (Benjamin Button)
Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV
Per poter osservare tutto ciò, è
possibile fruire di Il curioso caso di Benjamin
Button grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Apple iTunes, Tim
Vision e Prime Video e Now TV.
Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento,
basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento
generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al
meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel
palinsesto televisivo di giovedì 5 dicembre alle
ore 20:50 sul canale
TwentySeven.
Il curioso caso di Benjamin Button è
disponibile su Netflix?
Al momento, il film non è presente
nel catalogo di Netflix e pertanto non è questa una piattaforma dove
poterlo vedere in streaming. È tuttavia possibile che in futuro i
diritti del lungometraggio vengano acquisiti per un temporaneo
passaggio all’interno del catalogo, cosa che lo renderebbe dunque
disponibile anche su Netflix.
La durata del film
Per chi se lo stesse chiedendo, il
film ha la durata di 2 ore e 46 minuti, un tempo necessario a
raccontare la vicenda del protagonista con cura dei particolari e
delle varie fasi della sua vita.
Serata all’insegna del Fantasy/drama
quella in programmazione su Rete 4, infatti, il film che vi
segnaliamo oggi è di David Fincher,
che andrà in onda in prima serata. Nel cast Brad
Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond e
Jared Harris.
Il curioso caso di Benjamin Button
(The Curious Case of Benjamin Button) è un film del 2008 diretto da
David Fincher, basato su un breve racconto del 1922 di Francis
Scott Fitzgerald. Il film è stato candidato nel 2009 a tredici
premi Oscar, vincendo quelli per migliore scenografia, miglior
trucco e migliori effetti speciali.
Curiosità sul film:
– Brad Pitt ha recitato con
Cate Blanchett in Babel, con Julia Ormond
in Vento di passioni e con Tilda Swinton
in Burn After Reading – A prova di Spia. Pitt è
apparso anche con Jason Flemyng in Snatch – lo
strappo.
– Quando Daisy è cresciuta e ha
incontrato Benjamin per la seconda volta, ha parlato di “Kismet”,
un termine inglese di origine turca che significa “il fato
predestinato” o “predetto dalla Provvidenza”.
– I diritti della storia furono
acquistati da Ray Stark già negli anni ‘70, con Jack Nicholson
candidato a protagonista nei panni di Benjamin. Più tardi i diritti
cinematografici passarono allaAmblin di Steven Spielberg, Kathleen Kennedy e Frank
Marshall. David Fincher ha ammesso di non aver mai letto il
racconto originale, ma di aver letto solo la sceneggiatura di 240
pagine scritta da Eric Roth.
– L’esterno della casa in
vendita del padre di Benjamin, sita al 591 di Esplanade Ave a New
Orleans (Louisiana), è il medesimo esterno della Gallier House nel
film Il bacio della pantera.
– Roy Cleveland Sullivan
(1912-1983) è stato effettivamente colpito da un fulmine sette
volte, evento che lo ha fatto entrare nel Guinness dei primati. Mr.
Daws (Ted Manson) nel film ricorda di essere stato colpito mentre
era nella sua auto: “Ti ho mai detto che sono stato colpito da un
fulmine sette volte? Una volta quando ero seduto nel mio camion a
farmi gli affari miei”, proprio come accadde a Sullivan nel
1969.
– Le sirene di allarme sentite
durante la sequenza dell’uragano Katrina sono le stesse usate nel
film “The Time Machine” (2002), quando la luna viene distrutta.
– Julia Ormond ha girato tutte
le sue scene nelle ultime due settimane di riprese. Durante questo
periodo, Cate Blanchett ha dovuto subire 4 ore di trucco al giorno
per interpretare una Daisy moribonda. Poteva sdraiarsi sul letto
d’ospedale solo per un breve lasso di tempo a causa del calore
eccessivo generato da luci di scena e dalle coperte.
– Il film ha fruito di un budget di
150 milioni di dollari, incassandone oltre 127 in patria e
totalizzandone oltre 333 worldwide.
– La pellicola candidata a 13 premi
Oscar ne ha vinti 3 (migliore scenografia, miglior trucco e
migliori effetti speciali).
– Il film in preparazione dagli anni
‘90 ha visto nel corso dello sviluppo diversi candidati registi tra
cui Steven Spielberg, Spike Jonze e Ron
Howard, mentre come potenziali protagonisti sono stati fatti i nomi
di Tom Cruise, John Travolta e Rachel Weisz,
quest’ultima prese in seria considerazione il ruolo di Daisy, ma in
seguito dovette abbandonare per impegni pregressi.
– Questo è il secondo film di
Hollywood, dopo Déjà vu – Corsa Contro il
tempo con Denzel Washington, ad
essere girato a New Orleans dopo l’uragano Katrina.
– Il regista Danny
Boyle nello stesso periodo aveva in
preparazione Solomon Grundy un progetto che
rimandò a data da destinarsi perchè troppo simile al film di
Fincher.
– A Brad Pitt occorsero 5 ore al
giorno per applicare il complesso make-up.
– Il look che David Fincher, il
supervisore degli effetti visivi Eric Barba e il make-up artist
Greg Cannom hanno pensato per Benjamin da bambino, assomiglia alle
fasi successive dellaProgeria, una malattia rara
nota anche come sindrome di Hutchinson-Gilford che fa apparire i
giovani pazienti che ne soffrono come precocemente invecchiati. Il
cinema ha creato diverse forme di progeria fittizia, ne soffriva
il Jack di Robin Williams e il personaggio di
Susan Sarandon ne accenna in Miriam SI Sveglia a
mezzanotte.
– E’ davvero esistito
un uomo pigmeo ospitato in una “casa
delle scimmie”. Ota Benga è stato imprigionato in Congo nel 1904 e
tenuto in mostra in uno zoo del Bronx. Nel 1906 venne finalmente
liberato e trasferito in un orfanotrofio fino al 1910, anno in cui
si trasferì in Virginia, iniziò a lavorare in una fabbrica di
tabacco e cominciò a pianificare il suo ritorno in Congo. Con lo
scoppio della prima guerra mondiale i suoi piani divennero
inattuabili e colto da depressione si suicidò nel 1916. Ota Benga
appare anche come personaggio nel remake The
Fall di Tarsem Singh.
– La motocicletta blu argento
guidata da Button (Brad Pitt) nel film è un T110 Triumph
650cc del 1956, mentre quella guidata in India è
un 350cc Reale Enfield Bullet del ‘55.
– Il personaggio di Daisy nel
racconto originale di F. Scott Fitzgerald si chiamava
Hildegarde Moncrief. Probabilmente il cambio di nome è un omaggio
alla protagonista femminile del lavoro più noto di
Fitzgerald, Il grande Gatsby.
In Il cuore grande delle
ragazze siamo negli anni ’30, in un’imprecisato villaggio
di campagna, nei pressi di Fermo, ma potremmo essere in qualunque
luogo dove esistevano villaggio in quegli anni. Gli Osti,
proprietari terrieri benestanti, hanno fatto un patto con i loro
fattori: il figlio dei contadini, Carlino, deve sposare una delle
due figlie naturali dell’Osti, così da garantire la casa nelle
terre dei padroni nell’utilizzo della terra a tutta la
famiglia.
Dopo un mese di corteggiamento,
Carlino cade vittima del caso: Francesca, figlia adottiva dell’Osti
torna dalla città, dov’era stata mandata a studiare, e incrociatasi
un attimo con Carlino, lo fa innamorare di lei. Anche la ragazza
ricambia subito il suo amore, anche grazie alla particolare
profumazione dell’alito di Carlino, che sa di biancospino e che ha
già fatto vittime quasi tutte le ragazze del villaggio. I due,
provocando le ire e le maledizioni di entrambe le famiglie, nonché
la morte per crepacuore del padre di Carlino (un ottimo
Andrea Roncato), riescono a sposarsi arrivando
dopo molte peripezie all’attesa prima notte di nozze.
Il cuore grande delle ragazze, il film
Pupi Avati porta
sullo schermo la storia d’amore dei suoi nonni, avvolgendola di un
tono fiabesco ed innocente che riesce a compensare i piccoli
difetti della pellicola. Il grande cuore delle ragazze è quindi
secondo Avati, la grande capacità che avevano le
donne una volta di perdonare e di amare, la grande pazienza che
oggi sembra invece non esister più. Carlino e Francesca sono
interpretati da Micaela Ramazzotti, sempre più o meno calata
nello stesso ruolo, fatta eccezione per il dialetto romanesco che
le viene concesso questa volta con divertenti effetti comici, e
Cesare Cremonini, il cantautore italiano per la
prima volta sullo schermo. Il giovane Cesare sembra entrare a
pennello nei panni di Carlino, anche perché il suo personaggio è un
po’ scemotto, nonostante il suo grande appeal sulle donne, e il
cantante bolognese, complice forse la soggezione che aveva sul set
in fase di ripresa, sembra un po’ un bambino sperduto senza mai la
cognizione di quello che gli sta succedendo.
Il cuore grande delle
ragazze risulta molto gradevole, anche se forse un po’
sbilanciato a causa di un registro che sembra voler essere sempre
leggero, ma che con un paio di cadute verticali non esita a
sfociare nel dramma più assurdo, quasi da sceneggiata, precipitando
la storia improvvisamente. Per il resto i personaggi di contorno
fanno il resto, contribuendo a realizzare un affresco completo,
allegro e nostalgico di un tempo che fu. Attingendo a piene mani
dalla sua biografia, Pupi Avati sembra voler
regalare un affresco personale di un’epoca, per celebrare i suoi
nonni e la nascita della sua famiglia.
Nel 1997 il regista canadese di
origini italiane Vincenzo Natali ha portato al
cinema il Cube – Il cubo, opera di genere thriller dove un
gruppo di personaggi si ritrova intrappolato in una struttura
costituita da numerose stanze cubiche, alcune dotate di trappole
mortali. Anticipatore di un filone poi reso celebre da Saw –
L’enigmista, questo film ebbe un enorme successo al momento
della sua uscita. Nel 2002 è poi arrivato il suo sequel,
Il cubo 2 – Hypercube, diretto però
stavolta dal regista polacco Andrzej Sekula, noto
per essere stato il direttore della fotografia dei film Le
iene e Pulp Fiction di Quentin Tarantino.
Con questo secondo capitolo, si
ricalca grossomodo la struttura del precedente, introducendo però
nuovi elementi come la quarta dimensione e l’iperspazio. Il film
presenta infatti novità tecnologiche che vanno a rappresentare
anche il progresso realizzatosi in quegli anni, e che permette ora
di dar vita ad una serie di contesti e trappole tanto affascinanti
quanto spaventosi. L’idea infatti, è quella di una vera e propria
evoluzione, quasi come se le stanze in cui i protagonisti si
ritrovano rinchiusi abbiano trovato ulteriori modi di rendersi
letali. Visivamente accattivante, il film è oggi considerato, come
il suo predecessore, un cult.
Nonostante ciò, al momento della sua
uscita passò piuttosto in sordina al cinema, non generando il
successo sperato. Per gli amanti del genere, specialmente di quei
thriller che pongono i protagonisti a doversi confrontare con una
serie di trappole, si tratta di un titolo imperdibile. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Il cubo 2 – Hypercube: la trama del
film
Similmente al primo film, anche in
questo sequel vi sono otto sconosciuti che si ritrovano
improvvisamente rinchiusi in una serie di stanza cubiche, con
diverse porte che consentono l’accesso a nuovi livelli di
quell’ambiente. Questo, però, si dimostra ben presto essere molto
più complesso di quello che potrebbe sembrare. Le stanze, infatti,
si muovono tanto nel tempo quanto nello spazio, presentando ognuna
una serie di terribili trappole mortali. Allo stesso modo, gli otto
protagonisti capiranno di trovarsi lì non per caso, ma per motivi
ben precisi. Se inizialmente pensavano di non avere nulla in
comune, questi scopriranno a loro spese di essere tutti collegati a
qualcosa.
Questo qualcosa è l’azienda Izon,
una delle maggiori nella produzione di armi. Infatti
Simon è un investigatore privato assoldato dai
genitori di Rebecca, una dipendente della stessa
compagnia scomparsa. Sasha, la ragazza cieca, è
una hacker nata in provetta responsabile di avere progettato i
principi del cubo a quattro dimensioni. Max è un
programmatore di videogiochi, mentre Jerry ha
costruito le pareti a sensori. Mrs. Paley è
un’ex-matematica che ha collaborato con la compagnia per la
progettazione, mentre Kate è una psicoterapeuta.
Infine, Julia è l’avvocato che rappresenta la
Izon. Nel comprendere ciò, gli otto dovranno anche comprendere
perché si trovano in quel luogo, e come uscirne vivi.
Il cubo 2 – Hypercube: il cast del
film
Ad interpretare l’investigatore
Simon vi è l’attore Geraint Wyn Davies, celebre
per aver interpretato Nick Knight, vampiro poliziotto nella serie
Forever Knight. Kate, la psicoterapeuta e personaggio più
empatico del gruppo, è interpretata da Kari
Matchett, nota per le serie Covert Affairs e
24. Sono poi presenti gli attori Grace Lynn
Kung nei panni di Sasha, Neil Crone in
quelli di Jerry, e Barbara Cordon nel ruolo di
mrs. Paley. Matthew Ferguson, invece, è Max, il
programmatore di videogiochi. Lindsey Connell è
l’avvocato Julia, mentre il noto attore televisivo Bruce
Gray compare nei panni del colonnello Thomas H. Maguire.
Prima di intraprendere le riprese, il cast si è dovuto sottoporre
ad alcune settimane di allenamento al fine di poter sostenere lo
sforzo fisico previsto.
Il cubo 2 – Hypercube: il sequel,
il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Quella di Cube è divenuta
una trilogia nel momento in cui, nel 2004, è uscito al cinema il
film Cube Zero, anche noto come
Il cubo Zero. Questo, diretto da
Ernie Barbarash, è in realtà un prequel dei
precedenti due capitoli andando a narrare eventi avvenuti prima di
quanto visto fino a quel momento. Tale terzo capitolo, inoltre,
porta per la prima volta narrazione anche all’esterno del cubo,,
fornendo spiegazioni sulla sua esistenza. Dettagli, questi, mai
forniti nei precedenti film, che lasciavano così un aura di mistero
qui invece chiarita. Pur non ottenendo il successo del primo,
questo ricevette comunque pareri positivi, e ancora oggi è a sua
volta un titolo thriller da riscoprire.
In attesa di vedere tale sequel, è
possibile fruire del film grazie alla sua presenza su una delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il cubo 2
– Hypercube è infatti disponibile nel catalogo di
Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo
di sabato 10 aprile alle ore
21:15 sul canale Italia 2.
Il film di Anand
Tucker, Il Critico – Crimini tra le
righe (qui
la nostra recensione), è un dramma criminale che cambia marcia
un po’ troppo presto. Jimmy Erskine, interpretato da Ian McKellen, era noto per i suoi
commenti spietati e taglienti: se da un lato alcuni apprezzavano il
suo feroce senso critico, dall’altro gli attori lo temevano. La
prima parte del film esplora il narcisismo di Erskine e il suo
bisogno compulsivo di sentirsi potente e validato, ma la trama
presto degenera in una direzione fin troppo cupa per la premessa
iniziale. Jimmy Erskine si sente minacciato quando il nuovo
caporedattore, il Visconte Brooke, lo avverte di moderare il tono
delle sue critiche. Era forse la prima volta che qualcuno osava
mettere in discussione il suo stile, e Jimmy non sapeva come
reagire. Non voleva vivere nel costante timore di perdere il
lavoro, ma al tempo stesso era deciso a non tradire il proprio
stile. Negli anni ’30 l’omosessualità era considerata un crimine:
una sera, ubriaco e in cerca di emozioni forti, Erskine provoca
alcuni poliziotti e viene sorpreso in un momento di intimità con il
suo segretario, Tom Turner. Entrambi vengono arrestati, e da lì
nascono ulteriori problemi.
Perché Jimmy Erskine ha
ordito una vendetta?
La notizia dell’arresto di Jimmy
giunge a Brooke, che si trova costretto a chiedere favori per far
rilasciare lui e Tom. La mattina seguente, Jimmy riceve una lettera
di licenziamento e viene informato che dovrà rispettare un periodo
di preavviso di un mese. Per un istante, il suo mondo crolla. Senza
la sua rubrica al Daily Chronicle, Jimmy si sente perso.
Amava i lussi che il lavoro gli permetteva e non era disposto a
rinunciarvi. Capisce che l’unico modo per salvare il suo posto è
complottare contro il Visconte Brooke. Ogni uomo ha i suoi segreti,
e Jimmy è determinato a trovare il punto debole del suo capo. Ben
presto scopre che Brooke è infatuato dell’attrice Nina Land: è
sempre presente tra il pubblico ad ogni sua esibizione e la sua
ammirazione è evidente. Jimmy cerca di avviare una conversazione
con Brooke su Nina, ma lui finge di non conoscerla bene. La sua
esitazione conferma i sospetti di Jimmy, che inizia a pianificare
la sua vendetta.
The Critic – Mark Strong e Ian McKellen – Cortesia di
Universal
Jimmy sa che Brooke non lo
riassumerà spontaneamente: deve essere manipolato. Brooke non ha
mai approvato il suo stile e lo disprezzava in particolare per le
critiche feroci rivolte a Nina Land. Jimmy decide di ricattare
Brooke per riavere il suo posto. Recentemente aveva stretto
amicizia con Nina, la quale ammirava la sua rubrica ed era ansiosa
di ottenere la sua approvazione. Jimmy decide di usarla per
raggiungere il suo scopo, ma Nina accetterà il patto?
Perché Nina Land ha
accettato la proposta di Jimmy?
Nina aveva ormai perso la speranza
di conquistare il favore di Jimmy ed è sorpresa quando lui
definisce straordinaria la sua ultima performance. Aveva sempre
letto la sua rubrica e, inconsciamente, aveva sempre cercato la sua
approvazione. Felice ma dubbiosa, si chiede il motivo di quel
cambiamento improvviso. Quando lo chiede direttamente a Jimmy, lui
le risponde che, a suo avviso, aveva finalmente raggiunto il suo
vero potenziale. Jimmy la invita a casa sua e Nina pensa che
discuteranno della sua arte. Ma quando lo incontra, capisce che
vuole qualcosa in cambio. Jimmy le promette recensioni
entusiastiche, interviste e la consacrazione come la più
promettente attrice della sua generazione. Per ottenere tutto
questo, le chiede di trascorrere qualche notte con il Visconte
Brooke. Nina è visibilmente a disagio: non vuole compromettersi per
ottenere buone recensioni, ma Jimmy è abile con le parole. Le
ricorda che, ormai trentenne, presto le parti da protagonista
avrebbero smesso di arrivare, facendola cadere nell’oblio. Ma lui
può evitarle questo destino. Nina alla fine cede: è pronta a
sacrificare il proprio orgoglio per la fama. Il giorno dopo
incontra il Visconte e lo seduce. Brooke è al settimo cielo: la
donna che ha sempre desiderato ora sembra ricambiare i suoi
sentimenti. Passano la notte insieme, ma Nina si sente soffocare
dal senso di colpa. Cerca di sgattaiolare via, ma Brooke si
sveglia. Intuisce il suo turbamento, ma lei finge che sia tutto a
posto.
Perché il Visconte David
Brooke si è tolto la vita?
Brooke si sente umiliato quando
scopre di essere stato ingannato da Jimmy, che ha usato Nina per
incastrarlo. Aveva sempre ammirato segretamente Nina dal 1928,
mandandole rose bianche prima di ogni spettacolo. Per lui, vivere
un momento con lei era stato un sogno diventato realtà. Ma quando
Jimmy gli rivela la verità, il Visconte ne rimane distrutto. Brooke
è un uomo di sessant’anni, sposato, con nipoti. Sapeva che la sua
infatuazione non sarebbe stata accettata dalla società, motivo per
cui l’aveva sempre tenuta nascosta. Ma quando Nina ha mostrato
interesse per lui, non ha saputo resistere.
Il giorno successivo, Brooke
incontra Stephen Wyley, che si scopre essere suo genero. Sua figlia
Cora gli aveva confidato di sospettare un tradimento da parte del
marito. Brooke promette di convincerlo a non divorziare, ma quando
lo interroga sulla sua amante, Stephen confessa che è Nina Land.
Brooke rimane sconvolto. Ora sa che la sua famiglia scoprirà prima
o poi della sua relazione con Nina, e teme che lo scandalo
distrugga la sua reputazione. Per evitare questa vergogna, decide
di togliersi la vita.
The Critic – Alfred Enoch e Ian McKellen – Cortesia di
Universal
Cosa è successo a Jimmy
Erskine di Il Critico?
Stephen intuisce che tra Nina e
Brooke c’è qualcosa e la affronta. Nina crolla e confessa tutto.
Sconvolto, Stephen la lascia. Devastata, Nina beve troppo e finisce
a casa di Jimmy. Lui, appena rientrato dal funerale di Brooke, non
si sente responsabile della sua morte. Nina minaccia di
denunciarlo, ma Jimmy non cede. Lei continua a dire di voler
raccontare tutto alla polizia, e Jimmy capisce che il suo segreto
non è al sicuro. Per proteggersi, decide di annegare Nina.
Tom, stanco della crudeltà di Jimmy,
vuole denunciarlo. Ma Jimmy lo manipola ancora una volta,
ricordandogli che, in quanto uomo nero e omosessuale, la polizia
non gli crederebbe mai. Alla fine, i due lasciano il corpo di Nina
su una spiaggia del Kent, facendo sembrare tutto un incidente.
Tuttavia, Tom non riesce a convivere con il peso di questo segreto.
Scrive tutto in una lettera e la invia a Cora. Jimmy viene
arrestato, ma non mostra alcun rimorso. Si illude che Tom
continuerà a raccontargli dei teatri e delle critiche. Ma ciò che
rimane aperto è una domanda: Tom diventerà come Jimmy?
Con Il
Critico – Crimini tra le righe, il regista
Anand Tucker ci porta nei teatri della Londra
degli anni ’30, un mondo affascinante e spietato, dominato
dall’acida penna del critico Jimmy Erskine, interpretato con
magistrale perfidia da Ian McKellen. Basato sul romanzo
Curtain Call di Anthony Quinn, il film si
muove tra thriller, dramma e commedia nera, offrendo uno sguardo
impietoso su un’epoca in cui la critica poteva determinare il
destino di un artista con una sola recensione.
Ian
McKellen incarna Erskine con una raffinatezza e un’energia
quasi teatrali: il suo volto solcato dal tempo è un perfetto
palcoscenico per esprimere disprezzo, ironia e, a tratti,
malinconia. Erskine è un personaggio larger-than-life, un
uomo che gode nel distruggere carriere con frasi affilate come lame
e che esercita il potere della parola con la sicurezza di chi non
teme conseguenze. Tuttavia, quando il nuovo proprietario del
Daily Chronicle, il Visconte David Brooke (Mark
Strong), minaccia il suo posto, Erskine si
trasforma in un animale ferito, pronto a tutto pur di mantenere la
sua posizione.
Al centro della sua
macchinazione troviamo la giovane attrice Nina Land (Gemma
Arterton), bersaglio delle sue critiche più
spietate ma anche pedina chiave nel suo piano di vendetta. Disposta
a tutto pur di ottenere il favore della stampa, Nina si lascia
coinvolgere in un gioco pericoloso, accettando di sedurre Brooke in
cambio di recensioni lusinghiere. Un intreccio che diventa sempre
più intricato e che porta a conseguenze inaspettate, segnando il
destino di tutti i protagonisti.
The Critic – Mark Strong e Ian McKellen – Cortesia di
Universal
Il valore della parola
La sceneggiatura di
Patrick Marber (Diario di uno Scandalo)
offre dialoghi taglienti e un ritmo serrato, regalando a McKellen
battute memorabili che riecheggiano i fasti di personaggi iconici
come Addison DeWitt di Eva contro Eva. In un film così
ancorato alla parola, la sceneggiatura è senza dubbio un punto di
forza, raccontando molto bene il periodo in cui la parola scritta
aveva un peso, un valore, era importante ma anche pericolosa e
spietata. Tuttavia, se la prima parte del film si distingue per la
sua eleganza e la costruzione dei personaggi, il terzo atto risulta
più confuso e affrettato, perdendo parte della forza narrativa
accumulata fino a quel momento. Nonostante alcuni reshoot e un
nuovo montaggio dopo la tiepida accoglienza alla prima del 2023, il
film fatica a trovare un equilibrio tra il dramma personale di
Erskine e il contesto storico-politico in cui si muove.
Un aspetto
particolarmente riuscito però è la resa visiva: la fotografia noir
di David Higgs e la scenografia di Lucien
Surren contribuiscono a creare un’atmosfera cupa e
sofisticata, perfettamente in linea con il tono del racconto. Il
contrasto tra l’opulenza del mondo teatrale e la brutalità della
realtà esterna, dominata dalla crescente minaccia del fascismo,
aggiunge una dimensione storica che, pur interessante, non sempre
viene esplorata con la dovuta profondità.
The Critic – Gemma Arterton e Ian McKellen – Cortesia di
Universal
Il cast di Il Critico – Crimini tra le
righe
A livello attoriale,
oltre a Ian McKellen, brillano anche i comprimari. Gemma
Arterton porta sullo schermo una Nina fragile ma ambiziosa,
sempre più bella e consapevole a ogni apparizione sullo schermo,
mentre Mark Strong tratteggia un Brooke contenuto ma
vulnerabile, la cui rigidità nasconde insicurezze profonde.
Alfred Enoch, nel ruolo del segretario e amante di Erskine,
offre un’interpretazione sottile ma intensa, evidenziando le
dinamiche di potere e oppressione legate all’omosessualità
nell’Inghilterra dell’epoca.
Il difetto principale di
The Critic sta forse nella sua stessa ambizione: nel
tentativo di essere al contempo thriller, dramma psicologico e
satira sul mondo della critica teatrale, il film rischia di
disperdere la sua forza. Le rivelazioni e i colpi di scena si
susseguono con un ritmo quasi forsennato, fino a un finale che, pur
efficace nel suo cinismo, manca di un vero impatto emotivo.
Nonostante ciò, il film
rimane un’esperienza godibile, grazie soprattutto alla prova
straordinaria di Ian McKellen, che riesce a rendere
Erskine un personaggio tanto detestabile quanto irresistibile. La
sua interpretazione ci porta a riflettere sul ruolo della critica,
sulla crudeltà del giudizio e sulla fragilità dell’ego artistico,
lasciandoci con la sensazione che, in fondo, la vera forza di
The Critic risieda proprio nella sua caustica ironia.
Se da un lato un discreto numero di
agenti di polizia ha espresso solidarietà con le proteste
riguardanti i diritti civili che hanno infiammato in questi giorni
gli Stati Uniti a seguito della morte di George
Floyd, la maggioranza sembra essere rimasta dalla parte
della “legge”, con alcuni membri delle forze dell’ordine che hanno
addirittura raddoppiato gli sforzi per cercare di tutelare la
propria immagine.
Di fronte alle
crescenti pressioni dei cittadini che – in teoria – sarebbero
chiamati a proteggere, sempre più poliziotti si stanno unendo al
#BlueLivesMatters, un contromovimento creato dai
sostenitori dei membri polizia che vengono perseguiti e condannati.
Poiché molti di loro hanno adottato il logo di The
Punisher, il celebre anti-eroe della Marvel, per indicare la loro
fedeltà alla nazione, la cosa sembra non essere andata giù a
diversi fumettisti, che pare ora stiano esortando la Disney a
perseguire un’azione legale contro coloro che si sarebbero
appropriati del logo senza alcun permesso.
La decisione degli ufficiali di
polizia di identificarsi con The Punisher è stata
accolta in maniera molto negativa. Conosciuto anche come Frank
Castle, Il Punitore è un vigilante che opera al di fuori della
legge e molte delle sue storie – tra cui una assai nota ai fan in
cui uccide diversi personaggi dell’Universo
Marvel – lo caratterizzano per possedere una
forza tanto cieca quanto eccessiva.
Gli ufficiali che utilizzano il
logo di The Punisher? “Una vergogna” per Gerry Conway
Gerry
Conway, co-creatore di The Punisher, ha
definito gli ufficiali che hanno utilizzato il logo del suo
personaggio “una vergogna”, anche se non è la prima volta
che lo stesso esprime la sua opinione in merito. Come ex membro del
Corpo dei Marines degli Stati Uniti, e in quanto vigilante senza
superpoteri, Frank Castle si trova sempre in contatto con
le forze dell’ordine e, in una particolare serie a fumetti, arriva
anche a minacciare esplicitamente alcuni poliziotti che tentano di
imitarlo.
Tuttavia, ogni giorno sembra che
un’altra grande personalità americana faccia sentire la sua voce e
si unisca alle miriadi di proteste contro la brutalità della
polizia e del razzismo sistematico. Registi come J.J. Abrams e attori come Michael B. Jordan hanno donato milioni di
dollari a enti di beneficenza affiliati al movimento #BlackLivesMatter.
Continua a tenere banco in rete la
questione FOX e Disney, e dopo avervi rivelato
come si
stanno evolvendo le cose e il perché delle intenzioni della
Disney, oggi vi segnaliamo questo messaggio lanciato
via instagram dal co-creatore di
Deadpool Rob Liefeld che invita lo
studios ad aspettare l’uscita del sequel del film e quello sui
nuovi X-Men:
Che dire, è molto sicuro di sé in
merito alle affermazioni di sicuro successo, tanto da aspettarsi un
miliardo di dollari di incasso!
Di seguito brevi estratti tradotti del post:
Caro Rupert, sono il vostro
amico Rob, prima di chiudere le trattative aspettate che Deadpool 2
esca incassi un miliardo di dollari, e anche X-Force! Questo è il
vostro Star
Wars ed è appena l’inizio. Tutti nella divisione
cinematografica abbiamo messo la quinta. Guardare il portfolio
crescere.
Diretto da David
Leitch, Deadpool
2 vedrà Ryan
Reynolds tornare nei pani del Mercenario
Chiacchierone della Marvel. Zazie
Beetz sarà Domino, Josh
Brolin sarà invece Cable.
Deadpool ha
incassato 363 070 709 dollari in Nord America e 417 408 522 dollari
nel resto del mondo, per un totale mondiale di 780 479 231
dollari. Deadpool è stato accolto
generalmente bene dalla critica, soprattutto grazie alla
recitazione di Ryan Reynolds e alla comicità pungente e ironica
della sceneggiatura.
Il travagliato remake de
Il Corvo
(The
Crow) potrebbe non essere ancora
definitivamente tramontato. C’è ancora speranza. Deadline lascia
intendere che Corin Hardy (The
Hallow), l’ultimo nome accreditato per la regia del
film, potrebbe infine tornare a occuparsi del progetto,
negli anni associato a diversi interpreti – tra
cui Luke Evans,Tom
Hiddleston, James McAvoy, Bradley
Cooper – e registi (Stephen Norrington,
Juan Carlos Fresnadillo, F. Javier
Gutierez)
Dopo i problemi
finanziari della Relativity, Corin Hardy era
stato licenziato dalla nuova guida Dana Brunetti senza che il
produttore storico Edward Pressman ne fosse a
conoscenza. Pressman ha poiingaggiato una
battaglia legale con lo studio per revocare i diritti del remake
avendo tradito i termini dell’accordo. Deadline ha aggiornato sulla
situazione, parlando di un disgelo tra le parti che riporterebbe
appunto Hardy in cabina di regia. Si parla però
ancora di diversi ostacoli da superare per realizzare il
remake ed è possibile che intervenga un altro studio nelle
vesti di partner.
Sempre Deadline annuncia
che Corin Hardy
dirigerà Hell Bent, descritto come
“Quella sporca dozzina all’inferno”, per
la Paramount con Lorenzo di
Bonaventura e Mark Vahradian a
produrre. Un eventuale impegno sul set del remake de Il
Corvo non sarebbe, quindi, comunque previsto a
breve.
Ci sarà molto da aspettare prima di
rivedere sul grande schermo il personaggio creato
da James O’Barr. Sarà il destino a non volere
il remake di questo film?
Deadline riporta la notizia che
F. Javier Gutierrez non dirigerà più
The
Crow,il remake de
Il Corvo. La Relativity
Media, infatti, ha deciso di affidare il progetto
all’esordiente Corin Hardy. Luke
Evans resta confermato nei panni del protagonista.
The
Crow, (Il Corvo) è tratto da un
comic book firmato James O’Barr (che lavorerà
al film in qualità di consulente) e che, nel raccontare della
tragica morte della coppia Eric Draven e
Shelly Webster, si ispira ad un episodio che costò
al fumettista la perdita della compagna. Il nuovo film si baserà su
uno script scritto da Cliff Dorfman e si
avvarrà della collaborazione di James O’Barr come consulente
creativo. La produzione del film dovrebbe partire nella primavera
del 2015, mentre al momento non è stata annunciata una data
ufficiale di uscita.
Il creatore del fumetto originale,
James O’Barr, ha rivelato, durante un’intervista
con il blogger indipendente Sean C.W. Korsgaard, una serie di nuovi
dettagli circa l’attesissimo remake de Il
Corvo, oltre a parlare del suo personale
coinvolgimento nel progetto. Ecco quanto rivelato:
“Non faremo un remake del film
con Brandon Lee. Riadattaremo il fumetto. Penso che esista il
Dracula di Bela Lugosi e il Dracula di Francis Ford Coppola. E’ in
questo senso che abbiamo intenzione di muoversi. Useremo lo stesso
materiale di partenza, ma saranno due film completamente diversi.
Il nuovo film sarà molto più simile a Taxi Driver o a un film di
John Woo, e credo che ci sarà spazio per entrambe le ispirazioni.
D’altronde, buona parte del fascino della serie de Il Corvo è che
racconta tante storie differenti”.
Sul personaggio di Eric
Draven, che sarà intepretato da Luke
Evans, O’Barr ha aggiunto: “Luke interpreterà Eric, ma
non sarà lo stesso Eric del film con Brandon Lee. Quell’Eric è un
personaggio divenuto ormai immortale. Nessuno può sostituirlo. Luke
sarà Erica ma non sarà come quell’Eric. Brandon era un amico e non
farò nulla che possa anche minimamente ledere la sua
memoria”.
Infine, conclude dicendo: “Ho
avuto modo di vedere Luke in una prima prova trucco, e sembra
incredibile. Speriamo di poter iniziare la produzione del film alla
fine dei prossimi mesi e di poter iniziare a girare in
primavera”.
Sono stati rilasciati alcuni concept
art del reboot mai realizzato de Il Corvo che ci mostrano Tom Hiddleston e
Luke Evans con il classico trucco bianco e nero
di Eric Draven, il protagonista del celebre fumetto di
James O’Barr, già portato sul grande schermo nel
1994 grazie al film con protagonista il compianto Brandon Lee.
Nel corso degli anni, diversi
registi hanno provato a riportare Il Corvo al cinema. Tuttavia, ad oggi, nessuno
è mai riuscito nell’ardua impresa, nonostante siano stati comunque
realizzati ben tre sequel dell’originale e anche una serie tv. Nel
lontano 2013, Tom Hiddleston, il celebre Loki del
MCU, venne scelto per interpretare il ruolo di Eric, ma alla
fine venne sostituito da
Luke Evans, l’attore gallese noto per Dracula Untold e La bella e la bestia. Alla fine, anche Evans abbandonò
il progetto, che all’epoca era nelle mani di F. Javier
Gutiérrez, regista spagnolo noto per The Ring
3.
I concept art mai visti prima sono
stati diffusi in esclusiva da
Bloody Disgusting e ci mostrano come sarebbero apparsi
Hiddleston e Evans se alla fine avessero davvero interpretato
l’iconico ruolo di Eric Draven. A proposito dei concept, opera del
makeup designer Bill Corso, Gutiérrez ha spiegato:
“Abbiamo cercato di rendere il personaggio il più fedele
possibile alla graphic novel. Volevamo che fosse ancorato a
quell’immaginario. Abbiamo prestato molta attenzione ai dettagli,
inclusa la cicatrice. Bill è incredibile e ha fatto un lavoro
straordinario”.
Al momento non sappiamo se un reboot
de Il Corvo verrà mai realizzato. A gennaio era
trapelata la
notizia che il progetto fosse tornato in sviluppo alla Sony, ma
da allora non ci sono più stati aggiornamenti. Ricordiamo che
l’ultima volta il progetto era nelle mani del regista Corin
Hardy(The
Nun – La vocazione del male) e che Jason Momoa(Aquaman)
avrebbe dovuto interpretare Eric Draven. Entrambi hanno poi
annunciato di aver deciso, insieme, di abbandonare il film.
Dopo l’abbandono di Luke
Evans al remake de Il Corvo
(The
Crow), da tempo ci si chiedeva chi avrebbe
racconto la pesante eredità lasciata da Brandon
Lee nel lontano 1994. Ebbene a
rompere il silenzio in merito al futuro Eric Draven è stato lo
stesso James O’Barr, creatore della graphic
novel da cui fu tratto il film diretto da Alex
Proyas.
L’autore, in un recente intervento,
ha ammesso di aver contattato personalmente Sam
Witwer per convincerlo a prendere parte al remake
firmato Corin
Hardy. O’Barr ha inoltre
confermato di aver agito in maniera impulsiva, seguendo una propria
idea che, al momento, non sarebbe ancora condivisa
da Hardy.
Non ci resta, dunque, che
attendere l’evolversi della situazione per scoprire se
l’attore, già noto al pubblico del piccolo schermo
(Smalville), entrerà a far parte del
progetto.
Il Corvo è il film
culto del 1994 diretto da Alex Proyas e con
protagonisti Brandon Lee, Ernie Hudson, Michael
Wincott e Bai Ling.
Anno:
1994
Regia: Alex
Proyas
Cast: Brandon
Lee, Ernie Hudson, Michael Wincott, Bai Ling
Il Corvo, la
trama: Detroit, notte di Halloween: Eric e Shelley sono
due fidanzati in procinto di sposarsi. Il loro sogno di una vita
insieme viene violentemente spezzato dalla banda criminale
guidata da Top Dollar, che uccide lui e violenta lei, riducendola
in fin di vita: finirà di soffriredopo trenta ore di agonia, in
ospedale. Un anno dopo, grazie ai poteri del corvo imperiale, Eric
tornerà in vita per poter compiere la propria vendetta e così
riposare in pace.
Analisi: Nei primi
anni ’90 la Dimension Film decide di portare sullo schermo la
miniserie a fumetti firmata da James O’Barr, sulla
scorta del successo planetario arriso all’opera tra appassionati e
non solo; alla regia viene chiamato il quasi esordiente
Alex Proyas; il ruolo di Eric (dopo i rifiuti di
River Phoenix e Christian Slater)
va a Brandon Lee, figlio della leggenda delle arti
marziali Bruce. Il 31 agosto 1993, a lavorazione quasi ultimata,
Lee muore sul set, colpito dal proiettile vero sparato da una
pistola che doveva essere caricata a salve.
Il film
maledetto è servito, legato indissolubilmente alla tragica morte
del suo protagonista, alla cui assenza in alcune sequenze del film
si ovvia con l’uso di controfigure (come avvenuto col padre in
L’ultimo combattimento di Chen) e con la
rielaborazione al computer del materiale già girato.
Il risultato, al netto dell’aura
oscura che ne ha segnato per sempre le sorti, è comunque largamente
apprezzabile; pur con le inevitabili libertà prese rispetto
all’originale cartaceo, Il Corvo finisce
per essere trai migliori esempi del cinema ‘di genere’ prima
dell’esplosione del filone nell’ultimo decennio.
L’ambientazione plumbea, in una
metropoli trasfigurata che per certi versi ricorda una versione
ante litteram della Sin City di Frank
Miller e la prestazione di Lee, all’insegna di
un’innegabile presenza scenica, unite ad una storia che mescola
amore, morte, vendetta e violenza, sono le principali qualità di un
film che alla fine sarebbe ingeneroso ricordare solo per quanto
accaduto al suo protagonista; a fianco di Lee, un cast di
semisconosciuti, trai quali Michael Wincott, Ernie
Hudson e Bai Ling hanno poi proseguito
una discreta carriera sul grande e piccolo schermo.
Grande successo al botteghino, ma
apprezzato anche dalla critica, Il Corvo
ha assistito a ben tre sequel (nessuno dei quali però firmato da
Alex Proyas) e, in piena età di vigilanti e
supereroi sul grande schermo, sarà prossima oggetto di un
reboot.
Menzione d’onore per la colonna
sonora, vera testimonianza dell’epoca, in cui si ricorda
soprattutto la cover di Dead Soul dei Joy Division eseguita
dai Nine Inch Nails, assieme a brani, tra gli altri di, Cure,
Rage Against The Machine e Stone Temple Pilots.
Sono anni che Hollywood cerca di
riportare Il Corvo sul grande schermo.
A gennaio di quest’anno avevamo appreso che la Sony era
ufficialmente tornata al lavoro sul travagliatissimo reboot, ma da
allora, di nuovo, non ci sono stati più aggiornamenti.
In attesa di saperne di più, è stato
uno degli attori del film originale, Ernie Hudson (noto per aver interpretato
Winston Zeddemore nella saga di Ghostbusters) a
parlare della possibilità di un nuovo film basato sull’iconico
fumetto di James O’Barr. Intervistato da
ComicBook, Hudson – che nel film del 1994 diretto da Alex
Proyas ha interpretato il ruolo del sergente Darryl Albrecht – ha
spiegato che, dal suo punto di vista, quella de Il
Corvo è una storia morta insieme al suo protagonista,
Brandon Lee.
“James O’Barr è un amico e ha
creato questa storia come una graphic novel”, ha spiegato
Ernie Hudson. “Conoscevo Brandon da prima
che girassimo il film. Abbiamo avuto un po’ di problemi nel mettere
insieme tutto, ma quando Brandon morì, ogni cosa diventò talmente
complicata che cercare di spiegarlo a parole è semplicemente
impossibile. Ho fatto diversi film d’azione, ma nessuno si è mai
fatto male. Voglio dire, è quasi impossibile che qualcuno
s’infortuni, o per lo meno era quello che pensavo nella mia testa.
Ma poi è successo. Ho amato far parte di quella pellicola e Alex
Proyas, che l’ha diretta, è stato un regista meraviglioso che si è
assicurato in ogni modo affinché il film venisse fuori al meglio.
Ma, nella mia mente, era tutto finito.”
L’attore ha poi aggiunto:
“Magari ci potranno anche essere remake o cose del genere, ma
non è come con Ghostbusters in cui trovo naturale un ragionamento
del tipo: ‘Oh, sì, puoi averne quanti ne vuoi’. Per me Brandon era
Il Corvo e, per quanto mi riguarda, una volta che lui è morto e
siamo riusciti a finire comunque il film, per me era tutto finito.
So che ne hanno fatti degli altri, ma non li ho mai visti. Il Corvo
era Brandon e non posso pensarla in maniera differente. Ora magari
i fan e lo studio hanno un’idea opposta, anche perché potrebbe
diventare un franchise valido, ma per me resta qualcosa di
estremamente specifico.”
I piani iniziali per il reboot de Il Corvo
Inizialmente, il reboot deIl
Corvosarebbe
dovuto arrivare nelle sale l’11 ottobre 2019. La pre-produzione del
film era già cominciata, con Jason
Momoa e il
regista Corin
Hardy(The
Nun – La vocazione del male) che avevano condiviso
attraverso i social il loro entusiasmo riguardo il progetto.
Improvvisamente, entrambi annunciarono di
aver deciso di lasciare il film, gettando nuovamente il reboot in una sorta
di limbo. Prima ancora del coinvolgimento di Momoa e Hardy, per un
periodo anche Luke
Evans è stato
associato al progetto.
Il creatore del fumetto originale,
James O’Barr, ha rivelato, durante un’intervista
con il blogger indipendente Sean C.W. Korsgaard, una serie di nuovi
dettagli circa l’attesissimo The
Crow, remake de
Il Corvo, oltre a parlare del suo
personale coinvolgimento nel progetto. Ecco quanto rivelato:
“Non faremo un remake del film
con Brandon Lee. Riadattaremo il fumetto. Penso che esista il
Dracula di Bela Lugosi e il Dracula di Francis Ford Coppola. E’ in
questo senso che abbiamo intenzione di muoversi. Useremo lo stesso
materiale di partenza, ma saranno due film completamente diversi.
Il nuovo film sarà molto più simile a Taxi Driver o a un film di
John Woo, e credo che ci sarà spazio per entrambe le ispirazioni.
D’altronde, buona parte del fascino della serie de Il Corvo è che
racconta tante storie differenti”.
Sul personaggio di Eric
Draven, che sarà intepretato da Luke
Evans, O’Barr ha aggiunto: “Luke interpreterà Eric, ma
non sarà lo stesso Eric del film con Brandon Lee. Quell’Eric è un
personaggio divenuto ormai immortale. Nessuno può sostituirlo. Luke
sarà Erica ma non sarà come quell’Eric. Brandon era un amico e non
farò nulla che possa anche minimamente ledere la sua
memoria”.
Infine, conclude dicendo: “Ho
avuto modo di vedere Luke in una prima prova trucco, e sembra
incredibile. Speriamo di poter iniziare la produzione del film alla
fine dei prossimi mesi e di poter iniziare a girare in
primavera”.
Vi ricordiamo che
The
Crow, (Il
Corvo)è infatti tratto da un comic
book firmato James O’Barr e che, nel
raccontare della tragica morte della coppia Eric
Draven e Shelly Webster, si ispira ad un
episodio che costò al fumettista la perdita della compagna. Il
nuovo film sarà diretto dal regista F. Javier
Gutierrez, e si baserà su uno script scritto
da Cliff Dorfman e si avvarrà della
collaborazione di James O’Barr come consulente creativo. Le
riprese del film dovrebbero iniziare nei prossimi mesi, mentre al
momento non è stata annunciata una data ufficiale di uscita.
Il nuovo film sul
Corvo The Crow, interpretato dall’attore di ITBill Skarsgård, prenderà il volo a giugno, ma
i fan dell’adattamento originale degli anni ’90 di Alex
Proyas della graphic novel di James O’Barr
avranno presto la possibilità di vedere il film sul grande schermo,
probabilmente per la prima volta almeno negli USA.
Il CORVO tornerà nelle sale per celebrare il suo 30°
anniversario il 1° giugno e abbiamo un nuovo poster con il
compianto Brandon Lee nei panni di Eric Draven
e una nuova featurette con filmati e interviste dietro le quinte.
Il Corvo è ora disponibile in 4K Ultra HD. Date un’occhiata ai
nuovi promo qui sotto.
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Brandon Lee è rimasto ucciso in un tragico
incidente durante le riprese del film nel 1993, e recentemente sono
emersi nuovi dettagli sulla serie di errori davvero scioccanti che
hanno portato alla morte dell’attore.
Il trailer:
Il regista Dwight H. Little, che ha
lavorato con Lee in Rapid Fire, ha pubblicato un libro di memorie
intitolato Still Rolling: Inside the Hollywood Dream Factory, e un
capitolo si concentra su ciò che accadde il giorno in cui Lee morì.
Sebbene alcuni di questi fatti fossero già di dominio pubblico,
Little è riuscito a scoprire alcune nuove informazioni e le sviste
commesse potrebbero farvi scuotere la testa.
Tutti i dettagli dell’edizione
Ultra HD 4K de Il Corvo
Celebra il 30° anniversario
dell’emozionante classico cult IL CORVO
disponibile da oggi per la prima volta in 4K Ultra HD™ grazie a
Paramount Home Entertainment e Plaion Pictures. Recentemente
rimasterizzato, IL CORVO è acquistabile
in due versioni SteelBook™, una Blu e una Nera, in edizione
limitata in 4K Ultra HD™ + Blu-ray™, ognuna con un artwork
esclusivo, che includono contenuti bonus inediti e legacy. Sia
l’edizione limitata Steelbook “Blu” che l’edizione limitata
Steelbook “Nera”
sono impreziosite da 3 carde un poster
esclusivi.
Uscito nelle sale il 13 maggio
1994, IL CORVO ha affascinato il pubblico
e la critica con la sua estetica gotica, l’azione mozzafiato e la
performance di Brandon Lee, tutti elementi al centro della fantasia
di vendetta del regista Alex Proyas. Il film, che ha avuto un
successo straordinario al box office, ha generato un appassionato
interesse di culto che ha dato vita a tre sequel, una serie
televisiva, un videogioco, giocattoli e romanzi. Basato
sull’omonima saga a fumetti di James O’Barr, IL
CORVO è un thriller ricco d’azione, con uno stile
ipnotico e una bellezza visiva straordinaria.
Entrambe le versioni SteelBook 4K
Ultra HD™ + Blu-ray Disc™ de IL CORVO
includono un nuovissimo documentario in tre parti creato per il 30°
anniversario e intitolato “Ideare il Corvo”. Il nuovo
documentario è un affascinante approfondimento con il leggendario
production designer Alex McDowell, che parla di tutti gli aspetti
della progettazione del classico del 1994, nonché della sua
esperienza di lavoro con il visionario regista Alex Proyas e con la
compianta star del film, Brandon Lee.
Inoltre, per la prima volta su
disco, entrambe le versioni includono una conversazione con la
leggenda di Hollywood, Edward R. Pressman, che ha parlato della sua
prolifica carriera in occasione della pubblicazione da parte di
Sideshow Collectibles di una statuetta in edizione limitata de
IL CORVO.
I contenuti bonus nuovi e legacy,
inclusi solo nella versione in 4K Ultra HD™, sono elencati di
seguito:
Ideare il Corvo –
NOVITÀ!
Angels All Fire: Birth of the Legend
On Hallowed Ground: The Outer Realm
Twisted Wreckage: The Inside Spaces
Intervista con Edward R. Pressman –
NOVITÀ!
Commento audio del regista Alex
Proyas
Commento audio del produttore Jeff Most e dello
sceneggiatore John
Shirley
Dietro le
quinte
Ritratto di James
O’Barr
Scene estese
The Arcade Bombing
The Funboy Fight
The Shootout at Top Dollar’s
Scene
eliminate
Trailer
IL CORVO
è disponibile da oggi in due versioni SteelBook, una blu e una
nera, in edizione limitata in 4K Ultra HD + Blu-ray Disc™.
Sembra davvero non esserci pace per
il remake de Il Corvo
(The
Crow), l’ultimo film interpretato da
Brandon Lee, tratto dall’omonimo fumetto di
James O’Barr. Le ultime notizie relative al
progetto risalgono allo scorso novembre, quando la
Relativity Media, nonostante le difficoltà
finanziarie, aveva annunciato che le riprese del film sarebbero
iniziate nella prima metà del 2016.
Oggi torniamo a parlare del
travagliatissimo progetto. Sembra infatti che il regista
Corin Hardy, dal 2014 associato al remake, sia
stato licenziato. Nel settembre 2015 la Relativity (che avevo
dichiarato bancarotta) si era assicurata un prolungamento del
contratto con Hardy. L’entrata in scena di Dana
Brunetti, nuovo presidente di produzione, ha di fatto
portato nuovi sconvolgimenti in merito alla lavorazione del film:
la Brunetti infatti ha deciso di ripartire da zero e licenciare
Hardy.
Nel frattempo, la Edward R.
Pressman Film Corporation, produttrice del film del 1994
diretto da Alex Proyas, ha intentato una causa
contro la Relativity per negarle i diritti di qualsiasi nuovo
rifacimento della pellicola, sia esso un sequel, un prequel o un
remake. Nel 2009 il produttore Edward Pressman
aveva opzionato i diritti e stretto un accordo (esteso poi nel
2014) con la Relativity, che avrebbe avuto così tre anni di tempo
per iniziare le riprese.
Entrambe le parti erano d’accordo
sulla scelta di Corin Hardy. Adesso, Pressman sostiene che la
Relativity abbia violato il contratto non consultandolo in merito
al licenziamento del regista. Se il produttore dovesse vincere la
causa, la Relativity non avrà più la possibilità di realizzare il
film. Dunque, il progetto è nuovamente bloccato a tempo
indeterminato. Quale sarà il futuro di questo chiacchieratissimo
remake? Naturalmente vi terremo aggiornati…