È stato presentata oggi
al Savoy di Roma l’ultima fatica di Carlo Verdone,
Sotto una buona stella. Insieme al regista hanno
partecipato alla conferenza stampa la co-protagonista Paola Cortellesi, Tea
Falco, Lorenzo Richelmy, Eleonora Sergio,
i produttori Aurelio e Luigi De Laurentiis e gli
sceneggiatori Pasquale Plastino, Gabriele Pignotta e
Maruska Albertazzi.
A Carlo Verdone.
Dove è nata l’idea, l’ispirazione
per questo film?
Questo film ha avuto un parto molto
lungo. È durato di più nell’ideazione e nella soggettazione, mentre
nella sceneggiatura è stato abbastanza fluido, ma per trovare
l’idea francamente abbiamo lavorato molto; mi ha ricordato un po’
Borotalco per il quale per trovare il soggetto
impiegai la bellezza di dodici mesi. Inizialmente non riuscivamo a
trovare un accordo con il produttore, una cosa piaceva a me, ma
lasciava perplessi Aurelio e Luigi, così abbiamo esplorato altre
storie. Alla fine, quando eravamo stremati, Pasquale
Plastino si è ricordato di un bel plot iniziale che
scrivemmo addirittura prima ancora di Posti in piedi in
Paradiso, era una paginetta piena di appunti, che ricordava
la prima parte di questo film: ancora non era delineato il
personaggio della vicina di casa, c’erano due figli, c’era il
personaggio interpretato da Eleonora Sergio (la compagna
più giovane del protagonista, nda), mancavano qua e là delle
cose, però come inizio era interessante. Abbiamo buttato giù con
una certa facilità il soggetto e finalmente, deo gratias,
abbiamo trovato un accordo comune (con Aurelio De
Laurentiis, nda), perché iniziare un film con un produttore che
ti dice “Se lo vuoi fa’, fallo”, io non lo faccio, perché
significa partire con uno stato depressivo terribile.
(ride)
Cos’è per te questo film?
Per me è un film di stampo
prettamente teatrale, anche se ha delle aperture, però si svolge
principalmente in due ambienti, girati a Cinecittà. Sono molto
contento di aver girato lì, ringrazio Aurelio e Luigi che mi hanno
dato la possibilità di essere una troupe che ha portato un po’ di
lavoro e spero che altri possano seguire il mio esempio, perché
vale la pena sfruttare le bravissime maestranze. A un certo punto è
diventato un film il cui tema era delle persone alla ricerca di
affetto, di solidarietà, di un abbraccio; quindi siamo partiti da
questa famiglia dissestata ed è uscito fuori uno sfondo
generazionale, perlomeno nella prima parte, poi la commedia si apre
con l’arrivo del personaggio di Paola. È un film un po’ sulle
solitudini che però alla fine trovano in qualche modo la luce di
una buona stella per rimettersi in gioco. È un film che osserva un
po’ la realtà, le fragilità di questo momento, però la nostra
abilità di scrittori e anche quella mia di regista è stata quella
di incanalare con molto senso della misura e delicatezza questi
argomenti, che sembrerebbero da film serio, nel percorso di una
commedia. Spero di esserci riuscito.
Questa, secondo me, è la migliore
troupe che io abbia mai avuto. Sulla carta sembrava un film
abbastanza semplice, in realtà era pieno di tranelli, bisognava
avere misura ed equilibrio in tutto. Devo dire un grazie non solo a
tutti quelli che hanno collaborato a questo film, in primis agli
attori, ma anche a Ennio Guarnieri, il direttore della
fotografia, che mi ha veramente stimolato, è stato un alleato
preziosissimo, lui che è un veterano è stato il più veloce di tutti
noi e questo mi ha aiutato molto. Un grazie anche al montatore, a
tutti, perché avevamo davvero poco tempo; io ho cominciato
addirittura il 14 di ottobre e sembrava quasi fantascienza
dopodomani, come si fa. Abbiamo lavorato in edizione fino a 13, 14
ore al giorno, fino a perdere il filo del film perché a un certo
punto io non sapevo più che film avevo fatto; questo capita spesso
a un regista che sta tutte quelle ore a vedere continuamente un
film.
Puoi parlarci del cast?
Io sono molto felice di aver avuto
una grandissima interprete come Paola, non era per me una
sorpresa perché lei è un’attrice assolutamente in ascesa, sempre
più sicura e abile con portare con naturalezza il suo personaggio,
dà veramente tanta verità, tanta umanità; con lei in particolare ho
trovato un bel feeling dal punto di vista dei tempi recitativi, non
ho faticato nel dirigerla, era già nella parte. Ha l’arte di
nascondere l’arte. Tea, una splendida scoperta di
Bertolucci, è stata in qualche modo l’accento astratto del film
perché rispecchia questo modo di essere dei giovani; ha un primo
piano molto particolare e dei tempi tutti suoi, però è qui la sua
originalità. Lorenzo idem, ha un grande viso, dei bellissimi
tempi, sono entrambi due ragazzi secondo me destinati ad avere un
buon successo. Eleonora è mia amica da tempo, ma non avevamo
mai avuto la possibilità di lavorare insieme, anche lei ha dato
tanta energia nonostante il ruolo ingrato.
Qual è stata la difficoltà nel
far ridere partendo da temi sui quali non c’era proprio niente da
ridere.
Questa è una grossa sfida, io
francamente se non osservassi la realtà e certi dettagli non molto
positivi in questi ultimi anni non saprei più che raccontare. Io
sono un osservatore della realtà, sono un pedinatore di italiani,
leggo, tante idee spesso vengono dalla lettura di un quotidiano. Io
devo raccontare il tempo che sto vivendo e quindi non possono non
mettere certe emergenze che ci sono in questo momento e
convogliarle in un discorso di commedia; è molto difficile,
l’errore è a portata di mano e ci vuole un equilibrio terribile,
molto delicato, frutto della concentrazione di regista e
sceneggiatori durante la stesura del copione. Io senza realtà non
so lavorare.
A Paola
Cortellesi.
Com’è Verdone nel ruolo di
regista?
Come prevedibile, non desideravo
altro che lavorare con Carlo, da sempre, è stato ancora più bello
di come me lo aspettavo. Conoscevo Carlo da tempo, mi aveva fatto
simpaticamente una promessa, pubblicamente, e l’ha mantenuta;
insomma, pensavo veramente che fosse una battuta, un complimento
carino fatto sul momento e mi sarebbe bastato. Carlo è una mia
fonte d’ispirazione, per chi si dedicata a un certo tipo di
registro il maestro è Carlo Verdone. Lavorare con lui è stato
facile, come lavorassimo insieme da anni; poi, come piace a me,
Carlo è molto rigoroso, perché anche per far le cose più
divertenti, più pazze ci vuole serietà, soprattutto quando il
regista è anche l’interprete principale. C’è bisogno di una grande
disciplina, questo Carlo te lo assicura, però in più c’è anche il
tempo di giocare, di lavorare in grande rilassatezza. Un ambiente
ideale, lo consiglio a tutti. (ride)
A Verdone.
Questa ricerca d’affetto è
autobiografica o puramente finzione?
Fortunatamente non c’è nulla di
autobiografico, per carità, facciamo le corna. Mi sono ispirato a
situazioni che purtroppo vivono tante persone che conosco, tanti
amici, sono situazioni presenti in molte famiglie. Più incontro le
persone, i ragazzi, più sento che c’è grande bisogno di affetto, di
protezione; l’abbiamo visto con i ragazzi che abbiamo preso con noi
sul set, ragazzi dai 26 ai 29 anni, erano felici, hanno dato il
massimo. Lo stesso Guarnieri ha voluto dei giovani accanto a
lui, anche in settori delicati, come la correzione del colore, gli
assistenti alla macchina, nei costumi, nella scenografia; abbiamo
dato molte opportunità e si sono dimostrati tutti estremamente
validi ed efficaci, e questa è una cosa che fa molto piacere. È un
film fatto da veterani, ma pieno pieno di giovani. Il primo giorno
se la facevano sotto, Ennio è stato anche molto severo, ha detto
che li doveva preparare, però alla fine si sono affidati a me, a
lui e agli altri.
Ad Aurelio De Laurentiis.
Temete lo sbarco di George Clooney e compagnia nello stesso vostro
giorno d’uscita?
Sono due film completamente
antitetici, quindi c’è spazio per tutti. Ho letto che in Europa
occidentale c’è stata una perdita di spettatori, tranne che in
Italia, Russia e Ungheria; credo che questo freno a un’emorragia
continua di spettatori sia dovuto anche a una presenza di commedia,
che in Italia nasce dal dramma, è sempre così dagli anni ’60 in
poi.
A Carlo.
Rispetto alla prima parte della
tua carriera si è passati da personaggi che avevano percorsi
paralleli, spesso anche a due o tre storie divise nello stesso
film, a film in cui il collettivo è essenziale, soprattutto
collettivi estemporanei, come Io, loro e Lara e Posti in
piedi in Paradiso. Questa differenziazione la senti anche
tu?
Inizio col dire che non mi sarei mai
aspettato di durare così tanto, quindi cerco di andare avanti con
onestà ma anche di non dare mai al pubblico la stessa cosa. Ogni
tanto sono tornato indietro per fare cose che avevo voglia di fare,
ma sapevo che era l’ultima volta sennò avrei rischiato il
patetismo. Vedi, io sono partito prima dai personaggi, ho costruito
le storie sui personaggi (il bullo, il candido, il coatto), poi a
un certo punto ho capito che avevo dato tutto e mi sono ricordavo
della grande lezione che fu per me Compagni di
Scuola. Inizia quel film nel peggiore dei modi, ricevetti
dal produttore Mario Cecchi Gori il copione in faccia, mi
disse che avremmo preso pizze da tutti perché non c’era un
protagonista, eravamo in diciotto, non si sapeva dove si rideva,
però a tutt’oggi è uno dei miei migliori ed era un film corale. È
chiaro che più vado avanti e più ho bisogno di lavorare con altri
attori, soprattutto con i giovani perché mi danno forza, carica,
stupore. Io do la mia esperienza, però anch’io mi metto in gioco
sulla parte che adesso la mia maschera può dare, non posso
interpretare delle cose che non posso più fare, mi devo adattare a
delle cose che posso fare. In questa fase qua la commedia più
congeniale è quella corale.
Hai in animo di dirigere un film
solamente da regista, magari per sfruttare meglio la tua vena
malinconica?
(Interviene Aurelio De
Laurentiis) Abbiamo un contratto che contempla anche
questo.
Comunque, io sono pronto per fare un
film come regista e sono anche pronto, perché no se capiterà
l’occasione, per una prova d’attore non in una commedia com’è
successo ne La Grande Bellezza. Insomma, ho l’età
giusta per poter fare queste cose, però è chiaro, io nasco nella
commedia e finirò nella commedia, perché è la mia specialità.
Cosa ci dici della tua voce fuori
campo?
È la prima volta, anche se l’avevo
utilizzata in Maledetto il giorno che ti ho
incontrato, non mi era venuta bene una cosa allora ho usato
la voce fuori campo. Stavolta, invece, è stata un’idea di
Plastino di metterla proprio per accelerare un po’ il film e
arrivare velocemente al punto d’incontro con Paola e di scontro con
i figli. Io l’ho sposata subito, certe volte mi sembrava un po’
lunga, poi è andata nel migliori dei modi. È la prima volta che la
uso e mi sono trovato bene, però bisogna stare attenti perché ci
sono dei registi che abusano della voce fuori campo.
Prendendo spunto da una domanda,
Verdone, Falchi, Richelmy e Aurelio De
Laurentiis ci offrono in dieci minuti le loro diverse opinioni
socio-politiche sul futuro precario o quasi inesistente dei giovani
in Italia e sulla loro frequente fuga all’estero. Solo verso la
fine della conferenza viene strappata qualche risata; si parla di
poesia e del Festival di Castel Porziano nel ’79 e si fa qualche
battuta sulla semifinale di ritorno di domani sera tra la squadra
di De Laurentiis, il Napoli, e quella di Verdone, la Roma.
Con 750 copie Sotto una buona
stella sarà in sala da giovedì 13 febbraio.