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Paradise: recensione della serie con Sterling K. Brown

Provare a definire questo nuovo prodotto seriale targato Hulu (disponibile su Disney+) potrebbe risultare piuttosto complesso. Non perché Paradise non possa essere fin troppo facilmente incasellato nel genere del thriller distopico, tutt’altro: il fatto è che fin dall’episodio pilota la serie creata da Dan Fogelman (This Is Us) sembra essere stata concepita appositamente per fuorviare lo spettatore, per farlo adattare psicologicamente a un determinato genere per poi catapultarlo dentro un altro, diverso ma non antitetico al precedente. 

Altro motivo per cui non è affatto semplice inquadrare la serie consiste nel fatto che, dietro il gioco di specchi architettato dalla messa in scena e dalla trama, si tratta fondamentalmente di un dramma umano, di un cosiddetto “character study” in alcuni episodi davvero potente.

La trama di Paradise

Passiamo alla trama principale di Paradise: l’agente segreto Xavier Collins (Sterling K. Brown) è da anni addetto alla sicurezza del Presidente degli Stati Uniti Cal Bradford (James Marsden), anche dopo che è tornato alla vita privata. Il rapporto tra i due, all’inizio consolidato attraverso una sincera amicizia, si è incrinato a causa di una tragedia passata. Quando però Collins trova il suo datore di lavoro nella sua camera da letto con la testa fracassata, il senso del dovere spinge l’uomo a iniziare un’indagine privata e molto pericolosa per scoprire l’assassino di Bradford. La tranquilla cittadina in cui l’ex Presidente si è ritirato nasconde numerosi e sconvolgenti misteri…

Mette davvero molta carne in pentola Paradise, probabilmente troppa, dal momento che non riesce a gestire allo stesso livello di intensità emotiva tutti i personaggi in scena. Il meccanismo narrativo che Fogelman ha già adoperato con sapienza in This Is Us è quello di raccontare la backstory dei diversi protagonisti adoperando numerosi flashback che raccontano come sono arrivati al momento in cui la trama principale comincia. Se tale sviluppo ad incastri funziona indubbiamente per dare ritmo ai vari episodi, bisogna commentare che non tutte le vicende personali dei personaggi sono emotivamente sullo stesso livello.

Un buon cast guidato da Sterling K. Brown

Quella sviluppata in maniera maggiormente convenzionale è senza dubbio la storia dell’antagonista principale, Samantha, figura in chiaroscuro a cui neppure un’attrice solitamente efficace come Julianne Nicholson riesce a conferire il necessario spessore. Miglior sorte tocca al protagonista assoluto Xavier Collins, anche se in fin dei conti non si discosta troppo dal classico uomo e padre di famiglia diviso tra attaccamento alla famiglia e fervente senso del dovere.

In maniera piuttosto paradossale il personaggio che conquista maggiormente nei primi episodi è il braccio destro di Xavier, Billy, interpretato con evidente competenza da quel Jon Beavers che si era già messo in luce in Horizon: An American Saga di Kevin Costner. Se lo show contribuisse ad affermare definitivamente l’attore all’interno dell’establishment hollywoodiano non potremmo che esserne contenti, dal momento che soprattutto la presenza scenica di Beavers appare indiscutibile. Altra nota di merito va a James Marsden nel ruolo di un Presidente bradford travagliato, sbruffone, “uomo del popolo” ma mai populista. Per contrappasso, il suo ruolo sopra le righe rende ancora più efficace l’interpretazione robusta e trattenuta di Sterling K. Brown, attore di ormai sicuro affidamento.

Una serie che ha bisogno di tempo

Va concesso tempo a Paradise per affermarsi con pienezza nella mente dello spettatore. Vanno superati alcuni momenti in cui la verosimiglianza scricchiola di fronte all’enormità della storia raccontata. Quando lo show si assesta e procede dritto verso quello che vuole veramente raccontare, ecco che il livello di tensione e l’adesione emotiva nei confronti di personaggi e situazioni prende quota. E possiamo garantirvi che il settimo episodio sarà capace di spaventarvi, di farvi preoccupare seriamente di fronte a quello che potrebbe essere il futuro – anche prossimo, ahinoi – del nostro pianeta. Non abbiamo ancora visto l’ottavo e ultimo capitolo dello show, e francamente non abbiamo poi così tanta fretta di tornare ad esperire quel livello di angoscia…

Due emisferi: la storia vera dietro il film Netflix

Due emisferi (il cui titolo originale è Los Dos Hemisferios de Lucca) di  Netflix e diretto da , è una storia commovente che racconta i tentativi di una madre di garantire la vita migliore possibile al figlio, nato con una malattia che gli ha cambiato la vita. Il figlio maggiore di Bárbara Anderson, Lucca, è infatti nato con una paralisi cerebrale infantile, un disturbo dello sviluppo cerebrale che ben presto ha iniziato a minacciare la qualità della vita del bambino. Di conseguenza, quando la madre viene a conoscenza di un trattamento sperimentale in India che promette grandi miglioramenti, decide di far accedere suo figlio a questa terapia.

Così, nonostante le complicazioni di un viaggio internazionale così impegnativo, Bárbara si assume il compito di rendere il Cytotron, apparentemente miracoloso, parte del futuro di suo figlio. Questo film spagnolo approfondisce la vita di un ragazzino con disabilità la cui famiglia lo sostiene in ogni circostanza. Particolare attenzione è riservata alla madre, Bárbara, disposta a tutto pur di garantire al figlio ogni opportunità che merita. Pertanto, i temi commoventi della storia, quali l’amore familiare, le complicazioni croniche della disabilità e la tenacia materna, devono aver colpito il pubblico al punto da suscitare il suo interesse per Lucca e le origini della sua storia nella vita reale.

Due emisferi è basato sul libro autobiografico di Bárbara Anderson

Due emisferi è un adattamento drammatizzato del libro di Bárbara Anderson I due emisferi di Lucca. Il romanzo spagnolo, pubblicato nel 2019, è il primo tentativo della giornalista nel campo della scrittura e funge da resoconto autobiografico della sua esperienza come madre di un bambino con disabilità. Da quando Lucca è nato e gli è stata diagnosticata la paralisi cerebrale, sua madre si è tenuta diligentemente aggiornata sulle novità in campo sanitario per cercare alternative che potessero rendere la vita più facile a suo figlio. Pertanto, poco dopo che è entrato nel suo radar, la madre ha scoperto Cytotron, un dispositivo a risonanza magnetica che avrebbe potuto aiutare Lucca.

Bárbara Mori e Julian Aguilar Tello in Due emisferi
Bárbara Mori e Julian Aguilar Tello in Due emisferi. Cr. Maria Medina / Netflix ©2025

Attraverso un contatto ad Harvard, Anderson è riuscita a mettersi in contatto con il dottor Rajah Kumar, l’inventore di Cytotron. Da lì, lei, suo marito Andres e i loro figli, Lucca e Bruno, hanno deciso di intraprendere un viaggio in India nel 2017 per provare il trattamento sperimentale. Il viaggio era finanziariamente impegnativo e comportava una serie di complicazioni. Tuttavia, gli Anderson non hanno permesso a nulla di distoglierli dal percorso che avevano scelto. Durante questo periodo, la giornalista ha tenuto un diario dettagliato del viaggio, annotando ogni progresso medico nella vita di suo figlio. Queste annotazioni l’hanno aiutata a scrivere il suo romanzo d’esordio e a condividere la storia della sua famiglia con il mondo.

Il trattamento iniziale di 28 giorni con Cytotron ha finito per fare miracoli per Lucca, che è stato uno dei primi al mondo a testare il dispositivo per la rigenerazione dei neuroni e la riparazione dei danni neurologici. Infatti, il trattamento lo ha aiutato a sviluppare la capacità di parlare, e le sue prime parole sono state il nome dell’inventore, Kumar. Il film di Mariana Chenillo, con la sceneggiatura di Javier Peñalosa, racchiude la meraviglia di questo primo viaggio in India intrapreso dalla famiglia Anderson. Mette in evidenza le sfumature mediche della storia di Lucca, ma anche le dinamiche familiari emotivamente crude che hanno reso possibile questo incredibile trattamento per il ragazzo.

Pertanto, nonostante qualche occasionale allontanamento dalla realtà, Due emisferi rimane una versione autentica e accurata della vera storia della famiglia Anderson portata sullo schermo. In una conversazione con Netflix, Anderson ha parlato della sua esperienza con il film. Ha detto: “Guardarsi in un film è molto difficile da spiegare; ho pianto quando ci ho rivisti. Ascoltando le voci di Bárbara Mori e Juan Pablo Medina, con il mio timbro o con Andrés, le frasi tipiche di mio marito, ho visto noi stessi come altre persone e il mio corpo si è bloccato. Come si dice spesso, la realtà supera la finzione, ma questa volta la finzione ha catapultato la nostra vita a un altro livello”.

Il Cytotron è un dispositivo reale che può essere utilizzato nel trattamento del cancro

Sebbene il focus centrale di Due emisferi rimanga senza dubbio sulla famiglia Anderson e sulla loro storia, il film porta alla ribalta anche la macchina rivoluzionaria, l’influenza reale del Cytotron. Il Cytotron è una macchina reale creata dal dottor Rajah Vijay Kumar, uno scienziato di Banglore. Kumar ha iniziato la sua ricerca per creare la macchina già nel 1987 e ha prodotto il primo prototipo nel 1999. Durante tutto questo tempo, il dottore ha sempre inteso utilizzare la macchina per il trattamento del cancro. La sua commercializzazione è iniziata nel 2006 come strumento per l’ingegneria tissutale. Nel 2012, il Cytotron è stato approvato per l’uso clinico con il marchio CE (Conformité Européenne).

Due emisferi spiegazione finale
Juan Pablo Medina, Bárbara Mori, Julian Aguilar Tello e Danish Hussain in Due emisferi. Cr. Maria Medina / Netflix ©2025

Inoltre, il trattamento di Lucca Anderson ha svolto un ruolo cruciale nell’introduzione di questa tecnologia rivoluzionaria in Messico. Dopo il suo caso, l’Hospital Infantil de México Federico Gómez, un centro di assistenza sanitaria pediatrica a Città del Messico, è riuscito ad acquistare una di queste macchine. Secondo quanto riferito, Bárbara Anderson ha dato un contributo notevole alla realizzazione di questo progetto. Oggi il Cytotron continua ad essere uno strumento efficace per la diagnosi dei tumori e nel trattamento dei tumori e dei tessuti. Nel 2017, l’innovativa invenzione di Kumar gli è valsa il riconoscimento come uno dei dieci migliori scienziati dell’India.

Lucca Anderson continua a vivere la vita al massimo

Dal suo primo trattamento con Cytotron nel 2017, Lucca Anderson si è sottoposto al trattamento altre tre volte recandosi in India. Di conseguenza, oggi è libero dall’epilessia da cinque anni e ha mosso i primi passi e pronunciato le prime parole. Attualmente frequenta la scuola elementare insieme al fratello minore Bruno. Continua a intraprendere nuove avventure con la sua famiglia, che si tratti di festeggiare piccoli traguardi, come compleanni e vacanze, o di vivere nuove emozionanti esperienze, come l’incontro con una giraffa!

La vita di Lucca continua quindi ad essere piena delle normali gioie dell’adolescenza, dalla scoperta di un nuovo cibo preferito, il Guerrero Chilate, al godersi i momenti grandi e piccoli con i suoi genitori e suo fratello. Recentemente ha anche vissuto l’esperienza surreale di sfilare sul tappeto rosso con la sua famiglia per la prima cinematografica di Due emisferi. È quindi evidente che il ragazzino è pronto ad affrontare le molte eccentricità della vita con l’amore e la cura della sua devota famiglia al suo fianco.

Due emisferi: la spiegazione del finale del film Netflix

Due emisferi è un film di Netflix – diretto da – commovente e sentimentale basato sulla storia vera della miracolosa guarigione di Lucca, un ragazzino nato con una paralisi cerebrale. La storia riguarda tanto lui quanto sua madre Barbara, una donna dalla forte volontà, determinata a dare a suo figlio una vita migliore. La sua condizione è causata dalla mancanza di ossigeno durante il parto. Barbara iscrive quindi Lucca a tutte le nuove terapie che possono aiutarlo. Conciliare il lavoro e le responsabilità di madre di un bambino con disabilità non è però facile, ma Barbara non si lamenta mai. Suo marito, Andres, le è sempre di grande sostegno e insieme fanno in modo che Lucca abbia la vita migliore possibile.

Barbara decide di andare in India con Lucca

Durante un colloquio, quando il suo cliente viene a sapere di Lucca, questi suggerisce a Barbara di consultare un medico messicano in India, famoso per curare casi neurologici apparentemente impossibili. Secondo il suo cliente, in India viene sviluppata una macchina in grado di curare tali condizioni neurologiche, e offre a Barbara il numero di telefono del medico. Quel giorno Barbara trova un barlume di speranza e decide immediatamente di contattare il dottor Ricardo Jaramillo e di organizzare un viaggio in India con la sua famiglia. Jaramillo è però inizialmente riluttante a usare la macchina su Lucca.

Gli effetti collaterali del trattamento su un giovane paziente affetto da paralisi cerebrale non sono ancora determinati e non pensa che sia una buona idea sottoporre Lucca a un trattamento così estremo. Ma Barbara non si arrende. Per mesi scrive e-mail e fa telefonate a Jaramillo, supplicandolo di prendere in considerazione il caso di Lucas. Parla anche con Bruno Bernardi, l’ex ministro dell’economia, che segue il trattamento e sta bene. Lui le dice che, durante il periodo in cui è in cura, vede diversi bambini dell’età di Lucca ricoverati lì. Barbara contatta anche l’ambasciata messicana in India, che accetta di aiutare la famiglia in ogni modo possibile.

Jaramillo finalmente contatta Barbara con buone notizie. Il consiglio, insieme al dottor Kumar (l’inventore del Cytotron), accetta finalmente di prendere in considerazione il caso di Lucca, e Barbara si prepara a partire per l’India con la sua famiglia. Non se la passano bene dal punto di vista finanziario, ma Barbara è fiduciosa che alla fine tutto si risolva per il meglio. Andres è senza lavoro da parecchio tempo e il solo stipendio di Barbara non è sufficiente per finanziare il viaggio. Alla fine ipotecano la loro casa, ma Barbara è sicura che la guarigione di Lucca renda tutto “ne valga la pena”.

Bárbara Mori e Julian Aguilar Tello in Due emisferi
Bárbara Mori e Julian Aguilar Tello in Due emisferi. Cr. Maria Medina / Netflix ©2025

La terapia con il Cytotron dà risultati

Quando arrivano in India, Barbara e Andres non sono sicuri che il loro figlio riceva le cure di cui ha bisogno. Il centro di cura è circondato da animali e uccelli e la macchina Cytotron non è così impressionante come pensano. Si chiedono se sia tutta una trovata pubblicitaria e se vedranno mai dei cambiamenti in Lucca. Al contrario, la salute di Lucca inizia a peggiorare. Ha pochissimo appetito e vomita la maggior parte del cibo che gli viene dato. Barbara non può fare a meno di chiedersi se la sua decisione di portare Lucca in India sia giustificata. Di recente ha un attacco epilettico e, di conseguenza, Barbara inizia a perdere la speranza.

Ma presto, quando il loro figlio minore, Bruno, interagisce con Lucca in ospedale, lui reagisce per la prima volta. Barbara e Andres rimangono scioccati nel vedere Lucca muovere i muscoli da solo. Ciò dimostra che il trattamento è efficace e gradualmente Lucca mostra enormi miglioramenti sia fisici che mentali. Kumar ritiene che il trattamento aiuti il cervello di Lucca a creare connessioni e che con il tempo diventi sempre più reattivo. L’ultimo giorno al centro di cura, Lucca sorprende tutti dicendo “Kumar”, la sua prima parola. Prima che se ne vadano, il dottor Kumar suggerisce a Barbara e Andres di sottoporre Lucca al trattamento almeno una volta all’anno per ottenere risultati migliori.

Il dottor Ricardo Jaramillo è contrario al piano di Barbara

Durante il loro ultimo giorno in India, John Miller, uno dei pazienti di Kumar che investe anche in alcune macchine Cytotron, dice che stanno progettando di aprire un centro a Baltimora, ma che le macchine devono ancora essere trasportate da Veracruz, in Messico. Barbara si sente un po’ più ottimista dopo aver scoperto che Kumar e Jaramillo stanno progettando di espandere il trattamento a livello globale. Prima di lasciare l’India, Barbara chiede a Jaramillo informazioni sulla clinica di Baltimora, e lui le dice che stanno ancora aspettando l’approvazione della FDA per iniziare le sperimentazioni cliniche negli Stati Uniti. Secondo lui ci vogliono ancora alcuni anni prima di poter avviare la clinica.

Barbara suggerisce a Jaramillo di prendere in considerazione anche il Messico per l’espansione, soprattutto dato che a Veracruz ci sono già due Cytotron. Jaramillo sembra scontento e aggiunge che John Miller non deve mai discutere i piani aziendali con Barbara. Le consiglia di abbandonare il suo sogno di aprire una clinica in Messico perché le possibilità di ottenere l’approvazione sono estremamente scarse. Barbara si offre di aiutarlo a ottenere i permessi in Messico, ma Jaramillo è piuttosto titubante e chiarisce che, in ogni caso, Barbara non deve mai discutere tali piani con Kumar perché, a quanto pare, il medico non vuole avere a che fare con la burocrazia delle licenze e Jaramillo deve occuparsi da solo di quella parte. Sia Barbara che Andres trovano il comportamento di Jaramillo un po’ strano, ma decidono di lasciar perdere.

Bárbara Mori e Juan Pablo Medina in Due emisferi
Bárbara Mori e Juan Pablo Medina in Due emisferi. Cr. Maria Medina / Netflix ©2025

Dopo essere tornata a casa, il neurologo di Lucca, Jose, vede i risultati e non riesce a credere ai suoi occhi. Inizialmente è preoccupato per il trattamento sperimentale, ma chiaramente funziona eccezionalmente bene. Barbara chiede a Jose di convincere il consiglio di amministrazione del Comitato dell’Ospedale Pediatrico a condurre la sperimentazione clinica con Cytotron, e non ci vuole molto perché lui esorti il consiglio a correre il rischio per il bene di tutti i bambini che possono beneficiare del trattamento. Barbara è felicissima e contatta immediatamente Jaramillo per condividere con lui la notizia.

Ma con sua grande sorpresa, Jaramillo non è interessato a portare la macchina in Messico, il suo unico obiettivo è ottenere l’approvazione della FDA. Barbara pensa che entrambe le cose possano avvenire contemporaneamente e insiste affinché lui informi Kumar della possibilità di portare la sua creazione in Messico, ma Jaramillo le ordina severamente di non contattare mai Kumar direttamente senza prima averlo consultato. La conversazione è estremamente deludente per Barbara. Dopo aver capito che i progressi fatti da Lucca in India cominciano a risentirne ogni volta che ha una crisi epilettica, Barbara suggerisce a Jose di contattare direttamente Kumar per raccogliere informazioni sui casi in cui il trattamento si rivela efficace, in modo che l’ospedale non abbia più alcun dubbio sulla procedura.

Barbara è sorpresa di vedere Jaramillo fuori da casa sua. È visibilmente irritato dal fatto che Barbara abbia passato il numero di Kumar al suo neurologo senza consultarlo. La cosa lo infastidisce a tal punto che decide di parlarle faccia a faccia. Dice a Barbara che Kumar è furioso perché lei lo coinvolge nell’aspetto commerciale, anche se lui non vuole mai farlo. Jaramillo aggiunge anche che Kumar arriva a credere che Barbara sia una spia del governo messicano e che non condivideranno i benefici del Cytotron a livello globale. Barbara è devastata.

Il dottor Kumar sostiene gli sforzi di Barbara

Barbara perde il lavoro; non può più recarsi in India, né ha la possibilità di portare la macchina in Messico. Si sente bloccata, ma come sempre si rifiuta di arrendersi. Barbara vede con i propri occhi come la macchina aiuti Lucca e non è disposta ad arrendersi alle circostanze. Barbara apprende recentemente dal medico che la assiste durante il parto di Lucca che le loro possibilità di sopravvivenza quel giorno sono scarse, ma miracolosamente, sia Barbara che Lucca riescono a sopravvivere contro ogni previsione, e sapere questo aiuta Barbara a sentirsi più ottimista riguardo al futuro.

Barbara contatta John per sapere se i due citotroni di cui parla siano ancora a Veracruz, e scopre allora che Jaramillo è solo un altro truffatore. Barbara ha sempre la sensazione che ci sia qualcosa di strano in Jaramillo, e alla fine ha ragione. A quanto pare, non fa nulla per aprire la clinica a Baltimora. Paga semplicemente per un indirizzo e-mail con il dominio Johns Hopkins, e in realtà nessuno lo conosce all’interno dell’istituto. Dopo aver scavato un po’ più a fondo, Barbara scopre anche che non è la prima volta che Jaramillo agisce in questo modo: inganna delle persone e ottiene degli investimenti per aprire la sua clinica alla Johns Hopkins, ma non porta mai a termine il progetto.

Bárbara Mori, Juan Pablo Medina, Julian Aguilar Tello, Samuel Pérez e Paloma Alvamar in Due emisferi
Bárbara Mori, Juan Pablo Medina, Julian Aguilar Tello, Samuel Pérez e Paloma Alvamar in Due emisferi. Cr. Maria Medina / Netflix ©2025

Il brevetto che Jaramillo deposita afferma che lui è l’inventore del Cytotron e, a quanto pare, Kumar è furioso quando glielo dicono. Barbara scrive un’e-mail in cui esprime preoccupazione per le operazioni di Jaramillo e decide di inviarla a tutti gli investitori del Cytotron insieme a Kumar. Durante la fine del mondo di Lucca, Jose contatta Barbara e la informa che il Segretario alla Salute vuole un appuntamento con loro. La sua e-mail ha un grande impatto e Jaramillo non ha altra scelta che accettare le sperimentazioni cliniche. Jaramillo è presente anche durante l’incontro con il Segretario alla Salute.

Barbara dà per scontato che il Cytotron sia utilizzato per i pazienti che necessitano di cure neurologiche, ma alla fine, durante la prima fase della sperimentazione clinica, la macchina è utilizzata solo per scopi oncologici. Jaramillo incontra il segretario prima della riunione per aggiornarlo sul fatto che, per uso commerciale, la macchina deve coprire solo l’artrite e il cancro. Il segretario alla salute non è disposto a correre alcun rischio e Barbara non ha altra scelta che accettare la sua decisione. Alla fine di Due emisferi, il dottor Kumar guarda sul suo schermo la cerimonia che si tiene prima dell’inizio delle sperimentazioni cliniche in Messico.

Nota Barbara e Lucca tra il pubblico e la contatta immediatamente. Barbara è sorpresa di ricevere una chiamata dal dottor Kumar, che la chiama per rassicurarla che lei e la sua famiglia sono sempre i benvenuti nella sua clinica in India. È deluso da Jaramillo, che è la causa di molti malintesi, ed è per questo che decide di contattare direttamente Barbara. In cambio di tutto ciò che Barbara fa per garantire che le sperimentazioni cliniche per Cytotron inizino in Messico, Kumar le offre un trattamento gratuito per Lucca nella sua clinica in India.

In un momento in cui si sente completamente impotente, la telefonata di Kumar è per lei un barlume di speranza di cui ha bisogno. Barbara può finalmente vedere la luce alla fine del tunnel e riesce a dare a Lucca la vita che sogna da sempre per lui. Nei titoli di coda, apprendiamo che Lucca completa ora la scuola elementare con suo fratello Bruno. Lucca non soffre più di epilessia da cinque anni e impara a camminare e a parlare. La storia di Lucca è di ispirazione per molti e, si spera, grazie al film sempre più persone scoprono l’invenzione del dottor Kumar.

The Lodgers – Non infrangere le regole: la spiegazione del finale del film horror

Il film horror britannico del 2017 The Lodgers – Non infrangere le regole (qui la nostra recensione), diretto da (regista anche delle serie Alex Rider e The Cuckoo), propone una vicenda apparentemente già vista in altri film, ma che prende tuttavia risvolti inaspettati mano mano che la narrazione procede. L’idea per questa storia è nata quando lo sceneggiatore David Turpin immaginò che i fantasmi si impadronissero della sua casa di notte, una volta che lui era andato a letto. Partendo da qui, ha dunque costruito un racconto che si muove a partire dal concetto di casa infestata per aprirsi però poi a scenari insoliti.

La trama di base presenta ad esempio molte somiglianze con “La caduta della casa degli Usher” di Edgar Allen Poe (opera recentemente portata su Netflix con un’omonima miniserie), ad esempio: tre personaggi principali, una sorella e un fratello, e un giovane uomo; la casa remota e fatiscente simile a un maniero, le relazioni incestuose (che si estendono per generazioni), l’aspetto malato dei fratelli, i suggerimenti di una “maledizione” senza nome e la vita dei fratelli legata alla casa. Tutti elementi che compongono il film rendendolo piuttosto intrigante, insieme anche al fatto che le riprese si sono svolte in una delle case più infestate d’Irlanda: Loftus Hall.

La trama di The Lodgers – Non infrangere le regole

Negli anni finali della Grande Guerra, in una decadente magione immersa nella campagna irlandese, vivono isolati Edward e Rachel, due gemelli appena maggiorenni. La loro esistenza è regolata da severe norme imposte dai genitori: non accogliere estranei, non rimanere svegli oltre la mezzanotte, e restare sempre uniti. Queste regole sono sorvegliate da presenze sovrannaturali che, durante il giorno, si celano sotto le assi del pavimento, emergendo di notte per prendere possesso della casa. Edward, intimorito, rispetta le restrizioni, mentre Rachel, desiderosa di libertà, sente il peso di quella vita oppressiva.

Bill Milner e Charlotte Vega in The Lodgers – Non infrangere le regole
Bill Milner e Charlotte Vega in The Lodgers – Non infrangere le regole

La spiegazione del finale del film

Durante una visita in paese, Rachel incontra Sean, un veterano di guerra con una gamba amputata. Tra loro nasce un’intesa e, poco dopo, il ragazzo la raggiunge presso il lago che circonda la villa. Rachel gli confida allora il macabro destino della sua famiglia: i genitori si sono suicidati nelle acque del lago, come già accaduto alle generazioni precedenti. Convinta di essere condannata allo stesso fato, bacia Sean e pensa di concedersi a lui, ma poi si ritrae incerta. Nel frattempo, Edward deve affrontare l’avvocato Birmingham, incaricato della gestione della proprietà: la villa è sommersa dai debiti e l’unica soluzione è venderla. Spaventato dall’idea di infrangere le regole, Edward uccide l’avvocato e offre il suo corpo agli spiriti.

Nel frattempo, Sean viene aggredito da alcuni nazionalisti irlandesi, che lo accusano di tradimento. Ricoverato, riceve la visita di Rachel, ma la madre di lui, ex domestica della villa, la respinge con ostilità. La ragazza allora rivela alla sorella di Sean il terribile segreto della sua famiglia: generazioni di gemelli incestuosi hanno maledetto per sempre la casa. Tornata alla villa, Rachel scopre dell’omicidio di Birmingham e, furiosa, confessa a Edward di essersi concessa a Sean. Lui, furibondo, la trascina sul letto per possederla con la forza, ma si ferma quando capisce che è ancora vergine. Proprio in quel momento, Sean arriva alla porta e tra i due inizia una violenta colluttazione.

Rachel, bloccata nella sua stanza dagli spiriti, vede a quel punto l’acqua iniziare a filtrare dal pavimento. Durante la lotta, Edward si trafigge accidentalmente con il coltello di Sean, ma riesce comunque a ferire quest’ultimo alla mano. In fin di vita, Edward raggiunge la stanza di Rachel e crolla sul letto. Lei fugge da Sean, ma entrambi si trovano intrappolati dall’acqua che inonda la villa sfidando la gravità. Rachel capisce che l’unica via di fuga è sottomettersi al destino e si immerge. Sean si tuffa per salvarla e i due si ritrovano nel lago, ma prima che possano baciarsi, lui viene trascinato negli abissi dagli spiriti.

Charlotte Vega in The Lodgers - Non infrangere le regole
Charlotte Vega in The Lodgers – Non infrangere le regole. Foto di MMAGUIRE E – © MAG

Rachel, mentre urla silenziosamente, viene quindi accerchiata dalle entità, che cercano di afferrarla. Con un ultimo sforzo, riesce a risalire e a emergere dall’acqua. Tornata alla villa, trova Edward agonizzante, che le chiede se ora potranno restare insieme. Rachel risponde semplicemente che i genitori torneranno presto da lui, poi si allontana lungo la strada principale, avvolta in una lunga tunica blu, seguita da un corvo nero, identico all’uccello immaginario che Edward accudiva. Di fatto, lascia suo fratello a morire e si lascia tutto alle spalle, pronta a ricominciare altrove.

Questo atto rappresenta il suo definitivo rifiuto delle regole imposte dalla famiglia e dagli spiriti che governano la casa. La sua fuga simboleggia la rottura con il ciclo maledetto di incesto e autodistruzione che ha tormentato le generazioni precedenti. Fondamentale è poi il ruolo dell’acqua, simbolo di purificazione: dall’acqua Rachel riemerge e rinasce, segnando così la sua liberazione. L’elemento del corvo che la segue, infine, sottolinea un continuo legame con il passato. Si lascia dunque intendere che il proprio vissuto non può essere completamente cancellato, ma si può scegliere di non esserne schiavi.

Rachel è dunque un personaggio che con le sue azioni dimostra che il libero arbitrio esiste e che solo lei può spezzare la catena che la rende prigioniera. Edward, invece, rimane nella casa, ormai condannato. Il suo desiderio di restare con Rachel dimostra quanto sia ancora intrappolato nel retaggio familiare, incapace di immaginare un’esistenza al di fuori di esso. La promessa di Rachel che “i genitori torneranno” può infine essere letta in due modi: come una bugia per confortarlo o come un’amara constatazione del fatto che lui continuerà a essere vittima della maledizione.

Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV

È possibile fruire di The Lodgers – Non infrangere le regole grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple iTunesTim VisionInfinity+ e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 31 gennaio alle ore 21:15 sul canale Italia 2.

The Trauma Code – Il turno degli eroi – Stagione 2: tutto quello che sappiamo

Il 24 gennaio 2025, Netflix ha dato il via all’anno dell’intrattenimento coreano con The Trauma Code – Il turno degli eroi. Basato sul popolare webcomic Trauma Center: Golden Hour, il primo drama coreano originale di Netflix è una novità nel genere, incentrato sul mondo frenetico e stressante della medicina d’urgenza. Baek Kang-hyuk (Ju Ji-hoon) è un chirurgo geniale ed ex medico militare che viene richiamato nella sua città natale per riorganizzare il prestigioso centro traumatologico dell’Hankuk University Hospital, che si occupa di casi estremi e pericolosi.

La prima stagione di The Trauma Code è arrivata su Netflix con grande successo, grazie agli elogi dei fan dei drama coreani per l’ottimo ritmo degli otto episodi, l’equilibrio tra elementi comici e thriller e il cast di talentuosi attori emergenti. Quindi, il primo drama coreano di successo di Netflix del 2025 avrà una seconda stagione? Continua a leggere per scoprire tutto quello che sappiamo finora sul futuro di The Trauma Code – Il turno degli eroi.

The Trauma Code – Il turno degli eroi è stato rinnovato per la seconda stagione?

Netflix non ha ancora dato alcuna notizia sul ritorno di The Trauma Code: Heroes on Call per una seconda stagione. Tuttavia, le probabilità sembrano buone, vista la risposta del pubblico. The Trauma Code è stato tra i 10 programmi non in lingua inglese più visti su Netflix in 26 paesi nella settimana del suo debutto, totalizzando 32,6 milioni di ore di visualizzazione. Ha anche raggiunto il primo posto nella sua nativa Corea del Sud, superando successi come Single’s Inferno stagione 4, Love Scout e Squid Game stagione 2.

In un’intervista con Chosun Biz, il regista Lee Do-yoon ha dichiarato di non essere sicuro del suo futuro con la serie. “Non so cosa succederà domani, quindi non so se lo farò o chi si occuperà della seconda stagione, ma ho preparato i miei strumenti per ogni evenienza”, ha detto, secondo The Direct. Nel frattempo, la star Ju Ji-hoon ha aggiunto che “alla fine è una scelta del pubblico” se The Trauma Code tornerà o meno.

Chi del cast di The Trauma Code – Il turno degli eroi tornerà per la seconda stagione?

Probabilmente tornerà l’intero cast se The Trauma Code – Il turno degli eroi – Stagione 2  verrà rinnovato per la seconda stagione. Ciò include Ju Ji-hoon nel ruolo del dottor Baek Kang-hyuk, Choo Young-woo nel ruolo del collega Yang Jae-won, Ha Young nel ruolo dell’infermiera Cheon Jang-mi, Jeong Jae-kwang nel ruolo dell’anestesista Park Gyeong-won, Yoon Kyung-ho (dottor Han Yu-rim), Kim Won-hae (dottor Hong Jae-hun), Kim Eui-sung (direttore dell’ospedale Choi Jo-eun) e Kim Sun-young (ministro della Salute e del Welfare Kang Myeong-hui).

Fortunatamente per i fan, entrambi i protagonisti del drama coreano hanno confermato che torneranno se Trauma Code verrà rinnovato. Secondo My Daily (tradotto da Papago), Ju ha detto del drama medico: “Se ami questo lavoro e vuoi la prossima storia, non è qualcosa che puoi rifiutare”. Choo ha poi aggiunto: “Lo farò sicuramente. Dato che siamo cresciuti insieme, voglio interpretare qualsiasi ruolo se uscirà la seconda stagione”.

Di cosa parlerà la seconda stagione di The Trauma Code – Il turno degli eroi?

La prima stagione di “The Trauma Code: Heroes on Call” segue la trama del webtoon originale “Trauma Center: Golden Hour”, che racconta la storia del dottor Baek mentre costruisce il centro traumatologico e conquista il sostegno dell’amministrazione dell’ospedale. Tuttavia, ci sono ancora alcuni filoni narrativi che la serie potrebbe esplorare nei prossimi episodi.

Il webcomic includeva altri personaggi secondari provenienti dai media e dal governo, che sottolineavano l’importanza del sostegno governativo e dell’opinione pubblica per mantenere in vita il centro traumatologico. In una di queste sottotrame, i residenti che vivevano nelle vicinanze presentavano reclami per il rumore causato dal nuovo elicottero del centro traumatologico, che potrebbe essere il primo arco narrativo della seconda stagione dopo l’apertura dell’eliporto nel finale della prima stagione.

Il Vostro Amichevole Spider-Man di quartiere: recensione della serie d’animazione Disney+

Dal 29 gennaio, su Disney+, sono disponibili i primi due episodi di Il Vostro Amichevole Spider-Man di quartiere. Da oltre sessant’anni, Spider-Man è uno dei supereroi più amati della cultura popolare. Creato da Stan Lee e Steve Ditko, il personaggio ha vissuto numerose incarnazioni, dai fumetti alle serie animate fino ai blockbuster cinematografici, fino al rivoluzionario Spider-Man: Into the Spider-Verse del 2018. Ora, con Il Vostro Amichevole Spider-Man di quartiereDisney+ offre un nuovo, entusiasmante approccio alla storia delle origini di Peter Parker, curato dal creatore Jeff Trammell. La serie animata in dieci episodi riesce a bilanciare nostalgia e modernità, offrendo un ritratto autentico della vita adolescenziale nella contemporaneità.

Il Vostro Amichevole Spider-Man di quartiere racconta una nuova origine di Spider-Man

La serie si apre nel cuore del Queens, New York, dove Peter Parker (doppiato da Hudson Thames, già noto per What If…?) è pronto per il suo primo giorno alla Midtown High School. Tuttavia, il suo entusiasmo viene bruscamente interrotto quando un mostro sconosciuto proveniente da un’altra realtà attacca la scuola, gettando tutti nel caos. Nel bel mezzo della confusione, un ragno radioattivo morde Peter, conferendogli poteri straordinari che cambieranno la sua vita per sempre. 

A seguito di questo attacco, la Midtown viene distrutta, costringendo Peter a trasferirsi alla Bales High. Qui stringe nuove amicizie con Nico Minoru (Grace Song), la sua migliore amica, Pearl Pangan (Cathy Ang), per la quale ha una cotta, e Lonnie Lincoln (Eugene Byrd), il popolare quarterback della scuola che ah una storia con Pearl. Mentre cerca di destreggiarsi tra la sua nuova vita scolastica e i suoi sentimenti contrastanti per Pearl e Lonnie, verso il quale nutre una naturale simpatia nonostante sia geloso di lui, Peter inizia anche ad abbracciare la sua identità segreta di Spider-Man, combattendo il crimine con un costume improvvisato e cercando di proteggere la città.

Un’adolescenza tra amicizie, scelte morali e mentori ambigui

Uno degli elementi di maggiore interesse della serie è il modo in cui esplora le classiche dinamiche adolescenziali, con Peter alle prese con amicizia, appartenenza e amore. Tuttavia, Il Vostro Amichevole Spider-Man di quartiere va oltre, analizzando anche temi come l’avidità, il potere e la lealtà. Si innesta quindi nel filone del racconto teen, come di recente avevano fatto i film con Tom Holland, ma in una maniera quasi più adulta e consapevole.

Peter, in cerca di una guida, ottiene uno stage presso Oscorp, la gigantesca compagnia scientifica e ingegneristica diretta da Norman Osborn (Colman Domingo). Inizialmente affascinato dalla figura di Osborn, il giovane eroe si ritrova presto a mettere in discussione le reali intenzioni del suo mentore. Il rapporto tra Peter e Osborn è uno degli aspetti più intriganti della serie: l’ambiguità morale dell’uomo d’affari e il conflitto interiore di Peter creano una tensione avvincente che attraversa tutta la stagione.

Ma Osborn non è l’unico antagonista in scena. A complicare ulteriormente le cose c’è Big Don (doppiato dal wrestler Ettore “Big E” Ewen), il temibile boss criminale della 110th Street, e Otto Octavius (Hugh Dancy), ex scienziato Oscorp, le cui pericolose ricerche sulla fusione Gamma finiscono nelle mani sbagliate. La presenza di questi iconici villain, già apparsi nei film di Spider-Man di Sam Raimi, viene rivisitata in modo originale, rendendo i personaggi attuali e imprevedibili.

Animazione nostalgica e omaggi allo Spider-Verse

Visivamente, Il Vostro Amichevole Spider-Man di quartiere è un vero spettacolo. Sotto la guida di Leo Romero e dello studio Polygon Pictures, la serie combina animazione 2D e 3D, adottando uno stile che richiama le illustrazioni dei fumetti degli anni ’90. Questo design retrò offre un contrasto affascinante con le moderne tecniche d’animazione, evocando la stessa atmosfera delle serie classiche come Spider-Man: The Animated Series e The Spectacular Spider-Man. Gli amanti dell’universo Marvel troveranno anche molte sorprese: personaggi iconici come Daredevil (Charlie Cox) e Kingpin (Vincent D’Onofrio) fanno la loro apparizione, gettando le basi per l’attesissima serie live-action Daredevil: Rinascita, in uscita il 4 marzo su Disney+.

Un nuovo classico dell’animazione Marvel

Con una sceneggiatura ben strutturata, un cast vocale eccezionale e una miscela perfetta di azione, emozione e umorismo, Il Vostro Amichevole Spider-Man di quartiere è una vera e propria lettera d’amore ai fan di Spidey. Jeff Trammell e il suo team, guidato da Charlie Neuner, non solo onorano la tradizione del personaggio, ma riescono anche a renderlo accessibile a una nuova generazione di spettatori, confermato che in casa Marvel, l’animazione è una cosa seria (come testimonia anche il successo di X-Men ’97).

Questa serie è un viaggio nella crescita di Peter Parker come eroe, ma anche un’esplorazione più ampia del suo mondo e delle persone che lo abitano. Il risultato è uno show avvincente, ricco di Easter egg e momenti memorabili, capace di conquistare sia i fan di lunga data che chi si avvicina per la prima volta all’universo dell’Uomo Ragno. La serie si impone come una delle migliori incarnazioni animate del nostro amichevole supereroe di quartiere.

Companion: recensione del film con Sophie Thatcher

Ci sono pochi dubbi sul fatto che l’intelligenza artificiale sia oggi uno degli argomenti che più interessano – in vari modi – l’industria cinematografica, in particolare quella statunitense. Solo negli ultimi anni sono stati portati al cinema o in piattaforma numerosi film che ragionano su questa nuova presenza da più punti di vista, ora benevoli ora ricchi di sospetto. In generale, però, ogni film che ha l’AI come primario argomento, parla in realtà di noi umani e di ciò che ci rende così attratti da questa nuova entità. Ne è un esempio anche Companion, il film diretto dall’esordiente Drew Hancock e prodotto da Zach Cregger, distintosi come regista di Barbarian.

In questo caso, si parla di intelligenza artificiale utilizzata a scopi relazionali, per sopperire a incapacità dell’essere umano di stabilire contatti reali con le persone accanto a sé. Ma si parla anche di avidità, di egoismo, di manipolazione, ovvero – come anticipato – di noi umani, facendo esperienza di tutto ciò proprio attraverso lo sguardo ingenuo di Iris, una ragazza-robot programmata per non mentire ed essere completamente devota all’umano a cui viene abbinata. Nulla di nuovo né di non già trattato, come si può intuire, ma con quel pizzico di buon intrattenimento che regge il tutto.

La trama di Companion

Protagonista del film è dunque Iris (Sophie Thatcher, vista in The Boogeyman e Yellowjackets), che insieme al suo compagno Josh (Jack Quaid, visto in The Boys) si appresta a trascorre qualche giorno nella più completa tranquillità in una casa immersa nei boschi, proprietà di amici di lui. L’atmosfera è pacifica e il relax sembra assicurato. Ma naturalmente le cose non sono come sembrano e il tutto prenderà una piega inaspettata, che tra sangue e tradimenti porterà Iris a scoprire alcune incredibili verità su di sé e su chi la circonda.

Jack Quaid e Sophie Thatche in Companion
Jack Quaid e Sophie Thatche in Companion. Cortesia di Warner Bros. Pictures

Un segreto di Pulcinella

C’è un problema a monte con Companion. Quando si intraprende la visione del film, ci si accorge di come sia stato concepito per far sì che la prima mezz’ora faccia rimanere lo spettatore in un territorio d’ambiguita e incertezza rispetto a quelli che potrebbero essere gli sviluppi successivi. Si entra così in contatto con la storia d’amore tra Iris e Josh, al loro soggiorno in una casa sperduta nel bosco proprietà di amici e al loro essere lì per trascorrere giornate all’insegna del relax e del divertimento. Una classica premessa da “film horror”, che in più momenti lancia segnali sul fatto che c’è qualcosa che non torna.

Il problema, come si diceva, è che chi ha avuto la cattiva idea di vedere il trailer del film è già a conoscenza di quello che dovrebbe essere il mistero principale del film, ovvero la natura di Iris. Ecco allora che, in questo caso, tutte le battute che in questa prima mezz’ora sentiamo fare, dal “lo sai che non puoi mentirmi” al “mi fai sentire rimpiazzabile” risultano uno stuzzicarci difficile da assecondare. Siamo in attesa che il segreto di Pulcinella venga svelato, di certo non provando quello smarrimento che il film per come è stato scritto vorrebbe suscitarci.

E se invece non si è visto il trailer? In questo caso si assisterebbe ad una prima mezz’ora che ricorda quella di Scappa – Get Out, in cui si avverte una minaccia senza però riuscire ad identificarla. Tuttavia, anche in questo caso la presenza di colpo di scena risulta fin troppo telefonata, con piccoli indizi che però stentano a generare un sincero interesse nei confronti della vicenda. C’è il mistero, certo, c’è la volontà di svelarlo, ma il coinvolgimento nel far ciò non è dei più solidi. Si ha dunque in ogni caso una base incerta per un film che, nel suo superare questo primo blocco, conferma di non avere molto da offrire.

Sophie Thatcher in Companion
Sophie Thatcher in Companion. Cortesia di Warner Bros. Pictures

E se l’intelligenza artificiale avesse scritto questo film?

Si prosegue dunque nella visione di Companion trovandosi dinanzi ad una storia calcolata in ogni suo aspetto, con colpi di scena, turning point e struttura delle sequenze fin troppo precisa. Una precisione che, come ironizzato da alcuni, potrebbe spingere a far pensare che l’intelligenza artificiale non sia solo l’argomento del film, ma anche lo strumento utilizzato per scriverne la sceneggiatura. Il che potrebbe in realtà rendere Companion anche più interessante, un prodotto di quelle novità che ad Hollywood si stanno cercando di combattere con grande intensità.

Sarebbe però un esempio perfetto di come un’estrema precisione nei confini e nelle linee guida di una storia scritta dall’AI non porti a nulla di poi così buono. Il resto di Companion è infatti un racconto che, anche qui a dispetto di quanto promesso dal trailer, risulta meno violento e divertente di quello che si credeva e che – se non fosse per alcune deviazioni effettivamente impreviste e convincenti – si potrebbe ritenere facilmente dimenticabile. Oltre alle deviazioni di cui si è accennato, ci sono però anche altri elementi di un certo fascino, a partire dall’interpretazione di Sophie Thatcher, convincente sia nel suo essere inizialmente spaventata che poi nel suo divenire determinata nella sua vendetta.

In particolare, però, risulta memorabile l’entrare in possesso di Iris del dispositivo che la controlla e ne stabilisce timbo vocale, grado di intelligenza e così via. Ecco, quando il film si prende una “pausa” dal racconto e gioca con la natura del personaggio, allora si fa leva su aspetti realmente accattivanti. D’altronde, in questo caso il nostro sguardo coincide con quello di un androide in fase di presa di coscienza di sé stesso, il che permette di esplorarla adeguatamente e guardare al racconto e ai suoi protagonisti con un punto di vista diverso. Ed è proprio a partire da qui che emerge dunque il parlare di noi attraverso la tecnologia del film.

Sophie Thatcher e Jack Quaid in Companion
Sophie Thatcher e Jack Quaid in Companion. Cortesia di Warner Bros. Pictures

Quello che Companion ci dice di noi

Proprio come ci ha meravigliosamente raccontato Lei oltre un decennio fa e il thriller M3GAN più recentemente, il nostro affidarsi alle nuove tecnologie per sopperire alle nostre mancanze emotive dice molto più di noi di quanto non dica sui prodigi dell’AI. Ci si trova infatti in una condizione per cui “la nostra disponibilità a interagire con l’inanimato non è dovuta ad un inganno, bensì alla voglia di colmare gli spazi vuoti” (Sherry Turkel, Insieme ma soli). È ciò che avviene anche in Companion, con Josh che confessa di essere un outsider incapace anche di trovarsi una vera compagna di vita.

Ma in particolare, sono l’avidità e le menzogne dei protagonisti umani a descriverli maggiormente, fornendo quindi un ritratto dell’umanità tutt’altro che positivo. Di nuovo, rimaniamo nel niente di nuovo e soprattutto nel niente di non già trattato dai film poc’anzi citati o anche dal bellissimo Ex Machina, ma è comunque interessante notare come nel giro di qualche anno lo sguardo si stia spostando da quello dei protagonisti umani a quello dei personaggi animati dall’AI. È questo aspetto, unito ai validi elementi precedentemente menzionati, che pur al netto dei difetti fanno di Companion un film che, pur non avendo poi molto da dire, qualcosa quantomeno ci bisbiglia.

The Trauma Code – Il turno degli eroi, la spiegazione del finale della serie Netflix

L’ultima uscita di Netflix, The Trauma Code – Il turno degli eroi (The Trauma Code: Heroes on Call), è cruda, sanguinosa e brutale come solo una serie medica d’azione può essere sul piccolo schermo. La storia ruota attorno al protagonista Baek Kang-hyuk, un chirurgo geniale e temprato dalla guerra, che affronta esperienze di morte mentre combatte la corruzione e sfida i difetti del sistema sanitario. Siete curiosi di sapere come il regista Lee Do-yoon ha realizzato questo divertente K-drama? Ecco tutti i dettagli di The Trauma Code – Il turno degli ero, dalla trama al finale.

Considerato da Netflix il suo primo medical drama originale, lo show è basato sul romanzo web Trauma Center: Golden Hour di Hansanleega. Inoltre, The Trauma Code – Il turno degli eroi  è scritto da Choi Tae-kang e vede protagonisti i famosi attori sudcoreani Ju Ji-hoon e Choo Young-woo.

Ju Ji-hoon, che abbiamo visto l’ultima volta nei panni di un medico nel drama coreano del 2013 Medical Top Team, definisce The Trauma Code – Il turno degli eroi  “il progetto più faticoso della sua ventennale carriera”.

Parlando delle scene d’azione della serie, Ju ha dichiarato in un’intervista a allkpop: “Anche con lo stesso tipo di azione, ho cercato di affrontare ogni scena con una nuova prospettiva”.

La spiegazione del finale: Kang-hyuk riuscirà a salvare il paziente in Sud Sudan?

Durante i primi sette episodi di questa serie originale Netflix, gli spettatori vedono il geniale chirurgo Baek Kang-hyuk, popolarmente noto come “la mano di Dio”, essere nominato nuovo capo del team di traumatologia dell’Hankuk National University Hospital di Seul, in Corea del Sud. Inizialmente, quando gli altri specialisti dell’ospedale rifiutano di fidarsi di Kang-hyuk, il ministro della Salute e del Welfare Kang Myung-hui, che ha sostenuto la nomina di Kang-hyuk all’Hankuk, li rassicura dicendo loro che è “il migliore dei migliori”.

Ben presto, grazie alle eccezionali capacità chirurgiche acquisite durante il periodo trascorso in zone di conflitto in tutto il mondo (ha prestato servizio in Siria per otto anni), Kang-hyuk si guadagna il rispetto dell’Hankuk e guida la sua squadra verso il traguardo di diventare la migliore unità di traumatologia della Corea del Sud.

Nel penultimo episodio, la settimo, l’unità militare coreana Hanbit, di stanza nel Sud Sudan, viene coinvolta in uno scontro con una delle milizie locali della regione. Nel corso dello scontro, il capitano Lee Hyeon-jong viene ferito gravemente. Con undici medici rapiti dalla milizia, Hyeon-jong viene lasciato senza cure in Sud Sudan. Alla notizia, il ministro della Salute e del Welfare ordina a Kang-hyuk di partire immediatamente per il Sudan. Tuttavia, quando raggiunge il Sudan insieme alla sua squadra, Kang-hyuk viene impedito di trasferire il capitano ferito all’ospedale locale per essere operato.

Nell’ultimo episodio, Kang-hyuk corre il rischio di attraversare una zona sotto tiro per raggiungere l’ospedale sudanese. Tuttavia, vengono fermati all’ingresso principale. La situazione prende una piega positiva quando il comandante della milizia riconosce Kang-hyuk come Malak (ha prestato servizio in tutto il mondo con il soprannome Malak) e ordina ai ribelli di lasciarlo entrare in ospedale e fare ciò che desidera.

Dopo un intervento chirurgico cruciale, Kang-hyuk e la sua squadra di traumatologia riescono finalmente a salvare il capitano Lee Hyeon-jong e tornano a Seul.

Kang-hyuk sopravvive all’incendio?

Dopo che la squadra di traumatologia arriva a Seul di notte circondata dai giornalisti, Kang-hyuk viene a sapere che c’è stato un incendio e che il dottor Han è andato ad assistere i pazienti sul posto. Kang-hyuk si precipita sul luogo dell’incendio e aiuta il dottor Han a operare le vittime ferite. Poco dopo, un pompiere dice a Kang-hyuk che c’è una stanza piena di bombole di ossigeno e che devono evacuare immediatamente per evitare feriti gravi. Mentre tutti corrono fuori, Kang-hyuk vede un paziente bloccato lì. Mentre va a soccorrerlo, si verifica un’esplosione e lui rimane gravemente ferito.

A malapena cosciente, Kang-hyuk descrive le sue ferite al membro del team Jae-won. Quest’ultimo trasporta Kang-hyuk in sala operatoria e alla fine lo salva.

Quando Kang-hyuk riprende conoscenza, elogia Jae-won e lo chiama per la prima volta con il suo vero nome (per contestualizzare, Kang-hyuk aveva inizialmente detto a Jae-won che lo avrebbe chiamato con il suo nome il giorno in cui se lo sarebbe guadagnato).

Kang-hyuk riesce a procurare gli elicotteri per il centro traumatologico dell’Hankuk?

Sì, ci riesce. Nel corso della serie Netflix, gli spettatori scoprono che l’obiettivo principale dell’Hankuk Hospital è quello di ridurre i costi e massimizzare i profitti. Tuttavia, Kang-hyuk si rende conto che ciò ha un impatto diretto sul team traumatologico in termini di aiuti e risorse. Sebbene il team riesca a salvare un gran numero di vite, nonostante le risorse limitate, grazie alle competenze e all’esperienza di Kang-hyuk, egli continua a tormentare il Ministro della Salute e del Welfare e il direttore dell’Hankuk affinché forniscano al team traumatologico una propria flotta di elicotteri.

Sottolineando il tema della serie, ovvero la carenza di fondi negli ospedali, Kang-hyuk ricorda agli spettatori e ai direttori dell’Hankuk, Choi Jo-eun e Hong Jae-hoon, l’importanza di utilizzare i fondi per l’acquisto di elicotteri nei centri traumatologici, che a loro volta possono garantire cure di emergenza ai pazienti gravemente feriti.

Più tardi, Kang-hyuk fa visita a Jo-eun a casa sua e gli rivela di essere diventato medico perché, in passato, Jo-eun lo aveva ispirato a intraprendere questa professione operando suo padre in fin di vita, che era stato rifiutato da quasi tutti gli ospedali di Seul. La rivelazione personale commuove Jo-eun, che finalmente approva l’uso degli elicotteri per l’unità di traumatologia dell’Hankuk.

Alla fine del K-drama, l’Hankuk recluta altri medici per il suo reparto di traumatologia. Nel frattempo, Kang-hyuk partecipa a un evento per inaugurare il primo elicottero dell’unità di traumatologia dell’Hankuk. Ma prima che l’evento possa concludersi, Kang-hyuk riceve una chiamata che lo informa che un soldato dell’unità di soccorso ha bisogno di cure urgenti. Senza pensarci due volte, Kang-hyuk lascia l’evento con Jae-won e si precipita sul luogo dell’incidente con il nuovo elicottero dell’Hankuk, mentre gli altri membri dell’unità di traumatologia preparano la sala operatoria per il paziente.

The Diplomat – stagione 3: cast, trama e tutto quello che sappiamo

Il thriller politico di grande successo di Netflix The Diplomat è tornato con la sua seconda stagione alla fine del 2024 e ora la piattaforma di streaming ha rinnovato la serie per la terza stagione. Creata da Debora Cahn, la serie racconta le vicende dell’ambasciatrice americana nel Regno Unito, Kate Wyler (Keri Russell), incaricata di allentare le tensioni internazionali mentre affronta il crollo della sua vita personale. Bilanciando la tensione ad alto rischio dei thriller politici con il dramma intimo delle vite dei personaggi, The Diplomat ha fatto scalpore quando è arrivato nel 2023. Una serie di nomination ai premi e altri riconoscimenti hanno portato a un rapido rinnovo da parte di Netflix.

La seconda stagione di The Diplomat ha aumentato la tensione e ha portato le cose a un livello ancora superiore rispetto alla conclusione esplosiva della prima stagione. Un attentato dinamitardo a bordo di una nave da guerra britannica fa puntare il dito in tutte le direzioni, ma Kate scopre presto che dietro l’attacco c’è la vice presidente Grace Penn (Allison Janney), caduta in disgrazia (e presto ex vice presidente). Sebbene una serie di manovre politiche garantisca quasi a Kate la vicepresidenza, la morte scioccante del presidente Rayburn significa che la vicepresidentessa assetata di potere è salita alla carica più alta del paese. Fortunatamente per i fan, Netflix ha rapidamente rinnovato la serie, quindi The Diplomat tornerà sicuramente.

Ultime notizie su The Diplomat – Stagione 3

Keri Russell in The Diplomat - Stagione 2

Un nuovo membro del cast si unisce alla terza stagione della serie

Diversi mesi dopo il rinnovo della serie drammatica politica, le ultime notizie confermano che un nuovo membro del cast si è unito alla terza stagione di The Diplomat. In una sorta di reunion di West Wing, Bradley Whitford entrerà a far parte della serie originale Netflix nei panni del marito di Grace Penn, interpretata dalla sua ex co-protagonista di West Wing, Allison Janney. Ulteriori dettagli sul personaggio di Whitford rimangono per ora segreti, ma è probabile che avrà una notevole quantità di tempo sullo schermo con Janney.

La terza stagione di The Diplomat è confermata

The Diplomat

Un’altra stagione è in arrivo

Si può presumere che il thriller politico avrà difficoltà a mantenere un ritmo di una stagione all’anno nella terza stagione.

Dopo la pluripremiata stagione di debutto, sembrava che Netflix avesse tra le mani un altro successo pluristagionale, ed è chiaro che la tendenza è continuata anche nella seconda stagione. Qualche settimana prima che la seconda stagione fosse disponibile sulla piattaforma, Netflix ha annunciato che la terza stagione di The Diplomat era in arrivo e che la produzione era già iniziata. Sebbene non sia disponibile una tempistica completa, si può presumere che il thriller politico avrà difficoltà a mantenere il ritmo di una stagione all’anno nella terza stagione.

La seconda stagione di The Diplomat è stata trasmessa per la prima volta il 31 ottobre 2024.

Dettagli sul cast della terza stagione di The Diplomat

Kate tornerà nella terza stagione

Come la maggior parte delle grandi serie originali di Netflix, il cast di The Diplomat è un affare pieno di star che è diventato ancora più ambizioso nella seconda stagione. Considerando il risultato della seconda stagione, si presume che l’intero cast riprenderà i propri ruoli, ad eccezione del defunto presidente Rayburn (Michael McKean). A guidare il gruppo ci sarà la star e produttrice Keri Russell nei panni di Kate Wyler, l’ambasciatrice in difficoltà nel Regno Unito. Ad affiancarla ci sarà Rufus Sewell nel ruolo del marito diplomatico da cui si è separata, Hal, e i loro problemi di coppia sono ben lungi dall’essere risolti a questo punto.

Il cast ha aggiunto Allison Janney nel ruolo della vice presidente degli Stati Uniti caduta in disgrazia Grace Penn nella seconda stagione, e dato che ora è salita alla presidenza, tornerà sicuramente per punire Kate per ciò che sa. Anche altri membri del cast di supporto, come Rory Kinnear nel ruolo del primo ministro britannico Nicol Trowbridge, dovranno essere presenti, e le tensioni diplomatiche tra le nazioni alleate sono solo all’inizio. David Gyasi dovrebbe tornare nel ruolo del ministro degli Esteri britannico Austin Dennison, insieme ad Ato Essandoh nel ruolo del vice capo di Kate, Stuart Hayford.

Il cast della serie è cresciuto nella terza stagione e la star di The West Wing Bradley Whitford è pronto a ricongiungersi con la sua ex co-protagonista, Allison Janney. Whitford è stato scelto per interpretare il marito di Grace Penn, interpretata da Janney, anche se i dettagli sul suo personaggio sono ancora poco chiari.

Dettagli della trama di The Diplomat – Stagione 3

Il presidente Penn è un grosso problema per Kate

Come se la seconda stagione avesse cercato di superare il finale scioccante della prima, la conclusione della seconda stagione prepara il terreno per una terza stagione davvero avvincente. Dopo aver fatto luce sull’attentato dinamitardo, Kate scopre con sgomento che è stata la vice presidente Grace Penn, caduta in disgrazia, a ordinare l’attacco per ragioni strategiche. Con questa notizia (letteralmente) esplosiva, Kate punta alla vice presidenza, anche se molti dubitano che sia pronta per ricoprire tale carica.

Sfruttando l’influenza che ha grazie a suo marito Hal, Kate riesce finalmente a rivelare il piano di Grace al presidente, anche se questo non ha le conseguenze previste. Con la morte del presidente Rayburn, Penn diventa presidente e ovviamente ce l’avrà con Kate, poiché sa che l’ambasciatrice è sulle sue tracce. Non si sa ancora come questo influenzerà la trama della terza stagione di The Diplomat, ma la tensione sarà probabilmente più alta che mai.

The Agency – Stagione 1, la spiegazione del finale

Il finale della prima stagione di The Agency lascia Martian, interpretato da Michael Fassbender, nel mirino di un presunto alleato. Dopo il fallito reclutamento di Samia da parte della CIA nell’episodio 8 di The Agency, che porta al piano audace di Martian nell’episodio 9 di The Agency, Martian viene sorprendentemente tradito dall’ignaro ma astuto James Richardson dell’MI5. L’episodio 10 di The Agency, intitolato appropriatamente “Overtaken by Events” (Superato dagli eventi), segue le trame parallele della disperata caccia di Martian per salvare Samia da una prigione segreta sudanese e dell’ultima possibilità della CIA di estrarre l’agente Coyote, compromesso, dall’Ucraina occupata dai russi mentre è in viaggio verso Mosca.

Il finale della prima stagione di The Agency rivela che Robinshaw, che aveva interrogato Martian negli episodi precedenti, è un subordinato di Richardson dell’MI5. Nel frattempo, Danny arriva finalmente a Teheran e affronta la sua prima prova nel mondo reale da parte di un interrogatore iraniano nel momento stesso in cui scende dall’aereo. Tra Blair e Owen nasce una storia d’amore sul posto di lavoro dopo che quest’ultimo identifica Coyote in un momento cruciale. Sia il generale Volchok che il viceministro della Difesa Chekhov affrontano la loro fine mentre la CIA ottiene una grande vittoria, estraendo sia Coyote che due dei tre agenti Felix in un’unica rapida operazione. Martian torna al Fishbowl da eroe con un nuovo segreto da nascondere.

Perché Richardson offre di salvare Samia in cambio della fedeltà di Martian

Martian baratta la sua integrità e la sua fiducia nella CIA per salvare la vita di Samia

Uno sviluppo scioccante nell’episodio 10 di The Agency rivela che l’agente dell’MI5 e presunto alleato James Richardson ha tirato le fila alle spalle di Martian all’insaputa della CIA. Richardson, che fino a questo punto è stato principalmente un personaggio secondario, inizialmente stuzzica Martian dicendogli che può aiutarlo a riportare Samia dalla prigione sudanese e dal sito segreto Kober, dove è tenuta prigioniera e dove probabilmente le restano pochi giorni di vita. L’amore di Martian per Samia lo ha alimentato per tutta la prima stagione di The Agency e lo ha ispirato a prendere molte decisioni azzardate. L’offerta di Richardson era l’unica possibilità di salvare Samia, motivo per cui Martian ha accettato, solo per scoprire che Richardson stava bluffando.

Mentre Martian torna di corsa in moto per aiutare Owen e la CIA a riportare finalmente a casa l’agente Coyote, un’auto lo investe a un incrocio, rischiando di ucciderlo. Si scopre che Richardson ha orchestrato l’incidente, che ha portato Martian a incontrare Robinshaw, un agente dell’MI5, che lo interroga su Samia e sulla sua identità di “Paul Lewis”. Sebbene Richardson sia tecnicamente un alleato, ricorda a Martian, e per estensione alla CIA, che si trovano nel suo territorio a Londra. Sfrutta l’unica cosa che sa che farà crollare Martian, Samia, per trasformarlo in una risorsa fedele dell’MI5, il che gli richiederà di divulgare informazioni riservate della CIA in futuro.

Il vero motivo per cui Richardson vuole che Martian diventi un agente doppio della CIA e dell’MI5

All’inizio della prima stagione di The Agency, Richardson si presenta senza preavviso al quartier generale della CIA a Londra, noto come “The Fishbowl”. Chiede senza mezzi termini a Henry perché la CIA non abbia divulgato le informazioni sull’incontro segreto tra funzionari sudanesi e cinesi che si stava svolgendo a Londra. Henry risponde abilmente che pensava che l’MI5 fosse già al corrente della cosa. Richardson vede questo come una preoccupante mancanza di trasparenza.

Martian aveva precedentemente chiesto aiuto a Bosko e alla CIA per salvare Samia. Bosko disse a Martian che Samia “non era nemmeno una pedina” e non valeva il tempo o le risorse necessarie. Pur essendo amichevole, Richardson rappresenta gli interessi del Regno Unito. Trasformare Martian in un agente doppio garantisce la trasparenza tra l’MI5 e la CIA, cosa che avrebbe dovuto avvenire naturalmente, ma che invece deve essere fatta di nascosto.

Come Martian ha salvato l’operazione Felix e messo al sicuro l’agente Coyote

Martian dimostra il suo immenso valore alla CIA non solo ideando il piano per estrarre Coyote con l’aiuto degli agenti Felix, ma anche rivedendolo in tempo reale dopo un cambiamento delle circostanze. Il piano iniziale era quello di stabilire la zona di uccisione nella clinica dove Charlie e i due agenti ucraini (Felix) erano sotto copertura. L’estrazione di Coyote doveva avvenire durante il suo passaggio di consegne tra il generale Volchok, ambizioso politico, e il viceministro della Difesa russo Chekhov. Questo avrebbe portato Coyote direttamente a Mosca.

Poco prima dell’incidente in moto, Martian dice a Owen di spostare la zona di uccisione di 300 metri dopo aver scoperto che Volchok aveva più truppe del previsto. Invece di tendere un’imboscata alla clinica, la squadra di soccorso statunitense avrebbe ingaggiato una guerriglia, che è poi quello che è successo. La prontezza di spirito di Martian e l’identificazione certa di Coyote da parte di Owen hanno portato a un’operazione rapida, uccidendo Volchok e decine di soldati russi. Le “circostanze impreviste” hanno coinvolto Charlie e un altro agente Felix che hanno fatto esplodere l’elicottero di Chekhov, portando al loro salvataggio insieme a Coyote. Questo ha consolidato una grande vittoria per Martian, Owen, Henry (cognato di Charlie) e la CIA.

Perché Sasha ha sparato al ministro della Difesa russo Chekhov

Sasha, un agente ucraino, non ha resistito alla tentazione di sparare al ministro Chekhov, che era l’obiettivo top secret iniziale dell’operazione Felix. Prende una pistola nascosta in un bagno della clinica e spara a Chekhov, che indossava un giubbotto antiproiettile, al fianco, appena sotto l’ascella destra. È interessante notare che Sasha non ha mirato alla testa di Chekhov, lasciandogli una possibilità di sopravvivenza. Sasha cerca di scappare, ma è in netta inferiorità numerica e viene ucciso dai soldati russi.

Sasha conosceva persone morte in Ucraina per ordine di Chekhov, motivo per cui Sasha ha infranto il protocollo e ha sparato quando ne ha avuto l’occasione. Charlie e l’altro agente ucraino hanno portato a termine il lavoro facendo esplodere una granata nell’elicottero. Fortunatamente, la loro copertura non è stata scoperta e alla fine hanno raggiunto l’obiettivo principale dell’Operazione Felix, anche se in modo molto più complicato di quanto avessero previsto.

Danny è davvero al sicuro con il professor Reza a Teheran?

Danny entra finalmente in campo nella sua prima operazione sotto copertura mettendo piede a Teheran nel finale della prima stagione di The Agency. Dopo essersi fatta strada per ottenere una prestigiosa borsa di studio dal professor Reza, che era il primo passo fondamentale per la sua missione, Danny viene immediatamente intercettata e interrogata da un ufficiale dell’intelligence iraniana che la trattiene per ore. Grazie all’addestramento ricevuto da Edward negli episodi precedenti, Danny era ben preparata per questo interrogatorio, che Henry sottolinea essere stato per lo più teatrale, dato che è stata catturata in pieno giorno da soldati armati. Danny supera la sua prima prova e inizierà a raccogliere informazioni sulle operazioni nucleari iraniane.

Cosa aspettarsi dalla seconda stagione di The Agency

La maggior parte del cast della prima stagione di The Agency dovrebbe tornare per la seconda stagione, come annunciato da Paramount e Showtime nel dicembre 2024, subito dopo la sua prima. Tutto lascia pensare che Martian accetterà l’offerta di Richardson di divulgare informazioni della CIA all’MI5, il che significa che Samia dovrebbe essere al sicuro all’inizio della seconda stagione. Una volta che Samia sarà al sicuro, presumibilmente di ritorno a Londra, Osman potrebbe tornare in gioco dopo essere stato assente nel finale della prima stagione. C’è anche il marito di Samia da considerare, ma con l’aiuto dell’MI5, Samia sembra essere più protetta che mai.

Danny proseguirà la sua missione a Teheran e inizierà a inviare informazioni alla CIA. Owen è probabilmente in lizza per una promozione, mentre Henry, Bosko e Naomi dovrebbero rimanere nella rosa dei personaggi secondari. Non si sa molto di Poppy e della direzione che prenderà la sua storia, oltre al fatto che offrirà alcuni momenti di concretezza al personaggio di Martian. Un personaggio da tenere d’occhio nella seconda stagione di The Agency è il dottor Blake, che sembra già sospettare di Martian nel finale della prima stagione e potrebbe essere colui che svelerà la sua nuova fedeltà all’MI5.

Ricardito lo squalo?: la recensione del film che incanta i bambini

Negli ultimi anni, il cinema d’animazione ha assunto un ruolo sempre più significativo nel sensibilizzare i più piccoli a valori fondamentali come la creatività, l’empatia e la consapevolezza del mondo che li circonda. Da semplice intrattenimento, l’animazione si è trasformata in un potente veicolo educativo, capace di instaurare un dialogo profondo e arricchente con le giovani generazioni, parlando loro con forza e fiducia. Attraverso storie di avventure avvincenti e ricche di fantasia, riesce non solo a catturare l’attenzione dei bambini, ma anche a stimolare riflessioni importanti su temi di grande attualità.

Un esempio è Ricardito è uno squalo?, il nuovo film d’animazione diretto da Alessia Camoirano, che dal 23 gennaio approda nelle sale italiane portando il pubblico in un viaggio suggestivo sul fondo del mare. Tratto dall’omonimo libro per bambini dell’autrice colombiana Evelyn Bruges, il film rappresenta il più recente progetto di Ahora! Film, la casa di produzione veronese guidata da Marco Pollini, realizzato in collaborazione con il Ministero della Cultura.

Il cast di voci è composto dal protagonista Gabriele Piancatelli (Pinocchio di Robert Zemeckis), Marco Leonardi (Nuovo Cinema Paradiso), Marcello Fonte (Dogman), Pino Ammendola (Piedipiatti), l’animatore Tommaso Toffolutti, la cosplayer Giorgia Vecchini, Gaia Carmagnani (Cinque stanze), Susanna Brunelli (tra i doppiatori di Róise & Frank di Rachael Moriarty) e Giuseppe Ansaldi (Quo vado?).

Ricardito lo squalo? La storia di un pesciolino che si convince di essere uno squalo

Ricardito è un buffo e vivace pesce pappagallo che vive al sicuro nella barriera corallina insieme alla sua numerosa famiglia. La sua vita è tranquilla e priva di avventure: mentre i suoi genitori passano le giornate a rosicchiare alghe e a ripulire la barriera, lui e i suoi fratellini vanno a scuola serenamente, con i loro zainetti e i panini preparati dalla mamma, ripieni di noiose verdure verdognole. Tuttavia, Ricardito è diverso dagli altri: è nato con una particolarità, una lunga pinna dorsale morbida e fluttuante che, quando si raddrizza, ricorda sorprendentemente quella di un temuto squalo.

Ed è proprio per questo motivo che tutti lo prendono in giro: a scuola, a casa, per strada o al parco, ovunque vada, gli fanno sentire il peso della sua diversità, rendendolo solo e inadeguato. Un giorno, dopo aver sentito suo padre esprimere rabbia e delusione per il suo comportamento, Ricardito decide di lasciare casa e seguire uno sconosciuto squalo, spingendosi negli abissi. Inizia così il suo coraggioso viaggio alla scoperta di sé stesso, durante il quale, con l’aiuto di nuovi amici incontrati lungo il cammino, cercherà di ritrovare la strada di casa.

Ricardito: una storia per bambini su bullismo, inquinamento e molto altro

Il dolore del bullismo, la solitudine di sentirsi diversi, le difficoltà relazionali in famiglia, il desiderio di trovare il proprio posto nel mondo e, allo stesso tempo, la voglia di migliorarlo: questi sono i temi centrali di Ricardito. Nonostante l’animazione appaia semplice e rivolta principalmente a un pubblico infantile, il film riesce a trasmettere insegnamenti preziosi tanto ai bambini quanto agli adulti. La storia, scritta da Evelyn Bruges, è infatti una dolce fiaba che invita il pubblico a riflettere su esperienze universali e profonde. Tutti, in un momento o nell’altro, ci siamo sentiti soli e diversi, incapaci di capire o accettare quanto l’essere unici sia in realtà una ricchezza, una fonte di forza ineguagliabile. Tutti abbiamo vissuto momenti difficili con i nostri genitori, trovandoci a desiderare di “fuggire di casa”, solo per scoprire che l’amore che ci lega a loro è troppo forte per essere lasciato indietro. Il film, con delicatezza e poesia, esplora queste tematiche emotivamente intense, toccando corde che risuonano con chiunque abbia mai cercato di trovare il proprio posto nel mondo.

Ma Ricardito non si ferma qui. Oltre agli aspetti personali e relazionali, la storia si fa portavoce di un messaggio ambientale di grande importanza. Il mare in cui Ricardito nuota è pieno di pericoli e creature spaventose, ma ciò che fa davvero paura è ciò che si trova in superficie. I “camminanti” – così gli umani sono chiamati dai simpatici e coraggiosi personaggi marini creati da Bruges – stanno distruggendo l’ecosistema marino, avvelenando e inquinando le acque, mettendo in pericolo la flora e la fauna che vi abitano. Cosa possono fare Ricardito e i suoi amici per fermare una volta per tutte i camminanti?

Difendere il nostro futuro e il nostro pianeta

Al di là della semplicità delle immagini e dei suoi personaggi (una nota simpatica è sicuramente la famiglia di pesci pappagallo, con i loro dentoni sporgenti e il carattere teneramente buffo), Ricardito è uno squalo? si rivela un film d’animazione straordinariamente ricco di significato. Con apparente leggerezza e una giocosità che conquista grandi e piccini, la pellicola racconta una storia di coraggio e scoperta che va ben oltre la superficie. È una “favola green” che, attraverso l’avventura del giovane Ricardito, invita il pubblico a riflettere sull’importanza di prendersi cura del prossimo e del nostro pianeta.

Scissione – Stagione 2: il cameo di Keanu Reeves non accreditato spiegato dal creatore

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Il creatore di Scissione (Severance) Dan Erickson spiega il ruolo non accreditato di Keanu Reeves nella première della seconda stagione. Dopo essere uscito per la prima volta nel 2022, lo show di successo di Apple TV+ è tornato per la sua seconda uscita la scorsa settimana, continuando la storia del Mark Scout di Adam Scott e dei suoi colleghi di Lumon dopo il cliffhanger del finale della prima stagione. Le recensioni della seconda stagione di Scissione (Severance) sono state entusiastiche, e il primo episodio ha suscitato grande interesse per la sua forte narrazione e le sue interpretazioni, oltre che per un cameo a sorpresa di Reeves in un ruolo di sola voce durante una presentazione della Lumon per i dipendenti del dipartimento Macrodata Refinement.

In una recente intervista con Collider, Erickson ha spiegato il ruolo di Reeves come voce di Lumon, confermando che si trattava proprio della star di John Wick che il pubblico stava sentendo. Secondo il creatore, Keanu Reeves non era l’unico attore preso in considerazione, ma alla fine si è rivelato la scelta migliore per dare vita all’edificio aziendale che Mark e i suoi colleghi chiamano casa. Ecco la spiegazione di Erickson qui di seguito:

“Tutto quello che posso dire è che abbiamo parlato di un paio di persone diverse per quel ruolo. Volevamo che fosse una persona con cui la gente avesse un certo legame, ma anche che fosse una presenza molto calorosa. L’edificio Lumon è molto amichevole nel contesto di questo video, e c’è una cordialità e un cuore in quella voce”.

Che cosa significa il cameo di Reeves per la seconda stagione di Scissione (Severance)?

Il cameo di Reeves nei panni dell’edificio Lumon potrebbe essere una tantum, ma potrebbe anche tornare nei prossimi episodi. La presentazione mostrata a Mark, Helly (Britt Lower), Dylan (Zach Cherry) e Irving (John Turturro) ha lo scopo di tranquillizzarli al momento del ritorno al lavoro, assicurando loro che “Lumon sta ascoltando”. Il finale dell’episodio 1 della seconda stagione di Severance suggerisce che i dipendenti del reparto Macrodata Refinement non sono stati placati dalla presentazione, con Irving che dichiara che bruceranno Lumon.

È del tutto possibile che siano in arrivo altre presentazioni “Lumon sta ascoltando”, che affrontano preoccupazioni più specifiche che Mark e i suoi colleghi nutrono nei confronti del loro posto di lavoro. Con la posta in gioco in aumento, tuttavia, sembra che Milchick (Tramell Tillman) possa ricorrere a metodi più estremi per controllare i suoi dipendenti rispetto ai video educativi. Mark e i suoi colleghi sono ora molto motivati nella loro missione e probabilmente la direzione si renderà conto che i video non sono sufficienti.

The Night Agent – Stagione 2: recensione della serie Netflix

Dopo il successo stellare della prima stagione, che l’ha resa una delle 10 serie TV più viste di sempre su Netflix, era inevitabile che la seconda stagione di The Night Agent ricevesse il via libera. La serie, basata sul romanzo omonimo di Matthew Quirk, ha conquistato il pubblico grazie alla sua narrazione senza fronzoli, ai colpi di scena mozzafiato e a un protagonista moralmente incrollabile. La nuova stagione espande il conflitto su scala globale, con nuove sottotrame e volti interessanti.

La trama di The Night Agent – Stagione 2

Ambientata dieci mesi dopo gli eventi della prima stagione, la storia riprende con Peter Sutherland (Gabriel Basso) nel suo primo incarico ufficiale come agente di Night Action a Bangkok. La missione, volta a recuperare informazioni cruciali da un potenziale informatore dell’FBI, prende una piega drammatica quando le informazioni trapelano e Peter è costretto a sparire dalla circolazione. Nel frattempo, Rose Larkin (Luciane Buchanan), l’ex CEO della tecnologia e suo interesse amoroso, riceve una misteriosa chiamata che la spinge a rintracciarlo. Il loro riavvicinamento dà il via a una nuova indagine che li porterà da New York a scenari internazionali, svelando una cospirazione più ampia e intricata.

Una tensione costante e nuovi volti

Uno degli elementi di forza della serie rimane la sua tensione costante. Le scene di azione, tra inseguimenti nei vicoli e scontri corpo a corpo, sono il punto forte dello show, e mantengono lo spettatore con il fiato sospeso. La seconda stagione introduce un cast di nuovi personaggi, tra cui Catherine Weaver (Amanda Warren), una veterana di Night Action con legami personali con il passato di Peter, e Sami (Marwan Kenzari), un ex soldato multilingue il cui fascino potrebbe facilmente sostenere uno spin-off tutto suo. A questi si aggiunge Noor (Arienne Mandi), un’impiegata della missione iraniana presso le Nazioni Unite, che rischia la sua vita per ottenere protezione per la sua famiglia.

Se da un lato The Night Agent 2 si rifiuta di cedere alle mode di spettacolarizzazione tipiche di altri show di spionaggio come 007 o Reacher, dall’altro rimane fedele al suo approccio pragmatico. La storia d’amore tra Peter e Rose resta esitante e casta, lontana dagli standard audaci delle serie contemporanee, ma funziona grazie alla loro chimica e alla dinamica di crescita condivisa.

Tuttavia, questo secondo ciclo non è privo di difetti. Mentre la prima stagione si concentrava su un complotto interno a Washington, la nuova trama introduce una minaccia terroristica internazionale che coinvolge criminali di guerra europei e agenti iraniani. Questo cambio di prospettiva, sebbene intrigante, non sempre riesce a mantenere lo stesso livello di urgenza della stagione precedente. La narrazione si svolge prevalentemente a New York City, dando alla vicenda un senso di ripetitività che talvolta smorza il livello di intrigo. La sensazione di un conflitto globale non emerge pienamente fino agli episodi finali, lasciando lo spettatore con la percezione di una portata narrativa più limitata rispetto alle aspettative iniziali.

The Night Agent – Stagione 2 è pura adrenalina

Nonostante ciò, lo show riesce comunque a offrire momenti di pura adrenalina. Un episodio in cui Peter e Rose si infiltrano in un evento diplomatico all’ambasciata iraniana è particolarmente teso, con una costruzione della suspense che ricorda i migliori momenti di Homeland. Inoltre, le sottotrame personali aggiungono un ulteriore livello di coinvolgimento emotivo, con Noor che cerca disperatamente di proteggere la sua famiglia mentre affronta la minaccia di superiori paranoici e spietati.

Se la seconda stagione non riesce a raggiungere le vette della prima in termini di complessità della cospirazione, riesce comunque a mantenere il pubblico incollato allo schermo grazie a una formula collaudata: eroi simpatici, cattivi ben delineati e una serie di pericoli crescenti. Anche gli antagonisti, questa volta, ricevono più spazio, offrendo una visione più sfumata dei loro motivi e aumentando la tensione complessiva della storia.

The Night Agent – Stagione 2 non vincerà premi per l’originalità, ma continua a essere un thriller di spionaggio robusto e avvincente, capace di offrire intrattenimento di qualità. Se sei alla ricerca di un thriller cospirazionista senza troppi fronzoli ma ricco di azione, colpi di scena e personaggi ben sviluppati, questa stagione non deluderà. Non ci resta che aspettare la terza stagione per scoprire cosa riserverà il futuro a Peter e Rose

Yellowjackets – Stagione 3: data di uscita, cast, trama, trailer e tutto quello che sappiamo

Con la seconda stagione conclusa, l’attesa per la terza stagione di Yellowjackets è più alta che mai – la nuova stagione è stata confermata, e chi sceglierà la natura selvaggia? Sebbene la stagione 2 di Yellowjackets non abbia raggiunto la famigerata scena della ragazza della fossa, annunciata all’inizio della stagione 1, ha visto i sopravvissuti soccombere al cannibalismo nella linea temporale del 1996, prima mangiando la già morta Jackie (Ella Purnell), poi Javi (Luciano Leroux), morto nel tentativo di salvare Natalie (Sophie Thatcher). Nel presente, gli Yellowjackets adulti si sono riuniti nel centro benessere di Lottie (Simone Kessell) dove si confrontano con la natura selvaggia e tra di loro.

La seconda stagione di Yellowjackets ha avuto momenti comici, come il tentativo malriuscito di Shauna (Melanie Lynskey) di convincere la polizia di avere una relazione con Randy (Jeff Holman), ma è stata anche piena di oscurità. La giovane Shauna (Sophie Nélisse) ha perso il suo bambino mentre i Yellowjackets si sono rivoltati l’uno contro l’altro, sia nel passato che nel presente. Con la tensione che sale, i corpi che si accumulano e tutto ciò che il finale della seconda stagione di Yellowjackets deve spiegare, tutti gli occhi sono puntati sulla terza stagione di Yellowjackets e su qualsiasi indizio su ciò che accadrà.

Ultime notizie su Yellowjackets – Stagione 3

Rivelato un trailer completo della terza stagione

Con la prossima stagione in programma, le ultime notizie arrivano sotto forma di un trailer completo della terza stagione di Yellowjackets. Dopo alcuni scorci del passato, il trailer salta alla linea temporale del presente. Rendendosi conto che qualcuno del loro passato sta cercando di ucciderli, i sopravvissuti cercano di svelare il mistero, che potrebbe avere a che fare con il personaggio di Hilary Swank, che si vede brevemente. Nella sua unica scena, la Swank si vede in piedi sulla strada dopo quello che sembra essere un incidente d’auto. Vede qualcuno fuori campo e scappa via spaventata.

Yellowjackets Stagione 3 – Data di uscita

La terza stagione diYellowjackets è stata confermata nel dicembre 2022, ben tre mesi prima della première della seconda stagione, prevista per marzo 2023. Lo show ha avuto un enorme successo e il presidente e amministratore delegato di Showtime, Chris McCarthy, ha dichiarato che per questo motivo si è voluto “massimizzare lo slancio accelerando la messa in onda della terza stagione”. Sfortunatamente, l’attesa per la terza stagione si è protratta per tutto il 2024, ma ora è stato annunciato che i nuovi episodi debutteranno il 14 febbraio 2025, giorno di San Valentino. Questo avviene quasi due anni dopo la conclusione della seconda stagione.

C’è stato un intervallo di un anno e tre mesi tra la messa in onda della prima e della seconda stagione, ma lo sciopero degli sceneggiatori della WGA ha allungato i tempi per la terza stagione. Lyle ha twittato che la terza stagione di Yellowjackets ha avuto solo un giorno nella stanza degli sceneggiatori prima dell’annuncio dello sciopero. Il co-creatore di Yellowjackets ha sostenuto la WGA e i suoi sforzi, quindi la produzione della terza stagione di Yellowjackets è stata interrotta fino alla risoluzione del conflitto con la WGA.

Il cast della terza stagione di Yellowjackets

Nonostante la conclusione scioccante della seconda stagione, in entrambe le linee temporali di Yellowjackets sono rimasti molti personaggi che dovrebbero tornare nella terza stagione. Il cast di adolescenti del 1996 includerà probabilmente personaggi come Sophie Nélisse nel ruolo di Shauna, Sophie Thatcher nel ruolo di Natalie e Samantha Hanratty nel ruolo di Misty, oltre a molti altri. Il cast adulto dei giorni nostri è meno certo, ma i fan dovrebbero vedere Christina Ricci e Melanie Lynskey riprendere i loro ruoli rispettivamente di Misty e Shauna.

L’ensemble della terza stagione ha aggiunto il suo primo nuovo membro quando è stato annunciato che Joel McHale, ex allievo di Community , sarà guest star nella prossima stagione. Non si sa ancora nulla sul ruolo di McHale, ma la sua scelta indica che alla prossima stagione potrebbe aggiungersi un cast di supporto ricco di star. Allo stesso modo, il premio Oscar Hilary Swank è stata scritturata per un ruolo da guest star che potrebbe essere ampliato in caso di rinnovo della quarta stagione.

Dettagli sulla trama della terza stagione di Yellowjackets

Nonostante la tragica morte di Natalie, il finale della seconda stagione diYellowjackets haapparentemente chiuso la linea temporale attuale con un fiocco, quindi è difficile fare ipotesi su queste trame. Il caso Adam Martin sembra chiuso e Shauna e la sua famiglia sono più forti che mai. Tuttavia, è probabile che sia scossa dal fatto che i suoi ex compagni di squadra abbiano cercato di ucciderla, e nemmeno per sopravvivenza. Misty dovrà affrontare il senso di colpa per aver ucciso Natalie e potrebbe appoggiarsi a Walter. Taissa e Van dovranno decidere cosa fare della loro relazione e, in base al modo in cui Van ha guardato Lottie prima che venisse portata via, c’è ancora qualcosa di sinistro in ballo.

Ci sono molti dettagli sulla terza stagione di Yellowjackets nella timeline del 1996 che promette di essere piena di drammi. L’allenatore Ben si è messo in diretta opposizione con gli altri sopravvissuti e il suo destino finale in entrambe le linee temporali è ancora incerto. Nat è ora al comando e potrebbe essere la regina delle corna. Formiche o no, Shauna non è contenta della scelta di Lottie come successore, come ha riferito nei suoi diari. Questo probabilmente causerà un conflitto tra le ragazze, e Shauna ha dimostrato di essere capace di usare la violenza.

I recenti commenti di Samantha Hanratty, interprete di Misty, suggeriscono che la distruzione del rifugio dei sopravvissuti alla fine della seconda stagione probabilmente accelererà il conflitto. Con meno comodità a disposizione, le ragazze probabilmente si rivolteranno l’una contro l’altra molto più velocemente, il che potrebbe portare alla rivelazione dell’identità della Ragazza della fossa vista nell’episodio 1. Tuttavia, un’anticipazione della trama della terza stagione di Yellowjackets da parte dello sceneggiatore Ashley Lyle rivela che le ragazze “prospereranno” nonostante abbiano perso il loro rifugio.

Chi morirà nella terza stagione di Yellowjackets?

I numeri si stanno assottigliando nella timeline di Yellowjackets 1996, e ci sono ancora cinque personaggi il cui destino non è stato rivelato: L’allenatore Ben, Mari, Akilah, Gen e Melissa. Con l’allenatore Ben in fuga e in lotta per sopravvivere da solo, i suoi giorni sembrano contati. E in base all’aspetto e a chi è rimasto, è molto probabile che Mari sia la ragazza dei box degli Yellowjackets , una storyline che potrebbe comparire nella terza stagione. Tra i tre rimasti, sarebbe una sorpresa se tutti sopravvivessero alla terza stagione diYellowjackets .

Trailer della terza stagione di Yellowjackets

Per annunciare il ritorno dello show il 14 febbraio 2025, Showtime ha rivelato un breve teaser per la terza stagione di Yellowjackets nel novembre 2024. La breve clip si apre con una vespa che striscia su un teschio in decomposizione con il lugubre messaggio che dice agli spettatori di “mangiarsi il cuore”. Vengono mostrati solo alcuni brevi frammenti della terza stagione, ma tutti presentano personaggi che si attaccano l’un l’altro nella natura selvaggia e innevata.

Showtime ha rivelato il trailer completo della terza stagione di Yellowjackets nel dicembre 2024, ed è teso come sempre. Il trailer, che si apre con un’inquietante scena del passato, salta rapidamente ai giorni nostri, dove i sopravvissuti si stanno riprendendo dalla rivelazione che qualcuno sta cercando di ucciderli. Mentre cercano di capire chi li vuole morti, il trailer rivela il primo sguardo al nuovo personaggio di Hilary Swank.

Nightbitch: recensione del film con Amy Adams

Nightbitch, il nuovo film fantasy con Amy Adamsin arrivo su Disney+ il 24 gennaio, parte da un’idea provocatoria: una madre stanca e sopraffatta da tutto ciò che comporta una maternità affrontata in solitudine, scopre un giorno che si sta trasformando in un cane. Una metafora delle trasformazioni che il corpo e la mente di una donna attraversano durante la gravidanza, dopo il parto e nella nuova vita da madre oppure la realtà? Il film, scritto e diretto da Marielle Heller e tratto dal romanzo omonimo di Rachel Yoder, gioca abilmente su questa ambiguità, regalando momenti di surrealismo, commedia e introspezione, il tutto con una chiave insolita.

La trama di Nightbitch

La protagonista, una madre senza nome che solo dopo la trasformazione comincia a chiamarsi Nightbitch, vive in un tipico sobborgo americano con il marito (Scoot McNairy), che non è quasi mai a casa per lavoro, il loro figlio di due anni e un gatto trascurato. Ex artista di successo, ha lasciato la carriera per dedicarsi alla famiglia, ma la routine della maternità l’ha risucchiata in un ciclo monotono e alienante.

La ripetizione visiva utilizzata da Heller sottolinea efficacemente questa monotonia, con inquadrature ricorrenti delle colazioni e delle letture della buonanotte, un loop. La madre si sente intrappolata, e il suo risveglio inizia quando nota che i suoi canini si stanno affilando e il suo corpo diventa più peloso. Incuriosita e spaventata, scopre una protuberanza vicino al coccige, ma invece di cercare aiuto medico, la osserva crescere fino a trasformarsi in una coda.

Una metamorfosi liberatoria

A differenza della tragica metamorfosi di Gregor Samsa nel racconto di Kafka, la trasformazione della protagonista in Nightbitch è galvanizzante e liberatoria. La madre abbraccia la sua nuova natura animale, abbandonando le costrizioni della “brava ragazza” per esplorare una libertà primordiale e feroce. Le sue uscite notturne diventano momenti di puro istinto. E Amy Adams, nei panni di questa donna/bestia, offre una performance straordinaria, esplorando con trasparenza emotiva il delicato equilibrio tra vulnerabilità e forza selvaggia. Le sue espressioni passano dalla frustrazione repressa alla gioia animalesca con una naturalezza magnetica. La performance le è valsa anche una candidatura ai Golden Globe.

Heller adotta un approccio intimo e claustrofobico, traducendo il flusso di coscienza del romanzo in voice-over che creano momenti di grande ironia. Le frasi di circostanza pronunciate dalla protagonista sono spesso in netto contrasto con i suoi pensieri reali, generando un umorismo tagliente che evidenzia il suo disagio interiore. Tuttavia, il film tende ad attenuare la rabbia e la frustrazione che caratterizzavano il romanzo di Yoder, preferendo smussare gli angoli più spigolosi con una vena di umorismo che rischia di indebolire il messaggio.

Un adattamento che addolcisce il romanzo di partenza

Nonostante la forte performance di Adams, alcune scelte narrative risultano troppo compiacenti. La critica alla maternità contemporanea e alle pressioni sociali che ne derivano è evidente, ma il film si accontenta di una narrazione di emancipazione individuale, senza approfondire le implicazioni più sovversive del romanzo. La scelta di Heller di allontanarsi dal body horror per concentrarsi su una rappresentazione più leggera e ironica lascia è una chiara presa di posizione, tanto che tutti i momenti più audaci del romanzo vengono mitigati da un tono più rassicurante.

Se da un lato il film coglie con precisione lo stress e la solitudine della genitorialità, dall’altro le scene più fantasy non riescono a trasmettere emozioni forti, forse perché la regista sceglie di dare più peso all’aspetto psicologico che a quello fantastico/horror del materiale di partenza. La trasformazione canina della protagonista, con il suo acuirsi dei sensi e la necessità di inseguire prede nel buio, resta confinata in una dimensione simbolica che non osa mai spingersi fino in fondo. Anche il culmine della sua crisi, un crollo nervoso in un ristorante, non porta a reali conseguenze, confermando l’intenzione del film di restare su un terreno sicuro.

Nonostante la cautela con cui viene messo in scena, Nightbitch è un’opera intrigante, anche se meno audace di quanto avrebbe potuto essere. Amy Adams brilla nel ruolo della madre sopraffatta che riscopre la propria natura selvaggia, ma il film, pur offrendo spunti interessanti sulla femminilità e la maternità, preferisce addomesticare la sua rabbia piuttosto che lasciarla esplodere in tutta la sua potenza.

Prime Target: recensione della serie Apple Tv+

Prime Target è il nuovo thriller di Apple TV+ che debutta il 22 gennaio 2025 con i primi due episodi. Protagonisti assoluti vincitore del SAG Award Leo Woodall (“The White Lotus”, “One Day”) e da Quintessa Swindell (“Black Adam”, “In Treatment”), con la regia di Brady Hood (“Top Boy”, “Great Expectations”) e la sceneggiatura firmata dal pluripremiato Steve Thompson (“Sherlock”, “Vienna Blood”). Prodotta da New Regency in collaborazione con Scott Free Productions di Ridley Scott, la serie vanta un cast d’eccezione, che include nomi del calibro di Stephen Rea e David Morrissey.

Di cosa parla Prime Target?

La trama segue Edward Brooks (Woodall), un brillante laureato in matematica sul punto di fare una scoperta rivoluzionaria: la chiave per decifrare tutti i computer del mondo attraverso uno schema di numeri primi. Tuttavia, Edward si rende presto conto di essere bersaglio di forze oscure e viene affiancato da Taylah Sanders (Swindell), un’agente dell’NSA incaricata di monitorarlo. Insieme, i due cercheranno di svelare una cospirazione che minaccia la sicurezza globale.

Nonostante il concept di base possa sembrare già visto abbastanza lineare, Prime Target riesce a mantenere alta l’attenzione grazie a una narrazione precisa e ben strutturata. La serie non si discosta molto dalle classiche storie di cospirazioni governative e tecnologia avanzata, ma lo fa con un ritmo serrato e sequenze d’azione ben coreografate. Il tema centrale della moralità nell’ambito della scienza e delle nuove scoperte scientifiche viene affrontato in maniera diretta, senza troppe sfumature, mettendo bene in chiaro il contrasto tra il bene e il male.

Leo Woodall e Quintessa Swindell conducono i giochi

Protagonisti molto capace, Leo Woodall offre un’interpretazione convincente di un giovane matematico tormentato dai dubbi, ma allo stesso tempo fermamente convinto dei suoi ideali morali. Le sue espressioni e i suoi movimenti sono segno di una interpretazione dedicata e non scontata, realmente capace di dare voce a una persona credibile e tridimensionale. Anche Quintessa Swindell riesce a dare profondità al suo personaggio, offrendo una performance solida e credibile. I due protagonisti dimostrano una buona alchimia e riescono a coinvolgere lo spettatore nei loro dilemmi morali e nelle loro fughe ad alta tensione, complice anche una regia solida e chiara, che li segue e li butta nella mischia con grande padronanza del linguaggio action e thriller.

Se da un lato la linearità della trama potrebbe risultare prevedibile per gli spettatori più avvezzi al genere, dall’altro il livello di produzione e il carisma del cast contribuiscono a rendere Prime Target un prodotto di intrattenimento di qualità, un marchio ormai imprescindibile per i prodotti Apple TV+. La serie riesce a bilanciare momenti di riflessione con un’azione avvincente, senza mai perdere di vista il suo intento principale: interrogarsi sul confine tra etica e progresso scientifico.

Prime Target è un thriller solido e ben realizzato, che offre una storia avvincente nonostante alcuni prevedibili colpi di scena. Gli amanti delle cospirazioni e della suspense troveranno pane per i loro denti, mentre chi cerca qualcosa di più innovativo potrebbe rimanere leggermente deluso dalla sua prevedibilità. Tuttavia, grazie a interpretazioni convincenti e a una regia efficace, la serie si lascia guardare con piacere, mantenendo sempre alta la tensione fino alla risoluzione finale.

Mohammad Rasoulof racconta il movimento Donna Vita Libertà ne Il Seme del Fico Sacro

Dal 20 febbraio con Lucky Red e BIM, rappresentante della Germania agli Oscar 2025 e vincitore del premio speciale della Giuria al festival di Cannes 2024, Il Seme del Fico Sacro è il nuovo film di Mohammad Rasoulof (Il male non esiste), scappato dall’Iran dopo averlo girato clandestinamente.

In occasione della presentazione del film a Roma, il regista ha raccontato la particolare genesi del film che fotografa, con grande lucidità e precisione, la situazione sociale e politica dell’Iran contemporaneo. Come Jafar Panahi, anche Rasoulof ormai è un esperto del “cinema in remoto”, dal momento che non può fisicamente tornare in Iran ma ha intenzione di continuare a raccontarne le difficoltà. Come si continua a raccontare da lontano il posto che ha lasciato?

Gli ultimi 46 anni della storia dell’Iran, dall’avvento della Repubblica Iraniana, sono pieni di eventi difficili che non sono stati ancora raccontati. Per esempio durante i primi tempi della Repubblica, sono state brutalmente uccise migliaia di persone e nessuno è ancora riuscito a raccontarlo, quindi c’è un passato pieno di storie affascinanti e terribili che è possibile raccontate. Circa 5 anni fa, quando ero bloccato a Teheran, non avevo il passaporto e non potevo lasciare il paese né girare per strada ho pensato di fare un film basandomi su degli archivi con l’animazione.

Oggi, il mondo è interconnesso grazie ai social e ci sono molti artisti iraniani in esilio sin dall’inizio della repubblica. Questo mi dà speranza, penso ci sia la possibilità di raccontare queste storie che possono essere un punto di incontro la tra vita vera in Iran oggi e questa  realtà interconnessa al passo con il resto del mondo.

Ci sono progetti concreti sui suoi prossimi lavori? 

Riguardo ai progetti futuri, ho tre sceneggiature in mano che vorrei trasformare in film, ma visto che sto promuovendo Il seme del Fico Sacro e da quando ho lasciato l’Iran non mi sono fermato un attimo, sto aspettando l’occasione buona e non vedo l’ora di capire da dove cominciare, quale delle tre realizzare per prima.

Ci sono state delle ritorsioni su chi ha realizzato il film ed è rimasto a Teheran?

Per quanto riguarda i miei collaboratori, al momento l’unica che è in Iran e l’interprete della madre, Soheila Golestani, gli altri sono riusciti a scappare e lasciare il paese. La maggior parte della troupe che è ancora lì. C’è un processo giudiziale in corso al momento, siamo accusati di propaganda contro il regime, attentato contro la sicurezza pubblica e diffusione della prostituzione e della corruzione sulla Terra. Io verrò processato e giudicato in contumacia. Soheila ha già dovuto passare dei giorni in prigione all’inizio della rivolta Donna Vita Libertà, per un video che aveva condiviso sui social. Quando l’abbiamo approcciata per il ruolo, ci ha detto subito di sì.

Mohammad Rasoulof è stato arrestato due volte, e tenuto nello stesso carcere in cui è stata trattenuta Cecilia Sala.

Innanzitutto vorrei commendare Cecilia per essersi presa il rischio di andare in Iran di persona, per raccontare la condizione delle donne oggi. Io ho passato due periodi nella stessa prigione e posso ben immaginare cosa sia stato per lei. Penso che per un europeo sia ancora più complicato, perché non è preparato a quel tipo di dinamiche come qualcuno che, come me, è nato e cresciuto in Iran.

Nel film, ho provato a raccontare quello che avviene in prigione di riflesso nella dimensione della famiglia, portando così a un pubblico più ampio questa mia esperienza personale.

Il film è costellato da inserti di video ripresi con il cellulare, video degli scontri e delle proteste, come le ha inserite e come le ha raccolte?

Come sapete il giornalismo in Iran è un mestiere difficile, non è permesso ai giornalisti documentare le proteste. Così sono i cittadini manifestanti che diventano testimoni e filmano quello che succede, per testimoniare a loro volta, e anche per far arrivare all’estero la violenza del regime su chi si espone.

Io ero in prigione da vari mesi quando sono cominciate le proteste del movimento Donna Vita Libertà e provare a capire cosa succedeva dal carcere era impossibile, così quando sono uscito ho cercato di recuperare tutto il materiale e i video che non avevo potuto vedere mentre ero dentro, in questo modo ho avuto la possibilità di vederne moltissimi. Poi sapevo che avrei fatto un film clandestino e c’era il problema di dover ricreare le proteste senza avere i permessi per girare il film, ambientato principalmente in un piccolo appartamento. Infine, mi pareva importante anche riconoscere il ruolo dei social nel rendere più forti e coesi gli attivisti e nel dare loro coraggio e voglia di scendere in piazza. Ma in un mondo ideale in cui potevo ricreare quelle scene sapevo che non avrei mai potuto replicare quella violenza. Così ho pensato di inserire quelle scene riprese dal vivo.

Cosa pensa che accadrà in futuro in Iran?

Non credo che la liberazione passi per la violenza e la caratteristica più importante della rivolta delle donne è proprio perché rigetta la violenza. Nel finale del film si può vedere che l’unico violenza che si verifica è una reazione, è generata dal regime, che si confronta con persone che non sono certo passive. Credo che alla fine il regime annegherà, sprofonderà nella tomba che si è scavato da solo. E l’esempio ce lo dà la cronaca: qualche giorno fa due dei più famigerati giudici iraniani, che hanno eseguito un sacco di condanne e hanno messo a morte moltissime persone innocenti, sono stati uccisi da un ufficiale di basso rango. Lo ha raccontato anche la tv iraniana, e non possiamo sapere quali siano i fatti reali perché non c’è mai una narrazione veritiera con la tv di stato, ma se le cose sono andate davvero così, questo dimostra che chi semina vento raccoglie tempesta.

C’è differenza tra il modo di protestare degli uomini e quello delle donne?

La lotta per i diritti delle donne ha radici molto antiche e questa rivolta nata nel 2022, Donna Vota Libertà, è solo l’ultimo anello in una lunga catena. Ci tengo a sottolinearne che questa rivolta non porta avanti solo richieste per i diritti delle donne, ma richieste per i diritti umani in senso ampio. E non ci sono solo donne a protestare in maniera non violenta, ma anche uomini, ci sono anche io. E quello che sta succedendo adesso è che c’è un movimento civile per cambiare la situazione a vantaggio dei cittadini, in un modo assolutamente pacifico, per quanto possibile. Se ne vedono già i successi. La situazione attuale in Iran vede una guerra quotidiana che va avanti tra la società civile da una parte e la Repubblica Iraniana.

A Complete Unknown, la spiegazione del finale: come si confronta con la vita reale di Bob Dylan

Diretto e co-sceneggiato da James Mangold, A Complete Unknown ha un finale particolare. A differenza di altri film biografici su musicisti, il film su Bob Dylan si concentra principalmente sull’ascesa alla fama del celebre cantautore negli anni ’60, culminata con la sua esibizione al Newport Folk Festival nel 1965. A Complete Unknown è stato un successo di critica e ha ottenuto diversi premi importanti, tra cui due nomination agli Oscar per il miglior attore e il miglior film. Dal suo arrivo a New York nel 1961 ai concerti sold out, l’ascesa di Dylan come star del folk è ben rappresentata nel film, insieme al suo rapporto inizialmente amichevole e poi conflittuale con Pete Seeger.

A Complete Unknown si conclude con l’esibizione di Bob Dylan al Newport Folk Festival. A differenza degli anni precedenti, però, Dylan aveva con sé una chitarra elettrica e una band blues. Questo fu accolto con sgomento dai fan del folk tra il pubblico, che lo fischiarono, e da Seeger, che cercò di tagliare i cavi.

Dylan ha suonato solo poche canzoni prima di lasciare il palco, frustrato dall’accoglienza riservata alla sua musica. In seguito, Dylan fa visita a Woody Guthrie in ospedale, mentre in sottofondo suona la canzone di Guthrie “So Long, It’s Been Good to Know Yuh”. Guthrie guarda Dylan allontanarsi in moto.

Perché il pubblico ha fischiato Bob Dylan al Newport Folk Festival del 1965

L’esibizione di Bob Dylan è ormai leggendaria

In A Complete Unknown, il Newport Folk Festival fu un punto di svolta nella carriera di Bob Dylan. Prima di allora, il cantante era conosciuto principalmente come artista folk e la sua esibizione fu considerata una svolta per la sua carriera musicale. Considerando che la parola “folk” era presente nel nome del festival, il pubblico fischiò Dylan perché non stava suonando ciò che era stato promesso. Dylan suonò una chitarra elettrica, cosa che infastidì i puristi del folk tra il pubblico. Non tutti ebbero la stessa reazione, tuttavia, e molte persone lo acclamarono. Ma il fischio della maggior parte del pubblico derivava dalla rabbia e dalla frustrazione per il cambiamento di sound di Dylan.

In realtà, c’erano altri motivi, oltre all’indignazione, per cui il pubblico potrebbe aver fischiato Dylan al festival. Altri presenti al festival quell’anno sostenevano che alcuni fischi fossero dovuti alla scarsa qualità del suono, poiché l’amplificazione del suono elettrico avrebbe reso difficile ascoltare i testi, e al fatto che l’esibizione di Dylan fosse breve (via The Denver Folklore Center).

Il cantante ha eseguito solo tre canzoni quell’anno prima di andarsene, mentre le esibizioni degli altri musicisti sono state molto più lunghe. Tuttavia, la sensazione generale di tradimento era, come suggerisce il film, la ragione principale del malcontento del pubblico nei confronti di Dylan.

Cosa succede dopo il misterioso viaggio in moto di Bob Dylan

A Complete Unknown ha un modo di includere alcuni fatti realmente accaduti senza necessariamente approfondirli. Ad esempio, il Bob Dylan interpretato da Chalamet viene mostrato mentre se ne va in moto prima che lo schermo diventi nero. È un po’ un mistero, ma il momento è intenzionale, poiché nella vita reale Dylan ha avuto un incidente in moto. L’incidente è avvenuto nell’estate del 1966, un anno dopo la sua esibizione al Newport Folk Festival. L’incidente avvenne vicino a Woodstock, New York, e Dylan ha rivelato di essersi fratturato alcune vertebre cervicali.

I dettagli esatti dell’incidente non sono chiari, poiché Dylan non è andato in ospedale. Il finale di A Complete Unknown allude all’incidente in moto di Dylan ed è un modo significativo per concludere il film, considerando che l’incidente è misterioso quanto lo stesso Dylan. Fondamentalmente, è un punto di svolta nella sua carriera negli anni ’60, poiché il musicista si è allontanato dalla ribalta e ha fatto rarissime apparizioni pubbliche. Dylan non è tornato in tour per altri otto anni dopo l’incidente in moto, anche se non ha mai smesso di registrare nuova musica.

Bob Dylan è mai tornato a esibirsi al Newport Folk Festival?

Sì, Bob Dylan è tornato a esibirsi al Newport Folk Festival. Tuttavia, dopo la sua controversa esibizione al festival nel 1965, Dylan non sarebbe tornato sul palco del festival per altri 37 anni. Nel 2002, Dylan ha fatto il suo trionfale ritorno, questa volta con un set molto più lungo, durato un paio d’ore e che includeva nuove canzoni e classici amati dal pubblico.

È interessante notare che Dylan è salito sul palco indossando una barba finta, un cappello da cowboy e una parrucca. Il ritorno del musicista al Newport Folk Festival nel 2002 non è stato però un evento annuale, e lui non è ancora tornato.

Cosa è successo a Joan Baez e Pete Seeger dopo il film

Dopo il Newport Folk Festival del 1965, Joan Baez pubblicò la sua prima autobiografia nel 1968. Continuò a pubblicare musica, tra cui cinque album prima del 1970. Baez concluse gli anni ’60 con un’apparizione al festival di Woodstock del 1969, dove suonò 13 canzoni. Nel 1967 incontrò il suo futuro marito David Harris e i due si sposarono nel 1968, dopo soli tre mesi di fidanzamento. Baez diede alla luce il loro figlio Gabriel nel dicembre 1969. Anche se la sua relazione sentimentale con Bob Dylan era finita già a metà degli anni ’60, i due continuarono a fare tournée insieme negli anni ’70.

Per quanto riguarda Pete Seeger, il cantante folk pubblicò l’album God Bless the Grass, dedicato esclusivamente all’attivismo ambientale, nel 1966. Seeger pubblicò anche canzoni contro la guerra come “Waist Deep in the Big Muddy” e partecipò alla Marcia per la Moratoria sul Vietnam del 1969 in segno di protesta contro la guerra in Vietnam.

Nel 1966, insieme alla moglie, Seeger fondò l’organizzazione no profit Hudson River Sloop Clearwater per preservare e ripulire il fiume Hudson. Dopo che Dylan passò all’elettrico al Newport Film Festival del 1965, l’amicizia tra lui e Seeger si incrinò. Seeger scrisse una lettera di scuse a Dylan nel 1990 per spiegare la sua versione dei fatti.

Chi è il personaggio ispirato a Sylvie Rosso interpretato da Elle Fanning e perché ha un nome diverso

In A Complete Unknown, Elle Fanning interpreta Sylvie Rosso, la fidanzata di Bob Dylan negli anni ‘60. Sebbene Sylvie sia un personaggio immaginario, è ispirata alla fidanzata di Dylan nella vita reale, Suze Rotolo, che apparve nell’album di Dylan del 1963, The Freewheelin’ Bob Dylan. Dylan e Rotolo hanno avuto una relazione durata anni, dal 1961 al 1964, e lei è considerata una grande influenza sulla sua musica di quel periodo. Il nome di Suze è stato cambiato per il film biografico su Dylan su richiesta dello stesso Dylan (via Rolling Stone).

Nelle sue memorie, Rotolo ha scritto che era diventato difficile sopportare la pressione di essere nella vita di Dylan e tutto ciò che ne derivava.

Nel suo libro di memorie, Rotolo ha scritto che era diventato difficile sopportare la pressione di essere nella vita di Dylan e tutto ciò che ne derivava. Era così legata alla carriera musicale di Dylan che era difficile separarsene. Rotolo voleva essere conosciuta come una persona al di fuori di Dylan e ha scritto che non era solo una “corda della chitarra di Dylan”.

Cosa omette un perfetto sconosciuto sulla vita di Bob Dylan

Poiché il film di Mangold si concentra sulla vita e la carriera di Dylan durante la prima metà degli anni ’60, tralascia molti aspetti della vita del musicista. Anche alcuni degli eventi descritti in A Complete Unknown sono stati raccontati con un tocco di libertà creativa e alcune modifiche. In particolare, però, il film biografico tralascia informazioni sulla giovinezza e la famiglia di Dylan. Non sappiamo quasi nulla della vita del cantante prima del suo arrivo a New York, a parte il suo nome di battesimo, che Sylvie scopre.

Il film omette anche Carla, la sorella di Suze Rotolo, che non amava Dylan, così come la tensione tra Dylan e la famiglia di Rotolo, l’aborto di Rotolo e l’interesse di Dylan per la sorella di Baez prima che i due musicisti iniziassero la loro relazione sentimentale. È interessante notare che A Complete Unknown elimina completamente dal film Sara Lownds, la prima moglie di Dylan. Nel 1965, Lownds e Dylan non solo erano sposati, ma aspettavano anche il loro primo figlio. Il film suggerisce che Sylvie (Suze) abbia partecipato al Newport Folk Festival del 1965 con Dylan, ma i due si erano lasciati un anno prima.

Bob Dylan è stato sposato due volte: con Sara Lownds (dal 1965 al 1977) e poi con Carolyn Dennis, corista di Dylan, dal 1986 al 1992. Dylan e Lownds hanno avuto quattro figli, mentre lui e Dennis ne hanno avuto uno.

A Complete Unknown aggiunge elementi che potrebbero non essere accaduti o non essere avvenuti nel modo in cui sono stati rappresentati sullo schermo, come la presenza di Johnny Cash al Newport Folk Festival del 1965 o la discussione sul palco tra Dylan e Baez prima che il primo se ne andasse (che secondo quanto riferito non è mai avvenuta). Il film cambia le circostanze del primo incontro di Dylan con Seeger e Guthrie – non è stato all’ospedale dove Guthrie era ricoverato – e omette l’amico che ha accompagnato Dylan a New York. Anche qualcuno che grida “Giuda!” a Dylan durante il Newport Folk Festival è successo in un altro evento in Inghilterra.

Perché il film biografico di James Mangold si concentra solo sulla carriera di Bob Dylan negli anni ’60

Bob Dylan è stato una delle voci più famose della sua generazione e non è mai stato una figura di spicco come negli anni ’60, quando la sua musica ha avuto un impatto significativo, dalle canzoni di protesta al suo passaggio al rock. Gli inizi della carriera e la vita sotto i riflettori di Dylan, come nel caso della maggior parte degli artisti famosi, sono tra i più ricordati. Il fatto che gli anni ’60 abbiano segnato l’inizio della dinamica carriera di Dylan in un periodo di cambiamenti sociali, proteste e movimenti contro la guerra è probabilmente ciò che ha colpito Mangold.

A Complete Unknown, liberamente ispirato al libro di Elijah Wald che racconta il Newport Folk Festival e il passaggio di Dylan all’elettrico, è un punto di forza del film. L’esibizione di Dylan del 1965 è una serata leggendaria e Mangold l’ha utilizzata per creare tensione. Concentrandosi su un solo decennio della vita di Dylan, A Complete Unknown è riuscito a mettere a fuoco il successo e le relazioni che hanno plasmato gli anni della sua giovinezza. È stato un periodo in cui il cantante stava davvero trovando la sua voce, rendendolo un punto focale coinvolgente e un punto di ingresso nel mondo di Dylan.

Il vero significato del finale di A Complete Unknown

A Complete Unknown segue il musicista nelle varie fasi della sua vita da sconosciuto. All’inizio è letteralmente un “completo sconosciuto”, ma le cose cambiano quando inizia a esibirsi in locali folk, ai festival e con Joan Baez. Tuttavia, al Newport Folk Festival del 1965, la transizione di Dylan da sconosciuto a famoso era completa, poiché la sua incursione nel rock ebbe un enorme impatto sul futuro del genere. La sua fama era già in crescita, ma la decisione di Dylan di esplorare altri generi musicali oltre al folk lo ha consacrato come una leggenda della musica. Il finale ha mostrato il suo effetto sul pubblico, mantenendo al contempo un senso di mistero.

Come è stato accolto il finale di A Complete Unknown

A Complete Unknown è stato acclamato da molti critici come uno dei migliori film dell’anno, ottenendo otto nomination agli Oscar. Oltre alla performance del protagonista Timothée Chalamet, molti elogi sono stati rivolti all’approccio più originale del film al genere biografico e al suo soggetto. Questo aspetto è particolarmente evidente nel finale del film. Molti critici hanno ritenuto che il finale del film lasciasse volutamente vaghe alcune cose su Bob Dylan e alcune sue motivazioni, solo per renderlo un personaggio più interessante (tramite RogerEbert.com):

Perché ha insistito per passare all’elettrico a Newport nel 1965, uno degli eventi più famosi della storia della musica folk, e dove questo capitolo della vita di Dylan raggiunge il suo apice? Solo perché gli hanno detto di non farlo?

Questa vaghezza su Dylan è stata sottolineata in molte recensioni del film. Alla fine di A Complete Unknown, il pubblico potrebbe non avere una chiara idea di chi fosse Bob Dylan, ma, come suggerisce il titolo, questo era in qualche modo lo scopo del film biografico. Una recensione su Vulture suggerisce che il finale del film rafforza l’idea che questa sia una storia su Dylan vista dalle persone che lo circondavano, lasciandolo così in qualche modo misterioso:

A Complete Unknown non cerca di offrire una soluzione all’enigma che è Bob Dylan. Fa qualcosa di più realizzabile: ci mostra com’è stare sulla scia della grandezza.

Silo – Stagione 3: cast, storia e tutto quello che sappiamo

La serie sci-fi di successo di Apple TV+ Silo è tornata per la sua seconda stagione alla fine del 2024, e ora il dramma distopico ha ottenuto il rinnovo per la terza stagione. Basata sull’omonima trilogia di romanzi di Hugh Howey, la serie segue i rimanenti sopravvissuti alla post-apocalisse, che vivono nel sottosuolo di un enorme complesso di silo. L’impulso al dramma dello show è dato da una donna di nome Juliette (interpretata da Rebecca Ferguson) che non accetta la storia del governo sul passato e su come l’umanità sia arrivata a vivere nel silo. La prima stagione è stata un successo per Apple TV+ e sono stati ordinati rapidamente altri episodi.

La seconda stagione continua il trend di alta tensione dello show, poiché Juliette ha finalmente sfidato i responsabili nel suo tentativo di scoprire cosa sia realmente accaduto all’umanità. Fuggendo dal silo, Juliette trova qualcosa che ribalta l’intera serie e diventa rapidamente un simbolo popolare per il resto dei residenti del complesso. È chiaro che questa escalation non si risolverà in due sole stagioni, e sono già in atto piani per continuare la storia in altre stagioni. Ora, Apple TV+ ha tracciato il futuro di Silo per le prossime due stagioni.

Silo Stagione 3 Ultime notizie

Apple TV+ rinnova Silo per altre due stagioni

Poche settimane dopo che la star Rebecca Ferguson aveva annunciato che erano in programma altre stagioni, l’ultima notizia conferma che Apple TV+ ha rinnovato Silo per altre due stagioni. L’annuncio arriva durante lo svolgimento della seconda stagione, il cui secondo episodio, non ancora concluso, ha già fatto leva sul pubblico attirato dall’avvincente prima stagione. L’annuncio delle stagioni 3 e 4 è arrivato anche con la rivelazione che la stagione 4 sarebbe stata l’ultima, completando così la dinamica della storia.

Lo showrunner Graham Yost, il responsabile della programmazione di Apple TV+, Matt Cherniss, e la protagonista/produttrice esecutiva della serie, Rebecca Ferguson, hanno espresso il loro entusiasmo per il futuro della serie, dichiarando:

Graham Yost: È stata un’esperienza ricca di soddisfazioni adattare i romanzi epici di Hugh con i nostri partner della Apple e siamo entusiasti di avere l’opportunità di portare sullo schermo questa storia completa nel corso di quattro stagioni. Con gli ultimi due capitoli di “Silo”, non vediamo l’ora di dare ai fan della serie una conclusione incredibilmente soddisfacente dei molti misteri e delle domande senza risposta contenute tra le mura di questi silos.

Matt Cherniss: L’avvincente, inventivo e commovente “Silo” ci ha appassionato fin dal primo giorno e ci è piaciuto vedere il pubblico mondiale diventare altrettanto innamorato del mondo creato da Graham Yost. In vista della terza e quarta stagione di questa ambiziosa serie fantascientifica incentrata sui personaggi, che concluderà il viaggio di Juliette Nichols e completerà l’epica trilogia di romanzi di Hugh Howey. Non vediamo l’ora che tutti possano sperimentare altre potenti interpretazioni dello show, guidate dall’impareggiabile Rebecca Ferguson, così come gli inaspettati colpi di scena, le svolte e le sorprese che ci aspettiamo da questa storia così umana.

Rebecca Ferguson: Ho amato ogni minuto di portare Juliette sullo schermo e sono immensamente orgogliosa di ciò che abbiamo creato con “Silo” fin dal primo episodio. Ho sempre avuto la passione di raccontare l’intera storia contenuta nei libri di Hugh Howey, quindi non potrei essere più felice del fatto che il pubblico di tutto il mondo abbia accolto con entusiasmo la serie. Insieme ai nostri partner di Apple, a Graham e a tutto il cast e la troupe, non vedo l’ora di immergermi nelle ultime due stagioni che concluderanno magnificamente questo racconto distopico.

La terza stagione di Silo è confermata

Anche se era scontato che Silo sarebbe stata rinnovata, Apple TV+ ha preso la sorprendente decisione di ordinare non una, ma ben due stagioni dell’avvincente dramma fantascientifico. Lo streamer non solo ha assicurato il futuro dello show per il momento, ma ha anche annunciato che la quarta stagione avrebbe concluso la storia, permettendo così di esplorare completamente la trilogia di libri sul piccolo schermo. Sebbene l’incombente cancellazione (dopo la quarta stagione) sia piuttosto scoraggiante, la trasparenza di Apple TV+ sulla serie significa che gli spettatori non saranno lasciati all’oscuro dei rinnovi.

La seconda stagione di Silo ha debuttato il 15 novembre 2024.

Dettagli sul cast di Silo – Stagione 3

Chi tornerà nella terza stagione?

In questa fase, è difficile prevedere chi farà parte della terza stagione di Silo , dato che gran parte della seconda stagione non è ancora stata rivelata. Tuttavia, è lecito supporre che molte delle star dello show saranno presenti al loro ritorno, soprattutto perché all’orizzonte si profilano cose più importanti. Il ritorno più logico è quello di Rebecca Ferguson nel ruolo di Juliette, il cui status di martire tra i membri rimasti della comunità del silo significa che è una figura chiave nella storia. Allo stesso modo, figure di supporto importanti come l’Holston di David Oyelowo e il Sims di Common sono una necessità.

Ogni eroe ha bisogno di un cattivo, e Tim Robbins dovrebbe tornare a vestire i panni del malvagio Bernard, soprattutto quando il suo potere sulla comunità inizia a diminuire. Se il mondo al di là del silo continuerà a espandersi nelle prossime stagioni, è logico che la serie aggiungerà anche una serie di nuovi nomi al mix, anche se è impossibile indovinare chi saranno in questo momento.

Dettagli sulla trama di Silo – Stagione 3

Anche se i libri offrono un quadro di riferimento per la serie, è difficile prevedere esattamente cosa accadrà nella stagione 3 di Silo fino a quando non saranno rivelati ulteriori dettagli nel corso della seconda stagione. Ovviamente, la tensione sta crescendo all’interno del silo e prima o poi la situazione sfocerà in uno scambio violento. È molto probabile che nella stagione 2 si verifichi una sorta di tentativo di insurrezione, ma non sarà la fine della storia. L’annuncio delle stagioni 3 e 4 lo conferma.

Le scoperte di Juliette al di fuori del silo cambieranno probabilmente la traiettoria della serie e, se riuscirà a tornare al silo principale, potrà condividere queste informazioni. Lo scenario più probabile è che la terza stagione di Silo sia completamente diversa a causa di qualche importante colpo di scena nella seconda stagione, ma fino a quel momento non c’è modo di sapere esattamente quale sarà la trama.

Outlander – Stagione 7: la spiegazione del finale

La settima stagione di Outlander è finalmente giunta al termine, e il colpo di scena finale ha sicuramente lasciato il segno. La serie TV fantasy si concluderà con l’ottava stagione, quindi la storia di Claire e Jamie sta iniziando a muoversi verso la sua conclusione definitiva. L’episodio 16 della settima stagione di Outlander, intitolato “A Hundred Thousand Angels”, ha rappresentato un passo significativo in questo processo. Si è aperto con la rivelazione che Claire era sopravvissuta alla ferita da arma da fuoco riportata nella battaglia di Monmouth e che la sua guarigione procedeva senza intoppi. Una volta chiarito questo punto, Jamie e Claire hanno deciso che era giunto il momento di tornare a casa a Fraser’s Ridge, nel North Carolina.

Naturalmente, il lieto fine della ferita di Claire nella settima stagione di Outlander non significa che tutti i problemi suoi e di Jamie siano finiti. William si presenta alla chiesa dove Claire si sta riprendendo nell’episodio 16 per chiedere a Jamie di aiutarlo a far evadere Jane Pocock dalla prigione. Mentre tutto questo accade, il finale della settima stagione di Outlander salta periodicamente a Brianna e Roger nel 1739, dove visitano dei vecchi parenti e decidono cosa fare del loro futuro. Naturalmente, anche Lord John e il giovane Ian hanno avuto il loro momento di gloria, ma nulla è paragonabile alla rivelazione di Claire su sua figlia Faith.

Spiegato il colpo di scena su Faith nel finale della settima stagione di Outlander

La scena finale della settima stagione di Outlander ha visto Claire scoprire la piccola Fanny che cantava una canzone nella chiesa continentale. Non si tratta di una canzone qualsiasi, ma di un brano intitolato “I Do Like to Be Beside the Seaside”, scritto nel 1907 e registrato per la prima volta da Mark Sheridan nel 1909. Fanny non poteva conoscere questa canzone nel 1779, a meno che non fosse in qualche modo collegata a un viaggiatore del tempo. Dopo aver capito cosa stava cantando Fanny, Claire ha avuto un flashback in cui cantava “I Do Like to Be Beside the Seaside” alla figlia morta alla nascita, Faith, decenni prima. Questo porta Claire a rivolgersi a Jamie e annunciargli che forse la loro figlia è sopravvissuta.

Claire è giunta alla conclusione provvisoria nel finale della settima stagione di Outlander che la madre di Jane e Fanny era sua figlia Faith, avuta da Jamie. Se ne è resa conto guardando il medaglione della donna, che aveva lo stesso nome, e i capelli rossi di Jane sembravano essere un altro indizio a sostegno di questa ipotesi. Tuttavia, è stata la visione di Claire del Maestro Raymond a farle davvero pensare a Faith. Il Maestro Raymond aveva guarito Claire dopo il suo traumatico parto in Francia e, al suo capezzale nella chiesa, le aveva chiesto scusa per qualcosa che lei avrebbe presto scoperto. Se questa era più di una visione, allora sta accadendo qualcosa di miracoloso.

Come Faith potrebbe essere sopravvissuta (e cosa c’entra il Maestro Raymond)

La rivelazione che Faith potrebbe essere sopravvissuta dopo essere nata morta nella seconda stagione di Outlander è un colpo di scena significativo. Non c’era mai stato alcun dubbio che la bambina fosse morta, soprattutto perché Claire aveva tenuto in braccio il corpo di Faith per diverse ore dopo il parto. Madre Hildegarde è stata così gentile da dare un nome, battezzare e seppellire degnamente la bambina, anche se era nata morta. Sembra che la sopravvivenza di Faith sia del tutto impossibile. Tuttavia, il maestro Raymond è il pezzo del puzzle che ribalta l’intera storia.

I libri di Outlander rivelano che il maestro Raymond è un viaggiatore nel tempo, probabilmente un antenato di Claire.

Nella seconda stagione di Outlander, nell’episodio 7, “Faith”, il maestro Raymond si intrufolò nell’ospedale e guarì Claire, che era in fin di vita a causa di un’infezione. L’uomo le passò le mani sul corpo e, mentre lo faceva, Claire disse di sentire l’infezione abbandonarla. Dopo averla guarita, il Maestro Raymond disse a Claire che aveva un’aura blu, come la sua, che significava guarigione. Claire vide questa aura blu circondare l’uccello nella sua visione e Raymond disse che le ali avrebbero portato via il suo dolore. Nulla di tutto questo è stato spiegato nella seconda stagione di Outlander, ma il Maestro Raymond promise che avrebbe rivisto Claire.

L’implicazione qui è che i poteri curativi blu del Maestro Raymond, che anche Claire possiede inconsapevolmente, sono stati usati per riportare in vita Faith.

Il finale della settima stagione di Outlander ha mantenuto questa promessa. Raymond è tornato al capezzale di Claire nella sua visione, e con lui è apparsa l’immagine delle ali dell’uccello blu. Ciò implica che i poteri curativi blu del Maestro Raymond, che anche Claire possiede inconsapevolmente, sono stati usati per riportare in vita Faith. Tuttavia, invece di restituire la bambina a Claire, il Maestro Raymond ha avviato la piccola verso un altro viaggio. Sembra che se ne stia scusando nel finale dellasettima stagione di Outlander. Tuttavia, ci sono ancora troppe domande senza risposta.

La morte di Jane Pocock nella stagione 7, episodio 16 di Outlander spiegata

Il catalizzatore dei sospetti di Claire sulla sopravvivenza di Faith nella stagione 7, episodio 16 di Outlander, è stata la morte di Jane Pocock. Questa ragazza era una prostituta di Filadelfia con cui William aveva instaurato un legame. In precedenza, nella stagione 7, Jane aveva ucciso un uomo di nome Capitano Harkness per impedirgli di molestare sua sorella Fanny. Questo le era costato l’arresto, ma William aveva promesso a Fanny che l’avrebbe salvata dall’impiccagione. Purtroppo, quando William aveva reclutato Jamie per aiutarlo a irrompere nella sala delle riunioni, Jane era già morta suicida.

Dopo la morte di Jane, Claire e Jamie hanno deciso di accogliere Fanny e riportarla a Fraser’s Ridge. Questo ha portato Claire a credere che la madre di Jane e Fanny fosse sua figlia Faith. Se fosse vero, significherebbe che Jamie e Claire stanno accogliendo la loro nipotina. Naturalmente, significherebbe anche che quando William è andato a letto con Jane, è andato a letto con sua nipote. Questa rivelazione non migliorerebbe certo il suo rapporto con Jamie.

Jamie e William finalmente trovano un punto d’incontro nel finale della settima stagione di Outlander

Un altro sviluppo del finale della settima stagione di Outlander ha riguardato il rapporto tra Jamie e William. Dopo che il primo ha aiutato suo figlio nel tentativo di salvare Jane, i due hanno avuto una conversazione sulle circostanze della nascita di William. Jamie ha spiegato di non aver violentato sua madre, ma ha confessato di non averla amata. Ha continuato dicendo che la donna era stata feroce e coraggiosa e che non avrebbe mai dimenticato che era stato lui, in un certo senso, a causarne la morte. Tuttavia, Jamie ha detto di non pentirsi di nulla, sottintendendo che non avrebbe voluto che William non fosse nato.

Jamie accarezzò il viso di William mentre diceva questo, e il ragazzo ebbe un flashback del momento in cui aveva detto addio a “Mac” quando era bambino. Fu un momento dolce, che segnò un barlume di connessione tra loro. Tuttavia, fu di breve durata. William disse prontamente che non avrebbe mai chiamato Jamie suo padre e se ne andò. Tuttavia, si può sperare che questa piccola connessione cresca nella stagione 8 di Outlander.

Brianna e Roger si riuniscono e fanno un piano nel finale della settima stagione di Outlander

La riunione di Brianna e Roger è stato uno dei momenti più toccanti del finale della settima stagione di Outlander. Sono finalmente riusciti a ritrovarsi nello stesso posto e nello stesso momento e hanno anche potuto trascorrere un po’ di tempo con Brian Fraser dopo che le cose si sono sistemate. Brian è rimasto scioccato da quanto Brianna assomigliasse alla sua defunta moglie, Ellen. Ovviamente, non aveva idea che la nuova moglie di Roger fosse sua nipote. Nel complesso, è stato semplicemente uno scambio divertente. Con tutto questo fuori strada, Roger e Brianna sono pronti a scoprire “quando” appartengono.

Rachel dice a Ian che stanno per avere un bambino (ma Rollo muore)

La famiglia di Ian sta cambiando

Ian e Rachel hanno condiviso una bella notizia nel finale della settima stagione di Outlander. I due si sono sposati all’inizio di questa stagione e nell’episodio 16 li abbiamo visti pianificare il loro futuro insieme. Alla fine decidono che torneranno con Jamie e Claire a Fraser’s Ridge, nel North Carolina. Rachel poi dice a Ian che è incinta: un momento di grande gioia per entrambi. Questo dà al pubblico qualcosa da aspettarsi con ansia nella stagione 8 di Outlander.

Purtroppo, Ian e Rachel non hanno potuto tornare al Ridge con tutta la famiglia. La mattina dopo che Rachel ha dato la grande notizia, Ian si è svegliato e ha scoperto che il suo cane Rollo era morto. Rollo era ormai anziano e Ian aveva notato all’inizio della settima stagione che forse non gli restava molto da vivere. Tuttavia, data l’importanza del cane per Ian e il suo ruolo nella storia del ragazzo in America, è stato un momento triste.

Lord John e Jamie hanno messo fine al loro conflitto (quasi del tutto)

Outlander stagione 7, episodio 16 ha anche portato a una risoluzione provvisoria del conflitto più importante di questa stagione. Jamie è arrabbiato con Lord John da diversi episodi, da quando quest’ultimo ha ammesso di aver avuto “conoscenza carnale” di Claire. Jamie ha quasi ucciso il suo amico per questo, ma ha messo da parte la questione per il bene di Claire e Williams. Nel finale della stagione 7 è evidente che Jamie è ancora arrabbiato con Lord John e che la loro amicizia non è ripresa. Tuttavia, il fatto che abbia permesso a Lord John di dire addio a Claire dimostra che sta cercando di superare la cosa.

Come il finale della settima stagione di Outlander prepara la stagione 8

Outlander è in una posizione fantastica per continuare la sua ultima stagione. Il maestro Raymond aveva promesso nella seconda stagione che lui e Claire si sarebbero rivisti, e sembrava che questa promessa non sarebbe stata mantenuta. Il finale della settima stagione ha riportato in scena questo personaggio e, così facendo, ha creato un fantastico mistero che dovrebbe portare avanti la prossima stagione. Se Faith fosse davvero tornata in vita in qualche modo, la magia di Outlander sarebbe stata portata a un livello superiore. Poi c’è la grande domanda sul perché il maestro Raymond avrebbe fatto tutto questo. Qual è il piano più grande?

Se Faith fosse davvero tornata in vita in qualche modo, la magia di Outlander sarebbe stata portata a un livello superiore.

Al di là di questo grande mistero, ci sono molti momenti fantastici da attendere con ansia nella stagione 8 di Outlander. Il ritorno a Fraser’s Ridge è senza dubbio emozionante, così come la prospettiva che Brianna e Roger viaggino nel 1779 per ricongiungersi con Jamie e Claire. Questo potrebbe portare alla risoluzione di altre domande senza risposta di Outlander, come il significato della profezia dei Fraser o il motivo per cui il fantasma di Jamie è apparso nella prima stagione di Outlander. Non c’è molto tempo per concludere tutte queste storie, quindi i prossimi episodi saranno senza dubbio degni di essere visti.

Silo – stagione 2, la spiegazione del finale e dei flashback: ecco come tutto si collega!

Il finale di Silo – stagione 2 risolve molte trame di fondo, ma solleva anche molte nuove domande e misteri grazie a un intrigante flashback. Dopo aver lottato per ritrovare la strada di casa e aver affrontato una sfida dopo l’altra, Juliette trova finalmente una svolta nel finale di Silo – stagione 2. Non solo riesce a mettere insieme la sua tuta di fortuna da pompiere, ma salva anche gli abitanti del suo silo tornando un attimo prima che escano.

Tuttavia, prima di concludere la serie con una nota positiva, la seconda stagione di Silo lascia gli spettatori senza sapere quale sarà il destino di Juliette e Bernard dopo che i due finiscono intrappolati nella camera di compensazione del Silo 18. Lo show accenna anche a un significativo cambiamento nella gerarchia del Silo 18, mostrando che l’Algoritmo sceglie Camille per un ruolo misterioso. Prima che inizino i titoli di coda, la stagione 2 dello show fantascientifico di Apple TV+ presenta anche un avvincente flashback che apre la strada alla storia delle origini dell’ambientazione post-apocalittica centrale nella stagione 3 di Silo.

La spiegazione del flashback nel finale della stagione 2 di Silo: Chi sono Helen e il deputato?

Nella seconda stagione di Silo, Bernard rivela che i silos sono stati costruiti 352 anni fa. Ciò suggerisce che sono passati più di tre secoli da quando l’evento apocalittico ha costretto molti sopravvissuti umani a trovare rifugio nelle strutture sotterranee in questione. Per questo motivo, è lecito supporre che il flashback finale della seconda stagione di Silo, con l’incontro tra Helen e il deputato, si svolga oltre 300 anni prima degli eventi attuali della serie.

Mentre Helen si rivela essere una giornalista del Washington Post, che vuole saperne di più sul piano d’azione degli Stati Uniti dopo un presunto attacco da parte dell’Iran, il deputato (Donald Keene dai libri) si presenta come una persona che serve il popolo della Georgia XV. Inizialmente l’Onorevole crede di avere un appuntamento con Helen, ma la giornalista rende presto note le sue intenzioni chiedendogli il suo punto di vista sull’attacco con la “bomba sporca”. Il deputato sembra sapere qualcosa che lei non sa, ma sceglie di tacere e alla fine se ne va.

Sebbene la conversazione dei due personaggi del Silo non riveli cosa sia successo al mondo e perché siano stati costruiti i silo, molti dettagli sottili del flashback potrebbero servire come indizi cruciali. Ad esempio, prima che il deputato entri in un pub per incontrare Helen, una guardia gli controlla i livelli di radiazioni, lasciando intendere che gli Stati Uniti stanno affrontando una minaccia radiologica. Ha anche un opuscolo in mano con una tuta Hazmat e le parole “The New Normal” stampate sopra, suggerendo che è direttamente coinvolto nell’evento radiologico o che sta aiutando gli Stati Uniti a compiere una rappresaglia contro una nazione ostile.

Cos’è la “bomba sporca” di cui parlano Helen e il deputato

I dispositivi di dispersione radiologica, utilizzati per rilasciare deliberatamente materiale radioattivo per danneggiare le persone, sono definiti “bombe sporche”. Il fatto che Helen si chieda se l’evento “bomba sporca” sia mai accaduto suggerisce che, a parte i funzionari governativi come il deputato, la maggior parte delle persone non sa nulla della verità. Questo è simile a come funzionano le cose nei silos, dove i cittadini si aspettano semplicemente di seguire le regole senza mettere in discussione nulla.

Sebbene la guerra radiologica possa spiegare cosa sia successo al mondo prima che gli esseri umani si proteggessero con i silos, la conversazione di Helen con il deputato suggerisce che c’è qualcosa di più di quello che sembra. Entrambe le stagioni di Silo hanno stabilito che il mondo esterno non è sicuro per gli esseri umani, il che sembra confermare che i disastri radiologici causati dall’uomo hanno trasformato il mondo in una terra desolata. Tuttavia, è difficile non chiedersi se questo sia il quadro completo.

La spiegazione e il significato del distributore di caramelle Pez Duck

Dopo aver appreso le intenzioni di Helen, il deputato decide di andarsene. Tuttavia, prima di uscire, le lascia un distributore di caramelle Duck Pez, sostenendo di averlo comprato d’impulso in un negozio di souvenir. Poiché Helen ha studiato giornalismo all’Università dell’Oregon, dove la mascotte è “The Oregon Duck”, il regalo dell’Onorevole è un sottile cenno al suo passato. È un gesto dolce da parte di lui, ma ha un significato molto più importante per la storia generale dello show.

Nella stagione 1 di Silo, George Wilkins ha regalato lo stesso dispenser Pez a Juliette con un messaggio che descriveva ciò che aveva trovato nei livelli inferiori di Silo 18. Questo potrebbe significare che Helen era uno dei custodi della fiamma. Questo potrebbe significare che Helen era una delle antenate di Wilkins nel Silo 18 e che ha tramandato il dispenser come simbolo di ribellione all’autorità del silo. Potrebbe essere stata tra i primi Flamekeeper del Silo 18 che hanno messo in discussione il mondo in cui vivevano, proprio come lei mette in discussione il deputato nel flashback.

La procedura di salvaguardia spiegata: Come si può fermare

Nel finale dell’episodio 9 della seconda stagione di Silo, Lukas trova il tunnel sotto il Silo 18 dopo averlo letto nella lettera di Salvador Quinn. Non appena arriva all’ingresso del tunnel, una voce simile a quella di un’intelligenza artificiale, soprannominata “L’algoritmo” nei sottotitoli di Silo – stagione 2, lo avverte che, se rivelerà a qualcuno ciò che sta per apprendere, verrà attuato il dispositivo di salvaguardia. Nel finale, Solo ricorda improvvisamente la procedura di Salvaguardia prima che Juliette se ne vada, affermando che essa prevede il rilascio di veleno in un silo attraverso un tubo collegato a una fonte esterna.

Le dice anche che la procedura può essere interrotta bloccando il tubo prima che rilasci il veleno. Poiché Solo conferma che il tubo di salvaguardia si trova al livello 14 del suo silo, dovrebbe trovarsi nella stessa posizione nel silo 18. Nella terza stagione di Silo , Juliette cercherà probabilmente di trovare il tubo di salvaguardia e tenterà di bloccarlo prima che uccida gli abitanti del Silo 18.

Cosa dice Lukas a Bernard nel finale di Silo – stagione 2 (e perché fa decidere a Bernard di uscire)

Sebbene il finale di Silo – stagione 2 non riveli esplicitamente ciò che Lukas dice a Bernard, la lettera di Salvador Quinn fornisce alcune risposte. La lettera menziona che “il gioco è truccato” e implica che, anche se tutti i silo credono di essere i “prescelti”, nessun silo è al sicuro. I dettagli della lettera e della procedura di salvaguardia suggeriscono che l’algoritmo può distruggere qualsiasi silo in qualsiasi momento. Mentre i sopravvissuti e le figure di spicco dei silo sono sempre stati portati a credere di essere stati scelti per sostenere l’umanità, i fondatori non si sono mai preoccupati di loro.

Ecco le righe che Lukas decodifica dalla lettera di Salvador Quinn nella stagione 2 di Silo :

Se siete arrivati fin qui sapete già che il gioco è truccato.

Pensiamo di essere i prescelti, ma siamo solo uno dei tanti.

I fondatori non hanno costruito un solo silo.

Ne hanno costruiti cinquanta.

E hanno creato la salvaguardia…

Se non mi credete, andate in fondo al silo.

Trovate il tunnel! Lì avrete la conferma”.

Lukas viene a sapere che i fondatori non ci penserebbero due volte prima di terminare un intero silo usando la procedura di salvaguardia e sembra che lo dica a Bernard. Questo fa sì che Bernard metta in dubbio la sua conformità al sistema e alle regole che governano le sue azioni. Come Salvador Quinn e il giudice Meadows, Bernard perde il senso del suo ruolo di leader del Silo 18 quando capisce la verità e decide di uscire per poter vivere qualche momento di libertà dal sistema corrotto che ha promosso per tutto questo tempo.

Cosa succede a Juliette e Bernard nella camera d’equilibrio del Silo 18

Prima che Bernard possa uscire, Juliette (Rebecca Ferguson) entra nel Silo 18 e gli dà la speranza di poter ancora salvare la città sotterranea. Gli parla di come il Safeguard possa essere potenzialmente fermato, ma prima che i due personaggi possano finalmente vedersi negli occhi, si ritrovano all’interno della camera di compensazione del Silo 18. La camera di decontaminazione del Silo 18 non è ancora in funzione. Le fiamme di decontaminazione della camera di equilibrio inghiottono l’intera camera mentre Bernard e Juliette si calano per salvarsi. Il finale della stagione 2 diSilo non rivela il loro destino, ma poiché Juliette è il personaggio principale della serie, sopravviverà.

Nel finale di Silo – stagione 2, Juliette ha utilizzato una tuta da pompiere di fortuna proveniente da Silo 17, che potrebbe salvarla dall’incendio nella camera di equilibrio. Potrebbe anche salvare Bernard, visto il modo in cui sembra redimersi verso la fine.

Nei libri originali di Silo di Hugh Howey, Bernard tenta intenzionalmente di bruciarsi nella camera di equilibrio dopo aver scoperto la verità sulle motivazioni dei fondatori. Juliette crede che sia Lukas e cerca di salvarlo con una coperta di fuoco. Tuttavia, Bernard alla fine muore nella camera di equilibrio, mentre Juliette riporta gravi ustioni. La serie sembra andare in una direzione diversa, accennando a un potenziale team-up tra Bernard e Juliette nella terza stagione di Silo.

Perché l’algoritmo manda Robert e suo figlio fuori dalla camera blindata

Robert Sims si reca nel caveau di Silo 18 con sua moglie e suo figlio dopo che Lukas glielo ha chiesto. Con sua grande sorpresa, l’Algoritmo nel caveau chiede a lui e a suo figlio di andarsene e ordina solo a sua moglie, Camille, di restare. Questo suggerisce che l’Algoritmo ha tenuto d’occhio tutti i fili che Camille ha tirato da dietro le quinte per ottenere più potere politico nel silo. Riconosce che la fame di potere di Camille la renderebbe una grande figura di spicco nel sistema oppressivo del silo.

Il fatto che l’algoritmo sia in grado di valutare le motivazioni di Camille e di riconoscere il suo potenziale di leader suggerisce che si tratta di un’IA complessa o che è guidata da forze umane. Quest’ultima ipotesi avrebbe senso dal momento che ci sono 51 silos, uno dei quali è potenzialmente gestito da coloro che monitorano e controllano tutti gli altri silos.

Anche se Bernard finisce per essere vivo nella stagione 3 di Silo dopo l’incidente della camera d’equilibrio nel finale della stagione 2, non sosterrà la visione dei fondatori dopo aver appreso la verità. L’Algoritmo lo capisce, e questo spiega perché sceglie Camille come nuovo leader. A differenza di Robert, Camille sa come manipolare le situazioni a proprio vantaggio, il che la aiuterebbe a mantenere il controllo e l’ordine nel silo. Tuttavia, dopo il ritorno di Juliette nella terza stagione del Silo, Camille potrebbe trovarsi di fronte a una forte concorrenza, poiché la maggior parte dei cittadini vorrebbe Juliette come nuovo leader.

La spiegazione del vero piano del Meccanico e il sacrificio del dottor Pete Nichols

Knox si rende conto che Walker è l’informatore di Bernard nell’episodio 9 della seconda stagione di Silo. Tuttavia, invece di affrontarla, le fa visita nella sua officina e sostiene che il Meccanico sta progettando di usare la polvere da sparo rimasta per pianificare un attacco. Bernard osserva i due attraverso una telecamera a circuito chiuso nell’officina di Walker, credendo di sapere cosa sta facendo il Meccanico e cadendo nella trappola di Knox. Non si rende conto che Walker e Knox usano segretamente i gesti delle mani per comunicare tra loro.

Come conferma il finale della seconda stagione di Silo, Knox e i suoi hanno piazzato delle bombe finte nella stanza del generatore per organizzare una manovra contro Bernard. Sapevano che Bernard avrebbe mandato tutti gli incursori a fermare l’attacco alla sala del generatore, il che avrebbe dato loro l’opportunità di intrappolare tutti gli incursori nei livelli inferiori. Bernard e gli incursori cadono nel complotto dei Meccanici, credendo di eludere una grave minaccia. Tuttavia, viene presto rivelato che il Meccanico aveva pianificato di usare la polvere da sparo per far saltare le scale di un intero livello e impedire ai predoni di risalire.

Il piano dei Meccanici quasi fallisce quando il timer della loro bomba si stacca, impedendo loro di far saltare le scale. Tuttavia, il padre di Juliette, il dottor Pete Nichols, interviene e fa esplodere manualmente la bomba collegandone i circuiti. Il piano dei meccanici ha così successo, ma il dottor Nichols sacrifica la sua vita prima di poter rivedere sua figlia.

Perché gli abitanti del Silo 17 non sono morti dopo essere usciti?

Solo sostiene che suo padre abbia preso provvedimenti per rendere sicuro l’esterno prima che gli abitanti del Silo 17 uscissero. Dice anche che inizialmente gli abitanti del Silo 17 stavano bene quando sono usciti, prima che una folata di “polvere” li uccidesse. Sebbene la serie non abbia ancora rivelato come la polvere all’esterno abbia ucciso le persone, l’affermazione di Solo suggerisce che anche il mondo esterno non è quello che sembra. La gente è portata a credere che l’aria sia tossica, ma, secondo il ricordo di Solo, la “polvere” che ha ucciso le persone potrebbe essere più di un semplice pericolo naturale: potrebbe essere un elemento controllato.

Come il finale di Silo – stagione 2 ci prepara alla stagione 3

Sebbene Silo di Apple TV+ abbia introdotto molti cambiamenti importanti nei libri nelle sue prime due stagioni, rimane fedele all’essenza della storia originale di Hugh Howey. Il finale della seconda stagione diSilo è più o meno in linea con l’arco finale del primo libroWool, della trilogia originale di Silo. Ciò suggerisce che con le stagioni 3 e 4 confermate, lo show di Apple TV+ coprirà i due libri successivi: Shift e Dust. Hugh Howey ha pianificato una nuova trilogia di libri di Silo , che si concentrerà su Silo 40. Il secondo libro, Shift, si concentra principalmente su Silo.

Il secondo libro, Shift, è principalmente uno spin-off/prequel, che ripercorre le origini e lo scopo dei silos. Il finale della seconda stagione di Silo offre un assaggio della sua storia grazie alla presenza di personaggi come il deputato Donald Keene e Helen nel flashback finale. Questo apre la strada alla terza stagione, che presenterà una nuova serie di personaggi e storie che esploreranno la storia dei silo, mentre la linea temporale attuale dello show si concentrerà sui nuovi conflitti politici all’interno del silo 18.

Paradise: nuovo avvincente trailer della serie in arrivo su Disney+

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Disney+ ha diffuso il nuovo avvincente trailer di Paradise, la serie drama di Dan Fogelman interpretata da Sterling K. Brown, James Marsden e Julianne Nicholson, che debutterà il 28 gennaio sulla piattaforma streaming con 3 episodi disponibili al lancio, seguiti da uno a settimana.

La trama e il cast di Paradise

Paradise è ambientata in una tranquilla comunità abitata da alcune delle persone più importanti del mondo. Ma questa serenità va in frantumi quando si verifica uno scioccante omicidio e si apre un’indagine ad alto rischio.

La serie è interpretata da Sterling K. Brown, James Marsden, Julianne Nicholson, Sarah Shahi, Nicole Brydon Bloom, Aliyah Mastin e Percy Daggs IV. Gli executive producer sono Dan Fogelman, Sterling K. Brown, John Requa, Glenn Ficarra, John Hoberg, Jess Rosenthal e Steve Beers. La serie è una produzione 20th Television.

Back in Action: recensione del film con Cameron Diaz e Jamie Foxx

Con il debutto su Netflix il 17 gennaio 2025, Back in Action segna un attesissimo ritorno per due amatissimi attori di Hollywood: Jamie Foxx e Cameron Diaz. Diretto da Seth Gordon (Come ammazzare il capo… e vivere felici) e scritto in collaborazione con Brendan O’Brien (Cattivi vicini), il film si presenta come una classica action-comedy che rievoca le dinamiche familiari e le atmosfere spionistiche tipiche del genere. 

La trama di Back in Action

La trama segue Emily (Cameron Diaz) e Matt (Jamie Foxx), due ex spie della CIA che hanno abbandonato la vita pericolosa per costruire una famiglia. Tuttavia, quando la loro copertura salta, si trovano costretti a tornare in azione, con tutto il carico di tensioni e situazioni rocambolesche che ciò comporta. Pur trattandosi di un concept ampiamente esplorato, la presenza dei due protagonisti conferisce al film un’energia particolare, rendendolo un momento significativo per entrambi.

Per Jamie Foxx, il progetto rappresenta il primo film dopo il suo ricovero d’urgenza a causa di un ictus che aveva messo in dubbio il proseguimento della sua carriera (per non parlare della sua vita!). L’attore Premio Oscar si dimostra ancora una volta un talento straordinario, capace di mescolare azione e commedia con grande naturalezza, tratteggiando un personaggio che sembra timido e impacciato quando si tratta di confrontarsi con la volitiva compagna ma che poi diventa una vera e propria inarrestabile super spy. Dall’altra parte, Back in Action riporta Cameron Diaz sul set a dieci anni dal suo ultimo film. La “fidanzatina d’America” dimostra di essere ancora la regina delle commedie brillanti, regalando una performance carismatica, piena di verve e irresistibilmente divertente.

Un cast stellare e performance brillanti

Oltre alla coppia protagonista, il film si avvale di un cast di supporto efficace, con nomi come Glenn Close, Kyle Chandler, Andrew Scott e Jamie DemetriouClose, in particolare, si distingue in un piccolo ma brillante ruolo, aggiungendo ulteriore classe a un ensemble già di alto livello. La regia di Seth Gordon punta su un ritmo serrato e situazioni spassose, anche se non riesce sempre a innovare in termini narrativi.

Il film non brilla per originalità: il tema delle spie in pensione che ritornano in servizio è già stato ampiamente esplorato, e la sceneggiatura, pur funzionale, non introduce elementi particolarmente innovativi. Tuttavia, il vero cuore di Back in Action sta nei suoi protagonisti. Diaz e Foxx portano sullo schermo una chimica irresistibile, dimostrando che, nonostante le convenzioni del genere, il carisma degli attori può fare la differenza.

Back in Action è un film che punta tutto su due star amatissime, riuscendo a trasformare un format già visto in un’esperienza piacevole e ricca di emozioni. Non è un capolavoro del genere, ma è un tributo al talento e alla resilienza di Jamie Foxx e Cameron Diaz. Per i fan dei due attori, è una visione imperdibile; per tutti gli altri, un’opportunità di godere di un’action-comedy leggera ma divertente.

Landman – stagione 1, la spiegazione del finale: cosa succederà a Tommy dopo questi colpi di scena?

Taylor Sheridan ha portato a termine il finale della prima stagione di Landman, uno dei migliori episodi della serie finora, offrendo una tonnellata di drammi interessanti mi da analizzare. L’ultima serie dell’acclamato creatore di Yellowstone è incentrata sull’industria petrolifera del Bacino Permiano e su una società fittizia chiamata M-Tex. Billy Bob Thornton guida il cast di Landman nei panni di Tommy Norris, il responsabile della gestione delle crisi della M-Tex, di proprietà del Monty Miller di Jon Hamm, amico di vecchia data di Tommy. Il finale dell’episodio 9 vede Monty ricoverato in ospedale per problemi cardiaci, e questa trama si protrae fino al finale.

L’episodio inizia con il peggioramento delle condizioni cardiache di Monty Miller, che ne causano la morte. Quando Monty è in stato di incapacità, Tommy ottiene il controllo dell’azienda e del patrimonio di Monty. Tommy consiglia a Cami (Demi Moore) di vendere l’azienda, liquidando il possibile in modo che la sua famiglia possa vivere agiatamente per generazioni, ma lei decide di puntare tutto su un’operazione di trivellazione petrolifera. Più avanti nell’episodio, Tommy viene catturato e torturato dal Cartello prima che un signore della droga di nome Gallino (Andy Garcia) arrivi e lo fermi. L’episodio si conclude con Tommy che osserva ancora una volta un coyote nel suo giardino.

Perché il boss del Cartello ha salvato Tommy e cosa significa per Landman

Il penultimo episodio della stagione 1 di Landman ha visto Tommy parlare al telefono con Jiminez, un boss del Cartello di livello inferiore che nel finale decide di prendere in mano la situazione. Jiminez cattura Tommy e fa esplodere una trivella petrolifera M-Tex. Gallino è un nuovo personaggio introdotto nel finale della prima stagione di Landman, che porta con sé un’altra veterana star del cinema. Andy Garcia, noto soprattutto per i suoi ruoli in Gli intoccabili e Ocean’s Eleven, oltre a molti altri film iconici, si presenta come un leader del Cartello sofisticato e dignitoso che spera di porre fine al ciclo della violenza.

Gallino e Tommy discutono di come potrebbero prosperare contemporaneamente, imparando a collaborare e a generare reddito insieme. Tommy suggerisce che l’attività di Gallino nel settore della droga è in declino e Gallino suggerisce che potrebbe essere interessato a passare al petrolio. Tommy è riluttante a stringere accordi con il Cartello, ma Gallino stringe un duro accordo, rispondendo alle minacce di Tommy con i propri fatti. La narrazione lascia intendere che, per avere successo in futuro, Tommy potrebbe dover iniziare a fare accordi con il diavolo.

Cosa significa la morte di Monty per Tommy e Cami

La morte di Monty mette Tommy in difficoltà, perché ora lavora essenzialmente per conto di Cami. Ora è il presidente della società, ma ha ancora intenzione di rispettare le decisioni di Cami e di spendere i soldi come lei vuole, consigliandola lungo il percorso. Tommy vuole aiutarla, ma conosce gli immensi rischi che si corrono immergendosi nel business del petrolio e sa che lo stress del rischio costante di fare o rompere è ciò che ha portato Monty alla morte. In senso letterale e figurato, Tommy non vuole che lo stesso accada a Cami, o a se stesso, se è per questo.

La riporta come avvocato principale, con lei destinata a essere la negoziatrice, mentre Nathan fornisce al team legale una maggiore esperienza nell’industria petrolifera. I due organizzano la loro strategia prima che Tommy venga rapito dal Cartello, e questa narrazione viene lasciata per la prossima stagione.

Perché Tommy vede di nuovo il coyote nella scena finale di Landman Stagione 1

La visione del coyote da parte di Tommy ha un significato simbolico importante per la sua storia. Nel complesso, è un uomo che si concentra sul suo lavoro, spesso sacrificando la felicità personale o il tempo trascorso con la sua famiglia. A causa di una serie di fattori nella prima stagione, tra cui la morte di Monty con il rimpianto di non aver trascorso più tempo con i suoi figli, Tommy inizia a riconsiderare il suo ruolo nell’industria. Questo è uno dei motivi per cui vuole che Cami venda l’azienda, perché correre un rischio maggiore significa per lui meno stabilità, più stress e la probabilità di diventare come Monty.

Il primo coyote, alla fine dell’episodio 9, è stato ucciso dal vicino di Tommy. La seconda volta che ne vede uno, lo incoraggia a scappare, dicendo che “da queste parti sparano ai coyote”. Il coyote è un simbolo della libertà di Tommy e della libertà generalizzata della frontiera occidentale. Con la morte di Monty e l’assunzione da parte di Tommy di un ruolo più importante nell’azienda, per non parlare del fatto che è entrato a far parte del Cartello, è più che mai intrappolato nella sua vita lavorativa, condannandolo essenzialmente allo stesso destino di Monty.

Perché ci sono cose che Tommy non può dire ad Angela

Tommy torna a casa dopo essere stato rapito dal Cartello con lividi su tutto il viso, suscitando immediatamente la preoccupazione di Angela (Ali Larter). Con fare da padrino, Tommy le suggerisce che ci sono cose che non può dirle sul suo lavoro, chiudendo essenzialmente la porta tra la sua vita lavorativa e quella domestica. Angela vuole che Tommy sia felice e non sarebbe entusiasta dei rischi che sta correndo con il lavoro. Chiudendola fuori, lui fa quello che deve fare per potersi concentrare sull’M-Tex.

Cosa sta succedendo a Cooper e Ariana?

Cooper e Ariana sono diventati il tira e molla di Landman per tutta la prima stagione, in quanto Ariana è vedova da poco e giovane madre single. Tommy consiglia a Cooper il potenziale della sua instabilità e il finale di stagione la mostra in lutto per la perdita del marito. Tuttavia, invece di creare una frattura tra loro, Cooper è comprensivo e la incoraggia a provare le emozioni che ha bisogno di provare. Abbracciandola, la rende felice e alla fine i due si avvicinano. Per quanto riguarda Cooper, il suo piano di entrare nell’industria petrolifera è partito con successo, ma non ci sono stati molti sviluppi nell’episodio.

La seconda stagione di Landman si farà?

Con Landman che sta preparando le storie per la seconda stagione, sembra probabile che il pubblico possa tornare a vedere lo show di successo di Paramount+. Il servizio di streaming non ha ancora annunciato la produzione di una nuova stagione, ma la serie è stata molto apprezzata. Inoltre, Taylor Sheridan è la principale fonte di contenuti originali per Paramount+, quindi se è interessato e ha il tempo di scrivere un’altra stagione, sarebbe scioccante se lo rifiutassero. Tutto sommato, è probabile che Landman abbia una seconda stagione, ma non c’è ancora un annuncio ufficiale in merito.

Yellowstone: la profezia del 1883 spiegata nel dettaglio che segnò la fine del Dutton Ranch

Yellowstone ha scritto la sua fine in un’altra storia che ha seguito la famiglia Dutton. Nel 1883, i primi membri della famiglia di John Dutton intrapresero un viaggio straziante dal Texas al Montana su una variante dell’Oregon Trail. Piuttosto che lottare contro criminali e complessi di sviluppo, la famiglia di James Dutton nel 1883 combatté contro i pericoli della natura. James, Margaret, Elsa e John attraversarono fiumi in Texas, sfidarono tornado nelle Grandi Pianure e affrontarono l’agghiacciante minaccia dell’inverno mentre si avvicinavano alle montagne in un carro coperto. Tuttavia, il nemico principale della famiglia Dutton nel 1883 era l’avidità, la stessa di sempre.

Alla fine del loro viaggio, i Dutton incontrano una figura saggia che li guida a destinazione e predice la fine della loro eredità. Nel finale della quinta stagione di Yellowstone, Kayce Dutton porta a compimento la profezia del 1883. Questo sviluppo dimostra che le storie dello sceneggiatore di Yellowstone Taylor Sheridan lavoreranno armoniosamente per formare la saga completa della famiglia Dutton. Pertanto, mentre altre puntate si sviluppano su ciò che è accaduto prima e dopo la famiglia di John Dutton III, è essenziale capire cosa è successo prima. Nel 1883 la famiglia Dutton fece una promessa che guidò tutte le storie successive sul loro ranch nel Montana.

La spiegazione della profezia del 1883 sul ranch di Yellowstone 

1883

Elsa Dutton è uno dei personaggi più essenziali del franchise di Yellowstone, perché la sua storia è direttamente responsabile dell’eredità della sua famiglia. Elsa è solo un’adolescente quando la sua famiglia intraprende un viaggio attraverso le pianure con una carovana di emigranti. Elsa sopravvive, mentre gli altri membri della sua carovana sono vittime degli elementi e della loro inesperienza di pionieri. La narrazione di Elsa Dutton a Yellowstone permette agli spettatori di comprendere la sua prospettiva completa sulla vita, la morte, l’amore e la terra, mentre vive un’esperienza di crescita nella natura selvaggia. Il monologo dell’attrice Elsa Isabel May contestualizza ogni capitolo con l’accento del sud del suo personaggio.

Alla fine, nonostante la sua arguzia, Elsa muore durante il viaggio della famiglia a causa di un’infezione. Un guerriero Lakota colpisce Elsa al fegato con una freccia avvelenata e la morte di Elsa Dutton nel 1883 segna la fine della serie. La ferita mortale di Elsa è un tragico equivoco che evidenzia la fragilità della natura umana. I capigruppo Shea e Thomas manomettono accidentalmente la brutale scena del crimine di donne e bambini Lakota assassinati, facendo apparire la loro carovana come responsabile della loro morte. Nonostante il piano di James, i guerrieri Lakota attaccano per errore i pionieri quando il loro cuoco si discosta dalla strategia prestabilita.

Pur evidenziando la natura complessa delle battaglie combattute sull’Oregon Trail e nell’Ovest americano, la morte di Elsa delinea il futuro di Yellowstone. James e Margaret continuano il loro viaggio nonostante la ferita della figlia e alla fine incontrano un gruppo di Crow mentre si avvicinano alle montagne. I Crow curano Elsa con una cerimonia, nonostante abbiano confermato a James che Elsa morirà perché i Lakota immergono le loro frecce nel letame di mucca. Quando James racconta ad Aquila Maculata la sua necessità di trovare un luogo di riposo per la figlia, il capo dei Crow gli parla generosamente della Valle del Paradiso.

Tuttavia, le indicazioni dell’anziano Crow sui vecchi territori di caccia del suo popolo sono accompagnate da un avvertimento. Aquila Maculata dice a James Dutton che il suo popolo si ribellerà e si riprenderà la terra in sette generazioni, stabilendo la profezia di Yellowstone nel 1883. Piuttosto che opporsi alla volontà dell’anziano Crow, James Dutton accetta che il popolo possa riavere la sua terra in sette generazioni, lasciando intendere che la sua famiglia non si opporrebbe. La promessa tra James Dutton e Spotted Eagle spiega in gran parte il finale della quinta stagione di Yellowstone.

Quanto si è avverata la profezia del 1883 a Yellowstone

Mentre le recensioni della quinta stagione di Yellowstone, episodio 14, riflettevano la delusione per i problemi di prevedibilità e di ritmo dello show, la quinta stagione di Yellowstone ha realizzato con successo la dualità della profezia del 1883. Il dialogo tra James Dutton e Spotted Eagle si articola in due parti. In primo luogo, Spotted Eagle minaccia di riprendersi la terra. Poi, James Dutton assicura al capo che i suoi antenati possono averla. Entrambi gli aspetti della profezia si realizzano in Yellowstone, con Sheridan che pone le basi nella prima stagione. La prima stagione di Yellowstone realizza l’aspetto indigeno della profezia, con Thomas Rainwater che minaccia di riprendersi la terra.

Il contesto di Yellowstone ci dice che Tate è la settima generazione della famiglia Dutton ad abitare la Paradise Valley del Montana, prefigurando la fine del regno della famiglia.

Nella stagione 1 di YellowstoneThomas Rainwater dice a John Dutton che acquisterà la Paradise Valley, a partire dallo Yellowstone Dutton Ranch. Il capo della Tribù di Broken Rock Rainwater vuole restituire la terra al suo popolo, gli antenati di Spotted Eagle. La minaccia di Thomas Rainwater a John Dutton nella stagione 1 di Yellowstone è la prima metà della profezia che si realizza, con i parenti del popolo Crow che si sollevano per reclamare la loro terra. Tuttavia, Sheridan non ha dimenticato nemmeno la metà della promessa di James Dutton. Le azioni di Kayce nella stagione 5 di Yellowstone riflettono la cooperazione di James con i Comanche, i Lakota e i Crow durante la sua storia a Yellowstone.

In Yellowstone, stagione 5, episodio 14, Kayce Dutton ha realizzato la profezia della sua famiglia. Kayce dice a Thomas e Mo che vuole offrire di rivendere la terra alla Tribù di Broken Rock per quello che costava 140 anni fa quando la sua famiglia la colonizzò. Il capo tribù accetta l’offerta e Kayce e Thomas concludono l’affare della terra dopo il funerale di John Dutton III. L’offerta di Kayce permette a Thomas Rainwater di riprendere la gestione della terra in modo pacifico, invece di usare i soldi del casinò per prenderla dopo la morte di John, completando la profezia e rimuovendo gli ostacoli all’acquisto della terra da parte della Tribù di Broken Rock.

Cos’altro viene rivelato nei prequel di Yellowstone che potrebbe accadere in futuro

1923 Serie tv 2023
Foto di JACOB CARA © Paramount +

La storia e la narrazione di Elsa Dutton sono potenti fonti di profezia nell’universo di Yellowstone. Nonostante la sua morte, Elsa Dutton continua a narrare la storia di Yellowstone nella stagione 1 di 1923. La saga dell’epoca della Depressione è il seguito di 1883 e la narrazione di Elsa spiega come l’eredità della sua famiglia si sia sviluppata nei 40 anni successivi alla sua morte. La narrazione di Elsa del 1923 contiene molte sfumature nel descrivere ciò che accadrà alla sua famiglia, ma il monologo in codice è l’indizio più profondo di ciò che accadrà nella stagione 1923, la seconda. In 1923 – stagione 1, episodio 1, Elsa dice quanto segue:

Elsa: Mio padre aveva tre figli. Solo uno sarebbe vissuto per vedere i propri figli crescere. Solo uno avrebbe portato il destino di questa famiglia attraverso la depressione e ogni altro inferno che il XX secolo ha scagliato contro di loro.

Il monologo di Elsa lascia intendere ciò che accadrà nel 1923 e nel già annunciato 1944. Il prossimo capitolo del 1923 vedrà Spencer e Alexandra recarsi nel Montana dopo essersi separati nel finale della prima stagione. Inoltre, la storia di Jack Dutton continuerà insieme a quella di Elizabeth Strafford. Gli eventi della seconda stagione di 1923 chiariranno i dettagli del monologo di Elsa e prepareranno il prossimo prequel di Yellowstone , 1944. I prequel di Yellowstone completano la narrazione e arricchiscono l’albero genealogico dei Dutton. Tuttavia, le due puntate più importanti per la storia completa dei Dutton sono 1883 e Yellowstone, che stabiliscono e realizzano la profezia.

Skeleton Crew: la spiegazione del finale della serie di Star Wars

Skeleton Crew, l’ultima serie live-action di Star Wars della Lucasfilm ha concluso la sua prima stagione con un episodio emozionante, che ha finalmente rivelato la storia passata del pirata sensibile alla Forza noto come Jod Na Nawood, alias Capitano Silvo, alias Crimson Jack (Jude Law).

Attenzione, seguono spoiler su Skeleton Crew

The Real Good Guys” riprende subito dopo gli eventi dell’episodio della scorsa settimana, con Jod che accende la sua spada laser mentre si avvicina ai nostri giovani eroi e ai loro genitori. No, non aveva intenzione di rievocare la serie di omicidi del giovane Anakin Skywalker da La vendetta dei Sith, e stava semplicemente usando l’arma per convincere i droidi custodi di At Attin che è un emissario della Repubblica e uno Jedi. Nonostante la sua strana richiesta che i bambini siano confinati nei loro alloggi, gli adulti credono alla sua storia, ma Nawood non è così fortunato con il misterioso Supervisore.

Si è ipotizzato che il Supervisore (doppiato da Stephen Fry) potesse essere Tak Rennod, il famigerato pirata e capitano originale dell’Onyx Cinder, ma in realtà si rivela essere un enorme droide (chiaramente influenzato dall’iconico HAL 9000 di 2001: Odissea nello spazio). Quando il Supervisore smaschera Jod e la sua bugia di essere uno Jedi, il pirata affonda la sua spada laser proprio nell’occhio del droide, recidendo la sua connessione con At Attin e rendendo il pianeta completamente impotente.

Ciò consente a Jod Na Nawood di contattare la sua nave e ordinare agli altri pirati di iniziare l’invasione, ma dà anche ai ragazzi l’opportunità di cercare aiuto fuori dal pianeta inviando un messaggio a Kh’ymm, l’alieno simile a un gatto/gufo che abbiamo incontrato nell’episodio 3.

Dopo un teso inseguimento in speeder-bike per le strade, Wim e suo padre riescono a ripristinare la corrente, lasciando KB a pilotare la Cinder fuori dall’atmosfera e chiamare gli X-Wing, con un piccolo aiuto da SM-33, che è ancora operativo dopo aver perso la testa nell’episodio precedente.

Purtroppo, KB è costretta a un atterraggio di fortuna, con i suoi amici devastati che temono il peggio. Anche Jod è costernato, e insiste sul fatto che non avrebbe mai voluto “che tutto questo accadesse”. Nawood potrebbe essere al di là di ogni redenzione (non importa cosa affermi, stava essenzialmente pianificando di schiavizzare la popolazione di At Attin dopo aver minacciato di massacrare i genitori dei bambini se non avessero collaborato), ma otteniamo un quadro più chiaro del perché è diventato come è diventato quando condivide la sua tragica storia passata con Wim.

Il passato di Jod Na Nawood

Jod non era in realtà uno Jedi… o almeno, non ha mai avuto la possibilità di esserlo. Nawood spiega che era un bambino affamato e indigente finché uno Jedi non lo trovò e gli insegnò le vie della Forza. Jod dice che ha trascorso abbastanza tempo con lei per imparare qualche trucco, ma il Cavaliere Jedi senza nome è stato alla fine rintracciato e ucciso proprio di fronte a lui, presumibilmente durante la Purga dell’Ordine 66.

Per quanto spietato possa essere, Jod alla fine si dimostra riluttante a oltrepassare il limite del fare del male ai bambini (o ai loro genitori), gettando a terra il suo blaster per evitare ulteriori conflitti quando la barriera viene disattivata e Wim prende il controllo della spada laser.

Mentre le navi della Nuova Repubblica arrivano (B-Wings!), Wim fa cenno a Nawood di lasciare la torre con loro, ma lui sceglie di restare e guardare la fregata cadere dal cielo dopo aver prima lanciato ai suoi ex compagni di equipaggio quello che potrebbe essere considerato uno sguardo di approvazione.

Il destino di Jod non viene mostrato, ma il suo cambio di espressione appena prima della fine suggerisce che potrebbe aver individuato una via di fuga. Wim, Fern e Neel corrono sul luogo dell’incidente dell’Onyx Cider e si riuniscono a KB e 33 (non pensavi che fossero davvero morti, vero?), e la stagione si conclude con un Wim determinato che guarda attraverso il tetto distrutto mentre arriva la Nuova Repubblica.

L’uomo nel bosco: recensione del film di Alain Guiraudie

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Alain Guiraudie, regista francese de Le Roi de l’évasion e Lo sconosciuto del lago, torna dal 16 gennaio nelle sale italiane con L’uomo nel bosco (Miséricorde). Coprodotto da Albert Serra, la sua ultima fatica dietro la cinepresa è un brillante mix di thriller rurale, dramma di provincia e commedia picaresca, sulla scia dell’eccellente As Bestas di Sorgoyen.

In un’apparentemente tranquilla cittadina di provincia francese, Saint-Martial, dove sembra non vivere nessuno tranne la decina di protagonisti, si svolge questo film mutevole che all’inizio sembra prediligere un approccio drammatico alla parola carica di significato usata per il titolo originale (Misericordia), ma che a poco a poco si rivela un brillante esercizio comico con una buona dose di humour nero e di irriverenza anticlericale, entrambe specialità del suo regista, il grande Alain Guiraudie.

Ritorno al villaggio che non c’è

Tutto inizia con l’arrivo di un’auto nel villaggio in questione: il conducente è Jérémie (Félix Kysyl), un giovane rientrato al paesino natale per prendere parte al funerale dell’anziano panettiere del villaggio, che si fermerà per qualche giorno a casa della vedova, Martine (Catherine Frot). Il rapporto di Jérémie con il defunto – pare che da adolescente lavorasse nella sua panetteria – e con la sua famiglia non è del tutto chiaro, ma notiamo fin da subito cmhe ha un rapporto caloroso con Martine e uno più teso con il figlio Vincent (Jean-Baptiste Durand) e con il solitario Walter (David Ayala), un amico di famiglia, entrambi in qualche modo emarginati.

Man mano che Jéremie prolunga la sua permanenza nel villaggio e che i fratelli si innervosiscono a vicenda e lo affrontano – ognuno a modo suo, l’uno con un combattimento fisico impressionantemente appiccicoso, l’altro accampando scuse, fuggendo o bevendo troppo – la tensione inizia a crescere, così come le confusioni sessuali e altri misteri. A loro si aggiunge il curiosissimo prete localePadre Grisolles (Jacques Develay), che sembra essere ovunque e, quando avviene un atto criminale, la polizia avrà gli stessi poteri di aprire le porte delle stanze dei sospettati quando dormono.

Tutti vogliono Jérémie

L’uomo nel bosco è un film tanto intrigante quanto scomodo: mette lo spettatore tra l’incudine e il martello, costringendolo a entrare nella situazione, oppure invitandolo o ipnotizzandolo, piuttosto, grazie al puro intrigo, squisitameante costruito. Fin da subito si capisce che c’è qualcosa di molto sbagliato e che ci sono segreti che verranno alla luce. C’è, ovviamente, un interesse malsano e morboso nel volerli scoprire, per quanto oscuri possano essere. Più sono perversi, meglio è.

Religione, sesso, segreti e bugie di ogni tipo vengono alla luce in una combinazione molto acida che Guiraudie gestisce con eleganza e leggerezza. Per qualche motivo non del tutto chiaro, Jérémie suscita passioni nel villaggio, e nessun sesso o credo può resistere al suo fascino misterioso. Come in Strangers By the Lake, sesso e crimine si mescolano in modi impensabili nell’opera di questo regista francese iconoclasta, libero e felicemente irrispettoso.

Chiusure che diventano spazi labirintici

I film di Guiraudie tendono sempre a concentrarsi su una parte della Francia, sulla sua terra natale, l’Occitania, e da lì si proiettano in luoghi sconosciuti, in un mistero mai definito. La storia che racconta L’uomo nel bosco non si allontana di una virgola dal realismo, eppure nega la realtà rappresentata per avvolgerla in un’atmosfera strana e inquietante, vicina alla fiaba o alla favola. Il bosco in cui si svolge gran parte del film sembra essere un luogo astratto costruito in modo frammentario, attraverso inquadrature che lo delimitano ma che lo aprono anche a molteplici interpretazioni, così come la fila di alberi che lo compongono sembra sempre nascondere qualcosa. La casa della vedova, così come la stanza in cui vive il protagonista, è uno spazio labirintico che non viene mai mostrato nella sua interezza. E il protagonista stesso, intrappolato in questo clima ossessivo, non può fare altro che vagare in questi spazi come se non potesse sfuggirvi, come se fosse condannato a vagarvi per tutta la vita.

In questo microcosmo opprimente, in cui finisce per svolgersi una commedia dell’intreccio dai toni piuttosto cupi, Guiraudie introduce diverse questioni apparentemente trascendentali, che nelle sue mani finiscono per costruire una sottile e assurda metafisica: il desiderio porta alla notte, che a sua volta porta alla morte. E questi tre temi, intrecciati in un rondò dalla struttura perfetta ma pieno di punti di fuga, danno vita a una ragnatela che contraddice la pulizia delle inquadrature: il mondo è un luogo apparentemente semplice in cui tutto cospira per complicarci la vita. Tuttavia, la misericordia, intesa come canalizzazione del desiderio per ricomporre l’ordine perduto, è sempre in grado di offrire consolazione. Il protagonista può finire intrappolato nel villaggio, ma raggiunge anche una certa pace interiore: la felicità consiste in quell’equilibrio tra l’accettazione della morte e il traboccare della vita.

ACAB: recensione della serie Netflix con Marco Giallini

Dopo il film del 2012 di Stefano Sollima, il romanzo di Carlo Bonini trova una nuova forma nella serie ACAB, disponibile su Netflix dal 15 gennaio. Un ambizioso e asciutto tentativo di trasporre il potente immaginario dell’omonimo romanzo in sei episodi intensi, brutali, ma aperti a porre (e a porsi) domande sulla “zona grigia” dell’animo umano.

Prodotta da Cattleya, parte di ITV Studios, questa nuova versione, che segue il racconto di Sollima, si muove tra narrazione sociale e introspezione psicologica, senza mai risparmiarsi nella rappresentazione della violenza e delle contraddizioni delle forze dell’ordine, in un tentativo, più o meno a fuoco, di isolare anche i singoli dal gruppo e di raccontarli nella loro umana quotidianità.

La storia di ACAB – la serie

Ambientata tra i tumultuosi scontri in Val di Susa, la serie si apre con un episodio che mette subito in chiaro le sue intenzioni. La squadra del Reparto Mobile di Roma, soprannominata semplicemente “Roma”, perde il suo capo durante una notte di feroce conflitto. Questo evento destabilizzante pone le basi per il racconto, che esplora le dinamiche interne di un gruppo forgiato dall’uso di metodi estremi e dall’affiatamento cameratesco. Marco Giallini, nei panni dell’ispettore Ivano Valenti detto “Mazinga” (lo stesso del 2012), incarna perfettamente il veterano indurito dagli anni, mentre Adriano Giannini interpreta Michele Nobili, il nuovo comandante, simbolo di una visione riformista e umano/razionale, in netto contrasto con quella tradizionale della squadra.

“Roma” non è solo una squadra, ma una famiglia che si regge su un precario equilibrio di omertà, violenza e sopravvivenza. Ogni personaggio porta con sé un bagaglio di fallimenti personali che si riflette nel lavoro: relazioni tossiche, solitudine e traumi irrisolti. Valentina Bellè, che interpreta l’agente Marta Sarri, introduce un elemento di novità nella squadra, rappresentando una nuova generazione di poliziotti, con tutte le difficoltà di adattamento in un contesto così ostile. Come sempre negli ultimi anni, Bellè brilla per intensità e interpretazione, pure senza sfuggire al cliché in cui la intrappola la sceneggiatura stessa.

Un equilibrio tribale minacciato dalla razionalità

L’equilibrio del gruppo è minacciato dall’arrivo di Nobili, il comandante proveniente dalla Senigallia, squadra soprannominata “rosa” per i suoi metodi meno brutali. Questo contrasto ideologico tra una visione riformista e la tradizione della “mano pesante” è il cuore pulsante della serie. Mentre Nobili combatte il modus operandi della sua nuova squadra deve anche confrontarsi con la sua personale discesa all’Inferno, che potrebbe portarlo ad abbracciare quella “mano pesante” dalla quale tanto prova a distanziarsi. Con questa umanità rovinata in gioco, la serie cerca di riflettere sul dilemma centrale di ogni ordine democratico: dove finisce l’esercizio legittimo della forza e dove inizia l’abuso di potere?

La buona regia di Michele Alhaique si distingue per il suo approccio crudo e realistico. Siamo lontanissimi dai prodotti “per la televisione” che facevano a meno di effetti visivi e virtuosismi, qui la qualità del prodotto è alta e tutte le maestranze in campo contribuiscono alla realizzazione di un prodotto cinematograficamente valido. Gli scontri in Val di Susa sono rappresentati con un’intensità quasi documentaristica, catturando la violenza in tutta la sua brutale immediatezza. Sassi, lacrimogeni, petardi e scudi diventano strumenti narrativi che trascinano lo spettatore nel caos. Le scene d’azione non sono mai fini a se stesse, e vengono sfruttate per sottolineare la disumanizzazione che inevitabilmente accompagna la gestione del disordine pubblico.

Il viaggio nel privato di ACAB

Parallelamente, la serie scava nelle vite private dei protagonisti, rivelando un mondo di miserie quotidiane. Questa dimensione intima, che si alterna ai momenti di violenza collettiva, offre un ritratto umano e complesso dei poliziotti, senza mai cadere nella trappola della giustificazione o della condanna unilaterale. Non si salva nessuno, e nessuno si redime, tutti sono messi in discussione e il giudizio rimane sospeso.

La writers room di ACAB, costituita da Carlo Bonini, Filippo Gravino, Elisa Dondi, Luca Giordano e Bernardo Pellegrini, si esercita in una danza tra pubblico e privato, tra incertezza, dubbio e dolori privati e granitica convinzione pubblica, nell’esercizio del proprio ruolo. Ognuno dei personaggi ha una ferita privata che si riverbera in qualche modo sul pubblico, senza che questo privato doloroso venga raccontato come una giustificazione alla violenza. L’equilibrio è delicato e se in parte riesce, non evita nessuno dei cliché che incontrano lungo la strada.

Ed ecco che gli ACAB sono soli, estraniati dai figli, con un passato violenti, con traumi indicibili. Probabilmente non era nell’interesse della scrittura sorprendere o proporre personaggi in qualche modo nuovi, anche se all’ennesima svolta prevedibile, il sospetto di scelte dettate dalla pigrizia prende piede. Per fortuna questo difetto non si riscontra nella struttura dei dialoghi, diretti e brutali, che rispecchiano fedelmente le tensioni e le contraddizioni di un ambiente così complesso.

L’influenza del contesto storico e sociale

Uno degli aspetti più interessanti della serie è il suo legame con il contesto storico e sociale. Il romanzo e il film originale erano stati fortemente influenzati dal massacro della Diaz e dal G8 di Genova, ma la serie si aggiorna al presente, mostrando come le dinamiche di violenza e protesta siano cambiate negli ultimi anni. L’inserimento della figura femminile di Marta e la rappresentazione di un reparto mobile alle prese con un nuovo “autunno caldo” conferiscono alla narrazione una dimensione di attualità e inclusività. Le forze dell’ordine sono cambiate nella forma, ma la sostanza rimane sempre quella.

L’intento di elaborare quelle “zone grigie” a cui si accennava all’inizio della recensione di ACAB viene solo parzialmente compiuto, la mancanza di un vero e proprio effetto sorpresa e la mancanza di uno sviluppo coerente e omogeneo per tutti i personaggi della squadra sembrano denotare una certa fretta nelle scelte narrative, un taglio dei protagonisti che non giova certamente al racconto corale che sarebbe dovuta essere questa serie. Anche se il valore produttivo, le interpretazioni e la messa in scena rendono ACAB una serie da tenere d’occhio, il mancato approfondimento e la conseguente fallita problematizzazione del tema la rendono forse riuscita a metà, soprattutto in un contesto storico e politico dove i tanto condannati metodi dei protagonisti sembrano caldeggiati e sponsorizzati da chi invece dovrebbe tutelare la pace e il rispetto.

Paradise: trailer della serie di Dan Fogelman targata Disney+

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Disney+ ha diffuso il trailer di Paradise, la serie drama di Dan Fogelman interpretata da Sterling K. Brown, James Marsden e Julianne Nicholson, che debutterà il 28 gennaio sulla piattaforma streaming con 3 episodi disponibili al lancio, seguiti da uno a settimana.

La serie è interpretata da Sterling K. Brown, James Marsden, Julianne Nicholson, Sarah Shahi, Nicole Brydon Bloom, Aliyah Mastin e Percy Daggs IV.

Gli executive producer sono Dan Fogelman, Sterling K. Brown, John Requa, Glenn Ficarra, John Hoberg, Jess Rosenthal e Steve Beers. La serie è una produzione 20th Television.

La trama di Paradise

Paradise è ambientata in una tranquilla comunità esclusiva abitata da alcune delle persone più importanti del mondo. Ma questa serenità va in frantumi quando si verifica uno scioccante omicidio e si apre un’indagine ad alto rischio.

Dalla pagina allo schermo: gli studenti di Latina a scuola tra cinema e fumetti!

Al via il progetto formativo Dalla pagina allo schermo. Percorsi di didattica laboratoriale sul rapporto tra cinema e fumetti, realizzato nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso dal Ministero della Cultura e dal Ministero dell’Istruzione e del Merito per l’a.s. 2024/2025 e che vede coinvolti gli Istituti Scolastici di Latina I.C. Don Milani, I.C. Torquato Tasso e I.C. Giuseppe Giuliano.

In un arco di tempo che va da novembre 2024 a maggio 2025, il progetto si rivolge a studenti di classi primarie e secondarie di I° grado, proponendo un percorso di esplorazione dei rapporti tra cinema e fumetto, entrambe forme di narrazioni per immagini, attraverso un percorso didattico comparativo che unisce momenti di alfabetizzazione e di analisi delle due forme d’arte, incontri laboratoriali di storytelling, disegno e produzione partecipata finalizzati alla realizzazione di un prodotto audiovisivo.

Proposto dall’Istituto Don Milani, il progetto è reso possibile grazie alla collaborazione tra una rete di dirigenti scolastici del territorio, un gruppo di operatori culturali e di settore esperti, come Mauro Uzzeo, Renato Chiocca, Ilaria Palleschi e Viola Coldagelli. Sceneggiatori, registi, fumettisti e illustratori di comprovata esperienza tanto nel campo del cinema quanto del fumetto e dell’insegnamento scolastico.

Ad affiancarli, una rete di partner che vede Cinefilos APS, associazione di promozione culturale fondata nel 2019 da un collettivo di professionisti del settore cinematografico con l’obiettivo di diffondere la cultura cinematografica, con particolare attenzione al pubblico giovane, e anche Dreamcatchers Entertainment, casa di produzione con il desiderio di proporre una nuova, inedita prospettiva nel raccontare storie con parole, immagini, musica, utilizzando principalmente l’innovazione tecnologica e l’infinito potere del video in tutte le sue forme.

Inoltre, immancabile anche una sala cinematografica del territorio, il Supercinema 2.0 di Latina, che accoglierà gli studenti per le proiezioni.

Un’esperienza formativa capace, dunque, di sviluppare un approccio critico al linguaggio cinematografico e all’arte del fumetto e di potenziare le competenze nei linguaggi audiovisivi e creativi.