Alien è il film
cult del 1979 di
Ridley Scott, nonché uno dei migliori
film di fantascienza e che ha lanciato l’attrice
Sigourney Weaver.
Ci sono alcuni film che ci restano
dentro fin da piccoli, siamo lì, magari in cucina a vedere cosa c’è
di buono in pentola, e nello zapping generale dei nostri genitori,
si finisce magari a guardare incuriositi scene che rimarranno come
ricordo indelebile fino ai giorni dell’età adulta, difficilmente
infatti si possono dimenticare le svariate scene cult di questa
pellicola, ma andiamo con ordine.
Il
primo Alien è un’opera di straordinaria
capacità di sintesi, andando a ridefinire gli standard fanta-horror
dell’epoca grazie ad una scenografia tecnicamente eccezionale che
si distacca dalle ambientazioni spaziali tipicamente bianche di
film come “2001 Odissea nello spazio“.
Il computer di bordo inoltre, tale
“Mother” non può non ricordare Hal 9000, ed il rapporto con i
membri della nave stranamente non sarà per niente idilliaco.
Il racconto originale proviene da un
soggetto di Dan O’Bannon e Ronald Shusett, ancora oggi però la
paternità della storia è divisa con lo scrittore tedesco A. E. Van
Vogt che scrisse prima della realizzazione della pellicola due
romanzi analoghi: “Discord in Scarlet” del 1939 e “Voyage of the
Space Beagle” del 1950, inoltre non accreditato partecipò ad una
prima stesura anche il talentuoso regista Walter Hill che doveva
inizialmente dirigere Alien.
Alien, il
film cult del 1979 di
Ridley Scott
A parziale discolpa di
Ridley
Scott si può aggiungere che film analoghi erano già
usciti tempo addietro:
L’invasione degli Ultracorpi di
Don Siegel ad esempio mostrava già alieni
parassiti degli esseri umani. La notevole produzione
fantascientifica degli anni 50 americana inoltre, aveva già
ampiamente trattato storie similari, certo non con tutto il
simbolismo ed il terrore strisciante di cui è pregna l’opera di
Scott. Sotto questo punto di vista l’incipit è esemplare: quattro –
cinque minuti di silenzi interrotti sporadicamente da rumori di
bordo con la camera che va ad esplorare i lunghi e angoscianti
corridoi della labirintica astronave “Nostromo” omaggiando nello
stile “l’odissea spaziale” di kubrikiana memoria.
La sensazione che trasmettono queste
scene è quella di una profonda solitudine ma anche quella di una
imminente minaccia, un ambiente un po’ alieno quindi, con cui Scott
giocherà per tutta la durata del film molte volte prendendo un pò
in giro lo spettatore, come quando lo (scapestrato) gatto Jones se
ne va in giro nascondendosi nei posti più impensati dispensando
attimi di terrore nell’equipaggio già impaurito.
La storia è presto detta: in un
futuro non precisamente delineato, la nave spaziale “Nostromo”
addetta principalmente ad attività commerciali, riceve sui propri
strumenti di bordo un segnale cifrato da un’entità sconosciuta.
“Mother” il computer che gestisce la nave, sveglia dal loro lungo
sonno nelle capsule criogeniche l’equipaggio per permettergli di
scoprire l’origine del messaggio che si ripete ogni dodici secondi
nello stesso modo.
Giunti sul pianeta da dove giunge il
segnale, scoprono un relitto alieno semidistrutto dove al posto di
guida trovano uno strano essere umanoide col torace fracassato da
qualcosa di esploso al suo interno. Nelle vicinanze, i tre
dell’equipaggio che sono andati in esplorazione scoprono quelle che
presumibilmente sono le uova dell’essere deceduto, una di queste si
schiude proprio davanti al responsabile esecutivo Kane
(John Hurt), un parassita a metà strada tra un
ragno e un granchio gli si attacca al viso mandandolo in stato
vegetativo.
Nonostante le rimostranze di Ellen
Ripley (Sigourney Weaver) che ricorda agli altri
quanto sia pericoloso far entrare un organismo sconosciuto senza
una quarantena di almeno ventiquattro ore, i tre riescono a
rientrare sulla navicella con l’aiuto del subdolo medico di bordo
Ash (Ian Holm).
Una volta ripartiti alla volta della
terra, l’essere alieno si stacca dalla testa di Kane che,
apparentemente sano, festeggia pranzando con i compagni. La
felicità però dura poco e nel mezzo del pasto, Kane si sente male e
dal suo addome fuoriesce perforandoglielo un mostriciattolo, il
celeberrimo Alien, una creatura pressoché
invincibile che si riproduce usando il corpo di altri esseri come
un parassita. Comincia così una caccia senza esclusione di colpi.
Della scenografia ho già parlato quindi mi soffermo sugli altri
elementi che rendono questa pellicola immortale. La protagonista
era un esordiente quasi assoluta, la Weaver aveva solo fatto una
comparsata con Woody Allen ed anzi, la prima bozza
della sceneggiatura non prevedeva lei come personaggio principale
bensì il capitano Dallas alias Tom Skerritt.
La scelta coraggiosa si rivela
felice, visto che la Weaver tiene alta la tensione anche quando si
ritroverà sola ed in alcuni momenti come nel finale potremo quasi
apprezzarla come mamma l’ha fatta. E’ interessante poi venire a
conoscenza che tra le parti eliminate dal montaggio finale vi
è una scena d’amore tra la Ripley e Dallas, decisione presa
probabilmente per donare un ulteriore aspetto di mascolinità alla
protagonista.
Altre scene tagliate riguardano
uccisioni considerate troppo violente o disturbanti come quella
della giovane Lambert o quella in cui l’alieno appare a Brett
appeso a della catene come Cristo, fortunatamente queste scene
sono recuperabili nella versione Director’s Cut
pubblicata qualche anno fa.
Per tutto il film viene instaurato
un difficile rapporto tra il mondo femminile e quello maschile;
decisamente a sfavore di quest’ultimo, i maschi uno dopo l’altro si
dimostrano impotenti, l’unico che subdolamente riesce a
imporre una sua decisione si scoprirà essere un androide, lo stesso
computer di bordo che quasi farà secca Ripley è chiamata Mother ed
ha una voce di una donna sui 50-60 anni, come a voler essere
la madre di molti sull’equipaggio.
Lo stesso alieno che negli anni è
diventato un’icona del merchandising nasconde qualche riferimento
sessuale, la doppia bocca nella lingua retrattile dell’alieno o
l’apertura delle uova che ricordano una vagina. Probabilmente una
contrapposizione “femminile” alla ostentata mascolinità della
Ripley/Weaver.
L’alieno che feconda forzatamente
Kane, fuoriesce dalla sua pancia, a voler sottolineare quasi una
maternità al contrario e l’inutilità del sesso maschile, usato come
mezzo e non come strumento attivo. A salvarsi sarà quindi la sola
Ripley, l’unica che ha dimostrato un minimo di saggezza e astuzia,
l’unica che ha tentato di decifrare più volte il messaggio alieno e
che scopre la sua pericolosità, il fatto poi che sia lei a
salvarsi, affrontando faccia a faccia l’alieno invincibile è una
specie di selezione naturale. Solo i più astuti si salveranno, un
messaggio destinato all’umanità per prepararsi ad uno scontro
contro l’ignoto a cui difficilmente si può sfuggire con la sola
paura.
E’ uno
Ridley Scott che inaugura il suo trittico
fantascientifico (con
Blade Runner e Legend) in modo pessimistico, contro
l’avarizia ed il consumismo americano, non è un caso che alcuni
membri dell’equipaggio pensino fin troppo alla ricompensa e si
muovano per scovare l’entità del messaggio alieno solo perché
costretti da una clausola sul contratto. Il resto del cast è di
alto livello, comprendendo attori di rango come Ian
Holm nei panni del medico di bordo Ash e John
Hurt in quelli dello sfortunato Kane.
Detto ciò, il film non è esente
da alcune piccole ingenuità, mi riferisco a tutte le scene mediche
in cui manca un bel po’ di buon senso, come fare l’autopsia al
parassita (che aveva già manifestato la sua pericolosità ed era
assolutamente sconosciuto) a mani nude senza alcuna mascherina
oppure quando Parker e Brett se ne vanno a caccia dell’alieno con
una specie di rete da pesca.
Alla sua uscita
Alien incassò la bellezza di 103 milioni di
dollari e ne costò 11 consacrandolo come pietra miliare della
cinematografia sci-fi, vinse inoltre 5 Oscar tra cui quello per gli
effetti speciali che per l’epoca erano veramente qualcosa di mai
visto.
Notevole anche la colonna sonora
composta da Jerry Goldsmith, di stampo moderno e avveniristico,
un’artista spesso legato al mondo sci-fi come “Il pianeta
delle scimmie” e “Star trek – Il film”
che consente ad Alien di essere un punto di
riferimento anche sotto il profilo musicale.
Il successo del film non si fermerà
nemmeno negli anni successivi visto che verranno realizzati tre
sequel e due prequel, più tutta una serie di opere per lo più di
serie b che hanno pescato a piene mani dal film di Scott.
L’influenza però non si ferma solo al mondo cinematografico; un
intero filone videoludico è nato grazie alle atmosfere di
Alien, serie di videogiochi come Doom e Quake hanno costruito la
loro fortuna su corridoi labirintici claustrofobici, alieni
xenoformi ed ogni sorta di arma per farli fuori.
Alien è infine un
punto di riferimento assoluto sia per il cinema horror che per
quello fantascientifico, capace di unire i due genere raggiungendo
un climax perfetto con una Weaver in stato di grazia,
fortunatamente Scott ci abituerà fin troppo bene, pochi anni dopo
infatti giungerà nelle sale un certo “Blade
Runner“.
Powered by 