La recensione di
Star
Wars: L’Ascesa di Skywalker che state per leggere
non contiene spoiler sulla trama del film. In uscita il 18 dicembre
in Italia, il 20 nei Paesi anglofoni, l’Episodio
IX segna la fine (provvisoria) di un fenomeno che ha
travolto la cultura pop, partendo esclusivamente dal mezzo
cinematografico. Solo dopo il film è diventato franchise,
declinandosi in molteplici e vari canali di intrattenimento,
diventando addirittura anche un culto religioso.
Proprio per questo è giusto che
questa saga, quella legata alla famiglia Skywalker, trovi proprio
al cinema la sua chiusura. Una fine, si sa, scritta nella sabbia,
non un porta chiusa sul passato, ma una conclusione che, per ora, è
romantica e soddisfacente, il giusto equilibrio tra speranza per il
futuro e iconografia nostalgica che rappresenta un ritorno a casa,
un posto sicuro in cui fermarsi, per un po’.
L’equilibrio nella Forza: Rey e Kylo Ren
E proprio la ricerca
dell’equilibrio si trova alla base di L’Ascesa di
Skywalker: la storia della saga che racconta la
guerra tra Jedi e Sith ci ha da sempre detto che i rappresentanti
dei due ordini si muovono sempre in coppia, un maestro e un
allievo, Lato Chiaro o Lato Oscuro che sia. In questo modo
l’universo, la galassia, trova il suo equilibrio nella Forza, che
lega gli esseri viventi e li fa prosperare.
In Star Wars: L’Ascesa
di Skywalker,
J.J. Abrams abbraccia il concetto di
equilibrio tra due parti e lo trasmette ai suoi personaggi, i
protagonisti Rey (Daisy
Ridley) e Kylo Ren/Ben Solo (Adam
Driver). Sono loro il cuore della ricerca di questo
equilibrio, non perché rappresentano il buio e la luce, l’icona
della spada laser rossa che si incrocia in duello con quella blu,
ma perché portano il conflitto dentro di sé, e la storia che
racconta il film è principalmente la storia della ricerca di questo
equilibrio. Una coppia complementare che nel concetto di famiglia,
ereditarietà della colpa, sangue, origine e identità cerca la
risposta ai propri dubbi.
Il volto bello, onesto, puro,
luminoso di Rey si contrappone a quello sgraziato, brutto, segnato
di Kylo, così le due interpretazioni dei giovani attori si
prestano, con grande intensità e bravura da entrambe le parti, a
dare corpo ai personaggi che più di tutti rendono
L’Ascesa di Skywalker un’avventura
emozionante, nei ricordi, nel futuro, alla ricerca di
quell’equilibrio che permette la vita. Ma i due eredi della Forza
dovranno capire a proprie spese che senza scelta tra ciò che è
giusto e ciò che è facile, non c’è vittoria.
Star Wars: L’Ascesa di
Skywalker prende le distanze da Gli
Ultimi Jedi
Con questo cuore pulsante come
premessa,
J.J. Abrams costruisce una storia
tradizionale, che prende le distanze da quello che aveva tentato di
fare Rian Johnson con il criticatissimo
Gli Ultimi Jedi. Così come
l’Episodio XIII cercava di desacralizzare il mito,
allo stesso modo J.J. Abrams rimette le cose nel loro ordine, senza
cancellare del tutto ciò che aveva fatto il suo predecessore, ma
smussandone gli aspetti più ostici e riprendendo la via, sicura,
confortante, ma non per questo meno bella, della tradizione e, sì,
della nostalgia.
Star Wars: L’Ascesa di
Skywalker racconta l’ultima battaglia, l’ultima
speranza, come a fare eco a quella nuova speranza che era
stato a suo tempo il giovane
Luke Skywalker: la galassia è destinata alla morte e alla
sconfitta a causa di una oscurità potentissima che sorge dalle sue
viscere, ma la Ribellione, guidata dal Generale Leia, è ancora viva
e, come lei, continua a coltivare la speranza che il Lato Oscuro
non possa vincere. Lo pensa la Principessa di Alderan, ma lo
pensano anche Poe Dameron e Finn, che dovranno imparare cosa vuol
dire prendere il comando ed ereditare davvero l’onere e l’onore di
portare avanti la Storia.
Star Wars: L’Ascesa di Skywalker è
un’esplosione di emozioni

E così, J.J. ritrova equilibrio,
anche lui, tra gli elementi del franchise che più di tutti lo
caratterizzano: una parte divertente e cinematograficamente
avvincente, la guerra, gli eroi, le rocambolesche fughe e i piani
che danno “pessimi presentimenti”; l’altra mistica e introspettiva
che indaga le profondità della battaglia per trovare in sé
l’equilibrio nella Forza. Certo, la prima parte del film si limita
ad essere una frammentata serie di informazioni da fornire allo
spettatore per impostare la storia, che già nelle premesse ha un
che di pretestuoso, ma nella seconda parte il film diventa
travolgente, per la lunga sequela di sensazioni che riesce a
smuovere, per l’utilizzo intelligente delle leve nostalgiche di cui
dispone, per la sequenza finale gloriosa e avvincente, per la scena
conclusiva che è una vera e propria esplosione di emozioni.
La terza trilogia, che si conclude
con Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, si
fa mito, chiudendo per sempre le storie dei protagonisti storici,
Luke, Han e Leia, affidando il futuro ai giovani, Rey, Poe e Finn.
Lo ha fatto, dal 2015 ad oggi, rielaborando il passato (Il
Risveglio della Forza), provando a staccarsi da
ciò che conoscevamo bene, distruggendone gli idoli e i simboli
(Gli
Ultimi Jedi) e riavvicinandosi in maniera
rispettosa alla sua tradizione (L’Ascesa di
Skywalker), regalando una conclusione soddisfacente,
che prima di tutto fa appello al grande amore che gli spettatori
hanno nutrito per questi personaggi e questi mondi nel corso di 42
anni di Storia del Cinema.