Quando si parla di kolossal e di peplum, non ci si può esimere dal chiamare in causa il film che ha cambiato radicalmente il modo di fare cinema e di intendere lo spettacolo a Hollywood. Ben-Hur, il film dai grandi numeri (11 Oscar vinti, 300 set utilizzati, 8000 comparse impiegate), è ancora oggi una delle rappresentazioni epiche più amate della storia del cinema, nonchè una delle più mastodontiche produzioni mai realizzate.
Terza versione cinematografica del romanzo del generale Lee Wallace (dopo quella del 1907 e un’altra del 1925), Ben-Hur si avvale della mano del grande maestro William Wyler (uno dei registi più poliedrici mai esistiti) che riesce a coniugare in 219 minuti una storia epica modellata su uno stampo drammatico con il grande tema della religione, infondendo all’intero racconto una crudeltà e un’integrità che – narrativamente parlando – restano a cinquantasette anni di distanza ancora incomparabili. Un’opera intrisa di violenza (sia fisica che morale) dove le tematiche più ambigue della cupidigia, dell’odio e della vendetta si mescolano a quell più edulcorate della redenzione, del perdono e – naturalmente – dell’amore.
Ben-Hur, il film dai grandi numeri
Charlon Heston, reduce all’epoca dall’interpretazione di Mosè ne I Dieci Comandamenti (1956), si fa carico, non solo attraverso un’eccellente forma fisica, ma anche e soprattutto attraverso il suo carisma e il suo pacato fervore, di un conflitto interiore che serve a diramare da un lato l’aspetto più riflessivo ed emotivo della parabola, dall’altro quello più animato, vivace e dinamico, votato essenzialmente all’azione.
Un discorso che trova la sua completa attualizzazione nell’enorme lavoro svolto da Wyler sul piano tecnico, grazie alla realizzazione di scene mitiche girate nell’eccezionale formato 65mm ed entrate nella storia della settima arte, come la sequenza dei 200 schiavi che remano disperatamente al ritmo di un tamburo o quella famosissima della corsa delle bighe, prodotta senza l’ausilio di effetti speciali, una delle più entusiasmanti e pericolose che siano mai state concepite. Una straordinaria miscela di solennità, accuratezza scenografica e ritmo che deve buona parte della sua riuscita anche alla fotografia precisa e incisiva di Robert Surtees, e alle musiche imperiose e superbe di Miklòs Ròzsa.
Nonostante la genesi tormentata (prima di realizzare il film la MGM era sull’orlo della bancarotta) e i numerosi problemi legati alla sua realizzazione (in primis le “guerre” per la sceneggiatura), Ben-Hur è riuscito a imporsi come opera titanica capace di sconfinare nell’immortalità, apripista per tutte le grandi produzioni che seguirono (da Spartacus a Guerra e Pace), imprescindibile punto di riferimento per tutti quei grandi registi (su tutti Ridley Scott con i suoi Il Gladiatore e il più recente Exodus) e tutte quelle grandi major (un nuovo remake del film, firmato da Timur Bekmambetov, è attualmente nelle nostre sale) che ancora si battono per cercare di riportare in auge un genere purtroppo vittima dello scorrere del tempo e dei continui cambiamenti – in termini di scelte e di gusto – di un pubblico in continua evoluzione.

Storie estreme di gente comune: il punk maledetto che sputa, inveisce e striscia come un ragno, la studentessa modello che viene traviata dal suo ospite maligno e sorvegliata a vista dai genitori disperati, la donna dalla vita distrutta per l’emergere continuo di una doppia personalità malvagia che le impedisce di condurre un esistenza normale. Tante piccole vicende di persone afflitte che ricorrono come ultima spiaggia alla religione, al supporto di uomini di fede, in grado con strambi quanto grotteschi rituali di tenere a bada problemi di natura psichica, che medici e specialisti hanno rinunciato a curare.
Federica Di Giacomo sostiene che “l’esorcista è un nuovo guaritore, spesso l’ultima spiaggia dopo una via crucis di maghi, psichiatri e rimedi alternativi, metafora di una società in cui l’importante è trovare una cura, rapida e risolutoria. Anche a costo di consegnarsi a qualcuno che ci chiama “Satana”.” Dice di aver scelto di raccontare questa storia dal punto di vista di chi la vive ogni giorno. “ I cosiddetti “posseduti” sono persone comuni che si avvicinano alla Chiesa in un momento critico della loro vita. La loro esperienza si emancipa, quindi, dall’immaginario horror e acquista una complessità in cui c’è posto anche per l’ironia”.
Il regista Tim Burton ha descritto il personaggio diEva Green, Miss Peregrine come “una spaventosa Mary Poppins“, la donna che protegge i bambini speciali ed è capace di trasformarsi in uccello.
Trama: “Prima di diventare l’eroina che tutti conosciamo, Wonder Woman era Diana, principessa delle Amazzoni, addestrata per diventare una guerriera invincibile. Cresciuta in una paradisiaca isola protetta, quando un pilota americano, in seguito a un incidente, approda sulle sue rive e annuncia un grandissimo conflitto che infuria nel mondo esterno, Diana lascia la sua casa, convinta di poter fermare la minaccia. Combattendo insieme all’uomo in una guerra che potrebbe mettere fine a tutte le guerre, Diana scoprirà i suoi straordinari poteri andando incontro al suo vero destino”.


















Questo atto portò Jones County, Mississippi, a separarsi dalla Confederazione e a diventare lo Stato libero di Jones. Newton Knight sposò una schiava (nel film interpretata da Gugu Mbatha-Raw), formando una delle prime coppie miste riconosciutedalla storia americana.
Il film, le cui riprese si dividono tra Firenze, Venezia e Budapest, è prodotto da Brian Grazer e Ron Howard. La sceneggiatura è di David Koepp, basata sull’omonimo romanzo di Dan Brown. Executive Producers sono David Householter, Dan Brown, Anna Culp e William M. Connor. Direttore della fotografia è Salvatore Totino, mentre le scenografie sono di Peter Wenham. Al montaggio Dan Hanley e Tom Elkins, ai costumi Julian Day. Inferno sarà nelle sale italiane il 13 ottobre 2016, distribuito da Warner Bros. Entertainment e prodotto da

Dai Marvel Studios arriva la storia del neurochirurgo di fama mondiale, il Dottor Stephen Strange, che viene derubato dell’uso delle sue preziose mani a seguito di un terribile incidente d’auto. Quando la medicina tradizionale lo tradisce, Strange decide di rivolgere le sue speranze di guarigione altrove, verso un mistico ordine noto come Kamar-Taj. Qui scoprirà che non si tratta solo di un centro di guarigione, ma anche di un avanposto che combatte delle forze oscure e sconosciute che vogliono distruggere la nostra realtà. Strange dovrà quindi scegliere, armato di un nuovo potere e nuove capacità, se tornare alla sua vita di successi e agi o se lasciarsi tutto alle spalle e ergersi contro il male.



Questa nuova dinamica divide gli Avengers che, al tempo stesso, tentano di proteggere il mondo da un nuovo e malvagio avversario.