È stato presentato a Roma presso la
Casa del Cinema il musical The Greatest Showman di
Michael Gracey, nelle sale
italiane dal 25 dicembre. Ispirato alla vera storia del circense
americano Phineas Taylor Barnum, il film vede Hugh
Jackman nei panni del protagonista. Collegati in
videoconferenza da Londra, oltre all’attore australiano e al
regista, i coprotagonisti Zac Efron e
Zendaya.
Come siete arrivati al
film?
Michael Gracey: “Ho girato degli
spot con Hugh, ormai quasi otto anni fa. Alla fine […] mi
ha detto: dovremmo fare un film insieme. Ma non credevo fosse vero:
quando giri degli spot con delle star, tutte lo dicono. Invece mi
ha mandato la sceneggiatura ed ho accettato. C’è voluto molto tempo
per svilupparlo. Avevamo la sceneggiatura, le musiche, volevamo
fare un musical originale. Tre anni sono stati spesi da
Benj Pasek e Justin Paul
[autori dei testi dei brani di La La Land ndr],
all’epoca ancora sconosciuti ma molto bravi, per scrivere le
canzoni del film”.
Al suo personaggio
interessano sia il successo che la famiglia, lei che rapporto ha
con entrambi?
Hugh Jackman: “Barnum è nato
povero, per lui il successo non era solo un desiderio, un sogno,
era questione di sopravvivenza e necessità. Ha dovuto superare
tante avversità, ecco perché era un combattente. Non avrebbe mai
accettato un no come risposta. Per di più, aveva immaginazione,
coraggio, era una figura dirompente, come Steve Jobs. Vedeva il
mondo in modo del tutto diverso ed ha trasformato per sempre
l’intrattenimento. Per quel che mi riguarda […] recitare
era un sogno, è una gioia, amo farlo, ma non ha lo stesso
valore, la stessa urgenza. Con la famiglia è difficile per tutti
trovare un equilibrio, il giusto tempo da dedicarle. […]
Io ho la benedizione di avere una moglie fantastica, che ho
conosciuto prima di tutto questo, e mi supporta costantemente, so
che mi ama a prescindere. […] Se mi lascio trasportare
troppo dall’ambizione o lavoro troppo, lei mi richiama all’ordine e
io la ascolto. Sono fortunato”.
Cosa la affascina di Barnum
come uomo?
Jackman: “Sono affascinato dalle
persone determinate a raggiungere i propri obiettivi. Lui sapeva
ciò che la gente voleva. […] Ebbe le peggiori recensioni
della storia – se fosse successo a me, avrei mollato – ma lui le
fece ristampare […] e le usò per trasformare il disastro
in svolta. Era sempre ottimista”.
C’è un riferimento al
musical Freaks di Tod Browning?
Gracey: “Sì, c’è un chiaro
riferimento a Freaks, ma noi non abbiamo chiamato
così [freaks: fenomeni da baraccone, ndr] i nostri
personaggi per non stigmatizzarli. Sappiamo cosa significhi essere
diversi. Qui, però, abbiamo cercato di umanizzare il diverso, non
siamo stati così duri nel dipingerli”.
Quali sono state le scene
più difficili da realizzare?
Gracey: “La maggiore sfida è
stata la sequenza con la corda, […] c’è voluto molto
lavoro per renderla graziosa così come la vedete. Anche il numero
al bar non è stato facile: loro dovevano far scivolare i bicchieri,
prenderli, bere, cantare, far volteggiare i cappelli. Era molto
complesso”.
Ha visto nei circensi una
sorta di proto X-Men?
Jackman: “In X-Men c’è il
concetto di tolleranza e accettazione, ma questa è una storia vera,
davvero queste persone erano coperte di vergogna nella società
dell’epoca [seconda metà dell’Ottocento, ndr], o erano
sfruttati quasi come schiavi, per farne delle attrazioni. Barnum
invece li ha portati alla luce del sole, sono diventati ricchi e
amati. […] Inoltre, tutti i teenager si sentono in
un certo senso “freaks” e cercano l’omologazione, ma l’importante
non è essere come tutti, bensì dare valore a ciò che si è. Ciò che
ti rende diverso ti rende speciale”.
Avete rivisto nei personaggi
voi stessi e la vostra esperienza nello showbiz?
Zac Efron: “Sì, mi sono
identificato con Phillip, lui ha tutto […], ciò
nonostante, si sente insoddisfatto e solo. Quando incontra Barnum
si rende conto che nella vita c’è molto di più dei beni materiali,
c’è l’amore. […] Quella con Anne è una relazione contro le
regole, una sorta di tabù, loro stanno insieme contro tutto e
questo mi è piaciuto molto”.
Zendaya: “Mi ha avvicinato al
personaggio di Anne pensare che ancora oggi è molto comune per una
donna sentirsi dire chi dovresti amare. Io che sono nata da una
relazione interrazziale, penso che invece in ogni caso bisogna
seguire l’amore, anche se è un rischio”.
Ha mai pensato a Fellini
durante la lavorazione?
Gracey: “Ovviamente sì. Per me è
uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi. Il suo lavoro mi ha
molto influenzato, come altri filmmakers che ammiro, ad esempio
Terry Gilliam, che a sua volta è stato influenzato da
Fellini”.
Il film arriva in sala il giorno di
Natale.