“Il progetto è
nato per passione e per voglia di fare. In Italia, se non sei
nessuno e non hai contatti, è davvero impensabile pensare
di spuntare. Le soluzione erano due: o si aspettava che cadessero
dal cielo delle vagolate di soldi, oppure avremmo dovuto fare con
il poco che potevamo trovare.” A parlare è Emanuele
Caruso, regista di E fu sera e fu mattina,
prodotto interamente dal basso con un budget di 70.000 Euro è stato
girato in crowdfunding e crowd equity.
– Perchè si è optato per la
produzione dal basso?
“L’unico modo per produrre un
film che nessuno vuole produrre era quello che offriva la
rete. Raccogliere quote da cittadini che credevano nel
progetto nella speranza di mettere insieme un piccolo budget.
Abbiamo deciso di buttarci e di girare comunque.”
-Da dove nasce l’idea del film e del
titolo, molto evocativo?
“Beppe Masengo,
mio aiuto regista, mi raccontava che, vivendo in un paesino delle
Langhe, subiva i commenti poco eleganti di chi, guardandolo male,
“sparlava” perché conviveva. Da lì la sua idea: “immagina la fine
del mondo vista in un paesino di Langa”. L’idea mi ha subito
colpito. Anche perché “la fine del mondo” poteva diventare
un’ottima scusa, per portare all’essenziale i rapporti fra le
persone.
Il titolo E fu sera e fu
mattina mi è sempre stato suggerito da Beppe. L’ho
accolto subito. Abbiamo ripercorso la storia della Genesi. Nel
film, il paese di Avila (La Morra) è il nome che compare nella
Genesi come primo posto abitato dall’uomo. E poi ci sono molti
altri riferimenti. Raccontare la fine del mondo, attraverso un
libro che in realtà parla della nascita di un nuovo
mondo.”
-In che modo sono stati
scelti gli attori?
“Ho fatto dei casting, come nei
più classici dei film. Lorenzo Pedrotti l’avevo notato a un
corso che avevamo fatto insieme. Mi aveva molto molto colpito come
aveva recitato ruoli nettamente differenti, trasformando se stesso.
L’ho chiamato e gli ho proposto la sceneggiatura e la parte di
Gianni. Ed è stato bravissimo. Mi fa davvero strano che un talento
del genere non lavori costantemente nel cinema italiano.
Albino Marino,
protagonista del film, mi è stato presentato dallo sceneggiatore
Marco Domenicale. E’ stata una scelta molto importante e
molto azzeccata. Ritengo Albino la vera chiave di volta di tutto il
film. Era alla sua prima apparizione sul grande schermo. E’ stato
bravissimo.”
-Racconta qualcosa in più
sulle bellissime location.
“Le Langhe sono un teatro
immenso e di meravigliosa bellezza. Ho cercato di dosare il tutto,
ricordando che un posto viene identificato non solo per il suo
territorio, ma anche per i volti che lo vivono e dagli usi e
costumi. Nel film abbiamo girato in ben 48 location differenti in
un territorio di circa 60km quadrati. Con spostamenti che a volte
erano molto difficili.”
-L’idea che ci si fa del
film, guardando il trailer e leggendo qualche note di regia, è che
la storia mette l’uomo comune e semplice (l’abitante di paese)
davanti allo straordinario per registrarne le reazioni, è
corretto?
“Diciamo che la “fine del mondo”
è solo una scusa per far esplodere e cambiare i rapporti. La
domanda che facciamo è questa: ma se davvero sapessi che hai solo
più 50 giorni davanti a te, vivresti così come lo stai vivendo ora,
il tempo della tua vita o cambieresti qualcosa? Io mi sono risposto
che cambierei tutto. Concetti come “fretta” “lavoro” “impegni”
“auto” “spese” “soldi” verrebbero tutti ridimensionati. Forse,
viviamo una vita in una società che ci costringe, bene o male, a
vivere in un certo modo che, se ci si ferma a pensare, non è il
migliore dei modi per vivere come vorremmo il nostro tempo. Ma qui
poi si entra nel “soggettivo” ed è giusto che ognuno la pensi a
proprio modo.”
-Parliamo dell’aspetto
tecnico e produttivo, come si distribuiscono le “forze” (intese
come risorse economiche) in un film del genere? Dove si taglia e
dove non si bada a spese?
“Qui non ci sono manuali o
altri. Qui ci sono solo le tue capacità e la tua esperienza.
Innanzitutto si parla con tutti i capireparto: scenografia,
fotografia, audio, costumi e trucco. Si cerca di capire cosa è
necessariamente indispensabile. La voce più grande di spesa di
questo film si chiama AUDIO. La scenografia è fatta con poco o
niente: lo scenografo Jacopo Valsania ha preso oggetti di
arredamento in prestito come tavoli, credenze, stufe, frigoriferi
da case di Langhe che si sono rese disponibili. Quindi la spesa è
stata minima. Stessa cosa per la fotografia: le luci e gli
strumenti dati a Cristian De Giglio erano pochi ed
essenziali. Il budget non permetteva di più. I costumi sono costati
sui 250 Euro. Il nostro costumista Simone ha fatto portare i
vestiti dagli attori da casa e altri vestiti li ha comprati al
mercato, riassemblandoli poi per farne altri. In ultimo abbiamo
chiesto a tutti, attori e maestranze, di scommettere su questo film
e di non percepire stipendio. In cambio, a ciascuno, abbiamo dato
una percentuale sugli incassi del film. E’ stata una vera e propria
scommessa.”
-Il film è uscito in
poche sale il 18 gennaio, che accoglienza ha avuto?
“Per il momento molto
favorevole. Ma siamo usciti solo in Piemonte. Bisogna vedere cosa
farà fuori. Il 25 Gennaio siamo a Macerata. La sala da 500 posti è
già piena, ma non sappiamo come reagirà la gente in sala. Sarà il
primo vero banco di prova.”
-Qual è il futuro di questo
progetto e il tuo futuro come regista?
“Seguiamo l’esempio de Il
vento fa il suo giro. Nessun distributore ha voluto distribuire
questo film, alcuni neanche hanno voluto visionarlo. Come
Giorgio Diritti, stiamo contattando noi i cinema (ne abbiamo
già presi 44 e puntiamo a 100) e programmiamo noi l’uscita in sala.
Il film uscirà dunque nell’arco di 12-18 mesi a un ritmo di 8 – 10
sale al mese. Il futuro del film è questo. Come andrà, ce lo dirà
solo il tempo.
Come regista invece, questo
potrebbe essere anche l’ultimo film. In Italia è difficile fare
cinema e ai produttori interessa solo che tu faccia incasso. Se
riusciremo a dimostrare che E fu sera e fu mattina può
essere interessante per il pubblico, sarà più facile pensare e
realizzare il prossimo film. Se la risposta sarà negativa,
diventerà tutto in salita. Quello che è certo è che un film del
genere, con un budget del genere, è un esperimento che fai una
volta nella vita. Perché è mostruosamente difficile fare un film
con una cifra del genere. Ancora mi chiedo, dopo tutto quello che
ci è capitato, come abbiamo fatto ad arrivare in fondo. Hai un
colpo solo: o centri il bersaglio o sei fuori. Con questo film mi
sto giocando il mio futuro. Il tempo e il pubblico mi diranno quale
sarà.”
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