In un evento cinematografico che si svolgerà nelle
nostre sale il 5-6 e 7 Maggio 2014, verrà proposto il concerto
tenutosi alla O2 Arena di Londra nel 2013 di uno degli artisti più
innovativi della sua generazione: Peter
Gabriel.
Hamish Hamilton,
regista di Back to front Peter Gabriel,
conquesto documentario-concerto ha ripreso una delle tappe della
tournèe che il cantante inglese ha fatto riproponendo in versione
live il suo album più venduto e più pop: “So”, nel quale si trovano
le canzoni probabilmente più conosciute di Gabriel, come
“Sledgehammer”, “Mercy Street”,
“Solsbury Hill” insieme ad altri classici
e alcuni inediti, senza dimenticare la sua consistente vena “world”
con l’intervento di Daby Tourè durante
l’esecuzione di una delle canzoni.
Il set è la grande O2 Arena di
Londra in cui inizialmente siede il pubblico. Sul palco ci sono
delle grandi luci con telecamere ognuna posizionata su di un crane,
una giraffa, e sono mosse manualmente da alcuni operatori con
indosso maschere da apicoltore. Con il movimento le telecamere e le
luci diventano protagoniste della coreografia delle canzoni insieme
ai musicisti, il gruppo con cui Peter Gabriel
suona da più di trenta anni che, tra gli altri, è composto da
David Rhodes e dal mitico bassista Tony
Levin.
Il documentario è una corsa in discesa, inizia piano,
cautamente, con le luci accese nell’arena e Peter Gabriel che,
seduto al piano, esegue una nuova canzone, non ancora ultimata. Un
effetto estraniante che mette l’artista in confronto diretto con il
suo pubblico, composto prevalentemente da suoi coetanei.
Il percorso di Peter Gabriel inizia
infatti più di quaranta anni fa con i Genesis, che abbandona nel
1975 per dedicarsi alla carriera solista; poi Gabriel studia e
scopre le altre culture musicali del mondo, fondando l’etichetta
Real world che distribuisce musica proveniente dai 5 continenti e
creando anche il WOMAD (World of music Arts and Dance) che
organizza festival in giro per il mondo.
Il tutto è intermezzato dalle
interviste dei protagonisti che raccontano l’emozione di lavorare
insieme da così tanto tempo, dall’empatia che ormai li lega e dal
piacere di fare quel tipo di musica. Peter Gabriel ricorda anche i
suoi “giorni dei Genesis” e l’importanza dell’album “So”, che non
era sicuro di realizzare finchè non si fece due chiacchiere con
Brian Wilson, la mente creativa dei Beach
Boys.
Il documentario è visivamente
eccezionale, il numero di camere utilizzate è innumerevole, ogni
taglio segue il ritmo della musica, il tutto a celebrare una delle
altre icone di un passato glorioso, musicalmente parlando, che
ancora ha qualcosa da dire sui palchi di tutto il mondo.
Certo, l’esplosione scenica di
Peter Gabriel è meno pop e incontenibile di quella
dei Rolling Stones, ma in quanto a
sperimentazione, vocale e musicale, è un artista
irraggiungibile.