La Svastica nel
Ventre è il film del 1977 diretto da Mario Caiano con protagonisti nel
cast Sirpa Lane, Giancarlo Sisti, Roberto Posse e
Marzia Ubaldi.
A partire dagli anni ’70 molti
autori e registi sembrano restare affascinati dalle malvagità e
dalle nefandezze del regime nazista, tanto da restituire nelle loro
pellicole un ritratto scandaloso, erotico e perverso del Reich e di
tutti coloro che avevano contribuito alla sua macabra ascesa.
Secondo la critica, si trattava in
realtà dell’unica possibilità per le piccole case di produzione di
realizzare horror a basso budget esplorando i nuovi sentieri del
marketing: film come Salon Kitty
(Tinto
Brass, 1976), Ilsa la
Belva delle SS, La Bestia in Calore, Il Portiere di
Notte (Liliana Cavani, 1974)
o Il Fantasma di Sodoma di Lucio Fulci-
datato, però, 1988- contribuiscono a creare un vero e proprio
sottogenere cinematografico ribattezzato
nazisploitation, (che si colloca nel
macro- genere dell’exploitation tanto in voga negli anni
’70) Erossvastica o porno- nazi, proprio perché
tutte le pellicole erano accomunate da un gusto particolare per
l’erotismo violento, i film di guerra e la classica tipologia da
women- in- prison film.
Nel 1977 il regista Mario
Caiano, con lo pseudonimo di William
Hawkins, dirige un cult del genere che ha,
addirittura, influenzato Quentin Tarantino nelle
sue scelte cinefile, nonché nella realizzazione dello script di
Inglourious Basterds: La
Svastica nel Ventre – questo il titolo- racconta la
storia di Hannah, una giovane ebrea moglie di un militare tedesco,
che viene catturata dalle SS dopo che la sua famiglia è stata
sterminata. Internata in un campo di concentramento, viene
costretta a subire in silenzio violenze e soprusi, finché non viene
notata per la sua bellezza da un alto ufficiale che prima la fa
trasferire in un bordello per soldati e poi, dopo essersi invaghito
di lei, la fa diventare sua amante affidandole la direzione di un
altro bordello di lusso: questa lenta discesa negli inferi rientra
nel piano della donna per vendicarsi dei suoi aguzzini, nonostante
lo sforzo titanico del marito per ritrovarla e salvarla.
La trama del film ha palesemente
ispirato Tarantino nella stesura dello script di
Bastardi Senza Gloria, a partire dalla scelta
della protagonista: una donna che ha vissuto sulla sua pelle
l’odio, la violenza, l’orrore e che decide di portare avanti la sua
vendetta- tremenda e spietata- a qualunque prezzo, fino a
sacrificare la propria vita. Hannah come Shosanna (notare anche la
curiosa assonanza dei due nomi): figure femminili dominanti, in
entrambi i casi due storie di guerra atipiche dove il fil rouge è
proprio la vendetta, quella possibilità per il più debole, per la
parte lesa della situazione, di diventare per la prima volta
fautore del proprio destino e delle proprie scelte, ribellandosi
all’oppressore e alle sue torture.
Tecnicamente il film non brilla
certo per la perizia tecnica: presenta delle ingenuità registiche
notevoli, delle ricostruzioni d’epoca improbabili e delle scelte
paesaggistiche improprie che non permettono ad un’idea interessante
di avere il giusto sviluppo diegetico, rendendola un po’ figlia del
suo tempo e relegando il film al cimitero cinefilo destinato ai
patiti del genere.
Nel trentesimo anniversario del
disastro di Černobyl’ (26 aprile 1986), il cinema
ricorda il più grave incidente mai verificatosi in una centrale
nucleare con un film, La Supplication di
Pol Cruchten, che avrà la sua anteprima
mondiale al 27. Trieste Film Festival domani,
sabato 23 gennaio, alla presenza dell’autore.
Tratto dal romanzo “Preghiera
per Černobyl’. Cronaca del futuro” del premio
Nobel Svetlana Aleksievič (un classico
contemporaneo tradotto in tutte le lingue del mondo occidentale) il
film trova nello straordinario lavoro della scrittrice
un’inesauribile fonte di ispirazione, rielaborando le testimonianze
raccolte per il libro in una forma cinematografica non
convenzionale.
“Le voci che danno forma a
La supplication – spiega il regista – sono innumerevoli e di
diverso tenore. Sono voci che ci parlano direttamente e
testimoniano quella catastrofe di proporzioni universali. Ci
toccano con la loro autenticità, la loro intelligenza, il loro
coraggio e la loro umanità. E ci toccano anche perché sono più che
mai pertinenti e rilevanti. Il materiale nel libro di Svetlana
aveva già un suo fascino universale. In quel libro lei parlava non
solo delle conseguenze della catastrofe nucleare ma anche della
natura, della Terra, degli uomini che si mettono al posto di Dio,
della paura e della fiducia nel futuro, della Fede e dell’amore. In
poche parole, della nostra condizione umana“.
Giunto quest’anno alla 27. edizione,
il TRIESTE FILM FESTIVAL è il più
importante appuntamento italiano con il cinema dell’Europa
centro-orientale: nato alla vigilia della caduta del Muro
di Berlino (l’edizione “zero” è datata 1987),
il festival continua ad essere da quasi trent’anni un
osservatorio privilegiato su cinematografie e autori spesso poco
noti – se non addirittura sconosciuti – al pubblico italiano, e più
in generale a quello “occidentale”. Più che un festival, un
ponte che mette in contatto le diverse latitudini dell’Europa del
cinema, scoprendo in anticipo nomi e tendenze destinate ad imporsi
nel panorama internazionale.
La Summit
Entertainment si è assicurata i diritti di un’idea
originale per un nuovo film Sci-Fi scritto da Olaf de
Fleur, famoso per aver scritto e diretto City
State. The Hollywood reporter
Kristen Stewart si sta decisamente
dando da fare per costruire al meglio la sua immagine di attrice
completa, senza adagiarsi sugli allori che la Bella di Twilight le
sta offrendo in tutto il mondo.
Sony Pictures sta gettando le basi per
un film che presenterà la famosa strega Sabrina, protagonista del
fumetto americano “Sabrina the Teenage Witch”, alla stregua
Un nuovo splendido poster per
Il
Grande e Potente Oz di Sam Raimi, atteso nuovo
adattamento dell’intramontabile storia fantasy, con un cast
d’eccezione che comprende
James Franco,
Michelle Williams,
Mila Kunis,
Rachel Weisz,
Abigail Spencer e Zach Braff. La locandina ritrae una delle
streghe più famose della storia: La strega dell’Ovest. La
Sceneggiatura è stata scritta da Mitchell Kapner, David
Lindsay-Abaire, mentre l’uscita è stata fissata per in Italia per 7
Marzo 2013.
“Penso quasi che si potrebbe
mettere ‘basato su una storia vera’ prima di ogni spettacolo,
perché tutti i migliori spettacoli provengono da un certo posto
all’interno di qualcuno“. Questo è ciò che lo scrittore e
interprete Richard Gadd, che interpreta il
protagonista Donny Dunn nel nuovo show di successo di
Netflix,
Baby Reindeer, dice al The Guardian riguardo al
tema dell’ispirazione dal proprio io per raccontare una storia. E,
sì, ha ragione. La maggior parte degli artisti scava nei propri
sentimenti più profondi o addirittura nelle proprie esperienze più
oscure quando crea un nuovo lavoro. Tuttavia, c’è ancora una
differenza tra una storia basata su eventi reali e una
completamente inventata. Mentre la seconda può avere una certa
somiglianza, accidentale o meno, con persone reali, la prima è un
resoconto di qualcosa che è realmente accaduto nel mondo reale.
Baby Reindeer è una serie
basata su eventi reali. Lo show, della durata di otto
episodi, segue l’alter ego del suo creatore, Donny Dunn
(interpretato dallo stesso Gadd), mentre viene tormentato da un
implacabile stalker. Mentre nomi come Martha (Jessica
Gunning), Teri (Nava Mau) e Darrien (Tom
Goodman-Hill) sono stati scelti unicamente per raccontare una
storia, tutti questi personaggi hanno delle controparti al di fuori
dello schermo. Non dovrebbe essere una sorpresa: Baby
Reindeer è una di quelle storie così intime e brutalmente
oneste che sarebbe strano se non fosse basata su qualcosa che il
suo autore ha vissuto. Diventata un successo per Netflix,
attualmente al primo posto in tutto il mondo, la miniserie ha
spinto i fan a cercare di capire la vera identità dei personaggi
che compaiono nello show. Il problema è che questa potrebbe non
essere una buona idea…
Baby Reindeer racconta la
relazione tra un uomo e il suo stalker
Baby Reindeer
inizia in modo abbastanza innocente con una donna che entra in un
pub senza soldi e a cui il barista offre una tazza di tè offerta
dalla casa. Tuttavia, per Donny e Martha, questo simpatico scenario
si rivela un punto di svolta che trasformerà le loro vite in un
incubo. Donny, aspirante comico con l’e-mail facilmente reperibile
sul suo sito web, viene immediatamente inondato di messaggi
dall'”iPhone” di Martha, che vanno dall’affascinante al
sessualmente esplicito, fino al limite della violenza. All’inizio
Donny non se ne rende conto, ma ha trovato una stalker che lo
tormenterà per anni a spese del suo benessere fisico e mentale. Con
il tempo, arriverà anche a tormentare i suoi genitori e ad
aggredire fisicamente le sue precedenti e attuali fidanzate.
Donny non sa esattamente come
affrontare l’interesse di Martha per lui. Per un po’,
addirittura lo accoglie e lo incoraggia, perché ha i suoi demoni da
affrontare. Infatti, anni prima di incontrare Martha,
Donny era stato preso sotto l’ala di un comico più anziano e di
maggior successo che lo aveva adescato, drogato e violentato
ripetutamente. Questo ha lasciato un segno nell’immagine di sé di
Donny e il fatto di tenere tutto segreto ha avuto ripercussioni sul
suo rapporto con gli altri. Così, quando Martha capisce che è stato
ferito e si complimenta con lui per i suoi tratti forti,
Donny non può fare a meno di sentirsi visto e persino
amato. Inoltre, c’è una certa ironia nel consegnare alla
polizia questa donna chiaramente malata di mente, ma non l’uomo
violento che lo ha ferito tanti anni prima.
Baby Reindeer è basato su due
spettacoli teatrali di Gadd
Sia lo stalking che l’abuso
descritti in Baby Reindeer sono eventi reali
accaduti nella vita di Richard Gadd. Inoltre, Baby
Reindeer non è la prima volta che lo scrittore e
interprete parla del suo trauma. La serie di
Netflix è un amalgama di due one-man show che Gadd
ha messo in piedi negli ultimi dieci anni. Il primo, in cui
esorcizza i suoi demoni di violenza sessuale mentre corre su un
tapis roulant inseguito da un gorilla, si chiama Monkey See Monkey
Do. Acclamato dalla critica, lo spettacolo ha vinto gli Edinburgh
Comedy Awards 2016. Il secondo one-man show, Baby
Reindeer del 2019, ha esordito al fringe di Edimburgo, è
passato al West End e ha fatto vincere al suo creatore un Olivier
Award, uno dei più alti riconoscimenti del teatro britannico.
Questi due spettacoli entrano a far
parte della miniserie Netflix Baby Reindeer sotto
forma di una sfuriata non programmata che Donny sfoga durante uno
sfortunato spettacolo comico. La sfuriata diventa poi virale,
spingendo la sua stalker, che si era presa una pausa dalla sua
vita, a tornare e a minacciare di raccontare ai suoi genitori
quelli che lei percepisce come difetti della sua mascolinità: lo
stupro, le sue esperienze sessuali con gli uomini, la sua relazione
con una donna trans… Si tratta, in effetti, di una rappresentazione
in qualche modo romanzata di ciò che è accaduto a Gadd nella vita
reale dopo la prima di Monkey See Monkey Do. Al Guardian, il comico
ha raccontato di come lo spettacolo abbia riportato la sua stalker
nella sua vita e di come lei abbia minacciato di riprendere a
chiamare i suoi genitori. Tuttavia, il loro sostegno e il caloroso
abbraccio del pubblico lo hanno aiutato ad andare avanti.
Quanto sappiamo della vera storia
di Baby Reindeer?
Questo è il caso di molto di ciò
che vediamo in Baby Reindeer: Gadd ha alterato
molti fatti ed eventi per scopi drammatici o per tenere al sicuro
l’identità di altri, persino dei suoi abusatori. Dopo tutto, quando
parla della vera Martha, il cui nome potrebbe essere qualsiasi
cosa, da Abigail a Zelda, è categorico sul fatto che non è l’unica
persona da incolpare per quello che è successo. “Sarebbe
ingiusto dire che lei era una persona orribile e io una
vittima“, ha detto al Guardian quando è uscita la commedia.
“Non mi sembrava vero“. Gadd è ben consapevole di aver
gestito l’intera situazione in modo estremamente scorretto e che il
suo stalker è una persona con problemi mentali. Per questo motivo,
il suo spettacolo è estremamente attento a non rendere mai nota la
sua identità.
“Abbiamo fatto di tutto per
camuffarla al punto che non credo si riconoscerebbe“, ha detto
a GQ. “Quello che è stato preso in
prestito è una verità emotiva, non un profilo di qualcuno fatto per
fatto”. Quindi, della stalker di Gadd si sa ben poco, a parte il
fatto che, in sei anni, lo ha tormentato con 41.071 e-mail, 744
tweet e 350 ore di segreteria telefonica. Per non parlare del caos
che ha provocato nella vita delle persone a lui vicine. Nemmeno il
suo destino è noto: mentre nella serie Martha viene arrestata e
condannata al carcere, Gadd è estremamente riservato quando si
tratta di parlare di ciò che è accaduto alla sua stalker.
Lo stesso vale per Darrien, la
controfigura del comico più esperto che ha abusato di Gadd
all’inizio della sua carriera. Quello che lo spettacolo ci racconta
è la verità emotiva di Gadd e uno schema di base degli eventi. I
nomi reali non vengono mai fatti. Nella serie, Darrien lavora per
uno show televisivo fittizio chiamato Cotton Mouth e attira Donny
nel suo mondo con promesse di ricchezza e fama. Se il vero Darrien
avesse o meno un lavoro in TV è qualcosa che non sapremo mai, e
questo per volontà di Gadd.
Perché le persone non dovrebbero
andare alla ricerca della vera Martha o Darrien
Purtroppo, questo non ha impedito
ai fan di cercare di capire chi sia la vera Martha o il vero
Darrien. Persino uno degli amici di Gadd, il regista Sam Foley, è
stato accusato di essere il vero Darrien. “Vi prego di non fare
ipotesi su chi potrebbero essere le persone reali. Non è questo lo
scopo del nostro spettacolo“, ha implorato Gadd ai suoi
follower su Instagram, un’affermazione che l’interprete di Martha,
Jessica Gunning, condivide ampiamente. E, in effetti, basta un
episodio di Baby Reindeer per capire che si
tratta di una serie su come le persone ferite interagiscono tra
loro, invece di puntare il dito. Tuttavia, c’è qualcosa nelle
parole “storia vera” che non lascia
tranquilli.
Alla
fine, ci sono ottime ragioni per non andare alla ricerca della
vera identità di Martha e Darrien. Innanzitutto, si tratta di
rispettare la volontà di Gadd. Questa è la sua storia da
raccontare, e dovrebbe poterla raccontare secondo le sue
condizioni. Non è raro che le persone abusate non siano pronte a
confrontarsi con i loro abusatori, e non dovremmo forzarle.
Inoltre, c’è lo stato mentale della vera Martha: come Gadd stesso
afferma più volte, è una donna malata e come tale merita la
sua privacy.
Ma, soprattutto, non dovremmo
andare in giro ad accusare persone che non conosciamo di cose che
crediamo abbiano fatto a causa di un programma televisivo. Non solo
è crudele, ma potrebbe essere pericoloso sia per gli accusati che
per gli accusatori: la polizia è stata coinvolta nella vicenda di
Sam Foley, e a contattarla è stato lo stesso Foley. Quindi, sì,
Baby Reindeer è basato su una storia vera e no, non
sappiamo molto di ciò che è realmente accaduto. Ma, ehi,
forse dovremmo lasciar perdere.
La straordinaria vita di David Copperfield
porta al cinema un Charles Dickens che ci stupirà.
Punto cardinale della letteratura popolare inglese, l’autore, che
ha promosso la cura dell’infanzia e ha denunciato attraverso i suoi
romanzi la condizione in cui versavano i più deboli all’inizio
dell’epoca vittoriana, non era mai stato rappresentato al cinema o
in tv con un approccio tanto fresco, libero, moderno, fedele allo
spirito più che alla storia. A farlo è Armando
Iannucci, che firma il suo primo film non vietato ai
minori, insieme a Simon Blackwell, che collabora
alla sceneggiatura e all’adattamento del romanzo di Dickens.
La storia è quella di David, un
ragazzo che cresce senza padre e che si trova costretto a crescere
in una fabbrica di cristalli a Londra quando la madre si sposa con
un uomo burbero e intransigente, che vede il ragazzo come un
ostacolo. Lo manda quindi in città, dove David alimenterà la sua
intelligenza e crescerà bene, remissivo ma non certo sciocco, in
mezzo alle brutture del mondo. Diventato un giovane uomo e messo al
corrente della morte della madre, David abbandona la fabbrica e si
rivolge ad una zia, sorella del padre, che si prenderà cura di lui
e lo aiuterà a concludere gli studi ed a trovare lavoro. Di nuovo
in città, con tutt’altre prospettive, David lotterà per trovare la
sua strada, sempre attratto dalle parole, dalle storie,
dall’esigenza di raccontare la sua.
La straordinaria vita di David Copperfield è
un adattamento dal classico di Charles Dickens che
si distingue per due caratteristiche fondamentali, che ne attestano
unicità e valore. In primo luogo, l’adattamento del regista
Iannucci, insieme allo sceneggiatore Blackwell, è una
modernizzazione mai vista prima dell’opera più personale di Dickens
stesso. La storia si apre con lo stesso David che racconta in prima
persona la sua vita, racconta la sua nascita e quello che non
poteva ricordarsi, fino all’infanzia, dove tutto appare più
colorato e vivace di come è in realtà, la sua fantasia,
l’immaginazione, la passione per giocare con le parole e metterle
ferme su carta, fino all’età adulta alla ricerca della fortuna, al
trovare un amore, una storia, una vita da raccontare, trovare le
parole giuste per la sua stessa storia.
Iannucci racconta tutto con un
spirito leggero, allegro, giocoso, usando uno stile visivo
originale, in cui i racconti dei personaggi prendono vita sui
fondali delle scene, come fossero proiezioni, in cui si viaggia da
un luogo all’altro con balzi in avanti o indietro, da slapstick
comedy, con battute sopra le righe e personaggi bizzarri, assurdi,
a volte sgradevoli, ma sempre accarezzati da una mano
divertita.
Una bella boccata d’aria
fresca rispetto a quanto era stato fatto rpima di adesso con i
personaggi dickensiani, tutti appesantiti dalla polvere vittoriana,
dagli scenari desolanti delle città, dalla Londra iconograficamente
legata al fumo e alla povertà. La straordinaria vita di
David Copperfield è, secondo le parole del regista stesso,
più fedele allo spirito di Dickens che alla storia stessa, come
dimostra anche il casting, che è il secondo elemento di originalità
e pregio del film.
Un trionfo di etnie diverse
Per interpretare i personaggi del
romanzi, tutti bianchi scritti per bianchi, Iannucci sceglie una
varietà di etnie che arricchiscono di colori vivacissimi ogni
singola scena, completamente incurante non solo dei testi
originali, ma anche della genetica, tanto che lo stesso David, ad
esempio, è interpretato da Dev Patel, di origini indiane, e sua
madre e sua zia paterna, ad esempio, sono attrici bianche
(Morfydd Clark e Tilda Swinton). E così la madre del migliore
amico di David, interpretato da un attore caucasico
(Aneurin Barnad) è interpretata da un’attrice di
colore (Nikki Amuka-Bird). Una mescolanza di etnie
che rende il film estremamente contemporaneo, quasi una fotografia
di quello che è diventato adesso il tessuto sociale londinese, in
particolare.
La regia si lascia andare a momenti
molto romantici e toccanti, cambiando rotta e toccando punte di
epica e adagiandosi al sicuro tra le braccia della commedia, non la
caustica a cui il regista scozzese ci ha abituati, ma un linguaggio
vivace e leggero, ma mai superficiale, che fa di La straordinaria vita di David Copperfield un
film adatto alle famiglie di ogni foggia e tipo.
Roberto Andò è uno di
quei registi che negli ultimi anni ha regalato al cinema italiano
film in grado di suscitare domande e riflessioni, spesso attraverso
l’utilizzo di generi diversi. Da Viva la libertà a
Le confessioni, da
Una storia senza nome e
fino Il bambino nascosto. Con quello che ad oggi è il suo
ultimo film, La
stranezza (qui
la recensione) si è poi riconfermato come uno dei più
interessanti registi attivi oggi in Italia. Distribuito nel 2022,
il film porta a riscoprire la figura di Luigi
Pirandello attraverso una storia che, nel pieno
dell’intenzione celebrativa dell’autore premio Nonel, si muove tra
realtà e finzione, divertendo ma anche sollevando importanti
riflessioni sulla natura umana.
Candidato a ben 14 David di
Donatello (vincendo poi quelli per Miglior sceneggiatura originale,
Miglior produttore, Miglior costumista e Miglior scenografo), il
film ha dunque presentato una serie di elementi che hanno subito
attirato l’attenzione della critica e del pubblico, facendo
registrare incassi superiori ai 5 milioni di euro. Si tratta dunque
di uno dei maggiori successi per un film italiano negli ultimi
anni, favorito anche da un crescente passaparola che ha permesso di
rendere tale pellicola sempre più popolare. Indubbiamente la
presenza dei tre principali protagonisti, Toni Servillo e il duo
Ficarra e Picone ha aiutato in
tal senso.
Grazie ora al suo passaggio
televisivo, è dunque questo un titolo da non perdere, meritevole
anzi di più visioni affinché si possano cogliere le sue numerose
sfumature che tanto ci dicono dell’arte cinematografica e teatrale
quanto dell’essere umano e della vita. In questo articolo,
approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a
La
stranezza. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e alla
storia vera a cui si ispira. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama e il cast di La stranezza
Nel 1920, Luigi
Pirandello torna per motivi personali in Sicilia e
all’arrivo a Girgenti apprende della morte dell’amata balia Maria
Stella. Al funerale incontra due becchini, Nofrio
e Bastiano, esseri singolari che per diletto
praticano anche il teatro. Sempre più incuriosito dal fascino
singolare dei due becchini, Pirandello decide di spiarne le prove e
assiste alla prima della loro nuova farsa: La trincea del
rimorso, ovvero Cicciareddu e Pietruzzu. Durante lo
spettacolo, però, accade un evento imprevisto che costringe Nofrio
e Bastiano a interrompere la rappresentazione. Per Pirandello,
presente tra il pubblico, sarà la scintilla che darà forma a quella
stranezza che aveva in mente da un po’.
Ad interpretare Luigi Pirandello vi
è l’attore Toni Servillo, mentre Sebastiano “Bastiano”
Vella e Onofrio “Nofrio” Principato sono interpretati
rispettivamente dal duo comico Salvatore Ficarra e
Valentino Picone. I due sono poi stati candidati
insieme come Miglior attore protagonista ai David di Donatello.
Fanno poi parte del cast l’attrice Giulia Andò nel
ruolo di Santina Vella, sorella di Sebastiano e amante di Onofrio,
mentre l’attore Rosario Lisma è Mimmo Casà e
Aurora Quattrocchi è la balia Maria Stella.
L’attrice Donatella Finocchiaro interpreta invece
Maria Antonietta, mentre Luigi Lo Cascio è il capocomico
e Renato
Carpentieri fa una breve comparsa nel ruolo dello
scrittore Giovanni Verga.
La storia vera e il significato del film
Nel pieno rispetto della poetica
pirandelliana, dove verità e finzione si mescolano continuamente,
anche il film presenta una combinazione di vicende e personaggi
realmente esistiti e altri invece pura invenzione degli
sceneggiatori Roberto Andò, Ugo
Chiti, Massimo Gaudioso. La
stranezza propone dunque un ipotetico antefatto
all’ideazione di Sei Personaggi in cerca
d’autore, inscenando la vicenda di due personaggi in
realtà mai esistiti: i becchini appassionati di teatro
Nofrio e Bastiano. Questi
personaggi servono infatti al film unicamente come presenza che
scatena l’intuizione in Pirandello di quel qualcosa a cui non
riusciva a dare forma.
Nel corso del film, l’autore premio
Nobel è infatti quasi un personaggio secondario, più spettatore che
non attivamente coinvolto nelle vicende. Egli si limita ad
osservare le loro vicende teatrali, trovando ispirazione in esse
per quella serie di tematiche che gli interessava affrontare e che
confluiranno poi in Sei Personaggi in cerca d’autore. Se
dunque gli elementi biografici di Pirandello sono ispirati alla
realtà, dal suo ritorno in Sicilia per il compleanno di
Giovanni Verga fino agli accenni riguardanti la
salute di sua moglie Maria Antonietta Portulano.
Dal momento in cui incontra Nofrio e Bastiano, però, subentra la
finzione.
Sarà dunque osservando le situazioni
di vita quotidiana che i due becchini teatranti portano in scena,
con i loro paradossi, contraddizioni e quelle maschere indossate
per rispettare certe convenzioni, che Pirandello sviluppa l’idea
per Sei Personaggi in cerca d’autore. Opera che, come
mostrato nel finale del film, verrà poi accolta in modo
contrastante al momento della sua prima il 9 maggio del
1921 al Teatro Valle. Il pubblico presente in sala scatenò
infatti una vera e propria rivolta nei confronti di Pirandello,
accusandolo di averli ingannati con una farsa. Nel 1923 l’opera
diverrà però uno dei maggiori successi di Pirandello e lo porterà a
ricevere il Premio Nobel nel 1934.
Per quanto riguarda Nofrio e
Bastiano, invece, il finale del film solleva dubbi non sulla loro
reale esistenza, che sappiamo non trovare conferme nella realtà,
bensì sulla loro effettiva presenza nelle vicende del film. Quando
nel finale Pirandello chiede all’assistente di scena se i biglietti
per i due becchini siano stati ritirati, questi gli dice di non
aver mai ricevuto disposizione di invitare nessuno che
corrispondesse a quei nomi, lasciando il grande autore in preda ai
dubbi. Anche Nofrio e Bastiano sono dunque personaggi inventati
dalla mente di Pirandello? Possibile che l’autore abbia immaginato
tutte le vicende dei film, assistendo dunque ad un mero
manifestarsi dei fantasmi della sua mente?
Sono domande che si pongono anche
gli spettatori di una rappresentazione dei Sei personaggi in
cerca d’autore. Cos’è vero e che cos’è falso? Dove inizia la
persona e dove il personaggio? Nel sollevare tali domande mentre
racconta la finta genesi della vera opera, La
stranezza si dimostra dunque intenzionato a replicare
a sua volta gli espedienti del testo di Pirandello, suscitando
medesime domande e riflessioni sulla natura umana e i confini tra
persona e personaggio. Il film, dunque, ci racconta della celebre
opera non in modo lineare ma ricorrendo a quel teatro nel teatro e
a quella frammentazione della linea temporale teorizzata da
Pirandello, per il quale la vita non segue un corso lineare.
Il trailer di La
stranezza e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di La
stranezza grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Apple
TV e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì
1° maggio alle ore 21:30 sul canale
Rai 1.
Vada come vada, La
stranezza di Roberto Andò resterà un film emblematico, per
la collaborazione tra RAI e Medusa che il regista ringrazia per il
“gesto particolarmente significativo in un momento così difficile”.
E sia come sia, la fantasia del regista sulla “nascita di un
capolavoro che ha cambiato per sempre e in ogni latitudine l’idea
del teatro” potrebbe sostituire gli altri titoli della sua ricca
filmografia nel cuore degli appassionati. Sicuramente quelli di
Ficarra e Picone (qui alla loro prova migliore) e di
Toni Servillo, che offre l’interpretazione di
un Pirandello che difficilmente potremo scindere dall’immagine che
abbiamo del grande autore siciliano.
La stranezza di
Pirandello, e dei suoi amici
Ed è proprio
Luigi Pirandello, in occasione dell’ottantesimo
genetliaco dell’amico Giovanni Verga nel 1920, a intraprendere un
viaggio di ritorno nella sua terra. A Girgenti conosce i due
singolari becchini Nofrio e Bastiano, impegnati per passione nella
preparazione di uno spettacolo teatrale, alle prove del quale lo
scrittore finisce per assistere anche per distrarsi dalla
preparazione della sua nuova commedia, ancora in fieri eppure in
grado di ossessionarlo con visioni spettrali, ricordi, malinconiche
apparizioni.
Invitato da Nofrio e
Bastiano alla prima della loro farsa – La trincea del rimorso,
ovvero Cicciareddu e Pietruzzu – Pirandello assiste alla
trasformazione della recita in una tragedia che coinvolge tutti gli
abitanti presenti nel piccolo teatro. Una resa dei conti totale in
cui a confrontarsi sono la platea e gli attori, alla quale lo
scrittore assiste turbato. Ma che sembra in grado di lasciare un
segno, al punto da spingere l’autore a ricambiare l’invito ai due,
che ritroviamo a Roma, nel 1921, alla prima dei Sei personaggi in
cerca d’autore in programma al Teatro Valle.
Un’opera immortale, un
omaggio unico
Nelle mani di Andò,
questa volta, invece, tutti i personaggi trovano un autore, e una
loro vita, ma soprattutto un equilibrio del quale non si può che
dare i meriti al regista di Palermo. Che fa un lavoro egregio nel
gestire un trio di protagonisti tanto ‘ingombranti’ (per visibilità
e importanza), e ad alternarli in scena, dopo aver realizzato una
sceneggiatura – insieme a Massimo Gaudioso e
Ugo Chiti – di quelle che non si vedono spesso sui
nostri schermi.
Di certo, l’amore per il
soggetto e il ricordo del giorno in cui fu lo stesso
Leonardo Sciascia a regalargli la splendida
biografia di Luigi Pirandello curata da Gaspare Giudice devono
averlo motivato in maniera particolare, ma questo non inficia in
alcuna maniera l’apprezzamento per un risultato sorprendente. Un
film pieno, godibile, ben realizzato, divertente e commovente
insieme, nel quale mito, folklore e fantasia si mescolano rapendo
lo spettatore, felice di abbandonarsi a un’avventura
verosimigliante che gioca con l’esito surreale – eppure reale – che
la storia della nostra letteratura e del nostro teatro ci
raccontano.
La creazione resta
‘Stranezza‘ fino a che non trova una propria voce,
o qualcuno che parli la stessa lingua. E mentre il dramma
rappresentato si sovrappone a quello vero, in un gioco di finzioni
e ambiguità, va svelandosi il paradosso che permea questa strana
commedia, divertente e stratificata. Che gradualmente ci conquista,
prima con l’umorismo più riconoscibile e definitivamente con i
fantasmi di una storia che fa indissolubilmente parte del nostro
DNA.
Quello del vicino di casa misterioso
che potrebbe rivelarsi essere un assassino è uno scenario che il
cinema ha affrontato in numerose occasioni. Da un classico come
La finestra sul cortile fino a Disturbia, film che lo omaggia, passando poi per
titoli come
Il ragazzo della porta accanto. Ad essi nel 2021 si è
unito anche il
thriller diretto da Gordon
Yang dal titolo La strana signora della porta
accanto.
In questo film si mescolano infatti
elementi come l’ossessione, segreti dal passato, follia omicida e
malattia mentale, proponendo dunque un racconto che non può
soddisfare i gusti di ogni appassionato di questo genere. Il film
viene inoltre proposto in prima visione assoluta sulla televisiione
italiana per il ciclo di Rai 1 “Nel segno del giallo”,
dedicato appunto a film di mistero che richiedono un’attenta
partecipazione dello spettatore per cogliere tutti gli indizi
seminati lungo il percorso.
In questo articolo, approfondiamo
dunque alcune delle principali curiosità relative a La
strana signora della porta accanto. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alla spiegazione del finale.
Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel proprio
catalogo.
La trama e il cast di La
strana signora della porta accanto
Protagonista del film è la giovane
coppia formata da Sarah e Kyle Collins. I due, che
aspettano un bambino, si sono appena trasferiti in un nuova casa,
in quello che sembra il quartiere ideale dove crescere un figlio.
Al loro arrivo, quando ancora stanno trasportando le loro cose
nella nuova casa, fanno la conoscenza della loro vicina
Helen, un’anziana signora che vive sola, da quando
qualche anno prima la sua unica figlia Layla si è tragicamente
tolta la vita.
All’inizio, l’impressione che hanno
di Helen è quella di una simpatica, benevola e carismatica
vecchietta. Tuttavia, con il tempo, l’anziana sembra sviluppare una
crescente attenzione nei confronti di Sarah, che si trasforma ben
presto in vera e propria ossessione. Mentre persone accanto al loro
iniziano a scomparire, la futura mamma apprenderà con orrore il
passato di Helen e i suoi piani per lei e si troverà a dover
lottare per la propria sopravvivenza.
Ad interpretare Sarah vi è l’attrice
Julia Borsellino, attrice vista anche in Puoi
baciare la damigella e
Una giusta causa. Suo marito Kyle è invece interpretato da
Mark Taylor, mentre la madre di lui, Judith, è
interpretata da Marium Carvell. Nel ruolo di Helen
vi è l’attrice Deborah Grover, nota per le serie
Jann e Chiamatemi Anna. Completano il cast Cait
Alexander nel ruolo di Angela, ex di Kyle,
Michelle Chiu in quello di Jennifer, amica di
Sarah, e Deanna Jarvis in quello di Grace,
terapeuta di Helen.
La spiegazione del finale del
film
Nel corso del film scopriamo che
Helen non è la tranquilla e simpatica anziana che fa credere di
essere. Da qualche mese è stata rilasciata da un istituto
psichiatrico, dove era stata rinchiusa dopo la morte della figlia.
Tornata a casa sua, l’anziana donna continua però ad essere
ossessionata dall’idea di ricostruirsi una famiglia e di trovare
una sostituta alla figlia morta. Sarah, naturalmente, diventata la
candidata ideale per quel ruolo, a maggior ragione essendo incinta,
cosa che permetterebbe ad Helen di diventare anche nonna.
Per ottenere tale obiettivo,
l’anziana è pronta ad eliminare quanti si pongono sul suo percorso.
Ed è così che prima elimina Grace, la sua
terapeuta, e Judith, la madre di Kyle venuta a
trovare la coppia nella loro nuova casa. A questo punto, rimane da
far separare Sarah dal marito e per far ciò propone ad
Angela, ex di Kyle, di lavorare insieme per far
separare i due. La ragazza accetta e, si fa fotografare durante un
incontro con l’uomo, in modo da mandare le foto a Sarah.
Questa, appena le vede, distrutta,
decide di andarsene di casa ed accetta l’invito di Helen di
trasferirsi nella sua casa nel bosco. Una volta qui, però, Sarah
capisce ben presto di essere una vera e propria prigioniera. Nel
mentre, Angela pentendosi di quanto compiuto avvisa Kyle della
follia di Helen e l’uomo insieme a Jennifer, amica
di Sarah, si mettono sulle sue tracce. Individuata l’abitazione
dell’anziana, Kyle riesce a riprendere con sé sua moglie, lasciando
l’anziana disperata a riflettere finalmente sugli orrori
compiuti.
Dove vedere La strana
signora della porta accanto in streaming e in TV
Sfortunatamente il film non è
presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive
in Italia. È però presente nel palinsesto televisivo di
sabato 22 giugno alle ore 21:20
sul canale Rai 2. Di conseguenza, per un limitato
periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma Rai
Play, dove quindi lo si potrà vedere anche oltre il
momento della sua messa in onda. Basterà accedere alla piattaforma,
completamente gratuita, per trovare il film e far partire la
visione.
Asseriva Peppino Impastato,
ne I Cento Passi di Marco Tullio Giordana, che
“se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di
un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza
di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro
squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta
facilità […] e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi
prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover
essere così da sempre e per sempre”. A risvegliare questa
memoria ci hanno provato gli autori del docufilm La Strage di
San Gennaro, una produzione di SkyCrime diretta da Matteo
Lena. Al centro della storia, l’omicidio di sei immigrati
africani a Castel Volturno, in provincia di Caserta, il 18
settembre 2008. Una strage senza un movente diretto verso gli
uomini che rimangono a terra, raggiunti da un volume di fuoco di
centinaia di bossoli sparati da kalashnikov e pistole al servizio
di un boss della camorra in cerca di una rapida ascesa al potere.
Questo è l’orrore, senza dubbio, ma come ci siamo arrivati?
Alle origini della strage di San
Gennaro
La sceneggiatura di Carlo
Altinier e Stefania Colletta racconta la strage di San
Gennaro partendo dagli anni Settanta, quando il degrado
dell’odierna Castel Volturno era un’ipotesi impossibile da
formulare per i suoi ricchi frequentatori. La cartolina di un mare
cristallino, con una pineta tra le più estese d’Italia, villette
curate e un turismo d’élite a meno di un’ora da Napoli, rappresenta
uno sbiadito ricordo a cui, nel tempo, si sono sovrapposti proprio
gli orrendi palazzi predetti da Impastato. Otto, per la precisione,
costruiti sulla spiaggia ad opera dei fratelli Cristoforo e
Vincenzo Coppola, originari di Casal di Principe, che
sognavano di impiantare qui una Rimini campana nella completa
ignoranza di qualsivoglia vincolo paesaggistico.
Le torri di Pinetamare, come era
conosciuto il villaggio, vennero abbattute tra il 2001 e il 2003,
con una serie di interventi registrati dal film documentario
L’esplosione di Giovanni Piperno. Restituire quel
tratto di terra al mare non è stato sufficiente a ripristinare
l’antica bellezza: l’abuso edilizio, nel suo degradare l’ambiente,
aveva nel frattempo aperto la strada alla cultura dell’illegalità,
come se il ‘brutto’, come viene testimoniato in questo docufilm,
avesse cominciato a permeare la mentalità stessa degli abitanti.
Scomparsi i turisti benestanti, anche i privati hanno
progressivamente abbandonano i propri immobili e in una
generalizzata mancanza di cura, il territorio di Castel Volturno ha
finito per diventare un luogo fatiscente, preda facile di qualsiasi
forma di criminalità.
La ricostruzione dei fatti di
cronaca di Castel Volturno
Lo dichiara Cesare Sirignano,
pubblico ministero nel processo contro Giuseppe Setola, il
mandante della strage di San Gennaro e lui stesso a capo del gruppo
di fuoco che nel 2008, nella frazione di Ischitella, a Castel
Volturno, si scagliò contro la sartoria del ghanese El Hadji
Ababa. Quella sera, per caso fortuito, nel locale si
trovavano anche i connazionali Joseph Ayimbora, Kwame
Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher
Adams, oltre a Samuel Kwako, originario del Togo, e a
Jeemes Alex, originario della Liberia. Ayimbora, l’unico
sopravvissuto, riuscì a salvarsi perché il suo corpo insanguinato
fu protetto da quello di un compagno colpito più duramente e caduto
a morte.
Il documentario parla di loro, delle
vittime degli spari, perché Setola è solo uno dei tanti pervasi dal
‘brutto’ e indagare la sua storia non sarebbe sufficiente per
rispondere alla domanda: “per quale motivo?”. Alle ore 19.55 di
quella sera di fine estate, Setola, ancora in umore di sangue dopo
aver sparato ad Antonio Celiento, un pregiudicato ritenuto
informatore delle Forze dell’Ordine, chiede ai suoi scagnozzi di
trovare dei neri. Il suo messaggio deve arrivare forte e chiaro
alla cosiddetta mafia nigeriana, che da anni sfrutta la
prostituzione per reinvestire i proventi nel traffico di
stupefacenti sul ‘suo’ territorio. La sua bestialità non è unica,
distintiva, e la scelta di campo degli autori è molto precisa nel
ricollocare l’arroganza di un atteggiamento omicida nel quadro di
miseria di un territorio abbandonato a se stesso, senza servizi, né
possibilità di crescita. Solo attraverso la lucidità di
quest’analisi diventa chiaro che si tratta esclusivamente di una
questione di tempo prima che il prepotente di turno voglia
riattivare un clima di violenza per imporre la propria legge
personale, come ammonisce sul finale Vincenzo Ammaliato,
giornalista del Il Mattino, tra i primi ad accorrere sul luogo
della strage di San Gennaro.
Un docucrime che sa mantenere
l’impianto informativo
Non è la prima volta che il regista
Matteo Lena si confronta con il racconto del Male: già Premio
Ilaria Alpi per il documentario Le mani su Palermo, ha
firmato la sceneggiatura e la regia della docuserie Il Mostro di
Udine. La forza del lavoro realizzato per SkyCrime risiede in
un trattamento del soggetto che sposta l’attenzione dai fascicoli
delle indagini, dalle intercettazioni, dai verbali degli
interrogatori alle condizioni di una comunità intera per allargare
il campo della responsabilità e la capacità di identificazione di
un pubblico abituato a trovare il focus del docucrime nel vicino
della porta accanto, che si tratti della vittima o
dell’aggressore.
L’influenza degli standard imposti
da Gomorra, produzione originale Sky, a questo tipo di
narrazione sono visibili nei passaggi legati alla ricostruzione del
fatto di cronaca, sovrapposti alle riprese d’archivio, La
Strage di San Gennaro, tuttavia, riesce ad andare oltre.
L’impianto giornalistico rimane infatti l’asse portante di un
racconto che non concede facili risposte. La ‘soluzione’,
contrariamente a quanto accade nei classici docucrime, non risiede
nella possibilità di delimitare la violenza al percorso deviato di
una sola mente criminale: il pericolo è molto più pervasivo e
nessuno di noi può dirsi davvero immune.
Debutterà l’8 gennaio 2024 in prima
serata la nuova serie tv di RAI FICTION, La
storia, creata da Giulia Calenda, Ilaria Macchia,
Francesco Piccolo e diretta da Francesca Archibugi.
Protagonisti con
Jasmine Trinca,
Elio Germano, Asia Argento,
Lorenzo Zurzolo, Francesco Zenga e con
Valerio Mastandrea.
La storia è composta da 4 puntate
da 100 minuti ciascuno scritti da Giulia Calenda, Ilaria
Macchia, Francesco Piccolo e Francesca Archibugi e tratto
da “La Storia” di ELSA MORANTE pubblicato in Italia da Giulio
Einaudi Editore, Torino.
La storia: la trama
Foto di Lacovelli Zayed
Roma, quartiere San Lorenzo. Alla
vigilia della seconda guerra mondiale, Ida Ramundo, maestra
elementare rimasta vedova con un figlio adolescente di nome Nino,
decide di tenere nascoste le proprie origini ebraiche per paura
della deportazione. Un giorno, rientrando a casa, viene violentata
da un soldato dell’esercito tedesco, un ragazzino ubriaco.
Dopo lo sgomento, l’angoscia e la
vergogna, scopre di essere incinta. Mentre Nino trascorre l’estate
al campeggio degli Avanguardisti, Ida partorisce in segreto un
bambino prematuro, piccolo e quieto, con gli stessi occhioni
azzurri del padre, quel soldato ragazzino tedesco già morto in
Africa. Quando Nino torna a casa e scopre il fratellino, lo accetta
di slancio e se ne innamora. Lo soprannominerà Useppe.
La piccola famiglia viene stravolta
dagli eventi della guerra: prima Nino, fascista convinto, decide di
partire per il fronte contro il parere di Ida, lasciandola sola con
Useppe; poi, nel bombardamento di San Lorenzo del luglio 1943, la
loro casa viene distrutta, Ida perde tutto ed è costretta a
sfollare a Pietralata. Da quel momento, ogni giorno diventerà una
lotta per la propria sopravvivenza e per quella del suo bambino.
Intanto, Useppe cresce aspettando i ritorni di suo fratello, al
quale è legato da un amore inossidabile, mentre una vitalità a
tratti disperata spinge Nino verso la lotta armata di Resistenza,
verso l’amore, verso i compagni, pieno di desideri; più soldi, più
affari, più avventura. Dopo la guerra si darà al contrabbando,
prima di sigarette e poi in quello delle armi. Vuole una vita
migliore per sé, per Ida e per Useppe.
Note di regia
Tutta la Storia e le nazioni della
terra s’erano concordate a questo fine: la strage del bambinello
Useppe Ramundo. “La Storia”, Elsa Morante, 1974 Ida Ramundo vedova
Mancuso viene violentata. Tutto nasce da una violenza sessuale di
un giovane soldato tedesco su una donna incapace di difendersi.
Quel giovane soldato morirà poco dopo, in guerra. Tutti sono
incapaci di difendersi. I personaggi di questo grandioso libro sono
creature senza nessun potere, attraversate da forze collettive,
piccole figure che tentano di sopravvivere nel decennio di un
secolo che ha attraversato l’orrore assoluto. Come mettersi al
servizio di un’idea tanto semplice quanto gigantesca? Con tutta
l’umiltà e la fedeltà possibili. Attenzione spasmodica alla
distribuzione dei ruoli, alla scelta degli attori e delle attrici,
dei cani e dei bambini, delle case, delle piazze, delle scarpe e
delle ciabatte. Immagini. Voci. Luci. Suoni. Il lavoro di regìa è
una sequenza infinita di scelte macro e microscopiche, grandi
impostazioni e minimi dettagli. Guidare una armata di collaboratori
geniali, tutti tesi allo stesso scopo: cercare di restituire nei
personaggi e nelle scene lo stesso stupore, divertimento, orrore,
disperazione che si è provati leggendo La Storia da adolescenti.
Con la precisa certezza che sarebbe stato impossibile. È stato
terrificante e bellissimo. Francesca Archibugi
La storia, trama del primo
episodio
La maestra Ida Ramundo è ebrea, ma
lo tiene nascosto. Il marito è morto anni prima e lei vive con suo
figlio Nino, adolescente bellissimo ed esuberante. La vita di Ida,
fra scuola e San Lorenzo, procede impaurita ma tranquilla, aiutata
spesso dall’oste Remo. Un giorno di gennaio del 1941 tutto
cambia: Gunther, un giovanissimo soldato tedesco, la segue in casa
e la violenta. È quello il giorno in cui la Storia bussa alla porta
di una donna normale: Ida si scopre incinta. Mentre Nino è lontano
al campeggio con gli Avanguardisti, nasce un neonato magico, con
degli occhi azzurri bellissimi.
La storia, trama del secondo
episodio
Al ritorno, Nino non fa domande e
si innamora istantaneamente del fratellino. E il piccolo di
lui. Fra i due fratelli s’instaura un legame fortissimo. Però Nino,
fascista esaltato, abbandona la famiglia e il liceo, spezzando i
sogni di Ida, e si arruolerà in guerra volontario, salutato da
tutto il quartiere. Ida resta sola con il piccolo soprannominato
Useppe. Ma la guerra sconvolgerà ben presto le vite di tutti. San
Lorenzo viene bombardato, la casa di Ida distrutta e
Blitz, il cagnolino di Nino, morirà sotto le macerie.
Il cast di La storia
Ida Ramundo vedova
Mancuso(Jasmine
Trinca): è una diligente maestra elementare, figlia di
maestri, semplice, infantile, conserva ancora una “faccia da
bambina sciupatella”. Crede con fervore nell’istruzione e
solo dentro l’aula con i suoi scolari prova un po’ di pace. Il
mondo le fa paura. Rimasta vedova e sola da giovane,
mezza ebrea, attraversa il fascismo, le leggi razziali e
l’occupazione di Roma da parte dei nazisti con un terrore
occulto.
Ama i suoi figli come
un’innamorata, prima di Nino, adolescente bello e inquieto che la
tiene in un continuo stato d’agitazione, e poi di Useppe, il suo
pupetto dallo sguardo celeste. I suoi figli sono la sua unica
ragione di vita, “come certe gatte malandate”.
Nino(Francesco Zenga): cresce durante i cinque anni di
guerra. Odia andare a scuola, al liceo classico, e infrange i sogni
di Ida di vederlo laureato abbandonando gli studi per arruolarsi
volontario nell’esercito fascista. S’immerge nel caos della guerra,
ritorna a casa dopo essersi unito a sorpresa ai partigiani della
cellula dei castelli romani. L’Italia sobbolle, lui viaggia,
attraversa il fronte, va a Napoli, si unisce agli americani. Nino è
sempre in movimento, pieno di idee, a volte in conflitto fra loro;
da orfano di padre, comanda sulla madre ed è intollerante a tutte
le autorità, correndo a perdifiato felice e disperato verso il suo
destino.
Useppe(Christian Liberti/Mattia Basciani): frutto della
violenza sessuale di un soldato tedesco, è un bambino di una
dolcezza quasi soprannaturale, pieno d’amore per l’universo, gli
uomini e gli animali. Il suo sguardo azzurro conquista il mondo e
tutte le persone che lo incrociano. Durante la terribile
occupazione nazista che affama Roma, Ida si batte come una lupa per
cercare di trovare per lui qualcosa da mangiare, farlo crescere,
non farlo ammalare. Perché Useppe soffre di assenze, chiamate
Piccolo Male che finita la guerra lo faranno passare attraverso la
trafila di medici e medicine. Ida è fiduciosa perché è la stessa
malattia di cui soffriva lei da piccola e dalla quale è
guarita.
L’oste Remo(Valerio Mastandrea): proprietario di un’osteria a
San Lorenzo, è una specie di capo di quartiere, amato e rispettato,
l’unico che Nino sta a sentire e, per questo, amato anche da Ida.
Si scoprirà essere uno dei capi della resistenza armata e farà da
tramite per passare le notizie tra Ida e il figlio Nino. Non
abbandonerà mai Ida e le sarà sempre vicino.
Eppetondo(Elio
Germano): Giuseppe Cucchiarelli è un marmista
che dopo il bombardamento di San Lorenzo sfolla a Pietralata
insieme a Ida e Useppe. Chiamato Giuseppe Secondo per l’eccesso di
Giuseppi nel capannone degli sfollati, viene ribattezzato Eppetondo
da Useppe che non sa pronunciarne il nome. Comunista, d’animo
gentile e generoso, è uno strano tipetto che si lega con amicizia
fortissima e anomala prima a Useppe e poi a Ida.
Quando compare Nino partigiano, si
unisce di slancio alla lotta armata. Catturato dai nazisti, si
comporterà da piccolo grande eroe per non tradire i compagni.
Carlo Vivaldi(Lorenzo Zurzolo): il cui vero nome è Davide Segre,
studente ebreo di Mantova, è un anarchico nonviolento. Scampato
alla deportazione che ha sterminato la sua famiglia, dopo
l’incontro con Nino si convince a partecipare attivamente alla
lotta partigiana. L’uccisione violenta di un tedesco, lo porterà a
un conflitto interiore che lo consumerà. Dopo la guerra, ritrova
Useppe conosciuto durante lo sfollamento a Pietralata. Il bambino
si legherà a lui, lo cercherà, mentre Davide, incapace di
riprendersi dalle ferite della guerra, sprofonderà sempre di più
nella solitudine.
I Mille(Vincenzo Antonucci, Anna De Stefano, Rosaria Langellotto,
Arcangelo Iannace): famiglia mezza romana mezza
napoletana, scampata ai bombardamenti a tappeto di Napoli. Si
sono rifugiati nel ricovero per gli sfollati di Pietralata, guidati
dalla furbizia di Domenico(Vincenzo
Nemolato). Chiamati così perché numerosi, sono tutti
imparentati tra loro. Sono allegri, spregiudicati, ridono,
litigano, fanno la borsa nera. Tra loro si distingue la
sora Mercedes(Carmen Pommella),
matrona della famiglia, che nasconde sotto una coperta i beni
alimentari e li smercia anche all’interno del capannone; e
Carulina(Flora Gigliosetto),
chiamata da Useppe Ulì, una quindicenne già madre di due gemelline
di cui dice di non sapere chi è il padre. Affettuosa, allegra,
“canterina e piagnona”, resterà nei ricordi di Useppe per
sempre.
La famiglia
Marrocco: Ida e Useppe affittano una stanza nella loro
casa di Testaccio una volta abbandonata Pietralata. Sono
ciociari: in casa ci sono il nonno, un vecchio un po’ rimbambito
che vuole solo bere vino, il signor Tommaso
Marrocco (Enzo Casertano) che lavora come
portantino in ospedale, la signora Filomena
Marrocco(Antonella Attili), sarta in
casa, brutale e sboccata, sempre dietro al lavoro delle macchine da
cucire e circondata di clienti, e Annita(Ludovica Francesconi), la piccola sposina del
figlio Giovannino, disperso in Russia. L’attesa del ritorno di
Giovannino è il pensiero fisso della famiglia. Il suo nome e la sua
foto campeggiano nella casa e nei pensieri.
Santina(AsiaArgento) è una prostituta che
va a casa Marrocco a leggere i tarocchi, di cui è esperta,
interrogata come un oracolo da Filomena e Annita sulla sorte di
Giovannino. Lì conosce Davide Segre, con il quale intreccia una
relazione intima, anche di pensieri e conforto, che ingelosisce
Nello(Josafat Vagni) il suo
magnaccia violento e possessivo.
Blitz e Bella:
sono i cani della famiglia Ramundo-Mancuso. Blitz,
voluto da Nino quando è nato il fratellino, come una sorta di
risarcimento. Quando parte soldato, lo affida a Useppe, in segno
del loro legame speciale. Ma il cagnolino morirà sotto le macerie
del bombardamento di San Lorenzo, il primo trauma indelebile per
Useppe. Bella, invece, è una magnifica maremmana
enorme e bianca, di cui s’innamora Nino come fosse una ragazza e
che va a vivere con loro appena finita la guerra. Sarà compagna di
grandi avventure per Useppe e nelle sue scorribande romane starà
sempre appiccicata a lui, per proteggerlo da tutto. Quando Nino non
c’è, Bella veglia sulla famiglia e sulla malattia di Useppe come
una seconda mamma.
Patrizia(Romana Maggiora Vergano): è la fidanzata di Nino,
di cui si innamora anche Useppe, per la sua dolcezza e la sua
allegria. Fanno giri in moto in tre e, durante una scampagnata al
lago, Useppe li vede fare l’amore. Insieme trascorrono momenti
intensi di felicità. Da questa felicità resterà Ninetta, la pupetta
che Patrizia avrà da Nino.
Vilma(Giselda Volodi): è una strana donna, un po’ maga,
un po’ strega, che Ida incontra al ghetto. È considerata
dagli altri ebrei una che vaneggia, poiché riporta le notizie delle
radio straniere che ascolta dalla signora da cui lavora. Notizie
che sono prese con fastidio, come profezie squinternate di una
donna fuori di sé. C’è troppo orrore in quello che racconta, morte,
deportazione, nessuno le crede.
Signora Di Segni(Anna Ferruzzo): ha un negozio di tessuti nella
piazza principale del ghetto. È la più scettica sulle profezie di
Vilma, non vuole crederle. Ida la incontra di nuovo vicino alla
Stazione Tiburtina, dopo che tutta la sua famiglia è stata
rastrellata il 16 ottobre del ’43. Ida la segue fino al treno, e la
vede gridare ai fascisti e ai nazisti di fare partire anche lei con
i suoi cari, pensando che andranno in un campo di lavoro e non in
un campo di morte.
Rai Fiction ha
diffuso le prime immagini de La Storia di
Francesca Archibugi in anteprima alla Festa del
Cinema di Roma la serie tratta dal capolavoro di
Elsa Morante.
Roma, quartiere San Lorenzo. Alla
vigilia della Seconda guerra mondiale, Ida Ramundo, maestra
elementare rimasta vedova con un figlio adolescente di nome Nino,
decide di tenere nascoste le proprie origini ebraiche per paura
della deportazione. Dopo l’ingresso dell’Italia in guerra, un
giorno, rientrando a casa, viene violentata da un soldato
dell’esercito tedesco, un ragazzino ubriaco.
Si apre così “La
Storia”, la serie tv firmata da Francesca
Archibugi e tratta dall’omonimo romanzo di Elsa
Morante, edito da Giulio Einaudi Editore,
di cui sono ora disponibili le prime immagini. I primi due episodi
della serie, interpretata da
Jasmine Trinca,
Elio Germano, Asia Argento,
Lorenzo Zurzolo, Francesco Zenga e con Valerio Mastandrea, saranno presentati in
anteprima mondialevenerdì 20
ottobre alla Festa del
Cinema di Roma. “La Storia” – alla
cui sceneggiatura hanno lavorato Giulia Calenda, Ilaria
Macchia, Francesco Piccolo e Francesca
Archibugi – è una coproduzione tra
Picomedia e la società francese Thalie
Images in collaborazione con Rai
Fiction.
La trama di La Storia
Dopo lo sgomento, l’angoscia e la
vergogna, Ida scopre di essere incinta. Mentre Nino trascorre
l’estate al campeggio degli Avanguardisti, Ida partorisce in
segreto un bambino prematuro, piccolo e quieto, con gli stessi
occhioni azzurri del padre, quel soldato ragazzino tedesco già
morto in Africa. Quando Nino torna a casa e scopre il fratellino,
lo accetta di slancio e se ne innamora. Lo soprannominerà Useppe.
La piccola famiglia viene stravolta dagli eventi della guerra:
prima Nino, fascista convinto, decide di partire per il fronte
contro il parere di Ida, lasciandola sola con Useppe; poi, nel
bombardamento di San Lorenzo del luglio 1943, la loro casa viene
distrutta, Ida perde tutto ed è costretta a sfollare a Pietralata.
Da quel momento, ogni giorno diventerà una lotta per la propria
sopravvivenza e per quella del suo bambino. Intanto, Useppe cresce
aspettando il ritorno di suo fratello, al quale è legato da un
amore inossidabile, mentre una vitalità a tratti disperata spinge
Nino verso la lotta armata nella Resistenza, verso l’amore, verso i
compagni. Nino è pieno di desideri:vuole più soldi, più
affari, più avventura. Dopo la guerra si darà al contrabbando,
prima di sigarette e poi in quello delle armi. Vuole una vita
migliore per sé, per Ida e per Useppe.
La ormai totale diffusione delle
piattaforme streaming quali Netflix,Prime
Video e Disney+,
ha portato a sempre un maggiore accantonamento della televisione
nazionale, almeno per le fascie più giovani. Il grande pubblico in
cerca di qualcosa di nuovo da guardare, lo cerca sempre meno spesso
sulla Rai, nonostante qui si possano ritrovare
diverse serie degne di nota. Un esempio ne è La
Storia, diretta e co-scritta da Francesca
Archibugi (Il
colibrì). La serie, formata da una stagione di otto
episodi, ognuno di circa 50 minuti, è la trasposizione
cinematografica del noto omonimo romanzo di Elsa Morante. Nel cast ritroviamo
Jasmine Trinca (La dea fortuna,
La scuola cattolica) nel ruolo della protagonista Ida,
mentre
Valerio Mastandrea interpreta Remo. Altre figure
importanti del cinema italiano presenti sono
Elio Germano (L’incredibile
storia dell’isola delle rose, Palazzina
Laf) e Asia Argento. I primi due episodi de
La Storia, inoltre, erano già stati
proiettati in anteprima alla Festa del Cinema di Roma.
La Storia: la guerra
attraverso gli occhi di una donna
La Storia
racconta le vicende di Ida, una vedova con un
figlio, Nino, che vive a Roma. Le vicende del
secondo conflitto mondiale fanno da sfondo alla vita di Ida,
influenzandola abbondantemente: con l’arrivo in città la donna
viene violentata in casa sua da un giovane soldato tedesco. Da
questo stupro Ida scoprirà di essere rimasta incinta. Nel
frattempo, nel quartiere ebraico di Roma iniziano a circolare delle
voci sui rastrellamenti degli ebrei negli altri stati europei da
parte delle forze naziste.
I mesi passano e Ida, preoccupata
del giudizio altrui, cerca di nascondere il più possibile la
propria gravidanza, anche allo stesso Nino. Il ragazzo, un giovane
di 16 anni esaltato dalla cultura fascista, non si accorge dello
stato della madre fino al ritorno dal campo estivo. La guerra
entrerà a quel punto prepotentemente nei quartieri romani, portando
i giovani lontani da casa e sostituendoli con le bombe nelle
strade.
Ida: il dramma e la vergogna dello
stupro
Uno dei primi elementi che salta
all’occhio ne La Storia è proprio
l’evento iniziale dello stupro. Nel momento in cui le si presenta
davanti alla porta di casa il soldato tedesco, Ida non fa alcuna
resistenza, lo accoglie nel proprio appartamento. Un tale
comportamento è probabilmente dovuto alla paura stessa della figura
del soldato tedesco. Dall’altro lato invece il giovane sembra non
comprendere l’importanza o la gravità del proprio gesto, che
tormenterà il sonno di Ida per tante notti. Il tedesco porta con sé
un piccolo fiore in ricordo del momento passato insieme, trattando
la donna con gentilezza dopo l’atto in sé.
Ida continua però a sentire vergogna
anche della propria gravidanza: non essendo più sposata, ha timore
della reazione della gente del quartiere. Per questo motivo decide
di partorire in segreto e di nascondere il bimbo, chiamato Useppe,
il più possibile.
Nino e la cultura fascista
Il giovane Nino è invece la
rappresentazione perfetta di un giovane fascista: forte, fedele ad
un ideale che ancora non comprende fino in fondo e disposto a
sacrificare la propria vita per la patria. O almeno, questo è ciò
che emerge dalle sue parole: ben presto però si comprende che Nino
è in realtà un ragazzo dolce, e molto amorevole nei confronti del
piccolo fratellino. Il giovane si limita quindi a ripetere ciò che
gli è stato indottrinato dopo anni di scuola fascista, non sapendo
realmente in cosa consiste il regime totalitario. Ciò si può notare
specialmente nella scena in cui Nino viene deriso dagli adulti nel
rifugio antiaereo per le sue farneticazioni fasciste.
Ed è proprio in quella scena di
La Storia, come da altre affermazioni
fatte da Remo, che si comprende come il popolo non appoggi
nettamente il regime, ma semplicemente si tenga lontano dalla
politica. Il fascismo è ben noto per essere definito nella
filosofia politica come un Totalitarismo imperfetto: oltre al
mantenimento di poteri paralleli a Mussolini, quali la monarchia e
la Chiesa, qui ci viene mostrato come, nonostante la forte
propaganda, i cittadini italiani non abbiano sviluppato in massa un
sentimento di forte patriottismo e devozione al regime.
Un dramma con un’interpretazione
monotona
Per quanto possa essere discutibile
la lentezza ed eccessiva drammaticità de La
Storia, questa è più propriamente attribuibile alla
Morante più che alla serie in sé e certamente dipende dal gusto
personale. Ciononostante, qui è riscontrabile una certa mancanza di
pathos e espressività da parte dell’attrice protagonista. La
tragicità delle vicende non viene percepita adeguatamente dalla
performance di Jasmine Trinca, o almeno questo è
ciò che emerge dai primi due episodi: si può solo attendere le
prossime settimane per vedere come si evolverà la serie e
l’espressività della protagonista.
Continua su Rai 1La Storia, fiction firmata Francesca Archibugi e adattamento
dell’omonimo romanzo di Elsa Morante, che con gli
ultimi episodi del 22 e 23 gennaio vince per share e
telespettatori, consolidando il proprio successo e decretandosi
vincitrice della serata sulle reti generaliste. Negli
episodi finali (quinto, sesto, settimo e ottavo)
subentrano nuovi personaggi, uno fra questi la prostituta Santina
di Asia Argento e il nuovo amore di Nino,
Patrizia, interpretata da Romana Maggiora Vergano
(la Marcella di C’è
ancora domani), e si completano gli archi narrativi dei
protagonisti, in particolare quelli di Ida, Useppe e Nino.
Ricordiamo, inoltre, che per chi non avesse avuto modo di seguirla
in diretta, La Storia può essere
recuperata sulla piattaforma Rai Play.
La Storia, trama degli
ultimi episodi
Nella puntata andata in onda il 15
gennaio, avevamo visto Ida e
Useppe abbandonare il caseificio di Pietralata
dove hanno trascorso diverso tempo con i Mille. La donna è riuscita
a trovare una camera in affitto dalla famiglia Marocco, in zona
Testaccio, ma la condizione di povertà in cui riversa le fa patire
la fame. Nel mentre, Useppe inizia a manifestare delle assenze,
seguite da alcune convulsioni, che portano alla diagnosi di
epilessia infantile, stessa patologia che aveva afflitto Ida da
piccola. Nel frattempo, lontano da Roma, Nino è
impegnato nel contrabbando e inizia a guadagnare soldi sporchi,
potendo così permettere alla sua famiglia di trovarsi una casa
tutta propria. Sfortuna vorrà che, in un viaggio per trasportare la
merce, sarà coinvolto in un incidente e morirà. Intanto, la
patologia di Useppe sembra non migliorare…
I difetti delle ultime due
puntate
In questi ultimi episodi andati in
onda di La Storia, si riscontra quasi
nell’immediato una maggiore falla all’interno della sceneggiatura e
dei piani temporali,
qualcosa che avevamo già accennato nella recensione del terzo e
quarto episodio, che qui però diventano più evidenti. Alcuni si
presentano come dei veri e propri buchi di trama, in cui a essere
compromessa è anche un po’ la linearità del racconto. Altri invece
sembrano delle disattenzioni in fase di montaggio, con alcune
sequenze narrative in cui non si distingue bene il cambiamento in
corso e che possono confondere gli spettatori.
Fra queste incrinature a essere più
evidente è in primis il tempo che passa su tutti i personaggi
tranne che sul piccolo Useppe, un comunque bravissimo
Mattia Basciani, che sembra essere graziato dalla
giovinezza eterna. Nei volti e nei corpi di Ida e degli altri
comprimari è invece ben rappresentato con un considerevole lavoro
su trucco e parrucco, il quale chiarisce gli anni che scorrono, e
dà un’idea di quanto gli orrori della guerra abbiano segnato e
stravolto. Inoltre, gli ultimi episodi appaiono ingolfati di
inserti tragici, provocando una reazione a catena che non permette
di prendere un respiro e dare la dovuta importanza a quanto sta
accadendo, pur riuscendo comunque ad essere emotivamente
impattanti. La regia, invece, risulta sempre raffinata ed
elegante, improntata a mettere in risalto ogni minimo
dettaglio di uno spazio scenografico curato minuziosamente.
Jasmine Trinca in stato di
grazia
Al netto di qualche problema
strutturale, non si può non lodare ancora una volta la performance
di Jasmine Trinca, che raggiunge lo stato
di grazia in questi ultimi episodi in cui il livello drammatico si
alza enormemente, riempiendo la scena e sorreggendo il
racconto, sempre più pesante e complesso, sulle proprie spalle.
Trinca ingloba alla perfezione dentro di sé rabbia, preoccupazione,
terrore, timori e coraggio di una madre che, se prima doveva
proteggere il figlio dai nazifascisti, ora si ritrova a doverne
affrontare gli strascichi.
La fame, la povertà e la malattia
galoppante di Useppe, traumatizzato e scosso dalla guerra, si fanno
sempre più presenti nella narrazione, diventando primari, e servono
a risaltare le capacità recitative di Trinca, la quale esprime con
il solo uso dello sguardo lo stato d’animo di una donna in
frantumi, spezzata dagli agghiaccianti eventi, che cerca in ogni
modo possibile di non soccombere al dolore e sollevarsi. Apparsi i
titoli di coda dell’ultima puntata, quello che resta da dire è:
Jasmine Trinca è stata davvero meravigliosa.
Prosegue in prima serata su
Rai UnoLa Storia, adattamento per la televisione del romanzo
omonimo di Elsa Morante, i cui
primi due episodi sono stati presentati alla
18esima edizione della Festa del Cinema di Roma. Il debutto
ufficiale per il pubblico è però avvenuto l’8 gennaio scorso, il
cui successo è stato registrato nell’immediato con il 23.5
% di share, che si è tradotto in 4.5 milioni di
telespettatori. Un risultato che, per la tematica portata sullo
schermo non sorprende affatto, soprattutto se si considera anche il
fenomeno C’è ancora domani di
Paola Cortellesi, il quale, a ben rifletterci, si avvicina
molto alla serie firmata da Francesca Archibugi, sia per gli
argomenti trattati e intenti, sia per la figura femminile scelta
per rappresentarli.
Tra l’altro, La
Storia, pur mettendo in scena il passato, sembra non
essere troppo distante dal nostro presente. Oltre alle guerre che
si consumano oggi, è recente la notizia del saluto romano espletato
da un gruppo fascista durante la manifestazione a Roma per
commemorare i morti di Acca Larentia, un gesto che oltre ad aver
turbato e toccato la sensibilità di molti, è stato oggetto di
discussione in molti programmi tv, fra cui Tv Talk, dove a
essere intervenuta è stata proprio Jasmine Trinca, che presta il volto alla
protagonista della serie, Ida. La seconda puntata de La
Storia, come vedremo nella recensione dei nuovi due episodi,
entra ora nel vivo della narrazione, dopo i primi due preparatori,
e segna anche l’ingresso di nuovi personaggi, come Giuseppe
Cucchiarelli, il marmista partigiano interpretato da
Elio Germano.
La Storia, la trama degli
episodi 3 e 4
Dopo aver perso la propria casa per
via di un bombardamento Ida, insieme a Useppe, sfolla a Pietralata.
Lungo la strada fa la conoscenza di Giuseppe Cucchiarelli, un
comunista dall’animo buono, con cui stringe un’amicizia solida.
Arrivati a destinazione, entrambi trovano riparo in un caseificio,
dove al suo interno c’è una numerosa famiglia napoletana pronta ad
accoglierli. Useppe si sente subito a suo agio in quell’ambiente, e
passa spesso le giornate insieme a Cucchiarelli, iniziandolo a
chiamare teneramente “Eppetondo”. Nel frattempo, Ida è preoccupata
per il figlio Nino, che non vede da almeno due mesi e mezzo e non
sa se stia bene o addirittura se sia ancora vivo.
Una sera, però, il ragazzo si
presenta al portone del casale, in vesti completamente diverse: ha
abbandonato gli abiti da fascista per indossare quelli da
partigiano. Nell’insurrezione del movimento Nino trascina con se
anche Cucchiarelli desideroso di combattere per il suo credo e un
altro sfollato, Carlo Vivaldi, un anarchico che da quanto si
apprende in seguito è stato testimone di alcune atrocità perpetrate
dai tedeschi nei confronti degli ebrei. Ida, intanto, si trova un
giorno di fronte a una scena straziante: alla Stazione Tiburtina
incontra il treno della morte… gli ebrei sono in partenza verso i
ghetti.
La Ida di Archibugi come la Delia
di Cortellesi
Come abbiamo detto in apertura, in
La Storia c’è molto di C’è ancora domani, come in Ida c’è molto da
rintracciare di Delia. Sullo sfondo, pur essendo periodi
diversi – il primo entra nel vivo della Seconda Guerra Mondiale, il
secondo mette in scena il Dopoguerra – c’è un’Italia oppressa,
affaticata, che a stento respira. Nella nuova puntata andata in
onda, le somiglianze fra Ida e Delia si fanno sempre più evidenti:
intanto emerge la stessa determinazione a lottare per sé stesse,
per la loro identità e per i loro figli, per un mondo migliore da
lasciar loro, nonostante debbano fare di tutto per nasconderlo.
Entrambe sempre vigili e mai sopra le righe, per non rischiare di
rimetterci la vita e dover abbandonare una missione in cui credono
con corpo, anima e cuore.
Vittime, ma al tempo stesso
guerriere silenziose. Mai realmente assoggettate, pur
essendo etichettate come sbagliate – nel caso di Ida grava su di
lei l’essere ebrea – e facente parte di una minoranza. Messe al
margine dalla società, dai pregiudizi, da uno Stato fondato su
un’ideologia terrificante e totalitaria, alla cui base c’è un
sistema patriarcale, ma che pur camminando ai bordi trovano
ugualmente il coraggio resistere, scoprendo di non essere sole.
Avvicinarsi empaticamente a Ida, legarsi saldamente a lei, è sempre
più naturale man mano che le vicende si fanno più decisive e
incisive, e il trasporto emotivo diventa più forte, andando di pari
passo con il dramma che si compie e si intensifica.
Jasmine Trinca, la sua Ida è
spiazzante
Se il momento storico raffigurato
stringe in una morsa tutti i personaggi di La Storia, a
incarnare a pieno una delle ideologie del periodo arriva Giuseppe
Cucchiarelli, personaggio più politico, che
racconta in particolare il comunismo, o meglio il movimento dei
partigiani, con le sue convinzioni, regole e modus operandi.
Attraverso le sue parole e il suo animo battaglierlo si concretizza
la guerra vissuta, rendendola ancora più presente e percepita nella
narrazione. Elio Germano è ben calato nel ruolo, un comprimario di
assoluto valore, e le sue scene con il piccolo Useppe, da cui si
evince una bella complicità, sono fra i migliori inserti di questi
episodi. Ma a splendere, ancora, è
Jasmine Trinca, la cui performance drammatica
restituisce a pieno l’affresco di una donna provata dal dolore ma
che, nonostante la paura, reagisce e si spinge in avanti,
attaccandosi alla speranza per non lasciarsi sopraffare.
Volto segnato, sguardo deciso,
espressioni accorate che al tempo stesso trasmettono attaccamento
alla vita, l’attrice recita in sottrazione e dà il meglio
di sé per farci dono di una protagonista integra nell’animo e
corazzata, la cui bravura buca lo schermo. Brilla, Jasmine
Trinca, come la sua Ida di cui ha colto tutte le sfumature emotive
e caratteriali, tanto da poter considerare questa una delle sue
migliori interpretazioni. L’unica pecca della nuova serie targata
Rai risiede in alcune poco chiare e deboli sezioni di
sceneggiatura, che si tramutano in passaggi narrativi a volte
frettolosi, i quali si evincono nello specifico nella crescita di
Useppe e nel cambio di bandiera di Nino, da fascista a partigiano.
Al netto di qualche difetto di scrittura, La
Storia si conferma con il terzo e quarto episodio un
prodotto valido, che si erge sulle solide basi del romanzo di Elsa
Morante, non porgendo il fianco a sentimentalismi o retorica, ma
rimanendo lucido nel fotografare, gradualmente, un popolo
resistente, una donna resiliente e un’Italia ferita.
Braveheart è un
film emozionante, ma è uno dei film meno accurati dal punto di
vista storico mai realizzati. “Potranno toglierci la vita, ma
non ci toglieranno mai la libertà!“. Il discorso di William
Wallace è uno dei più famosi della storia del cinema. Per una
generazione di spettatori, il film Braveheart di
Mel Gibson ha cementato il posto di William Wallace come uno
dei più grandi leader militari di tutti i tempi. Il film
di Gibson ritrae William Wallace come un eroe riluttante che
sfodera la spada per vendicarsi dopo l’assassinio dell’amata
moglie. Il film racconta la storia della sua vita, esplorando
alcune delle sue battaglie più importanti, e alla fine si conclude
con una nota tragica: Wallace viene tradito e messo a morte dagli
inglesi. La conclusione di Braveheart è tuttavia ottimista, in
quanto presenta il protagonista come l’ispiratore di Robert the
Bruce, che alla fine avrebbe condotto la Scozia alla libertà.
Purtroppo, per quanto il
film possa essere emozionante, in realtà è generalmente
considerato uno dei film meno accurati dal punto di vista storico.
Ciò è dovuto in gran parte al fatto che il regista e protagonista
di Braveheart, Mel Gibson, si è basato sul racconto di un
bardo di nome Blind Harry, un narratore che sosteneva di aver
utilizzato fonti primarie per scrivere il suo resoconto su Wallace,
ma probabilmente non lo fece. Blind Harry scrisse di William
Wallace circa 100 anni dopo che gli eventi della sua vita si erano
verificati, e non si sa quanto dei suoi resoconti fosse reale.
Tutto ciò significa che Braveheartdeve essere visto come un film basato su un racconto di
fantasia liberamente ispirato a eventi storici, e non
sorprende che il film sia storicamente inaccurato.
Braveheart si rallegra
delle sue imprecisioni, e le possiede fin dall’inizio, perché
persino il titolo è sbagliato. La maggior parte degli
spettatori penserà naturalmente che
“Braveheart” si
riferisca a William Wallace, ma in realtà il nome è associato a
Robert the Bruce. Secondo lo scrittore del XIV secolo John
Barbour, Robert the Bruce si pentì sempre di non aver partecipato a
una crociata. Fece giurare a uno dei suoi cavalieri di portare il
suo cuore in Spagna in un astuccio d’argento dopo la sua morte, in
modo da trovare un modo per partecipare a una crociata. Nella foga
della battaglia, questo cavaliere lanciò l’urna contenente il cuore
contro l’esercito avversario, gridando: “Avanti cuore
coraggioso, ti seguirò!”. Il titolo di Braveheart non
ha nulla a che fare con William Wallace, né il motivo del nome
viene mai mostrato nel film (per fortuna).
È interessante notare che anche
altre scene che coinvolgono Robert the Bruce nel film sono
storicamente inaccurate. Robert the Bruce viene ritratto come un
nobile che tradisce William Wallace più di una volta nelle sue
battaglie contro gli inglesi, ma ciò non accadde. Questo è dovuto
soprattutto al fatto che Robert the Bruce inizialmente non era
affatto coinvolto nella ribellione scozzese contro gli inglesi. Il
clan Bruce aveva una legittima pretesa al trono scozzese, ma il
Paese era talmente in subbuglio che non fece pressioni per
rivendicare il trono, ma attese fino a quando non ci fu un
sufficiente sostegno scozzese per la ribellione. Per questo si dice
che Robert the Bruce sia stato “ispirato” da Wallace e che abbia
sposato la causa dopo la morte di quest’ultimo.
La storia di William Wallace in
Braveheart è completamente inventata
Mel Gibson interpreta bene il ruolo
di William Wallace, aprendo con un racconto degli anni formativi di
Wallace pensato per renderlo simpatico. Purtroppo, si tratta di un
racconto in gran parte astorico, perché in realtà Wallace
era un nobile minore; suo padre e suo fratello non sono
certo morti in battaglia contro gli inglesi. Infatti, quando il
conflitto con gli inglesi giunse al culmine, William Wallace era
già adulto, non un bambino che guardava i suoi familiari più
anziani andare in battaglia.
Sebbene Blind Harry racconti della
morte della moglie di Wallace in circostanze simili a quelle del
film, la sua versione di Wallace è già un leader sanguinario. È
interessante notare che Blind Harry non sembra aver mai nominato la
moglie di Wallace: il nome “Miranda” è stato aggiunto da
studiosi successivi che hanno copiato i suoi manoscritti e
“Marion” è stato usato da altri, ma non viene utilizzato
nel film per non sembrare simile alla leggenda di Robin Hood.
Braveheart sceglie un nome più tradizionale: Murron.
Braveheart inventa il motivo
della guerra di William Wallace contro gli inglesi
La guerra di William Wallace contro
gli inglesi non aveva nulla a che fare con la vendetta nel mondo
reale e di certo non aveva a che fare con il “diritto
nobiliare” dello Jus Primae Noctis, il diritto di un
nobile di andare a letto con una sposa locale durante la prima
notte di nozze. Sebbene le testimonianze sullo Jus Primae Noctis
risalgano all’Epopea di Gilgamesh di circa 4.000 anni fa,
in realtà non ci sono prove storiche che sia mai stato praticato in
nessuna parte del mondo, compresa la Scozia medievale. Il motivo di
Wallace era infatti politico: si opponeva all’invasione della
Scozia da parte di Edoardo I dopo la morte del re scozzese
Alessandro III. Il primo atto di ribellione noto di Wallace
fu l’assassinio di un alto sceriffo inglese nel 1297, ben
prima della leggendaria morte della moglie.
Braveheart ignora
l’abbigliamento e le armi dell’epoca di William Wallace
Braveheart non è più
storicamente accurato quando si tratta di rappresentare
l’abbigliamento e le armi degli scozzesi o degli inglesi. I soldati
inglesi non avrebbero indossato per secoli il tipo di uniformi
standardizzate che si vedono in Braveheart di Mel Gibson,
mentre i kilt degli scozzesi sono altrettanto antistorici. I tartan
di famiglia sarebbero stati stabiliti, ma i kilt con cintura non
sarebbero stati usati in battaglia per altre centinaia di anni.
Wallace non avrebbe mai indossato una vernice blu per il viso; è
associata ai Picti. “Picti” è il nome che i soldati romani davano
ai soldati tribali scozzesi con cui si scontravano quando cercavano
di invadere la Scozia. La pittura facciale blu sarebbe passata di
moda circa 1.000 anni prima del suo tempo.
Anche la leggendaria lama di
William Wallace è sbagliata, sebbene ispirata alla Wallace Sword
esposta nel National Wallace Monument di Stirling. Come ha
dichiarato lo storico David Caldwell alla
BBC:
La cosiddetta Spada di Wallace è
in realtà un tipo di spada scozzese che risale alla fine del XVI
secolo.Questa spada fu vista al Castello di Dumbarton dal
famoso poeta William Wordsworth e da sua sorella Dorothy quando
visitarono la Scozia nel 1803.Uno dei soldati della
guarnigione disse loro che era quella di Wallace.È la prima
volta che la spada viene associata all’eroe scozzese: il soldato
stava deliberatamente raccontando una storia ai visitatori
inglesi?
In realtà, però, questo particolare
elemento di imprecisione storica è del tutto comprensibile. La
Spada di Wallace può anche non essere autentica, ma ha un’enorme
importanza simbolica.
Il film Braveheart di Mel
Gibson sbaglia persino le sue battaglie
Braveheartsbaglia persino le
battaglie. La più eclatante è la battaglia di Stirling
Bridge; per prima cosa, nel film non c’è traccia di un ponte. Nel
mondo reale, la genialità delle tattiche di William Wallace non
risiedeva nell’uso di lunghe lance – una tattica comune – ma
piuttosto nella scelta del campo di battaglia. L’esercito di
Wallace era posizionato su un lato di un ponte e gli inglesi erano
costretti ad attraversarlo. Il ponte fungeva da imbuto,
neutralizzando la superiorità numerica. Ironia della sorte, questa
non fu la strategia di Wallace, ma è accreditata ad Andrew de
Moray, un altro capo militare scozzese che morì poco dopo la
battaglia di Stirling Bridge a causa delle ferite riportate sul
posto. Questa figura non compare mai in Braveheart, ma il
suo contributo alla ribellione scozzese contro gli inglesi fu
altrettanto importante di quello di Wallace.
La battaglia di Falkirk è invece
più interessante, con alcuni dettagli che corrispondono a quelli di
Braveheart. La cavalleria scozzese ha effettivamente
disertato durante questo conflitto inaspettato, ma non ci sono
prove che i nobili siano stati corrotti; piuttosto, è probabile che
siano stati demoralizzati e abbiano semplicemente abbandonato la
battaglia piuttosto che affrontare l’inevitabile sconfitta.
La morte di William
Wallace
La morte di William Wallace è una
delle parti più storicamente accurate di Braveheart, anche
se resa molto meno macabra. Gibson sceglie di accennare soltanto
agli orrori che Wallace subisce: viene impiccato, poi sventrato
fuori campo, prima di essere decapitato. Alcuni aspetti più
raccapriccianti della tortura, come l’intestino di Wallace che
viene bruciato davanti a lui, sono comprensibilmente tagliati.
Tuttavia, è strano che un film come
Braveheart, che non è particolarmente
apprezzato per la sua accuratezza storica, gestisca le scene di
morte in modo abbastanza accurato.
La storia
infinita è il film cult del 1984 diretto
da Wolfgang Petersen e con
protagonisti Noah Hathaway, Barret Oliver, Tami
Stronach, Patricia Hayes, Gerald Mc Raney e Moses
Gunn.
Anno: 1984
Regia: Wolfgang
Petersen
Cast Noah
Hathaway (Atreiu), Barret Oliver (Bastian), Tami Stronach
(Imperatrice), Patricia Hayes (Urgl), Sidney Bromley (Engywook),
Gerald Mc Raney (il papà di Bastian), Moses Gunn (Cairon)
La storia infinita
trama: Il piccolo Bastian, oppresso da una triste
situazione familiare e dal bullismo dei compagni di scuola, si
rifugia un giorno in una libreria antiquaria, dove trova un libro
misterioso e antico, La storia
infinita.
Rifugiatosi nella soffitta della
scuola, inizia ad immergersi nel mondo di Fantàsia, magico Regno
minacciato dal Nulla, seguendo le avventure del prode Atreiu, in
cerca di una cura per ridare la salute all’Infanta Imperatrice.
Man mano che la storia va avanti, e
passano le ore, Bastian si sente sempre più avvolto da una storia,
di cui ad un certo punto capisce di essere parte integrante: è lui
e solo lui che può dare un futuro a Fantàsia, con i suoi sogni,
contro il potere del Nulla che tutto distrugge.
La storia infinita,
fantasy anni 80′
Analisi: Alla base
di tutto c’è uno dei libri culto del genere fantastico e non solo
degli anni Ottanta, La storia infinita di
Michael Ende, che a detta di molti il film non
rispetta in pieno, visto che adatta solo la prima parte della
vicenda, soffermandosi sul potere della fantasia e non sulla
necessità di farla interagire con la vita reale, e dando poi spazio
per due seguiti decisamente mediocri che rispetteranno ancora meno
il testo originale.
Detto questo, La storia
infinita resta un film interessante e ben fatto, e
non solo per la colonna sonora di Giorgio Moroder,
con tanto di hit ballabile di Limahl, e i belli effetti speciali di
Brian Johnson, ma per il sense of wonder
che avvolge il tutto, per le creature fantastiche da libro di fiaba
che presenta, a cominciare dal Fortunadrago Falcor, per
l’esaltazione della fantasia e della lettura, per il discorso mai
abbastanza scontato che viene fatto ad un certo punto “è molto più
facile dominare chi non crede in niente”, apologo contro ogni
totalitarismo politico ma anche contro ogni avvizzimento dello
spirito.
Novanta minuti adorati dai bambini e adolescenti (e non solo
degli anni Ottanta), e che comunque restano un esempio di film
realizzato con tecniche più antiche ma in maniera impeccabile. E se
la visione di questo film prelude inevitabilmente ad una lettura
del libro (che comunque il film rispetta, sia pure fermandosi a
metà), comunque resta un titolo da avere se si ama il cinema di
genere fantastico di tutti i tempi, non solo quello degli ultimi
anni.
Interessante anche l’assenza di
volti noti (se si escludono i due veterani della televisione Gerald
Mc Raney e Moses Gunn): così non si è distratti da altro in questo
viaggio nella terra di Fantàsia, partendo dal compagno più antico
di tutti, il libro. E esaltare il libro come canale privilegiato di
sogno, è senz’altro la cosa più interessante e importante del
film.
Cult del genere Fantasy, trai più
amati della generazione degli anni ’80, La Storia
Infinita è un classico per tutte le stagioni e le
età. Nonostante le tecniche di animazione in CGI abbiano reso
desueti molti degli effetti del film, speciali e visivi,
l’atmosfera nel racconto di Wolfgang Petersen,
presa in prestito dal capolavoro di Michael Ende,
rimane inattaccabile nel corso degli anni.
Ma sappiamo davvero tutto del film
che porta sullo schermo l’avventura di Atreyu e Bastian? Scopriamo
insieme quello che forse non sapete su La Storia
Infinita.
Le ferite di Atreyu
Noah Hathaway, che
nel film interpreta Atreyu, ha quasi perso un occhio durante la
scena di combattimento contro Gmork (Mork in italiano). Uno degli
artigli sulle sue zampe giganti lo colpì in faccia. Il robot era
così pesante da togliere il fiato al ragazzo, che doveva tenerlo
sul petto durante la scena di colluttazione.
Oltre a questo incidente, Hathaway
ha subito un altro infortunio sul set, che poteva costargli molto
più di un occhio! Infatti le scene con il cavallo sono state
altrettanto rischiose per lui. Durante l’addestramento, un cavallo
lo calpestò, dopo che era caduto perché ancora inesperto. Durante
la famosa scena delle Paludi della tristezza, invece, rimase
impigliato con una gamba in un cavo, che lo trascinò sotto il
livello dell’acqua. Era incosciente quando fu portato in
superficie.
Il budget infinito
Era il film più costoso mai
prodotto in Germania al momento della sua realizzazione, oltre al
film più costoso al mondo dopo quelli di produzione statunitense e
sovietica. È stato un impegno produttivo enorme a fronte, poi, di
un grande successo commerciale.
Tentativi di fedeltà al
romanzo
Nel bellissimo romanzo di
Michael Ende, Atreyu è il cacciatore designato dalla tribù dei
Pelleverde, un nomignolo non casuale, visto che tutti gli
appartenenti a quel popolo avevano la pelle verde. In fase di
preparazione, si tentò per un make up che riproducesse questa
pigmentazione, ma ci si rese presto conto che non avrebbe reso
giustizia al personaggio a schermo.
Le misure di Falkor
Falkor (Fucur nella
versione italiana) è in realtà una creatura motorizzata lunga 13
metri, con 6.000 squame di plastica e pelliccia di piume rosa. Il
prop del film originale è “cavalcabile” presso il Bavaria Filmplatz
di Monaco, in Germania. Di recente, Atreyu/Hathaway è tornato
a cavalcarlo per uno spot televisivo.
L’Auryn
Nel film è l’oggetto
misterioso e potente intorno al quale ruota la vicenda, è il
simbolo del film per antonomasia ed è il gadget più desiderato e
ricercato dai fan di libro e film. L’Auryn è, nella storia, un
oggetto potentissimo. L’originale Auryn, utilizzato per le riprese,
è ora esposto in bella vista e al sicuro, in una teca, nell’ufficio
di Steven Spielberg. Che uomo fortunato!
La furia di Ende
L’autore Michael Ende decise che il
film non gli piaceva affatto. Infatti si rifiutò categoricamente di
apparire nei credits del film, chiedendo che il suo nome fosse
tolto e che il film cambiasse addirittura titolo, facendo causa
alla produzione. Tuttavia perse la causa, e adesso compare comunque
nei titoli di testa della versione originale. A quanto pare, stando
a quanto scritto dal giornalista Der Spiegel nel 1984, lo scrittore
aveva sperato che questo film fosse diretto da Andrzej Wajda o
Akira Kurosawa.
I denti dell’Imperatrice
Tami Stronach, interprete
dell’Imperatrice Bambina, aveva 11 anni al momento delle riprese.
Proprio alla vigilia del primo ciak, la bambina perse entrambi gli
incisivi, cosa che costrinse il reparto dei prop di scena a farle
indossare denti finti. Stronach ebbe non poche difficoltà a
familiarizzare con la protesi, ma alla fine la sua interpretazione
fu comunque impeccabile.
Una storia a metà
Nonostante la nota origine
letteraria del film, non tutti sanno che la storia di Petersen si
conclude esattamente a metà della storia di Ende. Il film infatti
ripercorre solo la prima metà del romanzo. Esistono altri due film,
però, due sequel, di cui il primo racconta maldestramente la
seconda parte del romanzo, mentre il secondo racconta una storia
completamente originale che si svolge nel nostro mondo e utilizza
il libro con l’Auryn stampato sopra come device narrativo. Entrambi
sono trascurabili.
La parolacce censurate
All’inizio del film, quando
si presenta con gli altri messaggeri nella foresta, l’Incubino
pronuncia una parolaccia, che però viene coperta dal rumore
assordante che produce il Mordiroccia. Questa parolaccia non viene
naturalmente ripresa in nessun doppiaggio, ed è oscurata dal suono
del veicolo del Mordiroccia. Trattandosi di un film per bambini,
era impensabile che la parolaccia rimanesse, udibile, nel film.
La lunga estate calda
Gran parte del film è
stato girato in Germania nell’estate del 1983. È stata l’estate più
calda nella storia della Germania in 25 anni. Durante le riprese,
date le altissime temperature, una delle statue della Torre
d’Avorio si è effettivamente sciolta. In altri giorni, la crew è
stata costretta a interrompere la produzione perché gli sfondi blu
per il lavoro di computer grafica e per gli effetti speciali non
funzionavano correttamente, mandati in tilt dalle temperature
elevate.
Il nome
Secondo il libro, il nuovo
nome dell’Imperatrice Bambina assegnatole da Bastian che lo urla
nella notte è “Moonchild”. Nel film Bastiano ripete alla tempesta
il nome “Moonchild”, ma nella versione italiana sembra che il
bambino urli “Mamma, ti chiamo Eva”, un richiamo al nome della
madre che Bastiano ha perso.
La Storia Infinita in
Streaming
Il film è disponibile in
streaming su Netflix, un ottimo modo per passare fare un tuffo in
un mondo che non c’è, che rischia di scomparire, ma che viene
salvato dalla forza di due piccoli eroi.
L’Oracolo del Sud, Piornakzak il
mordipietra e la vecchia Morla, ma anche la lumaca da corsa del
minuscolino Ukuk e il fortuna drago Falcor. Sono tanti i personaggi
de La Storia Infinita che si possono
incontrare ai Bavaria Films, un museo del cinema a Monaco in cui
sono esporte le creature utilizzate per il film di Wolfgang
Petersen e basato sulla prima parte dell’omonimo romanzo
di Michael Ende. Ecco di seguito qualche
scatto!
[nggallery id=2476]
Il film è diventato un piccolo
culto, ed è entrato nella storia del cinema tedesco perché si
tratta del film più costoso mai realizzato fino a quel momento, il
1984, in Germania. Il film fu seguito da altri due film che non ne
replicarono la qualità e la capacità di riportare sullo schermo la
magia immortale di Fantasia e delle pagine di Ende.
La Storia Infinita,
l’amato romanzo fantasy dell’autore tedesco Michael
Ende – già adattato nel film di culto del 1984 (qui
la recensione) – sta per essere riproposto sul grande schermo
con un nuovo adattamento (dunque non un remake del film già
esistente). Il progetto è frutto di una nuova joint-venture tra la
Michael Ende Productions e la casa di produzione di prestigio
See-Saw Films, che riporterà dunque il mondo di Fantàsia nelle sale
cinematografiche attraverso – stando a quanto riportato da Variety – molteplici film in
live-action.
La notizia pone fine alla corsa per
una delle proprietà fantasy più interessanti ancora da sfruttare
per il pubblico moderno. Secondo Variety, negli ultimi anni la
proprietà di Ende ha ricevuto interesse da tutto il mondo, compresi
studios e streamer. Già nel settembre del 2022 era stata riportata
la notizia per cui
i diritti del libro erano pronti per andare all’asta, cosa che
faceva presuppore la possibile realizzazione di un nuovo film.
See-Saw – che non è nuova
all’adattamento per il grande schermo di opere letterarie famose,
avendo realizzato lungometraggi come Lion
e Il
potere del cane, oltre ai recenti successi televisivi
Heartstopper e Slow
Horses – si è dunque ora unita alla Michael Ende
Productions per sviluppare e produrre i film. La nuova partnership
ha ottenuto i diritti per La Storia Infinita
dall’esecutore testamentario di Ende, il dottor Wolf-Dieter
von Granau. Iain Canning ed Emile
Sherman produrranno per See-Saw insieme a Roman
Hocke e Ralph Gassmann per Michael Ende
Productions.
“La storia è attuale e senza
tempo, e ha davvero l’opportunità di essere raccontata in modo
nuovo“, ha dichiarato Canning. “E parte della
particolarità del libro è che si può tornare ad esso in diverse età
della vita e trovare diversi livelli di significato. Perciò è
meraviglioso avere l’opportunità di dare una nuova prospettiva che
avrà nuovi strati e significati. Crediamo che ogni generazione
meriti il proprio viaggio a Fantàsia“. “Il viaggio, per
molti versi, inizia ora“, ha detto Canning. “C’è stata
molta attesa da parte delle persone che amano questa storia su
quali sarebbero stati i prossimi passi. Per noi, ora dobbiamo
parlare con scrittori e registi che nutrono una passione per questo
racconto“.
“Abbiamo bisogno di storie come
abbiamo bisogno dell’aria per respirare e dell’acqua per
sopravvivere. Danno qualità ai nostri mondi interiori e con questa
qualità prendiamo decisioni di qualità. Le storie rendono il mondo
migliore“, ha detto invece Hocke. “E ‘La Storia Infinita’
è la storia di tutte le storie“. Gran parte dei dettagli della
produzione, compreso il numero esatto di film da realizzare,
dipenderà dai creativi che verranno coinvolti. Ma Canning ha detto
che i luoghi descritti da Ende ne La Storia
Infinita – tra cui la cosiddetta Torre d’Avorio, Goab il
Deserto dei Colori, le Montagne d’Argento, la Città Spettrale, il
Lago d’Argento e le Paludi della Tristezza – permetteranno al film
di essere una “produzione globale internazionale“.
Di cosa parla La Storia Infinita?
Pubblicato per la prima volta nel
1979, La Storia Infinita è stato tradotto in 45
lingue, vendendo milioni di copie in tutto il mondo. Al centro
della storia c’è l’impacciato ma fantasioso bambino Bastian
Balthasar Bux che, mentre scappa dai bulli, scopre il
misterioso libro La Storia Infinita, che racconta
dell’eroico Atréyu e della sua missione di salvare
il magico regno di Fantàsia – un mondo di draghi, giganti, vasti
regni e paludi mortali – e la sua sovrana, l’Imperatrice
Bambina, dalla distruzione da parte di una forza nota come
“Il Nulla”. Ma più legge, più Bastian si rende conto di non essere
semplicemente uno spettatore non coinvolto, ritrovandosi ben presto
trasportato lui stesso in Fantàsia, volando in cima al drago
portafortuna Falkor per cercare di fermare le
forze del male.
E’ uno dei pochi classici rimasti
invariati nel tempo e per fortuna, ancora oggi, nessuno parla di
remake. Si tratta de La Storia Infinita,
film tratto dall’omonimo romanzo di Michael Ende e
diretto da Wolfgang Petersen (prima del
deragliamento hollywoodiano). Di seguito vi mostriamo dei concept
del film, realizzati dal famoso artista Nicolas
Francoeur, che ci piacerebbe vedere realizzati in un
futuro ed eventuale remake.
Non ci auguriamo certo che qualcuno
possa osare rimettere mano ad un classico senza tempo, ma se mai
dovesse accadere, sarebbe bello che Atreyu, l’Infanta Imperatrice e
tutti gli altri amati personaggi avessero queste sembianze. Che ve
ne pare?
Noah Hathaway,
indimenticabile Atreyu de La Storia
Infinita, è tornato in groppa al FortunaDrago Falkor
pr uno spot musicale per Spotify dopo 32 anni.
Nel promo, che potete vedere a
seguire, Hathaway veste i panni di un Atreyu invecchiato con barba
e capelli lunghi, che non riesce a credere che “dopo tutti
questi anni (ben 32, ndr), la gente ascolta ancora questa
canzone”.
Chicca davvero imperdibile dello
spot è la voce di Falkor, ancora una volta “offerta” da
Alan Oppenheimer, a oggi 86 anni.
Il leit motiv in sottofondo è
l’inconfondibile canzone di Limahl “The NeverEnding Story”.
Ecco lo spot e il making of:
https://www.youtube.com/watch?v=zuOiNjpkEFY
https://www.youtube.com/watch?v=R0b5cvMeRZQ
Per calarsi nuovamente nel ruolo del
giovane eroe destinato a salvare Fantasia, l’attore 44enne ha
dovuto coprire i tatuaggi “aggiunti” nel corso di questi 32 anni e
ha indossato barba e capelli finti.
Il film tedesco in lingua inglese
La storia
infinita, diretto dal recentemente scomparso
Wolfgang Petersen, segue Bastian, un ragazzo
vittima di bullismo che trova un libro misterioso che lo trasporta
in un luogo magico chiamato Fantasia. Mentre procede con il
racconto, Bastian capirà di dover impedire a una forza oscura
chiamata Il Niente di conquistare quel luogo magico. Distribuito
nel 1984 con grande successo e un guadagno di oltre 100 milioni di
dollari in tutto il mondo, La storia infinita è
ancora oggi un cult del cinema mondiale e rimane rilevante nella
cultura pop odierna.
La popolarità ottenuta dal film ha
poi permesso di dar vita a due sequel negli anni ’90: La storia
infinita 2 e La storia infinita 3. Tuttavia, questi
due sequel non hanno eguagliato il successo o il plauso del primo e
sebbene ci siano stati alcuni tentativi nel corso dei decenni di
riavviare la saga, non ne è venuto fuori nulla a causa di problemi
con i diritti. Ora, tuttavia, sembra che i tempi siano maturi per
un vero e proprio ritorno di La storia infinita. Secondo
Deadline diverse piattaforme streaming e studios stanno facendo
offerte multimilionarie per acquistare i diritti del romanzo di
Michael Ende, su cui si basava il film del
1984.
Secondo quanto riferito, gli eredi
dell’autore sarebbero aperti a delle trattative, le quali sarebbero
però ancora soltanto a delle fasi iniziali e dunque poco c’è di
certo al momento. Con la recente ritorno in auge del fantasy anni
’80, omaggiato in modo più o meno evidente, ha dunque perfettamente
senso che diverse aziende produttrici siano interessate a dar vita
ad una nuova versione del film. Come sempre, però, un’operazione di
questo tipo può rivelarsi rischiosa, specialmente considerando il
valore che La storia infinita ha presso gli spettatori di
ogni età e ogni dove.
Abbiamo già detto che da oggi sarà disponibile in puntate su
Quibi un remake home made de La storia
fantastica, a cui hanno partecipato tantissime star che
hanno ricreato piccoli pezzi del film mentre erano in quarantena,
utilizzando solo oggetti e materiali che potevano reperire nelle
loro case. Oggi arriva il primo esilarante trailer del remake
casalingo collettivo in cui compaiono Tiffany
Haddish con Common, Hugh Jackman e il figlio, Jennifer Garner, Sophie Turner (visibilmente incinta!) con
Joe Jonas. Ecco il trailer:
Naturalmente tutta l’operazione non
è solo un simpatico divertimento, ma anche un modo per raccogliere
fondi e fornire pasti gratuiti a chi non può permetterseli negli
Stati Uniti ancora attanagliati dall’emergenza COVID-19.
Questa versione de La
Storia Fantastica vedrà esibirsi molte altre famose coppie
di Hollywood, tra cui Common e Tiffany Haddish, Neil
Patrick Harris e David Burtka, Chris Pine e
Annabelle Wallis. Ma anche nomi del calibro di
Hugh Jackman,
Jennifer Garner, Elijah Wood e avranno un ruolo.
La Storia Fantastica, il
film diretto nel 1987 da Rob Reiner (Stand
By Me,
Misery non deve morire), è uno dei fantasy più amati di sempre.
Il prossimo 1 maggio il film sarà disponibile su Disney+, la piattaforma di streaming della
casa di Topolino che ha debuttato in Italia ormai da quasi un
mese.
Per celebrare l’arrivo in VOD del
film, le star Cary Elwes e Robin
Wright, protagonisti della pellicola originale nei panni
rispettivamente di Westley e Bottondoro, si sono ritrovati in un
bellissimo e nostalgico video diffuso attraverso i canali social
ufficiali di
Disney+. Sono ormai trascorsi 33 anni da quando La Storia Fantastica debuttò nelle sale americane. Per
molti anni si è parlato di un possibile reboot, ma ad oggi non
esistono ancora notizia ufficiali in merito.
Di recente, Elwes ha recitato nella
terza stagione di
Stranger Things; la Wright, invece, ha goduto negli ultimi
anni del successo di House of
Cards, e ha recitato in film quali Wonder
Woman e Blade Runner
2049. Potete godervi il video della reunion Elwes/Wright
cliccando sullo screenshot di seguito:
La Storia Fantastica
disponibile dal 1 maggio su Disney+
La Storia Fantastica (The
Princess Bride) è un film fantasy del 1987 diretto
da Rob Reiner, tratto dal romanzo “La
principessa sposa” di William
Goldman del 1973, adattato per il cinema
dall’autore stesso.
Il film è diventato un vero cult
anni ottanta e, in un certo senso, può essere considerato film
parodia dei classici fantasy e fiabe. È stato candidato ai Premi
Oscar 1988 per la miglior canzone con
“Storybook Love”
di Willy De Ville. Nel 2016 venne scelto per
la conservazione nel National Film Registry della
Biblioteca del Congresso negli Stati Uniti.
Latrama del film ruota intorno
al piccolo Jimmy, che a causa di una noiosa influenza, è costretto
a rimanere a letto a giocare con i videogame o a guardare i
programmi sportivi in televisione: a fargli compagnia arriva il
nonno che però non viene accolto molto affettuosamente. Questi
inizia a leggere al ragazzino una storia fantastica che man mano
coinvolge sempre più il piccolo malato. E’ la vicenda dolceamara
della bella principessa Bottondoro che si innamora, ricambiata, del
suo servo Westley. A turbare la loro armonia giunge la partenza del
giovane per terre lontane: entrambi si giurano eterno amore. Dopo
cinque lunghi anni, Bottondoro viene a sapere che Westley è stato
trucidato dal crudele pirata Roberts e pertanto lei pensa che non
potrà amare più nessun altro uomo. Nonostante ciò il superbo e
cinico principe Humperdinck la vuole sposare. Ella viene rapita da
tre loschi figuri: Vizzini, il capo, Iñigo Montoya, uno spagnolo
abilissimo spadaccino, e Fezzik, un gigante dalla forza
sovrumana…
Screen Junkies ha diffuso l’esilarante
trailer onesto de La Storia Fantastica, film
diretto da Rob Reiner (Stand By
Me) che ha stregato una generazione, la stessa che è
cresciuta con i film culto degli anni ’80. Nel film La
Storia Fantastica ha visto l’esordio al cinema di
Robin Wright affiancata dall’allora molto
affascinante Cary Elwes.
Ecco il trailer onesto de La
storia fantastica
La storia
fantastica (The Princess Bride) è un film
fantasy del 1987 diretto da Rob Reiner, tratto dal
romanzo La principessa sposa di William
Goldman del 1973, adattato per il cinema dall’autore
stesso.
La storia fantastica, il film
Il film è diventato un vero cult
anni ottanta e, in un certo senso, può essere considerato film
parodia dei classici fantasy e fiabe. È stato candidato ai Premi
Oscar 1988 per la miglior canzone con Storybook
Love di Willy De Ville.
Nel 2016 venne scelto per la
conservazione nel National Film Registry della
Biblioteca del Congresso negli Stati Uniti.
La trama del film
ruota intorno al piccolo Jimmy, che a causa di una noiosa
influenza, è costretto a rimanere a letto a giocare con i videogame
o a guardare i programmi sportivi in televisione: a fargli
compagnia arriva il nonno che però non viene accolto molto
affettuosamente. Questi inizia a leggere al ragazzino una storia
fantastica che man mano coinvolge sempre più il piccolo malato. E’
la vicenda dolceamara della bella principessa Bottondoro che si
innamora, ricambiata, del suo servo Westley. A turbare la loro
armonia giunge la partenza del giovane per terre lontane: entrambi
si giurano eterno amore. Dopo cinque lunghi anni, Bottondoro viene
a sapere che Westley è stato trucidato dal crudele pirata Roberts e
pertanto lei pensa che non potrà amare più nessun altro uomo.
Nonostante ciò il superbo e cinico principe Humperdinck la vuole
sposare. Ella viene rapita da tre loschi figuri: Vizzini, il capo,
Iñigo Montoya, uno spagnolo abilissimo spadaccino, e Fezzik, un
gigante dalla forza sovrumana…
Sono passati 35 anni dall’uscita de
La Storia Fantastica, il film del 1987 diretto
da Rob Reiner, tratto dal romanzo The Princess
Bride di William Goldman del 1973, adattato
per il cinema dall’autore stesso.
In un’intervista dedicata a questo
anniversario, Mandy Patinkin, che nel film
interpreta Inigo Montoya, lo spadaccino in cerca di vendetta, ha
ricordato un momento delle riprese, con particolare commozione. Si
tratta della scena in cui Inigo combatte contro quello che crediamo
essere il Pirata Roberts, il loro primo incredibile duello, prima
della rivelazione che il pirata di nero vestito è invece l’eroe
romantico Westley (Cary Elwes).
Nel video, Patinkin spiega che alla
fine delle riprese della scena, Rob Reiner aveva proposto di fare
un unico take dell’intera scena di combattimento con le camere sul
soffitto, e sia lui che Elwes avevano detto di sì con grande
entusiasmo. Quando, alla fine della ripresa che andò liscia come
l’olio, Reiner chiamò lo stop, Patinkin si sentì stringere il
petto, perché sapeva che non avrebbe più ripetuto quella
straordinaria coreografia. Ecco il video:
The Princess Bride recently turned 35 years
old. So grateful to have been a part of that piece and to everyone
who had a hand in making it come to life. pic.twitter.com/rgPEhxRzY4
La storia
fantastica, il film fantasy del 1987, quest’estate sarà
oggetto di un remake casalingo contro la pandemia. Il film
originale è interpretato da Cary Elwes,
Robin Wright, Mandy Patinkin e altri, tra cui un
irriconoscibile Billy Crystal, e segue gli eroi
protagonisti, uno squinternato improbabile terzetto, in una
missione mentre cercano di salvare la principessa Bottondoro,
mentre la storia è in realtà la rappresentazione di una fiaba che
un nonno legge a suo nipote malato.
Variety riferisce che il
remake del film sarà distribuito in capitoli sulla piattaforma
video mobile Quibi, a partire da lunedì 29 giugno. Nuovi capitoli
del film saranno condivisi ogni giorno per due settimane. Il film è
stato realizzato dagli stessi membri del cast a casa usando i loro
telefoni. Il remake mostrerà molti aspetti del film originale che
sono stati reinventati, tra cui Sophie Turner e Joe Jonas che
fanno un cambio di ruolo e lei interpreta Westley e lui la
principessa Bottondoro.
Questa versione de La
Storia Fantastica vedrà esibirsi molte altre famose coppie
di Hollywood, tra cui Common e Tiffany Haddish, Neil
Patrick Harris e David Burtka, Chris Pine e Annabelle
Wallis. Ma anche nomi del calibro di Hugh Jackman,
Jennifer Garner, Elijah Wood e avranno un ruolo. Nel
frattempo, il regista originale Rob Reiner
interpreterà “Il nonno” e Fred Savage interpreterà
“Il nipote”, riprendendo il suo ruolo dal film originale.