L’ultima Star
Wars Celebration ha posto all’attenzione dei fan su
Skeleton
Crew, la prossima serie dell’universo di Star Wars con
protagonista
Jude Law. Entertainment Weekly (tramite SFFGazette.com) ha
recentemente parlato con il produttore e regista
Christopher Ford, scoprendo di più su come questa
storia si inserisca nell’era della Nuova Repubblica che finora è
stata raccontata da serie di successo come The
Mandalorian, The
Book of Boba Fett e Ahsoka.
“Per noi è stata una grande era
perché per quanto la Nuova Repubblica stia cercando di riportare la
pace, è una specie di periodo selvaggio senza legge, quindi c’è
molto pericolo”, rivela. “Se l’avessimo ambientato prima,
i ragazzi avrebbero potuto semplicemente incontrare le forze
dell’Impero. Questa è un’altra parte della galassia in cui
perdersi”.
Il sito ha anche raggiunto la star
Jude Law; molto poco è stato rivelato sul suo
ruolo nella serie oltre al fatto che interpreterà un Jedi, qualcosa
confermato dal filmato di lui che usa la Forza nel trailer che è
stato presentato in anteprima a Londra. L’attore non ha potuto
condividere molto, ma ha fatto luce su ciò che il suo protagonista
misterioso porta in tavola. “È qualcuno che i bambini
incontrano nel loro viaggio, sulla strada per tornare a casa. Lui,
come il mondo che vivono, è contraddittorio – a volte un luogo di
nutrimento e altre volte un luogo di minaccia”.
“Quello che amo è che siamo
attraverso i loro occhi, sai che c’è una specie di relazione
giocosa tra i bambini e gli adulti, che a volte diventa oscura e
abbastanza spaventosa, che immagino sia come molti undicenni vedono
il mondo dei grandi.”
Lo spin-off di “Star Wars” è stato
annunciato per la prima volta alla Star Wars Celebration del 2022,
tenutasi ad Anaheim, in California. I dettagli sono scarsi per la
serie, a parte la seguente descrizione: “Lo spettacolo si
svolge durante il periodo di ricostruzione post-‘Il ritorno dello
Jedi’ che segue la caduta dell’Impero, la stessa di “The
Mandalorian“, ma la sua trama rimane un segreto. È stato creato
e prodotto esecutivamente dal regista Jon Watts, che ha realizzato
Spider-Man: Homecoming per la Marvel, e dallo sceneggiatore Chris
Ford. È stato richiesto un avviso di casting per quattro bambini,
di età compresa tra gli 11 e i 12 anni. All’interno di Lucasfilm,
la serie viene descritta come una versione galattica dei classici
film d’avventura di Amblin degli anni ’80.”
Daniel Kwan e
Daniel Scheinert sono passati dal multiverso di
Everything Everywhere All At Once a una
galassia molto, molto lontana. Il duo di registi fresco di premio
Oscar, noto come “i Daniels”, ha diretto un episodio della prossima
serie di Star
Wars,
Skeleton Crew, disponibile alla fine di quest’anno su
Disney+.
Dopo essere entrato in fase di
riprese la scorsa estate, la produzione si è conclusa negli ultimi
mesi. Mentre l’elenco completo dei registi di
Skeleton Crew è ancora un mistero, le fonti indicano
che i Daniels ha diretto un episodio della
prossima stagione.
Skeleton Crew vede protagonista
Jude Law ed è stato creato da Jon
Watts. Sebbene la maggior parte dei dettagli riguardo alla
trama rimanga nascosta, sappiamo già che la serie Disney+ si svolgerà nell’era della
Nuova Repubblica, dopo gli eventi del Ritorno dello Jedi del 1983. Il team di
The
Mandalorian di Jon Favreau e
Dave Filoni si occupa della produzione
esecutiva.
I Daniels hanno
completato le riprese principali del loro episodio di
Skeleton Crew prima della cerimonia degli Oscar
all’inizio di questo mese, occasione in cui hanno portato a casa i
trofei per la sceneggiatura originale, la regia e il miglior film.
La commedia della A24 ha concluso una stagione di premi in grande
stile,
portando a casa sette statuette agli Academy Awards. Un
successo annunciato ancora prima che la season awards prendesse il
via.
Mancano ancora alcuni mesi prima di
poter vedere
Skeleton Crew, la prossima serie di Disney+ e Lucasfilm con
protagonista
Jude Law, che debutterà a dicembre, ma ci sono ancora
molte possibilità di saperne di più. Per nostra fortuna, oggi
abbiamo ricevuto un doppio aggiornamento, con alcune nuove foto e
la conferma di una première di due episodi per la serie.
Creata da Jon
Watts e Chris Ford, con Watts, Ford,
Jon Favreau e Dave Filoni
come produttori esecutivi, la serie debutterà il 3 dicembre con una
première di due episodi. Inoltre, abbiamo ora uno sguardo più
ravvicinato al personaggio di Law, Jod Na Nawood, insieme a un
gruppo di pirati spaziali: Gunter di Jaleel White,
Vane (Marti Matulis), Brutus (doppiato da
Fred Tatasciore, interpretato da Stephen
Oyoung), Pax (Mike Estes) e Chaelt
(Dale Soules).
Nel
trailer originale, presentato al D23 Expo 2024, Skeleton
Crew presenta un gruppo di giovani personaggi che hanno
trascorso i loro anni formativi in un quartiere tranquillo e
normale, una parte del mondo di Star Wars che non
siamo abituati a vedere. Le loro vite prendono una svolta
drammatica quando si imbattono in un tempio Jedi abbandonato, che
nasconde segreti che attirano l’attenzione di individui pericolosi.
L’unica possibilità di sopravvivenza dei ragazzi potrebbe essere
rappresentata da un misterioso Jedi emarginato, ma non è ancora
chiaro se ci si possa davvero fidare di lui.
Il mese scorso, Bryce Dallas Howard ha parlato con
Maggie Lovitt di Collider durante un panel
Fan Expo Canada a Toronto, dove ha condiviso la sua
esperienza estremamente positiva nel lavorare a Skeleton
Crew con i suoi compagni di studi al college:
“Ho amato lavorare a ‘Skeleton
Crew’.L’ho adorato.Jon Watts e Christopher Ford,
che sono i nostri showrunner, hanno frequentato la NYU con mio
marito.Eravamo amici.Mio marito ha recitato nei
loro cortometraggi, quindi abbiamo fatto il tifo per loro e per Jon
Watts ovviamente con ‘Spider-Man’ e tutto il resto, e siamo davvero
entusiasti”.
Anche la Howard ha condiviso la sua
eccitazione per l’ingresso nella serie, elogiando il cast e la
troupe di Skeleton Crew. Ha descritto Law, che interpreta
un misterioso utilizzatore della Forza che può essere alleato o
avversario dei giovani eroi, come una presenza “fantastica” nello
show. Ha parlato bene anche degli altri registi coinvolti,
tra cui i registi di Everything Everywhere All at
Once e i vincitori dell’Oscar Daniel
Kwan e Daniel Scheinert, il regista di
The Green Knight,David
Lowery e la mente di Minari,Lee Isaac Chung. Skeleton Crew sarà
trasmesso in esclusiva su Disney+ il 3 dicembre 2024.
L’attesissimo sesto
capitolo di SKAM ITALIA, la serie cult prodotta da
Rosario e Maddalena Rinaldo per Cross Productions, debutterà in
Italia il 18 gennaio 2024, solo su Netflix.
SKAM ITALIA torna con
un’altra stagione inedita. Al centro di questa nuova storia le
vicende di Asia (Nicole Rossi), ragazza dal grande carisma, con un
carattere forte e determinato che si troverà, però, ad affrontare
importanti sfide, soprattutto con se stessa e con le sue fragilità.
L’amicizia con le altre componenti del gruppo delle Rebelde,
determinante per affrontare le sue battaglie, si intreccerà, nella
vita di Asia, con l’arrivo di nuovi personaggi, in particolare
quello di Giulio (Andrea Palma).
1 di 5
Tra i protagonisti di
questa stagione troviamo, accanto a Nicole Rossi
(Asia), Francesco Centorame (Elia), Lea
Gavino (Viola), Maria Camilla Brandenburg
(Rebecca), Benedetta Santibelli (Fiorella),
Cosimo Longo (Jorge), Yothin
Clavenzani (Munny). Fanno il loro debutto in questa
stagione Andrea Palma (Giulio) e Leo
Rivosecchi (Beniamino).
Non mancheranno gli
storici protagonisti: Beatrice Bruschi (Sana),
Federico Cesari (Martino),
Rocco Fasano (Niccolò), Martina Lelio
(Federica), Ludovica Martino (Eva), Greta
Ragusa (Silvia), Pietro Turano (FIlippo)
e Nicholas Zerbini (Luchino).
Scritta da
Ludovico Bessegato, Alice
Urciuolo e Elisa Zagaria, la sesta
stagione di Skam Italia è diretta da
Tiziano Russo.
Quando si fa amicizia con
un gruppo di adolescenti che poi, pian piano lasciano il nido è
difficile che chi arriva dopo nel gruppo, riesca ad avere la stessa
presa su di noi, che invece rimaniamo seduti a guardarli
affacciarsi alla vita e crescere davanti ai nostri occhi, ed è la
sensazione che ci cogli davanti a Skam 6, che dal
18 gennaio arriva su Netflix.
La trama di Skam 6
Al centro di questa nuovo
ciclo troviamo Asia, interpretata da Nicole Rossi
(Il Collegio, Pechino Express),
una ragazza carismatica, trascinatrice, determinata, che nel suo
gruppo di amiche rappresenta un punto di riferimento, una roccia.
Nel corso dei dieci episodi di cui è composta la
sesta stagione, vedremo però Asia crollare sotto il peso delle
sue fragilità, diventate insostenibili, e assisteremo al culmine di
un disordine alimentare che la porterà verso l’isolamento e la
malattia. Nella sua vita entra anche Giulio, interpretato da
Andrea Palma (Le
Otto Montagne), misterioso ragazzo di Ciampino che si
trasferisce nella sua scuola a fine anno.
La loro relazione sembra
da subito complessa e complicata da bugie e omissioni che finiscono
per metterli entrambi nudi con le loro fragilità l’uno contro
l’altra. Intorno alla loro trama, si sviluppano anche le vite degli
altri protagonisti, alcuni nuovi altri amici di vecchia data del
pubblico di Sam, tra cui Francesco Centorame
(Elia), Lea Gavino (Viola), Maria Camilla
Brandenburg (Rebecca), Benedetta
Santibelli (Fiorella), Cosimo Longo
(Jorge), Yothin Clavenzani (Munny).
Un cambio generazionale
che non convince
La serie, prodotta da
Rosario e Maddalena Rinaldo per Cross
Productions, continua a dimostrare i suoi aspetti
vincenti, pur scoprendo il fianco all’inevitabile trascorrere del
tempo e al fatto che i “veri” protagonisti della serie, sono ormai
delle comparse nelle vite di nuovi personaggi i quali (forse) non
hanno lo stesso carisma di quelli che ci avevano stregato nelle
prime stagioni. Certo, e qui torniamo agli aspetti vincenti, anche
Skam 6 è uno spaccato di adolescenza senza prezzo,
perché sceglie di mettere in mostra ancora una volta dei percorsi
tortuosi e complessi, delle umanità irrisolte che si incontrano per
migliorarsi. Non disturba mai infatti il buonismo con cui i
problemi del caso vengono affrontati, in questo caso disturbi
alimentari e razzismo/fascismo, perché la scrittura di Skam riesce
sempre ad essere onesta e diretta.
Nel team di scrittura si
confermano Ludovico Bessegato, Alice
Urciuolo e Elisa Zagaria che pur
mantenendo vivo lo spirito della serie, si scontrano contro
l’inevitabile cambio generazionale che, se nella quinta stagione
era attenuato dalla presenza di Elia nei panni del protagonista
(l’irresistibile Francesco Centorame), in questa
sesta stagione non ha nessun paracadute. Lo spettatore si trova
quindi a dover empatizzare con dei personaggi totalmente nuovi e
sconosciuti e con degli interpreti forse meno talentuosi di quelli
a cui la serie ci aveva abituati. Tuttavia la prova di Rossi e
Palma, in particolare, riesce lo stesso a raccontare con precisione
e rispetto le tematiche importanti che la stagione vuole sottoporre
allo spettatore.
La forza del gruppo
Anche per questa
stagione, i temi espressi attraverso le disavventure e i dolori
grandi e piccoli dei protagonisti adolescenti sono stati scelti con
grande cura e trattati con eleganza e tatto, e, come anticipato
all’inizio di questa recensione di Skam 6, non
risultano mai espressi in maniera retorica, superficiale o
buonista. Questi ragazzi sono ottimisti e molto legati, anche se in
alcuni casi parecchio incasinati, e la positività e la lealtà con
cui affrontano anche il momento più difficile è tipico di
quell’adolescenza sana condivisa in gruppo. Perché se è vero che
quel periodo della vita è particolarmente complicato e difficile
per tutti, se è vero che lascia segni indelebili sugli adulti che
si diventerà, è pur vero che le amicizie che si stringono durante
l’adolescenza sono estremamente pure e totalizzanti, e che insieme
ci si fa forza in maniera del tutto disinteressata e positiva. Per
cui tutto diventa superabile. E quindi ben vengano anche i momenti
ironici, quelli frivoli insieme a quelli più drammatici e seri.
L’adolescenza è così, un’altalena emotiva senza fine.
Nonostante manchino tanto
i primi protagonisti della serie, qui relegati a piccole comparse
sullo sfondo del mondo dei “quasi adulti”, Skam 6
riesce comunque ad aggiungere alla mitologia dello show un pezzo
importante, un nuovo argomento raccontato e sdoganato, una nuova
storia e nuovi personaggi che, sicuramente, riusciranno a catturare
l’attenzione del pubblico di riferimento.
In occasione dell’assemblea degli
investitori Disney, i Marvel Studios hanno anche
presentato Sizzle Ms.
Marvel una nuova serie con una nuovissima eroina
che infiammerà il cuore dei fan più giovani. Lei è Kamala Khan ed è
interpretata da Iman Vellani.
La serie originale Marvel sarà
disponibile su Disney+ dalla fine del 2021.
Nella serie tv Ms.
Marvel il New Jersey cresciuto Kamala Khan scopre di
avere poteri polimorfi. Ms. Marvel sarà presentato in anteprima su
Disney+
nel 2022.
Sarà
Damián Szifron ad adattare per il grande schermo
Six Billion Dollar Man, il nuovo
lungometraggio basato sul celebre telefilm degli anni
Settanta Six Million Dollar Man (i milioni diventano
miliardi a causa dell’inflazione?).
Vi ricordiamo
che Six Billion Dollar Man racconterà la
storia dell’astronauta Steve Austin (Mark
Wahlberg) che, in seguito ad un disastro aereo, sarà
salvato dai dottori e trasformato in un’entità metà umana metà
cyborg (di Robocopiana memoria) destinata a diventare un agente al
servizio dell’Intelligence. Il film, inoltre, sarà un adattamento
cinematografico del romanzo
sci-fy Cyborg di Martin
Caidin, portato a successo negli anni ’70 dalla serie
televisiva di successo The Six Million Dollar
Man.
La pellicola, la cui produzione sarà
affidata alla compagnia
di WahlbergClosest to The Hole
Prods, sarà co-prodotta
dalla Universal, Bob
Weinstein, Stephen Levinson e
lo stesso Peter Berg.
Mark Wahlberg, attore reduce
da The
Gambler e Transformers Age of
Extinction, nonché attualmente impegnato sul set
di Ted 2, ha recentemente rilasciato
una serie di dichiarazioni in merito a Six Billion
Dollar Man, pellicola attualmente in lavorazione e
che, a detta del diretto interessato, lo porterà sul grande schermo
in qualità di supereroe ma “senza la tuta di licra”.
Ecco quanto dichiarato dall’attore: “Stiamo lavorando
a Six Billion Dollar Man, che sarà un film in
stile ‘superhero’, ma non dovrò indossare alcuna tuta di licra, il
che sarebbe fantastico. Howard
Gordon sta scrivendo la sceneggiatura e si sta
parlando di realizzarlo, ma credo che abbiamo un’idea davvero
eccezionale ed è qualcosa che abbiamo da parte da un po’ di tempo,
quindi se riusciremo ad avere lo script penso che lo realizzeremo
dopo Deep
Water Horizon.”
Vi ricordiamo
che Six Billion Dollar Man racconterà la
storia dell’astronauta Steve Austin (Mark
Wahlberg) che, in seguito ad un disastro aereo, sarà
salvato dai dottori e trasformato in un’entità metà umana metà
cyborg (di Robocopiana memoria) destinata a diventare un agente al
servizio dell’Intelligence. Il film, inoltre, sarà un adattamento
cinematografico del romanzo
sci-fy Cyborg di Martin
Caidin, portato a successo negli anni ’70 dalla serie
televisiva di successo The Six Million Dollar
Man.
La pellicola, la cui produzione
sarà affidata alla compagnia
di WahlbergClosest to The Hole
Prods, sarà co-prodotta
dalla Universal, Bob
Weinstein, Stephen Levinson e
lo stesso Peter Berg.
Dopo l’addio improvviso del regista
Damian Szifron, la Warner Bros. ha rinviato di un
anno la produzione di Six Billion Dollar Man, il
film che vedrà protagonista Mark Wahlberg e che
ora, con molta probabilità, uscirà nelle sale non prima del
2020.
Vi ricordiamo che si tratterà del
remake della serie televisiva omonima andata in onda dal 1973
al 1978 sulle reti della ABC, con Lee Majors nel
ruolo del cyborg Steve Austin.
Il progetto gravita ad Hollywood da
più di vent’anni, inizialmente nelle mani della Universal Pictures,
poi della Dimension Pictures e di recente finito sulla scrivania
della Weinstein Company. Come sapete, la società
di Bob e Harvey Weinstein è stata travolta dai debiti e dagli
scandali sessuali, quindi si è vista costretta a cedere i diritti
di Six Billion Dollar Man al miglior offerente (la
Warner Bros, appunto).
Il film racconterà la storia
dell’astronauta Steve Austin (Wahlberg) che, in
seguito ad un disastro aereo, sarà salvato dai dottori e
trasformato in un’entità metà umana metà cyborg destinata a
diventare un agente al servizio dell’Intelligence.
Dopo aver lavorato fianco a fianco
per la realizzazione del recente Lone
Survivor, il duo composto dal
regista Peter Berg e
l’attore/produttore Mark Wahlberg è
pronto a riunirsi per la realizzazione di una nuova pellicola
d’azione Six Billion Dollar Man. La
pellicola, la cui sceneggiatura è ancora in fase di stesura, altro
non sarà che l’adattamento cinematografico del romanzo
sci-fy Cyborg
dell’autore Martin Caidin, portato a successo
negli anni ’70 dalla serie televisiva di
successo The Six Million Dollar
Man.
The Six Billion Dollar
Man racconterà la storia dell’astronauta Steve
Austin (Mark Wahlberg) che, in seguito ad un
disastro aereo, sarà salvato dai dottori e trasformato in un’entità
metà umana metà cyborg (di Robocopiana memoria) destinata a
diventare un agente al servizio dell’Intelligence. La pellicola, la
cui produzione sarà affidata alla compagnia
di WahlbergClosest to The Hole
Prods, sarà co-prodotta
dalla Universal, Bob
Weinstein, Stephen Levinson e
lo stesso Peter Berg. La data di uscita
per The Six Billion Dollar
Man è stata individuata in un generico 2016.
La serie Siviglia
1992 di Netflix
presenta molte trame realistiche e personaggi con cui è facile
identificarsi, rendendo difficile non chiedersi se sia basata su
una storia vera. Quando si tratta di thriller sui serial killer,
alcuni sembrano adattare direttamente le storie di persone
coinvolte in crimini violenti realmente accaduti. Ad esempio, la
controversa serie NetflixMonster, in ogni stagione sceglie un
serial killer realmente esistito e ripercorre la serie di crimini
da lui commessi e le potenziali motivazioni che lo hanno spinto a
uccidere. Ci sono poi altre serie che attingono solo da eventi
reali che hanno coinvolto serial killer, ma adottano narrazioni
originali.
Cross di Prime Video è l’esempio perfetto di questo
approccio perché, anche se contiene molti riferimenti a serial
killer reali, il personaggio centrale è fittizio. L’approccio
adottato da Siviglia 1992 di Netflix
sembra abbastanza simile all’adattamento di Alex Cross di Prime
Video perché, nonostante i molti elementi fittizi nella narrazione,
la serie cerca di includere una parvenza di realismo. Sebbene sia
discutibile se l’approccio di 1992 funzioni efficacemente,
riesce comunque a radicare la serie in un mondo che sembra allo
stesso tempo familiare e terrificante.
Siviglia
1992 non è basato su una storia vera
La serie offre retroscena
realistici ai suoi personaggi
Per quanto alcuni elementi di
Siviglia 1992possano
sembrare realistici, la serie TV non è basata su una storia vera.
Molti aspetti dei metodi e delle motivazioni del killer del
lanciafiamme, personaggio centrale della serie, sembrano anche un
po’ esagerati nella serie spagnola di Netflix. Tuttavia, la serie
riesce ad aggiungere molti livelli di realismo al personaggio,
sostenendo le sue azioni con una solida storia di fondo. Anche per
quanto riguarda gli altri personaggi della serie,
Siviglia 1992 li rende più umani
e riconoscibili, dando un assaggio di come sono le loro vite al di
là dei misteri centrali e degli eventi che li circondano.
Ad esempio, 1992 descrive in
modo realistico come un personaggio di nome Richi perda tutto, dal
lavoro alla famiglia, a causa dell’alcolismo. La serie mette in
evidenza come, nonostante abbia perso tutto, Richi lotti per
rompere il circolo vizioso della sua dipendenza. Ci sono persino
momenti in cui decide di smettere di colpo. Purtroppo, nonostante i
suoi sforzi, Richi fatica a controllare il suo alcolismo, che gli
impedisce di realizzare il suo vero potenziale come investigatore.
Oltre a questo, 1992 adotta in modo interessante alcuni
espedienti narrativi tratti dalla vita reale per coinvolgere
efficacemente gli spettatori nel suo dramma poliziesco.
L’Expo di Siviglia del 1992 e la
mascotte Curro sono reali
Siviglia
1992 di Netflix adotta un’ambientazione reale nella
sua linea temporale passata
Il titolo 1992 fa
riferimento all’Expo di Siviglia del 1992, un evento reale che
ha celebrato il 500° anniversario dell’arrivo di Cristoforo Colombo
in America dopo essere salpato dal porto di Siviglia. Come mostrato
nel film, Curro era la mascotte ufficiale della fiera, che
rappresentava un uccello gigante bianco con le zampe di un elefante
e un becco color arcobaleno. A differenza dell’Expo raffigurata in
1992 di Netflix, tuttavia, quella reale fu un successo e i
suoi padiglioni furono smantellati solo dopo la sua
conclusione.
Nessuno morì durante gli eventi che
circondarono la fiera originale e nessun serial killer nella vita
reale ha mai usato la mascotte della fiera come maschera mentre
commetteva i suoi crimini. Nella serie, un gruppo di uomini potenti
usa anche l’Expo di Siviglia del 1992 come piattaforma per chiedere
illegalmente denaro al governo. Il racconto di Siviglia
1992 è interamente fittizio, poiché non ci sono
prove che durante la fiera si siano svolte attività corrotte di
questo tipo.
Il nuovo film del regista spagnolo
Alex de
la Iglesia, Balada Triste de Trompeta, ha ricevuto il Méliès
d’Oro al festival di Sitges, riconoscimento per il miglior
film dell’anno. Il prestigioso premio, viene assegnato dalla
Federazione Europea dei Festival di Cinema Fantastico (EFFFF)
Dopo averle viste alla conduzione
degli ultimi Golden Globe 2015, è arrivato il
momento di dare un primo sguardo a
Sisters, atteso ritorno sul grande
schermo del duo composto da Tina Fey e Amy
Poehler. Potete vedere di seguito il primo spot tv del
film:
Precedentemente noto come The
Nest, Sisters racconterà di due
sorelle che passano un ultimo week end nella casa in cui sono
cresciute, prima che i loro genitori mettano in vendita la
proprietà. Tina Fey si occuperà anche della
produzione del film con la sua Little Stranger, Inc. accanto a
Jay Roach con Everyman Pictures. Jason
Moore (Voices) dirigerà la commedia basata su una
idea originale di Paule Pell, che ha anche scritto
la sceneggiatura.
La pellicola sarà distribuita dalla
Universal nei cinema americani il prossimo 18
novembre.
Arriva al cinema
Sister, opera seconda di Ursula
Meier con protagonisti Léa
Seydoux e Kacey Mottet Klein.
Nel film Sister
Simon (Kacey Mottet Klein) ha solo dodici anni, ma
è già un business man: durante la stagione sciistica si aggira fra
piste innevate, baite assolate e spogliatoi deserti, rubando ai
ricchi (turisti) per dare ai poveri (a un prezzo di favore,
s’intende). Sci, caschi, occhiali fruttano bene, e al ragazzino
quel denaro serve per campare.
Orfano di entrambi i genitori,
Simon ha una sorella maggiore, Louise (Léa
Seydoux), che però non è in grado di prendersi cura di
lui. È il fratellino che porta a casa i soldi, che ‘fa la spesa’ e
il bucato. Non si ferma un attimo. Se lo facesse, la solitudine lo
travolgerebbe come una valanga. Perché Louise va e viene. E non ci
riesce proprio a dargli quel briciolo di affetto che lui non smette
di sognare.
Il secondo lungometraggio di
Ursula Meier – premiato con un Orso d’Argento
speciale all’ultimo Festival di Berlino e in uscita nelle sale l’11
maggio – ci mostra la montagna da un’angolazione inedita.
Scordatevi le solite vacanze di Natale scollacciate e le commediole
romantiche da bacio sotto il vischio. Qui la vita è dura,
soprattutto se la vedi con gli occhi di un ragazzino senza
famiglia, che ogni giorno combatte non solo per guadagnarsi il
pane, ma anche l’amore di una sorella assente e indifferente,
incapace di tenersi il lavoro, come è incapace di tenersi gli
uomini. Una montagna vista ‘dal basso’, quindi.
E che, proprio per questo, risulta
ancora più alta, più imponente: irraggiungibile. Ma il piccolo
Simon non si dà per vinto. Con un po’ d’ingegno e un pizzico di
incoscienza, ecco che ogni mattina sale lassù, per confondersi fra
i turisti benestanti e spensierati che popolano la stazione
sciistica sopra casa sua. Certo, il viaggio è lungo, e la fatica
tanta e non mancano i pericoli, anche se a volte capita che salti
fuori qualche complice inaspettato, non è affatto piacevole quando
invece capita che vieni beccato.
Ma non c’è altro modo. E Louise?
Lei è smarrita, quasi impotente, vive le sue giornate passivamente.
Non sa che fare di se stessa, come potrebbe pensare al fratellino?
Perciò è lui a mantenerla, a darle i soldi per comprarsi quello che
le serve. Prova perfino a imporle il coprifuoco quando esce, quasi
fosse sua figlia. Sì, il loro è un rapporto tutto al contrario. Ma
Simon ha pur sempre dodici anni: è lui il bambino e ha bisogno
della ragazza. Ha bisogno di affetto, di coccole. Anche a costo di
pagarle duecento franchi. Anche a costo di sentirsi comunque solo,
non voluto.
Dietro quell’aria spavalda di chi
la sa lunga, si nasconde un’anima fragile, vulnerabile, com’è
giusto che sia a quell’età. Un’anima che è pronta ad esplodere in
un grido di disperazione, e di liberazione. E chissà che finalmente
quel grido non venga ascoltato e che quella montagna non regali una
speranza tutta nuova.
Whoopi Goldberg ha confermato che
Sister Act 3 è attualmente in fase di sviluppo. Il
franchise a metà tra musical e commedia ha avuto un enorme successo
all’inizio degli anni ’90, con Goldberg che ha interpretato
l’iconico ruolo della cantante di night club Deloris Wilson che si
finge suora dopo aver assistito ad un omicidio.
Il primo film ha incassato un totale
di oltre 230 milioni di dollari al botteghino nel 1992. Sulla base
di questo successo inaspettato, un anno dopo arrivò il sequel,
Sister Act 2: Più svitata che mai, sebbene il film non
raggiunse lo stesso grado di successo del predecessore. Tuttavia,
entrambi i film sono diventati dei veri e propri cult, specialmente
nel circuito degli appassionati di commedie musicali School of
Rock e Pitch Perfect.
Per anni i fan hanno chiesto a gran
voce un terzo film, nonostante la carriera di Goldberg non sia oggi
paragonabile a quella che la stessa aveva negli anni ’90, essendosi
allontanata dal grande schermo per dedicarsi essenzialmente a
progetti tv. Questo non vuol dire che l’attrice premio Oscar per
Ghost – Fantasma non sarebbe favorevole a tornare nel
ruolo di Deloris, se ovviamente si presentasse l’opportunità.
E infatti sembra proprio che
Whoopi Goldberg si stia preparando a tornare
per il tanto atteso Sister Act 3. Durante una
recente intervista in occasione dello show di James Corden, si
è parlato anche del futuro di quel franchise, con Corden che ha
voluto sapere come mai un il terzo film non sia mai stato
realizzato. Goldberg ha spiegato che, inizialmente, erano in molti
a pensare che “nessuno avrebbe voluto vederlo”. Tuttavia,
negli ultimi anni è diventato chiaro che un terzo film potrebbe
effettivamente fare la gioia dei fan.
“Per molto tempo
hanno continuato a dire che nessuno voleva vederlo”,ha spiegato l’attrice.“E poi, abbastanza di recente, si è scoperto che potrebbe non
essere vero: le persone potrebbero volerlo vedere. Quindi, stiamo
lavorando con impegno per cercare di capire come… riunire la banda
e tornare indietro. È un film davvero divertente. Fa divertire e fa
stare bene la gente… nessuno ce l’ha con nessuno. Si tratta
semplicemente di gente che canta benissimo, gente che canta bene e
gente che canta male. E poi si tratta di suore… Cosa c’è di meglio?
Niente.”
Whoopi Goldberg offre un aggiornamento
sull’attesissimo progetto di Sister Act 3, che arriverà su Disney+. Parlando con ET, Goldberg anticipa i dettagli
della storia di Deloris in Sister Act 3 e afferma
che il personaggio è molto più adulto nel nuovo film. Goldberg
rivela che tornare nel ruolo tre decenni dopo “sembra giusto”. La
star spiega che girare i primi due film uno dopo l’altro ha
funzionato bene all’epoca, ma il terzo film in fase di sviluppo ha
aiutato il personaggio ad evolversi.
Sembra giusto. Perché abbiamo
fatto Sister Act 1 e 2 uno dopo l’altro, motivo per cui penso che
siano davvero fantastici. Ma ora hai bisogno di un po’ di spazio e
devi lasciare che [il mio personaggio] cresca e diventi un adulto,
ed è quello che è successo. Vedremo. Era un’adulta quando ha
iniziato, ma ora è molto più adulta.
Prodotto da Tyler
Perry, Sister Act 3 è ancora avvolto per lo più nel
mistero, trama, titolo ufficiale e data d’uscita sono ancora
sconosciuti. Per ora, sembra che Goldberg sia soddisfatta dei
progressi compiuti dalla produzione. Anche se la lista del cast per
il terzo film deve ancora essere annunciata, si può sperare che le
suore preferite dai fan Madre Superiora (Maggie
Smith), Suor Maria Raberta (Wendy
Makkena) e Suor Maria Patrizia (Kathy
Najimy), si uniranno a Deloris/Suor Maria Claretta mentre
lei intraprende un capitolo della sua vita.
La Disney sta sviluppando
Sister Act 3, un film sequel dei due cult musicali
con
Whoopi Goldberg, destinato alla piattaforma streaming
Disney+. A confermarlo è
Entertainment
Weekly.
Non è stato però rivelato se la
Goldberg tornerà nella terza parte della famosissima commedia, e i
dettagli della trama non sono stati ancora rivelati. Il film è
stato scritto da Regina Hicks e Karin
Gist, già showrunner della serie Star, Insecure.
Sister Act ha
debuttato per la prima volta nel 1992, e vedeva la Goldberg nei
panni di Deloris, una cantante di Las Vegas che testimonia il suo
omicidio commesso da un boss. La donna si trova costretta a vivere
in un monastero in un programma di protezione testimoni, sotto
l’identità di Suor Maria Claretta.
Anche Maggie Smith, Kathy
Najimy, Wendy Makkena, Harvey Keitel e il compianto
Bill Nunn hanno recitato nel film. L’originale è
stato seguito Sister Act 2: Più svitata che mai,
nel 1993, e ha anche ispirato un musical di Broadway.
Sister Act 3 andrà in una direzione diversa
rispetto agli originali, dal moemnto che già
Whoopi Goldberg aveva dichiarato che sarà una
“nuovissima versione di Sister Act“.
Disney+ ha in programma una
serie di titoli per il prossimo servizio di streaming, dalle serie
live-action come The Mandalorian ai remake
live-action di classici come Lilli e il
Vagabondo. Il servizio dovrebbe aprirsi per gli
abbonati nel 2019.
È stato annunciato durante
l’annuale Investor Day: come riportato da
Deadline, Sister Act 3 si farà. Il film ha
ufficialmente ricevuto il via libera, con Whoopi Goldberg che, oltre a tornare in
qualità di protagonista, sarà coinvolta anche in veste di
produttore insieme a Tyler Perry, attore, regista
e sceneggiatore americano, noto per aver creato il personaggio di
Mabel “Madea” Simmons.
Il terzo film della serie
Sister Act arriva a quasi 30 anni da quando
Whoopi Goldberg – premio Oscar per
Ghost – Fantasma – ha interpretato per la prima volta
l’iconicca Deloris, la cantante di night club che si finge suora
dopo aver assistito ad un omicidio. Goldberg e Perry sono
attualmente al lavoro sullo sviluppo del film, che debutterà
ufficialmente sulla piattaforma di streaming
Disney+.
Il nuovo film,
annunciato da Sean Bailey (presidente dei Walt Disney Studios)
durante l’Investor Day, segnerà la quarta collaborazione tra Perry
e Goldberg. Di recente hanno collaborato per Nobody’s Fool
del 2018 con Tiffany Haddish. Proprio durante la promoziokne di
quel film, Perry aveva anticipato che lui e Goldberg avrebbero
collaborato alla produzione di un terzo del franchise Sister
Act.
Il grande successo di Sister Act
Il primo Sister
Act ha incassato un totale di oltre 230 milioni di dollari
al botteghino nel 1992. Sulla base di questo successo inaspettato,
un anno dopo arrivò il sequel, Sister Act 2: Più svitata che
mai, sebbene il film non raggiunse lo stesso grado di
successo del predecessore. Tuttavia, entrambi i film sono diventati
dei veri e propri cult, specialmente nel circuito degli
appassionati di commedie musicali School of
Rock e Pitch Perfect.
Durante il suo talk show diurno,
The View (tramite
EW), Whoopi Goldberg ha detto alla sua ex co-star
di Sister Act, Kathy Najimy, che
Sister Act 3 non sarebbe mai stato avviato
senza Hocus Pocus 2.
L’attrice ha rivelato che finalmente
“avrà una sceneggiatura alla fine del mese”, e ha
riconosciuto che Hocus Pocus 2, l’ultimo sequel di
Najimy distribuito su Disney+ lo scorso 30 settembre, quasi
30 anni dopo Hocus Pocus, è il principale motivo
per la produzione di Sister Act 3.
“Ci è voluto un po’ di tempo, ma
sta succedendo. Penso che tutti voi abbiate contribuito a questo
grazie al fatto che è stato riportato indietro Hocus
Pocus. Alla fine hanno detto: ‘Potremmo anche rimettere
quelle suore là fuori e vedere se hanno ancora qualcosa da
dire.'”
Prodotto da Tyler
Perry, Sister Act 3 è ancora avvolto per lo più nel
mistero, trama, titolo ufficiale e data d’uscita sono ancora
sconosciuti. Per ora, sembra che Goldberg sia soddisfatta dei
progressi compiuti dalla produzione. Anche se la lista del cast per
il terzo film deve ancora essere annunciata, si può sperare che le
suore preferite dai fan Madre Superiora (Maggie
Smith), Suor Maria Raberta (Wendy
Makkena) e Suor Maria Patrizia (Kathy
Najimy), si uniranno a Deloris/Suor Maria Claretta mentre
lei intraprende un capitolo della sua vita.
Tra le commedie musicali di maggiore
successo di pubblico, Sister Act – Una svitata in abito da
suora occupa sicuramente un posto d’onore nel cuore di
molti spettatori, come anche il suo sequel Sister Act
2 – Più svitata che mai. Il primo film, uscito nel 1992,
vede protagonista una straordinaria Whoopi Goldberg, nei panni di Deloris, una
soubrette che assiste a un omicidio e per questo viene inserita in
un programma di protezione testimoni. Ironia della sorte, la donna,
esuberante e disinibita, finisce in un convento, dove dovrà
mimetizzarsi tra le suore.
La convivenza non sarà
semplicissima, ma tra Deloris e le consorelle nascerà una sincera
amicizia, fondata soprattutto sulla passione per la musica. Il
primo film, diretto da Emile Ardolino, si affermò
dunque come un grandissimo successo, spingendo i produttori a
mettere subito in lavorazione un sequel. Questo uscì al cinema dopo
appena un anno, nel 1993, per la regia di Bill Duke
(meglio noto come attore, visto nei film American Gigolò,
Predator e X-Men – Conflitto finale).
Secondo alcune voci su Internet,
però, Whoopi Goldberg era molto insoddisfatta della
realizzazione di Sister Act – Una svitata in abito da
suora, e abbia accettato di partecipare a questo sequel
solo dopo che la Disney ha deciso di finanziare il progetto dei
suoi sogni, Sarafina! Il profumo della libertà.
Sfortunatamente, questo sequel ottenne uno scarso successo di
pubblico – cosa che bloccò ulteriori piani per il franchise-,
venendo solo nel tempo rivalutato in modo più positivo.
La trama di Sister Act 2 – Più svitata che
mai
In Sister Act 2 – Più
svitata che mai, dopo essere sfuggita alla morte grazie
all’aiuto delle coraggiose suore del convento di Santa Caterina,
Deloris Van Cartier è tornata alla sua vecchia
vita e si esibisce come showgirl nei casinò. Nel frattempo le
consorelle hanno accettato di dirigere la Saint Francis High School
che, a causa dei pochi fondi, rischia di chiudere per sempre i
battenti. Quando Suor Maria Patrizia, Suor
Maria Roberta e Suor Maria Lazzara
scongiurano Deloris di accettare il lavoro di insegnate di musica
nell’istituto, la donna decide di gettarsi in questa nuova
avventura.
Per evitare scandali, Deloris
riprende i panni di Suor Maria Claretta e nasconde la sua vera
identità al preside e al resto del corpo docenti. All’interno
dell’istituto si respira un clima piuttosto austero e gli allievi
si mostrano particolarmente disinteressati alle lezioni di musica.
In particolare, la sprezzante Rita Watson è decisa
a non collaborare con Suor Maria Claretta che cerca di spingere i
suoi alunni a riscoprire l’amore per la musica e per il canto.
Deloris, però, non si arrenderà finché non saprà di aver portato a
termine la propria missione.
Il cast e le canzoni del film
Ad interpretare il film, nel ruolo
di Deloris Van Cartier/Suor Maria Claretta, vi è dunque l’attrice
Whoopi Goldberg. Accanto a lei, si ritrovano
poi le attrici Kathy Najimy nel ruolo di Suor
Maria Patrizia, Wendy Makkena in quello di
Suor Maria Roberta, Mary Wickes in quello di Suor
Maria Lazzara, Lauryn Hill in quello di Rita
Watson e la celebre attrice Maggie Smith – nota
per il personaggio di Minerva McGranitt nella saga di Harry
Potter – nel ruolo della Madre Superiora. Barnard
Hughes interpreta Padre Maurice, mentre
Michael Jeter è Padre Ignazio.
Completano il cast gli attori
James Coburn nel ruolo del Signor Crisp,
Sheryl Lee Ralph in quello di Florence Watson
e Jennifer Love Hewitt in quello di Margaret.
L’attrice, all’epoca quattordicenne, è poi divenuta celebre per la
serie Ghost Whisperer. Nel film ha un piccolo cameo anche la
figlia di Whoopi Goldberg, Alex Martin,
che appare in Sister Act 2 – Più svitata che mai
come uno dei bambini della classe. Dice la battuta “Yo
Mama” sulle Skittles.
Per quanto riguarda i brani presenti
nel film, si annoverano Greatest Medley Ever Told di
Sharon Brown, Wandering Eyes di
Nuttin’ Nyce, Pay Attention di
Valeria Andrews e Deeper Love di
Aretha Franklin. È questo il secondo film con
Whoopi Goldberg per il quale Aretha
Franklin ha cantato la sigla: il primo è stato Jumpin’
Jack Flash (1986). Si annoverano poi i brani Get Up Offa
That Thing/Dancing In The Street, Ball of Confusion
(That’s What The World Is Today) e Ain’t No Mountain High
Enough eseguiti dalla stessa Goldberg.
Sister Act 3: il sequel è in lavorazione
Whoopi Goldberg ha di recente offerto un
aggiornamento sull’attesissimo progetto di Sister Act 3, che arriverà su Disney+. Parlando con ET, Goldberg ha anticipato i
dettagli della storia di Deloris in Sister Act 3 e
afferma che il personaggio è molto più adulto nel nuovo film.
Goldberg rivela che tornare nel ruolo tre decenni dopo le
“sembra il momento giusto”. La star spiega che girare i
primi due film uno dopo l’altro ha funzionato bene all’epoca, ma il
terzo film da tempo in fase di sviluppo ha aiutato il personaggio
ad evolversi.
Il trailer di Sister Act 2
– Più svitata che mai e dove vedere il film in streaming e
in TV
È possibile fruire di Sister
Act 2 – Più svitata che mai grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 24
agosto alle ore 21:30 sul canale
Rai 1.
Tra le commedie musicali di maggiore
successo di pubblico, Sister Act – Una svitata in abito da
suora occupa sicuramente un posto d’onore nel cuore di
molti spettatori. Uscito nel 1992, il film vede protagonista una
straordinaria Woopy Goldberg nei panni di Deloris, una soubrette
che assiste a un omicidio e per questo viene inserita in un
programma di protezione testimoni. Ironia della sorte, la donna,
esuberante e disinibita, finisce in un convento, dove dovrà
mimetizzarsi tra le suore. La convivenza non sarà semplicissima, ma
tra Deloris e le consorelle nascerà una sincera amicizia, fondata
soprattutto sulla passione per la musica.
Ecco alcune curiosità su
Sister Act – Una svitata in abito da suora che
forse non conosci:
Quando Paul Rudnick
stava scrivendo la sceneggiatura, Bette Midler
(che all’epoca era destinata a recitare il ruolo della
protagonista) gli suggerì di andare in un vero convento per fare
delle ricerche. Andò a stare nell’abbazia Regina Laudis a Betlemme,
nel Connecticut. La priora, Madre Dolores Hart,
O.S.B., era stata un’attrice, cantante e ballerina, apparendo in film tra cui King
Creole (1958) e Where the Boys Are
(1960). Madre Hart è ancora l’unica suora conosciuta ad essere un
membro votante dell’Academy of Motion Picture Arts and
Sciences, e lei e le sue consorelle si divertono a
guardare i suoi provini dell’Academy ogni anno.
Whoopi Goldberg assunse Carrie Fisherper
riscrivere i suoi dialoghi, il che portò a molte discussioni con i
dirigenti della Disney. In seguito Fisher disse a Goldberg:
“Stai entrando in una gara di piscio con persone che hanno dei
veri cazzi”.
Un cameo dei Blues
Brothers
Durante il concerto per la scena del
Papa, ci sono diverse riprese dal punto di vista del coro
all’altare che mostra il retro della chiesa. Ci sono due figure
ombrose, una bassa e una più alta, vestite con abiti neri e in
piedi rigide di fronte alle due porte posteriori più o meno nello
stesso modo in cui i Blues Brothers,
Joliet Jake John Belushi ed Elwood Dan
Aykroyd stavano sul retro della chiesa della missione in
The Blues Brothers (1980).
La scena chiave in cui il coro delle
suore inizia “Hail Holy Queen” come un inno e, nel secondo
ritornello, lo trasforma in una versione pop, è notevolmente simile
a una scena della sitcom del 1967 “The Flying Nun”
(“Sister Socko in San Tanco” #2.14) in cui Sally Field,
Marge Redmond e Madeleine Sherwood
iniziano a cantare “Gonna Build a Mountain” in uno stile
lento e reverente e vengono interrotte dalla Reverenda Madre
(Sherwood), che chiede alla band di “accelerare il ritmo”. La
musica scatta immediatamente in una versione pop anni Sessanta
della canzone. Questo programma è andato in onda su ABC in prima
serata e la Colgems Records ha pubblicato la sua versione di “Gonna
Build a Mountain” come singolo, quindi è molto probabile che non
sia una coincidenza.
Il musical a teatro
Questo film è stato poi trasformato
in un musical teatrale. Whoopi Goldberg è apparsa in una serie
limitata della rappresentazione londinese, questa volta
interpretando Madre Superiora (Maggie Smith nel
film).
Quando Deloris sta per essere
colpita da due degli scagnozzi di Vince, si inginocchia per pregare
prima di colpire ciascuno di loro per farli scappare. La sedia in
cui era stata legata è la stessa sedia usata in Devil’s
Due (1991).
Una scena di apertura mostra Deloris
da ragazzina, interpretata da Isis Carmen Jones.
Più tardi nello stesso anno, Jones ha interpretato una versione
“ringiovanita” del personaggio di Whoopi Goldberg, Guinan, nell’episodio Rascals
(1992) di Star Trek: The Next Generation
(1987).
Sister Act 3 è in
lavorazione
Whoopi Goldberg ha offerto un aggiornamento
sull’attesissimo progetto di Sister Act 3, che arriverà su Disney+. Parlando con ET, Goldberg anticipa i dettagli
della storia di Deloris in Sister Act 3 e afferma
che il personaggio è molto più adulto nel nuovo film. Goldberg
rivela che tornare nel ruolo tre decenni dopo “sembra giusto”. La
star spiega che girare i primi due film uno dopo l’altro ha
funzionato bene all’epoca, ma il terzo film in fase di sviluppo ha
aiutato il personaggio ad evolversi.
Qualcuno si è collegato a Netflix
nel fine settimana per scoprire che nella Top 10 era in agguato un
film intitolato The Empress? Lo stesso, e si è scoperto che si
tratta di uno straordinario dramma d’epoca sulla prima vita
dell’imperatrice Elisabetta “Sissi” d’Austria e
sulla sua storia d’amore con l’imperatore Francesco Giuseppe I. La
moda? Impeccabile.
La storia d’amore? Abbastanza
arrapante da tenervi occupati fino alla terza stagione di Bridgerton.
Il dramma? Letteralmente infiniti, nel miglior modo possibile. E
oltre a tutto questo, la recitazione è suburbana e la serie è
squisitamente filmata.
Ovviamente, siamo tutti abituati a
Netflix che produce incredibili drammi
d’epoca basati sui reali The
Crown), ma mentre la famiglia reale britannica domina
i titoli dei giornali ogni giorno, potreste sapere un po’ meno
degli Asburgo intorno al 1850. Quindi, se vi siete trovati a
cercare freneticamente su Google la relazione tra Sissi e Franz,
non siete i soli.
E sebbene The
Empress sia decisamente radicato nella realtà, è un
resoconto romanzato della storia, quindi sì: ciò che avete visto in
TV è solo una parte di ciò che è accaduto nella vita reale.
L’infanzia di Sissi (Elisabetta)
fu piuttosto selvaggia
L’imperatrice
Sissi nacque in un’importante famiglia bavarese:
sua madre era infatti figlia del re di Baviera. Ma invece di essere
cresciuta a corte, Elisabetta fu allevata dai suoi genitori in
campagna e trascorse il suo tempo vivendo una vita molto poco
principesca (il che significa che era ricchissima e lussuosa, ma
che… si divertiva anche nei boschi).
Nella biografia L’imperatrice
solitaria: Elisabetta d’Austria, l’autrice Joan
Haslip descrive Sissi e sua sorella Helene come “bambine
selvagge e indisciplinate” che erano “piene di scherzi e
risate“.
Il dramma dell’abito nero?
Completamente vero
Elisabetta era solo un’adolescente
quando conobbe il ventitreenne imperatore Franz e si innamorarono
l’uno dell’altra durante un viaggio in cui Franz avrebbe dovuto
chiedere a Helene di sposarlo, proprio come racconta L’imperatrice.
E sì, i due si presentarono in abiti da lutto completamente neri,
un problema non da poco visto che Helene aveva “il suo aspetto
peggiore in nero”.
Nel frattempo, Elisabetta era
ovviamente bellissima in tutto.
Povera Helene, ma le carte erano
onestamente messe in tavola contro di lei fin dall’inizio. Haslip
scrive che, mentre la incontrava, il ricordo di Franz dei
“lineamenti ben cesellati di Helene gli ispirò ben poco
entusiasmo”. 🙁
No, Franz e Sissi non si sono
incontrati nel bosco
Haslip scrive che l’incontro tra
Elisabetta e Franz è stato selvaggiamente romanzato e che “non
c’era nessuna povera Cenerentola lasciata in albergo, che Francis
Joseph [alias Franz] incontrò per caso cavalcando in un
bosco“. Si sono invece incontrati nel salotto di sua madre,
dove Sissi era “in piedi, modestamente, accanto alla sua
governante”, mentre il suo vestito nero accentuava la sua “grazia
squisita e la delicata consistenza della sua pelle”.
Una cosa vera de L’imperatrice?
Tutti quei momenti in cui Elisabetta e Franz non riuscivano a
smettere di guardarsi. Haslip scrive che lui era “molto più giovane
e molto più bello di quanto lei ricordasse” e che, quando le
rivolgeva uno sguardo, “lo trovava sempre a fissarla con
un’espressione stranamente seria che la faceva arrossire per
l’imbarazzo“.
Nel frattempo, Franz non riusciva a
smettere di parlare alla mamma di quanto fosse “incantevole”
Elisabetta e la descriveva come “fresca e incontaminata come una
mandorla verde e mezza aperta” (ehm, kay) con labbra come “fragole
mature”.
Allora… è successo quel
bacio?
Onestamente, chissà cosa è successo
a porte chiuse. Ma sappiamo che c’è stato un grande ballo in cui
Franz ha ballato solo con Elisabetta. Helene (pregate per lei!) si
presentò con un abito splendido, e questo ragazzo aveva occhi solo
per sua sorella – e in pratica non lasciò mai Sissi per tutta la
sera. Haslip scrive che Franz “ha gettato al vento ogni discrezione
e ha ballato solo con lei” e “tutti i suoi bouquet sono stati
depositati ai suoi piedi; nemmeno uno è stato risparmiato per
Helene”.
Franz ha annunciato il
fidanzamento il giorno del suo compleanno
Ma non davanti a un intero gruppo
di persone. Franz ha detto a sua madre di chiedere la mano alla
madre di Sissi. E quando Sissi è stata informata dei suoi piani, ha
detto: “Certo che lo amo, come potrei fare a meno di amarlo?” prima
di scoppiare a piangere e dire “se solo non fosse un
imperatore”.
Come sappiamo da L’imperatrice,
Sissi e Franz si sono sposati con una cerimonia sfarzosa e, sebbene
le cose siano state… tese… hanno avuto quattro figli insieme. A
questo proposito, se avete bisogno di me, rimarrò qui a guardare
questa foto:
Erede della casata dei Black,
grande amico di Lily e James Potter, nonché membro dell’Ordine
della Fenice e padrino di Harry in Harry
Potter, Sirius Black è uno degli eroi
più affascinanti e amati dai fan della saga di
J.K.Rowling. Ecco di seguito 10 curiosità sul
personaggio:
Ha davvero “riso” dopo la fuga di Peter Minus
Per gran parte della trama
di Harry Potter e il
prigioniero di Azkaban Sirius Black veniva descritto
come il pazzo furioso fuggito dalla prigione dei maghi per dare la
caccia a Harry e ucciderlo; nella storia veniva raccontato
l’episodio dell’esplosione nella quale Sirius credeva di aver
ucciso Peter Minus e della sua risata sguaiata
davanti alle guardie del Ministero. Per alcuni un segno della sua
follia, per altri della sua infida cattiveria. Tuttavia, anche se i
fan ci erano già arrivati, J.K. Rowling ha poi
confermato che si, il mago stava davvero ridendo ma perché aveva
appena perso tutto ciò che aveva, e la risata era una reazione
isterica alla situazione.
Nella saga di Harry Potter prodotta dalla Warner Bros il
personaggio è stato introdotto nel terzo capitolo della saga,
Harry Potter e il
prigioniero di Azkaban. Sirius Black è
interpretato dall’attore
Gary Oldman, eclettico volto britannico vincitore del
Premio Oscar.
Sirius Black è imparentato con i Weasley
Tra i maghi purosangue esistono
relazioni apparentemente strane, come la lontana parentela tra
Harry e Voldemort, o quella fra
Sirius Black e la famiglia Weasley: Arthur
è infatti suo cugino di secondo grado, legame mai menzionata nei
libri o nei film ma confermato dalla Rowling successivamente.
Sirius Black non fu l’unico della famiglia a ripudiare le sue
origini
Sirius non fu l’unico
membro della famiglia Black a ripudiare le sue origini: Bellatrix e
Narcissa, le sue cugine, avevano un’altra sorella,
Andromeda, che fuggì con un Babbano, Ted Tonks (i
due diventarono genitori di Ninfadora Tonks). Non è chiaro se la
ragazza fosse contraria alla filosofia dei Black sulla superiorità
dei purosangue o se si fosse semplicemente innamorata della
persona “sbagliata”, ma sappiamo che in seguito avrebbe aiutato
l’Ordine della Fenice.
Non è stato uno studente modello
Non
si può dire che Sirius non fosse uno studente in gamba, ma nemmeno
brillante comeLily;
l’abbiamo visto combattere al fianco dell’Ordine della Fenice
contro Voldemort e resistere coraggiosamente ad ogni duello,
tuttavia la sua condotta scolastica non fu delle migliori. Era
infatti un bullo come l’amico James Potter e prendeva continuamente
in giroPiton.
La bacchetta di Sirius Black
La Bacchetta di Sirius Black è stata fabbricata da Garrick
Ollivander. Legno: trucciolato. Nucleo: piuma di fenice.
Ha tentato di uccidere Piton
Sirius non è sempre stato
dalla parte dei “buoni”: durante l’adolescenza ha infatti giocato
un brutto scherzo a
Severus Piton, talmente grave che avrebbe potuto ucciderlo: lo
condusse dove Remus Lupin si
sarebbe trasformato in lupo mannaro, esponendolo ad un pericolo
enorme. Fortunatamente, James ebbe il buon senso di fermare Piton
prima che si avvicinasse troppo a Lupin costringendolo a tornare
indietro.
La sua forma animagus era enorme
La forma di
Animagus di Sirius è un cane (per questo si faceva
chiamare Felpato), e il corrispettivo che abbiamo
visto nei film è sembrato un incrocio tra un cane di media misura e
una bestia randagia. Tuttavia nei libri viene descritto come un
lupo dalle dimensioni di un orso, molto più terrificante della
controparte cinematografica.
Non era interessato ad avere storie d’amore
Nei libri come nei film
Sirius Black non ha avuto nessuna storia d’amore o
interesse romantico e sembra che la sua adolescenza (senza contare
gli anni trascorsi ad Azkaban) sia stata priva di rapporti diversi
dall’amicizia. Questo dettaglio ha portato i fan a ipotizzare che
il mago fosse omosessuale o addirittura asessuato, mentre J.K. Rowling è rimasta sempre
ambigua a riguardo.
Era super intelligente
Sebbene i film non abbiano
mai enfatizzato questo aspetto della personalità di Sirius, i veri
fan sanno che il mago era estremamente intelligente, quasi sopra la
media (nonostante i risultati scolastici non proprio brillanti). È
riuscito a diventare un Animagus, qualcosa che la
maggior parte delle persone non è capace di fare, almeno non quando
è ancora uno studente di Hogwarts. Si dice che abbia affrontato gli
esami final senza troppi sforzi, il che significa che era
naturalmente molto dotato.
Fu imprigionato a ventidue anni
Nei film del franchise
Sirius Black è interpretato da Gary Oldman, un
attore considerato per alcuni troppo vecchio per impersonare la
reale età del personaggio: il mago aveva infatti soltanto 22
anni quando fu imprigionato ad Azkaban, dunque al
momento della sua fuga avrebbe dovuto avere 34 anni…
Scappò da casa sua a sedici anni
È comunemente risaputo
Sirius non fu cacciato da casa quando era ancora uno studente di
Hogwarts, e costretto a vivere da James Potter in
mancanza di un tetto sopra la testa; facile immaginarlo visti i
trascorsi familiari e la difficile convivenza, tuttavia fu proprio
il ragazzo a sedici anni a fuggire di casa come atto di ribellione.
Ciò che lo spinse al suo punto di rottura non è chiaro, ma possiamo
immaginare che i Black si comportassero in modo orribile con
lui.
Sirens giunge al
termine con una decisione importante presa da ciascuno dei
personaggi principali e la rivelazione di alcune verità più
profonde. La miniserie Netflix
riprende con Devon DeWitt, una ragazza dal carattere forte che
lavora in un fast food e si prende cura a tempo pieno del padre,
mentre parte alla volta di un’isola di lusso alla ricerca della
sorella Simone. La ragazza più giovane era praticamente scomparsa
dalla circolazione quando aveva accettato un lavoro come assistente
personale della milionaria filantropa Michaela Kell. Non appena
Devon arriva alla villa dei Kell, rimane turbata dalla strana
influenza che Michaela sembra esercitare su Simone.
Devon giunge alla conclusione,
nellaserie NetflixSirens, che Michaela è a capo
di una setta e che l’unico modo per liberare Simone dal suo
bizzarro attaccamento è quello di seguire la stessa strada. Durante
il weekend del Labor Day, però, Devon si trova di fronte solo ad
altre domande. Michaela sembrava davvero un mostro, ma Simone amava
e adorava quella donna. Tuttavia, le cose sono andate in pezzi per
Simone quando Michaela ha capito che lei e suo marito Peter avevano
una relazione. Di fronte al ritorno al trauma infantile, Simone ha
preso una decisione sorprendente alla fine di Sirens.
Perché Simone ha preso il posto
di Michaela nel finale di Sirens
Tornare al suo passato non era
un’opzione (ma la scelta di Simone era comunque egoista)
Simone era stata completamente
fedele a Michaela durante tutta la serie Sirens. Quando
Peter l’ha baciata, lei ha immediatamente fermato tutto e ha tenuto
il segreto al suo capo per non ferirla. Prima della fine della
miniserie, Simone non avrebbe mai immaginato di usurpare il posto
di Michael come signora Kell. Tuttavia, dopo essere stata
licenziata, Simone si è trovata di fronte alla realtà di tornare
alla sua vecchia vita. Suo padre, Bruce, ha visto questa situazione
come un’opportunità per rimediare alla sua negligenza nei confronti
di Simone quando era bambina, ma per Simone era come un inferno
personale. In preda al panico, ha cercato di scappare, ed è allora
che ha incontrato Peter sulla spiaggia.
Ogni episodio di Sirens ha
ulteriormente sottolineato il fatto che Simone è una persona
profondamente traumatizzata. Viene sottilmente rivelato che in
passato ha preso diverse decisioni autodistruttive, tra cui quella
di andare a letto con il suo professore universitario sposato.
Simone è sinceramente gentile e ha un cuore buono, proprio come ha
detto Michaela nell’ultimo episodio di Sirens, ma spesso fa
scelte sbagliate nella sua ricerca della felicità e della
sicurezza. Alla fine, tornare alla sua vecchia vita non era
un’opzione, e Simone ha approfittato dell’opportunità che le si è
presentata. Peter era lì e disposto ad aiutarla, quindi Simone ha
varcato la soglia.
La spiegazione della scelta di
Devon di allontanarsi da Simone
Come Simone, Devon ha la tendenza a
fare scelte di vita tossiche. Entrambe le sorelle hanno vissuto il
trauma del suicidio della madre, ma lo hanno affrontato in modi
diversi. Devon ha assunto il ruolo di custode e non ha potuto fare
a meno di abbandonare tutto nella sua vita per prendersi cura di
Simone e di suo padre, Bruce. Tuttavia, il trauma di Devon ha fatto
sì che il suo ruolo responsabile all’interno della famiglia fosse
contrapposto alle sue scelte tossiche. È diventata essenzialmente
dipendente dal sedurre gli uomini ogni volta che ne aveva
l’occasione e l’alcol è diventato un vizio pericoloso nella sua
vita.
Devon avrebbe potuto
continuare a lottare per salvare Simone da se stessa, ma sarebbe
stata solo un’altra decisione tossica da parte della sorella
maggiore.
Tutto questo è profondamente legato
alla scelta di Devon di allontanarsi da Simone alla fine di
Sirens. Aveva stravolto la sua vita per cercare sua sorella
minore e salvarla da Michaela, ma alla fine Simone era un vero
problema nella sua vita. Devon avrebbe potuto continuare a lottare
per salvare Simone da se stessa, ma sarebbe stata solo un’altra
decisione tossica da parte della sorella maggiore. Simone non
era più una bambina che aveva bisogno di essere salvata. Devon
doveva lasciarla affrontare le conseguenze delle sue scelte in modo
da potersi concentrare sul miglioramento della propria situazione.
Era doloroso, ma necessario.
Michaela era davvero a capo di
una setta in Sirens?
Dal punto di vista di Devon in
Sirens, Michaela era una pericolosa leader di una setta.
Sebbene la relazione del milionario con la sua assistente fosse
davvero inappropriata, Devon alla fine si rese conto che la sua
conclusione iniziale su Michaela non era stata giusta. In realtà,
la donna era distrutta proprio come le sorelle DeWitt. Aveva
usato il proprio trauma passato per costruirsi una bellissima
armatura. Questo, insieme alla generosità radicale di Michael e
alla sua posizione di signora Kell, le conferiva un fascino
naturale che attirava verso di sé le persone ferite e distrutte.
Lei stabiliva le regole e la gente la ascoltava.
Michaela ha rivelato alla fine di
Sirens che il ritornello “hey hey” non significava
nulla, era solo qualcosa che diceva e che era diventato un
“cosa”.
La rivelazione di Devon su Michaela
è arrivata dopo la scoperta che la prima moglie di Peter non era
mai stata uccisa. Dopo il divorzio, la donna si era sottoposta a
numerosi interventi di chirurgia plastica, che le avevano causato
gravi complicazioni mediche. La precedente signora Kell era
diventata una reclusa, e questo aveva alimentato le voci in città
secondo cui Michaela l’aveva uccisa. Anche senza le accuse di
omicidio, Michaela, in quanto “altra donna”, era
considerata la cattiva della storia. Naturalmente, alla fine di
Sirens vediamo che non si tratta di un ruolo equo.
Chi era il vero mostro alla fine
di Sirens?
L’ultima battuta di Michaela in
Sirens dimostra la maturità e la consapevolezza di sé che Devon
inizialmente pensava fossero al di sopra delle sue capacità. Dopo
che Devon ha detto a Michaela che non è un mostro, la donna ha
sottolineato che nemmeno Simone lo è. Naturalmente, avrebbe potuto
facilmente pensarla diversamente. Simone aveva essenzialmente
rubato il marito a Michaela e lei avrebbe potuto considerarla una
nemica. Tuttavia, Michael ha capito che Simone aveva solo fatto la
stessa cosa che lei aveva fatto in passato. Non erano mostri, ma
solo donne traumatizzate e ferite che avevano fatto scelte
sbagliate alla ricerca di sicurezza e felicità.
È interessante notare che
Peter Kell non è mai stato identificato come un mostro, nonostante
le sue decisioni altrettanto tossiche.
Gli eventi di Sirens hanno
lentamente rivelato dettagli che hanno fatto sembrare tutte e tre
le protagoniste femminili, Michaela, Simone e Devon, dei mostri
della mitologia greca. Devon ha attirato diversi uomini da un
episodio all’altro, Michaela ha attirato Peter e Simone, e Simone
stessa ha attirato Ethan, Devon e, infine, Peter. Ognuno di loro
è stato definito un mostro in un momento o nell’altro.
Tuttavia, è interessante notare che Peter Kell non è mai stato
identificato come un mostro, nonostante le sue decisioni
altrettanto tossiche.
Ethan, Raymond e Peter hanno
incolpato Simone, Devon e Michaela per la loro infelicità,
nonostante il fatto che fossero stati loro stessi a prendere
decisioni sbagliate.
In realtà, nemmeno Peter era un
mostro. Sirens non approfondisce mai il suo trauma passato,
ma viene rivelato che soffre di attacchi di panico come Simone, il
che implica un passato altrettanto difficile. L’idea di
Sirens è che nessuno di questi personaggi è solo un mostro
che intende fare cose terribili agli altri. Le persone ferite
feriscono gli altri, indipendentemente dal sesso, ma solo le
donne sembrano essere tenute a portare la responsabilità delle loro
scelte (e di quelle degli altri).
Cosa succederà a Simone, Devon e
Michaela dopo la fine di Sirens
Michaela e Devon hanno discusso dei
loro prossimi passi alla fine di Sirens. Mentre Simone
procede verso quello che sarà sicuramente un nuovo matrimonio con
Peter Kell, Devon tornerà a Buffalo per prendersi cura di suo
padre. Tuttavia, Devon acquisterà una casa nelle vicinanze
piuttosto che vivere con l’uomo e dedicare tutta la sua sanità
mentale al suo benessere. Si tratta di una scelta rara e più
sana da parte sua, che si spera sia il primo passo per rompere una
delle abitudini più tossiche di Devon: mettere da parte i propri
bisogni per quelli della sua famiglia.
Michaela, d’altra parte, non è
sicura di cosa farà dopo la fine di Sirens. Quando Peter
procederà con il divorzio, perderà la voliera e tutto il buon
lavoro che ha fatto grazie al suo status di signora Kell. Michaela
ha rinunciato al suo studio legale quando ha sposato Peter, ma si
può presumere che abbia ancora la licenza. Potrebbe dover
ricominciare da zero, ma Michaela potrà sicuramente tornare a
esercitare la professione legale e alla fine risalire la china.
Si spera che non commetta mai più l’errore che ha commesso con
Peter.
Molto probabilmente Simone
sposerà Peter e diventerà la padrona di casa, il nuovo mostro della
costa rocciosa.
Molto probabilmente Simone sposerà
Peter e diventerà la padrona di casa, il nuovo mostro della costa
rocciosa. Probabilmente avrà ancora più difficoltà di Michaela,
dato che il personale già disprezza Simone. Tuttavia, potrebbe
prosperare per un po’, ma sappiamo che non durerà per sempre. Peter
è un uomo cronicamente infelice e incolpa le sue mogli di questa
infelicità. Alla fine, Peter deciderà che Simone è un mostro e la
lascerà per la prossima donna che spera lo farà sentire giovane e
completo. Il finale di Sirens rende chiaro che questo
circolo vizioso continuerà.
Il giovane regista franco-spagnolo
Oliver Laxe è arrivato sulla Croisette e ha
trasformato il Festival di Cannes in un rave party. Dopo aver
presentato i suoi precedenti tre lungometraggi in sezioni parallele
della prestigiosa kermesse, approda ora nel concorso ufficiale con
Sirât, già uno dei film più politici e radicali
dell’anno, forte di una poetica personalissima e che parla a gran
voce del nostro presente.
Il road movie più atipico
dell’anno
Luìs (Sergi Lopez)
e il figlio Esteban (Bruno Núñez Arjona) stanno
cercando la figlia Mar tra i rave party del deserto marocchino: da
5 mesi non ne hanno più notizie, ma sanno che la giovane potrebbe
trovarsi in questi territori. Laxe ci immerge subito in una sorta
di rilettura di Climax di Gaspar Noè nelle distese
desertiche. Insiste con inquadrature sui partecipanti del rave, per
farci pensare che tra questi volti possa proprio nascondersi Mar.
Un gruppo di individui alquanto bizzarri gli dice che la ragazza
potrebbe trovarsi a una festa più avanti, alla quale forse si
uniranno anche loro. All’improvviso, irrompono però plotoni di
soldati che dichiarano uno stato di emergenza, ordinando a tutti i
cittadini dell’EU di salire immediatamente sui loro veicoli e
abbandonare il posto. A quanto pare, una guerra è esplosa nel corso
della notte. La situazione socio-politica non verrà mai definita
nei dettagli da Laxe, così come non sappiamo esattamente come i
protagonisti si posizionino nei confronti di questa tragedia:
stanno scappando? Sono profughi? L’avventura che inizia apre a
molteplici interpretazioni.
A questo punto, i raver incontrati
poco prima da Luìs ed Esteban sterzano violentemente, decisi a
proseguire la loro danza nel deserto. Padre e figlio, per niente
equipaggiati, li seguono nella speranza che possano effettivamente
condurli dalla figlia scomparsa. Il gruppo suggerisce all’uomo –
padre di famiglia nel senso più comune e “bonario” del termine
– che dovrà adattarsi al deserto se vuole seguirli, ma
percepiamo fin da subito che non è l’habitat naturale di questa
famiglia spagnola e che qualcosa dovrà per forza succedere. Per
sopravvivere, dovranno iniziare a collaborare e condividere le
risorse disponibili, anche se il padre si mostra piuttosto restio.
Dopo una serie di eventi tragici, tuttavia, sarà costretto ad
abbracciare il loro concetto di famiglia e una nuova forma di
esistenza.
È la fine del mondo già da troppo
tempo
Il film di Oliver
Laxe inizia con una didascalia volta a spiegare
nell’immediato il significato del termine sirat: ‘ponte’, ma anche
‘via’ che, nella religione islamica, collega l’inferno al
paradiso.Tuttavia, il titolo effettivo del film compare su schermo
solo a venti minuti inoltrati di visione, stagliandosi sopra le
macchine roboanti in moto. Il senso di Sirât è
proprio quello di un viaggio, di chi anima questo deserto, i
protagonisti di un Mad Max sotto acidi da cui è
impossibile distogliere lo sguardo.
Loro sono Richard
Bellamy, Stefania Gadda, Joshua
Liam Henderson, Tonin Janvier,
Jade Oukid: non attori professionisti, ma gente
che viene dalla controcultura, immersi in spazi di esistenza che
Laxe tenta finemente di catturare. Un gruppo di personaggi che
sembrano prelevati da una favola, con corpi diversi e impossibili
da etichettare, che riproducono al meglio il concetto di
un’esistenza indefinibile.
Tra thriller e riflessione su una
nuova via per esistere
La genialità di Laxe sta nel fatto
che non solo infonde la narrazione di un senso di sospensione
immanente, ma riesce a costruire anche un thriller tesissimo,
perfino insostenibile, quasi a voler proprio ricalcare il
significato del termine sirat, un passaggio talmente sottile e
tagliente come una lama. Ai rumori roboanti dei fuoristrada si
sostituisce poi man mano il silenzio. Sirât ci
lascia così a riflettere su una nuova modalità di esistenza, un
ritrovato rapporto con la natura che può fagocitarci da un momento
all’altro. Il deserto diventa uno spazio pre fine del mondo ma, in
fondo, tutto è già finito. E allora, non resta che danzare.
Kenneth Branagh, attore
e regista Irlandese di Belfast conosciuto soprattutto per la sua
straordinaria dedizione alla trasposizione delle opere di
Shakespeare sul grande schermo, è stato onorato col titolo di
Sir dalla Regina Elisabetta II d’Inghilterra in occasione
dei festeggiamenti per il compleanno della Sovrana;
Sir Ian McKellen è
noto non solo per essere un attore shakespeariano di grande
talento, ma anche per essere un personaggio pubblico molto
socievole e ben disposto verso le moltitudini di suoi fan.
Ecco cosa è accaduto quando
l’attore ha fatto visita alla Chew Valley School lo scorso 17
ottobre. Cosa accade, ragazzi, se non fate per bene i vostri
compiti?
Ricordiamo che Sir Ian
McKellen ci saluterà tutti, nel ruolo di Gandalf il
Grigio, nel prossimo e conclusivo capitolo della saga de
Lo Hobbit, Lo Hobbit la
Battaglia delle Cinque Armate.
La libera trasposizione
cinematografica del romanzo cavalleresco del XIV Secolo rappresenta
per David Lowery un passaggio fondamentale, ovvero
quello da cineasta con una poetica ancora in fieri ad autore a
tutto tondo. Dopo un paio di film con degli spunti estetici
interessanti quali Ain’t Them Bodies Saints e
A Ghost Story, e altri due “su commissione” come
Il Drago Invisibile e The Old Man and
the Gun, il cineasta trova infatti con Sir Gawain
e il Cavaliere Verde (The Green Knight) un
connubio che pochi colleghi sono riusciti a ottenere in questi
ultimi tempi: quello tra visione precisa e libertà creativa per
tradurla in immagini.
Sir Gawain e il Cavaliere
Verde (The Green Knight) rappresenta la visione del suo
regista
Fin dalla prima scena si
può capire quanto il suo ultimo lungometraggio possieda dinamiche e
regole interne che richiedono allo spettatore una partecipazione
attiva: nell’uso dei tempi di racconto, nello sviluppo di
situazioni e atmosfere, nell’esposizione della psicologia dei
personaggi principali Sir Gawain e il Cavaliere
Verde (The Green Knight) risponde con accuratezza
alla visione di Lowery, il quale intende costruire un universo in
cui realismo e dimensione fantastica si scontrano al fine di
provocare uno stridore estetico affascinante. Il pubblico deve
necessariamente abbracciare la scelta del regista, accettarne la
densità di racconto e messa in scena.
Si tratta di un universo
filmico in cui vale assolutamente la pena calarsi, poiché appena
fatto Sir Gawain e il Cavaliere Verde (The
Green Knight) si dipana subito come un fantasy che
avvolge, se non addirittura ipnotizza. Il viaggio a tappe del
protagonista Sir Gawain (Dev
Patel) si carica progressivamente di simbolismi
sviluppati con pienezza da una messa in scena vibrante: l’occhio di
Lowery per la composizione di inquadrature e movimenti di macchina
sfrutta al meglio il lavoro del direttore della fotografia
Andrew Droz Palermo e del production designer
Jade Healy. Anche a livello narrativo le modifiche
apportate da Lowery sono coerenti con il tentativo di rendere la
figura principale maggiormente accessibile: Gawain è un giovane che
deve ancora trovare il suo posto nel mondo e accetta la sfida del
mostruoso Cavaliere Verde perché alla ricerca di falsi valori.
Un viaggio di formazione
Il percorso verso il
compimento del suo destino rappresenta invece il momento della vera
crescita, il confronto con la maturazione che deve passare anche
attraverso dolore, perdita, sacrificio. Quando Gawain incontrerà
nuovamente l’essere soprannaturale dovrà necessariamente essere una
persona diversa. David Lowery mette in scena
questo viaggio creando momenti di cinema visivamente difficili da
dimenticare, soprattutto perché carichi di una potenza espressiva
che raramente abbiamo visto sul grande schermo in tempi recenti. Le
immagini autunnali ed eleganti si fanno spesso portatrici di un
significato simbolico pulsante, il quale non deve essere compreso a
tutti i costi quanto piuttosto esperito. Sir Gawain e il
Cavaliere Verde (The Green Knight) in più di
un momento è infatti un lungometraggio volutamente criptico ma non
per questo meno potente.
Comprimari di lusso nel cast del
film
Foto di Eric Zachanowich / A24 Films
Alla fine del viaggio di
Gawain è impossibile non sentire di averlo accompagnato in
un’avventura ai confini dell’animo e della mente: questo è quanto
Lowery garantisce con il suo film a chi decide di accettare tale
sfida cinematografica. Un Dev Patel molto efficace nel disegnare
con pochi tratti e uno stile di recitazione trattenuta l’arco
narrativo di Gawain è un protagonista vibrante. Accanto a lui nelle
varie tappe del suo itinerario incontriamo comprimari di lusso
quali Joel Edgerton, Alicia Vikander, Barry
Keoghan, Sarita Choudhury e una
inquietante ma poderosa coppia di reggenti formata da Sean
Harris e Kate Dickie.
Ognuno di questi attori
riesce ad assecondare con la propria performance sempre in bilico
tra naturalismo e stilizzazione la visione di Lowery: è anche
grazie a loro se Sir Gawain e il Cavaliere Verde
(The Green Knight) è un film che trova un equilibrio
ammirevole tra forma e contenuto, diventando un sogno/incubo capace
di sprigionare enorme energia cinematografica.
Ecco a voi la sinossi ufficiale del
remake di Carrie diretto da Kimberly Peirce (Boys Don’t Cry) a
quasi quarant’anni di distanza dall’originale di Brian De Palma
Novità su Elysium,
nuovo lavoro del regista di District 9 Neill Blomkamp con
Matt
Damon, Jodi Foster, Wagner Moura, Sharlto Copley, William
Fichtner e Diego Luna. Vi presentiamo infatti la una
sinossi del film presa dall’invito a una proiezione privata
esclusiva. Eccola:
Nel 2159, esistono due classi
di persone: quelle molto ricche, che vivono a bordo di una lussuosa
stazione spaziale chiamata Elysium, e gli altri, che vivono sulla
Terra, un pianeta ormai sovrappopolato e in decadenza. Il
segretario Rhodes (Jodie Foster) e i capi del governo si preparano
a rafforzare le leggi anti-immigrazione per preservare lo stile di
vita dei cittadini di Elysium, anche se questo non riesce a fermare
le persone che abitano sulla Terra dal loro tentativo si
migrare.Lo sfortunato Max (Matt Damon), trovatosi in una
difficile situazione, accetta di intraprendere una pericolosa
missione: in caso di successo, non solo porterà a casa la pelle, ma
magari traghetterà verso l’uguaglianza in un mondo così
polarizzato.
Insomma, sembra che Blomkamp non
abbia perso il gradevole vizio di Distric 9: usare l’azione e la
fantascienza per toccare tematiche sociali di grande attualità.
Elysium uscirà nelle sale USA il primo marzo 2013.