Mentre Avatar:
La via dell’acquacontinua
a prosperare al botteghino, il regista James Cameron guarda indietro, alla sua
carriere a alla sua filmografia.In un’intervista, a
Cameron è stato chiesto se avesse avuto qualche
esitazione quando gli è stato proposto di realizzare un sequel
diAlien di
Ridley Scott. Sebbene lo stesso Cameron non fosse preoccupato, ha rivelato che
un famoso produttore gli aveva sconsigliato di accettare il
progetto.
“Ho pranzato con un produttore
di spicco quando stavo per
iniziare Aliensche mi ha
detto: ‘Questo è un fallimento per te. Se il tuo film è buono,
Ridley avrà il merito. Se è brutto, sarà solo colpa tua. È
sarà la fine della carriera’”, ha detto Cameron aEmpire . “Ho
detto, ‘Sì, maaaa… mi piace.’ Forse ero un fanboy stupido, ma
potevo vederlo così chiaramente nella mia testa che dovevo solo
andare a farlo.”
Il regista ha poi parlato di
come ha realizzato il titolo per il sequel durante un incontro con
il capo dello studio e vari produttori esecutivi. “E sì, è
vero”, ha ricordato Cameron. “Ero in una riunione con
il capo dello studio e i produttori esecutivi, e ho girato la mia
sceneggiatura e sul lato bianco dell’ultima pagina ho
scritto Alien. Poi ho disegnato una
S alla fine. Poi ho tracciato due linee
verticali attraverso la S e l’ho sollevata per
mostrarle. Forse è stato solo un condizionamento pavloviano
quando hanno visto il segno $ collegato strettamente alla
parola Alien. O forse era la fiducia che
proiettavo. Ma hanno detto di sì”.
Avatar
3 è provvisoriamente programmato per il 20
dicembre 2024. Ulteriori sequel hanno anche date di uscita
con Avatar
4 fissato
per il 18 dicembre 2026 e Avatar 5
il 22 dicembre 2028. Con Avatar: La
Via Dell’Acqua, l’esperienza cinematografica raggiunge
nuove vette: Cameron trasporta il pubblico nel magnifico mondo di
Pandora in un’avventura spettacolare e ricca di azione. Ambientato
più di dieci anni dopo gli eventi del primo film, Avatar: La Via Dell’Acqua inizia a
raccontare la storia della famiglia Sully (Jake, Neytiri e i loro
figli), del pericolo che li segue, di dove sono disposti ad
arrivare per tenersi al sicuro a vicenda, delle battaglie che
combattono per rimanere in vita e delle tragedie che
affrontano.
Diretto da
James Cameron e prodotto da Cameron e Jon Landau, la
produzione Lightstorm Entertainment è interpretata da
Sam
Worthington, Zoe
Saldana, Sigourney
Weaver, Stephen Lang e
Kate Winslet. La sceneggiatura è scritta da James
Cameron & Rick Jaffa & Amanda Silver, e il soggetto è di
James Cameron & Rick Jaffa & Amanda Silver & Josh
Friedman & Shane Salerno. David Valdes e Richard Baneham sono i
produttori esecutivi.
A due anni da Tre
cuori, il regista e sceneggiatore francese
Benoît Jacquot torna protagonista della Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, questo volta
presentando – fuori concorso – À Jamais,
pasticciato dramma con incursioni nel thriller psicologico.
La trama di À Jamai
La storia di À
Jamai ruota attorno a Laura e Rey, una coppia di
amanti che vive in una casa affacciata sul mare. Lui è un regista,
lei un’attrice che interpreta delle performance di sua invenzione.
Un giorno Rey muore, lasciando Laura da sola nella loro casa. Ben
presto la situazione cambia: la donna si rende conto che c’è
qualcuno lì con lei e presto scoprirà che si tratta proprio dello
spirito di Rey.
Risulta davvero difficile riuscire
a trovare anche un solo aspetto positivo a quest’ultimo lavoro di
Jacquot. Quella che apparentemente sembra essere una storia
drammatica con al centro il superamento di un lutto, si mescola
senza alcun tipo di fondamento logico ad elementi presi in prestito
dal thriller di stampo psicologico, facendo del risultato finale un
agglomerato di elementi inconciliabili e al limite
dell’insensatezza.
À Jamai
appare privo di qualsiasi senso narrativo, la regia non risulta
funzionale alla trasparenza di una storia fin troppo confusa e
disordinata, e i personaggi – nonostante la presenza di un attore
del calibro di Mathieu Amalric – senza un reale
sviluppo, gettati tristemente in pasto ad un continuo andirivieni
di tematiche, dall’alienazione alle allucinazioni, fino a tirare in
ballo l’incorporazione.
A rendere la generale atmosfera del
film ancora più straniante e incomprensibile, l’utilizzo di una
colonna sonora che – esattamente come era già accaduto per
Tre cuori – serve a preannunciare una
tensione che in realtà non arriva mai, lasciando lo spettatore in
uno stato di disorientamento e incredulità davvero
imbarazzante.
À Jamais
si addentra con assoluta presunzione in discorsi dai quali non sa
come uscirne vittorioso e dai quali fatica ad estrapolare una
riflessione articolata e compiuta. Sicuramente uno dei film più
brutti presentati nel fuori concorso di questo Venezia
73.
Come si colloca il fumetto A
History Of Violence rispetto all’adattamento
cinematografico di David Cronenberg? Se è
vero che il regista può essere associato soprattutto a body horror
divenuti cult come La mosca o
Videodrome, negli ultimi vent’anni si è ampiamente
allontanato da questo genere (tornandovi però per Crimes
of the Future) a favore di thriller psicologici o drammi
come La promessa dell’assassino. Quest’ultimo film è
interpretato da Viggo Mortensen, che è diventato un
collaboratore abituale del regista. Il loro primo progetto insieme
è però stato il thriller poliziesco A History of
Violence (2005).
In esso, l’attore interpreta
Tom Stall, il proprietario di una tavola calda che
vive una tranquilla e anonima vita nello stato dell’Indiana. Una
notte, però, due criminali entrano nella sua tavola calda e Tom è
costretto a reagire, finendo per ucciderli. La stampa lo definisce
un eroe, anche se è scosso dall’evento, ma presto un gangster
sfregiato di nome Fogarty (Ed
Harris) entra nella tavola calda, sostenendo che Tom è
in realtà un killer professionista con un passato ben diverso da
quello che lui racconta. Da lì, avranno inizio una serie di eventi
che porteranno Tom a doversi confrontare con i suoi scheletri
nell’armadio.
Interpretato anche da William Hurt e Maria Bello,
A History of Violence è un thriller cupo e
complesso, sostenuto da una regia tesa e da ottime interpretazioni.
Il film ha anche ricevuto anche due nomination agli Oscar, per la
Migliore sceneggiatura non originale e per il Miglior attore non
protagonista per Hurt. Quando Cronenberg ha firmato per dirigere il
progetto, però, non era a conoscenza del fumetto AHistory Of Violence, realizzato da John
Wagner e da cui il film è tratto. Sebbene la pellicola sia
ampiamente fedele agli eventi del fumetto, ci sono anche molte
differenze tra i due.
Le differenze tra il film A
History of Violence e il fumetto
Il film, pur facendo riferimento
all’omonimo romanzo a fumetti da cui è tratto, è soltanto vagamente
basato su di esso. Lo sceneggiatore Josh Olson ha
infatti affermato fin dall’inizio di volere utilizzare la storia
originale come trampolino di lancio per esplorare i temi che più lo
interessavano. Per questo motivo, dopo una prima parte grossomodo
fedele a quanto raccontato da Wagner, si iniziano ad incontrare
diverse variazioni. Innanzitutto, il nome del protagonista cambia
da Tom McKenna a Tom Stall,
mentre John Torrino è stato cambiato in
Carl Fogarty. Anche il nome del figlio del
protagonista è cambiato, passando da Buzz a
Jack.
Nel fumetto, poi, Millbrook si trova
nel Michigan, mentre nel film è nell’Indiana, e i boss del film non
sono più di Brooklyn ma di Philadelphia. Secondo la stampa tedesca
David Cronenberg e lo sceneggiatore Josh Olson hanno inoltre
cambiato i nomi che sembravano italiani per evitare di anticipare i
legami con la mafia. La prima metà del fumetto ha poi
un’impostazione simile al film, con la scena della tavola calda e
il disagio di Tom per l’attenzione della stampa quasi identici. Una
cosa che il film fa è giocare sull’aspetto del mistero, indagando
al contempo sugli effetti della violenza su Tom, sulla sua famiglia
e su come la comunità e la stampa rispondono ad essa.
Tom si mostra a disagio per aver
ucciso due uomini, anche se lo “meritavano”, e non ama essere
lodato per questo. Ciononostante, si dimostra anche capace di
violenza e suo figlio, vittima di bullismo, in seguito picchia
ferocemente un aguzzino a scuola. La svolta del film è più o meno
la stessa, quando i gangster minacciano la sua famiglia e Tom si
rivela essere l’uomo che stanno cercando. Tom elimina gli scagnozzi
sia nel film che nel fumetto. La differenza sta che Fogarty viene
ucciso dal figlio di Tom nel film, ma dalla moglie nel fumetto. Il
film, inoltre, aggiunge anche due scene di sesso tra Tom e sua
moglie e fa un lavoro molto più approfondito sulla loro relazione.
La domanda se il figlio abbia la stessa violenza in agguato è un
altro tema aggiunto dal film.
La seconda metà di A History
of Violence mette poi in evidenza le differenze tra i due
media. Nel fumetto un flashback mostra Tom – il cui vero nome è
Joey – mentre compie una rapina alla mafia con l’amico Richie, che
va male. Richie viene catturato, mentre Tom fugge e si nasconde.
Dopo aver confessato alle autorità nella speranza di ricevere
protezione – e aver appreso che a loro non importa se non può
aiutarle a ottenere condanne – Tom è costretto a confrontarsi con
il sadico figlio di un mafioso che ha ucciso. Durante la resa dei
conti, scopre anche che Richie è stato tenuto in vita e
orrendamente torturato per due decenni. Il racconto si conclude con
Tom che uccide i restanti gangster, si impietosisce per Richie e lo
porta in ospedale, promettendo alla moglie di chiudere con il suo
passato.
L’opera di Cronenberg è dunque meno
drammatica ed esplora il crollo della personalità inventata di Tom
e il modo in cui la sua famiglia reagisce alla verità. Richie in
questa versione è il fratello di Tom e un mafioso a sua volta, che
costringe Tom a tornare a Philidelphia. Dopo aver tentato di fare
pace, Richie cerca di uccidere il fratello per regolare i vecchi
conti con le persone che Tom ha incrociato in passato; quest’ultimo
ribalta però la situazione e uccide Richie e i suoi uomini. Tom
torna così a casa e A History Of Violence si
conclude con una tranquilla scena di cena tra Tom e la sua
famiglia, lasciando intendere che, con il tempo, potrebbe esserci
una riconciliazione.
Il trailer del film e dove vederlo
in streaming e in TV
È possibile fruire di A
History of Violence grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Tim Visio,
Prime Video e Tim
Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di
riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un
abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale
comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre
presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 19
febbraio alle ore 21:00 sul canale
Iris.
Il regista David
Cronenberg e l’attore Viggo Mortensen
hanno lavorato insieme in più occasioni nel corso della loro
carriera, dando vita a lungometraggi di particolare pregio come
La promessa
dell’assassino e A Dangerous Method. Il
loro primo film insieme, risalente al 2005, è però il thriller
A History of Violence, titolo presentato in
concorso al Festival
di Cannes e lodato per la sua atmosfera e i risvolti
noir. Quella raccontata, infatti, è una vicenda apparentemente
semplice, che si propaga però fino a diventare un complessa vicenda
di violenza e vendetta, dove nessuno è realmente al sicuro.
Il film, sceneggiato
da John Olson, è l’adattamento dell’omonimo
romanzo a fumetti del 1997 scritto da John Wagner
e illustrato da Vince Locke. Noto in Italia con il
titolo di Una storia violenta, questo fu un ennesimo
successo per Wagner, già noto per il personaggio del Giudice Dredd,
adattato al cinema nel film Dredd – La legge sono io. Interessatosi al progetto,
Cronenberg vi vide la possibilità di realizzare un nuovo thriller
dopo Crash (1996) e Spider (2002). Apportando al
progetto il proprio personalissimo stile, il regista ha fatto di
A History of Violence uno dei suoi maggiori
successi di critica e pubblico.
Considerato dal regista come una
riflessione sul corpo umano e il suo rapporto con la violenza, la
quale viene qui esplorata sotto punti di vista diversi, tanto
storici quanto sociologici. Per gli amanti del genere e di
Cronenberg, un titolo da non perdere assolutamente. In questo
articolo approfondiamo alcune delle principali curiosità relative
ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile
ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama,
al cast di attori e alla spiegazione del
finale. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Protagonista del film è Tom
Stall, un uomo mite e proprietario di un piccolo
ristorante nella cittadina di Millbrook. Al di là del suo lavoro,
Tom si dedica molto alla sua famiglia, composta dalla moglie
avvocato Edie e dai figli Jack e
Sarah. La placida esistenza di Tom viene però
bruscamente spezzata il giorno in cui il suo ristorante è preso
d’assalto da due rapinatori, che egli riesce però abilmente a
mettere fuori gioco. Da quel momento, Tom si vede investito di una
non richiesta popolarità, con i mass media che lo osannano ad eroe
americano. La notizia viaggia in lungo e in largo, giungendo però
anche a Filadelfia, alle orecchie del crudele Carl
Fogarty.
L’uomo è un membro di spicco della
mafia irlandese locale e associa il volto di Tom a quello di
Joey Cusack che molti anni prima faceva parte
proprio della banda criminale e che li aveva poi traditi. Fogarty
decide dunque di recarsi a Millbrook in cerca di vendetta, seguito
dai suoi uomini. Il loro arrivo scuoterà ancor più nel profondo
l’esistenza di Tom e quella della sua famiglia, la quale non è più
certa di conoscere realmente quello che credevano essere un marito
e padre amorevole. Nel desiderio di porre fine ai suoi problemi,
Tom capirà che l’unico modo per porre fine a quella guerra è il
rispondere con la violenza alla violenza.
Il cast del film
Come anticipato, ad interpretare il
protagonista Tom Stall vi è l’attore Viggo
Mortensen. Egli, seppur inizialmente non entusiasta
della sceneggiatura, accettò di recitare nel film per poter
lavorare con Cronenberg, che stimava molto. L’attore si dedicò poi
molto al suo personaggio, immaginandone la vita prima della vicenda
narrata nel film e lavorando sull’accento di Philadelplhia per
poterlo rendere credibile. In seguito, Mortensen ha affermato di
considerare A History of Violence uno dei film più
belli in cui abbia mai recitato. Accanto a lui, nel ruolo della
moglie Edie Stall vi è invece l’attrice Maria
Bello, vita anche nei film Secret Window e
Prisoners, mentre i
figli Jack e Sarah Stall sono interpretati da Ashton
Holmes e Heidi Hayes.
Nei panni del crudele Carl Fogarty
vi è l’attore Ed Harris,
mentre nel ruolo del mafioso Richie Cusack vi è William Hurt.
Originariamente, i loro personaggi avrebbero dovuto avere origini
italiane, ma dopo la scelta dei due attori si preferì modificarli e
dar loro origini irlandesi. Ciò è stato motivato dal fatto che
Harris e Hurt risultavano più convincenti con origini irlandesi che
italiane. Nonostante compaia nel film per appena 10 minuti, Hurt è
poi stato candidato al premio Oscar come miglior attore non
protagonista. Completano poi il cast gli attori Peter
MacNeill nei panni dello sceriffo Sam Carney
e Stephen McHattie in quelli di Leland
Jones.
Nel corso del film, Tom ammette
infine di essere Joey. Prima che a quel punto Carl possa sparargli,
il figlio Jack lo uccide. All’ospedale, poi, Edie affronta Tom che
ammette nuovamente di essere Joey Cusack. Rivela dunque alla moglie
di essere scappato da Philadelphia per sfuggire al suo passato
criminale e questa ammissione aggrava le tensioni nel loro
matrimonio. Dopo che Tom esce dall’ospedale, Sam, lo sceriffo
locale, esprime la sua preoccupazione e i suoi sospetti. Mentre Tom
sta per confessare, Edie mente all’uomo e lo convince ad andarsene.
Nonostante ciò, il loro rapporto continua ad essere gelido.
Le cose prendono un’ulteriore piega
inaspettata quando il fratello di Tom, il boss Richie Cusack, lo
chiama e gli chiede di tornare a Philadelphia, minacciando di
venire in Indiana se non lo farà. A Philadelphia, Tom viene a
sapere che i mafiosi che ha offeso hanno sfogato le loro
frustrazioni su Richie, penalizzandolo finanziariamente e
ritardando il suo avanzamento nell’organizzazione. Tom si offre
quindi di fare pace, ma Richie ordina ai suoi uomini di uccidere il
fratello. Tom, però, riesce a uccidere la maggior parte dei
gangster e infine elimina anche il braccio destro di Richie e il
suo stesso fratello.
A quel punto, Tom torna a casa, dove
l’atmosfera è tesa e silenziosa, mentre la famiglia siede intorno
alla tavola. Alla fine la figlia gli porge un piatto. Qualche
istante dopo, il figlio gli offre un po’ del cibo e Edie guarda Tom
con le lacrime agli occhi. Seppure la famiglia si riconcilierà, la
violenza è entrata nelle loro vite e nulla sarà mai più come prima.
Parlando con CinephiliaBeyond, Cronenberg stesso ha
descritto il film come una meditazione sul corpo umano e sul suo
rapporto con la violenza: “Per me il primo fatto dell’esistenza
umana è il corpo umano. In questo film c’è un pubblico che
sicuramente applaudirà questi atti di violenza e lo fa perché è
previsto che questi atti siano giustificabili e a volte quasi
eroici”.
“Ma io dico: “Ok, se potete
applaudire quello, potete applaudire anche questo?” perché questo è
il risultato di quel colpo di pistola in testa. “Non
è bello. – continua Cronenberg – E anche se la violenza è
giustificabile, le conseguenze della violenza sono esattamente le
stesse. Il corpo non sa quale sia la moralità di quell’atto. Quindi
chiedo al pubblico di vedere se riesce a contenere l’intera
esperienza di questo atto violento, anziché solo quella
eroica/drammatica. Sto dicendo: “Ecco gli effetti davvero brutti di
questi brutti ragazzi, ma gli effetti sono comunque molto brutti”.
E questo è il paradosso e l’enigma”.
Il trailer del film e dove vederlo
in streaming e in TV
È possibile fruire di A
History of Violence grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Tim Visio,
Prime Video e Tim
Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di
riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un
abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale
comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre
presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 19
febbraio alle ore 21:00 sul canale
Iris.
A otto anni dalla Palma d’Oro a
Cannes con The Tree of
Life, Terrence Malick torna in
concorso sulla croisette con A Hidden Life. Gli
anni che separano il film con Brad
Pitt da questo nuovo progetto del regista di Austen
sono stati i peggiori della sua produzione, anche se i più fertili.
Tuttavia, di fronte a questa nuova prova, si ha la sensazione che
Malick sia tornato alle sue suggestioni originali, realizzando
un’altra delle sue opere d’arte.
La storia di A Hidden
Life è quella vera di Franz Jägerstätter, un contadino
austriaco che visse nel borgo di Sankt Radegund: fervente
cattolico, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si rifiutò di
arruolarsi, definendosi obbiettore di coscienza.
Malick racconta il legame carnale
che l’uomo ha con la sua terra, che coltiva, smuove, cura per
provvedere alla sua famiglia; a questo legame che sembra
indissolubile fa da appendice e naturale continuazione la
forte passione che lega Franz a sua moglie, che con lui lavora la
terra e nutre la famiglia. Con una regia che coniuga la classicità
della forma cinematografica con intuizioni e invenzioni che ne
confermano il ruolo rivoluzionario, Malick realizza un ritratto
emozionante, profondo delle contraddizioni di un piccolo villaggio,
della decisione difficile ma conscia del protagonista, dell’amore
fortissimo, puro, cristallino di questa donna, ennesimo incredibile
ritratto femminile, che si dà completamente al suo uomo, mostrando
devozione e comprensione.
A Hidden Life, il film
Con A Hidden Life,
il regista torna alle sue migliori suggestioni, sia formali che
visive. Riesce a piazzare la macchina da presa in posizioni mai
tentate prima, rende canone ciò che lui stesso inventa, dà vita e
luminosità alle immagini, sfruttando la luce naturale e conferendo
ad ogni ambiente una personalità propria. A questa caratteristica
classica per il suo cinema, Malick aggiunge delle fortissime
suggestioni pittoriche, che vanno dai Mangiatori di Patate di
Van Gogh alle luci e le fiamme di De La
Tour, elementi che contribuiscono a donare al film la
bellezza formale per la quale il regista è diventato celebre.
Non solo, a queste caratteristiche
ben note del suo stile, il regista si rivela anche abile
costruttore di suspance, legando l’immanenza degli eventi a suoni o
personaggi particolari, simboli di una svolta narrativa attesa e
temuta. In questo film, Malick ritrova un racconto meno rarefatto,
più classico, un elemento che permette di entrare in connessione
con i protagonisti e con il loro dramma, ma evolve anche la sua
poetica sul contrasto tra natura e cultura, dove, in questo caso,
la seconda si fa spettatrice, mentre la prima è rappresentata dalla
fede, dalla scelta di rimanere coerenti con il proprio credo,
qualunque sia il costo.
A Hidden Life
propone anche un ulteriore sviluppo della figura femminile, un
percorso di umanizzazione che dall’anestetizzata Holly de
La Rabbia Giovane, procede verso l’alto fino alla
Madre/Grazia di
The Tree of Life. Con Franziska, Malick
propone una mater dolorosa (et operosa), un
ricongiungimento con la Terra, con la materia che si fa portatrice
di vita e di concretezza, anche di fronte alla decisione
ineluttabile che la storia imponeva.
Torna il voice over che
entra dentro le menti e i cuori dei personaggi, il grandangolo
a deformare i primi piani e ad avvicinarli allo spettatore, la
durata importante, fondamentale al regista per affondare il suo
stiletto appuntato nel cuore della storia. Torna anche la
dimensione della guerra, sempre la Seconda Mondiale che aveva così
magistralmente rappresentato in La Sottile Linea
Rossa. Ma a differenza del capolavoro del 1998, così come
è obbiettore il suo protagonista, anche il regista rinuncia in
questa occasione alla violenza ostentata; non sentiamo un solo
colpo di pistola, non vediamo una goccia di sangue. In compenso
l’orrore della guerra non è più quella “nel cuore della natura” di
cui parlava il Soldato Witt, ma è un’esperienza tutta umana alla
quale si può decidere, come Franz, di non partecipare, rimanendo
fedeli a se stessi.
In A Hidden Life,
Terrence Malick sembra suggerirci che il Bene, nel
mondo, cresce con i gesti privati, piccoli, nascosti, come la vita
che vorrebbero condurre i protagonisti del film, come la vita che
conduce lui stesso.
A herdade è il
nuovo film di Tiago Guedes, selezionato nel
Concorso di Venezia 76. Il film poteva essere a
tono con la selezione dello scorso anno della Mostra, che prevedeva
una serie di pellicole molto lunghe, storie importanti, che in più
di un’occasione permettevano alla storia privata di incrociarsi con
la grande Storia pubblica. E questo è ciò che sceglie di fare
Guedes, con il suo film.
Il film racconta la storia di una
famiglia portoghese che possiede una delle più grandi proprietà
fondiarie d’Europa sulla riva meridionale del fiume
Tago. A herdade scava nei segreti della
loro proprietà, rappresentando le vicende storiche, politiche,
economiche e sociali del Portogallo a partire dagli anni Quaranta,
passando per la Rivoluzione dei garofani fino ad arrivare ai nostri
giorni.
A herdade intreccia la storia
politica e sociale del Portogallo attraverso i decenni, con quella
legata all’ascesa e alla caduta di una famiglia, specchio della
contemporaneità, che suo malgrado attraversa i cambiamenti che il
tempo impone a tutte le cose. Questo equilibrio tra grande e
piccolo, pubblico e privato, viene raccontato attraverso una lente
particolarmente insolita, quasi pacifica potremmo dire, in cui la
lotta di classe viene quasi annullata e perde il suo potere
esplosivo.
Se alcuni momenti del film si
caratterizzano per un’impostazione da soap opera, sacrificando la
credibilità della messa in scena, gli scenari, le bellissime
location, sono valorizzati invece da una fotografia che cattura
ogni raggio di luce nei cieli tersi che dominano la maggior parte
del film.
A herdade è un film
che ha bisogno del suo tempo, come la sua storia, e non è una mera
questione di minutaggio, anche se il film dura 164 minuti, è una
questione di respiro: le storie su scala così grande hanno bisogno
di inspirare ed espirare profondamente, così da riuscire a trovare
spazio negli occhi e negli animi di chi li guarda.
Il problema di questo affresco così
ricco e stratificato è proprio l’affollamento di temi che il film
non poteva raccontare singolarmente in maniera esaustiva. E quindi
il risultato è che in alcuni casi le redini del racconto sfuggono
di mano al regista. Nonostante questo, il film mantiene il fascino
della grande epica cinematografica, senza particolare lode, ma
anche senza infamia.
I Coldplay hanno annunciato un
nuovo film, A head full of Dreams, che svela al
pubblico tutta la loro carriera ventennale. Il documentario sarà
disponibile in streaming in esclusiva su Amazon Prime Video in tutto il mondo dal 21
Novembre.
Insieme all’esordio
di A head full of Dreams su Amazon Prime
Video, i Coldplay realizzeranno tre tracce esclusive disponibili su
Amazon Music. Le trace sono: Stayin Alive (Live at Glastonbury) dei
Coldplay & Barry Gibb, Us Against The World (Live in São Paulo) e
Don’t Panic (Live in Paris).
A head full of
Dreams offre un approfondimento sull’incredibile ascesa
della band, dai dietro le quinte nei pub di Camden ai sold out
negli stadi di tutto il mondo. Protagonista del documentario è
l’incrollabile legame tra i membri della band che non si è mai
incrinato nonostante i vari alti e bassi della loro storia.
A head full of Dreams, il film
Il film è stato diretto da Mat
Whitecross – director di Supersonic, l’acclamatissimo documentario
del 2016 sugli Oasis – che ha incontrato i quattro amici al college
a Londra prima ancora che formassero la band. Whitecross era
presente fin dall’inizio per trasformare in video la musica e
l’amicizia tra i componenti della band, dalle primissime prove in
un affollato bagno universitario.
Da allora Whitecross ha diretto
numerosi tra i più iconici videoclip della band (tra gli altri
Paradise, A Sky Full Of Stars e Adventure Of A
Lifetime) e ha continuato a documentare l’evoluzione personale e
musicale dei Coldplay.
Attingendo ad un grande archivio
inedito di video di dietro le quinte e dei live, A HEAD FULL OF
DREAMS è una riflessione della band sulle due decadi insieme. La
maggior parte del documentario è stato girato durante il loro tour
di maggior successo dal titolo A Head Full Of Dreams Tour, che è
stato certificato come uno dei tre più grandi tour di tutti i tempi
e che ha visto i Coldplay suonare davanti a più di 5.5 milioni di
fan.
E’ stato diffuso oggi il trailer di
A Good
Person, film targato Sky Original
scritto e diretto dal candidato al Golden Globe Zach Braff, che in Italia sarà in
esclusiva su Sky Cinema e in streaming solo su NOW dal 30 maggio
2023.
Quarto film del regista e attore
Zach Braff, A Good
Person vede la partecipazione di uno straordinario
cast che comprende la candidata all’ Oscar
Florence Pugh, attrice britannica tra le più
entusiasmanti della sua generazione, Molly Shannon, Chinaza
Uche, Celeste O’Connor e la leggenda della recitazione e
premio Oscar
Morgan Freeman. La fotografia è curata dal premio
Oscar Mauro Fiore. Il film è prodotto da
Killer Films, Elevation Films, Zach Braff e
Florence Pugh.
La trama del film
Allison (Florence
Pugh) è una giovane donna che ha davanti un futuro
radioso: ha un fidanzato meraviglioso, una carriera fiorente, una
famiglia e degli amici che la sostengono. Ma il suo mondo va in
mille pezzi quando sopravvive ad un terribile incidente ed esce
dalla clinica con una dipendenza da oppioidi e un dolore irrisolto.
Negli anni successivi, sarà l’improbabile amicizia che stringe con
l’aspirante suocero (Morgan Freeman) a darle la possibilità di
rimettersi in sesto e andare avanti con la sua vita.
Le riprese del quinto capitolo
della saga di Die Hard sono attualmente in corso in Ungheria: la
vicenda vedrà Bruce Willis tornare a vestire i panni dell’eroe suo
malgrado John McClane, che si trova sempre nel posto sbagliato al
momento sbagliato. La novità è che il protagonista sarà affiancato
dal figlio, interpretato da Jay Courtney.
Le sorprese però non finiscono qui,
dato che a quanto pare nel film tornerà anche una terza componente
della famiglia McClane: Ted Cross, altro partecipante al film, ha
infatti rivelato sul suo blog che, nell’occasione si è trovato a
lavorare a fianco di Mary Elizabeth Winstead. L’attrice aveva
partecipato al quarto episodio della serie, nel 2007, nel ruolo
della figlia di McClane, Lucy; al momento tuttavia non è ancora
chiaro quale ruolo avrà la Winstead nel film: Cross ha spiegato che
comunque la scena girata con lei è posta verso la fine del film. A
Good Day to Die Hard vedrà la partecipazione, tra agli altri, di
Sebastian Koch, Yulia Snigir, Cole Hauser. L’uscita è fissata per
il 14 febbraio 2013.
La Twentieth Century
Fox ha confermato che il nuovo capitolo della serie di
Die Hard avrà il rating ‘R’ (che prevede
l’obbligo di accompagnamento da parte di un maggiorenne per i
minori di 17 anni).
La restrizione soddisferà
sicuramente Bruce Willis, il quale ebbe molto da
ridire sul fatto che il precedente film della serie avesse ottenuto
solo il rating PG 13, nei fatti venendo giudicato poco più di un
film ‘per famiglie’: Live Free or Die
Hard è stato in effetti l’unico episodio ad aver
ottenuto un rating così basso in una serie in cui la forte dose di
violenza ha sempre comportato restrizioni abbastanza rigorose.
A Good Day To Die
Hard uscirà il prossimo 14 febbraio, diretto da
John Moore su una sceneggiatura di Skip
Woods (X-Men Origins:
Wolverine). La vicenda vedrà John McClane, in
trasferta in Russia, imbattersi nel figlio (Jai
Courtney), diventato un agente della CIA, che sta cercando
di scongiurare un attacco terroristico contro gli Stati Uniti.
Colorato, folle, onirico, A
Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III, il nuovo film
di Roman Coppola è una sorpresa e una delizia per
gli occhi. La storia si concentra su Charlie, un pubblicitario che
ha il cervello occupato per l’80% dalle donne. Niente di
straordinario quindi se la fidanzata decide di lasciarlo per le sue
presunte o manifeste infedeltà! Il fatto è che Charlie ama
moltissimo Ivana, e così ci metterà un po’ a metabolizzare il
dolore della separazione. Ad aiutarlo ci sono però la sorella, il
suo contabile, il migliore amico e la sua immaginazione, sempre
fervida e ricca di dettagli.
A Glimpse Inside the Mind
of Charles Swan III è un film delirante, che ricorre alla
rappresentazione dei pensieri per dare visibilità a quello che
accade nella testa del protagonista. Ad una prima parte un po’
confusa, in cui sogno e realtà si mescola confondendo un po’ lo
spettatore, segue una seconda parte in cui la storia avanza e
riesce a coinvolgere dal momento che si cominciano a distinguere
meglio le sequenze che avvengono solo nella testa di Charlie, da
quelle che raccontano la realtà dei fatti così come accadono.
A Glimpse Inside the Mind of
Charles Swan III, il film
Tutto del film concorre a creare,
anche nella realtà, un ambiente surreale, pieno di colori
estremamente vivi e di immagini iconiche, oltre ad aiutarci a
costruire un personaggio esilarante e sopra le righe ma che gode di
un grande amore da parte del suo ideatore. A dare corpo e anima a
Charlie, c’è Charlie Sheen, praticamente perfetto
per un ruolo che sembra essere stato scritto apposta per lui. Sheen
riesce a dare quel giusto mix di malinconia e follia ad uno dei
personaggi più simpatici visti al cinema negli ultimi tempi.
A completare il cast ci sono
Bill Murray, come al solito incredibile
veicolo di comicità, Jason Schwartzman, nei panni
del migliore amico di Charlie, Patricia Arquette
nel ruolo della sorella e la bella Katheryn Winnick che interpreta Ivana, la
fidanzata che abbandona il protagonista all’inizio del film.
Roman Coppola si
dimostra molto bravo a raccontare una storia semplice,
arricchendola di dettagli ed elementi che aiutano lo spettatore ad
orientarsi, cercando di dare il giusto spazio ad ogni avvenimento
ma soprattutto tentando, con successo, di descrivere il personaggio
principale attraverso le sue azioni, mostrandoci effettivamente
com’è e come si muove all’interno di una vita che sembra prendere
sempre troppo alla leggera.
A Glimpse Inside the Mind
of Charles Swan III è una bella commedia, un film
originale ed efficace, che riesce a far sorridere ma che non
banalizza il dolore, rappresentandolo in maniera straordinariamente
realistica.
A Glimpse Inside the Mind of
Charles Swan III è un film, scritto e diretto da Roman
Coppola, nel cast c’è Charlie Sheen che interpreta un playboy dal
cuore spezzato, Bill Murray
Ospite al Festival di Lucca,
George Romero ha preso parte a una masterclass
durante la quale ha parlato della sua carriera e del suo lavoro, ma
anche di temi cari al suo genio, come la morte, l’impegno politico
e ovviamente i tantissimi cloni ed eredi dei suoi amatissimi
zombie.
In merito a The Walking Dead, l’autore
ha le idee molto chiare, anche se alquanto rigide: “Non sono
stato coinvolto in alcun modo, intanto. Diciamo che mi arrabbio,
non mi piacciono. A dare il via al tutto è stato The Walking Dead.
Mi è piaciuta molto la graphic novel, ma quando l’hanno portata in
tv e hanno licenziato Frank Darabont, che era lo showrunner della
serie, mi è dispiaciuto. Non so perché lo abbiano fatto, forse per
cercare di spremere più soldi dalla storia. La prima stagione mi
era piaciuta, ma poi è diventata una soap-opera, The Talking
Dead!”
Presentato nella sezione Un
Certain Regard del Festival
di Cannes 2018, A Genoux Les Gars
(Sextape) è il nuovo film del regista Antoine Desrosières,
che torna alla regia dopo anni di silenzio. Per romperlo sceglie di
riprendere un tema già esplorato in precedenza e qui portato alle
estreme conseguenze, quello della sottomissione
e dell’emancipazione femminile.
In assenza di sua sorella Rim
(Inas Chanti), Yasmina (Souad
Arsane) si ritrova coinvolta e costretta ad un perverso
gioco organizzato dal suo ragazzo Salim (Sidi
Mejai) e il suo amico Majid (Mehdi
Dahmane). L’atto sessuale a cui la ragazza è costretta
viene segretamente filmato con la minaccia di diffusione, cosa che
getta Yasmina in una spirale di vergogna e desiderio di
rivalsa.
La forza del A Genoux Les
Gars si svela sin da subito essere nei dialoghi,
rispecchianti perfettamente il modo sconclusionato e frammentato di
esprimersi dei ragazzi, ricco di giochi di parole, doppi sensi e
discorsi che si alternano senza un senso logico. Nella scrittura il
regista si avvale infatti dell’aiuto dei suoi giovani attori, che
infondono così tutta la loro conoscenza a riguardo e rendendo il
film di una brillantezza e di una comicità rare. Pur raccontando un
fatto ispirato ad eventi tristemente accaduti, il regista sceglie
di raccontarlo affidandosi ai toni della pura commedia, giocando
così ad ironizzare su ciò che normalmente non ha nulla di
divertente.
Seguendo la giovane Yasmina
entriamo sempre più nel suo mondo di adolescente, dove nessuno la
comprende e il tema della sessualità è sempre più invadente.
Desrosières ne fa un ritratto fedele, mai giudicante, che aiuta a
renderci gradevole la protagonista e portandoci ad empatizzare con
lei. Complici la già citata brillante scrittura e la bravura della
giovane protagonista, che più di tutti risulta naturale e a suo
agio nel ruolo.
A lungo andare tuttavia il film
perde lo slancio iniziale, e si presentano diverse situazioni dove
la comicità risulta lievemente fuori tono e finisce per dare la
sensazione di star girando intorno al tema prima di arrivare alla
conclusione. Conclusione che quando arriva non svela la forza che
ci si aspettava, ma che vista nel complesso del film riesce con
gusto a raccontare del viaggio di iniziazione verso l’amore e il
sesso, un viaggio allo stesso tempo complesso e tragicomico.
A Genoux Les Gars,
prima di essere una commedia, è la storia di una ragazza che lotta
contro la frustrazione generata dalla violenza e dalla
sottomissione perpetrate sulle donne in un regno maschilista. La
lotta per l’emancipazione trova nell’attualità della storia una sua
non indifferente attrattiva, che nonostante i diversi difetti del
film, prevalentemente di ritmo, riesce a intrattenere e a far
riflettere sui diversi temi presenti all’interno del film.
A Fantastic Fear of Everything è il primo
progetto della Pinewood Films’ che si prefigge di produrre i film a
basso budget nel panorama britannico. E chi coinvolgere se non
Simon Pegg, l’attore d’oro della commedia demenziale inglese?
A Fantastic Fear of
Everything è la storia di uno scrittore di favole per
bambini che decide di trasformarsi in scrittore di libri gialli.
Purtroppo però le sue ricerche riguardo alla
In A Family Affair, proprio come lo
Zac Efron che conosciamo e amiamo, l’attore interpreta
una bella star del cinema, ma i paragoni si fermano qui. A
differenza di Efron, che abbiamo recentemente celebrato per
essere stato un leader stimolante sul set di The Iron Claw, il suo
personaggio, Chris Cole, è un po’ una spina nel fianco per la sua
assistente, Zara, interpretata dalla co-protagonista
Joey King. Insieme, il loro ritratto di
questa classica dinamica industriale è talmente azzeccato che è
chiaro che i due si sono trovati bene sul set, facendo rimbalzare
le loro performance l’uno sull’altro. In effetti, potreste rimanere
sorpresi di quanto i loro botta e risposta fossero in realtà
improvvisazioni sul posto e di quanto poco si aspettassero di
arrivare al montaggio finale.
Il film è una commedia romantica
che racconta di Zara, l’assistente di una star che sogna di
diventare una produttrice di Hollywood. Questo sogno è l’unica
ragione per cui è rimasta sotto il controllo della star d’azione
Chris Cole per così tanto tempo e, dopo un’esplosione di ridicolo
di troppo, Zara finalmente si oppone a Chris e si licenzia.
Sfortunatamente per lei, non sarà così facile prendere le distanze
da questa relazione quando si imbatterà accidentalmente in Chris
che ha una relazione sentimentale con sua madre, interpretata
dall'”eterea e adorabile” Nicole Kidman.
Prima dell’uscita del film su
Netflix, Collider ha avuto la possibilità
di incontrare Efron e King per parlare della loro esperienza di
lavoro con il regista Richard Lagravenese e
Nicole Kidman. Per
Zac Efron, il film ha rappresentato l’opportunità di
riunirsi con un’ex compagna, avendo recitato al fianco della Kidman
in The Paperboy del 2012, mentre
per la King si è trattato di incontrare e lavorare al fianco di un
eroe. I due parlano anche dei veri eroi non celebrati sui set
cinematografici, della condivisione delle scene e della sfida
divertente di improvvisare insieme.
Zac Efron e Joey King elogiano gli
eroi non celebrati di Hollywood
È difficile scegliere. Dovrò
dire che si tratta di un gruppo di persone. Abbiamo i nostri
parrucchieri e truccatori, le varie troupe che lavorano sotto di
noi, i nostri cameraman, i reparti audio e i nostri registi.
Persone che stanno dietro le quinte. Hanno tutti bisogno di un po’
di amore.
Sono presenti in tutto il film,
ma in particolare in molte scene con Joey. Ci siamo divertiti molto
e quando Richard ci ha incoraggiato a lasciar respirare e a far sì
che fosse reale. Quelle sono sempre le riprese migliori. Sono
sempre i momenti migliori, secondo me. Abbiamo avuto anche molti
momenti davvero divertenti e onesti quando stavamo migliorando, e
sono stati davvero belli. Mi guardo indietro e non ricordo come
siamo arrivati a questo punto, ma poi abbiamo iniziato a cantare.
[Ride]
Zac Efron, nel corso della sua ricca carriera,
ha dimostrato di essere un attore in gamba, versatile. Le commedie
sono sempre state il suo punto di forza, anche se Ted Bundy – L’ultimo criminale, ma ancor più il
recente The Warrior: The Iron Claw, hanno rivelato le sue
grandi capacità drammatiche. Ma è il genere – per definizione –
disimpegnato la sua carta vincente. Ne è un esempio A
Family Affair, nuova comedy targata Netflix
diretta da Richard LaGravenese.
Sebbene non raggiunga i livelli di
Ho cercato il tuo nome o Segui il tuo cuore,
e neanche i più esilaranti Quel momento imbarazzante e Cattivi
vicini, questa comeddia, arrivata per riempire l’estate
della piattaforma dalla N rossa, si inserisce bene in un catalogo
che punta più sul puro intrattenimento che sull’originalità. Una
linea narrativa e produttiva che oramai il colosso streaming ha
sposato, e che abbraccia un vasto bacino di spettatori che vogliono
semplicemente spendere all’incirca un paio d’ore all’insegna del
relax. Scritto da Carrie Solomon, A Family Affair vanta un
cast d’avvero d’eccezione: oltre il già citato Zac Efron, c’è la
diva Nicole Kidman e la talentuosa Joey
King.
A Family Affair, la trama
Chris e Zoe sono una coppia di
lavoro molto particolare. Lui, attore famoso paranoico e
puntiglioso, lei sua assistente personale, determinata ma
aggressiva. La ragazza ha deciso di essere la sua “galoppina” –
come definisce se stessa – perché Chris le ha promesso che in
futuro potrà prendere le redini della sua casa di produzione, posto
a cui lei ambisce da sempre. Tuttavia, i suoi modi di fare sono
alquanto snervanti e a Zoe il suo carattere non fa impazzire.
Resiste solo per necessità. Le cose si complicano quando, tornata
un giorno a casa, scopre sua madre Brooke a letto proprio con il
suo capo. Una sorpresa alquanto inaspettata, che metterà la figlia
contro il suo unico genitore. È una relazione che non può
tollerare: Zoe sa come è Chris con le donne, e non vuole che lui la
faccia soffrire.
Questioni di famiglia
Proprio per quanto scritto
all’inizio di questa recensione, A Family Affair è un
prodotto che, come il resto dei suoi “fratelli”, va
guardato senza troppe pretese. Se si cerca qualcosa di
diverso, che si allontani dalle classiche commedie romantiche dal
tocco ironico, il film non sarà pronto a soddisfare queste
esigenze. Fruendolo, sembra essere la versione più convincente
dell’adattamento del romanzo The Idea of You, uscito a maggio su Prime Video. L’incidente scatenante è preossochè
simile, ma se quest’ultimo portava con sé una eccessiva leziosità,
la pellicola di LaGravenese per fortuna riesce a essere più
equilibrata e perciò anche più reale e godibile.
Scoprire che la propria madre ha una
relazione con una persona più giovane, e in tal caso con il proprio
capo e divo del cinema apparentemente inaffidabile, non dovrebbe
essere facile per nessuno. Ecco perché il personaggio di Joey King
è quello che funziona meglio nel restituire la frustrazione e la
preoccupazione di una figlia che per il genitore vuole solo il
meglio. Per quanto si setti su un tono esclusivamente sentimentale,
è in grado di affrontare specifiche dinamiche familiari (e
amorose) con più sincerità e attendibilità. Ciò non
significa che non sia a tratti mieloso, o che non presenti delle
imperfezioni. Come per esempio alcuni passaggi narrativi, nei quali
i dialoghi non sono pienamente convincenti, e sarebbe stato
preferibile fare affidamento solo sulle immagini. Inoltre, non
tutto il cast principale sembra essere a suo agio nel proprio
ruolo.
Un cast divertito, ma non sempre
all’altezza
È Joey King con la sua Zoe a
prendersi la maggior parte della scena. Il suo personaggio
è il più interessante, e anche quello meglio recitato. La giovane
attrice lavora bene sulle espressioni del viso e sulla forza delle
emozioni (irruente) del suo personaggio, rendendola la più
autentica. Zac Efron, invece, è abile nel prendersi in giro e nel
rappresentare le contraddizioni comiche del suo personaggio, Chris,
imparanoiato, insicuro e fragile.
La delusione è per Nicole Kidman, la
quale non è sciolta nei panni della sua Brooke, forse per la poca
chimica con il suo partner Efron. Si nota che fa una certa fatica a
essere fluida, a lasciarsi andare. Non si abbandona totalmente al
personaggio, e questo la rende meno credibile rispetto ai suoi
colleghi. Nonostante qualche difficoltà da parte di Kidman e alcune
lacune di sceneggiatura, A Family Affair adempie comunque
al suo compito e si fa guardare, anche se destinato a essere presto
dimenticato come molte altre commedie simili. Ma va bene così.
A Family Affair
(qui
la recensione) di Netflix
è una commedia sentimentale (simile in teoria al film di Prime VideoThe Idea
of You, ma meno drammatica) che racconta di Zara, una
giovane assistente di produzione cinematografica che, con suo
grande orrore, scopre che sua madre Brooke va a letto con Chris
Cole, la prepotente ed egocentrica star del cinema che proprio lei
è incaricata di gestire. Diretto da Richard
LaGravenese e scritto da Carrie
Solomon, il film vede nei panni di questi tre personaggi
Zac Efron nel ruolo di Chris Cole, Nicole Kidman nel ruolo di Brooke Harwood e
Joey King nel ruolo di Zara Ford.
La vicenda ha inizio nel momento in
cui Zara capisce di averne abbastanza di Chris e delle sue manie,
arrivando a licenziarsi. L’attore si reca però a casa sua per
pregarla di riconsiderare la sua decisione. Tuttavia, è Brooke
l’unica a casa e, mentre aspetta il ritorno di Zara, Chris inizia a
conversare con lei, finendo però ben presto a strapparsi i vestiti
a vicenda. Zara li sorprende mentre fanno sesso e, nel corso di
A Family Affair, la giovane farà capire quanto sia
contraria alla relazione tra la madre e l’egocentrico Chris.
Tuttavia, dopo alcune prove e tribolazioni, Zara, Chris e Brooke
otterranno il loro lieto fine.
Naturalmente, la relazione tra Chris
e Brooke è considerata una cattiva idea perché Chris è il capo di
Zara e Brooke è sua madre. Ma è anche un po’ “scandalosa” per la
differenza di età tra i due. Tuttavia, il divario di età non è un
argomento significativo nel film, il che è rinfrescante rispetto al
modo in cui una donna più anziana che frequenta un uomo più giovane
viene tipicamente vista. Nonostante questi ostacoli, Chris e Brooke
si innamorano e trovano un modo per stare insieme. Cercano di
ignorare il loro legame, ma si rivela troppo forte.
Purtroppo, proprio quando in
A Family Affair Zara si sta rassegnando all’idea
che sua madre esca con il suo capo, trova gli orecchini che Chris
regala alle sue ragazze quando vuole lasciarle. Pensando al peggio,
Zara smaschera Chris e Brooke mette fine alla loro relazione.
Tuttavia, i due diventano infelici senza l’altro e Zara si rende
conto dell’errore commesso, organizzando il loro
ricongiungimento.
Zara porta dunque Chris in un
negozio di alimentari, mentre Leila costringe Brooke a procurarle
del cibo per aiutare la sua “demenza”. I due si incontrano e Zara
li lascia parlare. La coppia, dunque, si riappacifica e Zara
accende i “temporali artificiali” nella corsia delle verdure per
creare una certa atmosfera. Verso l’inizio del film, Chris si
confida con Zara su quanto gli manchi la vita quotidiana a causa
del suo status di celebrità, compresa la visione dei “temporali”.
Chris e Brooke ottengono così il loro lieto fine e il film si
conclude con loro due insieme innamorati e con l’approvazione di
Zara.
Perché Zara cambia idea sulla
relazione tra Chris e Brooke?
Il personaggio di Joey
King in A Family Affair è un po’
sprovveduto. Zara, che nel film ha solo 24 anni, inizialmente è
egoista e si rifiuta di considerare i sentimenti della madre nei
confronti di Chris (e viceversa). Tuttavia, dopo che la sua
migliore amica, Genie, le fa un esame di coscienza sul suo
comportamento, Zara si rende finalmente conto di aver sbagliato a
interferire con la relazione tra Chris e Brooke e ad opporsi
ostinatamente. Così, escogita un piano per farli tornare insieme e,
come già detto, funziona.
Come sua assistente, Zara ha un
posto in prima fila per vedere come Chris tratta le donne e teme
che possa spezzare il cuore di sua madre così come ha fatto con le
sue molte altre amanti. Inoltre, Zara sa quanto Chris possa essere
insopportabile (in parte a causa del suo tragico passato e del suo
stile di vita protetto).
Usa dunque la felicità della madre
come scusa per allontanare Chris e Brooke. Ma Zara non vuole
nemmeno che stiano insieme per il bene della sua stessa sanità
mentale. Alla fine, con l’aiuto di Genie e un po’ di riflessione su
se stessa, Zara si rende conto di quanto Chris e Brooke siano
felici e innamorati quando stanno insieme, ed è per questo che
progetta il loro ricongiungimento.
Dopo che Chris e Brooke hanno
riacceso la loro storia d’amore alla fine del film di Netflix
A Family Affair, la storia fa un salto in avanti
di un anno e sembra che tutti abbiano fatto progressi significativi
nella loro carriera. Zara ha fatto progressi nella casa di
produzione di Chris – ha persino un ufficio e un’assistente tutta
sua. Chris recita nel film drammatico “coming-of-queer” di
Stella (che Zara sta producendo). Infine, Brooke ha pubblicato un
altro libro, Second Time Around. Inoltre, Chris e Brooke
stanno ancora insieme e loro e Zara sono una piccola famiglia
felice che si ama molto.
Come il passato di Brooke con il
padre di Zara influenza la sua relazione con Chris
L’opposizione di Zara alla storia
d’amore tra Chris e Brooke gioca un ruolo importante nel tumulto di
Un affare di famiglia. Tuttavia, anche il precedente batticuore di
Brooke e la sua preoccupazione per la fine della relazione
ostacolano lei e Chris. Come gli spettatori sanno, il marito di
Brooke e padre di Zara, Charlie, è morto 11 anni prima. Tuttavia,
il pubblico (e Leila) apprendono verso il finale del film che
Charlie voleva divorziare prima di sapere di essere malato.
Brooke ha paura che Chris le spezzi
il cuore e che la loro relazione finisca, cosa che la ferirebbe
molto, a causa del suo passato con Charlie. Brooke dice persino a
Leila, interpretata dalla premio Oscar Kathy Bates in A Family
Affair, che non vuole avere bisogno di Chris a causa delle
sue paure. Ma come dice Leila, “la fine non è affar tuo“.
Non ha senso preoccuparsi del domani quando Brooke sa di amare
Chris oggi. Per fortuna, Brooke supera le sue riserve e si butta a
capofitto in una relazione con Chris.
Sebbene Chris dia spesso Zara per
scontata in A Family Affair, il suo panico ogni
volta che lei minaccia di licenziarsi mostra agli spettatori quanto
abbia davvero bisogno e si preoccupi per lei. Purtroppo, è
necessario il suo profondo legame con Brooke per fargli capire e
riconoscere il valore di Zara. Ma quando Chris si apre con sua
madre, mantiene la promessa fatta a Zara e la promuove a produttore
associato. Alla fine del film, Zara continua dunque a fare carriera
nella casa di produzione di Chris, trovando finalmente ciò che era
destinata a fare (una delle tante preoccupazioni di Zara nel
film).
La storia d’amore tra Chris e Brooke
è certamente una delle relazioni più importanti di A Family
Affair. Tuttavia, si potrebbe sostenere che le relazioni
separate di Zara con sua madre e il suo capo siano altrettanto (o
addirittura più) significative nel finale del film. Zara si rende
conto di aver raramente considerato i sentimenti di Brooke nel
corso della sua vita, e le due hanno una conversazione a cuore
aperto in cui sanano i loro problemi e rafforzano il loro
legame.
Nel frattempo, la dinamica di Chris
e Zara è sorprendentemente la più intrigante del film di Netflix.
Zara aiuta Chris a trovare una casa e Chris aiuta Zara a capire
cosa vuole fare e chi vuole essere. Nonostante i litigi e le
differenze, Chris e Zara si amano a modo loro. Ma nessuno deve
aspettarsi che Zara chiami Chris suo padre in tempi brevi
(probabilmente mai) dopo A Family Affair.
Ci sono documentari che
esplorano temi sociali e scottanti questioni politiche, che
ripercorrono biografie di personaggi capaci in qualche modo di
segnare l’immaginario collettivo o le cui vite meritano di essere
raccontate per la loro eccezionalità. A Family
Affair, vincitore del Concorso Internazionale della
12esima edizione del Biografilm Festival di Bologna, è invece un
film che sceglie la strada del racconto autobiografico, delineando
un romanzo familiare dalla risonanza universale.
Il regista olandese Tom
Fassaert gira infatti un documentario personale che entra
nei meandri del doloroso passato della propria famiglia per
comporre un mosaico in cui mancano tessere fondamentali. Perché suo
padre Rob per molti anni ha finto di essere orfano e ha con la
madre un rapporto minato da una silenziosa lontananza carica di
recriminazioni? In che misura l’esistenza dello zio René,
autistico, è stata segnata dalle azioni della donna che lo ha
partorito? Ci sono i fatti, ci sono le testimonianze di Rob e René,
manca però un contraltare.
Tom Fassaert
diventa allora il detective che, telecamera in mano, parte per il
Sudafrica dove vive la nonna Marianne Hertz, in
cerca della verità. In cerca delle ragioni che possano spiegare le
gravi incomprensioni che dividono la famiglia e soprattutto
Marianne e i suoi figli. Il nucleo dell’indagine di Tom è il
confronto con sua nonna, una ex modella che a novant’anni non manca
di fascino e di voglia di sedurre gli altri, persino il suo stesso
nipote. Donna carismatica ma inquietante nel suo egocentrismo misto
a fragilità, Marianne è un personaggio che sembra emergere dalla
scrittura per complessità e ambiguità.
“Voglio sapere cos’è
andato storto”, è l’esplicita richiesta di Tom
Fassaert, che sollecita la nonna a rivelare la sua
versione della storia, a far cadere maschere e muri che paiono
impenetrabili. “È un tuo problema”, risponde
Marianne Hertz, che acconsente a un tentativo di
riconciliazione, ma non è pressoché mai disposta a concedere il suo
animo alla telecamera.
A Family
Affair, frutto di cinque anni di riprese e
lavorazione, è un documentario che pone domande ma non trova
risposte chiare e razionali, mettendo in questo alla prova lo
spettatore. Il film di Tom Fassaert,
splendidamente arricchito dagli home movie girati dal padre Rob e
dalle foto di famiglia (comprese quelle di Marianne da bambina),
ribadisce non solo l’impenetrabilità degli esseri umani e dei
legami familiari, l’importanza di accettare il passato per vivere
appieno il presente ma soprattutto l’estrema difficoltà a definire
il concetto di verità, nella costruzione di un racconto così come
nella realtà.
Universal Pictures, in occasione
della Giornata Nazionale del Cane, ha pubblicato online il trailer
di A Dog’s Purpose. Nel trailer possiamo
vedere il protagonista, doppiato da Josh
Gad, reincarnato più volte in diversi cani.
Basato sul romanzo
bestseller di W. Bruce Cameron, A Dog’s
Purpose, il film sarà diretto dal
regista Lasse Hallström (The
Cider House Rules, Dear John, The 100-Foot Journey).
Il film racconta la sorprendente storia di un cane devoto, che
trova il significato della propria esistenza attraverso la vita
degli umani a cui insegna a ridere e amare.
Nel cast anche
Dennis Quaid, Peggy Lipton, Britt Robertson, K.J. Apa,
Juilet Rylance, Luke Kirby, John Ortiz
e Pooch Hall.
A Dog’s Purpose è prodotto da
Gavin Polone
(Zombieland, Una mamma per
amica). Il film di Amblin Entertainment e Walden
Media avrà come produttori esecutivi Alan
Blomquist e Mark Sourian.
Ecco una clip esclusiva da A
Different Man, il nuovo film di Aaron
Schimberg con protagonisti
Sebastian Stan, Renate Reinsve e
Adam Pearson. Il film arriva in sala dal 20 marzo
distribuito da Lucky red e Universal.
Scritto e diretto da Aaron
Schimberg, è interpretato da un cast d’eccellenza:
Sebastian Stan (il candidato premio Oscar che per
questo ruolo ha da poco ottenuto il Golden Globe come migliore
attore in una commedia o musical e si è aggiudicato il premio come
migliore attore allo scorso Festival di Berlino dove il film era in
concorso), Renate Reinsve (l’attrice norvegese che ha vinto
la Palma d’Oro per la migliore interpretazione femminile a Cannes
con La persona peggiore del mondo) e Adam Pearson
(famoso conduttore televisivo e attivista con
neurofibromatosi).
La trama di A Different
Man
In A Different Man Edward
(Sebastian Stan) è un aspirante artista con
il viso e il corpo deformato, innamorato della sua vicina di casa
(Renate Reinsve) che si sottopone a un
intervento medico per trasformare drasticamente il
suo aspetto. Ma quando incontrerà Oswald (Adam
Pearson), anche lui nato con la malattia NF1 e che sembra
rubargli la scena dentro e fuori dal palcoscenico, la sua nuova
vita da sogno si trasformerà rapidamente in un incubo.
Schimberg ha cercato di coltivare
un’atmosfera grintosa, stravagante ma avvolgente in ogni
elemento della produzione, dalla colonna sonora ricca e
ossessionante del compositore italiano Umberto Smerilli,
alla fotografia in Super 16 millimetri del direttore della
fotografia Wyatt Garfield che è riuscito a catturato la luce
di un film girato interamente in esterni nell’East Village,
nell’Upper West Side e in alcune zone di Brooklyn.
Un’opera audace che gioca
con il concetto di identità, percezione e bellezza, A Different
Man è il nuovo film scritto e diretto da Aaron
Schimberg. Con una trama che riecheggia il classico
Operazione diabolica (1966) di John Frankenheimer, il film
segue Edward (interpretato da Sebastian Stan), un attore newyorkese con
neurofibromatosi, una condizione che gli causa vistosi tumori
facciali e lo relega a ruoli marginali come quelli nei video
aziendali sulla diversità e l’inclusione. La sua vita cambia quando
accetta di sottoporsi a un trattamento sperimentale che lo
trasforma radicalmente, dandogli l’aspetto di una star del cinema.
Ma il cambiamento esteriore non si traduce in una nuova vita
felice: Edward scopre che il suo senso di inadeguatezza non era
solo una questione estetica.
Il fascino di una
narrazione complessa
La forza di A
Different Man risiede nella sua capacità di esplorare il
concetto di identità in modo sfumato e spesso ironico. Schimberg
non tratta Edward con condiscendenza, evitando la tipica
rappresentazione di personaggi diversi come esseri
straordinariamente virtuosi o saggi. Edward è insicuro, mediocre
come attore e non particolarmente brillante. Il suo desiderio di
cambiare aspetto non nasce da un bisogno di accettazione sociale,
ma da una cieca ambizione artistica. Tuttavia, quando il
cambiamento avviene, le cose non migliorano come sperava: il suo
nuovo aspetto lo porta solo a una crisi ancora più profonda.
L’ironia sottile che
percorre tutto il film e l’estetica vintage ottenuta anche grazie
alla pellicola Super 16mm scelta dal direttore della fotografia
Wyatt Garfield contribuiscono a rendere credibile l’atmosfera da
cinema indipendente anni ’70 e coniuga l’omaggio stilistico al
senso di intimità e contraddizione che il protagonista porta avanti
nella sua turbolenta parabola personale.
Un cast brillante e
performance straordinarie
Sebastian Stan,
noto per il suo ruolo di Bucky Barnes nel MCU, dimostra ancora una volta il
suo talento nelle produzioni più rischiose. La sua interpretazione
di Edward/Guy non si basa solo sul cambiamento estetico, ma su una
profonda trasformazione fisica e vocale. La sua postura rimane
esitante, il suo tono di voce incerto, mostrando che l’insicurezza
è radicata nella sua personalità, non nel suo aspetto. Stan mette a
segno un’altra performance di grande spessore nella stagione
cinematografica che gli è valsa la sua prima nomination agli oscar
con l’interpretazione del giovane Donald Trump in The Apprentice – Alle origini di Trump.
Accanto a lui, Renate
Reinsve (già acclamata per La persona peggiore del mondo) offre
un’altra interpretazione affascinante. Il suo personaggio, Ingrid,
è una drammaturga norvegese che si trasferisce a New York con
grandi sogni e una personalità carismatica ma ambigua. Il suo
rapporto con Edward è inizialmente di supporto, ma si complica
quando lei scrive un’opera teatrale ispirata alla loro amicizia e
alla sua trasformazione, creando una dinamica di potere
intrigante.
Il vero fulcro emotivo
del film è però Adam Pearson nel ruolo di Oswald. Pearson, che nella
realtà convive con la neurofibromatosi, incarna un personaggio
diametralmente opposto a Edward: sicuro di sé, affascinante e
dotato di una magnetica presenza scenica. Oswald rappresenta tutto
ciò che Edward avrebbe voluto essere, nonostante condividano la
stessa condizione fisica. Questa dicotomia genera una tensione
psicologica che diventa il cuore pulsante del film.
A Different Man
è una satira sull’autenticità
A Different Man è
una satira oscura sulla bellezza e sull’autenticità. Il film
suggerisce che la società ha una visione ristretta di ciò che è
desiderabile e normale, ma va oltre la semplice critica. Schimberg
scava più a fondo, mettendo in discussione anche la
rappresentazione della disabilità nel cinema. Edward e Oswald
dimostrano che una condizione fisica può portare a percorsi di vita
molto diversi, smentendo il cliché della persona diversamente abile
come vittima o come esempio di forza sovrumana.
Un finale aperto in
linea con lo spirito del film
Nella seconda parte, il
film si fa sempre più surreale, con una narrazione frammentata che
riflette la crisi d’identità del protagonista. Quando Edward/Guy si
rende conto di non essere comunque felice, la sua ossessione per
Oswald cresce fino a diventare autodistruttiva. Il film lascia
molte domande senza risposta, preferendo suggerire piuttosto che
spiegare. Questo senso di sospensione potrebbe risultare frustrante
per alcuni spettatori, ma è coerente con il tono della storia che
non si ferma mai a un giudizio univoco e lascia sempre spazio per
discussione e contraddittorio.
A Different Man è
un film stimolante, che sfugge alle convenzioni del genere e
propone una riflessione profonda sul rapporto tra aspetto fisico,
autostima e percezione sociale. Grazie a una regia intelligente,
un’estetica ricercata e interpretazioni memorabili, Schimberg firma
un’opera unica nel suo genere. Non tutto funziona perfettamente,
soprattutto nella seconda parte, ma il film rimane un’esperienza
intrigante e provocatoria, da vedere e discutere.
Lucky Red e Universal Pictures
International Italy annunciano la distribuzione e la data d’uscita
di A Different
Man, nelle sale cinematografiche dal prossimo 20
marzo e per l’occasione ne svela il trailer italiano.
Scritto e diretto da Aaron
Schimberg, è interpretato da un cast d’eccellenza:
Sebastian Stan (il candidato premio Oscar che per
questo ruolo ha da poco ottenuto il Golden Globe come migliore
attore in una commedia o musical e si è aggiudicato il premio come
migliore attore allo scorso Festival di Berlino dove il film era in
concorso), Renate Reinsve (l’attrice norvegese che ha vinto
la Palma d’Oro per la migliore interpretazione femminile a Cannes
con La persona peggiore del mondo) e Adam Pearson
(famoso conduttore televisivo e attivista con
neurofibromatosi).
La trama di A Different
Man
In A Different Man Edward
(Sebastian Stan) è un aspirante artista con
il viso e il corpo deformato, innamorato della sua vicina di casa
(Renate Reinsve) che si sottopone a un
intervento medico per trasformare drasticamente il
suo aspetto. Ma quando incontrerà Oswald (Adam
Pearson), anche lui nato con la malattia NF1 e che sembra
rubargli la scena dentro e fuori dal palcoscenico, la sua nuova
vita da sogno si trasformerà rapidamente in un incubo.
Ambientato sullo sfondo
di una New York quasi alleniana e teso come un filo, senza un
fotogramma
sprecato, A Different Man evoca allo
stesso tempo la sensazione instabile e vertiginosa di un
incubo assurdo e sempre più oscuro, mentre
l’intensa atmosfera rimanda a una miriade di film su
una persona provata da quello che vede allo specchio: dal classico
dell’orrore Occhi senza volto di Georges Franju,
alla parabola sul trapianto di faccia di Hiroshira
Teshigahara Il volto di un’altro, dallo straziante
thriller fantascientifico degli anni ’60 di John
Frankenheimer Operazione diabolica, al thriller
d’azione degli anni ’80 Face/Off di John
Woo fino alla favola di Pedro Almodóvar su un chirurgo che
sperimenta su un prigioniero nel suo scantinato, La pelle
che abito.
Ma per quanto strizzi
l’occhio ai suoi
predecessori, A Different Man prende una
direzione nuova e audace, analizzando a ritroso
le radici del pregiudizio facciale, mentre il pubblico viene
catturato dalla storia di Edward attraverso un’esplorazione della
bellezza, dell’attrazione, del successo, delle facciate e della
scivolosità di chi siamo veramente.
Schimberg ha cercato di coltivare
un’atmosfera grintosa, stravagante ma avvolgente in ogni
elemento della produzione, dalla colonna sonora ricca e
ossessionante del compositore italiano Umberto Smerilli,
alla fotografia in Super 16 millimetri del direttore della
fotografia Wyatt Garfield che è riuscito a catturato la luce
di un film girato interamente in esterni nell’East Village,
nell’Upper West Side e in alcune zone di Brooklyn.
È tempo di feste su Rakuten TV
che a dicembre ha preparato sorprese di ogni genere per far
felice tutto il suo pubblico, tra attesi successi cinematografici e
intriganti nuove serie tv. A partire dal 15 dicembre sarà
disponibile sulla piattaforma, anche nella versione 4K HDR la
pellicola al cardiopalma Tenet, ultimo successo del regista Christopher
Nolan. Dallo studio Disney Pixar arriva l’ultimo
successo Onward. Ambientato in un mondo popolato di
creature fantasy dove però la magia non è più di uso comune, la
pellicola è un’esperienza magica da vivere sotto le Feste insieme a
tutta la famiglia. Il film è disponibile su Rakuten TV in 4K
HDR. Ma non finisce qui: dopo il clamoroso successo al
botteghino di After, ecco approdare su Rakuten TV il
sequel After 2 che ha incassato 4.2 milioni di
euro nelle sue 7 settimane di programmazione e 2.2 milioni di euro
solo nel primo weekend.
A partire dal 4 Dicembre, e in
offerta prezzo per l’acquisto dal 4 all’8, arriva su Rakuten TV
anche The Gentlemen, ultimo film
diretto da Guy Ritchie, che con le sue sequenze d’azione
adrenaliniche è pronto a gettare il pubblico tra narcotrafficanti,
imperi del crimine, miliardari e gangster. In arrivo anche il
film Marvel The New
Mutants, primo film del genere
supereroistico dalle tinte più horror. Dal regista Claudio
Noce, arriva su Rakuten TV
anche Padrenostro. Il film,
ambientato in una Roma “sospesa” del 1976, nel pieno del periodo
degli anni di piombo, ha visto Pierfrancesco Favino vincere, grazie
alla sua straordinaria interpretazione, la Coppa Volpi per la
migliore interpretazione maschile alla 75ma edizione della Mostra
internazionale del cinema di Venezia. E ancora ecco il 24
Dicembre Dreambuilders la fabbrica dei
sogni, film d’animazione perfetto proprio per le
atmosfere natalizie. La galleria dei cuori
infranti, racconta invece l’idea di una giovane
ragazza che, dopo la fine della sua ultima relazione, decide di
aprire una galleria dove le persone possono lasciare piccoli
ricordi delle loro storie passate. A dicembre approderanno su
Rakuten TV anche Balto e Togo – La leggenda,
che narra sotto una nuova luce la famosa storia dei due husky che
hanno attraversato l’Alaska per consegnare una preziosa medicina,
e Notturno, documentario del regista
di Fuocammare Gianfranco Rosi, girato nelle zone
calde di Siria, Libano e Iran e scelto dall’Anica per
rappresentare l’Italia nella categoria che premia il Miglior Film
Internazionale alla 93esima edizione degli Academy Awards.
STARZPLAY
Arriva su Starzplay – disponibile in SVOD su Rakuten TV – una delle
serie TV più attese dell’ultimo periodo: No
Man’s Land. Il racconto unisce thriller e spionaggio
per trascinare lo spettatore negli aspetti meno conosciuti della
guerra civile siriana. Qui Antoine, interpretato da Felix Moati,
partirà alla ricerca di sua sorella, data per morta, per poi venire
coinvolto tra le fila dei guerriglieri curdi..
AVOD
Grandi novità anche nella sezione FREE di Rakuten TV, che
continua ad ampliare il suo catalogo con molti contenuti di
intrattenimento gratuiti e grandi classici del cinema
contemporaneo. Questo mese da segnalare in particolare due
film con il grandissimo genio della commedia Will Ferrell: il
cult Anchorman – La leggenda di Ron
Burgundy, che racconta in maniera inedita e
irriverente il mondo del giornalismo con l’attore nei panni
dell’iconico presentatore dalla giacca bordeaux Ron Burgundy;
e Blades of Glory, un ritratto del
pattinaggio su ghiaccio maschile pieno di gag demenziali e
irresistibili. Ma le novità sono molte altre.
PROMO
Sul fronte delle promozioni, da segnalare alcune novità
perfette per passare il Natale con i propri film preferiti.
Dal 7 dicembre al 3 gennaio ecco la Disney Winter
Promo, che porta sulla piattaforma tantissimi film Disney,
tra novità e grandi classici, per godersi l’atmosfera natalizia in
famiglia con tanti titoli come Frozen 2, Il Re Leone, A Christmas
Carol, Aladdin e molti altri. Dal 4 al 28 dicembre, invece,
ecco arrivare la Winter Promo, una speciale
offerta di film da vedere con tutta la famiglia: tra grandi
classici e uscite recenti, i titoli perfetti per accendere la magia
delle Feste sono tantissimi, da Paddington
2 a 10 giorni senza
mamma, ma anche Alio – Un’avventura
tra i ghiacci, Ti presento
Sofia, La banda dei Babbi
Natale e molti altri.
Quando Jason
Corbett si innamorò di Molly Martens,
sembrò la risposta alle preghiere del vedovo e la realizzazione di
un sogno. Invece, la loro relazione – e la vita di Corbett –
finirono in quella che un investigatore definì “una delle scene
del crimine più sanguinose” che avesse visto “da molto
tempo”. Come la felice coppia sia finita in quella situazione
raccapricciante è l’argomento del nuovo documentario Netflix,
A Deadly American Marriage: il caso Jason
Corbett, ora disponibile in streaming.
Quando la moglie di Corbett,
Margaret “Mags” Fitzpatrick, morì di un attacco d’asma nel 2006, il
trentenne uomo d’affari irlandese si ritrovò solo con il dolore e
due bambini piccoli da crescere. Assunse la venticinquenne Molly
Martens, un’americana originaria di Knoxville, nel Tennessee, come
ragazza alla pari. Arrivò a Limerick, in Irlanda, nel 2008 per
lavorare come tata e prendersi cura dei figli di Corbett, Jack, che
allora aveva 3 anni, e Sarah, di 1. Poco dopo la sua assunzione,
Corbett e Martens iniziarono una relazione e alla fine si
fidanzarono. Corbett riuscì a trasferire il suo lavoro negli Stati
Uniti, così lui, la sua fidanzata e i suoi due figli si
trasferirono dall’Irlanda alla Carolina del Nord per iniziare una
nuova vita. Lì Corbett e Martens si sposarono alla presenza della
famiglia e degli amici di Corbett. Fu nella Carolina del Nord che
la vita di Corbett si concluse qualche anno dopo, il 2 agosto
2015.
Cosa accadde quella notte
I dettagli di quella notte sono
stati dibattuti in tribunale, nei libri, negli episodi di 20/20 e
48 Hours e, ora, in A Deadly American Marriage: il caso
Jason Corbett, nuovo documentario prodotto e diretto
da Jessica Burgess (Rich & Shameless, American Monster) e Jenny Popplewell
(What Jennifer Did, American Murder: The Family Next Door). Ciò che
è chiaro è che Corbett, allora trentanovenne, e Martens ebbero una
lite. Martens sostiene che i due litigassero spesso e che Corbett
potesse essere violento, tuttavia non è stato dimostrato se tale
affermazione fosse vera o se fosse una strategia difensiva.
Il padre di Molly, Tom Martens, ex
agente dell’FBI, si
trovava a casa della figlia e del genero a Wallburg, in Carolina
del Nord, quando sentì un trambusto. Afferrò una mazza da baseball
in alluminio e corse in aiuto della figlia. Poco dopo, Tom Martens
chiamò il 911 e disse al centralinista che suo genero aveva bisogno
di aiuto. “Sta sanguinando dappertutto, e io, io potrei averlo
ucciso”, disse Tom in una chiamata al 911, ascoltata nel
documentario. In seguito, Tom e Molly Martens ammisero di aver
ucciso Corbett, insistendo di averlo picchiato con un mattone e una
mazza da baseball per legittima difesa. L’accusa, tuttavia,
dichiarò che la morte di Corbett era stata un omicidio.
Secondo le trascrizioni degli
interrogatori della polizia condivise dalla CBS, Tom Martens
affermò che quando lui e sua moglie arrivarono a casa della figlia
quella sera, Corbett era ubriaco. Mentre la famiglia andò a letto
senza incidenti, le cose precipitarono quando la figlia di Corbett,
Sarah, si svegliò da un incubo e Molly andò a controllare come
stava. Corbett, a quanto pare, era sconvolto per essere stato
svegliato e ne è seguita una lite, che secondo Molly non era
insolita, sostenendo che Corbett fosse spesso violento.
Molly sostiene che Corbett la stesse
soffocando e che lei temeva per la sua vita. Quando suo padre è
arrivato sul posto, Corbett si è rivoltato contro di lui. Sostiene
che suo padre sia caduto durante la colluttazione e che, quando
Corbett, a quanto pare, gli si è lanciato contro, lei abbia
afferrato un mattone che si trovava sul suo comodino e lo abbia
colpito in testa. Suo padre ha preso la mazza e lo ha colpito a sua
volta, preoccupato che la vita di sua figlia, oltre alla sua, fosse
in pericolo.
Il procuratore distrettuale che si
occupa del caso ha definito il referto dell’autopsia “orribile”,
sottolineando la forza necessaria per causare il tipo di lesioni
riscontrate dal medico legale. La sorella di Corbett è stata poi
informata dalla polizia che suo fratello “ha subito almeno una
dozzina di colpi alla testa”, secondo CBS News. Mentre inizialmente
la polizia sembrava credere che la morte di Corbett fosse stata un
atto di legittima difesa, il documentario mostra la polizia e i
pubblici ministeri intenti a costruire un caso di omicidio
colposo.
Nel documentario, l’investigatore e
il procuratore distrettuale hanno osservato che la chiamata al 911
sembrava una messa in scena e che i soccorritori sul posto
ritenevano che il corpo di Corbett fosse troppo freddo per
corrispondere alla versione dei Martens. Tom Martens è anche un
interrogatore addestrato dall’FBI, il che rappresenta una sfida per
chiunque cerchi di interrogarlo. Inoltre, i bambini sembrano
probabilmente addestrati: Jack, di 10 anni, ha affermato che suo
padre “ha ferito fisicamente e verbalmente mia madre“,
mentre Sarah, di 8 anni, si è sentita dire dalla madre che suo
padre “non era un granché come padre“. Nel gennaio 2016,
Molly e Tom Martens sono stati entrambi accusati di omicidio di
secondo grado.
A Deadly American Marriage il caso Jason Corbett – Thomas
Martens
Un processo emette un verdetto
Nel successivo processo del 2017,
l’accusa sostenne che Corbett intendesse lasciare Molly e riportare
Jack e Sarah in Irlanda con sé. Molly, che aveva cresciuto i
bambini per la maggior parte della loro vita, non li aveva mai
formalmente adottati e non voleva perdere i bambini che considerava
suoi, il che aumentò le tensioni tra la coppia. A ulteriore
supporto di tale affermazione vi era il fatto che nel suo
testamento Corbett avesse nominato sua sorella, Tracey, e suo
marito come tutori dei bambini, non sua moglie. Questa tensione
potrebbe aver contribuito a scatenare una lite con Corbett la
sua ultima notte. L’accusa sostenne che la legittima difesa fosse
una spiegazione discutibile per la morte di Corbett, dato che
l’autopsia rivelò che Corbett era stato colpito alla testa almeno
una dozzina di volte, con conseguente schiacciamento del cranio. I
Martens, tuttavia, erano fisicamente illesi, cosa che l’accusa
sosteneva fosse improbabile se stessero davvero lottando per la
vita. Inoltre, il rapporto tossicologico metteva in dubbio altre
dichiarazioni dei Martens. Dopo aver ascoltato le testimonianze, la
giuria deliberò per tre ore prima di emettere due verdetti di
colpevolezza unanimi. Molly e Tom furono condannati ciascuno a
20-25 anni di carcere.
Ma il caso non si concluse
così
Poco dopo la sentenza, la difesa
presentò una mozione per l’annullamento della sentenza a causa
della cattiva condotta della giuria. Un giurato aveva ipotizzato
che i membri della giuria avessero discusso il caso insieme prima
di ascoltare tutte le prove, il che può costituire motivo di un
processo iniquo. Il giudice del processo respinse l’istanza, ma un
anno dopo la difesa si rivolse alla corte d’appello, questa volta
sostenendo che erano stati commessi numerosi errori durante il
processo, tra cui una potenziale cattiva condotta della giuria,
macchie di sangue non analizzate sui boxer di Tom e quella che
consideravano una testimonianza potenzialmente discolpante dei
bambini, non ammessa al processo. La corte d’appello annullò il
verdetto. L’accusa, tuttavia, presentò ricorso contro la sentenza
alla Corte Suprema in seduta plenaria.
Nel marzo 2021, la Corte Suprema del
North Carolina ordinò un nuovo processo per Molly e Tom Martens. I
due furono rilasciati su cauzione il mese successivo. Entrambe le
parti iniziarono a prepararsi per nuovi processi. Gli avvocati di
Molly erano pronti a sostenere la legittima difesa e a costruire un
caso in cui Corbett fosse stato un violento abusatore che avrebbe
potuto persino aver ucciso la sua prima moglie. La difesa, Jack e
Sarah Corbett, ha sostenuto che Molly aveva detto loro di mentire
alla polizia e che il padre non era in alcun modo violento o
violento. La difesa riteneva che questa sarebbe stata una prova
schiacciante per i Martens.
Nell’ottobre 2023, Molly e Tom si
sono dichiarati colpevoli di omicidio colposo volontario per
evitare un altro processo e il rischio di tornare in prigione.
Durante le udienze dei Martens, entrambi i figli hanno rilasciato
dichiarazioni di vittime che dipingevano un ritratto brutale di
Molly come se li avesse derubati del padre, della loro infanzia e
della loro innocenza. Entrambi i figli, secondo l’Associated Press,
hanno esortato il giudice a infliggere a Molly e Thomas Martens la
pena massima di 25 anni per la morte del padre. Nel documentario,
Molly sostiene che i figli siano stati sottoposti a lavaggio del
cervello e usati come “strumenti del male”, dimenticando la realtà
del tempo trascorso insieme.
I Martens sono stati condannati
ciascuno a una pena da 51 a 70 mesi per la morte di Corbett.
Tuttavia, poiché avevano già scontato una pena detentiva dopo il
processo originale, avrebbero trascorso solo altri sette o otto
mesi in carcere, secondo un servizio giornalistico presente nel
documentario. I due Martens hanno trascorso circa quattro anni
dietro le sbarre, a intermittenza, prima di essere rilasciati nel
giugno 2024, secondo il quotidiano The News & Observer di
Raleigh.
Restano degli interrogativi
Tuttavia, il mistero e l’intrigo che
circondano il caso persistono. A Deadly American
Marriage: il caso Jason Corbett di Netflix rivisita il grande quesito su cui si basa il
caso: si è trattato di legittima difesa o di un omicidio
premeditato? Molly era un’assassina spietata o una donna disperata
che cercava di sfuggire a un marito violento, aiutata da un
padre desideroso di salvare la figlia? Per aiutare a rispondere a
questa domanda, il documentario presenta interviste a Molly
Martens, Thomas Martens, alla sorella di Corbett, Tracey
Corbett-Lynch, e ai due figli di Corbett, che avevano 8 e 10 anni
al momento della morte del padre. Dopo la morte del padre, i figli
tornarono in Irlanda a vivere con la zia, che da tempo si batteva
per ottenere giustizia per il fratello, scrivendo un libro sul
caso, “My Brother Jason”.
Il documentario include anche
interviste a diversi investigatori e pubblici ministeri coinvolti
nelle indagini sull’omicidio di Corbett del 2015, agli avvocati di
Molly Martens che vinsero l’appello e ad altri. Il risultato è un
ritratto di un crimine e di un processo penale che offre agli
spettatori “un raro sguardo sulle prospettive contrastanti di
coloro che sono più vicini al caso”.
Sembra che David Slade sia entrato tra le
grazie della 20th Century Fox, che sta puntando su di lui per un
reboot di Daredevil. La notizia non è supportata da nessun accordo
per cui resta un rumor.
A Dangerous Method
– Ogni opera di David Cronenberg è stata sempre
difficile da decifrare, faticosamente collocabile all’interno di un
qualsiasi tentativo di segmentazione proposto dalla odierna
divisione in genere, che per certi versi con autori come il regista
canadese può senz’altro aiutare nel comporre il puzzle concepito
dalla sua mente, ma il più delle volte finisce per rappresentare un
mero tentativo di semplificazione di fronte alla complicatissima e
sfaccetta poetica cronenberghiana.
Il suo ultimo lavoro A
Dangerous Method sorprende molto. A prima vista si
presenta come un prezioso nuovo contributo a temi molto cari al
regista come la malattia, la deviazione patologica e la
degenerazione del corpo dell’individuo protagonista delle sue
storie; il che ben collima con l’acceso dibattito scientifico fra
il patriarca della psicoanalisi Freud e il giovane brillante Jung,
che non ha raccolto l’eredità lasciatagli dal predecessore. Ma
passata una prima parte interessante, la pellicola si dimostra
incapace di apportare un ulteriore contributo alla filmografia
dell’autore peccando in un’ingenua e troppo scontata fedeltà al
testo di riferimento, il libro di John Kerr Un
metodo molto pericoloso.
Tutto ciò relega A
Dangerous Method ad una semplice trasposizione
cinematografica priva di quegli spunti geniali che hanno permesso a
David Cronemberg di affermarsi e di essere
apprezzato. Il film privo della sua natura
cronenberghiana sconfina in inusuali registri melodrammatici
che sorprenderanno i fan del regista e entusiasmeranno i suoi
detrattori. L’unico punto che lega il film alla vena d’autore è il
concetto di metamorfosi, che qui è senz’altro ripreso ma che
diventa quasi un gioco fra i due amanti, più una maschera
intercambiabile che un effettivo cambiamento.
In tutto questo rimane ingabbiato
anche il talentuoso cast del film composto da una brava Keira Knightley che forse pecca per
un’eccessiva esasperazione dell’interpretazione e da un
ormai onnipresente
Michael Fassbender. Su tutti Viggo Mortensen, nel ruolo di Freud che
seppure ammirevole, diventa un personaggio patinato da romanzo
ottocentesco.
Sono online le prime immagini
ufficiali di A Dangerous Method, il nuovo
film di David Cronenberg con Michael Fassbender e
Viggo Mortensen nei panni Carl
Jung e Sigmund Freud, e Keira
Knightley in quelli di Sabina Spielrein…