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Patria: recensione del film con Francesco Pannofino

Arriva al cinema Patria di Felice Farina, ispirato all’omonimo testo di Enrico Deaglio. Non è un film storico, ma un racconto sperimentale, connubio tra finzione – con lo stile della fiction tv – e documentario. È serio nel ripercorrere con materiale di repertorio il periodo 1978-2010. Dal sequestro Moro in poi: stragi, misteri insoluti, massoneria, mafia, lotta alla mafia, il benessere anni ’80 e i primi licenziamenti di massa, tangentopoli e la Seconda Repubblica. Racconta in fiction la storia attualissima dei tre operai che si giocano tutto per difendere il posto di lavoro. Ma è anche leggero, affrontando in chiave tragicomica la loro vicenda.

In Patria Salvo (Francesco Pannofino), Giorgio (Roberto Citran) e Luca (Carlo Gabardini): operai e custode di una fabbrica torinese che sta per chiudere. Mentre Giorgio, sindacalista di sinistra, vuole trattare la buonuscita, Salvo, arrabbiato e frustrato uomo di destra, non ci sta a perdere il lavoro e sale sulla torre della fabbrica: si butterà se non arriva la tv a intervistarlo. Giorgio lo segue per impedirgli di fare sciocchezze, poi Luca, custode ipovedente e autistico, per solidarietà. Diversi per carattere e convinzioni, i tre instaurano lassù un legame, mentre riflettono sulle sorti loro e del paese, ricordando la nostra storia recente.

Personaggi fortemente caratterizzati e semplificati vanno incontro ai gusti del pubblico giovane. Francesco Pannofino, Citran e Gabardini ben vestono panni tragicomici, sebbene certi tratti ripetitivi voluti, possano stancare. Con loro si parla di dignità del lavoro, errori del sindacato, illusione del benessere, ubriacatura televisiva, contrapposizioni politiche spesso non costruttive. Ma anche delle doti umane degli italiani, capaci di slanci altruisti e unioni inaspettate, nonostante le divergenze.

PatriaSarà deluso chi cerca la ricostruzione storica minuziosa o la trattazione complessa dei personaggi. La scelta registica e di montaggio (curato da Esmeralda Calabria) di abbandonare la cronaca o il puro realismo e abbracciare la metafora onirica, di una consapevole inconsapevolezza nella quale sembra il paese abbia vissuto gli ultimi trent’anni, fa emergere una verità: è di questa sorta di oblio con improvvisi ma effimeri risvegli, che oggi si vivono le conseguenze. Inoltre, è adatta a incuriosire e interessare proprio i giovani che non hanno vissuto quegli anni, così che magari abbiano voglia di informarsi su quel periodo. Tuttavia, l’amalgama tra realtà e finzione non ha sempre la stessa efficacia: funziona soprattutto dove c’è più rispondenza tra la vicenda dei protagonisti e quella storica, mentre altrove lo spettatore potrà faticare a rintracciare il legame tra le due, se non a un livello molto generale.

Film onesto nella sua semplicità, anche di mezzi, girato con un basso budget, che può trovare il suo pubblico, magari proprio nei fan del Pannofino televisivo, e traghettarli verso orizzonti di maggior spessore.

 
 

Patria: conferenza stampa del film di Felice Farina

Felice Farina presenta a Roma il suo Patria – ispirato all’omonimo libro di Enrico Deaglio – che tra attualità e repertorio ripercorre trent’anni della nostra storia. Accanto a lui gli interpreti Francesco Pannofino e Carlo Gabardini, la montatrice Esmeralda Calabria e Valerio Faggioni per le musiche. Il film, prodotto da Farina e distribuito da Istituto Luce-Cinecittà, sarà in sala dal 26 febbraio in 20 copie.

Quanto questo film è un’opera collettiva e come nasce?

Felice Farina: “Siamo partiti dal libro, nel 2007-2008, quando c’era forte preoccupazione sulle garanzie democratiche in questo paese. La sfida della sintesi era quasi folle. Ci siamo riusciti grazie a Esmeralda Calabria, che ha costruito la struttura emotiva del lavoro col montaggio. Con Pannofino, Gabardini e Citran ho lavorato benissimo. Il problema centrale dell’Italia è la questione morale irrisolta (anche se dicendolo si può apparire giustizialisti, o nostalgici di Berlinguer). Di contro, abbiamo una forte capacità del fare, che io stesso pratico, essendo un artigiano del cinema”.

Visione più ottimistica di quella di Enrico Deaglio, non presente, ma che in un suo messaggio parla di un’Italia “abbastanza irredimibile”; nel film, dice, “vedrete un’ Italia eterna ed eternamente disperata. Si guarda alla nostra memoria, a tutto quello che ci è successo intorno, senza che nessuno ci chiedesse il permesso”.

Esmeralda Calabria, com’è stato mettere insieme una materia così complessa?

Esmeralda Calabria: “Il più grosso problema è stato raccontare gli ultimi trent’anni dell’Italia. Ci siamo detti che oltre alla finzione, bisognava ragionare sul materiale di repertorio. La cosa più difficile è stata scegliere quali fatti fossero più importanti. Ma noi più che dei fatti, abbiamo cercato di raccontare un clima: il clima dell’incubo, onirico, di dormi-veglia e confusione. L’abbiamo creato per raccontare uno stato di sonnambulismo; il mio punto di vista è più poetico che storico.

Cosa possiamo dire ai quindicenni di oggi per interessarli al film?

Francesco Pannofino: “Sono convinto debba essere visto dai giovani nati dopo quei fatti, per capire dove sono nati. Nel film ci sono le brutture, ma anche l’amicizia e l’umanità, segnali di speranza importanti. È con quelle che possiamo salvarci”.

felice farina patria 2Un ulteriore filo lega Pannofino al film: la canzone che chiude il lavoro, Sequestro di stato.

Com’è nato questo pezzo, in cui è anche cantante?

P.: “Si riferisce al sequestro Moro. Sono passato a Via Fani pochi istanti prima della sparatoria, abitavo lì, erano gli anni dell’università. Sono scappato dalla parte opposta e poi tornato a vedere cos’era successo. Nel 2006 ho scritto questa canzone su quell’episodio. L’ho fatta sentire a Felice e lui l’ha inserita nel film”.

Non è la prima volta che interpreta un “utile matto”, come si è avvicinato al personaggio?

Carlo Gabardini: “Vi sono affezionatissimo. Lui non è né di destra, né di sinistra, impersona tutti quegli italiani che non hanno un filtro ideologico, ma possono solo conoscere i fatti per riuscire a sfangarla in questo paese”.

 
 

Patlabor: Robot gigante dal set della versione live action dell’anime

Arrivano le foto di una replica in scala di uno dei robot protagonisti del film Patlabor, atteso adattamento in live action dell’anime Patlabor, meglio noto con il nome di Mobile Police Patlabor che sarà diretto dal regista Mamoru Oshii (Ghost in the Shell). Le foto arrivano dal set a sud di Tokyo, vicino a Yokohama City dove si stanno svolgendo le riprese per una data d’uscita prevista nel 2014 in Giappone.

Patlabor live-action_04

Patlabor (機動警察パトレイバー, Kidō keisatsu Patoreiba?, Polizia mobile Patlabor) è un progetto multimediale di grande successo del collettivo Headgear nato nel 1988 attorno ad una nuova idea di animerobotico. Questo progetto comprende una serie manga, due serie OAV, una serie televisiva anime, tre lungometraggi animati e diversi videogiochi e modellini.

Patlabor, al contrario di molte altre opere robotiche, non si incentra sui combattimenti tra labor (pur essendo questi comunque presenti), ma piuttosto sugli eventi che stanno attorno: la narrazione lenta si sofferma in gran parte sulla vita quotidiana dei protagonisti, conferendo a questi un certo spessore, fornendo allo stesso tempo uno spaccato della società e una descrizione completa delle complesse vicende che fanno da scenario alla serie, in particolare il Progetto Babylon e la lotta delle varie compagnie per il dominio del mercato dei labor. L’opera porta una nuova visione dei robot, discostandosi completamente sia dai classici invincibili super robot di Go Nagai (Mazinga Z, il Grande Mazinga, Jet Robot, Ufo Robot Goldrake), sia dal crudo realismo del mecha di Yoshiyuki Tomino (Vultus 5, Zambot 3, Daitarn 3, la serie Gundam). I labor sono il frutto di una tecnologia non molto più avanzata della nostra, semplici macchine integrate nell’ordinaria quotidianità, come un bulldozer nelle costruzioni o un carro armato in campo militare.

Ambientato in un ormai sorpassato 1998 (che per gli autori nel 1988 era il futuro prossimo), Patlabor si colloca in una Tokyo impegnata in quella che è la più grande opera di ingegneria mai concepita dall’uomo, il Progetto Babylon, un’imponente opera di dighe e canali finalizzati a sottrarre al mare nuovo spazio vitale per l’espansione della città. Il Progetto Babylon ha dato un enorme incentivo allo sviluppo e alla produzione dei labor, robot utilizzati nel campo delle costruzioni e dell’industria, ma che parallelamente ha provocato la crescita del fenomeno della criminalità che sfrutta proprio l’uso di questi robot, spesso ad opera delle masse scontente di disoccupati rimpiazzati dai labor o da parte di gruppi ecoterroristi avversi al Progetto Babylon. Per far fronte a questo fenomeno la polizia di Tokyo ha così istituito delle speciali sezioni di Polizia Mobile dotate di labor di nuova generazione, i Patrol Labor, meglio noti come Patlabor. In questo scenario si colloca dunque la serie di Patlabor, incentrata sulle vicende dell’appena istituito Secondo Plotone della Seconda Sezione Veicoli Speciali, ed in particolare su Noa Izumi, pilota di uno dei patrol labor, da lei battezzato Alphonse. La serie segue il Secondo Plotone nelle sue disavventure, fino a trovarlo coinvolto in un caso riguardante un misterioso labor nero, il Griffon. Questa vicenda sarà ricorrente per quasi tutta la serie, assumendo un ruolo più o meno rilevante in molti altri casi affrontati dai protagonisti.

 
 

Patient Zero: anche Clive Standen nel cast

L’attore britannico Clive Standen è entrato a far parte del cast di Patient Zero. Il film, attualmente in produzione, parla di una pandemia di rabbia che ha infettato l’umanità e dato vita ad una nuova specie violenta e aggressiva. Un uomo, inspiegabilmente immune al virus e in grado di comunicare con gli infetti, inizia una caccia al “paziente zero” con l’obbiettivo di trovare una cura che possa salvare sua moglie, contagiata, e l’intero genere umano. Starden interpreterà il Sergente Knox, un capo militare impegnato a tenere sotto controllo la drammatica situazione.

Noto al pubblico televisivo per i suoi ruoli nelle serie Camelot, Doctor Who, Robin Hood e Vikings (attualmente alla sua terza stagione), l’attore britannico comparirà presto sul grande schermo accanto a Jake Gyllenhaal, Jason Clarke, Sam Worthington e Josh Brolin nel film Everest, diretto da Baltasar Kormàkur.

Patient Zero, prodotto da Vincent Newman e diretto da Stefan Ruzowitzky (Oscar nel 2008 per Il falsario – Operazione Bernhard), vedrà come protagonisti, oltre a Stanley Tucci (Amabili resti, Hunger Games), anche altri volti noti del piccolo schermo. Tra questi, Natalie Dormer e John Bradley (entrambi nel cast de Il Trono di Spade) e Matt Smith (undicesimo e amato protagonista della serie Doctor Who).

Fonte: Variety

 
 

Pathos: sci-fi made in Italy

La Terra vive un futuro catastrofico, in cui l’uomo ha creato un sistema automatico per migliorare l’esistenza, ma che al contrario è una macchina in grado di controllare gli uomini, i loro sogni e il loro corpo. Dopo avere ricevuto numerosi riconoscimenti a festival internazionali e nazionali, il cortometraggio di fantascienza PATHOS viene reso disponibile gratuitamente e in versione integrale in HD.

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 Il film dura 17 minuti ed è stato completamente ideato e realizzato dai genovesi Dennis Cabella e Marcello Ercole, fondatori di Illusion, e Fabio Prati, illustratore professionista. Tra i riconoscimenti ricevuti: il Premio Silver Melies al Leeds Film Festival, il Premio Speciale della Giuria al Festival Arcipelago e le selezioni ufficiali del David di Donatello e dei corti del Marché durante il Festival di Cannes.

PATHOS nasce nel 2009 da un’idea di Dennis Cabella, Marcello Ercole e Fabio Prati. Il cortometraggio racconta il futuro distopico di un’umanità che ha abdicato la propria esistenza al potere del denaro. Dopo avere reso inabitabile la Terra, l’umanità ha costruito Pathos, una copia digitale a pagamento dell’esistenza. Il sistema di Pathos è costituito da stanze metalliche in cui gli uomini vengono allevati e controllati; è in grado di creare, elaborare e sottrarre non solo le emozioni e i sogni, ma anche i 5 sensi: la vista, l’udito, il tatto, il gusto e l’olfatto. Nato come sistema di sopravvivenza per gli uomini, Pathos avrebbe dovuto permettere la gestione della vita degli individui in uno spazio limitato, fornendo stimoli virtuali e offrendo la possibilità di vivere “liberamente” all’interno di un mondo alternativo e pulito. Ma l’automantenimento del sistema entra presto in conflitto con la vita dell’uomo.

Pathos ha impegnato gli autori in quasi 5 anni di produzione. E’ un’opera originale che combina elaborati effetti visivi a una particolare accuratezza degli ambienti, ottenuti sfruttando la tecnica del bluescreen. Negli anni Pathos ha ricevuto numerosi riconoscimenti in festival internazionali e nazionali, tra cui: il Premio Silver Melies al Leeds Film Festival (nel Regno Unito), il Premio come Best Shortfilm a Fancine (in Spagna), il Premio Speciale della Giuria al Festival Arcipelago (in Italia), le selezioni ufficiali al David di Donatello e ai corti del Marché durante il Festival di Cannes, e agli americani Image Science Festival  e Fantastic Fest.

 
 

Pathos Distribution a Alice nella Città 2024 con tre opere in anteprima mondiale

Anime Galleggianti film 2024 di Pathos Distribution

Pathos Distribution è entusiasta di annunciare la sua partecipazione alla 22a edizione di Alice nella Città, presentando tre opere in anteprima mondiale. Un’occasione per far conoscere talenti emergenti e consolidate voci nel panorama artistico contemporaneo, mission principale di Pathos Distribution. Non a caso, tutti i lavori condividono una forte identità autoriale.

“Partecipare a un evento come Alice nella Città ci permette di inserirci in un contesto vibrante e stimolante”, spiega Maurizio Ravallese, co-founder di Pathos insieme a Emanuele Pisano e Roberto Urbani. “Il Festival non solo offre una piattaforma per la presentazione di opere innovative, ma crea anche un’atmosfera di interazione e scambio culturale. Siamo felici della grande risposta del pubblico, che ha accolto le nostre produzioni con entusiasmo e partecipazione”.

Fondata nel 2019, Pathos Distribution si è affermata come una delle principali realtà nella distribuzione di cortometraggi e short documentary in Italia, ottenendo selezioni e riconoscimenti nei più importanti premi e festival nazionali, come i David di Donatello, i Nastri D’Argento, il Giffoni Film Festival, Cortinametraggio, Alice nella Città e il Torino Film Festival, nonché in numerose manifestazioni internazionali, inclusi festival qualificanti per gli Oscar e i BAFTA.

Dal 2024, Pathos ha ampliato la propria offerta aprendo la propria line up ai lungometraggi documentaristici e di finzione. Il primo film distribuito, Girasoli, esordio alla regia di Catrinel Marlon prodotto da Masi Film, ha ottenuto vari riconoscimenti, fra cui il prestigioso Premio Nobis ai Nastri d’Argento.

Il modello Pathos si fonda su una filosofia che mette al centro la visione creativa degli autori come strumento di valorizzazione culturale. Dichiara Roberto Urbani: “È fondamentale per la crescita di tutti noi che la cultura, in tutte le sue forme, anche quelle brevi del cortometraggio, torni ad essere centrale. Gli autori si sono raccontati e hanno raccontato, nelle loro opere, il loro modo di vedere la vita: il nostro obiettivo è rispettare e valorizzare il loro sguardo e il loro sentire. Abbiamo la difficilissima responsabilità che storie nuove, emozionanti e non di rado difficili arrivino al maggior numero di spettatori possibile e ci aiutino a ricordare cosa vuol dire guardare. Guardare i film per capire un po’ di più il mondo”.

Questo tipo di distribuzione si basa su una ricerca continua di storie che si distinguano per la loro originalità, non solo a livello narrativo, ma anche per l’uso innovativo del linguaggio filmico. In questo modo, Pathos Distribution cerca di ridefinire l’esperienza cinematografica, proponendo lavori che sappiano stimolare il pubblico in modi nuovi e profondi, talvolta sfidando le aspettative e le convenzioni dell’industria.

È un approccio che viene così sintetizzato da Emanuele Pisano: “I veri esploratori sono quegli autori che avvertono il desiderio di ampliare i propri orizzonti e, pur conoscendo i limiti del nostro mondo, continuano a percorrerlo in lungo e in largo. Per loro la vera scoperta non consiste nel trovare nuove terre, ma nel saper raccontare con occhi nuovi le sfaccettature del mondo e della mente umana. Non sono spinti dalla ricerca di gloria o di riconoscimenti ma dal desiderio di riscoprire la capacità di stupirsi di fronte alla complessità che ci circonda”.

“Attraverso questa visione” – concludono i fondatori – Pathos Distribution ha consolidato la propria identità distintiva, attirando un pubblico che ricerca esperienze visive fuori dagli schemi e contribuendo a ridefinire il ruolo della distribuzione nel panorama cinematografico contemporaneo. Negli ultimi anni, infatti, il paradigma distributivo è cambiato radicalmente: il tradizionale percorso nelle sale cinematografiche è diventato sempre più breve, con film proiettati solo per poche settimane, a favore di una distribuzione più duratura tramite le piattaforme digitali. In questo contesto, i festival rappresentano un’alternativa importante, offrendo un percorso più lungo e articolato che consente agli autori di interagire direttamente con il pubblico. Pathos Distribution si impegna perciò a definire strategie e canali di distribuzione su misura, che possano ottimizzare la visibilità e l’impatto dell’opera. Ciò include la scelta di festival, piattaforme ed eventi di settore, ma anche l’utilizzo di campagne di marketing innovative e coinvolgenti, capaci di attrarre l’attenzione di un pubblico variegato”.

I titoli di Pathos Distribution

ANIME GALLEGGIANTI

  • Regia: Maria Giménez Cavallo
  • Con: Benjamin Miyakawa, Valentina Picciau, Egidiana Carta
  • Durata: 70 min
  • Nazionalità: Italia, USA
  • Sezione: Panorama Italia – Fuori Concorso
  • SINOSSI Ispirato alle “Metamorfosi” di Ovidio, Anime galleggianti è un viaggio attraverso le mistiche terre della Sardegna che mischia l’etnografia visuale e musicale con la mitologia classica, l’approccio documentario con la fantasia. Il filosofo Pitagora ci guida nelle storie di personaggi mitologici come Proserpina, Aracne, Euridice, Orfeo, Apollo e Dafne: i loro destini si intrecciano e culminano nel Carnevale autoctono, i cui riti scandiscono la ciclicità tra la vita e la morte.

PICCOLO ATTILA

  • Regia: Gregorio Mattiocco
  • Con: Davide Cofani, Gianmarco Speranzini
  • Durata: 13 min
  • Nazionalità: Italia
  • Sezione: Cortometraggi Panorama Italia – Fuori Concorso
  • SINOSSI Il complesso rapporto d’amore tra due fratelli con una grande differenza d’età, in un contesto in cui violenza, macismo e cameratismo sono gli strumenti per diventare “grandi”.

NARCISO

  • Regia: Ciro D’Emilio
  • Con: Alessandro Scardazza, Elisa Bondanini, Ludovica Di Donato
  • Durata: 12 min
  • Nazionalità: Italia
  • Sezione: Cortometraggi Panorama Italia – Proiezioni Speciali
  • SINOSSI Filippo ha dodici anni e non parla da tanto tempo. Sarà una scintilla, in un apparente giorno qualunque, a fargli capire il valore dei gesti e delle parole.
 
 

Pathfinder – La leggenda del guerriero vichingo: tutte le curiosità sul film

Pathfinder - La leggenda del guerriero vichingo film

Delle tante epoche storiche raccontate al cinema, una delle più affascinanti continua ad essere quella vichinga. Generalmente racchiusa tra gli anni 793 e 1066, questa vide i temibili popoli norreni impegnati in battaglie e scorrerrie in numerose zone dell’Europea, seminando caos e terrore. La loro cultura, estremamente complessa, è ancora oggi tra le più interessanti e non è dunque una sorpresa che diversi film si siano dedicati a questa, costruendovi intorno racconti di vario tipo. Un interessante film di questo genere è Pathfinder – La leggenda del guerriero vichingo, uscito nel 2007 per la regia di Marcus Nispel.

Scritto dalla sceneggiatrice di origini greche Laeta Kalogridis, autrice anche di Alexander, Shutter Island e Alita – Angelo della battaglia, il film in questione è una storia originale che trae però ispirazione da una pellicola norvegese del 1987. Si tratta di L’arciere di ghiaccio, diretto da Nils Gaup e basato su un’antica leggenda Sami. Candidato all’Oscar come miglior film straniero, questo resta ancora oggi uno dei più avvincenti film dedicati al mondo vichingo mai realizzati. Riprendendo alcuni elementi da questo, la Kalogridis costruisce un racconto di formazione che mescola il senso di appartenenza al conflitto sulle proprie origini.

Al momento della sua uscita, Pathfinder finì però con il rivelarsi un insuccesso di critica e pubblico. Grazie all’uscita di una graphic novel dedicata e della Unrated Version, contenente tutte le scene più violente eliminate in fase di montaggio, il film ha poi guadagnato un certo seguito. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Pathfinder – La leggenda del guerriero vichingo: la trama del film

Protagonista del film è Ghost, il figlio del capo di una banda di berserker vichinghi alla ricerca di una nuova terra in Nord America. Dopo aver compiuto varie scorrerie e massacri, il suo clan si dirige verso nuovi villaggi indigeni con l’intento di continuare la sua opera di razzia, ma resta vittima di una tempesta che distrugge la sua drakkar uccidendo tutti tranne il giovane Ghost. Il ragazzo viene fortunosamente trovato da una donna indigena che riesce a introdurlo ai costumi e alla cultura del suo popolo. Presso di loro Ghost cresce fino alla maturità, desiderando a quel punto di poter essere riconosciuto come un guerriero.

Egli è però ancora tormentato da visioni del suo passato, che pongono continuamente in dubbio la sua reale appartenenza. Per questo motivo, i saggi del villaggio si oppongono alla sua volontà di diventare un guerriero finché non avrà vinto i suoi demoni interiori. Proprio mentre cerca di far ciò, però, Ghost si imbatte in una nuova banda di vichingi, giunti dalla Scandinavia con propositi di sterminio e conquista. Quando questi annientano ogni esserre vivente del villaggio in cui è cresciuto, Ghost decide a quale popolo desidera appartenere e ingaggia una cruda battaglia contro i vichinghi, per sconfiggere i quali avrà però bisogno di alleati.

Pathfinder - La leggenda del guerriero vichingo cast

Pathfinder – La leggenda del guerriero vichingo: il cast e altre curiosità sul film

Ad interpretare il ruolo del protagonista, Ghost, vi è l’attore Karl Urban, all’epoca noto principalmente per il ruolo di Eomer nella trilogia di Il Signore degli Anelli. Ad interpretare il protagonista da bambino, invece, vi è Burkely Duffield, attore noto per il ruolo di Edie Miller nella serie televisiva Anubis. L’attrice Moon Bloodgood, nota per i film Street Fighter – La leggenda e Terminator Salvation, è Starfire, figlia del capo tribù presso cui Ghost si reca. Ad interpretare Pathfinder, il capo della popolazione, è invece Russell Means, attore di etnia sioux visto anche in L’ultimo dei Mohicani. Clancy Brown, noto per i suoi ruoli da cattivo in film come Le ali della libertà e Highlander – L’ultimo immortale, interpreta qui lo spietato vichingo Gunnar.

Nel film, gli attori di origine vichinga si esprimono nel loro linguaggio, ovvero norreno antico. Questa scelta stilisitica è ispirata a titoli di quegli anni come La passione di Cristo e Apocalypto. Gli interpreti hanno dunque dovuto imparare le loro battute e la corretta pronuncia, al fine di risultare più realistici. Altro aspetto di particolare interesse è invece quello legato agli elmi dei vichingi. Benché oggi sia risaputo che tali popoli non portavano elmi adornati con corni di animali, gli autori decisero di includere ugualmente tale particolare poiché entrato ormai nell’immaginario comune, rendendo anche più minacciosi i personaggi.

Pathfinder – La leggenda del guerriero vichingo: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Pathfinder – La leggenda del guerriero vichingo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili, Google Play, Disney+ e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 23 agosto alle ore 21:20 sul canale Rai 4.

Fonte: IMDb

 
 

Paterson: recensione del film con Adam Driver

Paterson adam driver

A guardare oggi le grandi cascate di Paterson, ridente cittadina del New Jersey, luogo e meta preferita di alcuni dei più grandi poeti americani, si può ancora respirare un insolito senso di pace, di benessere e di eternità. Lo sa bene Paterson, un nome che è tutto un destino, un autista di autobus cittadini con la passione semi-segreta per la poesia; “semi” perché non è il solo a sapere dell’esistenza del suo black book, un taccuino su cui annota ogni pensiero artistico che gli balena in mente, lo conosce molto bene anche Laura, la ragazza con cui divide un delizioso appartamento.

Lei è anche la sola che vorrebbe vedere i suoi poemi stampati e conservati nelle librerie e nelle case di tutto il mondo, nonostante la riluttanza dell’autore, troppo schivo e “medio” per desiderare davvero qualcosa. La vita di Paterson è infatti priva di qualsivoglia scossone, ogni mattina la sveglia biologica lo mette in piedi fra le 6:00 e le 6:30, colazione fissa con i cereali al miele, passeggiata sino al lavoro con immancabile cestino del pranzo, turno e ritorno a casa, di nuovo fra le attenzioni della compagna e di un simpatico cane sovrappeso, Marvin (mascotte dell’intero film).

Se Marvin gestisce tempi e cose da fare, tramite grugniti e versi ben precisi, Laura ha in mano la cura della casa; lei non ha la passione per la scrittura, al contrario per la pittura surreale in bianco e nero, diciamo anche per tutto ciò che è bianco e nero. Ogni cosa nel suo mondo è bicromatica, i film, le chitarre, i cupcake, i vestiti, i capricci, che Paterson subisce senza fiatare. Se li lascia scivolare addosso come se fosse l’unica cosa possibile, ogni giorno della settimana come un rito sacro e gustoso, anche quando questi si fanno esuberanti, goffi, ridicoli.

PatersonUna condotta impeccabile a un passo dalla santità, dal Nobel per la Pace, da podio ai mondiali di meditazione zen, viste anche le reazioni alle piccole sfortune quotidiane. Per ogni nervo saltato c’è invece un verso di poesia, un poema immediato, rifugio sublime per l’anima e il cervello.

Del resto è probabilmente la lezione che vuole impartirci Jim Jarmusch, di amare si la nostra semplice e quotidiana routine (perché da essa non si scappa) ma con passione, con piglio d’artista, con la voglia e la capacità di trasformare energie negative in tesoro. Allora guardare le grandi cascate di Paterson, ridente cittadina del New Jersey ora in decadenza dopo i fasti impressi nei poemi di William Carlos Williams e Allen Ginsberg, può essere un’esperienza in grado di arricchirci, di migliorarci, di regalarci nuove energie, come assistere alla proiezione di un nuovo, illuminante lavoro di Jarmusch.

Se poi il ruolo da protagonista di quest’ultimo lo prende un ragazzo come Adam Driver, dal talento smisurato, e una piccola stella nascente come Golshifteh Farahani, il gusto nel palato si fa ancora più definito, quanto un’ottima serata fra amici o un tramonto in spiaggia, quando la maggior parte della folla è già andata via. Quel momento perfetto in cui riprendere dalla tasca il proprio black book e sfogare le proprie passioni.

 
 

Paterson: recensione del film con Adam Driver

Paterson trailer

A guardare oggi le grandi cascate di Paterson, ridente cittadina del New Jersey, luogo e meta preferita di alcuni dei più grandi poeti americani, si può ancora respirare un insolito senso di pace, di benessere e di eternità.

Lo sa bene Paterson, un nome che è tutto un destino, un autista di autobus cittadini con la passione semi-segreta per la poesia; “semi” perché non è il solo a sapere dell’esistenza del suo black book, un taccuino su cui annota ogni pensiero artistico che gli balena in mente, lo conosce molto bene anche Laura, la ragazza con cui divide un delizioso appartamento. Lei è anche la sola che vorrebbe vedere i suoi poemi stampati e conservati nelle librerie e nelle case di tutto il mondo, nonostante la riluttanza dell’autore, troppo schivo e “medio” per desiderare davvero qualcosa.

La vita di Paterson è infatti priva di qualsivoglia scossone, ogni mattina la sveglia biologica lo mette in piedi fra le 6:00 e le 6:30, colazione fissa con i cereali al miele, passeggiata sino al lavoro con immancabile cestino del pranzo, turno e ritorno a casa, di nuovo fra le attenzioni della compagna e di un simpatico cane sovrappeso, Marvin (mascotte dell’intero film).

Paterson, il poeta-autista

Se Marvin gestisce tempi e cose da fare, tramite grugniti e versi ben precisi, Laura ha in mano la cura della casa; lei non ha la passione per la scrittura, al contrario per la pittura surreale in bianco e nero, diciamo anche per tutto ciò che è bianco e nero. Ogni cosa nel suo mondo è bicromatica, i film, le chitarre, i cupcake, i vestiti, i capricci, che Paterson subisce senza fiatare. Se li lascia scivolare addosso come se fosse l’unica cosa possibile, ogni giorno della settimana come un rito sacro e gustoso, anche quando questi si fanno esuberanti, goffi, ridicoli.

Paterson al cinema dal 22 dicembre

film al cinemaUna condotta impeccabile a un passo dalla santità, dal Nobel per la Pace, da podio ai mondiali di meditazione zen, viste anche le reazioni alle piccole sfortune quotidiane. Per ogni nervo saltato c’è invece un verso di poesia, un poema immediato, rifugio sublime per l’anima e il cervello. Del resto è probabilmente la lezione che vuole impartirci Jim Jarmusch, di amare si la nostra semplice e quotidiana routine (perché da essa non si scappa) ma con passione, con piglio d’artista, con la voglia e la capacità di trasformare energie negative in tesoro.

Allora guardare le grandi cascate di Paterson, ridente cittadina del New Jersey ora in decadenza dopo i fasti impressi nei poemi di William Carlos Williams e Allen Ginsberg, può essere un’esperienza in grado di arricchirci, di migliorarci, di regalarci nuove energie, come assistere alla proiezione di un nuovo, illuminante lavoro di Jarmusch. Se poi il ruolo da protagonista di quest’ultimo lo prende un ragazzo come Adam Driver, dal talento smisurato, e una piccola stella nascente come Golshifteh Farahani, il gusto nel palato si fa ancora più definito, quanto un’ottima serata fra amici o un tramonto in spiaggia, quando la maggior parte della folla è già andata via. Quel momento perfetto in cui riprendere dalla tasca il proprio black book e sfogare le proprie passioni.

 
 

Paterson: dal 29 dicembre al cinema in tutta Italia

Paterson adam driver

Arriva in sala dal 29 dicembre in tutto il territorio nazionale (dopo un’uscita il 22 solo a Roma, Milano e Torino), distribuito da Cinema di Valerio De Paolis, Paterson, il film scritto e diretto da Jim Jarmusch, interpretato da Adam Driver e Golshifteh Farahani, che ha conquistato i festival di tutto il mondo (da Cannes a Toronto, da New York a Londra), segnalato come in Italia come Film della Critica SNCCI.

«Un’innocenza quasi miracolosa » (The Guardian)

«Una emozionante riflessione sugli aspetti mimetici della poesia» (The Times)

«Jarmusch dimostra che è possibile fare un film in cui il quotidiano può essere trasformato in qualcosa di misterioso e sublime» (The Indipendent)

«Un film che brilla di una delicatezza sommersa, urbana» (Le Figaro)

«Una deliziosa favola sulla fragile, fruttuosa e a volte inquieta relazione tra creatività e vita quotidiana» (Time Out)

«Una singolare ode alla vita ordinata, all’armonia domestica e alla poesia» (Hollywood Reporter)

«Un’opera universale in ogni dettaglio. Perfetta» (El Mundo)

Paterson vive a Paterson nel New Jersey. È un abitudinario e ama la vita tranquilla. Fa il conducente di autobus, e osserva il mondo attraverso il parabrezza e ascoltando frammenti di dialoghi intorno a lui. Scrive brevi poesie sul suo quaderno, porta a spasso il suo bulldog inglese, si ferma in un bar e beve una birra, torna a casa da sua moglie, Laura, che al contrario di lui, è in perenne movimento. Paterson ama Laura, ed è riamato da lei.  Il mondo di Paterson, quello che consideriamo normale e ordinario, rappresenta la forza potente e irregolare dell’arte. La sua è un’appagante routine, costellata non di banali casualità ma di magiche concatenazioni. Paterson, ovvero la poesia delle piccole cose.

Le parole del regista di Paterson, Jim Jarmusch

«Un film che – nelle parole del regista Jim Jarmuschdovremmo lasciarci scivolare addosso, come le immagini che osserviamo dai finestrini degli autobus e che si muovono come una gondola meccanica in una città piccola e dimenticata».

Paterson è interpretato da Adam Driver, tra gli attori della sua generazione maggiormente in ascesa. Lanciato dalla serie HBO “Girls”, ha lavorando tra gli altri con Spielberg, Noah Baumbach, Ethan e Joel Coen, JJ Abrams, Jeff Nichols. Ha vinto la coppa Volpi nel 2014 col film di Saverio Costanzo “Hungry Hearts” ed è stato protagonista nell’ultimo capitolo di Star Wars, e lo vedremo nel prossimo film di Scorsese “Silence”.

Laura è impersonata da Golshifteh Farahani, l’attrice iraniana di fama internazionale (costretta all’esilio, ha scandalizzato per aver posato nuda sulla rivista francese “Egoiste”) che vedremo presto nel prossimo capitolo di “Pirati dei Caraibi”, già vista in “Exodus” di Ridley Scott, “Pollo alle prugne” della Marjana Satrapi, “Eden” di Mia Hansen Love (candidata al Cesar).

Leggi la recensione di Paterson

 
 

Paterson: Adam Driver nel trailer del film di Jim Jarmusch

Guarda il trailer ufficiale di Paterson, il nuovo film del regista cult Jim Jarmusch con protagonista in uscita il 22 dicembre distribuito da Cinema di Valerio De Paolis. Paterson vede protagonista l’apprezzatissimo attore Adam Driver e Golshifteh Farahani.

Paterson vive a Paterson nel New Jersey. È un abitudinario e ama la vita tranquilla. Fa il conducente di autobus, e osserva il mondo attraverso il parabrezza e ascoltando frammenti di dialoghi intorno a lui. Scrive brevi poesie sul suo quaderno, porta a spasso il suo bulldog inglese, si ferma in un bar e beve una birra, torna a casa da sua moglie, Laura, che al contrario di lui, è in perenne movimento. 

Paterson ama Laura, ed è riamato da lei.  Il mondo di Paterson, quello che consideriamo normale e ordinario, rappresenta la forza potente e irregolare dell’arte. 

La sua è un’appagante routine, costellata non di banali casualità ma di magiche concatenazioni. 

Paterson, ovvero la poesia delle piccole cose.

«Un film che – nelle parole del regista Jim Jarmusch – dovremmo lasciarci scivolare addosso, come le immagini che osserviamo dai finestrini degli autobus e che si muovono come una gondola meccanica in una città piccola e dimenticata». 

Paterson è interpretato da Adam Driver, tra gli attori della sua generazione maggiormente in ascesa. Lanciato dalla serie HBOGirls”, ha lavorando tra gli altri con Spielberg, Noah Baumbach, Ethan e Joel Coen, JJ Abrams, Jeff Nichols. Ha vinto la coppa Volpi nel 2014 col film di Saverio Costanzo Hungry Hearts ed è stato protagonista nell’ultimo capitolo di Star Wars, e lo vedremo nel prossimo film di Scorsese Silence.

Laura è impersonata da Golshifteh Farahani, l’attrice iraniana di fama internazionale (costretta all’esilio, ha scandalizzato per aver posato nuda sulla rivista francese “Egoiste”) che vedremo presto nel prossimo capitolo di “Pirati dei Caraibi”, già vista in “Exodus” di Ridley Scott, “Pollo alle prugne” della Marjana Satrapi, “Eden” di Mia Hansen Love (candidata al Cesar).

 
 

Paternal Leave, recensione del film di Alissa Jung

PAT_MainStill_KEY © 2024 Match Factory Productions GmbH, Wildside srl (2)

Dopo la vetrina europea del Festival di Berlino, Paternal Leave, l’esordio alla regia dell’attrice tedesca Alissa Jung ha trovato nuova conferma con l’inserimento nel cartellone ufficiale di Open Roads, la rassegna di cinema italiano contemporaneo della Society of Lincoln Center a New York. Una nuova e prestigiosa passerella internazionale che testimonia la qualità artistica di una produzione che rispecchia le molte influenze con cui è stata realizzata.

La storia di Paternal Leave

La protagonista di Paternal Leave è l’adolescente Leo (Juli Grabenhenrich), la quale di punto in bianco lascia la Germania per recarsi sulla costa marittima del Nord Italia, dove vive suo padre biologico Paolo (Luca Marinelli) che non ha mai conosciuto. Sorpreso dalla visita inaspettata, l’uomo fatica non poco a inserire la giovane figlia in una vita che lui stesso non è ancora pienamente riuscito a sistemare, dovendo anche fare i conti con la frustrazione e la rabbia repressa. Sia in Leo che, come capirà, in lui stesso.

La qualità migliore di questo primo lungometraggio dietro la macchina da presa della Jung sta nell’attenzione al tono del racconto, il quale evita costantemente lo scivolamento nel melodramma ostentato. Paternal Leave viene costruito sequenza dopo sequenza lavorando con efficacia sull’equilibrio metaforico tra le ambientazioni e lo stato psicologico ed emotivo dei personaggi, in particolar modo i due protagonisti. Dal momento che non si tratta di una storia che cerca nell’originalità il suo motivo fondante di racconto, la modalità con cui viene sviluppata ed espressa diventa allora il lato più importante, e la Jung dimostra di saperlo gestire con sicurezza: le spiagge malinconiche e semideserte, il paesino di provincia dove poco o nulla accade nelle stagioni maggiormente fredde, rappresentano il luogo perfetto per esternare lo stato di stasi in cui, per motivi diversi se non opposti, Paolo e Leo si trovano. Anche il non saper parlare l’uno la lingua dell’altre, il dover adoperare come primo tentativo un linguaggio “altro” insieme a quello che il corpo e il volto nonostante tutto esprimono, è un’idea di sceneggiatura che funziona pienamente nell’esprimere il distacco esistenziale, la difficoltà nel tentativo di avvicinarsi. Cosa che invece può avvenire principalmente con un atto di gentilezza o un sorriso, come avviene tra Leo ed Edoardo.

PAT_Still_117 KEY © 2024 Match Factory Productions GmbH – Wildside srl (1)

Animi ricchi di contrasti

Questo per raccontare che sotto la superficie pacata, mai urlata di questo racconto si celano invece psicologie ed animi ricchi di contrasti: il dolore sorpreso di Leo lo si deve andare a cercare dietro le piccole ma pungenti frecciate che lancia costantemente prima al padre e poi agli altri uomini che incontra. Allo stesso modo gli occhi sempre penetranti di Marinelli riescono a esprimere pienamente lo scoraggiamento di Paolo, incapace di fare i conti col suo passato, paralizzato (come lo stesso personaggio più volte confessa) nelle relazioni con l’altro sesso che possano veramente contare. I duetti tra la Grabenhenrich e l’attore italiano sono quasi sempre preziosi per quello che esprimono quasi in contrasto con i dialoghi, fino allo “showdown” emozionale che è giustamente frettoloso, quasi violento a livello emotivo, e rompe il ghiaccio tra padre e figlia ma senza veramente risanare un rapporto ancora sconosciuto, e non poteva essere altrimenti. La Jung segue un percorso narrativo conosciuto ma non lo adopera per arrivare a una conclusione retorica e falsamente allietante: quando salutiamo Leo e Paolo alla fine di Paternal Leave, il loro percorso di scoperta, di accettazione soprattutto dei propri rispettivi ruoli, è appena iniziato. E questo rende il film più vero.

PAT_Still_068 KEY © 2024 Match Factory Productions GmbH – Wildside srl (2)

Anche se si potrebbe obiettare che quello di Alissa Jung è in fondo un film “già visto”, la lucidità dell’esposizione e la compostezza del tono del racconto costituiscono quel qualcosa in più che rende Paternal Leave un lungometraggio denso di sostanza emotiva. Un buon esordio che racconta di una convivenza tanto “forzata” quanto necessaria. Per Leo che la ricerca ma senza dubbio anche per Paolo che deve accettarla.

 
 

Patch Adams: la storia vera dietro il film con Robin Williams

Patch Adams storia vera
Robin Williams in Patch Adams

Il film del 1998 Patch Adams è basato sulla storia vera del medico che ha cambiato per sempre la medicina, unendo umorismo e profonda umanità. Si porta così sullo schermo la storia di quest’uomo che scopre la sua vocazione nella medicina dopo un periodo tumultuoso della sua vita. Il vero Adams è infatti pioniere di un approccio unico all’assistenza sanitaria, che enfatizza l’umorismo, l’empatia e il legame personale. In sostanza, il film, con Robin Williams nel ruolo di Hunter “Patch” Adams, offre importanti lezioni sul potere trasformativo della compassione e dell’umorismo in campo medico.

Conosciuto come Patch Adams, questi è dunque un medico e attivista sociale i cui metodi non convenzionali nell’assistenza sanitaria hanno suscitato cambiamenti e discussioni significativi. Il film, pur prendendosi alcune libertà creative, cattura l’essenza dell’approccio rivoluzionario di Patch Adams alla medicina, sottolineando la sua fede nel potere curativo della risata e dell’empatia nella cura dei pazienti. Questa narrazione basata su fatti reali fornisce un affascinante sfondo alla rappresentazione cinematografica, offrendo una visione dell’impatto profondo che la filosofia di un uomo può avere sulle pratiche mediche tradizionali.

Il periodo di Patch Adams in un ospedale psichiatrico

Il viaggio di Patch Adams nel mondo della medicina è iniziato con il suo ricovero volontario in un ospedale psichiatrico. Alle prese con la depressione e pensieri suicidi, Adams cercò aiuto e si trovò esposto alla cruda realtà del sistema sanitario. La sua esperienza in ospedale fu illuminante, poiché assistette a un approccio freddo e clinico alla cura dei pazienti, in cui l’elemento umano sembrava essere stato completamente dimenticato. Questo incontro plasmò profondamente la sua visione dell’assistenza sanitaria, mettendo in evidenza le carenze di compassione e comprensione all’interno del sistema.

Fu proprio tra le mura dell’ospedale psichiatrico che Adams immaginò un tipo diverso di pratica sanitaria. Si rese conto del profondo impatto che l’empatia e il sostegno emotivo potevano avere sui pazienti. Questa consapevolezza non riguardava solo il trattamento delle malattie, ma anche il contatto con i pazienti a livello umano. Questa esperienza gettò le basi per i suoi futuri impegni in campo medico, dove avrebbe sostenuto un approccio più compassionevole e incentrato sul paziente.

Monica Potter e Robin Williams in Patch Adams
Monica Potter e Robin Williams in Patch Adams

Il Gesundheit! Institute di Patch Adams

Dopo la sua esperienza trasformativa e la successiva laurea in medicina, Patch Adams fondò il Gesundheit! Institute. Questa struttura non era solo un ospedale, ma una visione di ciò che poteva essere l’assistenza sanitaria. Funzionava come un ospedale comunitario gratuito incentrato su un’assistenza olistica e incentrata sul paziente. In un’epoca in cui l’assistenza sanitaria era spesso impersonale e strettamente clinica, il Gesundheit! Institute rappresentava un faro di pratica rivoluzionaria, integrando le cure mediche tradizionali con approcci alternativi. L’istituto ha funzionato come una “casa” comune dal 1971 al 1984 e aveva sede nella proprietà personale di Adams nella zona rurale del West Virginia.

Da allora, il Gesundheit! Institute si è ampliato. Nel 2016, l’istituto ha progettato di costruire un ospedale comunitario con 44 posti letto che offrisse assistenza sanitaria olistica gratuita a chiunque lo desiderasse. La struttura includerà un programma di insegnamento che ospiterà 120 membri del personale, che vivranno insieme in un ecovillaggio comunitario (tramite IC). Il Gesundheit! Institute è stato rivoluzionario nella sua filosofia. Il suo obiettivo era quello di trattare i pazienti non solo come casi clinici, ma come individui con bisogni emotivi, psicologici e spirituali. L’istituto ha adottato metodi non convenzionali, tra cui l’uso dell’umorismo e dell’arte, per creare un ambiente curativo che trascendesse gli aspetti fisici della medicina.

La filosofia medica di Patch Adams

Al centro della filosofia medica di Patch Adams c’è l’idea di trattare i pazienti con empatia e stabilire una connessione autentica. Contrariamente alle pratiche dei centri medici convenzionali, orientate all’efficienza e basate su protocolli rigidi, Adams sosteneva un approccio medico più olistico. Credeva nel potere dell’interazione personale e del sostegno emotivo nel processo di guarigione, sostenendo un sistema sanitario che guardasse oltre i sintomi alla persona che li manifestava. Questo approccio sfida il modello medico convenzionale, proponendo che un’assistenza sanitaria efficace implichi la comprensione e la risposta a uno spettro più ampio di bisogni umani. I metodi di Adams sottolineano la necessità di un sistema sanitario che bilanci il trattamento scientifico con la compassione e il legame umano.

Patch Adams cast
Robin Williams in Patch Adams

L’impatto sul settore sanitario

I metodi e la filosofia di Patch Adams hanno avuto un impatto significativo sul settore sanitario, incoraggiando un approccio più umanistico alla medicina. La sua enfasi sulla guarigione della persona, e non solo sul trattamento della malattia, ha ispirato gli operatori sanitari ad adottare un approccio più incentrato sul paziente. Questo cambiamento ha portato a una maggiore attenzione all’empatia, alla compassione e ai bisogni emotivi dei pazienti, mettendo in discussione il tradizionale modello sanitario impersonale e procedurale. L’impatto della filosofia di Adams è evidente nel modo in cui l’assistenza ai pazienti viene sempre più affrontata nella formazione e nella pratica medica, ma soprattutto nel modo in cui il sistema sanitario ha accolto la “clown care”.

La clown care, nota anche come clownerie ospedaliere, è un programma nelle strutture sanitarie che è diventato popolare negli anni ’80. Questi clown medici sono appositamente formati e fanno parte di ospedali di tutto il mondo che aiutano a sollevare il morale dei pazienti, e Patch Adams è considerato il primo clown medico in assoluto. L’impegno di Patch a favore di un sistema sanitario compassionevole non solo ha influenzato gli attuali medici, ma ha anche ispirato le future generazioni di professionisti sanitari a considerare il benessere olistico dei loro pazienti attraverso la clown care, segnando un cambiamento significativo nell’etica del campo medico.

I suoi metodi hanno suscitato alcune polemiche

I metodi non convenzionali di Patch Adams e la sua critica alle pratiche mediche tradizionali sono però stati oggetto di lievi critiche da parte della comunità medica. Alcuni studi rivelano che l’umorismo e gli approcci olistici mancano del rigore scientifico e delle prove tipiche delle pratiche mediche convenzionali. La ricerca ha rivelato potenziali problemi legati alla clown therapy, tra cui la gravità delle condizioni mediche del paziente, il suo livello di sviluppo, il momento e il contesto. Tuttavia, lo stesso studio rivela anche molti risultati positivi, che superano di gran lunga quelli negativi. Il dibattito sui metodi di Adams evidenzia la sfida più ampia di bilanciare un’assistenza innovativa e incentrata sul paziente con i protocolli e le pratiche consolidate della professione medica.

Robin Williams in Patch Adams
Robin Williams in Patch Adams

 

Il vero Patch Adams è apertamente critico nei confronti del film

Nonostante la popolarità del film Patch Adams, il vero dottor Adams ha espresso critiche significative nei confronti del film. Era particolarmente deluso dal fatto che il film avesse dato la priorità alla commedia piuttosto che a una rappresentazione fedele dei suoi metodi e della sua filosofia. Adams riteneva che il film, pur essendo divertente, non riuscisse a rappresentare accuratamente la profondità e la serietà del suo approccio all’assistenza sanitaria, in particolare per quanto riguarda la sua attenzione alla giustizia sociale e alla salute della comunità. Secondo il famoso critico Roger Ebert, il vero Patch Adams una volta gli disse: “Odio quel film”. Patch Adams ha anche criticato il film per non aver portato benefici al suo ospedale reale, il Gesundheit! Institute.

Nonostante il successo commerciale del film, che ha incassato 202 milioni di dollari in tutto il mondo, solo una piccola parte dei profitti è infaatti stata destinata a sostenere l’Istituto o la sua missione di fornire assistenza sanitaria olistica gratuita. Adams sperava che il film avrebbe aumentato la consapevolezza e raccolto fondi per la sua causa, una speranza che è rimasta in gran parte insoddisfatta, portando alla sua insoddisfazione per il risultato del film. Durante un discorso nel 2010, Adams ha dichiarato: “Il film prometteva di costruire il nostro ospedale. Nessuno dei profitti del film è mai arrivato a noi, e quindi, dopo 40 anni di lavoro, stiamo ancora cercando di costruire il nostro ospedale”.

Patch Adams lavora ancora nel settore sanitario

Dopo il film Patch Adams, il medico rimane una figura dinamica nel settore sanitario. Continua a sostenere la riforma sanitaria, sottolineando l’importanza di un sistema compassionevole e incentrato sul paziente. La sua attività di advocacy si concentra sulla necessità di un modello sanitario che dia priorità al libero accesso alle cure mediche e adotti metodi di trattamento olistici. Il lavoro continuo di Adams è una testimonianza del suo impegno a cambiare in meglio il panorama sanitario. Nel 2016, Adams ha rivelato che tiene ancora conferenze 300 giorni all’anno e che “lo fa da oltre 30 anni in 81 paesi, diffondendo i semi di una rivoluzione d’amore che ravviva la comunità e un appello a porre fine al capitalismo”.

 
 

Patch Adams: dal cast alla storia vera, le curiosità sul film con Robin Williams

Patch Adams cast

Incentrato sull’ideatore della clownterapia, Hunter Doherty “Patch” Adams, il film del 1998 con protagonista Robin Williams ripercorre i momenti salienti della vita del medico, fino al momento della sua massima popolarità. Patch Adams è diretto da Tom Shadyac, autore di celebri commedie degli anni Novanta, e mescola umorismo a momenti di grande drammaticità. La storia, infatti, contiene tematiche forti, come la malattia e la morte, ma trattate con il sorriso che Adams ha sempre professato quale arma migliore.

La sceneggiatura scritta da Steve Oedekerk è basata su ricerche condotte sulla vita di Adams ma anche sul libro da lui scritto e intitolato Salute! Curare la sofferenza con l’allegria e l’amore, al cui interno si racchiude la sua filosofia. La pellicola, però, non ricevette una buona accoglienza da parte della critica. Le maggiori accuse vennero rivolte al marcato sentimentalismo, che finisce con il risultare fuori luogo rispetto alla storia di Adams. Ciò non impedì però al film di affermarsi come un grande successo al box office. Con un budget stimato di 90 milioni, Patch Adams arrivò infatti ad incassarne oltre 200 a livello mondiale.

Il film riuscì inoltre ad ottenere diversi importanti riconoscimenti nel corso della stagione dei premi. La colonna sonora firmata da Marc Shaiman ottenne infatti una nomination all’Oscar, mentre Williams fu candidato ai Golden Globe come miglior attore in un film commedia. Ancora oggi Patch Adams è ricercato da molti come una delle più toccanti interpretazioni dell’attore, e permette di conoscere di più del celebre medico e della sua idea di medicina. Proseguendo nella lettura, si potranno scoprire altre curiosità legate al film.

Monica Potter e Robin Williams in Patch Adams
Monica Potter e Robin Williams in Patch Adams

La trama di Patch Adams

La storia di Hunter “Patch” Adams ha inizio con il suo tentativo di suicidio. Questo arriva a conclusione di un periodo particolarmente drammatico nella vita dell’uomo, che però fortunatamente fallisce nel suo intento. Compreso il suo precario stato mentale, Adams decide dunque di auto-internarsi in un istituto mentale, sperando di trovare aiuto. Qui inizia a sperimentare l’umorismo come rimedio ai mali che lo affliggono e attanagliano anche i suoi nuovi amici all’interno della struttura. Desideroso di diffondere le proprie idee e fare del bene agli altri, Adams decide di uscire dall’istituto e iscriversi all’Università per diventare medico. Qui fa la conoscenza di diversi colleghi di corso, dal serioso Mitch Roman alla bella Carin Fisher, devota all’arte della medicina.

Le sue teorie circa la necessità del dottore di sviluppare un rapporto umano con i pazienti portano però Adams ad inimicarsi il decano Walcott. Duro e insensibile, questi non vede di buon occhio le pratiche dell’aspirante medico e farà di tutto per farlo espellere. Nel frattempo, Adams realizza il suo sogno aprendo una sua clinica di medicina in un cottage immerso nel verde. Qui aspira a curare i suoi pazienti grazie alle sue teorie sugli effetti benefici del sorriso. Più il suo nome e i suoi metodi acquistano fama, però, più egli dovrà inevitabilmente scontrarsi con l’austerità del mondo accademico e medico. Adams, inoltre, scoprirà sulla sua pelle che non sempre il sorriso è praticabile, e i momenti difficili sono talvolta più difficili del previsto da superare.

Il cast del film

Per il ruolo di Patch Adams erano stati considerati diversi noti attori di Hollywood. Tra questi vi sono anche Bill Murray e Tom Hanks. Entrambi però rifiutarono la parte, con Hanks che preferì recitare in Salvate il soldato Ryan. Il ruolo fu allora offerto a Robin Williams, che proprio in quel periodo stava ottenendo grandi successi grazie a Will Hunting – Genio ribelle. L’attore fu da subito affascinato dal personaggio, sentendolo vicino alle proprie corde. Egli studiò dunque a lungo la vita del vero Adams, così da potersi calare meglio nella parte. Inoltre, non mancò di dar sfogo alle proprie capacità di improvvisazione. Nei momenti in cui le riprese si facevano più stressanti, infatti, egli si esibiva in sketch comici per tirare sul morale al cast con una risata.

Nel film è poi presente anche l’attore Philip Seymour Hoffman nel ruolo di Mitch Roman. Questi è il compagno di stanza di Adams alla scuola di medicina, e si afferma come un impeccabile studente modello. L’attrice Monica Potter, invece, recita nel ruolo di Carin Fisher, compagna di studi di Adams e in seguito anche sua amante. Bob Gunton, infine, è il decano Walcot. L’attore era diventato particolarmente celebre grazie al ruolo del direttore del carcere del film Le ali della libertà. Nel film sono inoltre presenti diversi bambini realmente malati di cancro. I produttori del film, come anche lo stesso Williams, lavorarono infatti a stretto contatto con la fondazione Make-A-Wish, permettendo loro di partecipare alle riprese.

Patch Adams cast
Robin Williams in Patch Adams

Le differenze tra il film e la storia vera

Come ogni film tratto da una storia vera, anche Patch Adams presenta delle inevitabili differenze rispetto a quanto realmente accaduto. I punti salienti della vita di Adams sono effettivamente presenti nel film, ma talvolta in forma rivista per fini cinematografici. Il medico, infatti, tentò davvero il suicidio a causa di un periodo difficile della sua vita, e decise realmente di internarsi presso una clinica. Qui fondò le proprie idee, arrivando in seguito ad iscriversi alla scuola di medicina. Nel film tutto ciò viene visto accadere ad un Patch Adams adulto, ma nella realtà egli sperimentò tutto ciò avvenne tra i 22 e i 26 anni. Lo spostamento in avanti nell’età del personaggio è dato naturalmente dalla necessità di adattare questo all’età di Williams, che al momento delle riprese aveva 47 anni.

Differente rispetto a quanto narrato nel film è anche ciò che riguarda la sua attività di medico. Egli, infatti, aprì la sua struttura, battezzata come Gesundheit Institute, soltanto dopo la laurea, nel 1971, e non prima come mostrato nel film. Qui ha poi offerto assistenza sanitaria gratuita a circa 15 mila persone. Una consistente differenza rispetto al film è quella che riguarda il personaggio di Carin. Benché vagamente ispirata alla vera moglie di Adams, questa non esiste nella realtà, e serve nel film solo per dar vita ad un’ulteriore evoluzione nell’animo del personaggio. Nonostante tali libertà narrative, e l’aver affermato di non aver gradito il film, il vero medico disse di essere soddisfatto dall’interpretazione di Williams, e che ritrovava in essa i valori da lui sempre perseguiti.

Il trailer di Patch Adams e dove vedere il film in streaming e in TV

Per gli appassionati del film, o per chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali piattaforme streaming oggi disponibili. Patch Adams è infatti presente su Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Netflix e Apple iTunes. In base alla piattaforma scelta, sarà possibile noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale al catalogo. In questo modo sarà poi possibile fruire del titolo in tutta comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre in programma in televisione per venerdì 9 ottobre alle ore 21:10 sul canale TV 2000.

Fonte: IMDb, ChasingtheFrog

 
 

Patagonia: recensione di una storia italiana di libertà

patagonia recensione

Spazi più sognati che esplorati, due personaggi ricchi di sfaccettature, una storia capace di sfidare su più livelli, l’altro mondo che Simone Bozzelli ha messo nel suo Patagonia – in sala dal 14 settembre, grazie a Vision Distribution – è qualcosa di talmente semplice da non poter non nascondere di più. “Un’illusione di libertà”, come la chiama il regista, o “un gioco di forza e dipendenza” che all’ultimo Festival di Locarno aveva conquistato il Premio Ecumenico delle Chiese riformate e la Chiesa cattolica in Svizzera. Anche per la tensione creatasi tra Andrea Fuorto e Augusto Mario Russi, così diversi e insieme simili a quello che molti vivono nel proprio quotidiano.

Ragazzi perduti, in Abruzzo

Loro, i due protagonisti. Con Yuri, ragazzo rinchiuso in una vita senza scintille da una zia che lo tratta come un bambino, che trova in Agostino, un girovago già uomo ma con lo spirito di un ragazzino, la spinta ad andarsene e a lasciarsi dietro una gabbia di troppo amore e un noioso paese della costa abruzzese. Reclutato come assistente da ‘Ago’, animatore di feste di compleanno per bambini, sale sul suo camper e inizia una vita nomade. On the Road, tra Agostino e Yuri nasce un rapporto ambiguo fatto di premi e punizioni e la promessa di un viaggio nella terra del fuoco, in Patagonia. Ma prima bisogna lavorare, guadagnare. A lavorare, però, è sempre più Yuri, soprattutto quando Agostino spegne il camper in un villaggio improvvisato dove è sempre festa a suon di techno. Così per Yuri la Patagonia diventa sempre più lontana. E il rapporto con Agostino sempre più claustrofobico, come le pareti di quel camper.

Neverland, tra Teramo e la Patagonia

“Seduttore e un po’ sbruffone, avventuroso e travolgente”, così Bozzelli definisce Peter Pan, esplicitamente evidenziando la connessione tra il protagonista senza tempo del capolavoro di James Matthew Barrie con l’Agostino dell’esordiente Augusto Mario Russi, figura ingombrante, onnipresente, a tratti molesta, intorno al quale tutto ruota e che tutto muove, nel bene e nel male.

Ma c’è di più in questa sorta di ammaliante e ambiguo mangiafuoco che attrae il giovane e – inevitabilmente – innocente “Rapagnetta Yuri” di Andrea Fuorto (L’arminuta, War – La guerra desiderata). I due offrono una prova notevole, in combinata, orchestrati dal regista, che a loro si affida, trascinandoli dalle coste di Silvi Marina (Teramo) e Montesilvano (Pescara) alla Black Rock City de noantri allestita in una cava della Magliana.

Territori che da subito oppongono la loro durezza – e di un dialetto che abbisogna di sottotitoli – al candore spaesato del giovane, per troppo tempo chiuso in una gabbia che lo proteggesse dal mondo, per il quale non sembrava adatto. E con il quale, evidentemente, voleva confrontarsi. A ogni costo. Confusamente, in maniera scomposta, come anche il film mostra, con un andamento diseguale – voluto o meno, poco importa – e una (forse troppo) lunga e ridondante parte centrale.

Amore e dipendenza, Amore è dipendenza

Tutto è però propedeutico a quel che sarà: Per Ago, che con il fuoco tenta di alleggerire il peso dell’esistenza e delle relazioni senza riuscire a liberarsi delle radici che rispuntano nel suo sogno di libertà, per Yuri, che abituato a dipendere da qualcuno e a non essere abbastanza conquista gradualmente la forza di decidere da solo di voler subire anche le punizioni più ingiuste, e per gli spettatori. Che il film sottopone a diverse prove – molestie fisiche e psicologiche comprese – prima di ricompensare con un finale che giustifica le vessazioni, la perdita della speranza, dell’innocenza, il rischio di esser passati dal vivere rinchiusi in una famiglia tradizionale a un camper malmesso. Per una volta, la scuola della strada – e dell’arte di strada – tanto citata a sproposito dal popolo della rete, acquista corpo, e dignità. E offre spunti di riflessione sui concetti di libertà e dipendenza, anche nella fissità esasperata di certe sequenze, nell’accettazione del dolore e del male come reagente o dell’attesa di un Godot che stavolta potremmo essere noi.

 
 

Pastorale Americana: trailer del debutto alla regia di Ewan McGregor

Lionsgate e Lakeshore Entertainment hanno diffuso il primo trailer originale per Pastorale Americana, il debutto alla regia di Ewan McGregor che nel film interpreta anche il protagonista.

Trainspotting 2: ecco Ewan McGregor sul set

Il film è l’adattamento dell’omonimo romanzo del pluripremiato scrittore americano Philip Roth.

Ambientato durante gli anni della guerra del Vietnam, Pastorale americana tratta di Seymour “Lo Svedese” Levov (Ewan McGregor), un tempo talentuoso atleta di scuola superiore, che è sposato con una regina di bellezza (Jennifer Connelly) e gestisce il business che ha ereditato da suo padre. Tutto sembra andare bene nel mondo dello svedese fino a quando sua figlia (Dakota Fanning) si unisce al clamore controculturale del tempo, e, come rivoluzionaria, commette un atto fatale di violenza che getta la sua vita nel caos.

John Romano ha scritto la sceneggiatura. All’inizio del 2015  McGregor aveva dichiarato: “È un grande privilegio lavorare con Lakeshore sullo stupefacente romanzo di Phillip Roth. Ho desiderato dirigere per anni e ho voluto aspettare fino a quando non ho trovato una storia che ho ‘dovuto’ raccontare e in questo script ho capito che avevo trovato quella storia.”

Fonte: CS

 
 

Past Lives: trailer del film al cinema dal 14 Febbraio

Past Lives, opera prima della sudcoreana Celine Song con Greta Lee, Teo Yoo e John Magaro candidato a 5 Golden Globe arriva in sala il 14 febbraio distribuito da Lucky Red.

Acclamato al Sundance e alla Berlinale, e presentato in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma, il film si è aggiudicato le nomination nelle principali categorie dei Golden Globe: Miglior Film, Miglior Film Straniero, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura, Miglior Attrice Protagonista.

Past Lives è al primo posto nelle classifiche dei Migliori Film di Indiewire e Rolling Stone, e nelle top list i New York Times, Time, Empire.

Ispirato da una vicenda accaduta alla regista, il film racconta la storia di Nora (Greta Lee) e Hae Sung (Teo Yoo), due amici d’infanzia profondamente legati che si separano quando la famiglia di Nora dalla Corea del Sud emigra in Canada. Due decenni dopo si ritrovano a New York, dove vivono una settimana cruciale in cui si confrontano sul destino, l’amore e le scelte che segnano il corso della vita, in una storia d’amore moderna e straziante.

Una sera di qualche anno fa, Celine Song si ritrovò seduta in un bar tra due uomini provenienti da periodi molto diversi della sua vita. Uno era suo marito di New York, l’altro il suo amore d’infanzia, che era venuto dalla Corea per visitare la città. In quel bar, nel ruolo sia di traduttrice che di intermediaria, Song ha avuto la strana sensazione di attraversare due dimensioni alternative, fondendole in una sola.

«Ero seduta lì tra questi due uomini che mi amavano in modi diversi, in due lingue diverse e due culture diverse. E io ero l’unico motivo per cui questi due uomini parlavano tra loro – ricorda Song. C’è qualcosa di quasi fantascientifico in questo. Ti senti come qualcuno che può trascendere la cultura, il tempo, lo spazio e la lingua.

È stato lì, seduta in questa convergenza di mondi, che Song – drammaturga di spicco della scena teatrale di New York (“Endlings”) – ha avuto l’ispirazione per Past Lives, quello che sarebbe diventato il suo debutto cinematografico.

 
 

Past Lives: recensione del film di Celine Song

Past Lives recensione film

Dopo la presentazione in anteprima al Sundance Film Festival 2023 e il passaggio in altri Festival internazionali, Past Lives di Celine Song approda sul suolo italiano alla Festa del Cinema di Roma 2023. Il debutto nel lungometraggio di Song, coreana di nascita ma residente a New York dall’età di 20 anni, è una preziosa meditazione sullo sradicamento, il destino, l’amore, il sacrificio e le decisioni importanti della vita.

Il suo esordio alla regia – celebrato con grande clamore dalla critica statunitense al Sundance – è molto personale: la sua protagonista, Nora Moon (Greta Lee) è arrivata a Manhattan da Seoul, è una drammaturga e sta vivendo quello che la cineasta – come ha confessato – è stato il punto di partenza del suo primo lungometraggio: il ricongiungimento con il suo primo amore, un amico speciale dell’infanzia, un quarto di secolo dopo, di fronte a suo marito, newyorkese purosangue.

Past Lives, la trama

Narrato in tre parentesi temporali distinte, il racconto di Past Lives parte 24 anni fa, quando Nora e Hae Sung sono dodicenni che, oltre a competere per essere i migliori studenti della loro scuola di Seoul, sono anche amici inseparabili. Almeno fino a quando i genitori di lei decidono di trasferirsi a New York, mentre quelli di lui restano in Corea. C’è una prima reunion quando entrambi hanno 24 anni, ma quella che il film racconta in modo approfondito avviene nel presente, quando ne hanno entrambi 36 anni.

Nora (una magnetica Greta Lee) ha sposato un americano di nome Arthur (John Magaro) ed entrambi si dedicano alla scrittura (soprattutto teatrale). Ma quando Hae Sung (Teo Yoo) decide di andarla a trovare per qualche giorno nella Grande Mela, tutto comincia a incrinarsi, sorgono dubbi, contraddizioni, affetto e qualcosa di più, perché la tensione romantica tra i due è innegabile.

Come affrontare questo passato e questo presente? Come affrontare con tante difficoltà da adulti qualcosa che da bambini era pura innocenza e un’amicizia condivisa in modo così naturale? È disposta a tradire il suo comprensivo marito? È disposto a invadere l’apparente felicità di questa coppia? Sono dilemmi che Celine Song e i suoi notevoli interpreti affronteranno in questo film parlato più in coreano che in inglese – girato in 35 mm con una certa impronta del cinema di Richard Linklater.

Past Lives film recensione

Un’immagine parlante

Tutto inizia con un’immagine. Ci sono tre persone in un bar che parlano. Qualcuno che non vediamo chiede a un altro – allo spettatore, indirettamente – quale pensa sia il rapporto tra loro tre. C’è una donna asiatica (coreana, scopriremo poi) seduta accanto a un uomo “bianco” mentre parla con un altro uomo, anch’egli asiatico, leggermente più distante da loro. Che storia racconta questa immagine? Tutti noi ci siamo posti questa domanda più di una volta quando abbiamo osservato delle persone che camminavano o erano riunite da qualche parte: chi sono, cosa stanno facendo, qual è il loro rapporto con gli altri? Qui, la risposta è più complicata di quanto sembri.

Film romantico che ricorda alla lontana la Before Trilogy di Richard Linklater, ma con una forte enfasi sulla distanza legata alle migrazioni, ai cambiamenti culturali e linguistici, Past Lives riesce a parlare dello scorrere del tempo ma anche del distacco e di ciò che rimane nel nostro presente di quelle “vite passate” che anche noi abbiamo avuto.

La fantasia di ricongiungersi con quel fidanzato o quella fidanzata dell’adolescenza che si è smesso di vedere e di cui si sono perse le tracce, il dolore di rendersi conto (o meno) che l’occasione è passata e non si può recuperare, l’angoscia nel chiedersi se vale la pena farlo. Temi che hanno popolato la mente di molti quando sono apparsi social network come Facebook e tutti sembravano voler (e poter) riallacciare i contatti con amici e conoscenti che avevano perso di vista. Alcuni lo hanno fatto. Questo è uno di questi casi, ispirato a un’esperienza reale della regista.

L’In-yun tra crescita e divisione

Parlato in inglese e coreano, il film gioca con il concetto di in-yun, un’idea simile a quella delle “anime gemelle” che sostiene che le persone sono destinate a stare insieme se le loro anime si sono incrociate alcune volte in passato. Nora pensa che si tratti di una pura bufala (“cose che i coreani dicono per sedurre“), ma in qualche modo questo concetto metafisico sembra prevedere qualcosa di più “reale“, come algoritmi e dati incrociati online che effettivamente fanno incontrare persone che, in un modo o nell’altro, possono essersi incrociate o aver avuto cose in comune in precedenza. E questa rara somiglianza tra qualcosa di cosmico e qualcosa di digitale si combinano in questo dramma romantico che non sempre procede lungo i percorsi più prevedibili.

Past Lives Greta Lee Teo Yoo

C’è un altro asse che altera il classico motivo della possibilità o meno di riprendere una vecchia storia d’amore (che si sia realizzata o meno), ed è la migrazione. Nora non è più quella che era, la sua vita è diversa, il suo passato in Corea è un ricordo sempre più sfocato e Hae Sung in qualche modo si connette con lei da lì e solo da lì, mentre Arthur, dal canto suo, è ignaro di questa parte della storia e la conosce solo con questa nuova identità, che è la stessa ma non è la stessa. Questa dualità che il personaggio sperimenta rispetto a chi è influenza anche il modo in cui agisce e pensa a se stessa. E non solo nei confronti degli uomini che la circondano.

Il contributo forse più intelligente di Past Lives a questo tipo di storie – melodrammatiche o meno – di ragazze o ragazzi divisi tra due possibili relazioni è che qui non c’è una scelta chiara o ovvia. Il film evita di dipingere in maniera semplicistica Arthur come un cattivo o un impedimento nella vita di Nora. Lo stesso vale per Hae Sung, che chiaramente vuole molto bene al suo amore d’infanzia, ma capisce anche che la sua vita ora è diversa e che non è più la stessa persona. Ponendo il conflitto su questo terreno, Song supera i confini del “film d’amore” e riesce a mettere insieme un ritratto realistico e credibile della vita, o meglio delle vite, di una persona.

 
 

Past Forward: il corto PRADA di David O. Russell

Past Forward

Prada presenta Past Forward, il corto diretto dal regista candidato all’Oscar David O. Russell, in collaborazione con Miuccia Prada. Il cast stellare di Past ForWard comprende Allison Williams, John Krasinski, Freida Pinto, Jack Huston, Kuoth Wiel, Sinqua Walls, Connie Britton, Paula Patton, Thomas Matthews, Jason Sklar, Randy Sklar, Garry Clemmons, Jason Clemmons e Sacha Baron Cohen.

Past Forward è un progetto cinematografico multipiattaforma nato dalla collaborazione tra Miuccia Prada e il regista e sceneggiatore statunitense David O. Russell. Acclamato per film quali American Hustle, The Fighter e Il lato positivo, Russell ha immaginato Past Forward come un paesaggio onirico, surreale e silenzioso con un cast eclettico, che ripropone le scene in combinazioni variabili. Il risultato è una storia inaffidabile, una visione di parallasse in cui scene, personaggi, costumi, generi, e anche i molteplici finali, si ripetono e si tramutano, rifiutando la logica della narrativa convenzionale. Così facendo Russell rappresenta i suoi personaggi come elementi di un collage complesso, lasciando allo spettatore il compito di decodificare che cos’è l’esperienza, il ricordo, il sogno, e capire la sovrapposizione e le differenze tra loro.

Le note di David O. Russell

Questa esperienza cinematografica è nata da una conversazione durante una cena con Miuccia Prada mesi fa, incentrata su un artista che era venuta a trovare a New York. Mi ha raccontato che crede che in futuro prenderemo una pillola che ci permetterà di fruire di tutti i media esattamente allo stesso tempo, in un solo momento. Le ho detto che sembrava un sogno o una crisi epilettica.

La conversazione si è poi spostata sulla natura del tempo, su quanti diversi noi stessi abbiamo dentro e su quante esperienze diverse viviamo, e dove sta la bellezza — in ricordi, suoni, frammenti di vecchi film, dipinti — strati di tempo, strati di identità, strati di memoria, il futuro come è immaginato o vissuto in un film o nella vita. Siamo arrivati così a pensare a questo progetto, a che cosa si poteva creare o esprimere: una serie di idee allo stato grezzo. Che cos’è il cinema, che cos’è la memoria, che cos’è la vita, che cosa sono i sogni, tutte domande correlate.

La cosa magica e strana del cinema è anche la cosa magica e strana della vita. Che nella quotidianità può essere normale, andare al lavoro, tornare a casa e così via, ma allo stesso tempo può avere risvolti strani, inaspettati, sorprendenti, ricchi di suspense. D’improvviso i nemici sono alleati, cambia il luogo in cui troviamo l’amore e la sicurezza che ne deriva, è come un thriller o un film d’avventura, eppure è la nostra vita quotidiana. Emozioni, storie, ricordi, il passato che vive nel futuro, il futuro che vive nel passato. Diversi noi stessi, compresi quelli con cui ci identifichiamo nel cinema, vivono tutti nella nostra immaginazione e nei nostri sogni, a volte in contemporanea, a volte a turno.

La signora Prada mi ha offerto la possibilità di realizzare un’opera cinematografica, come un sogno, che si nutre di uno strano mistero, suspense, paura, pericolo, bellezza, conflitto, romanticismo, amore, identità e tempo.

I film sono emozione, le immagini sono emozione. Per esempio, alcune immagini, inquadrature, determinati movimenti di macchina, li ho in mente da una vita, alcuni provengono da sogni infantili ricorrenti. Per i bambini, le emozioni sono creature grandi e pure che si possono esprimere senza parole in una sola immagine o associazione. A otto anni, uno dei miei figli ha fatto un dipinto che ha intitolato “Il buco nero e la corda rossa che ti tira fuori.” Un altro ha descritto i suoi nonni come “più vecchi di un ghiacciolo squagliato.”

Dipinti, fotografie, spezzoni di film hanno cristallizzato pezzi di vita e di emozione per me e moltissimi miei amici e parenti. Ci sono stati lunghi periodi della vita in cui ho vissuto in un film mentale, un film che mi saturava al punto da farne parte — ed è diventata come una canzone che mi accompagnava durante la giornata: una nave per attraversare momenti apparentemente casuali o difficili della vita. Grazie all’attrice, all’attore, all’atmosfera del film, è diventata una nave per affrontare la vita.

Ed ecco che mi veniva data l’opportunità di compiere un viaggio cinematografico guidato da strati di ricordi di film, immagini ed emozioni della vita, senza altro scopo se non quello di creare arte — come se fosse un dipinto o una scultura — libero dalla normale narrativa o dalle aspettative del pubblico. Io e il cast abbiamo lavorato semplicemente per la gioia di fare arte.

Past Forward esiste in molteplici versioni intercambiabili come esperimento visivo e narrativo. È la storia di chi?

È la storia che una donna ha visto in televisione a casa sua, o è il suo ricordo, o è la sua fantasia, o è un sogno, o è possibile che sia tutte queste cose insieme? Fare questo film mi ha riacceso l’ispirazione. Ispirazioni provenienti da quadri e pittori che ho amato per gran parte della vita, e registi degli anni ’30 e precedenti, spiriti che vivono in immagini e sentimenti spettrali, come canzoni.

Maggiori info su PRADA – PAST FORWARD

 
 

Passo Falso: il trailer del film di Yannick Saillet

Ecco il trailer italiano di Passo Falso, film diretto da Yannick Saillet che arriverà il prossimo 23 giugno 2016 nelle sale italiane distribuito da CinecittaLuce.

Di seguito il video:

Passo Falso è una coproduzione italo-francese Myra Film / Babe Films, distribuita da Istituto Luce-Cinecittà, un thriller teso con uno straordinario one-man show, ambientato nella guerra in Afghanistan.

Dopo essere sopravvissuto ad un attacco lampo nel deserto afghano, Denis, un sergente francese, unico sopravvissuto della sua pattuglia, resta bloccato con un piede incastrato su una mina. Un uomo solo stretto in una morsa di insicurezza e fragilità: dubbi e paure lo attanagliano mentre il nemico si avvicina. Ha solo un paio d’ore per riuscire a salvarsi. Un conto alla rovescia che non si può fermare. Ma il congegno a orologeria, sospeso tra un’esplosione e la salvezza, va al di là della storia, rendendo Denis un uomo dei nostri tempi. Un uomo sospeso sopra una polveriera. In quel deserto, forse, Denis non è così solo come sembra.

passo falso Yannick Saillet

 
 

Passioni e Desideri: recensione del film di Fernando Meirelles

Passioni e Desideri

Arriva al cinema distribuito da Bim Passioni e desideri, il dramma diretto da Fernando Meirelles, con protagonisti Anthony Hopkins, Rachel Weisz, Jude Law e Ben Foster.

Passioni e desideri segue la casualità del destino questo intrigante racconto dell’amore e delle relazioni umane che si intrecciano in un mondo ormai totalmente interconnesso e globalizzato. L’idea del film è nata proprio sullo sfondo della crisi bancaria internazionale, dell’effetto domino della primavera araba e dell’instabilità dell’Euro-zona: appare chiaro più che mai quanto oggi il mondo sia interdipendente e come ogni singola azione possa avere conseguenze e ripercussioni inaspettate sulla nostra vita e quella delle altre persone.

Il pluripremiato sceneggiatore Peter Morgan ha deciso così di prendere in esame i cambiamenti sociali usando una metafora universale e antica come la terra: l’amore. Scelta raffinata e vincente, quella di ispirarsi al Girotondo del drammaturgo viennese Arthur Schnitzler, un classico di quasi un secolo fa che potrebbe essere scritto da un nostro contemporaneo. Non conosciamo niente del passato dei dieci personaggi che vedono le loro vite connettersi inconsapevolmente attraverso l’intero globo terrestre: ciò che è dato sapere sono solo passioni e desideri, i loro incontenibili impulsi spesso in contrasto con le loro scelte morali ed esistenziali. Ciò che accomuna le loro vite è che ciascuno cerca di fare la cosa giusta e si interroga incessantemente sulla direzione da prendere di fronte al bivio.

L’andamento circolare delle vicende copre Vienna, Parigi, Londra, Bratislava, Rio, Denver e Phoenix, e il regista brasiliano Fernando Meirelles non si è fatto mancare un cast internazionale di tutto rispetto, nel quale spiccano i nomi di Anthony Hopkins, Jude Law, Rachel Weisz e un incredibile Ben Foster. Figlio dei nostri tempi, Passioni e Desideri brilla per la sua modernità e lucidità di analisi, che non scende mai a facilonerie e semplicismi ma riesce a ricalcare con leggerezza la complessità del sesso e dell’amore nel ventunesimo secolo, sottolineando il nostro desiderio più che mai vivo di entrare in relazione con gli altri.

Il punto di partenza è la splendida sceneggiatura, che diventa materiale fertile nelle mani di Meirelles; semplice e profonda, mai compiaciuta, più che preoccuparsi di mandare avanti la storia incentra l’attenzione sull’essere umano e su quelle debolezze che lo rendono miserabile. Ma lo sguardo è sempre di positività e di speranza: nonostante tutto, non è impossibile amare sinceramente ed essere delle brave persone.

Passioni e Desideri

Il regista e il suo direttore della fotografia Adriano Goldman hanno giocato molto con la messa a fuoco e i riflessi, quasi volessero riprendere la storia dall’interno della testa dei personaggi per rispecchiare il loro stato di confusione e stordimento. L’insieme è mirabilmente costruito e montato, e riesce così a scorrere dinamicamente seguendo le numerose vicende parallele senza mai risultante straniante o noioso, ma trovando un complice valido nel fattore sorpresa.

Miracolosamente, i tanti tasselli che compongono il puzzle appaiono una cosa sola, e i personaggi sono tanto consistenti e vibranti che ognuno di loro meriterebbe un film tutto per sé: ma alla fine, è giusto che rimangano tutti parte dello stesso caos nel quale le storie individuali si illuminano a vicenda, come un favoloso gioco di specchi quale è la vita.

 
 

Passione: recensione del film di John Turturro

Passione recensione

Più che un film, Passione è una spudorata, travolgente e contagiosa dichiarazione d’amore a Napoli e quanto ne consegue.  Nel vero senso partenopeo del termine, un inno tanto esplicito da diventare quasi un spot d’immagine per la  città campana, vera e propria culla di un’idea di musica che nei secoli si è tramandata e che ha finito per conquistare il mondo è lo stesso regista: John Turturro.

L’indimenticabile Jesus Quintana, italo americano di nascita (è di origine siciliana), ma Newyorkese di fatto coglie a pieno, come nessuno avrebbe saputo fare quella che è l’essenza popolare della città e le sue varie inclinazioni sino addirittura a venirne fuori con un’ opera di respiro internazionale e multietnica.  Se Roma  fu prima la culla della civiltà  e dell’arte, nel film certamente Napoli è la culla della musica e nello specifico dello sceneggiato.

L’aspetto fondamentale che più si evince vedendo il film, è certamente il tentativo riuscitissimo del regista di mostrarci una tradizione, una cultura, ed una città tanto a noi vicina, in termini di spazio, quanto altrettanto lontana in termini sociali; e lo fa con il suo occhio “estraneo”, da straniero che non si fa trasportare dai soliti luoghi comuni  ma,  che riesce con lucidità, gioia, entusiasmo ed ironia a mettere a fuoco molto di più di semplici stereotipi: la vera essenza napoletana proiettandola in un processo di internazionalizzazione che certamente contribuirà a sciogliere i preconcetti legati al luogo e a mostrare la città per la sua vera natura.

Passione, il film

In un susseguirsi di sketch, personaggi misteriosi e simpatici, luoghi affascinanti, il film finisce quasi per miticizzare la città e la sua storia, diventando  qualcosa di “altro” di un semplice luogo.

E con la stessa semplicità John Turturro adatta al suo documentario gli schemi e le convenzioni del cinema napoletano, inserendo e “sceneggiando” canzoni celebri come “Era de maggio” o “Malafemmena”, “Maruzzella” o “Tammuriata nera”, e più recenti come “Don Raffae” (di De Andrè) o “Nun te scurda” di Raiz.

A passo di musica si finisce per ballare interiormente insieme al film che coinvolge ogni singolo personaggio che inquadra: artisti nazionali e internazionali, turisti e napoletani in un connubio divertente e amabile.

In conclusione Passione è il messaggio appassionato e disinteressato di uno degli attori più significativi del cinema indipendente americano, che omaggia il mondo napoletano che tanto da al mondo intero.

 
 

Passione Sinistra: recensione del film di Marco Ponti

Passione sinistra

In uscita nelle sale italiane il 18 d’Aprile, Passione sinistra è una commedia italiana ma dal sapore internazionale, a metà strada tra la commedia americana sofisticata e le tipiche rom-com inglesi campioni d’incassi alla Notting Hill.

In Passione sinistra Nina (Valentina Lodovini) è una donna cresciuta da sempre a pane e politica: un’idealista ferma e radicata su convinzioni prettamente di sinistra; crede in tutto quello che fa, è una blogger di successo, ed è convinta che si possa continuare a lottare per un mondo migliore. Vive da ben dodici anni con Bernardo (Vinicio Marchioni), un’eterna giovane promessa dell’editoria internazionale ancora in cerca del grande successo.

A questa coppia si contrappone quella costituita da Giulio (Alessandro Preziosi) e Simonetta (Eva Riccobono): lui, rampollo di una famiglia di ricchi industriali di destra, uomo arrogante, qualunquista e maschilista. La sua compagna è la tipica bambola svampita, una “simpatica biondezza” che nemmeno riesce a capire il significato delle parole. I destini di Nina e Giulio casualmente si incontrano per colpa di una villa al mare da vendere: lui è esattamente il tipo di uomo che lei disprezza e odia da sempre; lei è il tipo di donna che lui ignora da tutta una vita. Insomma, appartengono a mondi diversi, condividono ideali (o non ideali) diversi e ideologie contrastanti, se non fosse che il confine fra odio e amore è molto sottile e basta poco a ridisegnare la geometria sentimentale di due coppie apparentemente solide.

Questa è, a grandi linee, la sinossi della pellicola basata sull’omonimo romanzo edito da Bompiani e scritto da Chiara Gamberale, interessata piuttosto a far emergere dalle sue pagine la dinamica del tradimento che intacca le “affinità elettive” di due coppie. La commedia ha un buon ritmo, qualche dialogo brillante e delle interpretazioni nel complesso giuste che si muovono, però, sul labile confine tra naturalismo e “macchietta”: i luoghi comuni messi in scena sono molti, e gli argomenti “alti” trattati vengono diluiti in una soluzione molto patinata che fa leva su immagine, ritmo, colore e riferimenti pop, a partire dalla scelta della colonna sonora che contiene due brani opposti come “Destra/Sinistra” del compianto Gaber e “The Final Countdown” degli Europe riadattati da due stelle dei talent televisivi come Marco Mengoni e Chara Galiazzo.

I tanti spunti di riflessione disseminati nella trama si perdono tra le pieghe dei tempi da commedia, rendendo il prodotto finale una classica rom-com in salsa italica destinato a conquistare una vasta porzione di pubblico interessato a svagarsi al cinema tra un pop corn e un sorso di coca-cola. Prodotto gradevole, dal buon ritmo narrativo, forse non all’altezza di alcuni lavori precedenti del regista Marco Ponti, Passione Sinistra rappresenta un tentativo abbastanza riuscito di incentrare una tipica commedia su temi diversi dai soliti, mescolando sentimentalismo a ideologie politiche, sesso a priorità della vita, ricerca esistenziale a voglia di cambiamento.

 
 

Passione Sinistra : la conferenza stampa

Oggi, in data 11 Aprile 2013, si è tenuta nella cornice del cinema Adriano di Roma l’anteprima del film Passione sinistra, ultima fatica del regista Marco Ponti (già autore del cult Santa Maradona) in uscita nelle sale italiane a partire dal 18 Aprile, distribuito in 250 copie.

Dopo la proiezione, si è tenuta la conferenza stampa a cui hanno preso parte il regista stesso, gli attori Alessandro Preziosi, Valentina Lodovini, Eva Riccobono, Vinicio Marchioni, Geppi Cucciari, l’autrice del romanzo da cui è stato ricavato il film Chiara Gamberale (il suo “Una passione sinistra” è edito da Bompiani), alcuni rappresentanti della BiancaFilm e altri comprimari del cast.

passione sinistra

La conferenza si è aperta con una domanda riguardante la collaborazione tra Ponti e la Gamberale per l’adattamento del romanzo (Ponti è anche sceneggiatore del film): la produttrice Donatella Botti ha acquistato i diritti del romanzo e ha proposto l’idea dell’adattamento. Così, è cominciata la ricerca di un regista abbastanza spregiudicato da rappresentare due mondi totalmente diversi (quello “di destra” vs quello “di sinistra”) senza ricadere però negli stereotipi più comuni. Anzi, il lavoro di Ponti ha stupito la Gamberale perché ha arricchito l’universo di “passione sinistra” di dettagli pungenti non presenti nel libro. Durata la lavorazione, quella distinzione radicale, abissale tra destra e sinistra, si è precipitosamente infranto lasciando il posto a un cambiamento della situazione italiana, un mutamento messo in luce attraverso lo sguardo della commedia romantica di stampo quasi americano (o comunque dal respiro europeo, come hanno sottolineato alcuni critici tirando in ballo titoli come “Notting Hill”). L’autrice in un primo momento si era completamente tirata fuori dal progetto dell’adattamento per poi rientrarci necessariamente, perché comunque il suo romanzo è principalmente la storia di un tradimento, le interessava mettere in luce il potere dell’attrazione verso ciò che ci disgusta in un’altra persona completamente diversa e opposta a noi.

Si è passato, poi, ad analizzare nel dettaglio i personaggi.

Il film comincia con un microcosmo di personaggi intrappolati in situazioni limitanti, fino al finale in cui i due protagonisti –soprattutto!- intuiscono che ci sarà comunque un cambiamento, un nuovo vento di novità. Secondo Alessandro Preziosi, per esempio, la metafora della nascita di un figlio (leitmotiv presente già dai titoli di testa) rappresenta lo sconvolgimento delle certezze di una coppia, e diventa così metafora di un momento di caos come quello in cui ci troviamo adesso, augurandoci proprio un cambiamento radicale. E proprio l’attore parla del suo personaggio, Giulio, un arrogante rampollo di una ricca famiglia di industriali inevitabilmente di destra: il regista Marco Ponti ha confessato a Preziosi di aver scritto il copione pensando direttamente a lui, “tenendo una sua foto sul comodino” (commenta con ironia l’attore partenopeo),e questo ovviamente lo ha lusingato ma anche “preoccupato” perché il personaggio di Giulio è arrogante, maschilista e qualunquista, l’idea di un mondo migliore non lo sfiora minimamente… insomma, un personaggio diametralmente opposto rispetto all’attore stesso! Confida, inoltre, che hanno lavorato tutti insieme al copione cercando di rendere concrete le varie discussioni sui personaggi: soprattutto il lavoro con la Lodovini è stato ottimo, perché i due hanno trovato un’intesa perfetta che è poi scaturita in una serie di “scaramucce” sul set tra i due, divertenti diverbi che spingevano Ponti a prendere delle decisioni in merito al copione sentendo e valutando le idee di tutti e due. A prendere la parola dopo è stata Valentina Lodovini, che ha commentato il suo personaggio di Nina definendola come una novella “Alice nel paese delle meraviglie”, una donna alla ricerca di se stessa il cui fattore di vulnerabilità è dovuto proprio alla sua incertezza esistenziale, ricerca però slegata dalla necessità di trovare a tutti i costi l’uomo della sua vita… Nina cerca di prendersi quello che vuole con grande risolutezza, come riflette per esempio la scelta di avere un figlio prescindendo dal confronto con la volontà del partner. La Lodovini ammette di amare molto il cambiamento, diffidando di chi è categorico e di chi rimane troppo fermo sulle sue convinzioni.

Passione-sinistra-filmPer quanto riguarda il personaggio di Bernardo, interpretato da Vinicio Marchioni, l’attore riconosce che è un carattere che non cambia mai nel corso della pellicola: egli è l’eterno fidanzato di Nina, uno scrittore “impegnato” di sinistra sempre ad un passo dal successo ma destinato a fare la giovane promessa a vita. Scrive dei libri ed è sempre indaffarato a promuoverli in giro per l’Italia, incarnando così il prototipo dell’intellettuale autoreferenziale per cui è più importante promuovere la propria opera piuttosto che realizzarla. E questo suo egocentrismo sfrenato e narcisista lo spinge ad intrecciare in modo compulsivo una serie di relazioni con svariate donne, tradendo la sua compagna Nina. L’attore gli ha conferito, inoltre, un accento toscano per rendere il personaggio di Bernardo più simpatico ed accettabile agli occhi del pubblico. Marchioni ha paragonato “passione sinistra” ad una commedia sofisticata americana dove si tirano in ballo temi molto “alti”- come le ideologie politiche- messi in discussione dalla quotidianità delle esistenze dei vari personaggi; ma quando le ideologie si scontrano con l’usura della vita reale e la monotonia quotidiana facendo prevalere i sentimenti, a quel punto si arriva a rimettere tutto in discussione.

Eva Riccobono prende con ironia e leggerezza il suo personaggio, la biondona svampita Simonetta: avendo lavorato a lungo come modella, da sempre si è dovuta confrontare con un luogo comune che la voleva “bella, bionda e stupida” dando per scontato che, facendo quel tipo di mestiere, non potesse essere altro che un’oca… un personaggio così svampito, fuori luogo e fuori di testa era già in lei, visto che si definisce autoironica e ha sempre giocato su questo immaginario collettivo falsato. Simonetta non è solo stupida, quanto svitata e costantemente “fuori centro”, un personaggio tipicamente da film americano, talmente divertente da spingerla a portarlo avanti pure durante le pause dal set!

Anche la Cucciari, naturalmente, ha un atteggiamento ironico verso il suo personaggio, Martina, amica di Nina: Ponti le ha sempre dato modo di improvvisare sul set, e se nelle ripetizioni della stessa scena decideva di cambiare qualcosa o di aggiungere una sfumatura anche all’ultimo momento, lui gli dava carta bianca; anzi, tante volte era lui ad incentivarla suggerendole delle battute poco prima di girare! Riconosce, inoltre, di avere numerose somiglianze con il personaggio di Martina, con al sua assoluta sincerità e schiettezza: chiunque dovrebbe avere un’amica del genere accanto!

Prescindendo, quindi, da qualunque simbologia o riferimento diretto alla realtà politica italiana (per esempio, il personaggio del giovane neo-sindaco di Roma rampante modellato sul re dei Lemuri di “Madagascar” per come concepisce il potere!) l’ambizione di Ponti era quella di raccontare con affetto e leggerezza un’umanità che vive intorno a noi mostrando in scena due personaggi (Nina e Giulio) un po’ prigionieri di un vecchio schema mentale e di voler provocare un loro incontro-scontro attraverso i meccanismi tradizionali della rom-com. Così, la collisione tra passione politica e passione amorosa diventa il propellente per generare qualcosa che, si spera, possa essere un’Italia nuova, meno bloccata, meno prigioniera di luoghi comuni e incapacità di agire.

 
 

Passione sinistra – trailer ufficiale

Passione-sinistra-filmGuarda il Trailer ufficiale del film Passione sinistra di Marco Ponti con protagonisti Valentina Lodovini, Alessandro Preziosi, Geppi Cucciari, Eva Riccobono,

 
 

Passione Sinistra

Passione Sinistra, ultimo film del figlio d’arte Marco Ponti, è un film tratto liberamente dal romanzo di Chiara Gamberale Una Passione Sinistra, ed è una commedia brillante sull’ideologia, le scelte di vita e la nostra Italia, sempre divisa tra destra e sinistra (che sia politica o di pensiero e posizione sociale). La passione sinistra del titolo è quella che nasce tra Nina e Giulio. Lei è cresciuta a pane e politica. Idealista, integralista e decisamente di sinistra, crede in quello che fa ed è convinta del fatto che si possa lottare per un mondo migliore. Vive con Bernardo, giovane intellettuale e scrittore di imminente – ma non ancora conclamato – successo: uno destinato a fare la giovane promessa per tutta la vita. Lui invece è l’erede di una famiglia di industriali, che più arrogante e qualunquista non si può. Uno che l’idea del mondo migliore non lo sfiora neppure. Non a caso è fidanzato con Simonetta, una simpatica biondezza che ogni tanto inciampa persino sui congiuntivi. Nina e Giulio sono agli antipodi, se non fosse che spesso il destino ci mette lo zampino e trai due nascerà un’attrazione irrefrenabile, una passione sinistra che li porterà ad intrecciare una relazione.

Distribuito da 01 distribution il film di Ponti trova il suo punto di forza nei personaggi, nella loro caratterizzazione e soprattutto nel cast formato da volti italiani notissimi al grande pubblico. Se i comprimari come Eva Riccobono e Geppi Gucciari sono quei volti più amati e riconosciuti le vere stelle sono Valentina Lodovini e Alessandro Preziosi che, particolarmente affiatati sul set, sprigionano una grande alchimia. La bellezza verace della Lodovini si sposa alla perfezione con la passione politica di Nina, e allo stesso tempo il fascino un po’ ombroso, più che la bellezza in sè, di Preziosi si addice particolarmente all’uomo d’affari senza scrupoli che dovrebbe essere Giulio. Sicuramente sono loro il vero punto di forza di un film che con leggerezza si inserisce in un discorso sociale particolarmente “italiano”.

Passione Sinistra

Non c’è dubbio che una coppia di protagonisti così amati dal grande pubblico possa invogliare tanti spettatori curiosi ad andare a vedere come si raccontano le ideologie politiche al cinema! E voi cosa ne pensate della coppia Lodovini – Preziosi? Riusciranno a fare breccia nel cuore degli spettatori più esigenti? Ma soprattutto, è ancora attuale in Italia parlare di ideologia politica? Marco Ponti ha detto la sua, potete farlo anche voi commentando di seguito.

 
 

Passione ribelle: trama, cast e curiosità sul film con Matt Damon

Passione ribelle film

Ci sono scrittori di narrativa che hanno conosciuto ulteriore popolarità grazie al cinema e tra questi vi è indubbiamente Cormac McCarthy. Film come Non è un paese per vecchi e The Road, entrambi tratti da suoi acclamati romanzi, si sono infatti affermati come titoli di particolare rilievo, in special modo per la qualità del racconto offerto. Ancor prima di questi, però, ad arrivare sul grande schermo nel 2000 è stato Passione ribelle, tratto dal suo libro Cavalli selvaggi. A dirigere il film vi è il premio Oscar Billy Bob Thornton, qui alla sua seconda regia dopo Lama tagliente, grazie a cui aveva vinto la prestigiosa statuetta.

Il libro a cui il film si ispira è stato pubblicato nel 1992 e rappresenta il primo capitolo della cosiddetta Trilogia della frontiera, composta anche da Oltre il confine e Città della pianura. Questi tre volumi si incentrano sulle vicende formative di due giovani cowboy lungo il confine tra Texas e Messico. I due successivi romanzi non sono però mai stati adattati per il grande schermo, principalmente a causa dello scarso entusiasmo verso Passione ribelle. Il film, che aveva originariamente una durata di circa tre ore, è stato pesantemente fatto modificare dal produttore Harvey Weinstein, finendo con lo snaturarne il racconto.

La versione originale esiste ancora, ma per problemi di diritto d’autore non è mai stata rilasciata. Ai fan del western, dunque, non rimane che riscoprire questo film anche nei suoi difetti, potendovi ritrovare però anche diversi elementi di fascino. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Passione ribelle: la trama del film

La vicenda si svolge nel 1949, un periodo in cui il mito del selvaggio west è ormai al tramonto. Protagonista del film è John Grady Cole, un giovane cowboy del Texas che parte all’avventura verso il Messico assieme all’amico Lacey Rawlins. I due percorrono il confine che divide lo Stato americano dal Messico, incontrando lungo il tragitto numerosi personaggi bizzarri, caratteristici dei luoghi visitati. Il loro vagabondare li porta infine presso il ranch dell’aristocratico Don Hector de la Rocha y Villarreal. L’uomo acconsente ad assumere i due, che iniziano così a lavorare per lui. A cambiare ogni cosa, in particolare per John, vi è però l’incontro con la bella Alejandra.

Questa è la figlia di Don Hector, a cui l’uomo è particolarmente legato e che tenta di proteggere da ogni fattore esterno. Più i due giovani si conoscono, più la passione l’uno per l’altro si fa forte. La zia di lei tenterà di metterla in guardia, ma nulla potrà fermare il loro amore. Quando questo verrà scoperto, Don Hector non esiterà ad eliminare il problema facendo arrestare John e Lacey con l’accusa di omicidio. I due giovani cowboy si trovano così costretti a dover sopravvivere in quell’ambiente a loro estraneo e particolarmente difficile. Il desiderio di rivedere Alejandra, però, sarà più forte di ogni cosa e John non avrà pace finché non l’avrà soddisfatto.

Passione ribelle cast

Passione ribelle: il cast del film

Il ruolo del protagonista John Grady Cole è interpretato dall’attore Matt Damon, anche se originariamente prima di lui il ruolo era stato offerto a Leonardo DiCaprio e Brad Pitt. Damon, dichiaratosi particolarmente affascinato dal racconto, dall’ambientazione e dai sentimenti presenti, partecipò con grande entusiasmo al film. In seguito ai pesanti tagli imposti, egli criticò apertamente le scelte dei produttori, affermando di non riconoscere più il film per cui aveva nutrito tanta passione. Accanto a lui, nel ruolo dell’amico Lacey Rawlins, vi è invece l’attore Henry Thomas, conosciuto per essere stato Elliott in E.T. – L’extraterrestre.

Lucas Black, invece, compare nei panni di Jimmy Blevins, un ragazzo incontrato dai due cowboy e che si rivelerà decisivo nel loro percorso. Ad ottenere il ruolo della bella Alejandra, protagonista femminile del film, è stata la premio Oscar Penelope Cruz, all’epoca già particolarmente popolare. Per il ruolo era però stata considerata anche Natalie Portman, che rifiutò, e Jordana Brewster, che non ottenne però la parte. L’attore e musicista Ruben Blades interpreta invece il padre di lei, Don Hector, mentre Miriam Colon è la zia Doña Alfonsa. Nel film si ritrova anche il noto Sam Shepard nel ruolo di J. C. Franklin e Robert Patrick in quelli di Cole, il padre di John Grady.

Passione ribelle: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile vedere o rivedere il film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Passione ribelle è infatti disponibile nel catalogo di Rakuten TV, Chili, Google Play e Apple iTunes. Per vederlo, in base alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale, entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno lunedì 5 settembre alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

 
 

Passion: recensione del film di Brian De Palma

Passion film

Passion è il ritorno al thriller di Brian De Palma è liberamente ispirato al film francese del 2010 Crime d’Aumor di Alain Corneau. La storia scritta dallo stesso regista è incentrata sulla passione a tutto tondo. L’erotismo è visibile sin dall’inizio film a casa di Christine e poi si colora con altre sfaccettature, che vanno dall’esasperazione fino alla vendetta. Di fatti le due protagoniste, come da genere, sono misteriose, consapevoli della loro bellezza e del loro potenziale seduttivo. In questo, spicca Rachel McAdams, perfettamente calata nel ruolo della manipolatrice esercitando la sua influenza su tutti ed in particolare sul socio economico (Paul Anderson) mentre in un secondo momento sarà Isabelle a manipolare l’ispettore di polizia Bach (Rainer Bock); gli uomini del film si ritrovano ad essere dei burattini e complici inconsapevoli dei loro giochi di potere che porterà le due donne a una lotta di sopravvivenza con unica vincitrice.

In Passion Berlino, Christine (Rachel McAdams) è a capo di un importante società che si occupa di pubblicità su scala internazionale, con il tempo ha raggiunto il benessere, i soldi e il potere. Isabelle (Noomi Rapace) è la sua vice e rispetto a lei è molto più riservata e creativa. Il loro rapporto sembra idilliaco fino a quando Christine si prende i meriti per un’idea di Isabelle, cominciano i primi attriti che avranno un crescendo fino a quando Christine viene assassinata nel suo appartamento e gli indizi portano tutti a Isabelle che è convinta della sua innocenza.

Passion

Per la prima parte del film la struttura è lineare e la McAdams prova piacere nell’esercitare il controllo o con ricatti che sfociano nell’umiliazione. Naomi Rapace è credibile nel ruolo della vittima ma non assume lo stesso impatto scenico della sua coprotagonista, essendo un personaggio in bilico da sceneggiatura non c’è l’attaccamento da parte della sala. La seconda parte del film comincia a prendere la dimensione onirica, generando un po’ di confusione su un finale tutto da interpretare.

Lo stile del regista degli Intoccabili non si nasconde, anzi nonostante i riferimenti a Hitchcock che ha distribuito per la sua intera filmografia, dalle pause degli sguardi tra una conversazione all’altra o l’inquadratura tutto a fuoco, il regista ci propone un thriller attento al dettaglio-chiave che ci conduce alla scoperta dell’assassino.

Tuttavia il film genera il generale dispiacere di non saper proporre nuovi temi e nel particolare alcune incomprensioni di sceneggiatura che fanno giungere al colpo di scena finale con la tensione che diventa perplessità lasciando lo spettatore conscio di ciò che ha visto ma incredulo sulla storia.

 
 

Passengers: una nuova clip con Jennifer Lawrence

passengers Jennifer Lawrence

Arriva oggi in sala Passengers, il film di Morten Tyldum (The Imitation Game) con protagonisti Jennifer Lawrence e Chris Pratt. Di seguito potete vedere una nuova clip in italiano del film:

Tante foto da Passengers

A proposito del film, il regista Morten Tyldum (The Imitation Game) ha spiegato: “Gli spettatori piangeranno e rideranno. Resteranno col fiato sospeso. Volevamo realizzare un film che riuscisse a far ridere e piangere nello stesso momento. E se hai due star come Jennifer e Chris la cosa è ancora più facile. Sono entrambi due attori estremamente divertenti, ma al tempo stesso estremamente drammatici. Tra di loro c’è un alchimia incredibile. È stata un’esperienza bellissima dirigerli. Credo che in un periodo come questo, pieno di sequel e reboot, sia molto bello avere una storia originale con due delle più grandi star del momento. Sono davvero orgoglioso di questo film”.

Passengers la recensione del film

Al centro della storia sceneggiata da Jon Spaihts (Prometheus) c’è il meccanico Jim Preston (Pratt) che, durante un viaggio di 120 anni a bordo di un’astronave diretta su un pianeta situato in una galassia lontana dalla Terra, scopre di essersi erroneamente svegliato dal sonno criogenico quasi cento anni prima del previsto. Soffrendo la solitudine – unico uomo in mezzo a robot e androidi – Jim decide un anno dopo di risvegliare uno dei passeggeri e la sua scelta ricade sulla bella giornalista Aurora (Jennifer Lawrence). I due ben presto si innamorano, ma dovranno affrontare più di un ostacolo, in primis il malfunzionamento della navicella che li porrà seriamente in pericolo. Nel cast anche Laurence Fishburne e Michael Sheen.

 
 

Passengers: un segreto nel nuovo spot con Chris Pratt

È stato diffuso un nuovo spot tv di Passengers, lo sci-fi thriller che vede protagonisti Chris Pratt e Jennifer Lawrence. Di seguito il video che si intitola “Secret“:

https://www.youtube.com/watch?v=oeQtaATgoPQ

Chris Pratt ha appena terminato le riprese di Guardiani della Galassia Vol. 2, mentre per Jennifer Lawrence questo film rappresenterà un ritorno in sala dopo un periodo relativamente tranquillo, dal momento che quest’anno l’abbiamo vista in sala “soltanto” in X-Men Apocalypse, nel ruolo di Mistica.

Nella gallery a seguire potete inoltre vedere un nuovo poster internazionale che raffigura i due bei volti dei protagonisti.

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Al centro della storia sceneggiata da Jon Spaihts (Prometheus) c’è il meccanico Jim Preston (Pratt) che, durante un viaggio di 120 anni a bordo di un’astronave diretta su un pianeta situato in una galassia lontana dalla Terra, scopre di essersi erroneamente svegliato dal sonno criogenico quasi cento anni prima del previsto. Soffrendo la solitudine – unico uomo in mezzo a robot e androidi – Jim decide un anno dopo di risvegliare uno dei passeggeri e la sua scelta ricade sulla bella giornalista Aurora (Jennifer Lawrence). I due ben presto si innamorano, ma dovranno affrontare più di un ostacolo, in primis il malfunzionamento della navicella che li porrà seriamente in pericolo. Nel cast anche Laurence Fishburne e Michael Sheen. Passengers è diretto da Morten Tyldum (The Imitation Game).

Passengers arriverà nelle sale il 21 dicembre 2016.

Fonte: CBM