Empire ha pubblicato
online il primo trailer ufficiale del nuovo film di
Steven Spielberg, ovvero
Bridge of Spies, thriller drammatico con
protagonista il due volte premio Oscar Tom Hanks.
Potete vederlo di seguito:
Il titolo,
letteralmente “Ponte delle spie” si riferisce a un ponte realmente
esistito a Berlino, oggi noto come Ponte di Glienicke, che univa la
zona est a quella ovest, e che era spesso luogo di scambi di
prigionieri tra i servizi segreti americani e quelli della Germania
Est.
Il film è basato sulla storia vera
di James Donovan (Tom Hanks), un
avvocato che si trova suo malgrado al centro della Guerra Fredda
quando la CIA lo manda in missione per negoziare il rilascio di
Francis Gary Powers, un pilota di U-2 americano.
La sceneggiatura, firmata da Matt Charman, ha
subito in seguito una revisione da parte dei fratelli
Coen, alla loro prima collaborazione con il
regista di Salvate il soldato Ryan e la
colonna sonora sarà composta da John Williams alla
sua 27esima collaborazione con Steven
Spielberg.
Nel cast di Bridge of
Spies ci sono anche Mark Rylance,
Amy Ryan, Alan Alda e Eve
Hewson.
Sarà il compositore Thomas Newman ad occuparsi
delle musiche prendendo così il posto di John
Williams.
La
DreamWorks Pictures ha diffuso online il poster ufficiale del nuovo
film di Steven Spielberg, ovvero
Bridge of Spies, thriller drammatico con
protagonista il due volte premio Oscar Tom Hanks.
Potete vederlo di seguito:
Il
titolo, letteralmente “Ponte delle spie” si riferisce a un ponte
realmente esistito a Berlino, oggi noto come Ponte di Glienicke,
che univa la zona est a quella ovest, e che era spesso luogo di
scambi di prigionieri tra i servizi segreti americani e quelli
della Germania Est.
Il film è basato sulla storia vera di
James Donovan
(Tom
Hanks),
un avvocato che si trova suo malgrado al centro della Guerra Fredda
quando la CIA lo manda in missione per negoziare il rilascio
di
Francis Gary Powers,
un pilota di U-2 americano. La sceneggiatura, firmata da
Matt Charman,
ha subito in seguito una revisione da parte dei fratelli
Coen,
alla loro prima collaborazione con il regista diSalvate il soldato Ryan
e la colonna sonora sarà composta da
John Williams
alla sua 27esima collaborazione con
Steven Spielberg.
Nel cast di Bridge of
Spies ci sono anche Mark Rylance,
Amy Ryan, Alan Alda e Eve
Hewson.
Sarà il compositore Thomas Newman ad occuparsi
delle musiche prendendo così il posto di John
Williams.
DreamWorks Pictures ha pubblicato online un nuovo poster
del film di Steven Spielberg,
Bridge of Spies, thriller drammatico con
protagonista il due volte premio Oscar Tom Hanks.
Potete vederlo di seguito:
Il titolo, letteralmente “Ponte delle spie” si riferisce a un
ponte realmente esistito a Berlino, oggi noto come Ponte di
Glienicke, che univa la zona est a quella ovest, e che era spesso
luogo di scambi di prigionieri tra i servizi segreti americani e
quelli della Germania Est.
Il film è basato sulla storia vera
di James Donovan (Tom Hanks), un
avvocato che si trova suo malgrado al centro della Guerra Fredda
quando la CIA lo manda in missione per negoziare il rilascio di
Francis Gary Powers, un pilota di U-2 americano.
La sceneggiatura, firmata da Matt Charman, ha
subito in seguito una revisione da parte dei fratelli
Coen, alla loro prima collaborazione con il
regista di Salvate il soldato Ryan e la
colonna sonora sarà composta da John Williams alla
sua 27esima collaborazione con Steven
Spielberg.
Nel cast di Bridge of
Spies ci sono anche Mark Rylance,
Amy Ryan, Alan Alda e Eve
Hewson.
Sarà il compositore Thomas Newman ad occuparsi
delle musiche prendendo così il posto di John
Williams.
La colonna sonora di
Bridge of Spies, l’imminente film che
Steven Spielberg ha diretto da un
copione dei fratelli Coen, e interpretato da
Tom Hanks, non sarà firmata da John
Williams. La rinuncia da parte di
Williams è stata causata da alcuni problemi di
salute, dovuti anche all’età del compositore (83 anni), e al suo
impegno con la nuova trilogia di Star
Wars, a partire da Il risveglio della
Forza di J. J. Abrams.
La DreamWorks però
ha trovato un rimpiazzo di tutto rispetto: Thomas
Newman, ben dodici volte nominato all’Oscar, a partire da
Le ali della libertà per arrivare a
Saving Mr. Banks, con protagonisti Tom
Hanks ed Emma Thompson. Per
tranquillizzare i fan delusi vi diciamo che il prossimo film di
Spielberg, The BFG
tratto da Roald Dahl, avrà una colonna sonora
firmata da John Williams.
Ricordiamo infine che
Bridge of Spies uscirà in Italia il 17
dicembre.
Il “Thriller ambientato negli anni
della Guerra Fredda” ha finalmente un
titolo: Bridge of Spies, che segnerà
il ritorno di Steven Spielberg nelle sale e che
uscirà negli Stati Uniti il 16 ottobre 2015.
Il titolo, letteralmente “Ponte
delle spie” si riferisce a un ponte realmente esistito a Berlino,
oggi noto come Ponte di Glienicke, che univa la zona est a quella
ovest, e che era spesso luogo di scambi di prigionieri tra i
servizi segreti americani e quelli della Germania Est.
Il film è basato sulla storia vera
di James Donovan (Tom Hanks), un
avvocato che si trova suo malgrado al centro della Guerra Fredda
quando la CIA lo manda in missione per negoziare il rilascio di
Francis Gary Powers, un pilota di U-2 americano.
La sceneggiatura, firmata da Matt Charman, ha
subito in seguito una revisione da parte dei fratelli
Coen, alla loro prima collaborazione con il
regista di Salvate il soldato Ryan e la
colonna sonora sarà composta da John Williams alla
sua 27esima collaborazione con Steven Spielberg.
Nel cast di Bridge of Spies ci sono anche
Mark Rylance, Amy Ryan,
Alan Alda e Eve Hewson.
Vi terremo naturalmente aggiornati
su eventuali news.
Dreamworks Pictures e Fox 2000
Pictures hanno pubblicato online due nuove clip
di Bridge of Spies, che in Italia
avrà il titolo Il Ponte delle Spie, nuovo
film diretto da Steven Spielberg di nuovo in
collaborazione con Tom Hanks. Ve le mostriamo:
https://www.youtube.com/watch?v=DwVwSNzlZgI
https://www.youtube.com/watch?v=vgkD5D8oPb4
Il
titolo, letteralmente “Ponte delle spie” si riferisce a un ponte
realmente esistito a Berlino, oggi noto come Ponte di Glienicke,
che univa la zona est a quella ovest, e che era spesso luogo di
scambi di prigionieri tra i servizi segreti americani e quelli
della Germania Est.
Bridge of
Spies è basato sulla storia vera di
James Donovan (Tom Hanks), un
avvocato che si trova suo malgrado al centro della Guerra Fredda
quando la CIA lo manda in missione per negoziare il rilascio di
Francis Gary Powers, un pilota di U-2 americano.
La sceneggiatura, firmata da Matt Charman, ha
subito in seguito una revisione da parte dei fratelli
Coen, alla loro prima collaborazione con il
regista di Salvate il soldato Ryan e la
colonna sonora sarà composta da John Williams alla
sua 27esima collaborazione conSteven
Spielberg.
Nel cast di Bridge of Spies ci sono
anche Mark Rylance, Amy Ryan,
Alan Alda e Eve Hewson.
Sarà il compositore Thomas Newman ad occuparsi
delle musiche prendendo così il posto di John
Williams.
La
DreamWorks Pictures ha annunciato il titolo del nuovo film di
Steven Spielberg, ovvero
Bridge of Spies, il thriller drammatico
con protagonista il premio Oscar Tom Hanks.
Inoltre, ha ufficializzato che sarà il compositore Thomas
Newman ad occuparsi delle musiche prendendo così il posto
di John Williams.
Il titolo, letteralmente “Ponte delle spie” si riferisce a un
ponte realmente esistito a Berlino, oggi noto come Ponte di
Glienicke, che univa la zona est a quella ovest, e che era spesso
luogo di scambi di prigionieri tra i servizi segreti americani e
quelli della Germania Est.
Il film è basato sulla storia vera
di James Donovan (Tom Hanks), un
avvocato che si trova suo malgrado al centro della Guerra Fredda
quando la CIA lo manda in missione per negoziare il rilascio di
Francis Gary Powers, un pilota di U-2 americano.
La sceneggiatura, firmata da Matt Charman, ha
subito in seguito una revisione da parte dei fratelli
Coen, alla loro prima collaborazione con il
regista di Salvate il soldato Ryan e la
colonna sonora sarà composta da John Williams alla
sua 27esima collaborazione con Steven Spielberg.
Nel cast di Bridge of Spies ci sono anche
Mark Rylance, Amy Ryan,
Alan Alda e Eve Hewson.
La DreamWorks Pictures and Fox 2000 Pictures hanno diffuso
il primo trailer ufficiale di Bridge of
Spie, il nuovo atteso film di Steven Spielberg con protagonista
Tom Hanks.
https://youtu.be/2-2x3r1m2I4
Il
titolo, letteralmente “Ponte delle spie” si riferisce a un ponte
realmente esistito a Berlino, oggi noto come Ponte di Glienicke,
che univa la zona est a quella ovest, e che era spesso luogo di
scambi di prigionieri tra i servizi segreti americani e quelli
della Germania Est.
Il film è basato sulla storia vera
di James Donovan (Tom Hanks), un
avvocato che si trova suo malgrado al centro della Guerra Fredda
quando la CIA lo manda in missione per negoziare il rilascio di
Francis Gary Powers, un pilota di U-2 americano.
La sceneggiatura, firmata da Matt Charman, ha
subito in seguito una revisione da parte dei fratelli
Coen, alla loro prima collaborazione con il
regista di Salvate il soldato Ryan e la
colonna sonora sarà composta da John Williams alla
sua 27esima collaborazione con Steven
Spielberg.
Nel cast di Bridge of
Spies ci sono anche Mark Rylance,
Amy Ryan, Alan Alda e Eve
Hewson.
Sarà il compositore Thomas Newman ad occuparsi
delle musiche prendendo così il posto di John
Williams.
Dopo la cancellazione definitiva di
Constantine, il network americano della
NBC ci riprova con il soprannaturale con Brides of
Dracula, il nuovo show incentrato sulle note spose di
Dracula. Lo show viene descritto come una rivisitazione sexy della
storia di Dracula, in forma di dramma familiare con un trio di
forti protagoniste femminili che dovranno concentrarsi sul
mantenere le cose in uno stato di ricchezza, prestigio e eredità
nella loro famiglia non del tutto tradizionale.
Lo show è stato scritto da
Roberto Aguirre-Sacasa e sarà prodotto da
Greg Berlanti. Al momento non si hanno ulteriori
dettagli dunque non resta che aspettare i primi nomi che daranno
vita al cast.
Il finale di Brick,
nuoto thriller di Netflix, ruota attorno a
Tim e Liv, i quali sono nel pieno
di un matrimonio tumultuoso. Liv, addirittura, sta pianificando di
lasciare il marito nel cuore della notte e ricominciare la sua vita
altrove. Quando però i due si svegliano, scoprono che le porte e le
finestre del condominio in cui si trovano sono barricate da un muro
impenetrabile. Poiché le pareti e i pavimenti tra gli appartamenti
possono essere tagliati o sfondati con un martello, la coppia
contatta i vicini Marvin, Ana,
Yuri, Anton,
Lea e Oswalt.
E mentre tutti cercavano di trovare
un modo per decifrare il codice di questa strana trappola in cui si
trovano, Yuri sembra contrario all’idea di uscire, poiché crede che
quelle pareti li proteggano da qualcosa di catastrofico che
accaduto all’esterno. Così, uccide Anton per aver cercato di
abbattere quelle pareti, facendo poi altrettanto con Lea per aver
tentato di fare lo stesso. È inoltre pronto a uccidere anche gli
altri se necessario. Così, i membri sopravvissuti legano Yuri e
cominciano a lavorare alla loro fuga.
Qual è lo scopo del muro?
Brick non si è
concentrato molto sulla costruzione del mondo narrativo, poiché si
è dedicato più su ciò che il muro sta facendo alle persone che sono
intrappolate, evitando dunque di spiegare perché esista in primo
luogo. Nel corso del film, ad ogni modo, apprendiamo che Anton era
un programmatore senior presso una società chiamata Epsilon
Nanodefense. Questa società aveva sede a HafenCity, ad Amburgo, in
Germania. Sappiamo poi che ad HafenCity è scoppiato un incendio e,
secondo le notizie riportate nei momenti conclusivi del film, si
ipotizza che quell’incidente sia stato la causa dell’attivazione
della nanotecnologia e dell’avvolgimento di ogni singolo edificio
di Amburgo.
Le autorità non hanno rivelato se
l’incendio fosse il risultato di un incidente o se fosse stato
causato intenzionalmente, ma c’era una buona probabilità che
l’incendio avesse causato il malfunzionamento e l’attivazione dei
server che gestivano la nanotecnologia, anche se non era quello che
i suoi creatori volevano che facesse. Yuri, un teorico della
cospirazione, era dell’opinione che la Germania fosse stata
attaccata da qualcosa o qualcuno e che la nanotecnologia stesse
proteggendo la sua popolazione da qualunque cosa stesse accadendo
all’esterno. Pertanto, era contrario all’idea di fuggire
dall’edificio.
Il muro aveva privato gli abitanti
della possibilità di connettersi a Internet o guardare le notizie
sulla TV via cavo. Ecco perché nessuno sapeva se la Germania fosse
davvero in guerra. Tuttavia, persone come Yuri accettavano questa
forma aggressiva di tecnofascismo, che aveva trasformato ogni casa
in una prigione. La costante guerra dell’informazione e la paranoia
causate dai media mainstream e dagli esperti del “deep state” sui
social media avevano corrotto la mente di Yuri a tal punto che non
era in grado di chiedersi perché a un’azienda privata,
probabilmente con l’aiuto del governo, fosse stato permesso di
installare una tale tecnologia senza il consenso della
popolazione.
Yuri aveva semplicemente accettato
che quella fosse la loro vita ora. Gli abitanti dell’edificio non
avevano accesso all’acqua, al cibo o a qualsiasi forma di
comunicazione. Ma l’idea che persone più intelligenti della gente
comune stessero agendo per il bene dell’umanità, e non per secondi
fini, impediva a Yuri di capire che questo “sistema di difesa
avanzato” li avrebbe uccisi per disidratazione e fame se non fosse
stato violato. Per fortuna Tim e Liv non sono idioti come Yuri e
hanno osato usare gli strumenti a loro disposizione per scoprire la
verità.
Come i protagonisti infrangono il
muro
Per via di telecamere nascoste
installate nelle case di tutti dal pervertito Friedman,
l’amministratore del condominio, gli inquilini dell’edificio
scoprono che Yuri ha ucciso Anton per aver cercato di rompere il
muro. Oswalt è poi morto quando Marvin ha sparato al muro e i
proiettili sono rimbalzati. Lea è stata invece uccisa da Yuri dopo
aver capito che lui aveva ucciso Anton. A quel punto, Tim, Liv,
Marvin e Ana hanno capito che il muro può essere aperto perché
Anton lo aveva fatto. Legano Yuri perché è una minaccia e
analizzarono le riprese delle telecamere a circuito chiuso di Anton
che creava un’app che trattava i mattoni del muro come una
serratura a combinazione i cui “pulsanti” potevano essere premuti
tramite il flash sul retro del telefono.
Dato che Tim era un giocatore e
sapeva programmare, riesce a ricreare l’app di Anton. Tuttavia, il
loro primo tentativo è un fallimento colossale, poiché uccide Ana.
Dato che Yuri ride in modo beffardo, Marvin gli spara al petto e
poi si suicida perché non riesce a sopportare la perdita della sua
ragazza. Questo lascia Tim e Liv a lottare per la sopravvivenza da
soli. Ora, la coppia quasi separata aveva già attraversato molte
difficoltà anche prima che il muro venisse costruito. Liv aveva
avuto un aborto spontaneo e, invece di elaborarlo insieme, Tim
aveva costruito un muro metaforico intorno a sé stesso.
Pensava che, così facendo, non solo
avrebbe protetto Liv dalla miriade di emozioni che provava, ma
avrebbe anche protetto se stesso dal dolore per la morte del loro
primo figlio. Nonostante ciò, Liv aveva cercato di riaccendere la
loro relazione, ma Tim non le aveva mai permesso di riuscirci, ed
era per questo che Liv aveva deciso di lasciarlo e iniziare una
nuova vita. Se il muro non fosse stato costruito, è quello che
avrebbe fatto. La reclusione forzata in un certo senso è una
benedizione sotto mentite spoglie, perché permette a Tim di vedere
i propri errori e motiva Liv a dare a Tim un’altra possibilità.
Quindi, abbattere il muro
nanotecnologico è servito in qualche modo come metafora per la
coppia che ha infranto la barriera che aveva creato tra loro a
causa di un incidente che era al di fuori del loro controllo. Detto
questo, mentre cercavano di abbattere il muro nanotecnologico, Yuri
torna dal mondo dei morti, forse perché il proiettile aveva mancato
tutti gli organi vitali, e cerca di uccidere Tim e Liv. Per
fortuna, le lo mette fuori combattimento e la coppia finalmente
riusce a fuggire dall’appartamento. Prima che tutto questo accada,
Liv aveva proposto l’idea di usare la loro vecchia roulotte per
andare fino a Parigi e recuperare il rapporto.
Poiché tutta questa esperienza ha
insegnato loro, specialmente a Tim, a dare la priorità alla
famiglia rispetto al lavoro, alla fine di Brick
hanno apparentemente scelto di portare avanti il loro piano
originale invece di cercare di capire perché Amburgo fosse
ricoperta di mattoni nanotecnologici e come fosse possibile
invertire il processo, perché non avrebbero ottenuto nulla da ciò.
Recuperare il tempo perso sarebbe stato più fruttuoso per loro.
Il vero significato del
film Brick
Nel finale di
Brick, un notiziario di emergenza conferma poi che
l’incendio menzionato all’inizio del film è avvenuto all’interno
della struttura Epsilon Nanodefense. L’incendio avrebbe attivato il
sistema di difesa basato sulla nanotecnologia, causandone la
diffusione in tutta Amburgo durante la notte e intrappolando tutti
all’interno dei propri edifici. Non è chiaro se l’incendio sia
stato causato da un incidente o se qualcuno abbia cercato di
sabotare il progetto segreto. Oltre a questo, non abbiamo appreso
nulla su Epsilon Nanodefense o su cosa intendessero fare con quel
“sistema di difesa segreto”.
Anche se il regista Philip
Koch ha concluso la vicenda di questo film in modo
piuttosto definitivo, non è azzardato affermare che abbia lasciato
la porta aperta per futuri sequel. Per cominciare, Epsilon è un
enorme punto interrogativo. Perché stavano realizzando questo
sistema di difesa nanotecnologico? Come hanno sviluppato questo
tipo di tecnologia? Era una metafora della pandemia di COVID-19? È
stata creata con l’intenzione di proteggere le persone? Proteggerle
da cosa? Oppure il CEO di Epsilon e il governo stavano
semplicemente usando la scusa di una potenziale guerra per
trasformare ogni edificio in una prigione?
Nel film Brick,
emerge dunque una riflessione potente sul desiderio di controllo da
parte delle autorità: chi detiene il potere tende a usarlo per
soggiogare, reprimere le opinioni e mantenere la popolazione in uno
stato di passività. Un simbolo ricorrente è la mosca intrappolata
da Tim: inizialmente imprigionata, torna indietro quando viene
liberata, finché — solo al momento giusto — riesce davvero a volare
via. Questa scena rappresenta metaforicamente la condizione degli
esseri umani, costretti in un sistema oppressivo ma comunque spinti
da un impulso innato verso la libertà.
Tim diventa così una figura
speculare agli oppressori, mentre la mosca simboleggia chi lotta
per autodeterminarsi. In questo contesto, il sistema di difesa
nanotecnologico creato da Epsilon appare come un mezzo per
instaurare un nuovo regime di controllo, che unisce tecnologia e
autoritarismo, annullando i valori conquistati dal dopoguerra in
avanti. Il viaggio di Tim e Liv simboleggia la resistenza
individuale contro un sistema disumano. È probabile che
l’attivazione del muro nanotecnologico sia stata causata da un
dipendente dissidente, deciso a rivelare la vera natura del
progetto.
In alternativa, potrebbe trattarsi
di un test deliberato, un’operazione pianificata per valutare il
funzionamento del sistema, con totale disprezzo per le vite umane.
Il film suggerisce che, per Epsilon e il governo, poche vittime non
contano di fronte all’obiettivo finale: costruire un “muro” che non
possa essere abbattuto, a differenza di quello del 1989. Una volta
spenti clamore e dissenso, il progetto riprenderà indisturbato.
Tuttavia, il percorso dei protagonisti mostra che finché c’è
volontà di vivere e di ribellarsi, nessun sistema di sorveglianza
può davvero spegnere lo spirito umano. La libertà resta fragile, ma
possibile, se c’è chi è disposto a rischiare per essa.
Da domani nei cinema, in 220 copie,
arriva Brick Mansions diretto da Camille
Delamarre, Brick Mansions, che vede
protagonista Paul Walker, nel suo ultimo film
compiuto prima della tragica scomparsa, accanto al co-fondatore
della disciplina del Parkour Davide Belle.
In una Detroit in mano
al crimine, le fatiscenti case con mattoni a vista della città sono
occupate completamente dai peggiori criminali della zona. Incapace
di tenere a bada il crimine, la polizia ha eretto delle mura per
contenere i criminali in quest’area e proteggere il resto della
città. Per il poliziotto sotto copertura Damien Collier (Paul
Walker), ogni giorno è una lotta contro la corruzione; per Lino
(David Belle), ogni giorno è una lotta per vivere una vita onesta.
Le loro strade non si sarebbero mai dovute incontrare, ma quando il
re della droga di Detroit Tremaine Alexander (RZA) rapisce la
fidanzata di Lino, Damien accetta con riluttanza l’aiuto del
coraggioso ex-galeotto. Insieme dovranno sventare un sinistro piano
che potrebbe distruggere l’intera città. Remake della pellicola
francese Banlieue 13 (2004), Brick Mansions si distingue dagli
altri film d’azione grazie alla presenza di incredibili stunt di
Parkour, disciplina di cui David Belle è il co-fondatore. Il
Parkour, l’arte di muoversi in un qualsiasi ambiente agilmente
usando solo ed esclusivamente il corpo umano per oltrepassare gli
ostacoli, è al tempo stesso un abile gioco mentale e una
combinazione di azioni fisiche. Questo mix esplosivo ha attirato
l’attenzione di Luc Besson, co-sceneggiatore e produttore di
Banlieue 13, e co-sceneggiatore di Brick Mansions, che l’ha usato
per un film d’azione mozzafiato.
Diretto dal montatore e regista
francese Camille Delamarre al suo debutto
cinematografico, con una sceneggiatura scritta da Luc
Besson, Robert Mark Kamen, Ryan
Amon e Bibi Naceri, Brick
Mansions (qui
la recensione) è un thriller d’azione ambientato nei quartieri
poveri con una buona dose di inseguimenti, sparatorie e acrobazie
mozzafiato. Il film del 2014 prende inoltre spunto dal precedente
successo francese District B13. Per quanto riguarda la
trama, è piuttosto standard: un eroe rispettoso della legge fa
squadra con un altro (a cui non importa nulla) per salvare un
ghetto dalla sua imminente rovina.
Il
film rientra nel genere del cinema d’azione urbano e distopico, con
evidenti richiami a titoli come
1997: Fuga da New York di John Carpenter
o The Raid di
Gareth Evans, per l’ambientazione chiusa e
l’impianto narrativo che ruota attorno a una scalata letterale e
metaforica verso un nemico comune. Ma Brick
Mansions si distingue per l’impiego esteso del parkour,
coreografato e interpretato dallo stesso David Belle, fondatore
della disciplina. Questa componente dinamica conferisce al film
un’identità visiva energica e contemporanea, anche se la narrazione
riprende archetipi classici: la città come gabbia, la redenzione
personale, la lotta contro la corruzione istituzionale.
Oltre all’azione,
Brick Mansions affronta però anche temi legati
all’emarginazione sociale, al degrado urbano e alla manipolazione
del potere. Il film assume anche un valore simbolico, poiché
rappresenta uno degli ultimi ruoli interpretati da Paul Walker, famoso per Fast & Furious, prima della sua morte. Nel resto
dell’articolo ci concentreremo però in particolare sul fornire una
spiegazione dettagliata del finale, chiarendo gli eventi conclusivi
e il loro significato rispetto ai temi centrali della
pellicola.
Il film è ambientato in una Detroit
del futuro, corrotta, violenta e in mano alla malavita. Un intero
quartiere popolare e semi-apocalittico funge da dimora per i
criminali più violenti della città. La polizia per circoscrivere il
pericolo e proteggere il resto degli abitanti, decide di costruire
un muro di cinta controllando tutti i movimenti di entrata e di
uscita. Nella zona chiusa ribattezzata come “Brick
Mansions” sopravvivono solo i più forti e il crimine si
rafforza di giorno in giorno. L’intero quartiere è controllato da
Tremaine (RZA), padrone
indisturbato e re della droga. Lungo la sua strada Tremaine
incontreràl’agente Damien
Collier (Paul
Walker) e l’ex galeotto Lino
(David Belle).
Damien è un poliziotto sotto
copertura, che dopo la morte del padre, dedica la sua vita alla
lotta contro il crimine e la corruzione. Lino invece abita
all’interno del quartiere e ogni giorno si batte per vivere una
vita onesta cercando di combattere per il bene di tutta la
comunità. Damien e Lino provengono da mondi totalmente differenti,
hanno due vite diverse ma un nemico in comune: Tremaine. Il
rapimento della ragazza di Lino da parte di Tremaine, provocherà
una serie di adrenalinici avvenimenti che porteranno i due ad
allearsi. Insieme cercheranno di mandare a monte un pericoloso
piano che potrebbe abbattere l’intera città.
La minaccia della bomba
La tensione raggiunge dunque il
culmine quando Tremaine si dichiara in possesso di una testata
nucleare e minaccia di lanciarla su Detroit se non riceverà un
riscatto. Damien e Lino devono dunque collaborare per la
disattivazione dell’ordigno. Quando Damien e Lino si recano alla
base di Tremaine in una missione suicida, Tremaine fa un’offerta a
Damien. Il boss mafioso mostra loro da lontano la bomba, che è
collegata a un missile russo puntato sul centro della città. Da
vero uomo d’affari, Tremaine vuole vendere la bomba per una somma
forfettaria di 30 milioni, a 10 dollari a persona. Si tratta forse
di una cifra ragionevole, e Damien chiama i suoi superiori per
chiedere loro di effettuare il trasferimento.
La città non dispone però di una
somma del genere e l’affare non va in porto. Damien, tuttavia,
continua comunque a stare al gioco, fingendo che i superiori stiano
effettuando il trasferimento come richiesto. La banca segreta non
aprirà prima di altri 25 minuti e Damien e Lino vengono portati in
una cella ad aspettare che il denaro venga trasferito. Tuttavia,
Damien rivela a Lino la verità: sono soli. Lino finge di stare
male, mettono fuori combattimento la guardia e gli eroi scappano
per salvarsi la vita. Dopo alcune altre sontuose sequenze di
parkour, Lino e Damien eliminano i teppisti. Ma un cecchino
continua a sparare loro dal tetto, finché i due raggiungono il
tetto per eliminarlo.
Tremaine scopre a questo punto che
Damien ha mentito riguardo all’autorità che avrebbe inviato il
denaro. Inoltre, stanno liquidando il denaro che si trova sul conto
di Tremaine. Tremaine, infuriato, sta per attivare la bomba, ma
Damien spara al ricevitore del segnale e il missile non lascia il
supporto. Sul tetto, Tremaine cambia idea riguardo all’idea di far
saltare in aria la città, ma Rayzah cerca di prendere il controllo
del dispositivo, solo che Lola lo spinge giù dal tetto. Damien
ottiene a quel punto il codice per disattivare la bomba, ma
questo è casualmente identico al codice postale della zona. Mentre
la bomba non esplode, Damien, Lino, Tremaine e tutti i suoi
scagnozzi mafiosi si recano nell’ufficio del sindaco per un
confronto.
La spiegazione del finale del film
Si comprende così che Tremaine non
aveva mai avuto intenzione di lanciarla: la vera minaccia era un
piano orchestrato dal sindaco per distruggere Brick Mansions e
liberare l’area dalla criminalità e favorire le speculazioni
edilizie. Brick Mansions presenta così una visione
cupa del problema della gentrificazione. In un mondo distopico, un
sindaco al di sopra della legge pensa che eliminare le persone
sfortunate fermerebbe i crimini in un quartiere povero. Quello che
il sindaco non sa è che questa sua confessione è stata riprese a
diffusa ai media, smascherandolo prima che potesse essere troppo
tardi.
Damien, a questo punto, decide di
lasciare il suo lavoro. Mentre Tremaine e Lino cercano di farlo
ragionare, l’agente getta via il distintivo in un gesto impulsivo.
Egli era stato coinvolto dopo che gli era stato fatto credere che
suo padre era stato ucciso da Tremaine, ma la verità è che sono
state le forze dell’ordine corrotte ad eliminarlo. Damien non vuole
dunque più lavorare per questo ambiente marcio. Alla fine, la pace
nel quartiere viene ripristinata e Tremaine si candida alle
elezioni per la carica di sindaco. Le scuole e gli ospedali
riaprono e, dato che alla fine del film Damien fa delle commissioni
nel ghetto, crediamo che sia ancora lo sceriffo non ufficiale del
quartiere.
Il finale di Brick
Mansions ribalta così le aspettative: non è il criminale
di quartiere il vero nemico, ma il potere corrotto delle
istituzioni. Il film decostruisce la classica dicotomia buoni
contro cattivi, mostrando che la vera violenza è quella del potere
che marginalizza e sfrutta. La testata nucleare diventa metafora
dell’abbandono sistematico delle periferie, e Brick Mansions
rappresenta tutti quei luoghi dimenticati, ridotti a ghetti per
interessi politici ed economici. Il gesto di Damien, che tradisce i
suoi superiori per la verità, evidenzia un cambiamento profondo: la
giustizia non può esistere senza coscienza.
Infine, la rielezione di Tremaine a
sindaco è una chiusura provocatoria ma coerente: l’ex criminale,
ora simbolo di riscatto e rappresentante degli emarginati, si
propone come voce autentica della città. Brick
Mansions non si limita a intrattenere, ma propone un
messaggio sociale: la violenza, spesso rappresentata da esplosioni
e inseguimenti, ha radici profonde nelle disuguaglianze e nella
corruzione. La nuova amicizia tra Damien e Lino incarna una
possibile riconciliazione tra forze opposte, unite dalla verità e
dalla volontà di cambiare davvero le cose.
Arrivano online, grazie a The
Hollywood Reporter, due still tratte da Brick
Mansions, l’ultimo film girato da Paul
Walker prima della sua tragica scomparsa. Ve le mostriamo
di seguito:
La Relativity
Media ha deciso la data d’uscita in sala dell’ultimo film
in cui ha lavorato Paul Walker, senza ovviamente
contare Fast and Furious 7 che Walker ha
purtroppo lasciato incompiuto. Si tratta di Brick
Mansions che verrà visto nelle sale USA a partire dal
25 Arpile. Il film prende il posto, nel calendario
Relativity, di Earth to
Echo, spostato al 2 luglio.
La casa di produzione ha anche
annunciato che una parte degli incassi verranno devoluti alla
Reach Out WorldWide, la fondazione benefica di Walker.
Camille Delamarre
ha diretto Brick Mansions nel suo esordio
alla regia, dopo una gavetta che l’ha visto montatore di
Taken 2 e
Columbiana, tra gli altri. Nel film
Paul Walker è un poliziotto sotto copertura che
cerca di catturare un capo criminale.
“Paul Walker
era un attore incredibile, un amico devoto e un collega socievole e
noi continueremo ad onorare la sua tragica dipartita- ha
dichiarato la Relativity in un comunicato
-Siamo fieri di aver lavorato con lui a Brick
Mansions e di guardare avanti per onorarlo con la sua
ultima uscita.”
Guarda il Trailer italiano del
film Brick Mansions, l’ultima
pellicola compiuta girata da Paul Walker,
prima del tragico incidente d’auto. L’action movie è il remake del
film francese Banlieue 13 (conosciuto anche come B13) scritto e
prodotto da Luc Besson e diretto nel
2004 da Pierre Morel.
Brick
Mansions la cui regia è di Camille Delamarre,
vede protagonista Paul Walker ancora una volta nelle vesti di un
detective sotto copertura, Damien Collier, alla ricerca di un
trafficante di droga, interpretato dal rapper RZA (G.I. Joe – La vendetta, American
Gangster, Coffee and Cigarettes).
Nel ghetto noto come ‘Brick
Mansion’, Walker farà squadra con Lino,
interpretato da David Belle, attore ed anche co-fondatore del
movimento del Parkour. Spettacolari sequenze stunt con
combattimenti a base di arti marziali e evoluzioni di Parkour
caratterizzano la pellicola ambientata in una Detroit in mano alla
malavita, in cui la corruzione, la violenza e i traffici di droga
la fanno da padrone. Damien, avvalendosi dell’aiuto di Lino,
riuscirà nell’impresa di sventare una rete di corruzione e un
terribile complotto arrivando fino alle stanze del potere e della
politica. Accanto a Paul Walker e David Belle, nel cast anche RZA,
Robert Maillet e Carlo Corta. Prodotto da Relativity Media, che
devolverà parte degli incassi alla Reach Out WorldWide, la fondazione benefica di Walker, il film porta la
firma di Luc Besson per la sceneggiatura.
Ecco il trailer di Brick
Mansions, l’ultimo film completato da Paul
Walker e che uscirà nelle sale USA a partire dal 25
Arpile. Camille Delamarre ha diretto
Brick Mansions nel suo esordio alla
regia, dopo una gavetta che l’ha visto montatore di
Taken 2 e
Columbiana, tra gli
altri. Nel film Paul Walker è un poliziotto sotto
copertura che cerca di catturare un capo criminale.
Brick
Mansions verrà visto nelle sale USA a partire dal 25
Arpile. Il film prende il posto, nel calendario
Relativity, di Earth to
Echo, spostato al 2 luglio.
La casa di produzione ha anche
annunciato che una parte degli incassi verranno devoluti alla
Reach Out WorldWide, la fondazione benefica di Walker.
“Paul Walker
era un attore incredibile, un amico devoto e un collega socievole e
noi continueremo ad onorare la sua tragica dipartita- ha
dichiarato la Relativity in un comunicato
-Siamo fieri di aver lavorato con lui a Brick
Mansions e di guardare avanti per onorarlo con la sua
ultima uscita.”
Non è mai facile
parlare di qualcosa che viene reso pubblico a seguito di una morte
improvvisa. Non è quindi facile recensire l’ultima opera compiuta
di Paul Walker, Brick
Mansions.
Luc Besson, a dieci
anni di distanza, ripropone per il pubblico americano il suo
riuscitissimo film Banlieu 13, con
Camille Delamarre alla regia e ambientandolo nella
pericolosa Detroit. Pericolosa oggi, quasi invivibile nel non
troppo lontano 2018 del film. Come da sempre è successo, si tende a
nascondere ciò che c’è di marcio e cattivo nella società , ci si
nasconde dietro a castelli di carte e ci si gira dall’altra parte
per evitare di essere coinvolti. Per Besson quindi il passo sembra
breve fino alla ghettizzazione della parte violenta e povera della
città nel sobborgo di Brick Mansion. Lasciato andare a se stesso,
dietro spesse mura di cinta da cui è impossibile uscire (e di
entrare nessuno ne ha voglia), a Brick Mansion la criminalità e la
violenza sono ormai la regola e questo non è più un problema delle
autorità di Detroit.
Chiuse le porte del quartiere, poco
ci è voluto a ricreare un nuovo ecosistema dove vige la legge del
branco, a cui capo c’è Tremaine (RZA), signore
della droga che tira i fili del gioco, protetto dietro al suo
esercito di bestie senza scrupoli. A seguito di uno strano colpo,
Tremaine si imbatte nel poliziotto sotto copertura Damien Collier
(Paul Walker), protagonista nella lotta contro il
crimine e la corruzione nella città. Volontario a fronteggiare il
problema all’interno di Brick Mansions e
con una vendetta personale da compiere, Damien troverà un alleato
nel riluttante Lino (David Belle), anche lui con
un conto in sospeso con Tremaine. Pronti a sconfiggere il re di
Brick Mansion, Damien e Lino si
ritroveranno a correre contro il tempo, tra inseguimenti e salti
impensabili, imparando a fidarsi l’uno dell’altro.
Paul
Walker ancora una volta riesce bene nei panni dell’agente
sotto copertura, al volante di macchine lanciate a tavoletta e
riuscendo a confondere l’avversario con la sua faccia da bravo
ragazzo. Grazie a David Belle, l’elemento che contraddistingueva i
film Banlieu 13 e Banlieu 13
Ultimatum, ovvero la tecnica del Parkour (co-fondata
dallo stesso Belle), resiste e anzi spiazza lo spettatore,
aggiungendo una marcia in più all’action movie. Luc Besson riesce
nel salto dalla Francia all’America, con una trama per niente
scontata e dalla morale forte, affidandosi ad occhi chiusi al
fascino di un “eroe” come Walker.
Non è quindi facile giudicare
Brick Mansions, perché ogni volta che
Paul Walker compare sullo schermo ti fa
dimenticare tutto e ti fa sperare di poterlo guardar fare ciò che
gli riesce meglio, ancora per un po’.
Arriva nelle sale italiane da
giovedì 1 maggio distribuito da Eagle Pictures,
Brick Mansions, l’ultima pellicola
compiuta girata da Paul Walker, prima del tragico
incidente d’auto. L’action movie è il remake del film francese
Banlieue 13 (conosciuto anche come B13) scritto e prodotto da
Luc Besson e diretto nel 2004 da Pierre
Morel (From Paris with love). Brick Mansions, la cui regia
è di Camille Delamarre, vede protagonista Paul Walker ancora una
volta nelle vesti di un detective sotto copertura, Damien Collier,
alla ricerca di un trafficante di droga, interpretato dal rapper
RZA (G.I. Joe – La vendetta, American
Gangster, Coffee and Cigarettes).
Tutte le foto:
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Nel ghetto noto come
‘Brick Mansion’, Walker farà squadra con Lino,
interpretato da David Belle, attore ed anche co-fondatore del
movimento del Parkour. Spettacolari sequenze stunt con
combattimenti a base di arti marziali e evoluzioni di Parkour
caratterizzano la pellicola ambientata in una Detroit in mano alla
malavita, in cui la corruzione, la violenza e i traffici di droga
la fanno da padrone. Damien, avvalendosi dell’aiuto di Lino,
riuscirà nell’impresa di sventare una rete di corruzione e un
terribile complotto arrivando fino alle stanze del potere e della
politica. Accanto a Paul Walker e David Belle, nel cast anche RZA,
Robert Maillet e Carlo Corta. Prodotto da Relativity Media, che
devolverà parte degli incassi alla Reach Out WorldWide, la fondazione benefica di Walker, il film porta la
firma di Luc Besson per la sceneggiatura.
E’ in questi giorni al cinema il
film remake Brick Mansions diretto
dall’esordiente Camille Delamarre che
vede protagonista il compianto Paul Walker. La
pellicola è il remake film francese d’azione Banlieue
13 prodotto e co-sceneggiato da Luc
Besson. In occasione dell’uscita ecco a voi la
colonna sonora del film composta dal canadese Trevor
Morris, incluse le canzoni “Turn Down For What”
di Lil’ Jon and DJ Snake e “Stand
by Me” di Ki:Theory.
Brick Mansions la cui regia è di
Camille Delamarre, vede protagonista Paul Walker ancora una volta
nelle vesti di un detective sotto copertura, Damien Collier, alla
ricerca di un trafficante di droga, interpretato dal rapper RZA
(G.I. Joe – La vendetta, American
Gangster, Coffee and Cigarettes).
Nel
ghetto noto come ‘Brick
Mansion’, Walker farà squadra con Lino,
interpretato da David Belle, attore ed anche co-fondatore del
movimento del Parkour. Spettacolari sequenze stunt con
combattimenti a base di arti marziali e evoluzioni di Parkour
caratterizzano la pellicola ambientata in una Detroit in mano alla
malavita, in cui la corruzione, la violenza e i traffici di droga
la fanno da padrone. Damien, avvalendosi dell’aiuto di Lino,
riuscirà nell’impresa di sventare una rete di corruzione e un
terribile complotto arrivando fino alle stanze del potere e della
politica. Accanto a Paul Walker e David Belle, nel cast anche RZA,
Robert Maillet e Carlo Corta. Prodotto da Relativity Media, che
devolverà parte degli incassi alla Reach Out WorldWide, la fondazione benefica di Walker, il film porta la
firma di Luc Besson per la sceneggiatura.
Brianna Hildebrand
è una giovane attrice americana che in poco tempo è riuscita a
mostrare al mondo le sue capacità e qualità grazie anche alla
popolarità di film come Deadpool. Sebbene abbia iniziato l’attività
di attrice da pochi anni, in questo breve periodo di tempo è
risucita a dare delle basi solide alla sua carriera e sarà
un’attrice da tenere d’occhio per il futuro.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere su Brianna Hildebrand.
Brianna Hildebrand: i suoi film e
le serie TV
1. Brianna Hildebrand: i
film e la carriera. La Hildebrand ha debuttato sul grande
schermo grazie al film Prism (2015). In seguito è apparsa
nei film Deadpool (2016),
First Girl I Loved (2016), Tragedy Girls (2017) e
Deadpool 2 (2018), con
Ryan Reynolds.
Nel 2019 ha recitato invece in Non si scherza col fuoco,
con protagonista il wrestler e attore John Cena.
Prossimamente la si potrà invece vedere nei film The Time
Capsule, Persephone e Girls Night.
2. Ha recitato anche in
celebri serie TV. La carriera dell’attrice americana è
iniziata nel 2014 in televisione grazie alla serie Annie
Undocumented, per poi continuare con la serie The
Exorcist (2017). Tra i suoi ultimi lavori televisivi si
annoverano Love Daily (2019), Trinkets (2019) e
Lucifer (2021), con Tom Ellis.
Brianna Hildebrand fidanzata
3. Non ha una definizione
per la sua inclinazione sessuale. In tempi passati
l’attrice si è talvolta dichiarata bisessuale, talaltra gay. Ma
dopo aver conosciuto la sua attuale fidanzata, Jonneke
Grisham, sul set di First Girl I Loved non ha più
ben chiaro in che tipo di definizione si riconosca, tanto da non
darsi più etichette di nessun genere e di non descriversi più in
alcuna maniera.
Brianna Hildebrand in
Deadpool
4. Ha lavorato sul suo
personaggio partendo da zero. Il personaggio di
Testata Mutante Negasonica non ha vita lunga nei
fumetti Marvel, tanto che l’attrice ha
potuto costruire il suo passato e la sua vita quasi da zero. A
detta dell’attrice, “Per lo sviluppo del mio personaggio è
stato davvero grandioso perché potevo letteralmente darle la mia
biografia, potevo darle qualunque cosa volessi che fossi. È stato
divertente, ne sono davvero entusiasta”.
5. Le scene d’azione sono
state le sue preferite. Se c’è una cosa che ha divertito
molto l’attrice sul set di Deadpool è stato fare quasi
tutte le acrobazie da sé. Inoltre, per poter dare vita ad una
performance soddisfacente, la Hildebrand si è allenata duramente a
Muay Thai per alcuni mesi e tanta boxe, anche perché prima di
allora non aveva mai svolto alcun tipo di preparazione fisica.
6. È rimasta estasiata per
una svolta del suo personaggio. La giovane attrice ha
rivelato di essersi sentita estasiata quando ha saputo che il suo
personaggio aveva una relazione con l’X-Man Yukio,
unica coppia gay di un film di supereroi. Non essendo una cosa
tanto diffusa al cinema, la Hildebrand è stata felice di potersi
fare portatrice di questa ulteriore diversità, che permette di
includere anche orientamenti sessuali troppo spesso bistrattati e
lasciati ai margini.
Brianna Hildebrand in Lucifer
7. Ha avuto un ruolo
nell’ultima stagione della nota serie. Nel 2021 l’attrice
ha ricoperto il ruolo di Rory in 9 episodi su 10 della sesta
stagione di Lucifer. Il suo personaggio è un angelo che si
presenta all’inferno in cerca di vendetta su Lucifero e pertanto
fugge sulla Terra con l’anima di Dan. Successivamente si scoprirà
avere legami particolarmente stretti con il protagonista. Nel corso
di quest’ultima stagione, quello della Hildebrand si è dunque
rivelato essere un personaggio particolarmente importante.
Brianna Hildebrand in
Trinkets
8. È stata protagonista
della serie Netflix. La serie Trinktes, basata
sull’omonimo romanzo del 2013 di Kirsten Smith, ha
per protagonista Elodie, una giovane taccheggiatrice che stringe
una profonda amicizia con due ragazze con il suo stesso vizio. Ad
interpretare la protagonista è proprio la Hildebrand, che ha così
avuto modo non solo di misurarsi con un personaggio primario ma
anche con una tipologia di ruolo per le grossomodo inedita.
Brianna Hildebrand è su Instagram
9. Ha un profilo Instagram
ufficiale. La giovane attrice americana ha deciso, alla
pari di molti altri suoi colleghi, di aprire un proprio account
ufficiale su Instagram, seguito da circa 887 mila persone. La sua
bacheca è molto variegata e lei è sempre protagonista di quasi
tutti i post. Foto che la ritraggono tra momenti lavorativi,
quotidiani e di svago. Seguendola, si potrà dunque rimanere
aggiornati su tutte le sue attività, dentro e fuori dal set.
Brianna Hildebrand: età e
altezza
10. Brianna Hildebran è nata
il 14 agosto del 1996 a College Station, nel Texas. La sua
altezza complessiva corrisponde a 160 centimetri.
Brian Tyler è
un compositore eclettico, capace di spaziare da un genere all’altro
senza molta fatica. Nel 2015 ha firmato le musiche di tre
grandi film arrivati in sala, Fast & Furious
7, Avengers: Age of Ultron
e Truth
di James Vanderbilt, presente all’ultima Festa del
Cinema di Roma. Tyler ha scritto le colonne sonore dei Fast &
Furious a partire dal terzo film della serie, insieme a Now You See
Me, le Tartarughe Ninja, Iron Man 3 e Thor: The Dark World, dunque
il legame con la produzione è ormai consolidato, così come lo
era l’amicizia con Paul Walker.
Parlando con il The Hollywood
Reporter, l’autore ha raccontato com’è stato scrivere
la parte musicale finale di Fast & Furious
7, ovvero il ricordo e l’omaggio all’amico scomparso.
“Ho sempre visto Paul come una star molto “alla mano”,
socievole e per nulla antipatica, tanto da non sembrarlo affatto.
Aveva la testa sulle spalle, è stato davvero troppo triste. Ero sul
set appena due giorni prima che accadesse l’incidente, è stato
devastante. Anche se non ho scritto l’intera colonna sonora, avevo
delle musiche anche nel primo Furious, dunque ci conoscevamo da
allora, avevamo la stessa età. Sono stato travolto da uno stato di
incredulità quando tutto è successo.”
“Ho lavorato duramente per pensare
a qualcosa che fosse un tributo e una celebrazione per Paul. La
scena finale è stata l’ultima parte che ho scritto per il film,
così come la musica nella scena di Brian e Mia, ovvero l’ultima
volta che li vediamo sullo schermo insieme. È stata dura, era la
fine di un’intera epoca.”
All’inizio di Febbraio Brian
Michael Bendis aveva confermato su Twitter di essere al
lavoro sulla sceneggiatura del segreto “Progetto
143” per il regista Tim Miller, che le
indiscrezioni davano come futuro standalone dedicato al personaggio
di Kitty Pryde. Tuttavia il successivo annuncio della
produttrice Lauren Shuler Donner sulla cancellazione di tutti i
futuri titoli Fox (tra cui X-Force,
Gambit, Silver Surfer e
Multiple Man) lasciava intendere che fra questi
rientrasse anche lo script di Bendis, e da allora non abbiamo più
avuto notizie in merito.
Fino ad oggi, grazie al commento
dello scrittore registrato da CBM e riportato nelle ultime ore:
“Ci sto lavorando letteralmente
oggi, e so che c’è confusione sull’argomento e un sacco di
congetture su cosa stia succedendo tra Fox e Disney…purtroppo non
ho informazioni su questo, non so cosa stia succedendo e se
cambierà qualcosa nel progetto che mi hanno affidato. Sono ancora
entusiasta di lavorare con qualcuno che stimo come creatore, e
penso che Tim sia uno dei migliori in assoluto, quindi vedremo cosa
accadrà. Mi stavo letteralmente prendendo una pausa dalla scrittura
per controllare Twitter l’altro giorno e qualcuno ha detto “Ehi,
che cosa sta succedendo con quella cosa?”, così ho pensato di
spiegare che ci stavo lavorando proprio ora…“
Dunque sembra ufficiale, almeno
stando alle parole di Bendis: una sceneggiatura verrà consegnata ai
produttori (se della Disney o della Fox non è ancora chiaro) e
tutto dipenderà, probabilmente, dal futuro accordo fra le due
major.
Secondo i rumor infatti, la fusione tra
Disney e Fox sembra imminente, e il contratto
finale sarà siglato nella prima settimana di Marzo come riportato
dal sito Bloomberg. A quanto pare l’accordo è stato approvato da
organismi di regolamentazione in Brasile e in Messico, ovvero i due
mercati che avevano ancora votato a sfavore, con la commissione
brasiliana che riferisce di rispondere positivamente nel casi in
cui la Disney dovesse vendere Fox Sports e i suoi successivi
diritti di trasmissione sul mercato.
L’oscar conquistato da Rami
Malek per la sua performance in Bohemian
Rhapsody e i numerosi riconoscimenti tra premi e
nomination per il film dedicato al frontman dei Queen, Freddie
Mercury, non sembrano aver dileguato le sensazioni negative su un
progetto alquanto travagliato e accolto non positivamente dalla
stampa internazionale.
Proprio in merito alla questione si
è espresso Brian May, chitarrista della band che
si è esibita in apertura della cerimonia degli Oscar
2019, puntando il dito contro i media e il loro
atteggiamento nei confronti dell’opera:
“Ero, e lo sono tutt’ora,
profondamente grato per il fatto che il nostro film su Freddie
venisse riconosciuto in un modo che non ci aspettavamo. Ma ho
trovato l’attività pubblica dietro l’intera stagione dei premi, e
il comportamento dei giornalisti che la circondano, profondamente
inquietante […]“
[…] Se guardate alle
discussioni della stampa su internet negli ultimi mesi, noterete
che il 90% di queste è volto a screditare l’uno o l’altro, o tutti
i film nominati con insinuazioni piuttosto che parlare dei loro
meriti e ammirare il lavoro che è stato fatto per realizzarli.
Commenti al vetriolo e disonestà, insieme a sfacciati tentativi di
influenzare i membri votanti con arroganza.“
È evidente che May si riferisca al
polverone sollevato dai media americani, e non solo, riguardo non
soltanto Bohemian
Rhapsody, ma anche Green
Book, per molte testate immeritevole di ricevere la
statuetta come Miglior Film.
Altre “denunce” rivolte alle due
pellicole riguardavano la poca credibilità degli eventi raccontati
e la distanza con la realtà dei fatti o della natura dei personaggi
mostrati in scena. Polemiche su polemiche che non rendono affatto
giustizia alla settima arte e che deviano troppo facilmente il
giudizio del pubblico.
Il regista di Games of Thrones
avrebbe espresso un forte interesse (e sarebbe ora in pole
position), per dirigere il nuovo adattamento del romanzo di Robert
Ludlum: un compito non facile, visto che Kirk si dovrà confrontare
con la precedente versione cinematografica, diretta a inizio anni
’80 da Sam Peckinpah con un cast che includeva, tra gli altri,
Rutger Hauer, John Hurt, Dennis Hopper e Burt Lancaster.
Kirk, che oltre a Game of Thrones ha lavorato a serie come
Luther e Boardwalk Empire, tornerà preso con la miniserie di tre
episodi dedicata al dickensiano Grandi Speranze; per lui, una sola
escursione cinematografica, il poco memorabile Middletown, mentre
il suo nomer era stato abbinatom al secondo film di Thor, poi
affidato al suo ‘collega’ di Games of Thrones, Alan Taylor. In
Osterman Weekend, il giornalista John Tanner viene convinto da un
agente della CIA che gli amici di vecchia data coi quali è solito
trascorrere una rimpatriata una volta l’anno sono coinvolti in una
cospirazione; le cose si riveleranno molto più complicate, e il
protagonista non saprà più di chi potersi fidare. Trai
progetti cinematografici di Brian Kirk vi sono Midnight
Delivery, prodotto da Guillermo del Toro e Paper Wings, ambientato
nel mondo dei rodei, per il protagonista del quale sono stati fatti
i nomi di Will Smith e Tom
Cruise.
E’ Variety ad annunciare
la notizie che Brian Kirk, regista tre episodi della prima stagione
del successo Game of Thrones, oltre a vari episodi
di vari episodi
di BoardwalkEmpire, Luther, Dexter, è entrato in trattative con i Marvel Studios.
E’ Heat Vision a annunciare
che i produttori Brian
Grazer e Ron Howard (Il Codice Da
Vinci) stanno lavorando con la loro casa la Imagine
Entertainment e con la LBI Entertainment di Julie Yorn per portare
al cinema un film tratto da 1984, il celebre romanzo scritto da
George Orwell nel 1948.
Gli appassionati di serie tv e non
solo, riconosceranno subito questo affascinante biondino dagli
occhi color acquamarina. Si tratta di Brian
Geraghty, uno dei protagonisti dell’amatissima serie tv
crime Chicago PD.
Se volete conoscere i dettagli
della sua vita e della sua carriera, venite quindi a scoprire con
noi tutto quello che c’è da sapere su Brian
Geraghty.
10. Nato il 13
maggio del 1975 a Rom River, in New Jersey, Brian si è subito
mostrato molto interessato al mondo dello spettacolo. La sua
famiglia, di origini irlandese, lo ha sempre incoraggiato a seguire
i proprio sogni; per questo motivo, subito dopo il diploma, nel
1993, si trasferisce a New York per studiare recitazione.
9. Venendo dal New
Jersey, e quindi molto vicino alla Grande Mela, per Brian è stato
molto semplice cominciare la sua carriera nel mondo dello
spettacolo. Appena uscito dal liceo, infatti, si iscrive subito al
Neighborhood Playhouse School of Theater di New
York per studiare recitazione, dove resta fino al completamento dei
suoi studi. Con il suo bel diploma tra le mani, dopo gli studi, si
trasferisce a Los Angeles, California, per cominciare a cercare
lavoro nel mondo dello spettacolo.
8. Prima di
diventare un attore famoso, Brian Geraghty ha lavorato come
istruttore di surf per molti anni. Per sostenersi
a Los Angeles e prima di sfondare nel cinema e nella tv, Brian ha
fatto del suo hobby un e vero e proprio lavoro a tempo pieno.
Surfare è sempre stato un passatempo per lui ma pare si divertisse
molto a insegnare questo sport ai suoi allievi.
Adesso, con un carriera d’attore
ben avviata, ha smesso di insegnare ma, di tanto in tanto, torna
ancora in mare con la sua tavola quando ha bisogno di
rilassarsi.
Brian Geraghty film
Brian Geraghty in “Jarhead”
7. Nonostante sia
principalmente conosciuto per i suoi ruoli televisivi, Brian
Geraghty ha avuto un carriera cinematografica assai movimentata.
Comincia con alcuni piccoli progetti nel 2002, film e corti come
Town Diary (2002), Aller simple pour
Manhattan (2002), Earl & Puppy (2003),
Stateside – Anime Ribelli (2004), Cruel
World (2005) e Conversations with Other
Women (2005).
La sua prima esperienza importante
arriva nel 2005 quando partecipa al film Jarhead,
diretto da Sam Mendes.
Anthony Swofford (Jake
Gyllenhaal), deciso a seguire le orme del padre, nel
1988 si arruola nei Marines. Tuttavia, dopo un lungo addestramento,
si convince di non essere tagliato per la vita militare. Eppure,
deciso a rendere orgoglioso il padre, continua la sua carriera nei
Marines fin quando non viene mandato in missione in Arabia Saudita,
durante la guerra del Golfo.
Durante la missione, a causa di una
festa non autorizzata organizzata con i suoi commilitoni finita in
tragedia, per colpa del soldato Fergus O’Donnell (Brian
Geraghty), Swofford viene degradato dal suo superiore, il
sergente maggior Sykes (Jamie
Foxx). Swafford dovrà subire umiliazioni e angherie
per sopravvivere e portare a casa la pelle e, nel frattempo,
redimersi agli occhi dei suoi superiori.
Negli anni seguenti Geraghty
partecipa ad altri film, sempre con ruoli minori, come Art
School Confidential – I segreti della scuola d’arte
(2006), Bobby (2006), Chiamata da uno
sconosciuto (2006), The Guardian – Salvataggio in
mare (2006), The Elder Son (2006),
We Are Marshall (2006), An American
Crime (2007), Il nome del mio assassino
(2007), Love Lies Bleeding – Soldi sporchi (2008)
e Easier with Practice (2009).
Brian Geraghty filmografia
Brian Geraghty in “The Hurt Locker”
6. Nel 2008 Brian
Geraghty viene scelto per interpretare un ruolo nel film
The Hurt Locker, diretto da Kathryn
Bigelow e scritto dal giornalista Mark
Boal. Presentato in anteprima alla 65ª Mostra
internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il film portò a
casa nel 2010 ben sei premi Oscar come miglior
sceneggiatura originale, miglior montaggio, miglior sonoro, miglior
montaggio sonoro, miglior regista e miglior film.
Il film racconta la storia di un
gruppo di artificieri e ‘sminatori’ dell’esercito americano mandati
in missione in Iraq per neutralizzare ogni tipologia di esplosivo.
La squadra è composta da tre soldati, il sergente William James
(Jeremy
Renner), il sergente JT Sanborn (Anthony
Mackie) e lo specialista Owen Eldrige (Brian
Geraghty). I tre compagni di squadra hanno il compito di
girare tutte le piccole città irachene colpite dalla guerra, alla
ricerca di pericolosi ordigni da disinnescare.
Negli ultimi dieci anni della sua
carriera è nel cast di Krews (2010), The
Chameleon (2010), Open House (2010),
Seven Days in Utopia (2011), 10
Years (2011), ATM – Trappola mortale
(2012), Flight (2012), Refuge
(2012), Ass Backwards (2013),
Kilimanjaro (2013), Date and
Switch (2014), The Identical (2014),
Loitering with Intent (2014),
Wildlike (2014), Aveneus (2017),
My Days of Mercy (2017), Mercy
(2017) e Ted Bundy – Fascino criminale (2019).
Brian Geraghty serie tv
5. Il debutto
televisivo di Brian Geraghty risale al 1999 quando per la prima
volta compare in tv nella famosissima serie Law & Order – I
Due Volti della Giustizia. A quella sua prima
‘comparsata’, negli anni ne seguono altre e in altrettante serie di
successo come I Soprano (1999),
Ed (2001), Law & Order – SVU
(2010 e poi 2015) e True Blood (2012).
Brian Geraghty in True Blood
4. Uno dei suoi
ruoli televisivi di maggiore rilevanza è senza dubbio in
True Blood. Brian ha partecipato alle serie, come
guest star, nel 2012, in occasione della sua quinta stagione. Nella
serie l’attore interpreta Brian Eller e compare
negli episodi 5×02 “Autorità”,
5×04 “Progenie” e 5×05 “Tracce
dal Passato”.
Brian Geraghty in Boardwalk
Empire
Brian Geraghty in “Boardwalk Empire”
3. Questa è forse
il ruolo televisivo più importante per la carriera di Brian
Gerarghty. L’attore, infatti, nel 2012 ottiene un piccolo ruolo
nella famosa serie tv Boardwalk Empire – L’Impero del
Crimine.
Si tratta di una serie, creata da
Terence Winter e co-prodotta da Martin
Scorsese (anche regista dell’episodio pilota) e
Mark Wahlberg, trasmessa dalla
HBO dal 2010 al 2014 per ben cinque stagioni.
Boardwalk Empire è ambientata ad Atlantic City nel 1920, durante
gli anni del Proibizionismo e l’ascesa delle organizzazioni
criminali. La serie, infatti, prende ispirazione dalla storia di
Al Capone e ci racconta di uno spaccato degli
States del primo dopoguerra.
La serie ha avuto un enorme successo di pubblico e critica grazie
non solo alla qualità degli episodi ma anche al suo cast. Tra i
protagonisti di Boardwalk Empire ricordiamo Steve
Buscemi, Michael
Pitt, Michael
Shannon, Bobby
Cannavale e Ron Livingston.
Brian Geraghty prende parte ai
primi dieci episodi della quarta stagione, andati in onda nel 2012,
e nei quali interpreta il personaggio di Warren
Knox.
Brian Geraghty in Ray Donovan
2. Dopo il
successo ottenuto con Boardwalk Empire, Brian ottiene nel 2014 un
altro ingaggio, sempre per un ruolo minore, nella serie Ray
Donovan, trasmessa da Showtime dal 2013
al 2020.
La serie ha come protagonista Ray
Donovan (Liev
Schreiber), un uomo dalla vita complicata, che lavora
come ‘fixer’ a Los Angeles. Il suo lavoro è risolvere i problemi di
personalità di spicco come attori, atleti, cantanti e uomini
d’affari che si trovano invischiati in attività che devono restare
nell’ombra. La sua vita, nonostante sia complicata, funziona alla
perfezione ma quando suo padre viene scarcerato per lui e la sua
famiglia cominciano i veri problemi.
Geraghty fa il suo debutto nella
serie in occasione del quarto episodio della seconda stagione, dal
titolo “Fuori Controllo”. In Ray Donovan, l’attore interpreta il
poliziotto Jim, sempre alle calcagna del
protagonista e della sua famiglia.
Brian Geraghty in Chicago PD
CHICAGO P.D. — “Forget My Name” Episode 308 — Pictured: (l-r)
Marina Squerciati as Kim Burgess, Brian Geraghty as Sean Roman —
(Photo by: Matt Dinerstein/NBC)
1. Il successo
televisivo vero arriva per Brian Geraghty quando viene scelto per
interpretare un ruolo da ‘regular’ nella nuova serie crime
Chicago PD.
Spinoff della serie
televisiva Chicago Fire, creata
da Dick Wolf nel
2012, Chicago
PDsegue le vicende della polizia di Chicago, sia
l’unità di pattuglia che quella di intelligence. La
squadra è composta da tredici elementi e a capo
dell’unità intelligence c’è Henry “Hank” Voight
(Jason
Beghe), un poliziotto dai modi duri e che non si ferma
davanti a niente e nessuno pur di arrivare alla verità. I suoi
modi, infatti, sono spesso contestati dagli altri membri della
squadra e non solo.
Nella serie Brian Geraghty
interpreta Sean Roman, agente di pattuglia che
sostituisce Kevin Atwater (LaRoyce
Hawkins), diventando partner di Kim Burgess (Marina
Squerciati). Poliziotto dall’animo buono, Sean è poco
ambizioso e si ‘accontenta’ del suo lavoro di pattuglia. Amato da
tutti i suoi colleghi, instaura da subito un buon rapporto di
amicizia con Kim che ben presto diventa la sua partner anche nella
vita privata. Purtroppo, un brutto incidente lo costringerà a
ritirarsi dal suo lavoro come agente operativo.
Geraghty sarà un personaggio
‘regular’ solo nella seconda e terza stagione per poi tornare come
guest star nella settima.
Dopo aver lasciato il set di
Chicago PD, Brian si è dedicato ad altri progetti
televisivi partecipando a serie
come L’alienista (2018), Briarpatch
(2019-2020), The Fugitive (2020) e The Big
Sky (2020), attualmente fermo in fase di pre-produzione
causa Corona Virus.
Per essere sempre aggiornato sulla
vita privata e professionale di Brian Geraghty, segui il suo
account Instagram.
Volto noto ai fortunati
abbonati Netflix che hanno potuto godersi le tre stagioni
dell’After
Life di Ricky Gervais, quelle di
David Earl sono sicuramente una faccia e una
comicità che non passano inosservate. Tanto più in una commedia
estiva decisamente sui generis come il Brian e Charles di Jim
Archer, già regista del cortometraggio di partenza, nato
dagli spettacoli teatrali che avevano tenuto a battesimo la strana
coppia protagonista composta dal solitario inventore gallese e dal
suo strano amico, interpretato – come sul palco dei tanti comedy
club – da Chris Hayward (The IT
Crowd).
Una creatura nata dalla
disperazione più che dall’amore o dalla volontà di sfidare dei
limiti, e dall’immaginazione. Dote che non manca ai nostri eroi e
che il film invita a coltivare e sviluppare, facendone una forza, a
prescindere dallo scetticismo altrui. Non un
Frankenstein moderno, insomma, né un iper
tecnologizzato robot come il Jeff di Finch o un’affascinante
umanoide come la Alicia Vikander di Ex Machina… siamo più dalle parti del –
troppo! – misconosciuto Robot & Frank del 2012, dove erano
Frank Langella e Peter Sarsgaard (in voce) a regalare emozioni
analoghe.
Brian e Charles, vita
e opere
Brian è un inventore
solitario che vive in una remota valle nel Galles del Nord. In
apparenza, la solitudine non sembra infastidirlo e trascorre gran
parte della sua vita solitaria nel suo laboratorio fatiscente
costruendo oggetti bizzarri che nessuno vuole.
Fino a che un giorno,
Brian costruisce un robot. Lo realizza usando una vecchia lavatrice
e una testa di manichino malconcia. Alto oltre 2 metri, Charles ha
un aspetto che ricorda quello di un anziano un po’ malfermo.
Inizialmente Charles stenta ad attivarsi, poi una sera buia e
tempestosa Brian torna a casa e scopre che Charles non solo
funziona, ma ha superato tutte le sue aspettative. È una forma di
vita in grado di camminare e parlare, con i modi di un bambino
curioso, desideroso di conoscere l’ambiente circostante e il
funzionamento di ogni cosa.
All’inizio Brian e
Charles si divertono insieme, il robot è l’antidoto perfetto alla
solitudine di Brian. Tuttavia, man mano che il loro rapporto
evolve, le cose diventano sempre più tese. Charles, come un
adolescente, reclama indipendenza, sempre più ossessionato dal
desiderio di scoprire il mondo. Ma Brian è restio a condividere il
suo robot con il mondo esterno, persino a farlo allontanare troppo,
perché il mondo là fuori è pericoloso. Come dimostrano i
Tommington, una famiglia locale, e in particolare Eddie, un
agricoltore che in passato ha già bullizzato Brian. Ma grazie a
Charles, Brian acquisisce fiducia in se stesso e stringe amicizia con Hazel,
una donna del posto, come Brian timida e solitaria. I due si
avvicinano ancora di più, quando, all’improvviso, la peggiore delle
paure di Brian si avvera: Charles scompare.
Diverso è
bello
Per quanto si senta la
mancanza dello humour sferzante e adulto che Earl e Hayward
sviluppavano sul palco, dal vivo, la forma del lungometraggio
permette di affrontare il rapporto tra Brian e
Charles in un modo diverso, più ricco e complesso di
quanto necessitassero gli sketch comici. Crescita, conflitto,
evoluzione sono tappe imprescindibili del passaggio all’età adulta,
è evidente, ma per una volta possiamo evitare di immolare su
quell’altare immaginazione e innocenza.
Sono questi i pilastri di
una commedia, che potrebbe non trascinare i meno preparati allo
spirito cinico e spiazzante del Brian di
After Life, ma che saprà conquistare nonostante un
ritmo funzionale all’effetto sorpresa richiesto. Soprattutto per la
sincerità, la semplicità e la forza emotiva che si rivela capace di
trasmettere, irresistibile. E unica, a conferma che ogni diversità
– come ogni sentimento – è meravigliosa e da curare, proteggere e
rispettare.
Dopo un inverno
particolarmente rigido Brian entra in una profonda depressione;
completamente isolato e senza nessuno con cui parlare, Brian fa
quello che qualsiasi persona sana di mente farebbe di fronte a una
situazione così malinconica: Costruisce un robot, Charles. Ma chi
sono Brian e Charles?
Ce lo hanno raccontato il
regista del film –
in sala a partire dal 31 agosto, distribuito da Lucky Red – e i
suoi due complici, gli interpreti principali David
Earl (After life) e Chris
Hayward (The It Crowd), che dopo
aver portato questi due personaggi surreali sui palcoscenici di
tanti comedy club si sono prestati a farne un corto prima e un film
poi. E a raccontarne la genesi…
Genesi che potete
raccontarci?
DAVID EARL: Sono stato
Brian per diversi anni, sui palchi dei piccoli club del Regno Unito
e degli Stati Uniti, e nella mia testa. L’ho immaginato – e portato
avanti per anni – come il peggior stand-up comedian del mondo, uno
sempre a disagio sul palco. Poi, il passaggio successivo, è stato
quello di inventare una finta trasmissione su internet, dove le
persone telefonavano senza sapere nulla, e dove una notte il
produttore ha risposto usando un software vocale, creando così di
fatto il personaggio di Charles. Lui ci metteva del tempo per
rispondere, dovendo digitare le risposte che il computer avrebbe
poi recitato, e così è nato questo rapporto particolare tra Brian e
Charles. Quando Chris ha sentito la trasmissione ha detto che
voleva interpretarlo, renderlo vivo. Perciò abbiamo continuato
insieme a portarlo in giro nei locali notturni, e abbiamo visto che
il pubblico gli si era molto affezionato, al punto da pensare che
avremmo potuto farne altro. Un progetto che avevamo accantonato,
fino a quando la
film4 ci ha contattati…
Un progetto che è
cambiato durante il percorso…
CHRIS HAYWARD:
Sicuramente si, soprattutto tra cortometraggio e spettacolo dal
vivo. Abbiamo cercato di immaginare diversi modi in cui si
comportano i personaggi, anche perché in un film diretto a un
pubblico più vasto volevamo renderli più piacevoli. Più di quello
della versione ‘Stand up’ dei club, Dove Brian era più adulto, più
duro, più al limite. Abbiamo guardato a quel che avevamo fatto e
deciso che volevamo conservare elementi differenti del personaggio
di Charles che erano piaciuti al pubblico, come le discussioni con
Brian, la parte del ballo. Qui vedi tutto, tutte le fasi, anche
accorciate, dalla creazione iniziale, con lui bambino,
all’apprendimento e alla crescita, fino all’adolescenza. In questa
versione abbiamo voluto rendere Brian più dolce, farne un vero
emarginato, in modo che per il pubblico fosse più facile
relazionarcisi e fare il tifo per lui. Come abbiamo fatto anche per
Charles.
Personaggi che siete
riusciti a non rendere mai noiosi, che avete fatto vostri?
CHRIS HAYWARD: Riusciamo
a farli funzionare ancora perché ci siamo sempre divertiti
tantissimo a rappresentarli. Quando ci esibivamo dal vivo, o nel
corto, c’è sempre stata una atmosfera di grande divertimento,
l’obiettivo della giornata è sempre stato di far ridere altro. E
questo ha aiutato a mantenere una certa freschezza, a evitare di
diventare noiosi. Anche sul set.
DAVID EARL: E’ vero che
il personaggio è quello, ma in un club ogni notte è diverso, anche
per il publico, e portarlo in media diversi – dal corto al film –
ha anche aiutato a mantenere quella freschezza e spero di riuscire
a farlo. Quanto al resto, io SONO Brian. Come lui inventa cose che
non servono a niente o non funzionano mai, anche io continuo a fare
cose che non mi riescono, ma vado avanti.
E qual è stata la tua
creazione più riuscita, invece?
DAVID EARL: Direi i miei
figli, quelli veri.
E’ un caso che il
rapporto tra i due, sia quello tra padre e figlio?
DAVID EARL: E’ una idea
entrata tardi durante la fase di scrittura. Negli spettacoli dei
club Charles era un personaggio adulto, nel film abbiamo mostrato
un bambino che cresce, diventa un adolescente e vuole andare a
scoprire il mondo, e il divertimento veniva da quello. In quel
periodo mio figlio Angus, aveva circa 15 anni, con tutto quel che
implica in termini di desiderio di fuga e di indipendenza, e
l’esperienza personale è servita molto a costruire una relazione
complessa, difficile. Ma alla fine, guardando il film, ho sentito
che avesse una sua verità emotiva.
Cosa vi piacerebbe
trasmettere al pubblico più giovane, dei figli e dei ragazzi che
crescono?
DAVID EARL: Mi piacerebbe
che avessero voglia di costruire delle cose, che il film catturi la
loro immaginazione e faccia venire loro voglia di realizzare
qualcosa, o di sviluppare delle curiosità. Io stesso continuo a
sognare a occhi aperti. E’ una via di fuga importantissimo, anche
per arrivare a fine giornata. Ne hai bisogno per sopravvivere.
JIM ARCHER: La vita
sarebbe più grigia, senza. Spero che la gente che vedrà il film
userà la propria immaginazione, anche per accettare e sentire come
credibili i personaggi. La scommessa più grande del film è proprio
di far sì che le persone possano prendere a cuore le sorti di un
uomo che ha un rapporto con un robot fatto con una lavatrice.
Dopo uno spettacolo,
un corto e un film, come continuerete?
CHRIS HAYWARD: Forse con
un musical, o un fumetto, un libro per bambini…
JIM ARCHER: Abbiamo
diverse idee del genere, in effetti.
CHRIS HAYWARD: Sono
opzioni, ma dipenderà da come va il film!