In The Movie of my
Life Nel 1963, in un piccolo paese di campagna nel sud del
Brasile, Tony Terranova è un giovane insegnante di lingua francese
al liceo. Tony ha la madre brasiliana e il padre francese. E’ un
romantico e un sognatore, ama il cinema, la letteratura e la
poesia. Soffre per l’abbandono del padre, andato via quando lui è
tornato dagli studi e dileguatesi, senza lasciare tracce e
spiegazioni. E’ innamorato di una ragazza con la passione della
fotografia e cerca di trovare il coraggio di farsi avanti. Non è
timido, ma l’insicurezza, i dubbi e soprattutto i continui pensieri
sul padre, rendono le sue prime esperienze tutt’altro che
facili.
Vive la sua vita come fosse un film
e ne parla costruendone la trama, giorno dopo giorno, riempiendola
di esperienze e popolandola delle tante persone vicine a lui.
Sostiene che molti guardano frettolosamente i film, concentrandosi
sull’inizio e sulla fine, ma quello che sta nel mezzo è altrettanto
importante, e a volte anche di più.
Selton Mello,
giovane regista brasiliano, conosciuto per aver diretto alcune
serie tv, è anche un attore, apparso in diversi film tra cui Trash,
presentato in una delle precedenti edizioni della Festa del Cinema
di Roma. Mello costruisce un film strambo e
originale, che segue con gusto e sapienza le regole del melò,
dell’iniziazione sentimentale, ma che spiazza totalmente per i suoi
continui riferimenti formali, visivi e musicali alla cultura
francese. Si ha l’impressione di aver visto un falso d’autore,
perché si avverte uno straniamento dovuto al fatto di sapere di
trovarsi in Brasile, di sentir parlare brasiliano, ma di vedere poi
un paese che sembra uscito direttamente da una sperduta regione
della Francia, alla Chocolat di Lasse
Hallström, per capirci. Anche gli attori spiazzano,
soprattutto il giovane protagonista Johnny
Massaro, bravissimo e perfettamente calato nei turbamenti
del suo personaggio, ma che ricorda in maniera impressionante
Louis Garrell. Così quando appare sullo
schermo il padre di Tony, viene spontaneo pensare che l’attore che
lo interpreta sia il sosia di Vincent Cassell, mentre in realtà è proprio
lui.
Ma risolto questo piccolo
turbamento e abbandonandosi alla storia il film scorre sicuro,
cattura, diverte e commuove. Ci si rende conto che prima di tutto è
una fiaba romantica sospesa nel tempo, dove il luogo geografico non
è fondamentale.
Il cast è indovinato e ben diretto,
costruito con meticolosità e ricco di infinite sfumature. Oltre al
bravo e già citato protagonista Johnny Massaro,
spicca Bruna Linzmeyer, che interpreta Luna, la
ragazza della quale è innamorato Tony. Anche i ruoli secondari sono
gustosi e funzionali, come l’adolescente che brama insistentemente
di essere portato al bordello, o il vecchio ferroviere, che tutti i
giorni trasporta la gente verso la civiltà, il progresso, la
perdizione.
La fotografia è splendida, dai toni
caldi e dai colori ammalianti. Le scelte musicali poi, sottolineano
in molti momenti delle belle invenzioni registiche, come la Carmen
di Bizet durante una lezione di ginnastica a scuola, che trasforma
la normalità in un sogno a occhi aperti, quando Tony si stacca da
terra vedendo la ragazza dei suoi sogni danzare.
Una fiaba strampalata d’altri
tempi, romantica e struggente. Una confezione bislacca dal sapore
francese, ma anche con tanti elementi da cinema western. Tutto
questo rende The Movie of my Life, un film
spontaneo, tenero e originale, difficilmente classificabile.
Dopo i contributi dedicati ad
Aquaman, The
Flash, Wonder Woman e Cyborg, arriva anche
l’ultimo dedicato all’ultimo membro della
DC Justice League, ovvero
The Dark Knight interpretato da Ben
Affleck).
Sulla scia della morte di Clark
Kent/Superman per mano di Doomsday, il vigilante Bruce Wayne/Batman
rivaluta i suoi metodi estremi e comuncia la ricerca di
straordinari eroi per assemblare una squadra di combattenti contro
il crimine per difendere la Terra da ogni tipo di minaccia. Insieme
a Diana Prince/Wonder Woman, Batman trova l’ex star del football al
college, ciberneticamente migliorato, Vic Stone/Cyborg, il
velocista Barry Allen/The Flash e un guerriero atlantideo, un re,
Arthur Curry/Aquaman. Insieme si schierano contro Steppenwolf,
l’araldo e il comandante in seconda dell’alieno signore della
guerra Darkseid, incaricato da Darkseid stesso di trovare tre
manufatti nascosti sulla Terra.
Ecco il primo
trailer di Justice
League dal Comic Con
Justice League è stato
diretto da Zack Snyder, mentre Joss
Whedon è entrato nella produzione solo a fine
lavoro ed è previsto per il 16 novembre 2017. Nel film vedremo
protagonista Henry
Cavillcome Superman, Ben Affleckcome
Batman, Gal
Gadotcome Wonder Woman, Ezra Millercome
Flash, Jason
Momoacome Aquaman, e Ray
Fishercome Cyborg. Nel cast confermati
anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem
Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy
Irons. I produttori esecutivi del film
sono Wesley Coller, Goeff
Johns e Ben
Affleck stesso.
Il successo li ha travolti con
Quasi Amici, ma
loro, Éric Toledano e Olivier
Nakache, non si sono montati la testa e, dopo una
breve incursione nel dramma, con Samba, nel
2014, hanno sfornato un nuovo film, vivace, divertentissimo, a
briglia sciolta: C’est la vie – Prendila come
viene, dal 1° Febbraio nei nostri cinema.
Max è un wedding
planner con una grande esperienza e una squadra variegata e
multietnica che però non sembra essere troppo all’altezza di un
ultimo, grande ricevimento. Un po’ per manifesta cialtroneria, un
po’ perché chiunque ha dei momenti difficili e non sempre riesce a
separare lavoro e vita privata, tutto il team saboterà
involontariamente la cerimonia di nozze, con grande amarezza del
protagonista. Tra gag e situazioni comiche intelligenti, la festa
volgerà a un finale inaspettato.
Toledano e Nakache
confermano un grande talento comico, arricchendo una storia
semplice con preziose gag, avvenimenti e dettagli che vivono
soprattutto grazie all’ottimo casting e ai personaggi messi in
scena in questa commedia pura.
Il più grande pregio di
C’est la vie – Prendila come viene è la completa
libertà della storia e dello sviluppo degli eventi: non siamo di
fronte a un finale educativo e socialmente impegnato come in
Quasi Amici, ma pur percorrendo la struttura
canonica in tre atti, il film trova il suo modo di rimanere
sovversivo e brioso.
E alla fine i protagonisti la
prenderanno davvero come viene, abbracciando le proprie
imperfezioni e difficoltà, con buona pace di Pier e Helena, sposi
ignari dei disastri che si consumano dietro le quinte della loro
festa di nozze.
Pur mantenendosi su binari
convenzionali, con molte trovate classiche, il film mantiene un
punto di vista originale, completamente comico nell’intreccio dei
rapporti tra persone e vicende: dalla madre dello sposo che si dà
alla pazza gioia, al cameriere che faceva il professore, fino
all’amante finta segreta del protagonista, passando per l’erede
dell’attività, la fumantina Adele.
C’est la vie – Prendila come
viene non ha una morale, una conclusione edificante, una
soluzione romantica: è esattamente come la vita, forse un po’ più
surreale, ma assolutamente in grado di spiegare il segreto di
un’esistenza serena, vero motto di Max. Se qualcosa non va come
dovrebbe, ci adeguiamo.
La prima posizione al box office
italiano di questa settimana è stata conquistata faticosamente da
Thor Ragnarok, che apre in testa con
3 milioni di euro incassati in 606 sale a disposizione. Uscito
mercoledì, il terzo capitolo della saga Marvel totalizza 3,5 milioni.
Così It
tiene testa facilmente al blockbuster della Marvel incassando 2,8 milioni al
suo secondo weekend e arrivando a ben 11,2 milioni complessivi. Con
Halloween alle porte, It continuerà a macinare
incassi.
La ragazza nella nebbia esordisce al
terzo posto con 996.000 euro incassati in 383 sale ed è seguito
dall’altra new entry Vittoria e Abdul, che debutta con
842.000 euro e una media per sala pari a 2300 euro.
Terapia di coppia per
amanti apre in quinta posizione con 660.000 euro.
I film d’animazione usciti in
occasione di Halloween non brillano al botteghino:
Monster Family raccoglie altri 434.000
euro per un globale di 1,2 milioni, mentre
Vampiretto debutta con 266.000 euro.
Blade Runner 2049 precipita in
ottava posizione con altri 254.000 euro e arriva a quota 5,2
milioni.
In coda alla top10
troviamo L’uomo
di neve (220.000 euro) e Brutti
e cattivi (111.000 euro), giunti rispettivamente
a 2,1 milioni complessivi e 495.000 euro totali.
Dopo aver presentato sabato il suo
ultimo film Stronger, accompagnato dall’uomo da
lui interpretato nel film Jeff Bauman,
Jake Gyllenhaal è nuovamente tornato alla
Festa del Cinema di Roma per essere protagonista
di un Incontro Ravvicinato con il pubblico.
Pantaloni grigi, maglia bordeaux e
capelli pettinati indietro, Jake è stato accolto da una
Sala Sinopoli stracolma e da grandi applausi ad
ogni clip mostrata, sul suo percorso artistico molto interessante.
Tra smorfie, sorrisi al pubblico e gesti dolcissimi verso
l’interprete Olga Fernando, a cui ha porto un
bicchiere d’acqua mentre traduceva le sue parole con la gola secca,
Jake è stato al centro di un incontro molto interessante e che ha
soddisfatto i tantissimi fan accorsi per lui.
Unica nota dolente: il red carpet
annunciato dagli organizzatori della Festa e poi annullato poco
prima dell’incontro, che ha lasciato molti fan delusi (ma chi era
in sala per l’incontro probabilmente ha guadagnato un autografo sul
finale).
Jake Gyllenhaal si racconta al
pubblico al #Romaff12
Sei le clip scelte dall’attore per
raccontare la sua carriera e non si poteva non iniziare se non con
il film del 2001 di Richard KellyDonnie
Darko, ormai diventato di culto e che ha definito il suo
successo: “Rivedendomi non riesco a credere alla dimensione
delle mie guance enormi in questo film! Per quanto riguarda il
fatto che sia diventato un film di culto, penso sia dovuto al fatto
che esistono più livelli, c’è sicuramente l’aspetto
fanta-scentifico, c’è anche una storia umana che va al di là delle
convenzioni, un aspetto un pò fuori dalle righe. E questo penso che
riesca veramente a toccare profondamente le persone: quando uno
riesce a provare una emozione, un empatia, sicuramente colpisce. Il
lavoro di Richard Kelly è stato sicuramente antesignano, ma a volte
succede pure che quando un film non va bene commercialmente, alla
fine viene definito un cult movie!”
“Metto il cuore in tutto quello
che faccio e io credevo molto in quella storia, anche se ero
giovanissimo e non conoscevo molto del cinema a quell’epoca”
continua Jake, “Per me la storia aveva un valore universale e
trattava del passaggio dall’adolescenza all’età adulta in un modo
totalmente diverso dai soliti film, tra feste o ragazze. Questo
film invece corrispondeva a quello che provavo in quel momento, ai
miei sentimenti ed ero sicuro che la stessa cosa sarebbe potuta
succedere a tanti altri ragazzi, che si sarebbero rivisti nel mio
personaggio”.
La seconda clip invece è tratta da
Jarhead, film di Sam Mendes del
2005: “Sam Mendes essendo anche un regista teatrale ci ha fatto
fare prove per un mese, prima di iniziare a girare e questa, oltre
alla mia preparazione con amici dei Marines e nella marina, era un
esperienza che non avevo mai fatto ed è stato utilissimo e mi ha
permesso di entrare nel personaggio e capirlo”.
“Non c’è un genere
cinematografico in particolare che mi piace,” racconta Jake,
“Sono affascinato dall’esperienza umana e dall’inconscio, così
come quando uno sogna, si sognano sempre cose diverse, a volte si
ripetono ma non sono mai le stesse. Per questo mi piace molto
sperimentare sempre cose nuove”.
Il film forse più famoso di
Jake Gyllenhaal arriva alla terza clip, quando
appare sullo schermo insieme al caro amico Heat
Ledger in Brokeback Mountain, film del
2005 di Ang Lee e per cui vinse anche un BAFTA.
“Lavorare con Ang Lee penso che sia il sogno di ogni attore,
così quando ho sentito che stava facendo un altro film ho subito
detto che ne volevo far parte. Appena ho letto il copione mi sono
davvero commosso. C’erano diverse combinazioni di attori, alcuni
erano magari spaventati o non volevano farlo, e lui voleva solo
certe combinazioni di attori insieme: così io sarei stato preso
solo in coppia con Heat. La decisione fu totalmente sua alla fine:
ci incontrammo, ero un po’ a disagio, lui era seduto in un angolo,
parlammo un po’ e poi mi chiese di andarmene. Poi ebbi la
parte.”
“Mi hanno chiesto se avessi un
po’ di remore nell’accettare una parte del genere, ma io non
ragiono in questo modo. Per me questo ruolo non era correre un
rischio: per me dall’inizio questa era solamente una storia d’amore
e così l’ho valutata senza giudicare e senza pregiudizi”
confessa Jake riguardo all’aver interpretato un omosessuale nel
film, “I tempi sono cambiati oggi, vediamo storie tra persone
dello stesso sesso ovunque nel mondo dello spettacolo, dalla tv al
cinema, è accettata la cosa. Ma a quel tempo non era così, almeno
parlando a livello di cultura popolare. Ora sono momenti davvero
confusi: cosa sta succedendo in America adesso? Davvero non lo so,
l’attualità è caratterizzata da degrado culturale e tante paure ma
questo non fa che confermare le mie posizioni e quello in cui credo
e quello che ritengo sia giusto nel profondo del cuore. Non so se
questo film ha cambiato le cose ma sicuramente sono cambiate tante
cose dal 2005 e siamo pronti ad accettare meglio quello che è
giusto. E per giusto intendo semplicemente di amore tra due
persone.”
Il film di David
Fincher, Zodiac
del 2007 è la quarta scena mostrata al pubblico e a riguardo
l’attore ci ha svelato un aneddoto: “Abbiamo rigirato la scena
con Mark Ruffalo per tre volte e quella che poi è
andata nel montaggio finale è stata l’ultimo tentativo e a quel
punto non sapevo nemmeno più cosa stavo dicendo. A volte le battute
cambiavano però, non sono proprio capace di ripetere la stessa cosa
per due volte di seguito!”.
Monda allora gli fa notare che
invece, l’ospite del primo giorno Christoph Waltz,
non lascia nulla all’improvvisazione: “Uh, sarebbe bellissimo
lavorare con lui! Io non credo nelle regole, credo nel rispettare
il testo ma credo anche nel rispettare il momento, il partner nella
scena e il regista. Ho fatto dei film nei quali non ho dimenticato
nemmeno una virgola della sceneggiatura ed altri invece nei quali
il testo è stato abbandonato ed è stata tenuta solo l’essenza. Si
parla di improvvisazione, a volte si gira una scena e viene
perfetta ma magari poi di rigira e si cerca di improvvisare
ricostruendo tutto quello fatto. Per me l’unica parola d’ordine è
la preparazione: è l’unica struttura alla quale punto. La libertà
sta dall’altra parte della disciplina.”
Per descrivere gli ultimi due
registi, Jake dice “Ang Lee non è possibile descriverlo
solo con una parola, ma è un cuore con le gambe. Mentre per David
Fincher la parola è precisione”.
La quinta clip è tratta da
Nightcrawler, film di Dan Gilroy
che è anche stato in Selezione Ufficiale alla Festa nel 2014, in
cui interpreta l’inquietante Louis Bloom: “Avevo nella mia
testa un idea precisa di chi fosse questa persona e sapevo cosa lo
spingeva a comportarsi in quel modo e lo avevo capito dai suoi
discorsi nel copione, scritto brillantemente da Gilroy. Era
evidente che questi discorsi dovevano essere pronunciati con un
certo ritmo e che dovevano essere detti in modo che si capisse che
non fossero improvvisati ma frutto di una riflessione molto attenta
di Luois. Inconsapevolmente quindi quando li pronunciavo avevo un
po’ lo sguardo fisso verso la persona davanti a me, un po’ come fa
un animale quando punta la preda.”
L’ultima clip scelta per descrivere
la carriera di Jake Gyllenhaal è tratta da
Nocturnal Animals di Tom Ford del
2016, “Si può parlare di un dolore straziante, per me questo
film è come una metafora di ciò che ti accade quando ti si spezza
il cuore”
A conclusione dell’incontro, la
clip scelta dall’attore come “Film della vita” era tratta da
La Strada di Federico Fellini:“Questo è un film che ho nel cuore perché ancora prima che
capissi cosa fossero i film, mio padre mi disse che il film che lo
aveva convinto a voler lavorare nel cinema fu questo. Quindi dovrei
ringraziare questo film per essere qui oggi, perché se lui non
si fosse innamorato di questo film io probabilmente non sarei stato
qui e non mi sarei innamorato anche io del cinema.”
Ed è proprio il regista italiano,
il regista del passato con cui gli sarebbe piaciuto lavorare,
mentre interrogato su un regista del presente, sorprendentemente
nomina Pedro Almodovar: sarebbe una combinazione
davvero interessante!
Mentre Thor: Ragnarok conquista milioni di dollari nel
mondo, oggi lo sceneggiatore del
film Eric Pearson ha parlato della
mancanza di personaggi umani nella nuova pellicola, con particolare
riferimenti a co-protagonisti e comprimari dei passati film
come Jane Foster, Darcy Lewis e
il dottor Erik Selvig.
In merito a ciò e su alcune
speculazioni uscite riguardi alla voglia di attori a ritornare nei
film Pearson ha rivelato:
“No, non è mai stato nelle
nostre intenzioni. E’ così diverso, e nel film Sakaar e
Hulk prendono così tanto tempo … Sakaar è abbastanza folle da solo
… se si pensa … probabilmente sarete d’accordo con noi che la
gente vorrebbe un film solo su di lui. Se dovessimo inserire tanti
personaggi penso che la gente sarebbe stata disturbata dal
sovraffollamento invece di godersi i personaggi che ci sono.
Eravamo molto concentrati più sull’introduzione di Valkyrie, e che
credo veramente che si sia unita bene, è un personaggio secondario
fantastico. Tessa era così grande nella parte”.
Thor:
Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast
del film Chris
Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston
il fratello adottivo di Thor, Loki; Il
vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la
sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins
interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.
Nelle new entry invece si annoverano il premio
OscarCate Blanchett (Blue
Jasmine, Cenerentola) nei
panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum
(Jurassic Park, Independence
Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico
Grandmaster, Tessa Thompson
(Creed, Selma)
interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban
(Star Trek, il Signore degli
Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza
nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che
Mark Ruffalo riprenderà
il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è
prevista per il 3 novembre 2017.
La trama di Thor: Ragnarok – “In Marvel Studios’ Thor Ragnarok, Thor è
imprigionato dall’altro lato dell’universo senza il suo formidabile
martello e si trova in una corsa contro il tempo per tornare a
Asgard per fermare il Ragnarok, la distruzione della sua casa e la
fine della civiltà asgardiana, dalle mani di una nuova e potente
minaccia, la spietata Hela. Ma prima deve sopravvivere a una
mortale lotta tra gladiatori che lo metterà contro uno dei suoi
amici Avengers, l’incredibile Hulk.
Era questione, di giorni. Di
settimane in realtà. L’account Instagram della DC Comics, insieme a Ben
Affleck, ci danno il benvenuto nella Batman
Week, in attesa dell’uscita di Justice League.
Sulla scia della morte di Clark
Kent/Superman per mano di Doomsday, il vigilante Bruce Wayne/Batman
rivaluta i suoi metodi estremi e comuncia la ricerca di
straordinari eroi per assemblare una squadra di combattenti contro
il crimine per difendere la Terra da ogni tipo di minaccia. Insieme
a Diana Prince/Wonder Woman, Batman trova l’ex star del
football al college, ciberneticamente migliorato, Vic Stone/Cyborg,
il velocista Barry Allen/The
Flash e un guerriero atlantideo, un re, Arthur Curry/Aquaman. Insieme si schierano contro Steppenwolf,
l’araldo e il comandante in seconda dell’alieno signore della
guerra Darkseid, incaricato da Darkseid stesso di trovare tre
manufatti nascosti sulla Terra.
Ecco il primo
trailer di Justice
League dal Comic Con
Justice League è stato
diretto da Zack Snyder, mentre Joss
Whedon è entrato nella produzione solo a fine
lavoro ed è previsto per il 16 novembre 2017. Nel film vedremo
protagonista Henry
Cavillcome Superman, Ben Affleckcome
Batman, Gal
Gadotcome Wonder Woman, Ezra Millercome
Flash, Jason
Momoacome Aquaman, e Ray
Fishercome Cyborg. Nel cast confermati
anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem
Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy
Irons. I produttori esecutivi del film
sono Wesley Coller, Goeff
Johns e Ben
Affleck stesso.
Era da molto tempo che non si
avevano informazioni certe sul reboot de Il Corvo,
che si intitolerà The Crow
Reborn, e ora grazie al creatore originale del
fumetto, James O’Barr, abbiamo nuove
informazioni.
Stando a quanto l’autore ha
dichiarato a ScreenGeek, la
pre-produzione del film potrebbe partire già nel 2018, anche se non
arriva nessuna conferma della partecipazione al progetto di
Jason Momoa, ultimo attore in ordine di tempo a
essere stato associato al ruolo che fu di Brandon
Lee.
Ecco cosa ha dichiarato O’Barr:
“Allo stato attuale, la pre-produzione del film comincerà a
Febbraio prossimo con il regista inglese di grande talento, Corin
Hardy. Sono coinvolto in ogni aspetto del film e lavorerò gomito a
gomito con il regista.”
Ricordiamo che nel corso di questi
anni tantissimi attori sono stati associati al remake del film, tra
cui Luke Evans, Tom Hiddleston, James McAvoy e Bradley Cooper, ma anche diversi registi
come Stephen Norrington, Juan Carlos
Fresnadillo e F. Javier Gutierez.
Il corvo – The
Crow (The Crow) è un film del 1994 diretto da
Alex Proyas, tratto dall’omonimo fumetto di James O’Barr. Il film
segna l’ultima e più famosa interpretazione cinematografica di
Brandon Lee, morto accidentalmente a causa di un colpo di pistola
durante le riprese del film.
Proyas dovette ricorrere a trucchi
digitali e a controfigure per poter terminare l’opera,
raddoppiandone di fatto i costi. Lo strepitoso successo del film
ripagò più che abbondantemente le somme investite, arrivando ad
incassare in tutto il mondo la somma complessiva di circa 170
milioni. Vennero successivamente girati tre sequel: Il corvo 2 –
La città degli angeli (unico film a collegarsi al primo), Il
corvo 3 – Salvation e Il corvo – Preghiera maledetta,
che però non hanno mai raggiunto il successo del primo
capitolo.
Manca ormai davvero poco al debutto
al cinema di Justice League, l’atteso film che
riunirà in un colpo solo Batman, Superman,
Wonder Woman, The
Flash,
Aquaman e Cyborg. Per questa ragione
tutti alla Warner Bros sono super concentrati sul
film e sul suo risultato finale.
L’attenzione è talmente alta ai
vertici della DC Films che la ricerca del regista
per l’annunciato Flashpoint, il film standalone
sul fulmine scarlatto sia stata messa in standby, almeno secondo
quanto riferisce Justin Kroll di Variety.
Secondo quest’ultimo, lo studios vuole capire quanto farà in
termini di botteghino il film prima di avviare
definitivamente la produzione di Flash Point,
anche perché la storia implicherà anche il coinvolgimento in un
universo parallelo di tutta la Justice League,
dove però Batman dovrebbe essere
interpretato da Jeffrey Dean Morgan, che
nell’Universo
DC interpreta Tomas Wayne.
Al momento questo è soltanto un rumors, da una fonte accreditata
ma pur sempre un rumors. Dunque non resta che aspettare l’uscita di
Justice League.
Ezra Miller, già
apparso due volte nei panni dell’eroe (per un cameo in
Batman v Superman e per uno in Suicide
Squad), si è dichiarato fiducioso
nelle intenzioni della Warner Bros di preparare il progetto al
meglio, nonostante l’abbandono del regista che deve essere ancora
rimpiazzato.
Flashpoint, il film
stand alone su The
Flash con protagonista Ezra Miller è
previsto per il 3 marzo 2018. Nel cast anche Kiersey
Clemons nei panni di Iris West.
Si sono concluse le riprese di
Ant-Man and the Wasp, il nuovo film Marvel diretto da Peyton
Reed che vedrà l’esordio di Evangeline
Lilly nell’eroina del titolo e il ritorno di Paul
Rudd nei panni di Ant-Man, dopo la parentesi Civil
War.
Di seguito potete vedere una foto
del cast, che testimonia la fine della lavorazione tramite
l’hashtag #wrapparty (festa di fine riprese).
Ant-Man and The
Wasp,arriverà al cinema
il 6 luglio 2018. Alla regia potrebbe
tornare Peyton Reed, mentre alla
sceneggiatura c’è Adam McKay. Nel cast sono
stati confermati i protagonisti Paul
Rudd e Evangeline Lilly.
Confermati nel
cast Michael Douglas, Michael
Pena e David
Dastmalchian. Si sono uniti al cast
anche Michelle Pfeiffer che
interpreta Janet Van
Dyne,Hannah John-Kamen
è Ghost, Randall Park è Agent Jimmy
Woo, Laurence Fishburne è Dr. Bill Foster,
aka Goliath.
L’atteso film Thor: Ragnarok targato Marvel Studios ha
debuttato finalmente sul mercato internazionale segnando un ottimo
record d’incasso. Infatti, il film diretto da Taika
Waititi ha incassato ben 107.6 milioni di dollari su 36
mercati internazionali.
Nei paesi principali il film ha
incassato 15,8 milioni nel Regno Unito, 15,5 milioni in Corea del
Sud, 8,4 milioni in Australia e 8,3 milioni in Brasile.
Thor:
Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast
del film Chris
Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston
il fratello adottivo di Thor, Loki; Il
vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la
sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins
interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.
Nelle new entry invece si annoverano il premio
OscarCate Blanchett (Blue
Jasmine, Cenerentola) nei
panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum
(Jurassic Park, Independence
Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico
Grandmaster, Tessa Thompson
(Creed, Selma)
interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban
(Star Trek, il Signore degli
Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza
nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che
Mark Ruffalo riprenderà
il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è
prevista per il 3 novembre 2017.
La trama di Thor:
Ragnarok – “In Marvel Studios’ Thor Ragnarok, Thor è
imprigionato dall’altro lato dell’universo senza il suo formidabile
martello e si trova in una corsa contro il tempo per tornare a
Asgard per fermare il Ragnarok, la distruzione della sua casa e la
fine della civiltà asgardiana, dalle mani di una nuova e potente
minaccia, la spietata Hela. Ma prima deve sopravvivere a una
mortale lotta tra gladiatori che lo metterà contro uno dei suoi
amici Avengers, l’incredibile Hulk.
GIFTED – IL DONO DEL
TALENTO con Chris Evans, McKenna Grace,
Lindsay Duncan e con il Premio Oscar
Octavia Spencer, arriva al cinema il 1
novembre distribuito da 20th Century Fox Italia.
Una storia intensa e toccante
diretta da Marc Webb (500 giorni insieme –
The Amazing Spider-Man) che esplora nell’intimo i
legami familiari attraverso il profondo rapporto tra uno zio single
e la sua nipotina di 7 anni dotata di una genialità fuori dal
comune.
Nel film Frank Adler (Chris
Evans) vive in una città sulle coste della Florida con la nipotina
Mary (Mckenna Grace), figlia della sorella morta qualche tempo
prima. Mary è una bambina estremamente intelligente con un talento
speciale per la matematica e, nonostante l’obiettivo di Frank,
allineato alle ultime volontà della sorella, sia quello di farle
condurre una vita normale, le doti della piccola non sfuggono
all’attenzione della nonna materna Evelyn (Lindsay Duncan), una
ricca ed elegante signora di Boston che ha dei piani molto diversi
per la nipote, che prevedono che si allontani dallo zio…
Grandi palloni bianchi che
rimbalzavano sulla folla, alberi di natale innevati e tanti
bambini, hanno accolto sul red carpet dell’Auditorium i doppiatori
italiani di Frozen – Le Avventure di Olaf,
Enrico Brignano e Serena
Rossi.
Il corto, che è stato presentato
all’interno della Festa del Cinema di Roma con un
evento speciale ad entrata libera, ha riscosso molto successo e
c’era da prevederlo. La fama di Frozen, dalla sua
uscita al cinema nel 2013 ad oggi, sembra non essere mai quasi
cessata, con il cartone animato visto religiosamente da tantissimi
bambini, la canzone Let It Go entrata ormai
nell’olimpo delle canzoni Disney più famose e con
i suoi personaggi sempre più amati e desiderati, in particolare
sotto forma di pupazzo di pezza magari sotto Natale o vestito da
Principessa per mascherarsi.
foto di Aurora Leone
Dopo Frozen Fever
del 2015, più che un sequel, questo corto di 21 minuti, è
incentrato sulla adorabile personaggio di Olaf, il pupazzo di neve
pasticcione che ama i caldi abbracci, migliore amico di Elsa ed
Anna. Ed è proprio per loro che si lancia in un avventura insieme
alla renna Sven, quando le due ragazze sul trono di Arendelle
scoprono di non ricordare nessuna tradizione familiare per passare
le feste di Natale insieme.
Diretto da Kevin
Deters e Stevie Wermers, con una
sceneggiatura di Jay Schaeffer per Walt
Disney Animation Studios,, Frozen Le Avventure di
Olaf è divertente e visivamente e tecnicamente
ineccepibile (guardate il mantello di velo e fiocchi di neve
scintillanti di Elsa per capire quando lavoro ci può essere stato
dietro). Questo cortometraggio animato diventerà sicuramente un
classico del Natale, grazie ai personaggi, le canzoni e soprattutto
ai buoni sentimenti che faranno breccia nei cuori di piccoli e
grandi.
I doppiatori italiani di Frozen –
Le Avventure di Olaf
foto di Aurora Leone
Josh Gad, Idina Menzel e Kristen Bell
hanno rivestito i panni dei personaggi nella versione americana,
mentre da noi è stato un piacere risentire le voci di
Enrico Brignano, Serena Autieri e
Serena Rossi, decisamente azzeccate e ormai
collegate ad Olaf, Elsa e Anna per sempre.
“Siamo tutti cresciuti a latte
e Walt Disney! Sono stato molto contento di tornare a dare voce ad
Olaf, ma questa volta è successa una cosa strana, che per il primo
film non mi era successa” ci ha raccontato Enrico
Brignano, “Dovete sapere che io ho una figlia di 9
mesi e in saletta di doppiaggio questa volta mi sono molto
emozionato. Non pensavo che avrei avuto questa reazione a prestare
la voce ad un personaggio ma ad un certo punto avevo la voce rotta
e mi sono dovuto fermare a spiegare cosa mi stava succedendo. I
genitori delegano ai cartoni animati l’educazione dei figli in un
certo senso, e sono contento che Le Avventure di Olaf siano così
educative e possano insegnare l’importanza delle tradizioni, ma
soprattutto che la cosa più importante nella vita è la famiglia. La
vera tradizione del Natale è l’amore.”
“Quanto mi era mancata
Anna!” ci confessa sorridendo Serena Rossi,
doppiatrice italiana per Frozen, “La principessa è sicuramente
cresciuta rispetto al primo film, perché la sua vita è cambiata e
ha ritrovato la sorella, ma è sempre la solita Anna ironica e
goffa. È molto difficile doppiare un cartone animato perché bisogna
trasmettere emozioni diverse solo attraverso la voce, ma per
fortuna in Italia c’è una grande tradizione, è sto imparando dai
migliori.”
Sul tema del doppiaggio italiano
Enrico Brignano incalza “Io ho un grande amore
per i doppiatori italiani , perché spesso hanno reso un successo
film che non lo erano, basti pensare in passato la gente che andava
al cinema solo per risentire le voci di certi personaggi. Quindi mi
piacerebbe rispondere a Vincent Cassell che si sbaglia, visto che
ci ha definito una mafia. Se non fosse stato per i doppiatori
Italiani forse lui e l’ex moglie non avrebbero avuto il successo
che hanno oggi.”
Frozen – Le Avventure di
Olaf sarà proiettato in sala prima del nuovo film
d’animazione della Pixar Animation Studios,
Coco, che arriverà al cinema in Italia il 28
Dicembre, proprio durante le feste natalizie, come da
tradizione.
Nanni Moretti sarà protagonista di
un Incontro
Ravvicinato con il pubblico. Il cineasta, da
quarant’anni lucido osservatore e intransigente critico della
nostra società e delle sue derive culturali e politiche,
ripercorrerà assieme agli spettatori la sua lunga avventura
sul grande schermo, che lo ha visto incarnare, con successo,
numerosi ruoli: quello di regista-attore di tutti i suoi film
(da Ecce bombo a Caro Diario,
da La stanza del figlio a Mia
madre), di interprete (da Il
portaborse a Caos calmo), ma anche quelli
di produttore ed esercente, di spettatore e giurato di
festival.
Sarà presentato nella selezione
ufficiale alla Festa di Roma 2017 Who We Are
Now di Matthew Newton con
protagonista Julianne Nicholson, Emma Roberts, Zachary
Quinto, Jimmy Smits, Jess Weixler, Jason Biggs e Lea
Thompson.
In merito al film il regista ha
commentato: Volevo fare un film su queste due donne così
complesse. Pensavo che il ruolo di Julianne Nicholson, Beth, fosse
l’opportunità per dare a un’attrice la possibilità di creare quel
tipo di personaggio impegnativo e a più livelli che gli uomini
recitano fin dagli anni 40. Beth ha appetiti insaziabili, una lunga
storia e forti slanci emotivi; io e Julianne abbiamo lavorato a
stretto contatto, esplorando le sue reazioni in ogni
situazione.
Con il personaggio di Emma Roberts,
Jess, abbiamo una giovane donna ambiziosa, al tempo stesso
sensibile e testarda, che vuole fare la differenza. Entrambe sono
personaggi femminili molto forti e sono stato fortunato a lavorare
con due attrici tanto brave da interpretarle. Da un punto di vista
estetico, per questo film, ho lavorato molto con il team creativo
per rendere invisibile ogni artificio in termini di scenografia,
costumi, luci, scelta di lenti, movimenti di camera e montaggio.
Volevo che non si percepisse la presenza della macchina da presa,
della sceneggiatura e della recitazione.
Who We Are Now, la trama
Uscita da poco di prigione, Beth
lavora con il suo difensore d’ufficio per ottenere la custodia del
figlio dalla sorella Gabby, restia a farla rientrare nella vita del
ragazzo. Mentre annega il suo dolore in un bar dopo una disastrosa
negoziazione, Beth ha un’avventura con Peter, un marine
traumatizzato e spaventato dalle relazioni umane. Poco dopo la
donna stringe una strana alleanza con Jess, giovane praticante
idealista e testardo, che decide di portare avanti la causa di
Beth, che lei lo voglia o meno. Mentre Beth cerca di destreggiarsi
nel mondo esterno, Peter e Jess forzano, e alla fine spezzano, la
sua dura corazza, facendole capire che bisogna lasciare alle spalle
il passato per essere padroni del proprio futuro.
Ecco un nuovo breve spot di
Star Wars: Gli Ultimi
Jedi che contiene le immagini che sono state diffuse
con il secondo trailer, oltre ad un altro breve sguardo su Rey
(Daisy Ridley) e soprattutto sull’albero dei
Jedi:
La sinossi: “In Star
Wars Gli Ultimi Jedi della Lucasfilm, la saga Skywalker continua
quando gli eroi de Il Risveglio della Forza si uniscono alle
leggende della galassia in un’epica avventura che svelerà i misteri
della Forza e le scioccanti rivelazioni del passato risalenti
all’Era antica. Star Wars Gli Ultimi Jedi arriverà nei cinema
USA il 15 dicembre 2017.”
FIRST LOOK –
Carrie Fisher in Star Wars: Gli Ultimi Jedi
Il film sarà
diretto da Rian Johnson e arriverà al
cinema il 13 dicembre 2017. Il film racconterà le vicende
immediatamente successive a Il Risveglio della
Forza.
Ecco un nuovo brevissimo spot di
Justice League in cui sentiamo
finalmente Cyborg che pronuncia l’identificativa
parola “Booyah“, che tante volte è stata
pronunciata in Teen Titans da Khary
Payton.
Sulla scia della morte di Clark
Kent/Superman per mano di Doomsday, il vigilante Bruce Wayne/Batman
rivaluta i suoi metodi estremi e comuncia la ricerca di
straordinari eroi per assemblare una squadra di combattenti contro
il crimine per difendere la Terra da ogni tipo di minaccia. Insieme
a Diana Prince/Wonder Woman, Batman trova l’ex star del
football al college, ciberneticamente migliorato, Vic Stone/Cyborg,
il velocista Barry Allen/The
Flash e un guerriero atlantideo, un re, Arthur Curry/Aquaman. Insieme si schierano contro Steppenwolf,
l’araldo e il comandante in seconda dell’alieno signore della
guerra Darkseid, incaricato da Darkseid stesso di trovare tre
manufatti nascosti sulla Terra.
Ecco il primo
trailer di Justice
League dal Comic Con
Justice League è stato
diretto da Zack Snyder, mentre Joss
Whedon è entrato nella produzione solo a fine
lavoro ed è previsto per il 16 novembre 2017. Nel film vedremo
protagonista Henry
Cavillcome Superman, Ben Affleckcome
Batman, Gal
Gadotcome Wonder Woman, Ezra Millercome
Flash, Jason
Momoacome Aquaman, e Ray
Fishercome Cyborg. Nel cast confermati
anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem
Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy
Irons. I produttori esecutivi del film
sono Wesley Coller, Goeff
Johns e Ben
Affleck stesso.
Mon Garcon,
presentato all’interno della Selezione Ufficiale della dodicesima
edizione della Festa del Cinema di Roma, è scritto
e diretto da Christian Carion ed è un dramma
famigliare dai toni noir.
In Mon Garcon
Julien è un geologo ed è spesso in viaggio per lavoro. Le sue
numerose assenze da casa hanno causato la fine del suo matrimonio
con Marie. Durante un suo breve ritorno in Francia viene a sapere
dalla ex-moglie che il loro figlio Mathys è scomparso durante un
campo scuola. Da quel momento Julian si mette alla ricerca del
figlio e pur di trovarlo è disposto a fare qualsiasi cosa.
Carion ci mostra subito la volontà
di far dialogare ambienti esterni (montagne e boschi) e
interni (baite, una rimessa e un hotel abbandonato) sia con
carrellate sia con inquadrature più serrate. Oltre agli ambienti,
il regista fa comunicare anche passato e presente, attraverso
flashback e ricordi dai toni certamente più vivaci rispetto allo
stato attuale delle cose, quando il dramma si è già consumato.
Anche l’aspetto sonoro del film sottolinea la desolazione e la
sofferenza, prediligendo il silenzio.
Mon Garcon, il film
Il film si concentra sulla figura
del protagonista che immediatamente, appena subisce la sua perdita,
si trasforma nel padre attento che fino a quel momento non è stato.
Diventa un cane da caccia e fiuta ogni pista e ogni luogo per
cercare informazioni e stanare i responsabili della scomparsa del
figlio. Guillaume Canet si dimostra ancora una
volta capace di transitare da lucidità a pazzia e viceversa come
in L’homme qu’on aimait trop in cui
interpreta sia un serial killer che il poliziotto che indaga sul
killer stesso. Il personaggio di Marie, interpretato da
Mèlanie Laurent, è alquanto marginale e non ha
una caratterizzazione definita. Più interessante e sfaccettato è il
personaggio del compagno della madre che all’inizio sembra essere
coinvolto nella vicenda soprattutto per il fatto che sembra
manipolare la compagna e volersi sbarazzare del piccolo.
Mon Garcon si
caratterizza per una produzione alquanto breve e l’utilizzo
naturalistico di luce naturale che esalta l’interpretazione di
Canet, che si è tenuto lontano dallo script, prediligendo
l’improvvisazione: in base alle sue azioni e reazioni, hanno dovuto
gestire il proprio personaggio.
Carion confeziona
un prodotto denso di drammaticità e colpi di scena, dimostrando di
essere molto abile a gestire silenzi. Il film conserva una logica
molto solida che ci permette di raccogliere le informazioni
necessarie per completare il puzzle: alla fine ritorniamo al punto
di partenza ma, come in tutti i racconti, la situazione non è più
la stessa.
Love Means Zero è
un ritratto esaustivo e particolareggiato su Nick Bollettieri, uno
dei più grandi allenatori di Tennis di tutti i tempi. Il
documentario è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma in
abbinamento con Ferrari: race to Immortality,
quasi a sottolineare un’abitudine domenicale, giornata notoriamente
dedicata allo sport. Forse non avrebbe guastato invece proiettarlo
come contrappunto documentaristico all’atteso film Borg vs
McEnroe, i due famosissimi tennisti interpretati
rispettivamente da Sverrir Gudnason e Shia
LaBeouf.
Figlio di immigrati italiani,
Nick Bollettieri ha
oggi ottantacinque anni, è un’autentica leggenda vivente, visto che
nelle sue mani sono passati i più grandi campioni di tennis, come
Agassi, Courier, Becker, Rios, Sampras, e
anche campionesse donne come Capriati, Janković, Hingis,
Seles, Šarapova, Venus e Serena Williams.
All’inizio del film Bollettieri fa i conti e con sana presunzione
afferma che i suoi campioni sono stati ben 186, aggiungendo che se
qualcuno non ci crede può controllare sulle statistiche e sui
documenti ufficiali.
Bollettieri, guidato nelle
interviste da Jason Kohn, si mette a nudo,
affrontando temi che riguardano anche la sua vita privata, le sue
scelte personali, gli otto matrimoni, il dissesto finanziario e la
rottura con suo figlio. A fargli da contrappunto o da sostenitori
ci sono molti dei suoi collaboratori e alcuni dei suoi campioni,
come Courier. Manca però la testimonianza di
Andre Agassi, continuamente citato nella maggior
parte del film, ma che ha deciso di non rilasciare dichiarazioni e
non farsi filmare. Il rapporto conflittuale tra Bollettieri e
Agassi è comunque ampiamente descritto nel libro Open, scritto
dallo stesso tennista.
Love Means Zero, la recensione
Jason Kohn,
autore di altri documentari come Manda Bala (Send a
Bullet) e di un episodio della serie tv
Signal, alterna saggiamente e con grande
mestiere le testimonianze con il materiali di repertorio, con molte
sequenze inedite che riprendono gli atleti giovanissimi, agli
albori della propria carriera. Ricostruisce quanto avvenuto nella
famosa “Nick Bollettieri Tennis Academy” in Florida,
dove le promesse del tennis venivano ospitate e addestrate quasi
come in un accademia militare, condividendo vita, studi e
allenamenti; condizione ideale per la nascita di grandi amicizie,
di gelosie, di delusioni e attriti, che poi si sarebbero trascinati
e trasformati nel corso di impegnative carriere sportive.
Kohn cerca di sottolineare nel suo
percorso di inchiesta soprattutto quanto il prezzo del successo
possa condizionare la propria vita e anche quella altrui.
Love Means Zero è
un ottimo documentario, che rispetta perfettamente le regole
narrative del reportage, senza però mai inventare, andare oltre, o
provare a differenziarsi da un prodotto che sembra confezionato
esclusivamente per appassionati di tennis.
In una sala semi deserta è stato
presentato alla Festa del Cinema di Roma
Cuernacava di Alejandro Andrade, apprezzato
regista messicano di serie tv e documentari. Un film che forse
sarebbe stato più adatto ad Alice nella Città, piuttosto che nella
selezione ufficiale.
Andy è un ragazzo introverso che
vive solo con la madre. Non ha amici, il padre è lontano e fa
fatica a inserirsi nel contesto scolastico, a rapportarsi con
i suoi coetanei. Un giorno sua madre viene uccisa durante una
rapina e il ragazzo viene mandato temporaneamente dalla nonna, a
Cuernacava, una cittadina nel cuore del Messico,
tanto bella, quanto pericolosa.
Trovando un vecchio cellulare
comincia a cercare di contattare di nascosto il padre, visto che la
severa nonna sembra non volergli rivelare la verità su di lui.
Durante la sua permanenza forzata stringerà amicizia con la figlia
della donna, una ragazza down che alleva e cura ossessivamente
gatti. Stringe anche amicizia con un giovane giardiniere, che lo
porterà a perdersi nel suo stile di vita balordo.
Il film si apre con una
sequenza folgorante, dove un frutto polposo cade da un albero e
viene divorato dalle formiche. La ripresa al rallentatore
esasperato, di tipo scientifico, e l’utilizzo del macro per
riprendere i famelici insetti rendono questa introduzione la giusta
metafora di quanto poi verrà narrato nel corso della storia. Si
ritrovano poi altri momenti simili il più punti della pellicola,
che fanno da contrappunto di morte a quell’apparente bellezza, che
è in realtà solo una patina di superfice.
Alejandro Andrade
costruisce un impalcatura solida e funzionale, ma eccessivamente
fredda, che non riesce mai a coinvolgere e permettere di
empatizzare con il ragazzo protagonista, sicuramente molto bravo,
ma non abbastanza libero di giocare con quella gamma di sentimenti
che il suo personaggio richiederebbe. Anche la nonna, interpretata
da Carmen Maura, soffre dello stesso
limite. È sempre severa, trattenuta, senza lasciar trasparire
quel briciolo di fragilità di cui è invece carica. Sono scelte,
certo, e non si può dire che Cuernavaca non sia un
film ben scritto e ben diretto, ma si ha l’impressione che il
fattore estetico abbia preso il sopravvento sulle emozioni,
lasciando una straniante sensazione di distacco.
Le immagini, appunto,
sono bellissime, soprattutto quando descrivono la villa lussuosa
della nonna di Andy, la cucina nella serra dove viene preparata la
marmellata di frutti tropicali, o il giardino tropicale dove è
proibito andare e dove il ragazzo e il giardiniere si rifugiano,
entrando da una porticina nascosta tra la vegetazione. Viene
chiaramente in mente Il Giardino Segreto e con
tutta probabilità è un riferimento voluto. Anche quando il regista
esplora il lato degradato del luogo, fatto di baracche, luna park,
popolato di ladri, rapinatori e balordi, lo fa con eleganza e con
grandissimo gusto visivo.
Una classica storia di passaggio
dall’infanzia all’età adulta, attraverso il trauma della morte
violenta e improvvisa di una persona cara, ambientata in un
microcosmo apparentemente paradisiaco, che cela però dolori e
segreti. Un film costruito con eleganza, ma affetto da un eccessiva
freddezza che ne limita le grandi potenzialità.
Con una giacca rossa come il logo
dell’Edicola Fiore, Fiorello è stato protagonista
di un incontro ravvicinato con il pubblico all’interno della Festa
del cinema di Roma 2017. Lo showman siciliano è stato il mattatore
indiscusso di grandi show di successo come Stasera Pago Io,
Stasera Pago Io – Revolution, Fiorello Show, Il
più grande spettacolo dopo il week-end.
In teatro l’abbiamo visto
recentemente in tour con lo spettacolo L’ora del Rosario. Da alcuni
anni sfrutta i social e i nuovi dispositivi ne la rassegna stampa
quotidiana L’Edicola Fiore e nel suo nuovo programma
nato per Facebook: Il socialista.
In occasione di questo incontro
ravvicinato tenuto in presenza del direttore della Festa del cinema
di Roma Antonio Monda, Fiorello ha parlato di
cinema senza risparmiare momenti di show.
Non guardo i film coreani che di
solito vincono a Venezia, tipo Il volo del calabrone. Io ho
iniziato con i film di Maciste che guardavo da bambino al cinema
Musmeci di Augusta vicino alla caserma in cui lavorava mio padre.
Mio padre, appuntato della Guardia di Finanza, mi portava al cinema
alle 16 e mi veniva a prendere alle 20.
foto di Aurora Leone
Monda, per
cominciare, ha chiesto a Fiorello di elencare i
suoi film preferiti. Si comincia con appunto un film di Maciste
intitolato Maciste Gladiatore di Sparta (1965)
diretto da Mario Caiano. Viene mostrata una
sequenza di un combattimento tra Maciste e una scimmia. Davanti
alla palese finzione Fiorello dichiara
Da bambino credi a tutto. Io
restavo affascinato anche dalla verosimiglianza dei massi di
polistirolo. Ero innamorato di tutto questo. C’era un grado di
recitazione pazzesco.
La sua classifica comprende poi
E Dio disse a Caino (1970) diretto da
Antonio Margheriti, Cinque dita di violenza (1972)
di Jeong Chang–hwa, La febbre del sabato
sera (1978) di John Bodham,
Incontri ravvicinati del terzo tipo (1978) di
Steven Spielberg e Che vita
da cani (1991) di Mel Brooks.
La seconda parte dell’incontro si è
incentrata sui film interpretati da Fiorello. Si
parte da Cartoni animati, film diretto dai
fratelli Citti.
Nel film si parla di barboni che
vivono appunto in cartoni. L’abbiamo girato a Fiumicino e
inevitabilmente passava un aereo ogni sette secondi. Gli attori
erano tutte persone prese dalla strada che dopo le riprese erano
irreperibili e per questo quando si è trattato di montare il film
ho dovuto doppiare quasi tutti i personaggi.
Si continua con il film Il
talento di Mr. Ripley, film del 1999 diretto da
Anthony Minghella. Di questo film è celebre la
scena in cui canta Tu vo’ fa l’americano con
Jude Law e Matt Damon.
In questo film mi chiamo Fausto
e questa scena in cui canto il grande successo di Renato Carosone è
stata scritta per me. Inoltre ho girato anche un’altra scena in cui
emerge il corpo senza vita di Stefania Rocca e io mi butto in acqua
in preda alla disperazione. Questa scena l’ho dovuta ripetere
trentasei volte perché dovevo arrivare perpendicolare a una barca
ma è stata tagliata in fase di montaggio.
Fiorello conclude con il film
Passione di e con John Turturro,
film del 2010 e con la rivelazione che in passato ha ricevuto una
proposta per il film del 2009 Nine, diretto da
Rob Marshall.
Quando mi hanno proposto il
ruolo mi hanno detto che la mia battuta era a pagina 121 del
copione. La cerco ma non vedo il mio nome scritto. Richiamo e mi
dicono di guardare meglio. Leggo la didascalia e scopro che io
facevo parte dell’arredamento. Ho rifiutato il ruolo. Mi avrebbe
solo rovinato le vacanze.
Presentato all’interno della
Selezione Ufficiale della dodicesima edizione della Festa del
cinema di Roma, Tout nous sépare scritto e diretto
da Thierry Klifa combina borghesia e mondo
criminale in un racconto noir dalle tinte forti.
Il film è ambientato in una
cittadina della costa francese, tra Sete e Perpignan. Una madre e
una figlia rimangono invischiate, a seguito di un omicidio, in un
pericoloso giro criminale.
Il regista delinea due mondi molto
diversi tra loro ma che nel corso del film finiscono per
intersecarsi. Il primo è quello borghese al quale appartengono le
due protagoniste. La macchina da presa si muove soprattutto
all’interno della loro grande casa piena di libri e di quadri. Il
secondo mondo è quello criminale caratterizzato da squallidi
palazzoni (mostrati con campi lunghissimi), combattimenti
clandestini tra cani, risse, droga e soldi sporchi. Il mondo
criminale viene dipinto con inquadrature nervose, concitate.
Tout nous sépare, la recensione
Per quanto riguarda i
personaggi la madre (Louise), interpretata da Catherine
Deneuve, è delineata come una donna molto forte che deve
proteggere la figlia insabbiando il violento omicidio di cui si è
macchiata. Già dalla sua presentazione, mentre sorveglia il
cantiere a cui lavora, ne scopriamo le caratteristiche: esercita la
sua autorità ma vuole proteggere la facciata per bene che ha
adottato in pubblico. La figlia Julia, interpretata da Diane Kruger, è una donna fragile, in
contrasto. È storpia e tossicodipendente. Il personaggio ci viene
presentato a letto, mentre indossa soltanto una leggerissima
camicia da notte. Julia nasconde anche un animo sensibile e
innamorato del suo pusher Rodolphe, interpretato da Nicolas
Duvauchelle. Quest’ultimo, in coppia con Ben (Ken
Samaras), rappresenta una variante a metà tra il mondo
criminale, come estrazione, e quello borghese, come
sensibilità.
Samaras in particolare è un noto
rapper francese e per questo film ha dovuto letteralmente cambiare
stile, approccio al modo di esporsi di fronte a un pubblico, sia
pure mediato dalla macchina da presa. Nicolas
Duvauchelle ha già lavorato con Klifa nel 2011 nel film
Le yeux de sa mère. I due attori si
contrappongono così a due veterane del cinema, come la Deneuve e la
Krueger.
Il film è ben costruito e Klifa si
ispira in maniera precisa al cinema di Jean – Pierre
Melville, maestro del noir e del poliziesco, indugiando
anche in oggetti di scena che omaggiano il genere, come il poster
de L’uomo che sapeva troppo di Alfred
Hitchcock. Il regista ritrae inoltre in modo efficace
l’inevitabile scambio che esiste tra borghesia e criminalità e la
conseguente contaminazione reciproca con un sottile richiamo a
La caduta degli dei di
Visconti.
Enrico Brignano e
Serena Rossi hanno sfilato sul tappeto rosso della
Festa del Cinema di Roma 2017 per presentare il nuovo
cortometraggio Disney, Frozen – Le Avventure di
Olaf, in cui tornano a prestare la voce ai personaggi
del pupazzo di neve Olaf e della Principessa Anna, ruoli già
interpretati per Frozen – Il Regno di
Ghiaccio.
Il cortometraggio arriverà al cinema
in testa a Coco, nuovo film Disney Pixar. Di
seguito le foto dal red carpet:
Il mite Doc (Steve
Carell), ex marine e reduce dal Vietnam, si ritrova a
dover affrontare da solo il grande dolore della perdita del figlio,
caduto in Iraq sotto i bombardamenti. Incapace di gestire la
situazione, chiede aiuto a due vecchi amici ed ex commilitoni, Sal
(Bryan
Cranston) e Mueller (Laurence
Fishburne).
Sopravvissuti ad una guerra che li
ha profondamente cambiati, i tre ex Marines adesso svolgono lavori
molto più ordinari; Doc infatti si occupa di amministrazione,
l’esuberante Sal ha aperto un bar tutto e Mueller invece ha trovato
rifugio e consolazione nella religione, diventando un pastore. Dopo
trent’anni passati a tentare di riconquistarsi una nuova normalità,
è proprio la guerra a farli ritrovare, spingendoli ad intraprendere
un viaggio di crescita e redenzione.
Adattamento per il cinema
dell’omonimo romanzo di Darryl Ponicsan, nonché
sequel del film del 1973 The Last Detail – anch’esso
tratto da un romanzo sempre dello stesso autore -, Last
Flag Flying è l’ultima fatica cinematografica di
Richard Linklater, presentato in anteprima alla
dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Dopo aver stregato il mondo intero
qualche anno fa con il suo meraviglioso Boyhood,
Linklater questa volta ci regala un film completamente diverso da
qualsiasi cosa vista finora, un film lontano dalla sua estetica e
dal suo stile ma non per questo meno convincente.
Last Flag Flying
racconta di uno strampalato viaggio on the road compiuto da tre
personaggi davvero bizzarri, segnati da un passato oscuro e
desiderosi, chi più chi meno, di fare ammenda. Utilizzando la morte
del figlio di Doc come espediente narrativo, Linklater fa
un’interessante riflessione sulla morte, la guerra e l’ingombrante
patriottismo americano, trasformando però di fatto il suo film in
un tragicomico inno alla vita.
Last Flag Flying
Pregno di una comicità molto
sofisticata ma diretta, Last Flag Flying ci fornisce un ritratto
dell’America ben poco lusinghiero ma poi non così lontano dalla
realtà. Grazie ad uno straordinario Bryan Cranston e al suo spassoso Sal,
scopriamo un Linklater assai cinico e a tratti sacrilego, pronto a
sparare a zero sugli States senza mai fare marcia indietro.
Simile per stile a Elizabethtown –
film del 2005 diretto da Cameron Crowe -, Last Flag
Flying è un film di un Linklater molto più maturo e
consapevole che non ha paura di osare e che si muove tra i generi
cinematografici differenti con estrema grazia e leggerezza. Un film
quindi importante e a tratti scomodo ma che farà impazzire
spettatori di ogni età.
Il 6 gennaio 1994, Nancy
Kerrigan, pattinatrice di figura in procinto di
partecipare alle Olimpiadi Invernali, viene aggredita e le viene
spezzato un ginocchio. La FBI non
ci metterà molto a risalire ai colpevoli e a Tonya
Harding, altra pattinatrice, anche lei proiettata verso la
competizione. I,
Tonya racconta di questo fatto di cronaca,
facendone il culmine di una biografia intelligente e graffiante,
dedicata all’atleta interpretata da Margot Robbie, qui anche in veste di
produttrice.
Alla regia Craig
Gillespie (esordio con Lars e una
ragazza tutta sua) che sceglie di intrecciare le
interviste, realmente rilasciate dai principali protagonisti della
vicenda (ricostruite con gli attori), ai fatti. Margot Robbie, balzata agli occhi del mondo
con prepotenza dopo The Wolf of Wall
Street, sfodera le sue qualità più autentiche che
esulano dalla sola bellezza.
L’attrice australiana si
trasforma, prima che fisicamente, nei gesti e nei
movimenti, nella voce e nell’accento, per portare in vita una
figura controversa, un’atleta e una cialtrona, una combattente e
una vittima, una donna complessa come la sua storia personale,
continuamente tesa tra la violenza della sua sfera privata e la
disciplina, la grazia, l’eleganza del pattinaggio, caratteristiche
che per lei hanno sempre rappresentato un ostacolo importante. Una
trasfigurazione, quella della Robbie, che parte
dall’interno e arriva alla frangetta cotonata anni ’90 e alle
fattezze fisiche, leggermente più massicce rispetto a quelle che
madre natura le ha dato.
I, Tonya, il nuovo film di Craig
Gillespie
Cresciuta in una famiglia modesta,
Tonya ha dovuto fronteggiare da subito una madre despota, che
sembrava non nutrire alcun amore per la bambina e la ragazza,
un’altra donna controversa, interpretata da Allison
Janney, alla prova con un ruolo sgradevole e scomodo.
Sotto l’occhio di
Gillespie, il racconto procede spedito, serrato,
con diversi momenti in cui si rompe la quarta parete e i
protagonisti si rivolgono allo spettatore, continuamente chiamato
in causa a testimone del fatti. Un tono che a tratti diventa
commedia nera, a tratti assume le vesti di un heist movie
sbilenco, con personaggi surreali eppure basati su persone che
hanno effettivamente agito come si vede nel film.
La donna e l’atleta
Il fatto di cronaca, culmine della
seconda parte del film, diventa la conclusione di una vicenda
sportiva che nemmeno per un minuto smette di essere anche umana.
Tonya ha dovuto fronteggiare per tutta la sua vita
violenza e sofferenza, abituata soltanto a questo tipo di contatto
umano e a dinamiche dispotiche. Una pressione che una persona
normale non riuscirebbe mai a sopportare, una solitudine estenuante
per ogni persona comune, ma che gli atleti che si giocano anni di
allenamento in pochi minuti conoscono bene.
Il film è il ritratto di una donna
che non riesce a “stare al gioco”, non riesce a scendere a
patti con le regole di apparenza e perbenismo. Un’atleta senza
costumi costosi, una donna senza una famiglia tradizionale e
armoniosa non può vincere e rappresentare gli USA di fronte al
mondo. Poco importa che sia stata la prima donna, nella storia del
pattinaggio americano, ad eseguire un triplo axel.
I, Tonya e la determinazione di Margot
Robbie
I, Tonya pone un
forte accento su questo aspetto, lasciandolo continuamente a fare
da sfondo a tutta la vicenda. Il film insiste sull’indigenza in cui
è cresciuta la protagonista, sull’impossibilità di avere le stesse
chance di chi invece, magari meno dotato, nasce in un contesto
benestante.
Oltre al privato, Gillespie mette
così in scena anche il pubblico, il sociale, caricando
ulteriormente la storia di spessore. Ma basterebbe già solo lo
stile adottato, le performance, l’assurdità della vicenda, la
scrittura, per rendere I, Tonya un prodotto non
solo valido, ma brillante, onesto, brutale. Questo e la
determinazione di una Margot Robbie che si rivela davvero una
scoperta (o una conferma?) portentosa.
L’America vuole qualcuno da odiare o da amare
Ma non si fa in tempo ad archiviare
uno scandalo che la stampa già corre dietro ad altro, dimostrandosi
la vera e propria history maker del nostro tempo. Mentre le troupe
televisive accampate fuori dalla casa di Jeff
Gillooly (ex marito, interpretato da Sebastian Stan) smontano le proprie
attrezzature, prima che i condannati vengano portati in prigione,
la tv manda le immagini dell’arresto di O.J.
Simpson.
Era il giugno del 1994, appena sei
mesi dopo l’aggressione subita da Nancy Kerrigan,
e l’attenzione dell’America si concentrava sul più grande scandalo
della sua storia, fino a quel momento. Perché gli americani
vogliono qualcuno da amare, vogliono qualcuno da odiare, e vogliono
che sia semplice farlo.
Stronger apre con
il 15 Aprile 2013 un’evento catastrofico scosse le vite di
tantissime persone in una delle città più tranquille del Nord
America: due ordigni vennero fatti esplodere tra la folla al
traguardo della Maratona di Boston, un attentato che portò alla
morte di 3 persone e oltre 50 feriti. I numerosi fotografi presenti
all’evento immortalarono fin da subito la tragica situazione e
alcune foto in particolare fecero il giro del mondo, portando in
prima pagina uomini e donne che ne divennero così involontariamente
protagonisti e simbolo.
Jeff Bauman fu uno di loro: coperto
di sangue, su una sedia a rotelle accompagnato da un uomo con il
cappello da cowboy, guardava confuso davanti a se mentre realizzava
di aver appena perso le gambe nell’esplosione. Lui incarnò così il
simbolo del “Boston Strong” quella forza di riprendersi, non
arrendersi davanti al nemico e andare avanti, anche se con due arti
in meno.
Quello che però quella fotografia
non raccontava e quello che le persone però non potevano capire,
era ciò che quel ragazzo stava passando. Ed è questa storia, questo
spaccato di vita di una persona qualsiasi che si ritrova per caso
al centro di uno degli attentati più feroci di quegli anni, che
viene raccontata in Stronger, film di
David Gordon Green presentato in Selezione
Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma 2017.
In Stronger Jeff (Jake
Gyllenhaal) è un ragazzo che lavora in un grande
supermercato della zona, abita con la sconclusionata e rumorosa
madre divorziata (Miranda Richardson) e vive le
partite di baseball al Fenway Park come la sua religione. Come
tanti ragazzi della sua età non riesce ad impegnarsi seriamente e
per questo motivo Erin (Tatiana Maslany) continua
a lasciarlo: è interessata a lui ma molto frustrata dal suo
comportamento. Quando scopre che lei correrà la Maratona per
raccogliere fondi per l’ospedale in cui lavora, Jeff decide di
andare a fare il tifo per lei al traguardo per accoglierla con un
grande cartellone e così, magari, riconquistarla. Il resto,
purtroppo, è storia.
Recensione del film Stronger
Bauman fu essenziale nelle
investigazioni che portarono alla cattura del secondo terrorista,
ma ciò che i media non raccontarono, fu svelato da lui un anno dopo
l’attentato in un libro memoir scritto insieme a Brett
Witter. Ed è proprio in questa zona d’ombra, che il film
di David Gordon Green si focalizza. Non tanto
sull’attentato in se, già portato sullo schermo egregiamente da
Mark Wahlberg in Boston-Caccia
all’uomo, uscito lo scorso aprile, ma sul “dopo”. Grande
attenzione nei dettagli, alle espressioni del viso, a gli sguardi
tra i personaggi, alle emozioni trattenute e a quelle sfociate
all’improvviso con violenza, ma soprattutto grande cura nel voler
mostrare anche le parti più brutte, intime e nascoste e tutto
quello che può passare nella testa di una persona in quella
situazione.
Jake Gyllenhaal ancora una volta si conferma
un grande interprete, capace di esprimere il dramma dello stress
post-traumatico, anche solo attraverso un silenzio. Peccato non
aver avuto da lui una scena di quelle che possono consacrare una
performance, quasi che non sia riuscito a sfogare tutto il mondo di
pensieri ed emozioni che era riuscito a capire e fare suo. Ma
Stronger è senza dubbio un film corale: certo il
trauma lo ebbe Jeff, ma come in un classico effetto domino, la
cosa si ripercosse su tutte le persone intorno a lui e così, il
cast variegato ha dato un grandissimo supporto a Gyllenhaal.
Nonostante tutte queste premesse
però, c’è qualcosa che manca. Forse perché è difficile empatizzare
con il protagonista, forse perché se si levasse l’attentato
dall’equazione la storia non sarebbe così speciale o forse perché
semplicemente non ci troviamo davanti ad un eroe, cosa che Bauman
sa bene. Ma questo è allo stesso tempo anche il punto di forza del
film, perché ci ritroviamo sullo schermo la storia di una persona
normale, che come tutti fa errori, si complica la vita, sbaglia,
impara e, infine, si riprende.
Stronger è un film
che commuove, colpisce, fa arrabbiare ma che ti lascia anche tanta
positività, perché se ce l’ha fatta Jeff Bauman a
rialzarsi, perché non dovremmo noi?
A 45 anni dall’esordio, arriva su
grande schermo Mazinga Z Infinity, il nuovo film
della Toei Animation
con protagonista il capostipite dei mech nato dalla mente di
Go Nagai.
In un mondo futuristico e pacifico,
la tecnologia dell’energia fotonica ha rivoluzionato il modo di
vivere, l’eroe di guerra Koji Kabuto si è ritirato
dalla prima linea, trasformandosi in un ricercatore, mentre
Tetsuya continua a combattere a bordo del suo
robot. Ma quando alle falde del Fuji viene fatta una misteriosa e
minacciosa scoperta, gli eroi di ieri e di oggi dovranno far fronte
comune per arginare una nuova minaccia che mira a distruggere la
Terra.
Tecnicamente, la scelta vincente di
Mazinga Z Infinity consiste nell’utilizzo armonico
di CGI e animazione tradizionale, tecniche che si
fondono alla perfezione specialmente nelle concitate scene di
battaglia.
Con una efficace operazione
nostalgia, il nuovo lungometraggio d’animazione della Toei mette i
fan storici del robot gigante di fronte a una realtà tragica: il
tempo passa inesorabile, e se l’affetto verso il ricordo del fan
bambino resta immutato, l’approccio degli adulti verso un
linguaggio così buonista risulta adesso difficile da digerire, con
tanto di tirate paternaliste su quanto sia importante avere una
famiglia e dei figli.
#RomaFF12: Go Nagai racconta il
suo Mazinga Z Infinity
La scelta di Mazinga Z
Infinity è quella di accorpare generazioni e personaggi
(Koji e Tetsuya), costruendo un film proiettato verso il futuro,
magari il primo tassello di un nuovo franchise, un nuovo inizio.
L’ecosostenibilità, l’importanza dei valori della famiglia e
dell’eredità regalano un quadro ottimista per quanto didascalico
che riesce a dare coesione al film, rimanendo fedele alle tematiche
più care all’originale.
Nell’Era cinematografica
post-Pacific Rim, quando Godzilla e King Kong stanno finalmente
congiungendosi ufficialmente sul grande schermo in quello che
promette di essere un nuovo universo condiviso, l’ennesimo, il
ritorno di Mazinga, il primo dei mech, sul grande schermo nella sua
indissolubile connessione con il Paese in cui è nato, riappropria
la cultura giapponese di uno dei fenomeni più caratterizzanti
dell’anime e della cultura del Sol levante.
Mazinga Z
Infinity rientra a pieno nel fenomeno delle
operazioni nostalgia che non prova a parlare al pubblico di oggi,
ma ai fan storici, ormai adulti ma ancora amanti del mecha.
Con l’arrivo
dei Guardiani della
Galassiain Avengers
Infinity Warmolti fan del Marvel Cinematic
Universesi chiedono da tempo quale evoluzione di
Groot dovranno aspettarsi dalla pellicola diretta
dai fratelli Russo. A rivelare alcuni
dettagli sul personaggio ci ha pensato Vin
Diesel, storica voce di Groot.
“Sì, interpreto teenage
Groot. È davvero divertente, molto divertente. Non posso dire
molto a riguardo, ma sta maturando e vedrete una sua versione
teenager che troverà un mentore a cui guardare e su cui modellarsi.
Il personaggio è eccezionale e i film saranno fantastici. Abbiamo
un cast meraviglioso e due grandissimi registi. I Russo permettono
agli attori di amalgamarsi sulle scene e permettono ad ognuno di
noi di avere i nostri momenti”.
La sinossi: Mentre
gli Avengers continuano a proteggere il mondo da minacce
troppo grandi per un solo eroe, un nuovo pericolo emerge dalle
ombre cosmiche: Thanos. Despota di intergalattica scelleratezza, il
suo scopo è raccogliere le sei gemme dell’Infinito, artefatti di un
potere sconfinato, e usarle per piegare la realtà a tutto il suo
volere. Tutto quello per cui gli Avengers hanno combattuto ha
condotto a questo punto – il destino della Terra e l’esistenza
stessa non sono mai state tanto a rischio.
Avengers:
Infinity War arriverà al cinema il 4 Maggio
2018. Christopher Markus e Stephen
McFeely si occuperanno della sceneggiatura del film,
mentre la regia è affidata a Anthony e Joe
Russo.
Il cast del film al momento è
composto da Cobie Smulders, Benedict Cumberbatch,
Chris Pratt, Vin Diesel, Scarlett Johansson, Dave Bautista, Karen
Gillan, Zoe Saldana, Brie Larson, Elizabeth Olsen, Robert Downey
Jr., Sebastian Stan, Chris Hemsworth, Chris Evans, Tom Holland,
Bradley Cooper, Samuel L. Jacksson, Jeremy Renner, Paul Rudd, Peter
Dinklage, Mark Ruffalo, Josh Brolin, Paul Bettany, Benedict
Wong, Pom Klementieff e Chadwick
Boseman.
Nonostante solo pochi giorni fa
Jeff Goldblum abbia rilasciato
alcune dichiarazioni sul ritorno di Ian Malcom
in Jurassic World: Il Regno
Distrutto, l’attore è tornato nuovamente sulla
questione rivelando che la sua sarà una “breve” partecipazione al
film che vede protagonisti Chris
Pratt e Bryce Dallas
Howard.
“Si tratta di una piccola parte, potrebbero tagliarla
interamente! Ma se rimarrò sarò un rametto di prezzemolo o un
piccolo contorno, ma spero con un certo impatto!”.
Il film uscirà al cinema
il 22 giugno 2018. Chris
Pratte Bryce Dallas
Howardtorneranno nei panni dei protagonisti. Nel
cast anche Geraldine Chaplin. Alla regia ci
sarà Juan Antonio Bayona (The
Impossible, A Monster Calls). Nel cast
anche Daniella Pineda in un ruolo
importante, Justice Smith, Toby Jones, James
Cromwell e Rafe Spall.
Jurassic World: Il Regno
Distrutto si baserà su una sceneggiatura
di Derek Connolly e Colin
Trevorrow. A produrre la pellicola
saranno Belén Atienza, Patrick Crowley e Frank
Marshall. Produttori esecutivi invece
saranno Steven Spielberg, Colin Trevorrow e Thomas
Tull.
Thor: Ragnarok è in finalmente giunto
nelle nostre sale con una durata di circa 130 minuti. Tuttavia in
origine il regista Taika Waititi era
intenzionato a non sforare le 2 ore di durata, chiudendo la
pellicola a circa 100 minuti. A chiarire il perché di questo cambio
di rotta ci ha pensato lo
stesso Waititi in una recente
intervista:
“C’è stato un tempo in cui la
durata era di 100 minuti. Avevamo anche finito i reshoots quindi
sapevamo che saremmo arrivati a questa durata, credevo veramente
che ci saremmo fermati sui 100 minuti o comunque non oltre le 2
ore. Tuttavia dopo il Comic Con abbiamo deciso di inserire altre
battute nel film.”
Dunque potremmo dire che l’ottima
accoglienza da parte del pubblico di questa inedita vena comica
della serie ha di fatto portato la produzione ad allungare la
pellicola inserendo nuovi intermezzi “comici”.
Thor:
Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast
del film Chris
Hemsworthsarà ancora Thor; Tom
Hiddleston il fratello adottivo
di Thor, Loki; Il vincitore del Golden Globe
e Screen Actors Guild Award Idris
Elbasarà la sentinella di Asgard, Heimdall;
il premio Oscar Sir Anthony
Hopkinsinterpreterà nuovamente Odino, signore di
Asgard.
Nelle new entry invece si annoverano il premio
OscarCate
Blanchett (Blue
Jasmine, Cenerentola)
nei panni del misterioso e potente nuovo cattivo
Hela, Jeff
Goldblum(Jurassic
Park, Independence Day:
Resurgence), che sarà l’eccentrico
Grandmaster, Tessa
Thompson(Creed, Selma)
interpreterà Valkyria, mentre Karl
Urban(Star
Trek, il Signore degli Anelli: il
ritorno del re) aggiungerà la sua forza nella mischia
come Skurge. Marvel ha anche confermato
che Mark
Ruffaloriprenderà il suo ruolo di Bruce Banner /
Hulk nel sequel.
La trama di Thor:
Ragnarok – “In Marvel Studios’ Thor Ragnarok, Thor è
imprigionato dall’altro lato dell’universo senza il suo formidabile
martello e si trova in una corsa contro il tempo per tornare a
Asgard per fermare il Ragnarok, la distruzione della sua casa e la
fine della civiltà asgardiana, dalle mani di una nuova e potente
minaccia, la spietata Hela. Ma prima deve sopravvivere a una
mortale lotta tra gladiatori che lo metterà contro uno dei suoi
amici Avengers, l’incredibile Hulk.