In occasione dell’uscita al cinema
di Il
Diritto di Opporsi, film con i premi Oscar
Brie Larson e Jamie
Foxx, Cinefilos.it offre la possibilità ai suoi
lettori di assistere gratuitamente all’anteprima
del film.
Martedì, 28 gennaio, alle 20.30, in
diverse sale italiane, è prevista l’anteprima del film, tratto da
una storia vera.
Ecco l’elenco delle sale
disponibili:
CITYLIFE MILANO 28/01/2020 20:30
METROPOLITAN NAPOLI 28/01/2020 20:30
JOLLY BOLOGNA 28/01/2020 20:30
THE SPACE GENOVA 28/01/2020 20:30
BARILLA/ CENTRO PARMA 28/01/2020 20:30
REPOSI TORINO 28/01/2020 20:00
GALLERIA BARI 28/01/2020 20:30
ARLECCHINO PALERMO 28/01/2020 20:30
FIAMMA FIRENZE 28/01/2020 20:30
PORTO ASTRA PADOVA 28/01/2020 20:30
Michael B. Jordan e i premi Oscar®
Jamie Foxx (“Ray”, “Baby Driver – Il genio della
fuga”, “Django: Unchained”) e Brie Larson (“Room”, “Short Term 12”
e “Captain Marvel”), sono i protagonisti de
“Il diritto di opporsi”, un dramma illuminante che porta sul grande
schermo una delle storie più importanti del nostro tempo.
Il premiato regista Destin Daniel
Cretton (“Il castello di vetro”, “Short Term 12”) ha diretto il
film da una sceneggiatura che ha co-scritto, tratta dal
pluripremiato best-seller di memorie ad opera di Bryan
Stevenson.
Il
Diritto di Opporsi si basa sulla vera storia, potente
e stimolante, del giovane avvocato Bryan Stevenson (Jordan) e la
sua storica battaglia per la giustizia. Dopo essersi laureato ad
Harvard, Bryan avrebbe potuto scegliere fin da subito di svolgere
dei lavori redditizi. Al contrario, si dirige in Alabama con
l’intento di difendere delle persone condannate ingiustamente, o
che non avevano una rappresentanza adeguata, con il sostegno
dell’attivista locale Eva Ansley (Larson). Uno dei suoi primi casi,
nonché il più controverso, è quello di Walter McMillian (Foxx), che
nel 1987 viene condannato a morte per il famoso omicidio di una
ragazza di 18 anni, nonostante la preponderanza di prove che
dimostrano la sua innocenza, e il fatto che l’unica testimonianza
contro di lui è quella di un criminale con un movente per mentire.
Negli anni che seguono, Bryan si ritroverà in un labirinto di
manovre legali e politiche, di razzismo palese e sfacciato, mentre
combatte per Walter, e altri come lui, con le probabilità – e il
sistema – contro.
Fanno parte del cast principale
anche Rob Morgan (“Mudbound”) nei panni di Herbert Richardson, un
detenuto che si trova nel braccio della morte in balia del proprio
destino; Tim Blake Nelson (“Wormwood”) nel ruolo di Ralph Myers, la
cui cruciale testimonianza contro Walter McMillian verrà messa in
discussione; Rafe Spall (“La grande scommessa”) è Tommy Chapman, il
procuratore distrettuale che si batte per la colpevolezza e la
condanna di Walter; O’ Shea Jackson Jr. (“Straight Outta Compton”)
nei panni di Anthony Ray Hinton, un altro detenuto condannato a
morte ingiustamente, la cui causa viene presa in carico da Bryan, e
Karan Kendrick (“Il coraggio della verità”) nel ruolo della moglie
di Walter, Minnie McMillian, che è sempre rimasta al fianco di suo
marito.
Il
Diritto di Opporsi è prodotto dal due volte candidato
all’Oscar® Gil Netter (“La vita di Pi”, “The Blind Side”), Asher
Goldstein (“Short Term 12”) e Michael B. Jordan, mentre Bryan
Stevenson, Mike Drake, Niija Kuykendall, Gabriel Hammond, Daniel
Hammond, Scott Budnick, Jeff Skoll e Charles D. King sono i
produttori esecutivi.
Cretton ha scritto la sceneggiatura
con Andrew Lanham (“Il castello di vetro”), basata sul libro di
Stevenson Just Mercy: A Story of Justice and Redemption.
Pubblicato nel 2014 da Spiegel & Grau, è stato per 180 settimane
nella lista dei best seller del New York Times, e nel
complesso è stato nominato uno dei migliori libri dell’anno da
numerosi top outlets, tra cui TIMEMagazine. Per la sua
opera, Stevenson si è aggiudicato inoltre la Andrew Carnegie Medal
for Excellence, un NAACP Image Award e il Dayton Literary Peace
Prize per la Nonfiction.
La squadra creativa che ha
collaborato con Cretton dietro le quinte comprende il direttore
della fotografia Brett Pawlak, la scenografa Sharon Seymour, il
montatore Nat Sanders e il compositore Joel P. West, che hanno
tutti precedentemente collaborato con il regista ne “Il castello di
vetro”. Fa parte del gruppo anche la costumista Francine
Jamison-Tanchuck (“Detroit”, “End of Justice – Nessuno è
innocente”).
Warner Bros. Pictures presenta, in
associazione con Endeavor Content/One Community/Participant
Media/Macro, una produzione Gil Netter, una produzione Outlier
Society: “Il diritto di opporsi”. Il film verrà distribuito in
tutto il mondo dalla Warner Bros. Pictures.
Michael B. Jordan e i premi Oscar Jamie Foxx (“Ray”, “Baby Driver – Il genio
della fuga”, “Django: Unchained”) e Brie Larson (“Room”, “Short Term 12” e
“Captain Marvel”), sono i protagonisti de
Il
Diritto di Opporsi, un dramma illuminante che porta
sul grande schermo una delle storie più importanti del nostro
tempo.
Il premiato regista Destin Daniel
Cretton (“Il castello di vetro”, “Short Term 12”) ha diretto il
film da una sceneggiatura che ha co-scritto, tratta dal
pluripremiato best-seller di memorie ad opera di Bryan Stevenson.
Il film verrà distribuito in tutto il mondo da Warner Bros.
Pictures ed uscirà nelle sale italiane il 30 gennaio 2020.
Il diritto di opporsi: la trama
Il
Diritto di Opporsi si basa sulla vera storia, potente
e stimolante, del giovane avvocato Bryan Stevenson (Jordan) e la
sua storica battaglia per la giustizia. Dopo essersi laureato ad
Harvard, Bryan avrebbe potuto scegliere fin da subito di svolgere
dei lavori redditizi. Al contrario, si dirige in Alabama con
l’intento di difendere delle persone condannate ingiustamente, o
che non avevano una rappresentanza adeguata, con il sostegno
dell’attivista locale Eva Ansley (Larson). Uno dei suoi primi casi,
nonché il più controverso, è quello di Walter McMillian (Foxx), che
nel 1987 viene condannato a morte per il famoso omicidio di una
ragazza di 18 anni, nonostante la preponderanza di prove che
dimostrano la sua innocenza, e il fatto che l’unica testimonianza
contro di lui è quella di un criminale con un movente per mentire.
Negli anni che seguono, Bryan si ritroverà in un labirinto di
manovre legali e politiche, di razzismo palese e sfacciato, mentre
combatte per Walter, e altri come lui, con le probabilità – e il
sistema – contro.
Fanno parte del cast principale
anche Rob Morgan (“Mudbound”) nei panni di Herbert Richardson, un
detenuto che si trova nel braccio della morte in balia del proprio
destino; Tim Blake Nelson (“Wormwood”) nel ruolo di Ralph Myers, la
cui cruciale testimonianza contro Walter McMillian verrà messa in
discussione; Rafe Spall (“La grande scommessa”) è Tommy Chapman, il
procuratore distrettuale che si batte per la colpevolezza e la
condanna di Walter; O’ Shea Jackson Jr. (“Straight Outta Compton”)
nei panni di Anthony Ray Hinton, un altro detenuto condannato a
morte ingiustamente, la cui causa viene presa in carico da Bryan, e
Karan Kendrick (“Il coraggio della verità”) nel ruolo della moglie
di Walter, Minnie McMillian, che è sempre rimasta al fianco di suo
marito.
Il
Diritto di Opporsi è prodotto dal due volte candidato
all’Oscar Gil Netter (“La vita di Pi”, “The Blind Side”), Asher
Goldstein (“Short Term 12”) e Michael B. Jordan, mentre Bryan
Stevenson, Mike Drake, Niija Kuykendall, Gabriel Hammond, Daniel
Hammond, Scott Budnick, Jeff Skoll e Charles D. King sono i
produttori esecutivi.
Cretton ha scritto la sceneggiatura con Andrew Lanham (“Il
castello di vetro”), basata sul libro di Stevenson Just Mercy:
A Story of Justice and Redemption, in uscita in Italia il
prossimo 30 gennaio con il titolo “Il diritto di opporsi”, edito da
Fazi Editore. Pubblicato nel 2014 da Spiegel & Grau, il libro è
stato per 180 settimane nella lista dei best seller del New
York Times, e nel complesso è stato nominato uno dei migliori
libri dell’anno da numerosi top outlets, tra cui
TIMEMagazine. Per la sua opera, Stevenson si è aggiudicato
inoltre la Andrew Carnegie Medal for Excellence, un NAACP Image
Award e il Dayton Literary Peace Prize per la Nonfiction.
La squadra creativa che ha
collaborato con Cretton dietro le quinte comprende il direttore
della fotografia Brett Pawlak, la scenografa Sharon Seymour, il
montatore Nat Sanders e il compositore Joel P. West, che hanno
tutti precedentemente collaborato con il regista in “Il castello di
vetro”. Fa parte del gruppo anche la costumista Francine
Jamison-Tanchuck (“Detroit”, “End of Justice – Nessuno è
innocente”).
Warner Bros. Pictures presenta, in
associazione con Endeavor Content/One Community/Participant
Media/Macro, una produzione Gil Netter, una produzione Outlier
Society: “Il diritto di opporsi”.
Il
diritto di opporsi, il dramma illuminante che porta sul
grande schermo una delle storie più importanti del nostro tempo,
con protagonisti Michael B. Jordan e i premi Oscar Jamie Foxx e Brie Larsona partire dal 14 maggio sarà
disponibile per l’acquisto in digitale (anche in 4K UHD*) su
Apple Tv, Youtube, Google Play, TIMvision, Chili, Rakuten TV,
PlayStation Store, Microsoft Film & TV. Dal 28 maggio sarà
inoltre disponibile anche per il noleggio su Sky Primafila,
Infinity e VVVVID.
In
occasione dell’uscita digitale del film, i primi 10 minuti
di Il
diritto di opporsi sono già disponibili sul canale Youtube ufficiale di Warner Bros.
Italia. Tra i contenuti extra spiccano la
riflessione di Michael B. Jordan e Bryan Stevenson
sull’importanza di raccontare questa storia al pubblico di
oggi, lo speciale dedicato alla Equal Justice
Initiative, dai modesti inizi fino a diventare un
protagonista del cambiamento capace di avere un impatto positivo su
migliaia di persone, e oltre 15 minuti di scene inedite.
IL FILM
Il premiato regista Destin Daniel
Cretton (“Il castello di vetro”, “Short Term 12”) ha diretto il
film da una sceneggiatura che ha co-scritto, tratta dal
pluripremiato best-seller di memorie ad opera di Bryan
Stevenson.
Il
diritto di opporsi si basa sulla vera storia, potente e
stimolante, del giovane avvocato Bryan Stevenson (Jordan) e la sua
storica battaglia per la giustizia. Dopo essersi laureato
ad Harvard, Bryan avrebbe potuto scegliere fin da subito di
svolgere dei lavori redditizi. Al contrario, si dirige in Alabama
con l’intento di difendere delle persone condannate ingiustamente,
o che non avevano una rappresentanza adeguata, con il sostegno
dell’attivista locale Eva Ansley (Larson). Uno dei suoi primi casi,
nonché il più controverso, è quello di Walter McMillian (Foxx), che
nel 1987 viene condannato a morte per il famoso omicidio di una
ragazza di 18 anni, nonostante la preponderanza di prove dimostri
la sua innocenza, e il fatto che l’unica testimonianza contro di
lui sia quella di un criminale con un movente per mentire. Negli
anni che seguono, Bryan si ritroverà in un labirinto di manovre
legali e politiche, di razzismo palese e sfacciato, mentre combatte
per Walter, e altri come lui, con le probabilità – e il sistema –
contro.
Fanno parte del cast principale
anche Rob Morgan (“Mudbound”) nei panni di Herbert Richardson, un
detenuto che si trova nel braccio della morte in balia del proprio
destino; Tim Blake Nelson (“Wormwood”) nel ruolo di Ralph Myers, la
cui cruciale testimonianza contro Walter McMillian verrà messa in
discussione; Rafe Spall (“La grande scommessa”) è Tommy Chapman, il
procuratore distrettuale che si batte per la colpevolezza e la
condanna di Walter; O’ Shea Jackson Jr. (“Straight Outta Compton”)
nei panni di Anthony Ray Hinton, un altro detenuto condannato a
morte ingiustamente, la cui causa viene presa in carico da Bryan, e
Karan Kendrick (“Il coraggio della verità”) nel ruolo della moglie
di Walter, Minnie McMillian, che è sempre rimasta al fianco di suo
marito.
Il film è prodotto dal due volte
candidato all’Oscar® Gil Netter (“La vita di Pi”, “The Blind
Side”), Asher Goldstein (“Short Term 12”) e Michael B. Jordan, mentre Bryan Stevenson,
Mike Drake, Niija Kuykendall, Gabriel Hammond, Daniel Hammond,
Scott Budnick, Jeff Skoll e Charles D. King sono i produttori
esecutivi.
Cretton ha scritto la sceneggiatura
con Andrew Lanham (“Il castello di vetro”), basata sul libro di
Stevenson Just Mercy: A Story of Justice and Redemption
(Fazi Editore). Pubblicato nel 2014 da Spiegel & Grau, il libro è
stato per 180 settimane nella lista dei best seller del New
York Times, e nel complesso è stato nominato uno dei migliori
libri dell’anno da numerosi top outlets, tra cui
TIMEMagazine. Per la sua opera, Stevenson si è aggiudicato
inoltre la Andrew Carnegie Medal for Excellence, un NAACP Image
Award e il Dayton Literary Peace Prize per la Nonfiction.
La squadra creativa che ha
collaborato con Cretton dietro le quinte comprende il direttore
della fotografia Brett Pawlak, la scenografa Sharon Seymour, il
montatore Nat Sanders e il compositore Joel P. West, che hanno
tutti precedentemente collaborato con il regista in “Il castello di
vetro”. Fa parte del gruppo anche la costumista Francine
Jamison-Tanchuck (“Detroit”, “End of Justice – Nessuno è
innocente”).
Warner Bros. Pictures presenta, in
associazione con Endeavor Content/One Community/Participant
Media/Macro, una produzione Gil Netter, una produzione Outlier
Society: Il
diritto di opporsi
CONTENUTI
EXTRA
MAKING MERCY: Michael B. Jordan presenta la crew di
professionisti che, davanti e dietro la camera, ha messo tutta la
propria passione per onorare il racconto della storia di Bryan
Stevenson sul grande schermo
THE EQUAL JUSTICE INITIATIVE: Bryan Stevenson
e Michael B. Jordan raccontano la nascita e lo
sviluppo della Equal Justice Initiative, dai suoi modesti
inizi fino a diventare un potente protagonista del cambiamento,
capace di avere un impatto positivo sulla vita di migliaia di
persone, arrivando alla creazione del National Memorial for
Peace and Justice
THIS MOMENT DESERVES: Michael B. Jordan discute insieme alla sua
controparte fuori dallo schermo, il vero Bryan Stevenson, sulla
storia de Il
diritto di opporsi, sul perchè questo film sia
importante per il pubblico di oggi e sul processo creativo e le
ricerche svolte per adattare il libro al grande schermo
Il Diritto di Contare, il film diretto
da Theodore Melfi, con Octavia Spencer, Janelle
Monáe, Kevin Costner, KirstenDunst e
Jim Parsons, che uscirà al cinema il prossimo 8 marzo
distribuito da 20th Century Fox.
Il Diritto di Contare, oltre ad aver
ricevuto la candidatura come Miglior Sceneggiatura Non
Originale ai prestigiosi BAFTA, è stato candidato a tre
Premi Oscar, rispettivamente per Miglior Film, Migliore
Attrice Non Protagonista – Octavia Spencer e Miglior
Sceneggiatura Non Originale.
Il Diritto di Contare,
trama
Il Diritto di Contareracconta
l’incredibile storia mai raccontata di Katherine Johnson (Taraji P.
Henson), Dorothy Vaughn (Octavia Spencer) e Mary Jackson (Janelle
Monae), tre brillanti donne afroamericane che – alla NASA –
lavorarono ad una delle più grandi operazioni della storia: la
spedizione in orbita dell’astronauta John Glenn, un obbiettivo
importante che non solo riportò fiducia nella nazione, ma che
ribaltò la Corsa allo Spazio, galvanizzando il mondo
intero.
Candidato a tre premi Oscar, tra
cui migliori film, arriva in Italia Il Diritto di
Contare, intitolato in maniera più poetica e affascinante
in originale come Hidden Figures, ossia
Figure Nascoste. E proprio di persone nell’ombra
parla il film diretto da Theodore Melfi e
intepretato da Taraji P. Henson,
Octavia Spencer, Janelle Monáe, con ruoli di
secondaria importanza per Kevin Costner e Kirsten Dunst.
Il Diritto di
Contare racconta una storia vera
La storia è quella vera e mai
raccontata di Katherine Johnson, Dorothy Vaughn e
Mary Jackson, tre brillanti afroamericane
impiegate alla NASA. Tutte e tre, nella loro specialità, sono
riuscite a distinguersi nei reparti più importanti dell’agenzia
spaziale americana, contribuendo in maniera decisiva a inviare
nello spazio John Glenn, il primo astronauta della
storia degli Stati Uniti ad orbitare intorno alla Terra. Le tre
donne hanno combattuto contro il duplice pregiudizio che la società
le ha cucito addosso negli anni ’50: l’essere di colore e l’essere
donne in una società che non rendeva la vita facile a nessuna delle
due categorie.
Quando il cinema si approccia a una
storia vera, presumibilmente con il nobile intento di raccontare
vicende sconosciute ma che, come queste vanno effettivamente
valorizzate e divulgate, è importante stabilire da subito l’iter
che si intende seguire nella messa in scena e nei toni applicati al
racconto. Nel caso de Il Diritto di Contare si sceglie un
linguaggio leggero da commedia che, pur con alcuni sparuti momenti
di tensione, rischia di svilire l’incredibile storia che si va ad
esporre come fosse un compitino ben svolto.
Il biopic si limita a
mostrare gli eventi narrati, senza un guizzo di originalità
Il film di Melfi non ha
assolutamente niente di sbagliato. I costumi, colorati e
caratterizzati aiutano a definire cronologicamente e
caratterialmente i personaggi; le attrici sono tutte
straordinariamente in parte, complice anche la rappresentazione di
una tipologia di personaggio che padroneggiano alla perfezione (le
facce di Octavia Spencer sono più o meno sempre uguali
e non per questo sgradevoli); le battute, i tempi, lo svolgersi
delle vicende, tutto costruisce un quadro da compito senza un vero
e proprio guizzo artistico che possa determinare un valore aggiunto
del film.
Il pregio de Il
Diritto di Contare è quello di portare alla luce delle
“figure nascoste”
Il limite de Il Diritto di
Contare è tutto nel suo servire la biografia senza cercare
una strada originale di raccontare. Tuttavia, considerata la
levatura della storia in questione, in questo caso, basta anche
solo mostrare per tirare fuori dall’ombra delle figure che, grazie
a questo film, non sono più nascoste.
Arriva in sala il prossimo 8 marzo
Il diritto di contare, film di Theodore
Melfi con Taraji P. Henson,
Octavia Spencer, Janelle Monáe e
Kevin Costner.
L’epopea della corsa americana alla
conquista dello spazio e della Luna, a ormai mezzo secolo di
distanza, si è lasciata alle spalle il ricordo indelebile della
manciata di uomini che hanno messo piede sul nostro satellite,
lasciando però nell’ombra e talvolta condannando all’oblio le
decine di scienziati e tecnici che resero possibile
quell’avventura: un patrimonio di personaggi e storie ancora
ampiamente inesplorato anche sotto il profilo cinematografico.
Contribuisce oggi a colmare seppur
in minima parte, Hidden Figures, in italiano
Il diritto di contare, dedicato alle matematiche
afroamericane Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e
Mary Jackson, che diedero un contributo
fondamentale ai calcoli relativi alle rotte, alle traiettorie, alle
cosiddette ‘finestre di lancio’, delle navette, attraversando tutta
l’età dell’oro del programma spaziale americano, dal primo volo
orbitale di John Glenn, alla missione lunare dell’Apollo XI, fino
ai voli dello Shuttle e ai primi calcoli relativi al possibile
viaggio verso Marte.
Tutto ciò usando il loro talento per
la matematica e avvalendosi anche dei primi calcolatori
elettronici, in un’epoca in cui per mandare l’uomo sulla Luna
vennero usate tecnologie che oggi appaiono obsolete anche per il
più comune degli smartphone.
Donne e per di più
afroamericane: in una società in cui i pregiudizi razziali erano
ancora radicati e il femminismo era ben al di là da venire,
Katherine Johnson e le sue colleghe riuscirono a
farsi largo e dare un contributo determinante alle missioni
spaziali, in un ambiente che, pur non esente dai medesimi
pregiudizi presenti nel resto della società, era uno dei pochi
‘porti franchi’ in cui le capacità di chiunque di contribuire alla
causa del programma spaziale andavano oltre qualsiasi
considerazione legata a sesso o colore della pelle.
A portare sullo schermo la vicenda è
stato Theodore Melfi – che ne ha scritto
anche la sceneggiatura assieme ad Allison
Schroeder – qui al suo secondo lungometraggio dopo
essersi segnalato con l’esordio della commedia musicale St.
Vincent, utilizzando come base di partenza la biografia firmata da
Margot Lee Shatterly.
Le tre protagoniste avranno i volti
di Tarji P. Henson (Katherine Johnson), candidata
all’Oscar per Il curioso caso di Benjamin Button e gunta alla
grande notorietà grazie ai ruoli di Jocelyn Carter nella serie
Person of Interest e soprattutto di Cookie Lyon in
Empire; Octavia Spencer (Dorothy
Vaughan), pluripremiata per la sua interpretazione in The
Help e Janelle Monáe (Mary Jackson), fin
qui nota soprattutto per la sua carriera di cantante r’n’b.
Della partita saranno anche
Kevin Costner, Kirsten Dunst e
Jim Parsons (lo Sheldon Cooper di
Big Bang Tehory), mentre Glen
Powell (Tutti vogliono qualcosa) ‘nomen
omen’ darà il volto a John Glenn, primo astronauta
statunitense ad aver compiuto un volo orbitale attorno alla
Terra.
Colonna sonora firmata da
Hans Zimmer e cui ha collaborato anche il re Mida
del pop di matrice funk e r’n’b Pharrell
Williams, con la canzone portante
Runnin; Williams ha tra l’altro contribuito anche
alla produzione del film.
È stato diffuso dalla 20th
Century Fox il nuovo trailer originale di Il Diritto di
Contare (Hidden Figures), film drammatico
ambientato negli anni ’60 che ha come protagoniste Taraji
P. Henson (Empire), il premio Oscar Octavia Spencer (The Help) e la cantante
Janelle Monáe.
Il trailer di Il Diritto di
Contare
Di seguito il poster con le protagoniste:
Adattato dal romanzo di
Margot Lee, Hidden Figures: The Story of the
African-American Women Who Helped Win the Space Race, il film
si basa su una sceneggiatura scritta da Allison
Schroeder. A dirigere la pellicola ci sarà
Theodore Melfi.
Nel film recita anche Kevin Costner che interpreta il capo
del programma spaziale della NASA. La Henson sarà invece la
brillante Katherine Johnson, matematica afro-americana che,
insieme alle colleghe Dorothy Vaughn (Spencer) e Mary Jackson
(Monáe), fornì i dati necessari a compiere l’impresa di mandare un
uomo in orbita intorno alla Terra, l’astronauta John Glenn.
Completano il cast Kirsten
Dunst, Jim Parsons, Mahershala Ali, Aldis Hodge e
Glen Powell.
Ecco la trama: Il Diritto di
Contare è l’incredibile storia mai raccontata di
Katherine Johnson (Taraji P. Henson), Dorothy Vaughn (Octavia
Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monae), tre brillanti donne
afroamericane che – alla NASA – lavorarono ad una delle più
grandi operazioni della storia: la spedizione in orbita
dell’astronauta John Glenn, un obbiettivo importante che non
solo riportò fiducia nella nazione, ma che ribaltò la Corsa
allo Spazio, galvanizzando il mondo intero. Le tre pioniere –
superando ogni forma di barriera – sono state un modello
d’ispirazione per generazioni.
Il Diritto di
Contare uscirà al cinema il 13 gennaio 2017.
Acclamato come uno dei migliori film
del 2016, Il diritto di contare (qui la recensione) è diretto da
Theodore Melfi e racconta la storia della
scienziata afroamericana che collaborò con la NASA per la missione
Apollo 11, sfidando il razzismo e il sessismo dell’epoca. Il titolo
originale della pellicola è Hidden Figures, che identifica
proprio le figure rimaste sullo sfondo di questa e delle altre
donne coinvolte nelle operazioni della celebre agenzia governativa.
La storia qui raccontata trae ispirazione dal romanzo omonimo di
Margot Lee Shetterly, pubblicato nel 2016 dopo
lunghe e ampie ricerche.
La scrittrice ha infatti iniziato a
lavorare al libro, appartenente al genere della saggistica, nel
2010. All’interno di questo si concentra in prevalenza sulla
biografia di tre tra le donne che più di altre si distinsero
all’interno della NASA. Per il suo importante contributo, il testo
diventa da subito un best seller, i cui diritti vengono subito
acquistati dalla Fox. In breve, la sua trasposizione
cinematografica viene ad essere realizzata, raccontando così la
vita di queste tre donne, impegnate a bilanciare la loro carriera
con la vita famigliare.
Uscito poi in sala, il film si è
rivelato uno dei maggiori successi cinematografici dell’anno. A
fronte di un budget di soli 25 milioni di dollari, Il diritto
di contare è arrivato ad incassarne globalmente oltre 236.
Anche i giudizi della critica sono stati particolarmente
entusiasmanti, con lodi particolari per le interpreti principali.
Presentatosi infine da protagonista ai premi Oscar, il film
conquistò ben tre nomination, rispettivamente come miglior film,
miglior attrice non protagonista e migliore sceneggiatura non
originale. Vinse invece il prestigioso Screen Actors Guild Award
come miglior cast.
Il diritto di contare: la
trama del film
La vicenda si svolge negli Stati
Uniti del 1961, in pieno periodo di lotte contro la segregazione
razziale. In tale contesto si svolge la vita della matematica
afroamericana Katherine Johnson. Insieme alle
colleghe Dorothy Vaughan e Mary
Jackson, anch’esse afroamericane, lavora come addetta
calcolatrice per la NASA. L’agenzia governativa è in piena
attività, poiché i recenti successi dei satelliti russi hanno reso
necessarie nuove conquiste spaziali da parte degli Stati Uniti.
Trasferita nella Space Task Group per via delle sue capacità in
ambito matematico, la Johnson si ritrova così impegnata a seguire
la squadra capitanata da Al Harrison, il cui
obiettivo è lanciare una capsula pilotata da uno degli astronauti
della base.
La donna svolge il nuovo lavoro al
meglio delle sue possibilità, ma si ritrova ad essere frenata dalla
mancanza di comunicazione con i nuovi colleghi. Questi, infatti, la
trattano con marcata sufficienza, essendo lei la prima donna di
colore a lavorare nel gruppo. Come lei, anche le due colleghe
dimostrano sempre più fatica nello svolgere il loro lavoro in un
contesto tanto chiuso e poco incline alla parità tra bianchi e
neri. Ma le tre donne sono dotate di una tenacia sorprendente e
faranno affidamento sulla consapevolezza di essere dotate di
capacità che gli altri non hanno. È così che si riveleranno
decisive ognuna nel loro settore, permettendo di ottenere risultati
altrimenti irraggiungibili.
Il diritto di contare: il
cast del film
Ad impreziosire il cast vi sono
alcuni tra gli attori più popolari dell’attuale panorama
statunitense, tra cui diversi premi Oscar. Innanzitutto, a dare
volto al personaggio di Katherine Johnson vi è l’attrice
Taraji P. Henson, divenuta celebre grazie al film
Il curioso caso di Benjamin Button. Per approcciarsi al
ruolo, questa richiese di poter incontrare la vera Johnson, che
aveva all’epoca delle riprese ben 98 anni. Nonostante l’età,
l’attrice rimase impressionata dalla sua lucidità, e si fece
raccontare quanti più dettagli possibili per poter essere fedele
nella sua interpretazione. In seguito, la Johnson lodò la
performance dell’attrice, apprezzando il modo in cui l’aveva
ritratta.
A ricoprire il ruolo di Dorothy
Vaughan è invece Octavia
Spencer, divenuta celebre in seguito alla vittoria
dell’Oscar come attrice non protagonista per il film The
Help nel 2012. Anche la Spencer condusse diverse ricerche
sulla vera donna da lei interpretata, al fine di potersi calare al
meglio nei suoi panni. L’interpretazione, particolarmente
apprezzata, le valse una nomination all’Oscar, sempre come attrice
non protagonista. Infine, Mary Jackson ha qui il volto della
cantante e attrice Janelle Monae, che era presente
quell’anno anche in un altro dei film candidati al premio:
Moonlight.
Nel film si ritrova poi la presenza
del premio Oscar Kevin
Costner, il quale interpreta il personaggio di Al
Harrison. Questi è il capo della squadra dove inizia a lavorare la
Johnson, e sarà il primo a guardare con sospetto la donna. Jim
Parsons interpreta invece l’ingegnere capo Paul
Stafford. Anche lui membro della squadra, sarà tra tutti quello a
voler intrattenere meno rapporti possibili con la Johnson.
L’attrice Kirsten
Dunst dà invece vita a Vivian Mitchell, supervisore
della Johnson e della Vaughan, con la quale avrà accesi scontri.
Infine, il premio Oscar Mahershala
Ali è Jim Johnson. Questi è un ufficiale della Guardia
Nazionale, il quale intraprenderà una relazione con Katherine,
fonte di sostegno per entrambi.
Il diritto di contare: il
libro e la storia vera
Come precedentemente riportato, nel
suo saggio l’autrice Shetterly ricostruisce la vita delle tre donne
all’interno della NASA basandosi su fonti e testimonianze
attendibili. La sua è una versione dunque quanto più possibile
fedele di quello che fu il loro lavoro e il rapporto con i
colleghi. Naturalmente, seppur in buona fede, per la trasposizione
cinematografica si resero necessarie una serie di modifiche volte a
dar al racconto una struttura più cinematografica, con una maggior
drammatizzazione di certi aspetti ed eventi. Innanzitutto, il film
si concentra sull’anno 1961, mentre come era facilmente
immaginabile la vera storia delle tre donne copre un arco temporale
molto più ampio.
Una particolare estremizzazione che
il film mette in atto è però proprio quella relativa alla
segregazione. La vera matematica Johnson affermò in diverse
interviste di non aver mai vissuto particolari eventi di razzismo o
sessismo all’interno degli uffici della NASA. Per quanto fosse
consapevole di essere guardata e trattata in modo diverso dagli
altri colleghi, ciò non era evidente tanto quanto mostrato nel
film. Secondo lei, infatti, ognuno era concentrato sul proprio
lavoro e sulle ricerche, ed era raro che vi fosse tempo per
evidenti episodi di razzismo. Nella realtà, inoltre, la Johnson non
si trovò promossa singolarmente nella Space Task Group. Lei
lavorava infatti nella Flight Research Division, e venne trasferita
insieme ai colleghi nella nuova divisione al momento della fondazione di questa, nel 1958.
In ultimo, molti dei personaggi del
film non sono realmente esistiti, come Vivian Mitchell, Paul
Stafford e Al Harrison. La loro presenza, probabilmente solo
vagamente ispirata a figure realmente esistite, è servita agli
sceneggiatori per accentuare gli scontri tra le donne e gli altri
membri della NASA. In generale, la gran parte degli eventi narrati
nel film seguono la vera storia delle tre donne e delle loro
ricerche, modificando solo alcuni aspetti delle loro vicende. Se
molti chiusero un occhio circa tali rimaneggiamenti, non mancarono
comunque alcune critiche a riguardo, che accusavano di aver voluto
eccessivamente caricare di drammaticità una storia che non lo
meritava.
Il diritto di contare: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Per gli appassionati del film, o per
chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. Il diritto di
contare è infatti presente su Rakuten TV,
Google Play, Apple
TV+, Amazon Prime Video e Disney+. In base alla
piattaforma scelta, sarà possibile noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale al catalogo. In questo modo
sarà poi possibile fruire del titolo in tutta comodità e al meglio
della qualità video. Il film verrà inoltre trasmesso in televisione
mercoledì 24 maggio alle
ore 21:30 sul canale Rai
1.
Arriverà l’8 marzo in Italia
Il Diritto di Contare (Hidden Figures),
film diretto da Theodore Melfi, con Taraji P.
Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe,
Kevin Costner, KirstenDunst e Jim
Parsons.
Di seguito un nuovo promo e una
divertente clip:
Oltre ad aver
ricevuto la candidatura come Miglior Sceneggiatura Non
Originale ai prestigiosi BAFTA, il film
è stato candidato a tre Premi Oscar, rispettivamente per Miglior
Film, Migliore Attrice Non Protagonista – Octavia
Spencer e Miglior Sceneggiatura Non Originale.
Il Diritto di
Contare trama
Il Diritto di Contareracconta
l’incredibile storia mai raccontata di Katherine Johnson (Taraji P.
Henson), Dorothy Vaughn (Octavia Spencer) e Mary Jackson (Janelle
Monae), tre brillanti donne afroamericane che – alla NASA –
lavorarono ad una delle più grandi operazioni della storia: la
spedizione in orbita dell’astronauta John Glenn, un obbiettivo
importante che non solo riportò fiducia nella nazione, ma che
ribaltò la Corsa allo Spazio, galvanizzando il mondo
intero.
Si sono appena concluse, dopo sette
settimane a Roma, le riprese di “Il Dio
dell’amore” la nuova commedia sull’amore contemporaneo
raccontato attraverso gli occhi “storici”, curiosi e indagatori di
un padrino d’eccezione, il grande letterato, maestro di seduzione,
poeta esperto d’amore: Ovidio, interpretato da Francesco
Colella. Nel cast Benedetta Cimatti, Francesco
Colella, Corrado Fortuna,
Vinicio Marchioni, Isabella Ragonese, Vanessa
Scalera.
Il Dio dell’Amore è
un viaggio, o un’esplorazione, nelle relazioni amorose. Una storia
sui destini sentimentali di alcune persone, sui loro modi di
amarsi, di sfiorarsi, di entrare in contatto uno con l’altro. È un
racconto corale dal tono ironico, sorridente ma anche amaro, che
disegna una umanità impelagata nel caos dei sentimenti che da
sempre ci agitano e ci meravigliano. I personaggi sono tutti
collegati da relazioni amorose e, se visti tutti insieme, tutti
parte di un fitto disegno, una tessitura dove ognuno è un nodo, un
inizio e una fine. Il loro destino è in mano al Dio dell’Amore, una
creatura capricciosa e imprevedibile, a volte benevolo e mite e a
volte invece agguerrito e battagliero. A condurci in questo viaggio
è il poeta Ovidio, l’eterno cantore dell’amore che, al di là di
ogni sentimentalismo e di ogni morale, torna dalla Roma Imperiale
direttamente nella nostra contemporaneità per raccontarci questa
storia.
Il dio dell’amore – foto di Emanuela Scarpa
Il film, scritto da Enrico
Audenino e Francesco Lagi, è diretto da Francesco
Lagi ed è una produzione Cattleya – parte di ITV Studios –
BartlebyFilm e Vision Distribution in collaborazione con SKY.
Girato interamente a Roma vede tra gli altri interpreti
Anna Bellato, Enrico Borello, Chiara Ferrara e
Elia Nuzzolo.
Il film uscirà al cinema prossimamente distribuito da Vision
Distribution.
Come ti comporteresti se scoprissi
che la moglie del tuo migliore amico lo tradisce? E se tutte le tue
certezze sulla vita di coppia fossero basate su un matrimonio
fedifrago? Sono le domande alle quali si trova costretto a
rispondere Vince Vaughn, co-protagonista insieme a
Kevin James di Il Dilemma, ultimo
film di Ron Howard, dal 20 maggio al cinema.
Dopo la parentesi ‘browniana’
Howard ritorna alla commedia e lo fa con il suo stile sobrio, la
sua limpidezza formale e la sua grande capacità di coinvolgere
emotivamente il pubblico attraverso lo scandagliamento viscerale
dei suoi personaggi. Perché lontano dal trend di mercato, il buon
vecchio Ron ci offre uno spaccato anche profondamente doloroso di
una generazione che in America (come nel resto del mondo) non
riesce più a trovare il suo posto all’interno della società,
rivelandosi profondamente inadatto anche rispetto alla vita di
coppia.
Il Dilemma che
poteva trasformarsi in una già vista commedia degli equivoci,
racconta invece con estrema lucidità e con un sorriso amaro il
dilemma, appunto, di quest’uomo che si trova in una posizione
difficile verso l’amico tradito dalla moglie, ma anche verso se
stesso, poiché credeva nel matrimonio grazie all’apparente
perfezione di quello del suddetto amico. Howard riesce anche a
misurare con attenzione l’esuberanza di Vaughn e James, che sono
abituati a tutt’altro tipo di risate, mentre sceglie con cura le
due protagoniste femminili: Winona Ryder, la fedifraga isterica, sembra
aver trovato una nuova giovinezza al cinema, mentre
Jennifer Connelly riesce ancora ad offrire un ritratto
onesto e sensibile di una donna comune, straordinariamente bella e
perfetta.
Il finale sincero e realistico è in
sintonia con il tono del film, rientrando in quei pochi casi in cui
l’autore ha il coraggio di mostrare i fatti così come andrebbero se
si trattesse di situazioni reali invece che di storie di finzione.
Il Dilemma è un film da vedere, per ridere in
maniera intelligente e per farsi anche un po’ trascinare dalla sua
amarezza.
Apple TV+
ha presentato il trailer di “Il dilemma di
Lincoln“, la nuova docuserie in quattro parti che prende
in esame, dalla prospettiva del XXI secolo, la vita di un uomo
complicato nel contesto dei suoi tempi. Ricca di storie inedite e
focus sull’uomo Lincoln, la docuserie mette in luce un lato poco
conosciuto e più intimista del sedicesimo presidente degli Stati
Uniti d’America, offrendo una nuova prospettiva su una storia che
sembra più attuale e pertinente che mai. Narrate da Jeffrey Wright e con le voci di Bill Camp nei
panni di Abraham Lincoln e Leslie Odom, Jr. nei panni di Frederick
Douglass, tutte e quattro le parti di “Il dilemma di Lincoln”
saranno presentate in anteprima mondiale venerdì 18 febbraio su
Apple TV+.
Basata sul pluripremiato libro
dello storico David S. Reynolds, “Abe: Abraham Lincoln in His
Times”, la serie presenta approfondimenti di numerosi giornalisti,
insegnanti e studiosi di Lincoln, oltre a rari materiali d’archivio
che offrono uno sguardo più sfumato sull’uomo soprannominato il
Grande Emancipatore. Ambientato sullo sfondo della guerra civile,
“Il dilemma di Lincoln”, dà voce anche ai racconti di persone
ridotte in schiavitù, dando forma a una visione più completa di
un’America divisa su questioni come economia, razza e umanità e
sottolineando la battaglia portata avanti da Lincoln per salvare il
paese a ogni costo.
“Il dilemma di Lincoln”, è prodotto
da Eden Productions e Kunhardt Films. I produttori esecutivi sono
Peter Kunhardt, Teddy Kunhardt, George Kunhardt, Josh Tyrangiel,
Richard Plepler, Jacqueline Olive, Barak Goodman e Jelani Cobb.
Jacqueline Olive e Barak Goodman dirigono la serie.
La nuova serie si unisce alla rosa
in espansione di pluripremiati documentari e docuserie su Apple
TV+, tra cui “Boys State” vincitore dell’Emmy Award; “The
Velvet Underground”, l’acclamato documentario del regista Todd
Haynes; “Beastie Boys Story”, vincitore del Critics Choice Award e
nominato agli Emmy e ai Grammy; il documentario di successo
mondiale “Billie Eilish: The World’s A Little Blurry”; “Fireball:
messaggeri dalle stelle” di Werner Herzog, candidato al premio per
il documentario Critics Choice; così come le prossime docuserie su
Magic Johnson, “The Supermodels” e “Number One on the Call Sheet”,
narrati da Jamie Foxx, Kevin Hart, Datari Turner e Dan Cogan.
Tenetevi forte. Miranda Priestly è
destinata a regalare altri sguardi fulminanti nel sequel di
Il diavolo veste Prada.
La Disney sta sviluppando un sequel
del film di successo del 2006 con Meryl Streep nei panni di Miranda Priestly, la
potente redattrice di Runway, con Anne Hathaway ed Emily Blunt nei panni delle di lei
assistenti Andrea Sachs ed Emily Charlton.
La sceneggiatrice del film originale
Aline Brosh McKenna (“Crazy Ex-Girlfriend”, “Your
Place or Mine”) è in trattative per tornare a scrivere il prossimo
capitolo. Non è chiaro chi del cast originale ritornerà, ma secondo
quanto riferito la trama segue Priestly mentre naviga nella sua
carriera in mezzo al declino dell’editoria di riviste tradizionali
e affronta il personaggio di Blunt, ora un dirigente di potere per
un gruppo di lusso con soldi destinati alla pubblicità di cui
Miranda ha estremo bisogno.
Il diavolo veste Prada:
in lavorazione il sequel!
Basato sul romanzo di Lauren
Weisberger del 2003 sull’esperienza da incubo di una
giovane donna che lavorava presso una rivista di moda (Weisberger
ha lavorato come assistente personale per la direttrice di
Vogue America Anna Wintour), Il diavolo veste Prada è stato un
successo al botteghino, incassando 326,7 milioni di dollari in
tutto il mondo e per il ruolo Meryl Streep ha
ottenuto un Golden Globe come migliore attrice in una commedia,
oltre a una nomination all’Oscar. Anche la designer
Patricia Field è stata nominata all’Oscar per i
costumi del film.
Negli anni successivi, i fan si sono
chiesti se fosse “tutto qui” per Miranda, Andy ed Emily. Il trio di
attrici ha mantenuto vivo il ricordo del film nella mente del
pubblico, riunendosi più recentemente sul palco dei SAG Awards di
febbraio. Hathaway e Blunt hanno anche discusso della realizzazione
del film per la serie “Actors on Actors” di Variety, rivisitando
alcuni dei momenti più iconici del film e parlando della
collaborazione con Meryl Streep (che ha
improvvisato alcune delle battute più taglienti di Miranda, ma si è
persa un set molto divertente perché ha scelto il metodo per il
ruolo).
La notizia di un sequel
di Il diavolo veste Prada arriva mentre la
versione musicale teatrale, con Vanessa Williams
che indossa i caratteristici occhiali da sole scuri di Miranda
Priestly, inizia le anteprime prima dell’apertura di ottobre nel
West End di Londra. La produzione presenta una colonna sonora
originale di Elton John, regia e coreografia del
tre volte vincitore del Tony Award Jerry Mitchell,
testi della cantautrice Shaina Taub e libretto di
Kate Wetherhead.
Saranno Elton John e Paul
Rudnick a firmare l’adattamento musical de
Il Diavolo veste
Prada, la commedia di grande successo targata Fox
con Anne Hathaway e Meryl
Streep, che ha incassato 326 milioni di dollari in tutto
il mondo e ora si appresta a calcare i palcoscenici di
Broadway.
A produrre la versione musical del film del 2006, tratto dal
romanzo di Lauren Weisberger, sono Kevin
McCollum, Fox Stage Productions e la Rocket Entertainment
di Elton John, che ha già composto per
Il Re Leone, il musical
Aida prodotto dalla Disney e per il
musical tratto daBilly Elliot
prodotto dallo stesso artista britannico.
“Ripensare a Il Diavolo veste Prada per il
musical teatrale è super eccitante. Sono un grande fan sia del
libro che del film e un convinto aficionado del mondo della moda.
Non vedo l’ora di affondare i miei denti da musical in questo
bel pezzo di cultura pop”, ha
dichiarato Elton John.
Paul Rudnick è
uno sceneggiatore, giornalista e commediografo. Per il teatro ha
scritto I Hate
Hamlet, Jeffrey e The New
Century. È stato accreditato come sceneggiatore per
In & Out e La famiglia Addams
2, ma ha contribuito a diversi altri script. I
suoi articoli vengono pubblicati su New Yorker, Vanity Fair, Vogue
e molte altre riviste.
Tra le tante commedie con
protagoniste femminili realizzate nei primi anni Duemila,
Il diavolo Veste Prada è probabilmente la più
iconica, nonché quella che più solleva anche riflessioni non così
spensierate su temi come il lavoro, lo stress e la salute mentale.
Tra glamour, alta moda e vite rivoluzionate, questo film fa sì
sorridere, ma anche riflettere su che tipo di persona si vuole
diventare. A distanza di anni, è ancora un titolo amatissimo,
complice anche le eccezionali attrici che compongono il cast.
Ecco dieci cose da sapere su
Il diavolo veste Prada.
La trama di Il diavolo veste Prada
Protagonista del film è
Andy, la quale dopo la laurea ottiene il lavoro da
sogno per il quale “un milione di ragazze ucciderebbe”: essere
l’assistente di Miranda, la direttrice di Runway,
la rivista di moda più venduta del settore. Si tratta di un lavoro
destinato ad accelerare la sua carriera giornalistica, se solo
riuscirà a sopravvivere a un anno di lavoro per l’esigente boss.
Andy, che non ha alcun senso della moda, si vede dunque catapultata
in uno stile di vita pieno di ritmi frenetici, tacco minimo di tre
pollici e abuso di coca cola e caffè. Ben presto, però, si
accorgerà di come quella vita la sta allontanando da ciò che
davvero conta e da ciò che realmente vuole diventare.
Il libro da cui è tratto il film
1. Il film si basa sul libro
omonimo. Il romanzo su cui si basa il film è stato scritto
da Lauren Weisberger nel 2003. Sebbene abbia
tenuto a sottolineare che i personaggi siano di pura fantasia,
senza nessun riferimento ad Anne Wintour, storica
direttrice di Vogue, ci sono delle somiglianze e
delle descrizioni che sembrano proprio farne un ritratto o
quantomeno ispirarsi fortemente alla personalità della Wintour. Tra
il 1999 ed il 2000, l’autrice del romanzo è infatti stata
l’assistente di Wintour e sembra che l’esperienza della giovane
Andy sia, in realtà, una versione romanzata della sua. La
direttrice di Vogue ha poi rivelato di essere rimasta piacevolmente
colpita dal film, a dispetto dello scetticismo di partenza.
Il cast del film
2. Anne Hathaway ha studiato molto per la sua
parte. Dopo aver saputo di aver ottenuto il ruolo di Andy,
l’attrice si è preparata per la parte offrendosi volontaria per una
settimana come assistente in una casa d’aste. Ha così potuto
imparare i ritmi e i compiti di tale ruolo, così da poter poi
essere più realistica al momento delle riprese.
3. Meryl Streep si è
presentata ad Anne Hathaway in modo molto… particolare.
Come rivelato in seguito, il primo giorno di riprese, Meryl Streep ha incontrato per la prima volta
Anne Hathaway, rivolgendole le seguenti
parole: “Penso che tu sia perfetta per questo ruolo. Sono così
felice che lavoreremo insieme“. Poi ha fatto una pausa e ha
aggiunto: “Questa è l’ultima cosa carina che ti dirò“. E
così è stato. Steep è a quel punto entrata nel personaggio di
Miranda, mantenendo una certa freddezza nei confronti della
Hathaway, così da rendere più autentico il loro conflitto.
4. È stato il primo ruolo
importante di Emily Blunt. Oggi tra le attrici più
apprezzate della sua generazione e candidata agli Oscar per
Oppenheimer, al tempo di Il diavolo
veste Prada, però, aveva alle spalle giusto qualche ruolo
secondario. Fu poi scoperta dopo aver fatto un’audizione per
Eragon (2006), ma era stata rifiutata dopo molteplici
richiami. Un produttore di Il diavolo veste
Prada decise a quel punto di inserirla in un nastro di
audizione. Più di 100 attrici furono prese in considerazione per la
parte e la Blunt era tornata in Inghilterra per riprendersi quando
i dirigenti della Fox le proposero un’altra audizione, questa volta
chiedendole di vestirsi in modo più simile al suo personaggio.
Nella videoregistrazione, indossava jeans e infradito. Ottenne
subito il ruolo.
5. Valentino ha voluto
apparire nel film. Tra i tanti stilisti contattati per
chiedere loro di partecipare al film, solo Valentino
Garavani ha scelto di fare un’apparizione nel
lungometraggio nei panni di sé stesso. Inoltre, egli stesso ha
disegnato l’abito nero che viene indossato da Meryl Streep nella scena ambientata al
museo.
Le candidature agli Oscar del
film
6. Ha ricevuto due
nomination agli Oscar. Il film, tra i più nominati e
premiati del suo anno, è poi arrivato anche agli Oscar 2007, dove
figurava nelle categorie Migliori costumi e Miglior attrice
protagonista con Meryl Streep. In entrambi i casi il premio non
andò a Il diavolo veste Prada, in quanto a vincere
come Migliori costumi fu Marie Antoinette e a vincere come
Miglior attrice fu Helen Mirren per il film The
Queen.
Qual è il significato del titolo e
del film?
7. Il film lancia un
messaggio ben preciso. Per quanto riguarda il titolo del
film, Il diavolo veste Prada, questo fa
riferimento al personaggio interpretato dalla Streep, Miranda, la
quale si comporta con tale severità da risultare un vero e proprio
Diavolo. Ma, lavorando nel settore della moda, è un Diavolo molto
elegante, che veste Prada. Per quanto riguarda il significato
generale del film, invece, questo riflette sui pericoli di
una società
basata sull’apparire, sul voler diventare qualcuno e su come le
emozioni vengano talvolta messe da parte per poter restare in tale
ambiente molto competitivo. Il film, dunque, parla di un ambiente
lavorativo tossico ben prima che questo concetto divenisse popolare
come lo è oggi.
Altre curiosità sul film
8. Scegliere i costumi è
stato un investimento. Nonostante i molteplici prestiti
dei designer, Patricia Field ha speso oltre un
milione di dollari in costumi. È proprio con questo film, tra
l’altro, che – come già riportato – ha ricevuto la sua prima
nomination agli Oscar per i Miglior costumi. Tutti i costumi
utilizzati sono stati in seguito messi all’asta per finanziare una
ricerca sul cancro al seno. Tra i vari acquirenti, c’era anche
Anne Hathaway, che ha acquistato il vestito
verde che viene indossato dal suo personaggio nel corso del
film.
9. La sceneggiatura
originale era stata scritta tempo prima. Prima che il
romanzo fosse pubblicato, quattro sceneggiatori avevano già
provveduto a realizzare la prima sceneggiatura del film. Questo è
stato possibile sulla base di un’acquisizione dei diritti
precedente alla pubblicazione. Tuttavia, la prima versione si
discostava molto da quanto raccontato dal romanzo, essendo questo
ancora grossomodo inedito, è la storia che avrebbe dovuto essere
trasposta in film sembrava un ricalco di Zoolander. Quando
il romanzo è diventato poi un bestseller, si è provveduto a
cambiare lo script.
Un sequel del film è in fase di sviluppo!
10. Verrà realizzato un
sequel. Il 4 giugno 2013 è uscito negli Stati Uniti
Revenge Wears Prada: The Devil Returns (La vendetta veste
Prada: Il ritorno del diavolo) ambientato dieci anni dopo il
fortunato primo capitolo. Andy Sachs è divenuta editore capo di una
sua rivista, The Plunge, dedicata ai matrimoni la cui Public
Relation è la ex nemesi di Andrea, Emily Charlton (che nel
precedente capitolo era l’assistente senior di Miranda), ora sua
migliore amica. La protagonista sta organizzando il suo matrimonio
con un rampollo di una delle migliori famiglie di Manhattan e
reincontrerà la sua temuta mentore Miranda Pristley.
Nel luglio 2024 è arrivata la
notizia che La Disney sta sviluppando un sequel del film. La
sceneggiatrice del film originale Aline Brosh
McKenna è in trattative per tornare a scrivere il prossimo
capitolo. Non è chiaro chi del cast originale ritornerà, ma secondo
quanto riferito la trama segue Priestly mentre naviga nella sua
carriera in mezzo al declino dell’editoria di riviste tradizionali
e affronta il personaggio di Blunt, ora un dirigente di potere per
un gruppo di lusso con soldi destinati alla pubblicità di cui
Miranda ha estremo bisogno.
Dove vedere il film in
streaming
Il film è disponibile in
streaming digitale. È possibile fruire di Il
diavolo veste Prada grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Apple TV, Prime Videoe Disney+. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video.
Simone Ashley, Lucy Liu,
Justin Theroux, B.J. Novak e Pauline
Chalamet si sono uniti al cast di Il
Diavolo veste Prada 2. E non sono gli unici volti nuovi della
rivista Runway. Tra gli altri nuovi arrivati figurano le star di
Broadway Helen J. Shen (“Maybe Happy Ending”) e
Conrad Ricamora (“Oh, Mary!”), così come il comico
Caleb Hearon, oltre al già annunciato
Kenneth Branagh.
Nel frattempo, due personaggi noti,
Tracie Thoms, che ha interpretato Lily, la
migliore amica amante delle borse del personaggio di
Anne Hathaway, e Tibor
Feldman, che ha interpretato Irv Ravitz, il presidente
della società madre di Runway, Elias-Clark, riprenderanno i loro
ruoli nel sequel.
La 20th Century Studios della Disney
sta finanziando Il
Diavolo veste Prada 2, attualmente in produzione e la cui
uscita nelle sale è prevista per il 1° maggio 2026. Sebbene i
dettagli della trama non siano stati confermati, la storia, a
quanto pare, segue la terrificante caporedattrice di Runway,
Miranda Priestly (Streep), mentre affronta la sua carriera nel
declino dell’editoria tradizionale. Si scontra con il personaggio
di Blunt, la sua ex assistente che ora è una potente dirigente di
un gruppo del lusso, con finanziamenti pubblicitari di cui Priestly
ha disperatamente bisogno.
David Frankel, che
ha diretto il film del 2006, e Aline Brosh
McKenna, che ha scritto la sceneggiatura originale,
torneranno per il sequel insieme alla produttrice Karen
Rosenfelt. Basato sul romanzo di Lauren Weisberger, un
romanzo a chiave sul lavoro per Anna Wintour a Vogue, “Il
diavolo veste Prada” segue l’aspirante giornalista Andy
Sachs (Hathaway) che viene assunta come assistente in una rivista
di moda patinata ma si ritrova in balia del suo capo esigente. Il
film è stato un successo di critica e pubblico, incassando 326
milioni di dollari in tutto il mondo e ottenendo una nomination
all’Oscar per Streep.
La produzione dell’attesissimo
Il diavolo veste Prada 2 della 20th Century Studios è
in pieno svolgimento, e i quattro attori principali Meryl
Streep, Anne Hathaway, Emily Blunt e Stanley
Tucci sono stati ufficialmente annunciati dalla Disney, ma
c’è un’aggiunta: il premio Oscar Kenneth Branagh
che interpreterà il marito di Miranda Priestly, la regina di
ghiaccio della Streep e direttrice della rivista di moda.
Un tempismo perfetto per la 20th
Century Studios per quanto riguarda l’uscita definitiva di questo
film, dato che l’industria della moda si trova ora in un’epoca in
cui la caporedattrice di Vogue Anna Wintour si è
appena dimessa dopo 37 anni (si vocifera che l’autrice originale
del bestseller del New York Times, Lauren
Weisberger, si sia ispirata a Wintour, di cui era
l’assistente personale).
Uscito nel 2001 al cinema, il
film Il diario di Bridget Jones si è
imposto come una delle commedie romantiche più apprezzate e
iconiche del nuovo millennio. Il suo merito sta non solo
nell’essere un brillante adattamento dell’omonimo libro di
Helen Fielding, ma anche nell’aver proposto una
protagonista fuori dai canoni e proprio per questo capace di
risultare più vera presso il grande pubblico, che ha potuto
facilmente immedesimarsi in lei e nelle sue avventure e
disavventure lavorative e romantiche. Diretto da Sharon
Maguire, il film è dunque stato un grandissimo successo
sia al box office che tra la critica.
Si tratta dunque di un grande
classico di questo genere, caratterizzato non solo da divertenti
situazioni tipiche di questa tipologia di film ma anche da
interpretazioni di alto livello. Per tutti i fan di questo genere,
Il diario di Bridget Jones è dunque un titolo da non
perdere. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi al
libro, alla trama, al
cast di attori e ai sequel.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Il diario di Bridget
Jones: il libro di Helen Fielding
Il diario di Bridget Jones
nasce ufficialmente il 28 febbraio del 1995 come rubrica curata
dalla giornalista Helen Fielding sul quotidiano
britannico The Independent. In essa, si descrive
ogni settimana il punto di vista di una donna di trent’anni,
single, in cerca di amore e stabilità. Il successo straordinario di
tale rubrica ha poi spinto la Fielding a rielaborare quanto scritto
in un romanzo omonimo, pubblicato nel 1996. Anche questo si è poi
affermato come un grandissimo successo letterario, con oltre 10
milioni di copie vendute nei primi sette anni. La calorosa
accoglienza del romanzo ne ha decretato la strada verso il grande
schermo.
Ciò che ha reso Il diario di
Bridget Jones un fenomeno culturale mondiale è in particolare
il suo proporre un personaggio che dialoga in modo realistico con i
problemi e le aspirazioni delle donne del tardo XX Secolo. Sono
infatti rappresentate molte delle ansie che colpirono i trentenni,
sia donna che uomini, negli anni Novanta. Il fatto che Bridget
Jones sia un personaggio tanto poco conforme agli standard, tra i
suoi vizi e le sue manie, la rende adatta anche ad un pubblico
maschile. Il libro, inoltre, è anche considerato come uno dei
principali fondatori del cosiddetto Chick Lit, ovvero quel
genere letterario rappresentato da scrittrici che si rivolgono
prevalentemente ad un pubblico di donne giovani, single e in
carriera.
Infine, non si può sottolineare il
fatto che la Fielding, in fase di scrittura, abbia avuto come
modello da cui trarre ispirazione il classico della letteratura
Orgoglio e pregiudizio di Jane
Austen, a cui Il diario di Bridget Jones è
ispirato. L’adattamento cinematografico ha presentato alcune sfide
tecniche. Il pensiero di Bridget, onnipresente nel libro che è
infatti strutturato come un diario, è difficilmente comunicabile in
un film. La Fielding e lo sceneggiatore Andrew
Davies si sono dunque occupati in particolare di tradurre
le preoccupazioni di Bridget Jones in uno stile cinematografico,
che potesse dunque rendere visibile ciò che nel libro è espresso
attraverso i pensieri.
Il diario di Bridget
Jones: la trama e il cast del film
Protagonista del film è dunque
Bridget Jones, una trentenne insoddisfatta della
propria vita e della propria forma fisica, con una profonda cotta
per il suo capo Daniel Cleaver. Quando è chiamata
a partecipare all’annuale cena di Capodanno a casa di sua madre,
Bridget incontra qui l’ammaliante e introverso avvocato
Mark Darcy, dal quale rimane profondamente
colpita. Decisa a migliorarsi, la donna inizia dunque a tenere un
proprio diario dove annotare quanto le accade e gli impegni fatti
per dare una sistemata alla sua vita. Allo stesso tempo, Bridget si
ritrova inaspettatamente al centro delle attenzioni sia di Daniel
che di Mark, i quali erano un tempo grandi amici. Fare una scelta
tra i due pretendenti sarà per lei però molto difficile.
Per interpretare Bridget Jones
furono prese in considerazione attrici come Kate
Winslet e Helena Bonham Carter, ma ad
ottenere il ruolo fu l’americana Renee
Zellwegger. La cosa suscitò parecchie lamentele, in
quanto veniva tradita la natura profondamente inglese del
personaggio. La Zellwegger però studiò a lungo per dar vita ad un
convincente accento inglese, lavorò presso una casa editrice e mise
su circa 12 chili, dando dunque vita ad una perfetta versione di
Bridget Jones. Il suo impegno e la sua interpretazione furono poi
lodati ampiamente la Zellwegger ottenne anche una nomination come
miglior attrice ai premi Oscar.
Accanto a lei, nel ruolo di Daniel
Cleaver vi è invece l’attore Hugh Grant,
lieto per una volta di poter abbandonaree il ruolo dell’eroe
romantico e rivelare un lato più cinico e deprecabile. Colin Firth,
invece, è l’affascinante avvocato Mark Darcy. Tale personaggio era
stato scritto dalla Fielding proprio ispirandosi al signor Darcy di
Orgoglio e pregiudizio, interpretato dallo stesso Firth
nell’omonima serie televisiva del 1995. Nel film recitano poi gli
attori Jim Broadbent e Gemma
Jones nei panni del padre e della madre di Bridget, mentre
Shirley Henderson, James Callis e
Sally Phillips sono Jude, Tom e Shazzer, amici di
Bridget.
Il diario di Bridget
Jones: i sequel, il trailer e dove vedere il film in streaming
e in TV
Dato il grande successo del film,
nel 2004 è stato realizzato un sequel dal titolo Che pasticcio, Bridget
Jones!, interpretato ovviamente sempre dalla
Zellwegger, da Firth e da Grant. Si portano così avanti le vicende
dell’amata protagonista, divisa tra il lavoro e una sfera
sentimentale quantomai complicata. Pur incassando sensibilmente
meno, anche questo dimostrò il grande interesse del pubblico nel
personaggio e nel modo in cui questo affronta il suo genere di
riferimento. Dopo 12 anni di attesa, nel 2016 è infine stato
distribuito Bridget Jones’sBaby, dove la protagonista si ritrova
alle prese con una maternità senza sapere esattamente di chi sia il
figlio.
In attesa di vedere tali sequel, è
possibile fruire di Il diario di Bridget
Jones grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google
Play, Apple iTunes, Now, Paramount+ e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 4 ottobre alle ore
21:10 sul canale La 5.
Il film Il destino di un
cavaliere è stato uno dei primi titoli a far
conoscere al mondo il talento dell’attore Heath
Ledger. Questi si sarebbe infatti affermato di lì a poco
come uno dei migliori interpreti della sua generazione, fino a
vincere l’Oscar postumo per la sua interpretazione del Joker in
Il cavaliere
oscuro. Nel film scritto e diretto da Brian
Helgeland, egli è invece William Thatcher, scudiero dalle
grandi aspirazioni. Realizzato nel 2001, questo è uno dei primi
grandi film dell’attore, che ha qui potuto sfoggiare doti comiche e
una buona presenza scenica, richiesta per le epiche scene presenti
nella storia.
Il film è ambientato nella seconda
metà del 1300, ma si avvale di una narrazione anacronistica. Il
regista scelse infatti di utilizzare un linguaggio molto moderno,
avvalendosi anche di una colonna sonora comprendente celebri brani
rock degli anni Settanta. Tali elementi contribuirono al successo
del film, che si affermò negli anni come un vero e proprio cult. Al
momento della sua uscita, infatti, Il destino di un
cavaliere guadagno un totale di oltre 117 milioni a fronte di
un budget complessivo di circa 65. Tale risultato permise al film
di diventare un dei titoli più forti del suo anno.
Il titolo scelto da Helgeland,
inoltre, si riferisce ad uno dei racconti contenuti in
Canterbury Tales, la raccolta di scritti di
Geoffrey Chaucer, composta sul finire del 1300. La
trama non ha però nulla a che fare con tale racconto, seguendo
piuttosto una propria storia originale. Diverse sono le curiosità
legate a questa, dall’ambientazione fino al ricco cast di attori.
Di seguito sarà possibile scoprire le principali di queste, come
anche le piattaforme dove è possibile ritrovare in streaming il
film.
Il destino di un cavaliere: la
trama del film
Ambientato sul finire del 1300, il
film ha per protagonista il giovane William Thatcher, giovane
scudiero che sogna per sé grandi avventure. L’occasione di
dimostrare il proprio valore arriva nel momento in cui il suo
padrone muore improvvisamente nel bel mezzo di una giostra
medievale. Il ragazzo si trova così a cogliere l’opportunità
decidendo di indossare l’armatura del defunto e terminare per lui
il torneo a cui stava partecipando. Vincere questo comporterebbe
infatti ottenere un ricco premio, con cui il giovane potrebbe
concretamente dare una svolta alla propria vita. Aiutato dagli
amici Wat e Roland, egli riesce infine ad ottenere quanto sperato.
Tale evento lo carica di emozioni e adrenalina, e lo porta a voler
partecipare ad altri tornei per poter diventare un vero e proprio
cavaliere.
C’è solo un problema che può frenare
le sue aspirazioni: le sue origini non sono nobili. Sulla strada
verso una nuova sfida, egli si imbatte casualmente nel poeta
Geoffrey Chaucer. Questi, in cambio di farsi mantenere come araldo,
promette al giovane di fornirgli una falsa patente di nobiltà. Egli
acquisisce così il nome di Sir Ulrich Von Lichtenstein. Giunto in
Inghilterra per partecipare ad un nuovo importante torneo,
l’aspirante cavaliere incontra la bella damigella Jocelyn, di cui
si innamora subito. Prima di ottenere quanto desidera, però, dovrà
sfidarsi con il conte Adhemar, il quale sembra essere a conoscenza
del suo segreto.
Il destino di un cavaliere: il cast
del film
All’epoca delle riprese del film, il
giovane Heath
Ledger era pressocché sconosciuto presso il grande
pubblico. L’attore aveva infatti da poco iniziato a recitare e si
stava formando una reputazione solo in quello stesso periodo. Il
regista, infatti, rimase colpito dalla forza della sua
interpretazione in Il patriota, del 2000, e decise di
offrirgli il ruolo del protagonista nel suo film. Affascinato dal
personaggio, Ledger iniziò a studiare il ruolo del cavaliere di
quel periodo, al fine di poter essere più realistico nella sua
rappresentazione. Egli imparò inoltre ad eseguire una serie di
complesse acrobazie, come anche ad eseguire quanto richiesto dai
giochi dei tornei. Fu proprio durante una simulazione di questi che
Ledger finì con il colpire con una finta lancia il regista,
rompendogli un dente.
Accanto all’attore sono poi presenti
una serie di altri celebri interpreti statunitensi ed europei.
Paul
Bettany, oggi noto per il ruolo di Visione nel
Marvel Cinematic Universe, ricopre
il ruolo del poeta Geoffrey Chaucer. Questo venne scritto
appositamente pensando a Bettany, e il regista dichiarò che non
avrebbe girato il film se questi non avesse acconsentito a
partecipare. Per interpretare il personaggio, però, l’attore finì
con il contrarre una forte laringite, dovuta alle numerose scene in
cui era richiesto che urlasse. L’attrice Shannyn
Sossamon interpreta invece il ruolo della damigella
Jocely, che conquista il cuore del protagonista. Rufus
Sewell, invece, noto per la serie The Man in the
High Castle, dà vita al perfido conte Adhemar. Infine, si
ritrovano anche Alan
Tudyk nei panni di Roland e Bérénice
Bejo in quelli di Christiana.
Il destino di un cavaliere: la
colonna sonora, il trailer, e dove vedere il film in streaming e in
TV
Come anticipato, all’interno del
film sono presenti diversi brani di genere rock, il più dei quali
appartenenti agli anni Settanta del Novecento. Tra questi si
annoverano Golden Years di David Bowie,
You Shook Me All Night Long degli AC/DC e
Crazy on You degli Heart. È inoltre
presente una cover di We are the Champions realizzata dal
cantante Robbie Williams. Celebre è invece il
brano We Will Rock you dei Queen, udibile
durante il primo torneo del protagonista. Il regista dichiarò che
la decisione di usare tali brani invece di musiche ispirate
all’epoca in cui è ambientato il film è dovuta al desiderio di far
trasparire in modo più chiaro le emozioni provate dai
personaggi.
Per gli appassionati del film, o per
chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. Il destino di un
cavaliere è infatti presente su Rakuten TV, Chili
Cinema, Google Play, Apple iTunes, Netflix e Amazon Prime Video. In base alla
piattaforma scelta, sarà possibile noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale al catalogo. In questo modo
sarà poi possibile fruire del titolo in tutta comodità e al meglio
della qualità video. Il film è inoltre in programma in televisione
per sabato 10 ottobre alle
ore 21:15 sul canale
La7.
Il regista di Il Destino di un Cavaliere, Brian
Helgeland, spiega perché il sequel del film non è andato
avanti in casa Netflix. Distribuita nel 2001, la commedia d’azione
ambientata in un finto Medioevo racconta la storia di William
Thatcher interpretato da Heath
Ledger, uno scudiero contadino che si atteggia a
cavaliere e si sforza di raggiungere la gloria nelle gare di
giostre. Il film ha avuto un modesto successo al botteghino, ma ha
poi sviluppato un seguito appassionato, in parte grazie alla
performance carismatica di Ledger.
In una recente intervista per
Inverse, Helgeland rivela che
esistevano diverse idee per Il Destino di un Cavaliere
2. Lo sceneggiatore e regista spiega che un’idea è
arrivata addirittura a suscitare l’interesse di Sony, ma una
collaborazione pianificata con Netflix sul progetto è andata in
pezzi a causa dei dati algoritmici di quest’ultima società.
Quando abbiamo finito Il
Destino di un Cavaliere, stavamo già pensando di
realizzare il seguito, un film sui pirati. La trama ruotava attorno
al conte Adhemar che rapiva Jocelyn e la portava a Costantinopoli.
Ma tutti vengono messi in schiavitù quando vengono poi rapiti dai
pirati. C’è un prigioniero sulla barca che ha una mappa del tesoro
tatuata sulla schiena, ma continua a essere fustigato per
indisciplina. I ragazzi si offrono volontari per farsi frustare a
turno al posto di questo prigioniero, così la mappa non viene
cancellata. Sony non voleva farlo.
Mi è stata proposta un’altra
idea che riguardava la figlia di William. Paul
Bettany mi chiamò dopo aver cenato con Alan
Tudyk, e i ragazzi avevano l’idea che William fosse morto durante
una guerra. Tuttavia, William ha una figlia adolescente che vuole
fare una giostra, ma non le è permesso perché è una donna.
Rintraccia la banda e loro accettano di insegnarle a giostrare, ma
deve nascondere la sua vera identità. Così le tagliano i capelli
corti e lei parla con una voce profonda, eccetera.
L’ho proposto a Sony perché ne
possiede i diritti e sembrava che fossero interessati a realizzarlo
con Netflix, distribuendolo come film Netflix. A quanto mi risulta,
Netflix ha testato l’idea di un sequel attraverso i propri
algoritmi, i quali hanno indicato che questa idea non avrebbe avuto
successo. Il Destino di un Cavaliere sembra
diventare sempre più popolare ogni anno che passa; è la cosa più
strana.
Helgeland non lo specifica, ma i
suoi commenti suggeriscono che la spinta per un sequel non si è
verificata fino a dopo la morte di Heath Ledger
nel 2008. Entrambe le idee per la storia, dopo tutto, non includono
William. Anche se sarebbe sicuramente interessante riprendere la
storia con il resto del cast del film, che include Paul
Bettany, Alan Tudyk, Rufus Sewell, Mark
Addy e Shannyn
Sossamon, ad un sequel mancherebbe uno degli
ingredienti chiave che rendono l’originale tanto amato: Ledger,
appunto.
Nel 1964, il regista Michelangelo
Antonioni gira il suo nono lungometraggio, dal titolo
Il deserto rosso. Ci ricordiamo la
storia, incentrata sul personaggio di Giuliana. Moglie del
dirigente industriale Ugo, il quale pare incapace di capirla, lei,
complice un incedente d’auto, comincia a vivere una fase
depressiva, che neppure l’amicizia (prima) ed il tradimento (dopo)
con l’Ing. Corrado salveranno dal suo acuirsi.
Il film s’intitola
Il
deserto rosso, con due sole parole. Un
sostantivo, che rinvia alla fredda o meglio scheletrica
architettura del Polo petrolchimico a Ravenna, e poi un aggettivo,
che rinvia all’unica tonalità (presente dappertutto: negli abiti,
nelle pareti, nelle condutture, nei parapetti ecc…) almeno
teoricamente in grado di rivitalizzare lo spleen esistenzialistico
dei personaggi. Antonioni ama le carrellate che portano la macchina
da presa a risalire, o di contro a ridiscendere, i vari edifici. Il
film Il deserto rossoinizia
mostrandoci il fumo industriale, da una coppia di soffioni.
Contraddicendone la risalita, tramite il vento, la macchina da
presa si sposta in discesa, inquadrando gli operai, i quali
dovrebbero andare a lavoro (siccome in quelle ore la Cgil
ha indetto uno sciopero). E’ la prima testimonianza estetica
dell’incomunicabilità visiva, la quale supporterà i dialoghi mai
conclusi fra i vari personaggi, in tutto il film.
La metafora del fumo industriale è
interessante: nel film i personaggi dialogano in maniera
confusionaria; il fumo degli scarichi industriali risale in aria
formando delle volute, molto lente e pesanti da percepire; i
dialoghi dei personaggi hanno spesso un’ambizione intellettuale,
alla fine, però, ne escono solo dei giri di parole. Gli esempi sono
numerosi, anche il personaggio in apparenza più stabile
(assumendosi le responsabilità che gli competano, quantomeno in
ambito lavorativo), ovvero l’Ing. Corrado, giunge a dire: “Io
nasco a Trieste, ma la mia famiglia s’è trasferita a Bologna; da
solo ho vissuto prima a Milano, poi a Bologna, mentre adesso non
saprei dove andare”. La protagonista Giuliana (con la grande
recitazione di Monica Vitti, musa di Antonioni sia dentro sia fuori
il set, per dieci anni) pensa nella confusione di se stessa in
specie quando racconta i propri sogni. Abbiamo l’impressione che
lei non concluda un vero discorso perché si sente letteralmente in
un altro mondo.
Ricordiamo una scena in cui la
protagonista ha la testa quasi nascosta, dentro la tappezzeria del
divano: di nuovo, è la metafora del fumo industriale che,
pericolosamente, non risale per disperdersi in aria, ma rimane a
contorcersi, nel piano orizzontale del vissuto materiale. La regia
poi rinforza la nostra comprensione inconcludente di Giuliana, con
la sinestesia. La sirena di una nave mercantile va virtualmente a
perforare la testa della donna, impedendole persino di vivere. Le
onde sonore sostituiscono il fumo industriale. L’intero film è
montato per inquadrature i cui elementi tagliano continuamente se
stessi. Nella scena iniziale, ad esempio, gli operai passano da
destra a sinistra (in orizzontale), mentre Giuliana ed il figlio
Valerio s’avvicinano a noi, dalla profondità (dunque in verticale).
L’incomunicabilità visiva del film presuppone che i loro incroci
saranno solo fittizi. Il gruppo degli operai non si fermerà innanzi
a Giuliana e Valerio, o viceversa e le persone rinunceranno al
contatto reale (conoscendosi).
Più in generale, è caratteristico
che Antonioni in molti film inquadri i protagonisti a sfuggire gli
uni sugli altri. Giuliana pronuncia la sua frase sconclusionata, e
quando l’Ing. Corrado le si avvicina, lei ha già camminato oltre.
Soprattutto, nel film Deserto rosso, l’incomunicabilità
dello sfuggire ci pare insistita, per la complicità
dell’architettura industriale. Le tubature inevitabilmente seguono
un percorso a zig-zag, nel contrasto fra le pareti ed i
piani. Qualcosa di simile accade nel continuo stop and go di
Giuliana, che si riverserà sull’Ing. Corrado. Antonioni insiste
molto a mostrare che le persone si appoggiano alle pareti,
inquadrandole in diagonale, perché quelle potrebbero cadere da un
momento all’altro. Quando Giuliana ha un momento d’intimità, sia
col marito sia con l’Ing. Corrado, innanzi ai loro corpi può
comparire il più freddo e striminzito parapetto del letto. Torna la
metafora estetica del taglio, per avvertirci che la passione della
protagonista è solo momentanea.
Per il filosofo Sartre, se qualcuno
immagina, accade che la sua coscienza diventi essenzialmente
libera. Così l’io soggettivo si renderebbe del tutto autonomo,
rispetto all’alterità. Invece, se la coscienza stesse a percepire,
le mancherebbe la sua libertà. Un’opera d’arte si pone in via
certamente materiale, così, noi ci aspetteremmo che essa vada
unicamente percepita. Invero, l’arte per Sartre sarà fruita con la
sola facoltà dell’immaginazione. Sappiamo che lui segue un
indirizzo filosofico di tipo essenzialmente esistenzialistico. Ciò
significa che tutta la realtà si fa come tale solo in quanto essa
appare nella coscienza d’un certo (singolo) uomo. L’io soggettivo
che definisce una qualunque persona va costituendo ogni ente del
mondo. La realtà si fa come tale perché un certo individuo ne ha la
sua coscienza.
Questa conclusione definisce il
tema filosofico della cosiddetta intenzionalità, che ciascuna mente
umana porta sempre con sé. Sartre spiega che noi abbiamo
inevitabilmente coscienza di qualcosa. Ciò vale sia per gli enti di
tipo astratto, sia per quelli più semplicemente materiali. La
necessità che noi ammettiamo il medium del di spiega il classico
tema fenomenologico dell’intenzionalità. Però, nell’opera
d’arte resta accettato che nessuno ha coscienza di quella in via
solo percettiva. Un fenomeno estetico ha pure una dimensione
concretamente materiale. Questa va intrinsecamente a richiamare un
atto intenzionale, il quale risulta di stampo sempre
immaginario.
Nel film
Il
deserto rosso, sarebbe facile limitarsi a
percepire il suono della nave mercantile. Durante la scampagnata
dei dirigenti industriali, nella casetta del pescatore, solo
Giuliana ha voglia d’immaginarlo, in maniera creativa. La sirena
della nave letteralmente si trasferisce dentro la testa della
donna. Giuliana è quasi un’esistenzialista, se in lei la realtà
circostante deriva dall’apparenza della sua immaginazione. Nel
contempo, la regia insiste a visualizzare il posizionamento della
scenografia, più che i singoli oggetti. L’Ing. Corrado cerca
d’avvicinarsi a Giuliana, ma lei ha già camminato oltre. Così, noi
vediamo solo il posizionamento del primo sulla seconda. Le tubature
industriali si percepiscono per i loro incroci spezzati (a
zig-zag). Di nuovo, conta il loro posizionarsi. E’ il problema
dell’intenzionalità, se parliamo di filosofia. La scelta
fotografica di colorare alcuni elementi col rosso spinge
l’osservatore ad isolarli, nel loro ipotetico calore.
Presumibilmente, quelli avrebbero dovuto simboleggiare la rinascita
(la rivitalizzazione) dal grigio mondo industriale. In realtà, i
personaggi del film alla fine continueranno ad evitarsi. Giuliana
non rinasce nemmeno sognando la sabbia rosa dell’isola Budelli, a
La Maddalena.
Per Sartre, la coscienza di chi
concettualizza può conoscere (grazie alla sua riflessione
intellettuale) quella che, inizialmente, aveva soltanto percepito
qualcosa. Invece, l’immaginazione si definisce come tale quando una
persona prova a capire unicamente la mera intenzionalità. La
coscienza di chi fantastica si delinea sempre riguardando
l’inevitabilità della mente che si posizioni. Con l’immaginazione,
succede che il fenomeno estetico venga inteso unicamente perché lo
si deve intendere. Tramite l’opera d’arte, la coscienza
contemplativa si riferisce solo al suo inevitabile farsi di se
stessa. Non ci sono altri rimandi.
Con la fantasticheria, la coscienza
si fa del tutto autonoma, attiva e spontanea. Di contro,
percependo, accade che noi restiamo passivamente condizionati dal
mondo in cui ci troviamo, tramite una precisa situazione
esistenziale. Per Sartre, l’immaginazione si darà avendo la
coscienza d’un fenomeno esteriore, che sfugga sia alla sensazione
sia al pensiero. Innanzi all’opera d’arte, l’intenzionalità è
letteralmente di tipo impercettibile. Ma essa non può unicamente
(essenzialmente) riflettere. Ciò avviene dal momento che
l’immaginazione si pone in via sempre esteriore, laddove il
pensiero si trova necessariamente interiorizzato. L’intenzionalità,
di stampo appena impercettibile, per Sartre va a nientificare la
più immediata sensibilità del corpo. Con l’opera d’arte, il
contemplatore sa finalmente che la coscienza è unicamente di se
stessa. Allora immaginare significa intendere con la mente un
oggetto che risulti solo posizionato dall’Io. Qui la coscienza non
si fa più condizionare dal piano della realtà materiale (che invece
va sempre percepita). L’immaginazione diventa per Sartre una vera e
propria forma di negazione universale, ossia tanto del mondo
concreto quanto di ciascuna riflessione intellettuale.
Nel film Deserto rosso, la
protagonista Giuliana all’improvviso chiede all’Ing. Corrado se lui
vota a destra oppure a sinistra. Lui rilancia: quella prima domanda
ne aprirebbe una seconda, anche più importante: “Credi o non credi
in Dio?”. L’Ing. Corrado ritiene che in ogni caso loro siano
innanzi ad “un problema troppo grande da risolvere”. E’ il momento
in cui la riflessione intellettuale si fa inutile, in mezzo ad una
natura (la materia del mondo) che si percepisce come squamosa e
viscida, complici gli scarichi industriali. Nel film Deserto
rosso, la battuta del “Credi o non credi in Dio?” si risolve
forse laicamente nel “Mi pare un problema che noi possiamo solo
porre”. Alla nientificazione degli affetti fra le persone,
s’accompagna la nientificazione dell’ambiente.
Esce nei cinema –
il 2 luglio 2020, distribuito
da Cine1 Italia, Il Delitto
Mattarella per la regia di Aurelio
Grimaldi, co-prodotto da Cine 1
Italia e Arancia Cinema e
in qualità d’investitore esterno dalla
società Edilizia Acrobatica SpA, con il
supporto della Sicilia Film
Commission e Sensi
Contemporanei. Il film si avvale di un ricco
cast siciliano, composto da Antonio Alverario, Claudio
Castrogiovanni, Nicasio Catanese, David Coco, Vincenzo Crivello,
Francesco Di Leva, Donatella Finocchiaro, Lollo Franco, Sergio
Friscia, Ivan Giambirtone, Leo Gullotta, Guia Jelo, Francesco La
Mantia, Vittorio Magazzù, Tuccio Musumeci, Tony Sperandeo, Andrea
Tidona.
Un vero e proprio tributo alla
memoria di Piersanti Mattarella da parte
degli attori siciliani coinvolti nel progetto che si avvale, a sua
volta, di una troupe interamente siciliana. Aurelio
Grimaldi da anni raccoglie materiali
sul caso-Mattarella. Dopo l’elezione del
fratello Sergio al Quirinale ha scritto una sceneggiatura densa di
fatti e documenti, con l’intento di combattere l’oblio in cui è
caduta la vicenda. Tra i personaggi le prime due cariche dello
Stato, Sergio Mattarella e l’allora
Presidente del Senato Pietro Grasso, che
quel 6 gennaio 1980 era un giovane PM di turno e quindi titolare di
inizio indagini sull’omicidio.
“Piersanti Mattarella – sottolinea
Grimaldi – è una figura ingiustamente
dimenticata. A Roma e Milano non esiste nemmeno una via a lui
dedicata. La discrezione della impeccabile famiglia e del fratello
Presidente della Repubblica sono senza pari”.
Il Delitto Mattarella, la sinossi
6 gennaio 1980. Il
Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella si sta
recando a Messa con la sua famiglia. Un giovane si avvicina al
finestrino dell’auto e spara a sangue freddo a Piersanti e lo
uccide. Pur nel disorientamento del momento con una serie di
depistaggi verso il terrorismo di sinistra, il delitto apparve
anomalo per le sue modalità. Il giovane Sostituto Procuratore
di turno, quel giorno dell’Epifania, sarà Pietro Grasso, futuro
Procuratore Antimafia e Presidente del Senato. Le indagini
saranno proseguite dal Giudice Istruttore Giovanni
Falcone, che scoverà pericolose relazioni tra Mafia, Politica,
Nar e neofascisti, banda della Magliana, Gladio e Servizi
Segreti. Il film ricostruisce il clima politico che ha
preceduto l’omicidio: protetto a Roma dal Segretario della DC
e dal Presidente della Repubblica Pertini, Mattarella è totalmente
avversato dai capicorrente siciliani del suo
partito. Mattarella non disturbava solo gli equilibri in
essere nella DC ma entrava a gamba tesa sugli affari e gli
accordi tra politica e mafia, la quale, per l’omicidio Mattarella,
si allea con l’estrema destra romana neofascista in cambio
dell’evasione dal carcere Ucciardone del leader Concutelli. Ma
l’omicidio Mattarella è anche la storia di una famiglia, di esseri
umani, di valori e ideali perseguiti con sincero spirito di
servizio e afflato solidale: aspetti che nel film hanno un
ruolo centrale. Aurelio Grimaldi ripercorre quei tragici
giorni con occhio attento e sensibile.
Arriva su Sky una nuova docu-serie
che raccoglie materiali d’archivio e testimonianze inedite su un
caso di cronaca nera ancora molto discusso. Il delitto di
Ponticelli. L’ombra del dubbio è la docu-serie Sky
Original prodotta da Sky e Groenlandia, dal 22
aprile in esclusiva su Sky Documentaries dalle 20.15 tutti gli
episodi, in streaming solo su NOW e disponibile on
demand.
La trama della docu-serie Il delitto di
Ponticelli. L’ombra del dubbio
È il 3 luglio 1983, Rione Incis,
Ponticelli, Napoli. I corpi di Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, di
7 e 10 anni, vengono ritrovati nel greto del torrente Pollena. Sono
posizionati uno sopra l’altro, semi carbonizzati, ricoperti di
ferite da arma da punto e taglio. L’autopsia rivelerà tentativi di
abusi e violenze sessuali. “Il massacro di Ponticelli” lascia un
segno indelebile, anche in una comunità abituata a contare i morti
della feroce guerra di camorra in atto in quegli anni. Per quasi
due mesi giornali e tv non parlano d’altro. Chi può aver compiuto
un simile orrore? Nonostante in un primo momento le indagini si
fossero concentrate su un pregiudicato che sembrava il colpevole
perfetto, il 4 settembre 1983 vengono arrestati a sorpresa tre
ragazzi incensurati, tra i 18 e i 20 anni: Ciro Imperante, Giuseppe
La Rocca, Luigi Schiavo. Il processo tarda a partire e dopo quattro
anni, tra Poggioreale e soggiorni obbligati, arriva la condanna,
confermata in Appello e Cassazione. Ergastolo, fine pena mai – si
legge sulla sentenza. Una sentenza che è la conseguenza di una
serie di testimonianze e confessioni su cui si estende l’ombra
lunga del dubbio dovuta a presunte violenze perpetrate durante gli
interrogatori e a un possibile ruolo giocato dalla camorra.
Dal 2015 Ciro, Luigi e Giuseppe
sono uomini liberi, dopo aver trascorso più di 27 anni di carcere
insieme, nella stessa cella, professandosi ogni giorno innocenti.
Nell’estate 2022, dopo tre richieste di revisione respinte, la
Commissione antimafia ha votato all’unanimità la proposta di
indagare sulle infiltrazioni camorriste che avrebbero inquinato le
indagini. Oggi i tre sono in attesa che una nuova Commissione
proceda con l’audizione dei testimoni chiave e con la tanto sperata
revisione del processo. E se chi avesse ucciso le due bambine fosse
ancora in giro? E se Ciro, Giuseppe e Luigi fossero davvero vittime
di uno dei più grandi errori giudiziari della storia del nostro
paese?
A quasi quarant’anni dal massacro,
il caso è tornato alla ribalta coinvolgendo anche il governo. I tre
accusati tornano a parlare della loro storia in questa docu-serie
in quattro episodi. Oggi Giuseppe, Ciro e Luigi continuano la loro
battaglia per ottenere la revisione del processo, in attesa che una
nuova Commissione Parlamentare proceda con l’audizione dei
testimoni chiave.
Il delitto di Ponticelli.
L’ombra del dubbio è una docu-serie Sky Original, prodotta
da Sky e Groenlandia. Di Emanuele Cava, scritta da Matteo Billi,
Emanuele Cava con Shadi Cioffi. Regia di Christian Letruria. In
esclusiva tutti gli episodi su Sky Documentaries dalle 20.15 del 22
aprile, in streaming solo su NOW e disponibile anche on demand.
In prima tv su Sky, domenica
30 e lunedì 31 gennaio alle 22.55, andrà in onda il documentario in
due puntate Il Delitto di Cogne, che si prefigura
di ricostruire la vicenda giudiziaria e mediatica che venne messa
in piedi intorno al delitto efferato che vide protagonista il
povero Samuele, di soli 3 anni.
Sono passati vent’anni
da quella sciagurata mattina in cui il piccolo venne trovato morto
nel letto dei genitori, nella loro villetta nei pressi di Cogne, un
paesino montano in Val D’Aosta. Le molte domande ancora aperte, il
processo, le fasi della difesa, e l’epilogo con la condanna
dell’unica indiziata, la madre, Annamaria
Franzoni, sono il fulcro di questo documentario che
racconta gli eventi attraverso la voce di chi li ha vissuti in
prima persona.
Le voci coinvolte sono infatti quelle dei giornalisti –
tra cui Alessandra Comazzi de La Stampa, Michele
Cucuzza e GigiIorio, il primo fotoreporter ad
arrivare sulla scena del crimine – che hanno raccontato in prima
persona quello che hanno vissuto e visto insieme alle testimonianze
del Procuratore Capo di Aosta, MariadelSavioBonaudio, e dell’avvocato della Franzoni, CarloTaormina.
Il Delitto di Cogne
Un delitto racchiuso in
soli 8 minuti: tra le 8:16, quando Annamaria esce di casa con
l’altro figlio Davide, fino alle 8:24, orario in cui dice di essere
rientrata. In mezzo, il mistero. Un mistero che per anni è stato
raccontato con ossessione da tutti i media. Otto minuti che hanno
cambiato la vita di una famiglia e il modo di raccontare il crime
in Italia. Come accadde anche con la tragedia di Vermicino, anche
in questo caso la stampa (qui anche la televisione) raccontò la
vicenda minuto per minuto, udienza per udienza, con la costruzione
di un vero e proprio caso mediatico che uscì dalle aule dei
tribunali e dalle stanze delle indagini, per entrare nelle case di
tutti gli italiani che volevano sapere se davvero questa donna
aveva ucciso suo figlio.
Il 21 maggio
del 2008, a sei anni dall’infanticidio, la Corte Suprema di
Cassazione ha riconosciuto colpevole Annamaria Franzoni
condannandola in via definitiva a 16 anni.
Il Delitto di
Cogne è una produzione originale Crime+Investigation,
prodotto da Simona Ercolani di Stand By Me
per A+E Networks Italia. Scritto da Simone Passarella, a cura di
Lorenzo De Alexandris, produttore esecutivo Fabrizio Forner. La
regia è di Claudio Pisano.
Come spesso accade in
questo tipo di prodotti, il racconto è molto classico, legato a
testimonianze, immagini di repertorio anche molto forti, interviste
e resoconti dei protagonisti dell’epoca. Tra tutte le testimonianze
riportate, però, sicuramente quella dell’Avvocato Taormina,
difensore di Franzoni, è tra quelle più interessanti e sfumate, la
vera cartina di tornasole di un caso che presenza ancora oggi
moltissimi interrogativi.
L’omicidio di Samuele Lorenzi
L’omicidio di Samuele
Lorenzi ha avuto una rilevanza mediatica inconsueta, qualcuno dice
grazie al magnetismo enigmatico emanato da Annamaria Franzoni, ed è
diventato uno di quei casi di cronaca nera rimasti impressi nel
ricordo collettivo, un caso che, a distanza di tanti anni, divide
ancora l’opinione pubblica in innocentisti e colpevolisti. Gli
stessi che, all’epoca, hanno posto al centro del loro interesse non
la ricerca dell’assassino di Samuele, ma la condanna o meno di sua
madre.
Il Debito di
John Madden, remake di HaHov, film israeliano del
2007 diretto da Assaf Bernstein, racconta la storia di tre giovani
agenti del Mossad, David, Stefan e Rachel, i quali nel 1966 si
trovano nella Berlino Est per catturare il famigerato criminale
nazista Vogel, conosciuto come Il chirurgo di Birkenau,
per processarlo in Israele.
I tre giovani portano dentro gli
orrori della guerra, a qualcuno di loro sono venute a mancare
persone care e questo è il loro modo di cercare giustizia. La
tensione è alta e qualcosa non va secondo i piani…l’operazione
fallisce ma i tre agenti decidono di insabbiare il caso. A distanza
di trent’anni però, la verità verrà inevitabilmente a galla e
toccherà a Rachel saldare il debito con la propria coscienza, la
propria famiglia e il proprio popolo.
Il Debito, il film
Il Debito è un
film con delle alte potenzialità, legate soprattutto ai temi della
guerra e dell’antisemitismo che però non sono approfonditi a
dovere; il regista li accenna soltanto. L’importanza della verità,
l’enorme senso di colpa che deriva dal vivere nella menzogna, il
conflitto tra la ragione di stato e del cuore, la tradizione ebrea
sono elementi solo rintracciabili, quando avrebbero potuto essere
il motore di un film di qualità.
Evidentemente John
Madden ha preferito puntare sulle caratteristiche tipiche
di un thriller best-seller come i colpi di scena, i combattimenti e
le storie d’amore. Nessun dubbio sulla qualità degli attori, in
grado di mimetizzarsi, di cambiare accento e modo di muoversi; in
particolare non si può fare a meno di citare Jessica Chastain (The
Tree of life) e Helen Mirren che hanno rappresentato in maniera
realistica la sofferenza di una Rachel rispettivamente giovane nel
’66 e anziano 30 anni dopo. Deludente invece il famoso Sam Worthington (Avatar),
incapace di esprimere i celati tormenti del giovane David.
Ma è nel finale che il film trova
il suo momento peggiore. Se inizialmente, grazie ai colpi di scena,
alla bravura degli attori, ai colori della fotografia, le atmosfere
e costumi d’epoca e ai temi, anche se solo accennati
dell’olocausto, il film scorreva e destava l’attenzione, nel finale
quell’armonia sembra cedere. Tutto si fa caotico e si chiude
frettolosamente e il debito dello stato israeliano alla fine passa
in secondo piano. Il Debito uscirà nelle sale
italiane il 16 settembre con il titolo tradotto Il Debito.
La notizia che la Warner
Bros. Discovery ha pianificato di riavviare essenzialmente
il suo universo cinematografico DC (ufficiosamente
soprannominato DCEU) con James Gunn e Peter Safran che
assumono il ruolo di co-responsabili dei neo-costituiti DC
Studios è sembrata andare a genio alla maggior parte dei
fan, in particolare a quelli che erano dell’opinione che il
franchise avesse un estremo bisogno di una revisione da molti
anni.
James Gunn ha anche chiarito che questa è solo
la prima parte di questo progetto, a cui se ne aggiungeranno molti
altri. Il regista ha dimostrato di essere abile nel destreggiarsi
tra diversi progetti contemporaneamente, ma c’era comunque il
timore che sarebbe pututo essere anche troppo per uno come lui,
soprattutto se si tiene conto del fatto che attualmente sta
co-gestendo uno studio cinematografico, scrivendo e dirigendo
Superman:
Legacy e supervisionando (o almeno partecipando)
a numerosi altri film e serie tv. È molto, e sembra che le cose non
stiano andando così bene come James Gunn vorrebbe farci credere.
Durante l’episodio di questa
settimana di The Hot Mic, Jeff
Sneider (fonte che si è rivelata tra le più attendibili a
Hollywood) afferma che, secondo la sua fonte, il DCU è un “casino”. Non condivide molti
altri dettagli, ma aggiunge che è sorpreso che altri organi di
stampa non abbiano riportato quanto ha sentito.
Onestamente, se questo fosse vero,
non sarebbe una sorpresa, considerando la quantità di lavoro che
comporta la costruzione di un intero universo cinematografico e
televisivo, praticamente dalle fondamenta, e non dovrebbe essere
necessariamente motivo di preoccupazione.
È inevitabile che ci siano alcuni
problemi iniziali mentre James Gunn e Peter Safran si stanno
organizzando, e non possiamo immaginare che abbiano pensato che non
avrebbero incontrato alcuni problemi importanti prima che questo
franchise rinnovato cominciasse a prendere forma.
Se le cose sono ancora più caotiche
di quanto pensiamo, potremmo leggere maggiori dettagli a breve. Per
ora rimaniamo ottimisti e aspettiamo almeno di vedere come
procedono Creature
Commandos e Superman:
Legacy prima di dare per spacciato il
DCU!
Il ritorno di Charlie Cox nei panni di Matt Murdock
in
Daredevil:Born
Again sembra una benedizione dall’alto, ma
l’attore ha aspirazioni più alte della sua serie televisiva. In
seguito a un panel al FanExpo di Chicago, ScreenRant ha riferito che Cox è
interessato ad allargare le sue ali Marvel. Oltre a recitare in una
serie tutta sua, l’attore di Daredevil
spera di tornare a recitare in altre proprietà Marvel. Nell’era
Disney+, Matt ha avuto dei
piccoli camei in
She-Hulk e Echo
nei panni dell’avvocato acrobatico. L’attore ha dichiarato che gli
piacerebbe realizzare altri spin-off, soprattutto dopo la sua
collaborazione con Tom Holland in
Spider-Man: No Way Home. Cox ha
dichiarato:
“Essere nel film di Spider-Man
mi è sembrato un grande passo solo in termini di molte persone che
fanno riferimento a questo film quando le incontro.Credo
che non si possa sottovalutare quanto sia importante quando questi
personaggi hanno una storia nei fumetti.Quando poi ci
scontriamo sullo schermo, significa davvero molto per i fan, e lo
capisco.Lo penso anch’io adesso.L’idea di Matt
Murdock e Peter Parker insieme è così iconica.Spero che in
futuro potremo fare altre cose insieme, perché è davvero
divertente.Questa è la cosa più importante: che si
presentino queste opportunità”.
Charlie Cox fa riferimento al più
grande punto di forza della Marvel: Il divertimento. Sebbene in
passato sia gli attori che i fan si siano mostrati stanchi riguardo
al futuro della Marvel, Cox ha la giusta idea di ciò che rende il
marchio così popolare.
Daredevil e Spider-Man
potrebbero essere la prossima fase della Marvel
La Marvel può andare in molte
direzioni diverse in futuro. I fan non vedono l’ora di avere una
nuova iterazione degli X-Men, soprattutto dopo il
successo di X-Men
’97 e Deadpool
& Wolverine. Ma non c’è motivo per cui, nel
frattempo, non si debba perseguire qualcosa che ha dimostrato di
funzionare. In Spider-Man: No Way Home, Matt e Peter si
incontrano per la prima volta e il pubblico è impazzito. Vedere
questi due personaggi storici insieme sullo schermo non è stata una
cosa da poco. Questa apparizione non è stata solo un’emozione per i
nostalgici dei fumetti. Cox e Holland hanno un’innegabile chimica
che dovrebbero perseguire in futuro.
La loro dinamica è molto lontana
dal rapporto tra Peter e Tony Stark (Robert
Downey Jr.), ma nel modo migliore possibile. Il
loro scambio comico porterebbe una nuova prospettiva al MCU, che
molti desiderano da tempo. I rapporti promettenti su Spider-Man 4 indicano che Holland
non è ancora fuori dai giochi della Marvel, quindi potrebbe esserci
ancora l’opportunità di vedere questi due insieme. Mentre i fan
aspettano che questo prenda forma, possono assistere al ritorno di
Cox in
Daredevil:Born
Again su Disney+ nel marzo 2025.
Il profilo Tumblr del Daily
Bugle ha postato delle foto di graffiti che rappresentano
il “nostro amichevole Spider-Man di quartiere”. Le foto, che
ovviamente rientrano nella massiccia campagna virale del film, sono
accompagnate da questo commento:
JJJ una volta scrisse un
articolo denunciando la maledizione di graffiti – “cartelloni del
teppista” – e chiese un giro di vite in tutta la città. Ma a volte
una maledizione è una benedizione. Queste pareti sono coperte in
“arte illegale” – ma questo vicolo non è mai stato più
sicuro.
In The Amazing Spiderman 2, per
Peter Parker (Andrew Garfield), vive una vita molto la occupata –
tra prendere i cattivi come Spider-Man e passare il tempo con
la persona che ama, Gwen (Emma Stone); diplomato ormai ha lasciato
le scuole superiore e non ha dimenticato la promessa fatta al padre
di Gwen di proteggerla – ma questa è una promessa che
semplicemente non può mantenere sempre. Le cose cambieranno per
Peter quando un nuovo cattivo, Electro (Jamie Foxx), emerge dagli
abissi della città, e un vecchio amico, Harry Osborn (Dane DeHaan),
ritorna, e fa riemergere nuovi indizi sul suo passato.
In seguito alla falsa intervista con
Spencer Smyth della Oscorp Industries, il sito del
Daily Bugle (altro tassello dell’incredibile
lavoro sul viral marketing che si sta portando avanti per il film
The Amazing Spider-Man 2) ha pubblicato
un articolo che ci fa dare uno sguardo all’interno della società di
Norman Osborn.
L’articolo di cui vi riportiamo
parte della traduzione di seguito è stato scritto da Joy
Mercado, personaggio Marvel che ha visto il suo debutto
in Moon Knight #33.
All’interno del pezzo ci sono anche
delle dichiarazioni di Donald Menken, CEO della
Oscorp e interpretato da Colm Feore nel prossimo
film.
Alcune persone hanno le
visioni del futuro. Io?
Io ci sono stato e l’ho
visto con i miei occhi.
Dietro le ridicolmente
fortificate superporte del quartier generale della Oscorp
Industries il futuro aspetta pazientemente che il resto di noi
arrivi. Solo pochi privilegiati vi risiedono, guardiani di segreti
che solo il tempo (e giornalisti intrepidi) potranno
rivelare.
Abbiamo sempre saputo che la
battaglia più difficile per Spider-Man è sempre stata quella
interiore: la lotta tra i compiti ordinari di Peter Parker e le
straordinarie responsabilità di Spider-Man. Ma in The Amazing
Spider-Man 2, Peter Parker si troverà a scoprire che c’è un
conflitto ancora più profondo che deve affrontare.
E’ un grande lavoro essere
Spider-Man (Andrew Garfield). Per Peter Parker, non c’è nessuna
emozione bella come volteggiare trai grattacieli, dedicandosi
all’essere un eroe, e passare il tempo con Gwen (Emma Stone). Ma
l’essere Spider-Man ha un prezzo: solo Spider-Man può proteggere i
suoi amici di New York dai formidabili cattivi che minacciano la
città. Con l’incombere di Electro (Jamie Foxx), Peter deve
confrontarsi con un nemico molto più potente di lui. E mentre il
suo vecchio amico, Harry Osborn (Dane DeHaan), ritorna, Peter
comincia a capire che tutti i suoi nemici hanno una cosa in comune:
la OsCorp.