A giudicare da La variabile
umana, sembra che il cinema italiano stia riscoprendo i
film di genere come strumento d’indagine della realtà. È il secondo
giallo, protagonista un investigatore in stile “chandleriano”,
apparso al cinema quest’anno (ma il progetto è nato qualche anno
fa), dopo Cha cha cha di Marco
Risi. In entrambi i casi un’angolazione privilegiata,
quella del poliziesco, per parlare dell’attualità, della vita nelle
metropoli italiane, per catturare uno spirito del tempo che si
respira già da diversi anni e che il cinema ha colto, ben prima dei
recenti fatti di cronaca.
Milano, l’omicidio di un
personaggio in vista; l’ispettore Monaco (Silvio
Orlando), schivo e taciturno, quasi antipatico,
costretto a uscire dall’isolamento in cui si è chiuso dalla morte
della moglie, per indagare. Sua figlia, Linda (Alice
Raffaelli), portata in commissariato la stessa notte
dell’omicidio perché sorpresa a giocare al tiro a segno con la
pistola del padre. Le indagini sull’omicidio Ullrich portano Monaco
dritto a una verità inaspettata e traumatica.
Sullo sfondo sociale di una
metropoli immiserita e in decadenza, è tratteggiata la vicenda
privata ed esistenziale di Monaco, fatta di estrema solitudine,
incomunicabilità. Orlando incarna ottimamente un padre frustrato
per un lavoro che non gli piace più, per una vita lasciata andare,
annichilito dalla tragedia del lutto, “congelato”. In tutto il film
domina un’umanità algida, inaridita, come quella della signora
Ullrich (Sandra Ceccarelli); unico personaggio
capace di calore umano sembra Levi (Giuseppe
Battiston), collega e amico di Monaco. Entrambi gli
attori confermano qui le doti che gli conosciamo. La figlia
dell’ispettore, anche lei segnata dal lutto, lasciata a sé stessa,
nasconde dolore e paure, cerca punti di riferimento ed è facile
preda di falsi miti e lusinghe (Alice Raffaelli,
all’esordio, affinerà il suo talento). L’omicidio Ullrich è
paradossalmente l’opportunità che li rimette di nuovo in contatto.
È l’inizio del viaggio paterno attraverso l’universo sconosciuto
della figlia. Il recupero del rapporto va di pari passo col
riprendere le redini della propria vita.

Il regista Bruno
Oliviero, all’esordio di finzione dopo alcuni documentari
di successo su Napoli, sua città natale, e Milano, dove vive,
approfitta dei mezzi espressivi del film, mostrando consapevolezza
stilistica. C’è molta attenzione all’aspetto visivo, si
privilegiano i luoghi chiusi (casa, albergo, questura, obitorio),
eco dell’isolamento dei protagonisti e la Milano notturna, ottima
per un giallo e per mostrare ciò che cova sotto l’apparenza
perbenista della città. I primi e primissimi piani sono lo
strumento principe di indagine emotiva, attraverso cui cogliere i
particolari di personaggi e ambienti: mani e orecchie di Monaco,
per esempio, ma anche gli orecchini, la candela non spenta, i
poster alle pareti, o i colori rosso (passione, morte) e rosa
(ingenuità dell’adolescenza). Le musiche sono affidate a
Michael Stevens, collaboratore di vecchia data di
Clint Eastwood (da Mystic
River a
Gran Torino) e collocate ad hoc a
sottolineare alcuni momenti del film, mentre sulle note di
Gianna Nannini scorre un finale aperto.
Il risultato è un film non
moralistico (la difficile posizione di Monaco, padre e poliziotto,
aiuta molto). Ci si muove in un orizzonte etico,, ma non
scontatamente. Manca invece il voyeurismo, sia riguardo all’aspetto
cruento del delitto, sia riguardo ai dettagli della vita notturna
di uomini maturi che, come Ullrich, erano “molto attivi nelle notti
milanesi”. Si riesce a suggerire, a gettare spiragli di luce su un
sottobosco cittadino che resta per lo spettatore quasi tutto da
immaginare. La stessa cosa accadeva nel già citato Cha cha
cha, sebbene lì ci si concentrasse su aspetti diversi di
quel sottobosco. Così come simili spiragli diventavano porte aperte
su una società in rapido decadimento ne
La grande bellezza di Paolo
Sorrentino. Progetti certamente diversi, ma con un
sentire e un’urgenza espressiva comune a La variabile
umana, tutti esempi di un cinema che torna a raccontare
l’Italia con le sue ombre, i suoi lati oscuri e problematici, non
più solo attraverso la lente della commedia. La pellicola sarà
nelle sale dal 29 agosto dopo la presentazione al Festival di
Locarno il 9 dello stesso mese.
