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Taxi Teheran: poster italiano del film Orso d’Oro a Berlino 2015

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Ecco il poster italiano dell’ultimo film di Jafar Panahi, Taxi Teheran, Orso d’Oro all’ultimo Festival di Berlino e simbolo della capacità rivoluzionariamente pacifica dell’arte, che, come la vita, trova sempre una sua strada.

Taxi Teheran

Con l’ultimo Festival di Berlino, Jafar Panahi ha rivelato al pubblico “Taxi Teheran”. Il primo film che il regista iraniano ha girato, da solo e in esterni dal 2010, piazzando la telecamera sul cruscotto del suo taxi e mettendosi alla guida, attore, per le vie di Teheran; questo nonostante il divieto di girare imposto dal regime.

“Taxi Teheran” è un film pieno di umorismo, poesia e amore per il cinema, osannato unanimemente dalla critica di tutto il mondo, viene acclamato anche dalla giuria presieduta dal cineasta americano Darren Aronofsky e ottiene l’Orso d’oro oltre al Premio Fipresci che viene consegnato alla piccola  Hana Saeidi, nipote del cineasta e interprete del film.

«Le restrizioni sono spesso fonte d’ispirazione per un autore poiché gli permettono di superare se stesso. Ma a volte le restrizioni possono essere talmente soffocanti da distruggere un progetto e spesso annientano l’anima dell’artista.

Invece di lasciarsi distruggere la mente e lo spirito e di lasciarsi andare, invece di lasciarsi pervadere dalla collera e dalla frustrazione, Jafar Panahi ha scritto una lettera d’amore al cinema. Il suo film è colmo d’amore per la sua arte, la sua comunità, il suo paese e il suo pubblico...» così Darren Aronofsky, Presidente della giuria del Festival di Berlino 2015, in occasione della consegna dell’Orso d’oro a “Taxi Teheran”.

Venduto in oltre 30 paesi  – grande successo in Francia ad aprile con più di 500mila spettatori – è il primo titolo di Cinema, la nuova distribuzione di Valerio De Paolis, improntata a scelte di qualità e di grande prestigio, che lo farà uscire il 27 agosto per la riapertura della nuova stagione cinematografica.

Valerio De Paolis, che ha fatto conoscere in Italia, grazie alla Bim da lui fondata, il cinema internazionale più premiato e di successo nel mondo, con la sua nuova società Cinema – a partire da “Taxi Teheran” – da qui a Natale, distribuirà alcuni titoli come i documentari su Ingrid Bergman di Stig Bjorkman e Orson Welles di Chuck Workman (nel centenario della nascita) e i film di fiction “An” di Naomi Kawase (film d’apertura di Un Certain Regard) e “Much Loved” di Nabil Ayouch (film della Quinzaine a Cannes censurato dalle autorità marocchine). Con la Bim distribuirà la Palma d’Oro “Dheepan” di Jacques Audiard e “Mountains May Depart” di Jia Zhangke (in concorso ufficiale a Cannes).

Taxi Teheran recensione del film di Jafar Panahi

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A Jafar Panahi, regista iraniano, è stato vietato di girare film dal regime del suo Paese, pena la prigione. Quindi decide di piazzare una videocamera in un taxi che lui stesso guida e raccontare una storia attraverso le persone che salgono e scendono dal suo mezzo.

Si potrebbero fare molti discorsi su Taxi Teheran. Primo fra tutti quello che ovviamente riguarda la libertà di espressione e di opinione, anche delle brutture del proprio Paese. Ogni Stato cerca sempre di garantire che la sua immagine sia la migliore possibile, ma l’opinione differente o contrastante al regime comune, vedi a esempio Michael Moore negli Stati Uniti, è tollerata. Poi magari massacrata in sede legale, come anche nel caso di Edward Snowden o di Julian Assange e Wikileaks. Sono piccoli tentativi di non far passare il dissenso, quello migliore, quello fatto di opinioni che fanno ragionare.

Taxi TeheranJafar Panahi ha subìto lo stesso destino in un Paese che però non è famoso per la sua tolleranza e democrazia, l’Iran, ma, piuttosto che scegliere la soluzione più semplice e logica, andarsene da lì, ha deciso di trovare un modo per raccontare il suo Paese nel modo più diretto possibile, dal volante di un taxi che attraversa le caotiche strade di Teheran.

Così tra un venditore improvvisato di cd e dvd e un’amica avvocato che in cinque minuti riassume la situazione e le lotte per il diritto alla libertà di espressione che vanno avanti nel paese, una nipote che è una forza della natura ma che nella sua genuinità rappresenta anche come la scuola sia un ambiente dove il pensiero pubblico e statale può essere formato, e due signore superstiziose, entriamo in uno spaccato di vita iraniana che è tanto semplice quanto prezioso.

Non si tratta di un documentario, è evidente la storia che il regista vuole raccontare, e il principio è simile, volendo a Night on earth-taxisti di notte di Jim Jarmusch, che metteva in scena cinque notti in cinque punti diversi del mondo. E’ uno spaccato di vita di Teheran, ma anche un discorso sulla libertà di espressione e sulla necessità di raccontare storie attraverso il cinema.

Il film ha vinto l’orso d’oro all’ultimo festival di Berlino ed esce in sala grazie a Valerio De Paolis, il prossimo 27 Agosto.

Taxi Monamour: recensione del film di Ciro De Caro – Venezia 81

Taxi Monamour: recensione del film di Ciro De Caro – Venezia 81

Alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, Caterina Carone aveva incantato il pubblico con I limoni d’inverno, una delicata riflessione su due solitudini che ritrovano la gioia di vivere l’una nell’altra. Un tema simile è al centro di Taxi Monamour di Ciro De Caro, presentato alla 21esima edizione delle Giornate degli Autori durante la Mostra del Cinema di Venezia. Questa volta, però, sono due donne a dominare la scena: Anna e Nadiya, interpretate rispettivamente da Rosa Palasciano, qui anche in veste di sceneggiatrice, e Yeva Sai, nota per il ruolo di Alina in Mare Fuori. Il film, distribuito da Adler Entertainment, ha debuttato nelle sale il 4 settembre.

Taxi Monamour, la trama

Anna e Nadiya sembrano due persone diverse, ma in realtà entrambe condividono la stessa solitudine e un dolore enorme. Anna è provata dalla sua malattia, che non ha svelato alla sua famiglia con la quale ha un rapporto conflittuale, mentre Nadiya è stanca di vivere in Italia e vorrebbe tornare in Ucraina, da cui era fuggita a causa della guerra. Il loro incontro sarà un toccasana per le loro vite in disequilibrio: condividendo momenti di spensieratezza, le due donne si lasciano andare a parentesi di leggerezza e libertà, che le aiuta ad affrontare meglio il loro complesso percorso. La meraviglia di un’amicizia reale, che non ha interessi come quella delle due protagoniste, è che può alleggerirti il pesante carico e renderti, per un attimo, felice.

Taxi Monamour

Due solitudini che si incontrano

Come ha spiegato la stessa Palasciano, Taxi Monamour è nato da un’immagine potente: due donne sedute su una spiaggia in inverno, osservando il mare. Un frammento di quotidianità intriso di malinconia, stemperato però da momenti di leggerezza e intimità. Non c’era bisogno di molte parole, perché la loro semplice presenza l’una accanto all’altra era già carica di significato. Questo istante è stato trasformato da De Caro in un film delicato e poetico, costruito sulle spalle di due personaggi femminili che colpiscono per la loro intensità e autenticità. Anna e Nadiya portano con sé ferite profonde: la malattia da un lato, la guerra dall’altro. Il loro incontro non mira a “salvarsi” a vicenda, ma piuttosto ad alleviare il dolore delle loro ferite in modo assolutamente dolce. La loro relazione non è una cura, ma una tregua emotiva, un sollievo nato dalla compagnia e dalla solidarietà femminile, che innesca in loro un senso di libertà.

La macchina da presa si avvicina alle protagoniste con delicatezza, costruendo un racconto visivo che esplora la bellezza della complicità e del supporto reciproco. Anna e Nadiya sono seguite con affetto e rispetto: il regista ha infatti saputo catturare l’intimità di un’amicizia che si nutre di sincerità e supporto reciproco, senza mai esagerare. La sua capacità di immortalare momenti di connessione vera tra le due donne diventa così il cuore pulsante di un film che celebra la forza di un legame nato dalla condivisione delle proprie fragilità. Le interpretazioni di Rosa Palasciano e Yeva Sai sono commoventi e ben eseguite, dimostrando di avere quella chimica necessaria che dona al film la sua forza emotiva. Entrambe le attrici offrono performance toccanti, in grado di trasmettere la complessità dei loro personaggi senza mai cadere nel sentimentalismo. Ed è soprattutto grazie a questo che Taxi Monamour riesce a coinvolgere totalmente lo spettatore, lasciandolo non indifferente una volta sopraggiunti i titoli di coda.

Taxi Monamour: in corso a Roma le riprese del film con Yeva Sai

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Taxi Monamour: in corso a Roma le riprese del film con Yeva Sai

Sono in corso a Roma le riprese del film Taxi Monamour, quarto lungometraggio di Ciro De Caro (Spaghetti Story, Giulia). Prodotto da Simone Isola e Giuseppe Lepore per Kimerafilm, in associazione con Michael Fantauzzi per MFF, in collaborazione con Rai Cinema, con Adler Entertainment e con il contributo del Ministero della Cultura, il film racconta l’incontro tra due donne all’apparenza diverse ma che in fondo si assomigliano molto. Anna è in conflitto con se stessa e la propria famiglia e affronta in solitudine la sua malattia; Cristi fugge da una guerra che la tiene lontana da casa. Tutti consigliano ad Anna di seguire il suo compagno in un viaggio di lavoro e a Cristi di restare al sicuro in Italia. L’incontro, seppur breve, sarà un tuffo nella libertà.

Nel ruolo di Anna, in Taxi Monamour troviamo Rosa Palasciano che, dopo il successo e la candidatura ai David di Donatello per Giulia, torna ad essere diretta da De Caro e a firmare con lui la sceneggiatura. Ad interpretare Cristi è invece Yeva Sai, attrice ucraina che sarà tra le protagoniste della quarta stagione di Mare fuori.

Girare questo film mi dà la possibilità di continuare ad esplorare un linguaggio cinematografico allo stesso tempo rigoroso e molto libero”, dichiara De Caro. “È la storia di un incontro casuale ed intenso e il mio tentativo – prosegue il regista – è quello di essere un testimone silenzioso e discreto che, osservando la vita di queste due donne, possa cogliere qualcosa di intimo e molto vero, in maniera leggera, cruda e priva di giudizio, anche se con uno sguardo estremamente personale“.

La sfida di Taxi Monamour – aggiungono i produttori – è quella di accompagnare un autore come Ciro De Caro in un contesto produttivo diverso senza condizionarne lo stile e il linguaggio ma valorizzandone la capacità di lavorare con attori e costruire con loro delle storie. Un salto di qualità che il suo talento crediamo meriti e che abbiamo deciso con entusiasmo di supportare. Rosa Palasciano e Yeva Sai sono il cuore del film, e siamo convinti che le loro prove di attrici emozioneranno profondamente gli spettatori e riveleranno al pubblico due grandi interpreti”.

Le riprese si stanno svolgendo a Roma e avranno una durata complessiva di cinque settimane. Taxi Monamour verrà distribuito in Italia da Adler Entertainment.

Taxi Driver: recensione del film di Martin Scorsese

Taxi Driver: recensione del film di Martin Scorsese

La recensione del film cult del 1976, Taxi Driver diretto da Martin Scorsese e con protagonisti Robert De Niro, Jodie Foster e Harvey Keitel.

altTaxi Driver è un film del 1976 diretto da Martin Scorsese e scritto da Paul Schrader, vincitore della Palma d’oro al 29º Festival di Cannes.  Il primo film-denuncia sugli effetti negativi della guerra in Vietnam sui reduci, benché non lo faccia in modo esplicito, ma in modo brillantemente sottinteso. La nevrosi di Trevis è talmente ben raffigurata da De Niro che pare materializzarsi e poter essere toccata con mano. Una certa polemica viene destinata anche all’universo femminile, a volte eccessivamente auto-idealizzato e verso la politica e la sua ipocrisia. La colonna sonora di Bernard Herrmann fa il resto.

Travis, ex marines in Vietnam, si fa assumere come tassista notturno poiché da quella brutta avventura non riesce più a dormire serenamente. Vive così la strada di notte, con i suoi “mostri” e i suoi “fantasmi”, che egli senza mezze misure ritiene rifiuti della società. Non riesce nemmeno a frequentare o anche semplicemente a parlare con qualche donna, e soffoca questa incapacità recandosi spessissimo ad un Cinema porno. Nota però una donna dall’aspetto angelico. Betsy, che lavora nello staff di un senatore candidato alle presidenziali, l’on. Palantine; e per avvicinarsi a lei finisce anche per appassionarsi alla politica di quest’ultimo, sebbene non ne conosca minimamente le idee politiche. Ben presto però la solitudine tornerà a fargli compagnia, ma riuscirà anche a farsi valere.

Taxi Driver, il capolavoro di Martin Scorsese

altConsiderato da molti uno dei più importanti e controversi film del cinema statunitense, è stato acclamato per le sue scene di forte impatto e per il suo ruvido realismo. Il film ha reso celebri entrambi i suoi attori protagonisti, Robert De Niro e Jodie Foster, quest’ultima solo tredicenne quando il film fu distribuito. Di spessore anche l’interpretazione della bella Cybill Shepherd e di Harvey Keitel, che Scorsese aveva già reso celebre nel film Mean Streets.

Taxi Driver fu un successo commerciale, ricevette diverse nomination al Premio Oscar e fu premiato al Festival di Cannes con la Palma d’oro. Negli anni successivi è stato inserito al 47º posto nella lista AFI’s 100 Years… 100 Movies redatta dall’American Film Institute. Nel 1994 è stato scelto per la preservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. È stato inserito da Quentin Tarantino nella lista dei suoi 12 film preferiti al terzo posto. A colpire molto la critica e il pubblico sono stati due fattori: la sparatoria finale, per l’epoca, molto intensa; la quale ha mantenuto il suo impatto visivo ancora oggi. Nel tentativo di evitare il massimo divieto della censura, Scorsese desaturò i colori della pellicola, rendendo il rosso del sangue meno appariscente. In alcune interviste rilasciate in seguito, Scorsese commentò che col tempo aveva apprezzato il cambiamento dei colori, considerandolo un miglioramento rispetto al girato originale (che non è possibile vedere perché andato perduto).

Il secondo fattore è la presenza di un’attrice appena tredicenne, nel ruolo di una giovane prostituta. Trattasi di Jodie Foster. In particolare, a destare scalpore è la presenza della ragazzina nella sopra citata scena della sparatoria finale; ma come lei stesso affermò, fu eseguito con un occhio di riguardo per lei, che non ne rimase traumatizzata e che il backstage di preparazione degli effetti speciali suscitò in lei molto interesse.

Tra le varie curiosità che esso ha suscitato, si ricorda la scena finale che ritrae Travis aggiustare nervosamente lo specchietto retrovisore non appena Betsy (la collaboratrice del Senatore Palantine, interpretata dall’affascinante Cybill Shepherd) lascia il taxi a pochi fotogrammi dai crediti finali. Scorsese ha commentato i momenti finali del film dicendo che il rapido sguardo quasi nevrotico di Travis allo specchietto potrebbe rappresentare la possibilità che Travis possa soffrire di nuovo di depressione e scatti d’ira in futuro. Questo finale quasi aperto è stato paragonato a quello di Arancia meccanica di Stanley Kubrick, in cui Malcolm McDowell nei panni di Alex DeLarge sembra riconquistare il suo lato sociopatico nella sua battuta finale: «Ero guarito, eccome!».

Tra le altre curiosità sul film ricordiamo: inizialmente Martin Scorsese scelse Dustin Hoffman per la parte di Travis Bickle, ma l’attore rifiutò e la parte andò a De Niro. Quando nel film Iris si accinge a slacciare i pantaloni a un Travis riluttante, a recitare fu la sorella maggiore della Foster (allora diciannovenne), quasi sua sosia, per evitare la partecipazione di una minore a scene ad alto tasso di eccitazione sessuale. La Foster, come detto allora dodicenne, dovette passare quattro ore con uno psichiatra prima di ottenere la parte (la quale era stata prima offerta a Melanie Griffith, che rifiutò). Furono utilizzate dal regista modalità di ripresa alquanto innovative per l’epoca come quando Travis telefona e la telecamera si sposta al corridoio, o quando De Niro è nel deposito dei taxi e l’inquadratura smette di seguirlo per soffermarsi su altri particolari. Infatti il raccordo di sguardo a semi-soggettiva, non segue tradizionalmente il protagonista nel deposito, ma la telecamera compie un giro panoramico, per poi ritrovare il protagonista più avanti.

Taxi Driver

De Niro recitava parallelamente sia nel film di Scorsese sia in Novecento di Bertolucci, girato in Italia proprio nello stesso periodo. Inoltre l’attore ha lavorato come tassista nei sei mesi antecedenti alle riprese, e ha studiato le malattie mentali. Nel film compare anche Martin Scorsese, il quale interpreta la parte del marito che osserva sua moglie dal taxi di Travis. L’attore che doveva recitare quella parte fu costretto a rifiutare a causa di un infortunio. Martin Scorsese si vede anche quando Betsy entra nell’ufficio, seduto vicino alle scale.

La scena più famosa del film è probabilmente quella in cui Travis fa pratica con la pistola davanti allo specchio ed inizia un monologo in cui si rivolge alla sua immagine riflessa: «Ma dici a me? Ma dici a me? … Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui». Questa scena non era prevista nel copione, che indicava solo «Travis guarda in uno specchio», ma De Niro decise di aggiungere delle battute per calarsi nella personalità di Travis. A Scorsese piacque così tanto che decise di tenerla nel montaggio finale.

L’autore della colonna sonora è come detto il celebre Bernard Herrmann (1911-1975), noto per la sua collaborazione con Alfred Hitchcock (in particolare per Psycho). Fu la sua ultima composizione, poiché Herrmann morì prima che il film uscisse nelle sale. Taxi Driver è dedicato alla sua memoria. Il pezzo principale è “Twisted nerve”, capolavoro in chiave jazz. Il finale ha lasciato spazio a molte fantasie riguardo ad un sequel. Voci tornate in auge anche nel corso del 2010. Scorsese ha dichiarato più volte di non avere intenzione di realizzarlo. Ma visto che proprio nel 2010 molti sono stati i sequel anche a distanza di decenni, non si esclude un ritorno di Trevis e le sue manie.

Taxi Driver: Paul Schrader dice la sua riguardo la teoria sulla morte di Travis Bickle

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Lo sceneggiatore di Taxi Driver Paul Schrader esprime la propria opinione riguardo una teoria riguardante il finale del film e la possibile morte di Travis Bickle. Uscito nel 1976, il film diretto da Martin Scorsese rimane una delle opere più acclamate del regista, in cui Robert De Niro interpreta in modo memorabile il ruolo da protagonista di Bickle, un veterano instabile con desideri sempre più violenti. Il climax del film, come noto, vede Bickle ferito in una raccapricciante sparatoria da lui provocata. Ora, in una risposta a una domanda su Facebook, Schrader chiarisce le sue intenzioni riguardo al finale di Taxi Driver.

Come noto, tale finale è sorprendentemente violento. Travis, decidendo di salvare Iris (Jodie Foster), una prostituta adolescente, entra nel bordello dove lavora e uccide il suo magnaccia e uno dei clienti di Iris, riportando diverse ferite da arma da fuoco nel processo. Egli sembra però sopravvivere a tale scontro a fuoco, venendo poi riconosciuto come un vero e proprio salvatore, quando solo poche scene prima aveva cercato di portare a termine un attentato alla vita di un politico. In ogni caso, dopo la sparatoria Travis torna a fare il suo lavoro di tassista, di fatto ritrovandosi in un certo senso di nuovo intrappolato nella propria quotidianità.

Una teoria popolare che circola da tempo, però, presuppone che Bickle in realtà muoia durante la sparatoria culminante e che le scene finali del film siano in realtà frutto della sua immaginazione, prima di spegnersi per sempre. Schrader, tuttavia, afferma che non è così che vede il finale. Il commento a cui ha replicato chiedeva infatti sé “l’ultima sequenza è la fantasia morente di Travis”, al quale Schrader ha dunque risposto con un “non era nostra intenzione ma è un’interpretazione legittima“. Se dunque da una parte Schrader afferma che non c’è niente di sbagliato nel credere che Bickle muoia davvero, egli non condivide questa possibilità, la quale negherebbe il senso ultimo del film.

Taxi Driver, la spiegazione del finale e di cosa accade a Travis

Taxi Driver, la spiegazione del finale e di cosa accade a Travis

Il 1976 è stato un anno fondamentale per il cinema. Gli spettatori hanno potuto assistere a classici istantanei come Rocky, Carrie – Lo sguardo di Satana e Tutti gli uomini del presidente. Ma il film più sconvolgente e controverso di quell’anno è indubbiamente Taxi Driver (qui la recensione). Diretto da Martin Scorsese, questo cupo racconto di alienazione, tentati omicidi e malattie mentali vinse la Palma d’Oro a Cannes, ottenne diverse nomination agli Oscar ed è stato ampiamente acclamato come uno dei migliori film di tutti i tempi.

Ma se Taxi Driver è un capolavoro del cinema, rilevante oggi come lo era quasi 50 anni fa, il finale del film ha suscitato – e continua a suscitare – un certo dibattito. Nei momenti finali del film, il protagonista (interpretato da Robert De Niro) entra in uno squallido hotel e dà vita ad una terribile sparatoria. Quel che accade da qui in poi è ancora oggi oggetto di discussione. Numerose teorie sono emerse nel corso dei decenni riguardo al significato delle ultime scene del film, ideate come volutamente ambigue da Scorsese per sottolineare la complessa natura dell’inquietante protagonista.

Travis Bickle, l’uomo solitario di Dio

Interpretato alla perfezione da Robert De Niro, Travis Bickle è uno dei personaggi più iconici del cinema. Indossa la giacca verde dell’esercito, ha l’abitudine di fare domande retoriche e da un certo punto in poi sfoggia un’intimidatoria cresta mohawk. Più di tutto, però, colpisce la follia nei suoi occhi. Veterano della guerra del Vietnam che vive nella New York degli anni ’70, Bickle ha problemi a reinserirsi nella socità e a dormire la notte, così trova lavoro come autista di taxi. Trascorre ore e ore all’interno dell’auto, girando su e giù per le strade di Manhattan, osservando i papponi, gli afroamericani, i pusher e le prostitute e sognando una pioggia che li spazzi via tutti.

A parte alcuni colleghi tassisti, Bickle è completamente isolato dal mondo. Il suo unico vero compagno è il diario in cui condivide i suoi pensieri sempre più deliranti. E Bickle ha molto da dire sul mondo: scrive della sua solitudine, del suo disprezzo per l’umanità e ci rendiamo subito conto che ha dei grossi problemi di salute mentale. Ogni giorno e ogni notte, la sua presa sulla realtà diventa sempre più debole, la sua rabbia continua a ribollire e a ribollire (come la pastiglia effervescente che vediamo ad un certo punto), fino al momento in cui dovrà esplodere.

Travis Bickle è quindi fortemente antisociale. Sia che prenda pillole nel suo appartamento o che guardi il mondo attraverso il parabrezza, è sempre solo. Non ha legami con nessuno, almeno fino quando non incontra Betsy (Cybill Shepherd), che per Travis è pura e perfetta. Alla fine decide di chiederle di uscire, così entra nel suo posto di lavoro – lei è consulente per la campagna elettorale del senatore Charles Palantine (Leonard Harris), un uomo che ha intenzione di conquistare la Casa Bianca – e fa una solida prima impressione. Betsy è colpita, trovando Travis misterioso e affascinante, ma quando il tassista la porta fuori, capisce subito di aver fatto un grosso errore.

Al loro primo appuntamento ufficiale, Travis porta Betsy in un cinema a luci rosse, provocando la fuga di lei, che se ne va dicendo a Travis che la loro breve relazione è definitivamente finita. Naturalmente Travis non prende bene la notizia. Si precipita nel suo ufficio, minaccia il suo collega con alcune mosse di karate e urla che Betsy è “proprio come gli altri”, la feccia della società che Travis odia tanto. Sentendosi tradito e disprezzato, la rabbia di Travis inizia a diventare ancora più incontenibile. E ora che è stato respinto, il tassista inizia a percorrere un oscuro cammino di vendetta.

Il marito, il trafficante di armi e il ladro

Dopo l’incidente con Betsy, Travis incontra rapidamente tre persone che cambieranno la sua vita per sempre. Il primo è un uomo inquieto, sboccato, con le sopracciglia folte e un brutto carattere (interpretato dal regista Martin Scorsese in uno dei suoi cameo più celebri). Sale sul retro del taxi di Travis e lo fa guidare fino a uno squallido complesso di appartamenti dove può spiare sua moglie. Si scopre che la donna ha una relazione e il marito, geloso, inizia a farneticare su come la farà fuori con una 44 Magnum. Travis è già alle prese con pensieri pericolosi, e imbattersi in questo aspirante assassino non aiuta di certo.

Ispirato dal monologo misogino dell’uomo, Travis si incontra con un trafficante d’armi di nome Weasley (Steven Price) e non a caso acquista una 44 Magnum. Naturalmente, quella pistola mostruosa non è l’unica arma con cui Travis se ne va: acquista quattro armi da fuoco ed è chiaro che sta progettando qualcosa di grosso e sanguinoso. Ma parlare e camminare sono due cose molto diverse. E sì, Travis è un veterano chiaramente segnato (sia fisicamente che mentalmente), ma trovarsi faccia a faccia con il proprio bersaglio e premere il grilletto è molto diverso dallo sparare a un soldato nemico da lontano.

Travis può quindi avere la stoffa per un omicidio a sangue freddo? Evidentemente sì e ne abbiamo una prima prova quando Travis sta facendo la spesa in un minimarket. In quel momento un ladro si avvicina alla cassa e chiede tutti i soldi. Senza esitare, Travis estrae una pistola, la punta alla testa del ladro e gli fa esplodere il cervello su tutto il bancone. È il primo gesto di violenza che dimostra come Travis stia per esplodere e che indubbiamente ci saranno altri omicidi.

L’importanza di Iris

Travis Bickle ha dei seri problemi quando si tratta di donne e odia assolutamente le lavoratrici del sesso che vede per strada. Tuttavia, la pensa diversamente su Iris “Easy” Steensma (Jodie Foster), una prostituta che continua a scorgere durante i suoi giri notturni in città. In breve, decide dunque di diventare il suo angelo custode. Ma cosa la rende diversa dalle altre prostitute? Iris ha solo 12 anni e mezzo. Quando Irish si presenta per la prima volta, salta sul retro del taxi di Travis e lo implora di andarsene prima di essere trascinata via dal suo protettore Matthew, alias Sport (Harvey Keitel).

Dopo aver litigato con Betsy, Travis cerca quindi Iris e la incoraggia a lasciarsi alle spalle la sua vita notturna. Ma la giovane sostiene di essere stata strafatta la sera in cui è salita sul suo taxi. Ma ora che è pulita, sembra che sia confusa su ciò che vuole: una parte di lei vuole restare e una parte vuole tornare dai suoi genitori. Verso la fine del film, quindi, Travis riempie una busta di denaro per Iris, in modo che possa fuggire dalla Grande Mela. Sfortunatamente, Sport la tiene in pugno e non la lascerà andare tanto presto. Inutile dire che Travis pensa che Sport sia un degenerato, ma i suoi motivi per aiutare Iris non sono poi tanto equilibrati.

Se da un lato è preoccupato per il suo benessere, dall’altro si vede come un giusto cavaliere bianco incaricato di ripulire la città. E ogni volta che interagisce con Iris, non fa altro che rafforzare la sua immagine di supereroe in carne e ossa, un’idea che spingerà Travis su una strada intrisa di sangue. L’incontro con Iris e la dimostrazione di come ciò che è puro venga corrotto e trattenuto nella corruzione dalle incarnazioni di una società depravata è quindi la goccia che fa traboccare il vaso. Travis raccoglie le sue pistole, si attacca un coltello allo stivale e si rade la testa. Sfoggiando un mohawk e la sua giacca verde dell’esercito, Travis è ora pronto a ripulire il mondo.

L’assassinio del senatore Palantine

Travis intende farsi notare uccidendo il senatore Charles Palantine, il capo di Betsy e l’uomo in corsa per la nomination presidenziale. Il senatore sta tenendo un comizio nelle vicinanze e Travis intende dargli un appoggio fatto di piombo. Sa che a sua volta non sopravviverà a quell’attentato e gli va bene così. Ha scritto una lettera d’addio ai suoi genitori, ha lasciato dei soldi a Iris e ora se ne va in un tripudio di gloria mentre Betsy lo guarda, seduta a pochi posti di distanza da Palantine. Scegliere il capo di Betsy come bersaglio non è assolutamente una coincidenza.

Palantine è per lui l’incarnazione dell’ipocrisia. Era convinto che quel politico potesse effettivamente ripulire la città, ma si è infine reso conto che è solo l’ennesimo prodotto della degerazione che in essa imperversa. Tuttavia, mentre Travis si dirige verso il senatore, viene individuato da un agente dei servizi segreti. Capendo che il piano è saltato, Travis si dà alla fuga, lasciandosi alle spalle la manifestazione. Tuttavia, non ha passato settimane a prepararsi fisicamente e mentalmente e ad esercitarsi al poligono di tiro per niente. Se non può uccidere un politico, troverà un’altra vittima. Senza pensarci due volte, nella sua mente si materializza l’immagine di Sport, il pappone che tiene prigioniera Iris.

Cosa succede durante la sparatoria?

Giunto a destinazione, Travis individua Sport e gli spara a bruciapelo. A quel punto sale nel motel dove Iris e le altre ragazze del pappone svolgono la loro attività e da vita ad una carneficina, uccidendo tutti gli uomini presenti. Quando infine Sport, non ancora morto, spara a sorpresa al collo di Travis, il vigilante seppur ferito svuota un’intera pistola nel corpo del pappone. E quando il boss mafioso di Sport spara un colpo alla spalla di Travis, il tassista estrae una pistola nascosta e spedisce all’inferno anche lui.

Iris èassiste a tutto questo, urlando e piangendo e implorando Travis di fermarsi. Con quasi tutti morti, Travis si prepara ad uscire mettendosi una pistola sotto il mento. Ma quando fa per sparare, si sente solo un clic. Travis ha finito i proiettili. Il cruento scontro a fuoco termina finalmente quando i poliziotti arrivano e trovano Travis, intriso di sangue e sorridente. Il tassista si porta a quel punto le dita alla testa e mima il suicidio, e a quel punto la telecamera si sposta fuori dalla stanza, mostrandoci la carneficina che ha compiuto.

Dopo la sparatoria, il film fa un salto in avanti nel tempo e ci mostra l’appartamento di Travis. La sua parete è ricoperta di ritagli di giornale con titoli che recitano “autista di taxi combatte i gangster” e “autista di taxi diventa eroe”. Mentre la telecamera attraversa la stanza, sentiamo la voce fuori campo del padre di Iris che legge una lettera a Travis e ringrazia l’uomo per aver salvato sua figlia, che è ora tornata a casa. Travis è quindi diventato un eroe, la gente lo vede come l’uomo che ha combattuto la mafia e salvato una bambina. Nessuno sa che prima aveva tentato di uccidere Palantine, cosa che lo avrebbe reso solo un pazzo omicida.

Travis è vivo o morto nel finale di Taxi Driver?

Arriviamo ora alla parte controversa. Cosa succede nel finale? Dal momento in cui Travis Bickle mima il suicidio con le sue dita insanguinate al momento in cui scorrono i titoli di coda, le cose diventano incredibilmente strane. Alcuni fan di Taxi Driver sospettano che Travis muoia nella sparatoria finale con i gangster e che gli ultimi minuti – quando Travis diventa un eroe, Iris rinuncia alla vita di strada e Betsy ci riprova con lui – siano solo una sua fantasia mentre muore.  Alcuni teorizzano che l’inquadratura dall’alto del corpo di Travis intriso di sangue suggerisca che il tassista è morto, come se la sua anima fosse salita al di sopra del mondo e noi avessimo una visione divina delle cose.

I sostenitori della teoria “Travis è morto” ritengono infatti che gli ultimi momenti siano troppo perfetti e che sia esattamente il tipo di finale che uno psicopatico come Travis potrebbe sognare per se stesso. Ma sebbene sia del tutto normale pensare che Travis Bickle muoia alla fine di Taxi Driver, ci sono invece tre persone che non sono affatto d’accordo con questa interpretazione: il regista Martin Scorsese, l’attore Robert De Niro e lo sceneggiatore Paul Schrader. Proprio quest’ultimo ha ribadito la sua convinzione che Travis sia sopravvissuto alla sparatoria, dicendo: “Molte persone hanno attribuito il finale di Taxi Driver a una fantasia. Non ho problemi con quel finale, ma non è quello che intendevo”.

 

La critica alla cultura americana

Se Travis è sopravvissuto alla fine di Taxi Driver ed è diventato davvero un eroe, cosa significa per il film? In una traccia di commento, lo sceneggiatore Paul Schrader ha raccontato di essersi ispirato all’aspirante assassina Sara Jane Moore, una donna che ha sparato a Gerald Ford. Dopo il suo fallito tentativo di omicidio, il volto della Moore finì sulla copertina di Newsweek e questo lasciò Schrader perplesso. Perché la rivista la trattava come una star del cinema? Confuso e frustrato, decise di inserire questo aspetto nella sceneggiatura e di far sì che i media trasformassero Travis Bickle in un eroe.

In breve, il finale di Taxi Driver è un’accusa alla cultura americana che idolatra i cattivi. Basti pensare a come in seguito al film Ted Bundy – Fascino criminale, il serial killer Ted Bundy sia balzato agli onori della cronaca perché in molti lo definivano “sexy”, o ancora al caso di Luigi Mangione, idolatrato per avver ucciso un imprenditore. Schrader non ha quindi tutti i torti, e Taxi Driver è quindi un grande atto d’accusa nei confronti della cultura pop americana. Certo, se Travis avesse ucciso Palantine, la gente lo avrebbe trattato in modo molto diverso, ma dato che ha massacrato dei cattivi, allora viene indicato come un buono.

Che si pensi che Travis viva o muoia alla fine di Taxi Driver, entrambi i finali sono quindi piuttosto tristi. O ha ucciso un mucchio di persone prima di morire in un bordello, o ha ingannato la giustizia ed è stato reso una leggenda da una cultura che venera la violenza. Ma è lecito pensare che, se Travis Bickle è sopravvissuto a quella sparatoria, potrebbe colpire ancora. Negli ultimi secondi del film, infatti, dopo aver lasciato Betsy, Travis si allontana con il suo taxi, accompagnato dalla colonna sonora jazz di Bernard Herrmann. Ma è in quel momento che Travis inizia a diventare molto nervoso. Lancia uno strano sguardo allo specchietto retrovisore, proprio mentre la colonna sonora emette una nota acuta e inquietante.

È un momento molto cupo e Scorese lo ha inserito per un motivo. Come ha spiegato il regista, “ho deciso di inserire qualcosa [nel finale] che mostrasse che il timer di Travis inizia a ticchettare di nuovo, la bomba che sta per esplodere di nuovo”. In altre parole, è meglio che Betsy e chiunque altro gli stia alla larga. È meglio che tutti evitino questo taxi. È meglio che la gente scappi quando vede arrivare il tassista. Travis Bickle non è un eroe e non è guarito. Prima o poi esploderà di nuovo e quando lo farà, probabilmente sarà ancora più sanguinoso di prima, perfetta dimostrazione della società che lo alimenta.

Taxi Brooklyn 1×05: anticipazioni e promo

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Si intitolerà Ambush, Taxi Brooklyn 1×05, la quinta puntata della prima stagione della serie televisiva targata NBC.

Taxi Brooklyn 1×05In Taxi Brooklyn 1×05, un veicolo che trasporta dei prigionieri viene attaccato da due SUV e due detenute rimangono uccise e quattro fuggono e tra le fuggitive vi è Eleanor Wilson, la testimone dell’omicidio del padre di CatCat e Leo riescono a ritrovare le evase e Catscopre finalmente la dinamica dell’omicidio del padre, avvicinandosi sempre di più all’assassino che è ancora a piede libero.

Taxi Brooklyn 1×04: anticipazioni

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Taxi Brooklyn 1x04Si intitolerà Precious Cargo, Taxi Brooklyn 1×04, il quarto appuntamento con la nuova serie tv targata NBC.

Cat e Leo indagano sull’omicidio di una madre affidataria molto rispettata e Cat rimane sorpresa quando scopre il tipo di relazione che la donna aveva intrapreso con uno dei figli adottivi, mentre Leo vive con trasporto l’indagine, dato che suo figlio Nico si trova ancora in Francia; nel tentativo di far luce sul caso, Cat chiede al Capitano Baker di aprire un’inchiesta su una famiglia di mafiosi, che potrebbe essere legata all’omicidio ed è gestita da una delle amiche d’infanzia della donna, Annabella Capella.

Taxi Brooklyn 1×03: anticipazioni sul prossimo episodio

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Taxi Brooklyn 1×03Si intitolerà Cherchez Les Femmes, Taxi Brooklyn 1×03, il terzo appuntamento con la nuova serie tv targata NBC.

In Taxi Brooklyn 1×03, Cat aiuta Leo con il suo problema con l’ufficio immigrazione e decide di diventare il suo sponsor; nel frattempo, Josef Wiesel, un sopravvissuto agli orrori dell’olocausto ed amico di vecchia data di Leo, viene ucciso e toccherà a Leo e Cat trovare il colpevole.

Durante l’indagine, i due scopriranno maggiori dettagli sul drammatico passato di Josef e che una famiglia mafiosa legata a Cat è coinvolta nell’omicidio.

Taxi Brooklyn 1×02: anticipazioni e promo

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Si intitolerà Brooklyn Heights , Taxi Brooklyn 1×02, il secondo episodio della serie che andrà in onda sul network americano NBC

In Taxi Brooklyn 1×02, Sasha Lowenthal, una famosa designer di borse, chiede a Cat di indagare sulla scomparsa di suo figlio Ian; quando Cat e Leo scoprono che Ian è stato assassinato, la loro indagine li porterà dritti nel mondo dell’alta società, che pullula letteralmente di scottanti segreti di famiglia ed infine, un tradimento interno porta all’arresto di Leo da parte dell’Ufficio Immigrazione.

Taxi Brooklyn 1×02

Taxi Brooklyn 1×01: anticipazioni e promo

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Arriva il giorno del debutto per la nuova serie Taxi Brooklyn 1×01, del network americano NBC. 

In Taxi Brooklyn 1×01, conosceremo la Detective Caitlyn Sullivan, una donna intenzionata a consegnare nelle mani della giustizia l’assassino di suo padre e che è stata retrocessa di grado per guida spericolata, per aver disobbedito agli ordini e per conflitti personali, che si imbatterà in Leo Romba, un pilota con doti eccezionali alla guida, il quale offrirà il suo aiuto alla donna per risolvere alcuni casi ed indagare sulla morte del padre.

Tax credit rinnovo: dure minacce dalle associazioni cinematografiche

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Tax credit rinnovoLe associazioni del cinema al Governo: si ristabilisca il livello di finanziamento del tax credit o reagiremo con tutte le nostre forze e i nostri mezzi, incluso il blocco di tutte le manifestaziono.

ANICA AGIS 100AUTORI SLC–CGIL UILCOM-UIL FISTEL-CISL

Il governo ha tagliato del 50% gli incentivi fiscali al cinema. Smentendo le sue affermazioni programmatiche e gli impegni pubblici presi personalmente dal Presidente del Consiglio, ha operato un taglio smisurato allo strumento più moderno e competitivo di sostegno alla produzione e alla digitalizzazione del parco sale italiano. Questo taglio si aggiunge a quello apportato al FUS che ha comportato nell’anno scorso la più bassa incidenza percentuale dei fondi pubblici a favore del cinema. Il risultato sarà un crollo della produzione: si realizzerà solo qualche commedia e un po’ di film a basso costo. Con una perdita di posti di lavoro valutabile nell’immediato in 2.500 unità, più l’indotto, che è vastissimo.
L’audiovisivo è, col turismo, l’industria a più bassa intensità di capitale. Quindi uno dei soli due settori in cui si può creare facilmente occupazione, soprattutto giovanile e qualificata, mobilitando risorse limitate. Questo taglio all’industria e alla cultura, oltre a essere un tradimento degli impegni presi, è quindi in totale contraddizione con la linea politica che questo governo si attribuisce come qualificante.
Vogliamo credere che tutto ciò sia avvenuto per mancanza di consapevolezza e che il governo porrà immediato rimedio. Ma se ciò non avverrà, tutta l’industria culturale reagirà con tutte le sue forze e con tutti i mezzi, incluso il blocco di tutte le manifestazioni e i festival.

Tautou e Duris per Gondry

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Michel Gondry lavorerà a breve con Audrey Tautou in un film basata sul romanzo di Boris Vian “La schiuma dei giorni”.

Tatuaggi: la moda di oggi sulle icone pop di ieri

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Vi abbiamo mostrato nei giorni passati le star tatuate più alla moda del momento. Quello che vi mostriamo oggi ha sempre a che fare con i tatuaggi, ma con tatuaggi applicati su icone del cinema, dello spettacolo, della cultura in generale, i cui corpi sono stati ricoperti da tatuaggi dalla grande immaginazione di Cheyenne Randall.

Alcuni ritratti sono decisamente forzati, come il viso di Cary Grant ‘deturpato’ da una croce, o William e Kate photoshoppati in maniera decisamente poco regale, ma in alcuni casi i tatuaggi sembrano realistici, come si può vedere nella bellissima immagine dell’eternamente giovane Marilyn Monroe, oppure nella foto del ‘cazzuto’ Jack Nicholson, in cui i tatuaggi sicuramente non guastano la sua figura di duro senza scrupoli.

Che ve ne pare?

Tatuaggi: i migliori con protagonisti gli Avengers del cinema

Tatuaggi: i migliori con protagonisti gli Avengers del cinema

Quando gli Avengers sono sbarcati al cinema hanno raggiunto un successo planetario poderoso, e, in qualche modo, hanno cambiato la moda! Ecco come si sono trasformati sulla pelle dei fan diventando enormi, creativi e coloratissimi tatuaggi!

Iron Man/Robert Downey Jr

Iron Man

Lo scudo di Cap

Captain America

Captain America

Iron Man 3

Iron Man 3

Iron Man

Vedova Nera

Vedova Nera

Vedova Nera

Vedova Nera

Vedova Nera

Hulk

Hulk

Hulk

Hulk

Hulk/Bruce Banner

Thor/Chris Hemsworth

Thor

Avengers Minions

Occhio di Falco

Occhio di Falco

Occhio di Falco

Thor

Thor 

Thor 

Tatuaggi famosi: le celebrità tatuate più alla moda

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Tatuaggi famosi: le celebrità tatuate più alla moda

La regina incontrastata del tatuaggio è lei, Angelina Jolie, che prima che la pratica entrasse nel vivo tra le star, aveva già il suo bel numero di tatuaggi, continuamente in aumento. Adesso il tatuaggio spopola soprattutto tra le giovani star e di seguito potete trovare una raccolta di quelli più alla moda sui corpi delle star che tutti amano.

https://www.youtube.com/watch?v=KiB1OffTzGg

Da Miley Cyrus, notissima per avere il corpo ricoperto da grandi e piccoli disegni permanenti, fino alla top delle top Kate Moss, passando addirittura per la nostra bellissima Kasia Smutniak, sono quasi 50 le star che scelgono il tatuaggio come mezzo per ricordare massime di vita, persone e momenti della propria vita.

Tattiche d’amore: recensione della rom-com Netflix

Tattiche d’amore: recensione della rom-com Netflix

È disponibile su Netflix Tattiche d’amore, la commedia romantica diretta da Emre Kabakusak che racconta una storia amorosa improbabile e patinata, perfetta per il periodo di San Valentino ma non memorabile. L’amore che sboccia tra i due cinici protagonisti è in se stesso un cliché e rende il film allo stesso tempo prevedibile e rassicurante: anche per i più disillusi, c’è la speranza di trovare l’anima gemella.

La trama di Tattiche d’amore

Asli (Demet Özdemir) è una stilista che cura un blog chiamato ”Tattiche d’amore” in cui dà consigli amorosi alle donne. Pare saperne una in più del diavolo sugli uomini. Sfidata dai suoi followers, Asli decide di mettere in pratica le sue tattiche: vuole fare innamorare un uomo e raccontare di come ci è riuscita sul blog. La sua vittima è Kerem (Sukru Ozyildiz), un pubblicitario che frequenta tante donne ma non ha mai avuto una relazione stabile. Ciò che la blogger non sa è che anche Kerem vuole ”giocare” con lei: ha scommesso con alcuni colleghi di riuscire a far innamorare una donna grazie ai suoi infallibili metodi da conquistatore. Peccato che mentre entrambi i cuori di ghiaccio cercano di tendere una trappola al partner, iniziano ad innamorarsi veramente…

Lusso, bellezza e amore: sempre i soliti ingredienti

Tattiche d’amore non spicca sicuramente per l’originalità della storia che vuole raccontare. Un uomo e una donna intorno ai trent’anni, di bell’aspetto e affermati sul lavoro, hanno una vita quasi perfetta ma non hanno ancora trovato l’amore ”vero”. Magicamente, i due protagonisti si addolciscono e in poco tempo mettono in discussione tutta la loro vita per amore. Quello appena descritto è un modello di trama che va tremendamente di moda negli ultimi anni, ma che appare ormai consumato fino all’osso e obsoleto: siamo invasi da film che, con il loro lieto fine stucchevole, ribadiscono quanto sia importante trovare l’amore entro i trent’anni. Forse però, non serve che questo stereotipo diventi il centro di così tante commedie romantiche.

tattiche-d'-amoreUn mondo patinato e inaccessibile

Un po’ come una Emily a Parigi nella sua serie Netflix, anche Asli vive in una realtà fatta di lusso e stucchevolezza. Dagli outfit alle scenografie, tutto risulta finto: ogni cosa è messa davanti alla fotocamera per ostentare il mondo patinato in cui si muovono i personaggi.

Vista l’enorme quantità di prodotti Netflix che seguono questa linea, ci sarà sicuramente un pubblico in grado di apprezzare il contesto rappresentato. Magari è proprio l’irrealismo di Tattiche d’amore a rendere il film la commedia romantica perfetta da guardare nel periodo di San Valentino, come se fosse un’utopica favola moderna.

 Il cinismo svanisce troppo in fretta

Asli e Kerem sono inizialmente le classiche persone in carriera che non hanno intenzione di complicarsi la vita con l’amore. Si concedono avventure occasionali e condensano tutte le loro energie in altro. Non credono realmente nell’innamoramento. Eppure, in poco tempo cadono nel tranello di Cupido. Il gioco è doppio, entrambi pensano di stare prendendo in giro l’altro, ma si fregano a vicenda. In Tattiche d’amore, l’ostacolo per l’innamoramento è il cinismo dei protagonisti, ma viene presto raggirato. L’idea potrebbe essere efficace perché ha del potenziale drammatico, ma non è sfruttata abbastanza. In breve sia lui che lei mettono in ballo i propri sentimenti e non sono più credibili quando usano i loro trucchetti.

Non vogliamo però essere noi i cinici. Siamo sicuri che c’è un pubblico desideroso di vedere un film come Tattiche d’amore. Il lungometraggio sembra nato per i romanticoni, per gli amanti di San Valentino e delle commedie rilassanti e rassicuranti. I bei volti dei protagonisti, i colori accesi delle scene, la leggerezza e l’ironia rendono il film il sottofondo perfetto per una serata rilassante o, ancora meglio, romantica.

Tattiche d’amore 2: tutto quello che c’è da sapere sul film Netflix

Tattiche d’amore 2 è l’ennesimo grande successo di Netflix proveniente dalla Turchia, Paese che negli ultimi tempi ha sempre più guadagnato popolarità grazie ai propri prodotti audiovisivi, tanto film come Voglio crederci e Merve Kült, quanto serie televisive. Sequel di Tattiche d’amore (qui la recensione), questo è interpretato dagli stessi protagonisti ed è diretto da Recai Karagöz, che subentra alla regia al posto di Emre Kabakusak, e propone un nuovo racconto sull’amore e sulle sfide che esso comporta. Anche questo sequel ha da subito ottenuto un importante riscontro in termini di visualizzazion.

Un risultato che ribadisce ciò di cui Netflix è maggiormente fiera, ovvero il dare la possibilità ai propri abbonati di confrontarsi con prodotti provenienti da paesi che difficilmente avrebbero trovato spazio nei cinema o nelle televisioni nostrane (anche se su quest’ultima le soap turche stanno iniziando a ritagliarsi un sempre maggiore spazio). Tattiche d’amore 2 è dunque il titolo perfettto per gli appassionati di storie romantiche ma in cerca di qualcosa di diverso dai soliti film di produzione statunitense. Prima di intraprendere la visione di Tattiche d’amore 2, però, ecco alcuni dettagli sulla sua trama, il cast di attori e le location dove si sono svolte le riprese del film.

La trama di Tattiche d’amore 2

Con il primo film, il pubblico ha fatto la conoscenza di Kerem, che lavora nell’ambito pubblicitario e si presenta come un vero e proprio latin lover, e Asli, una stilista e fashion blogger. Entrambi sono accomunati dalla diffidenza verso l’amore e non credono di poter cedere a tale ingannevole sentimento. Sulla base di ciò, iniziano pertanto a frequentarsi per sfida, convinti che prima o poi uno dei due cederà. Pur di “vincere”, i due sono disposti a tutto, anche utilizzare tattiche insolite e bizzarre. Peccato che, a lungo andare, quel gioco gli si ritorcerà contro. Nel sequel, infatti, li ritroviamo dunque insieme, apparentemente felici della loro relazione.

Una sera a cena,  però, Asli rivela a Karem di non capire il motivo del matrimonio al giorno d’oggi. Il ragazzo coglie dunque l’occasione per tranquillizzarla e garantirle che non le chiederà mai di sposarlo. Naturalmente quell’affermazione diventa anche in questo caso il motivo scatenante per una nuova sfida. Asli si mette infatti in testa di far cambiare idea a Karem, puntando ad ogni asso nella manica pur di convincerlo a sposarla. In un primo momento Kerem non trova sospettoso il comportamento della sua fidanzata, ma ad un certo punto aprirà gli occhi e per i due arriverà il momento di riflettere sul loro futuro insieme.

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Il cast e le location di Tattiche d’amore 2

Nel ruolo di Asli ritroviamo l’attrice Demet Özdemir, anche nota per le serie No: 309 (2016-2017), DayDreamer – Le ali del sogno (2018-2019) e Tra il mondo e noi (2022). L’attore Sükrü Özyildiz torna invece ad interpretare Karem. È proprio grazie a questo ruolo che egli ha ottenuto una maggiore notorietà a livello internazionale. Recitano poi nel film anche Atakan Çelik nei panni di Tuna, Bora Akkas in quelli di Emir e Deniz Baydar come Cansu. Le attrici Hande Yilmaz e Melisa Döngel interpretano invece Ezgi e Feride, mentre Ceyhun Mengiroglu interpreta Bukut.

Come per il primo film, le location in cui si sono svolte le riprese sono Istanbul, la città più popolosa della Turchia e capoluogo della provincia omonima, oltre ad essere il principale centro industriale, finanziario e culturale dello stato. Altre riprese sono invece state effettuate a Kayseri, capoluogo dell’omonima provincia dell’Anatolia Centrale, e Nevşehir, altra città presente nella regione dell’Anatolia Centrale. Importante è stata però anche in questo caso la Cappadocia, regione situata nel cuore della Turchia e nota per le sue alte formazioni rocciose millenarie.

Il trailer di Tattiche d’amore 2 e come vederlo su Netflix

Come anticipato, è possibile fruire di Voglio crederci unicamente grazie alla sua presenza nel catologo di Netflix, dove attualmente è al 3° posto della Top 10 dei film più visti sulla piattaforma in Italia. Per vederlo, basterà dunque sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma scegliendo tra le opzioni possibili. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale comodità e al meglio della qualità video, avendo poi anche accesso a tutti gli altri prodotti presenti nel catalogo.

Fonte: IMDb

Tatti Sanguineti: Guareschi non amava Cervi e Fernandel

Guareschi, autore di Don Camillo e Peppone, non provava simpatia per Fernandel e Gino Cervi, che interpretarono rispettivamente il sacerdote

Tatiana Maslany: 10 cose che non sai sull’attrice

Tatiana Maslany: 10 cose che non sai sull’attrice

L’attrice Tatiana Maslany vanta già una carriera di tutto rispetto, con ruoli in film e serie TV di prestigio. Con il suo talento ha saputo stupire in più occasioni, arrivando anche a vincere diversi importanti riconoscimenti all’interno dell’industria hollywoodiana. Ora che è stata scelta come protagonista di una nuova attesa serie della Marvel, la Maslany ha l’occasione di farsi conoscere anche da un pubblico più ampio, raggiungendo così nuove vette di successo.

Ecco 10 cose che non sai di Tatiana Maslany.

Tatiana Maslany: i suoi film e le serie TV

1. È nota grazie ad alcune serie televisive. I primi ruoli televisivi per la Maslany arrivano grazie alle serie Incedible Story Studio (1998-2000) e 20030 CE (2002-2003). Ha poi recitato in Renegadepress.com (2004-2007), Would Be Kings (2008), Instant Star (2008), Heartland (2008-2010), The Nativity (2010), Being Erica (2009-2011), Mondo senza fine (2012) e Captain Canuck (2013-2014). Dal 2013 al 2017 recita da protagonista nella serie Orphan Black, ottenendo un grande successo. Nel 2020 ha poi interpretato Alice McKeegan nella serie Perry Mason, mentre nel 2022 recita accanto a Mark Ruffalo nella serie Marvel She-Hulk.

2. Ha recitato in alcuni noti film per il cinema. La Maslany ha debuttato sul grande schermo con il film Licantropia Apocalypse (2004), per poi recitare nei film Le cronache dei morti viventi (2007), La promessa dell’assassino (2007), Flash of Genius (2008), Hardwired – Nemico invisibile (2009), Violet & Daisy (2011),  La memoria del cuore (2012), Woman in Gold (2015), Stronger – Io sono più forte (2017), con Jake Gyllenhaal, e Destroyer (2018).

3. È anche produttrice. Oltre ad aver ricoperto il lavoro di attrice, la Maslany si è occupata anche della produzione per diversi dei progetti in cui ha recitato. Ha infatti prodotto trenta episodi della serie Orphan Black, per poi produrre anche il cortometraggio Touch e il film Pink Wall. È stata poi produttrice esecutiva del podcast Orphan Black: The Next Chapter.

Tatiana Maslany She-Hulk

Tatiana Maslany in She-Hulk

4. Si è allenata a lungo per il ruolo. La Maslany è stata scelta per interpretare Jennifer Walters, alias She-Hulk, nell’omonima serie TV della Marvel disponibile su Disney+. Per prepararsi al ruolo, l’attrice ha raccontato di essersi sottoposta ad un lungo addestramento fisico, implementando così la propria massa muscolare e acquisendo la resistenza fisica necessaria a poter interpretare anche le scene più complesse.

5. Non era stata la prima scelta per il ruolo. Prima che venisse confermata la Maslany come protagonista di She-Hulk, i produttori avevano preso in considerazione le attrici Gillian Jacobs, Betty Gilpin, Zoe Chao e Alison Brie per il ruolo. La Brie, in particolare, era stata considerata il tipo di attrice ideale per il personaggio durante il processo di casting. Alla fine, tuttavia, i produttori rimasero maggiormente colpiti dalla Maslany, offrendole il ruolo.

Tatiana Maslany è su Instagram

6. Ha un account sul celebre social. L’attrice è presente sul social network Instagram con un proprio profilo seguito da 483 mila persone. La Maslany, tuttavia, non ha reso pubblico questo suo account e dunque per poter vedere i suoi post è necessario mandare una richiesta per poter essere accettati come followers. Ad oggi il profilo conta oltre cinquecento post, segno che l’attrice è molto attiva sul social e non manca di condividere dettagli sulla sua vita lavorativa e privata.

Tatiana Maslany Orphan Black

Tatiana Maslany in Orphan Black

7. È la protagonista della serie. Dal 2013 al 2017 l’attrice ha ottenuto grande popolarità grazie alla serie Orphan Black, dove ha interpretato Sarah Manning, una ragazza orfana che assume l’identità di una donna suicida identica a lei, scoprendo in seguito di essere uno di molti cloni in circolazione. Per dar vita alle tante versioni della protagonista, l’attrice ha immaginato delle storie per ognuna di esse, associandovi anche delle canzoni e dei balli che ne esprimessero il carattere.

8. Ha cercato di non confondere i personaggi. Tatiana Maslany ha raccontato in un’intervista di aver avuto una squadra di continuità che le impediva di confondere i personaggi. Ad esempio, se stava girando una scena in cui erano presenti sia Alison che Sarah e lei stava interpretando Alison, se la sceneggiatura prevedva di alzare gli occhi al cielo, la sua squadra si assicurava che l’attrice facesse un roteare gli occhi alla “Alison” e non alla “Sarah”.

Tatiana Maslany ha vinto un Emmy

9. Ha vinto il prestigioso riconoscimento. Dopo essere stata candidata nel 2015 come miglior attrice protagonista in una serie drammatica per Orphan Black, la Maslany ha vinto il premio nel 2016, consacrandosi così agli occhi di Hollywood e stabilendo un importante primato. La Maslany è infatti la prima attrice canadase a trionfare in quella categoria del premio Emmy.

Tatiana Maslany: età e altezza dell’attrice

10. Tatiana Maslany è nata il 22 settembre del 1985 a Regina, in Canada. L’attrice è alta complessivamente 1,63 metri.

Fonte: IMDb

Tatiana Maslany sarà la protagonista di She-Hulk

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Tatiana Maslany sarà la protagonista di She-Hulk

Tatiana Maslany è vicinissima a stringere un accordo con Disney per il ruolo da protagonista nella serie di prossima realizzazione She-Hulk. La serie si incentrerà su Jennifer Walters (Maslany), cugina di Bruce Banner, che eredità i suoi poteri di Hulk dopo aver ricevuto una trasfusione di sangue proprio dallo scienziato. A differenza di Bruce, quando si trasforma, Jennifer è in grado di conservare la sua personalità, la sua intelligenza e il suo controllo emotivo.

Tatiana Maslany è molto conosciuta per il suo ruolo nella seri drammatica BBC America Orphan Black, che è andata in onda dal 2013 al 2017 per 5 stagioni. Maslany è stata nominata per 3 Emmy e un Golden GLobe durante lo show, vincendo l’Emmy come migliore attrice in una serie drammatica nel 2016.

Fonte: Variety

Tatiana Maslany parla di come affrontare i fan sessisti e dei suoi commenti su Bob Iger “fuori dal mondo”

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She-Hulk: Attorney at Law ha ottenuto recensioni per lo più positive dalla critica quando è arrivata su Disney+ nel 2022. La serie ha sofferto di una scrittura e di effetti visivi inconsistenti, ma come introduzione a Jennifer Walters ha fatto il suo dovere.

Naturalmente, recitare in un adattamento di un fumetto al femminile ha significato per Tatiana Maslany dover affrontare i commenti sessisti e il bombardamento di alcune recensioni negative.

Parlando con The Independent, la star di Orphan Black si è aperta su questo argomento, assicurandosi di scegliere con cura le parole (per evitare di dover affrontare ancora più commenti sui social media).

Penso che ciò che è eccitante… eccitante, ha. Penso che la cosa divertente sia che [la creatrice della serie] Jessica Gao ha inserito nella storia il fatto che la gente ci avrebbe trollato“, ha detto Maslany. “Quando abbiamo iniziato a ricevere le stesse risposte che [Gao] aveva inserito nella scrittura, ci siamo sentiti parte del divertimento“.

Non si sa ancora se She-Hulk: Attorney at Law riceverà una seconda stagione (visti i costi di produzione, non ci scommettiamo). Per un certo periodo, sembrava che Jen potesse apparire in Captain America: Brave New World, ma la situazione è cambiata quando il film ha iniziato a prendere forma.

A non aiutare la situazione sono anche i commenti fatti da Tatiana Maslany sull’amministratore delegato della Disney Bob Iger durante lo sciopero della SAG-AFTRA dello scorso anno. L’attrice è balzata agli onori della cronaca per averlo definito “completamente fuori dal mondo” dopo che il dirigente aveva definito le richieste degli attori “irrealistiche“.

In quei momenti, si è così accalorati. È difficile esprimersi nel modo in cui si vuole quando si è sul filo del rasoio con tutti“, dice Maslany, riflettendo su queste osservazioni.

Parte della ragione delle sue frustrazioni risiede in quello che Olivia Colman ha precedentemente definito il processo “rispettoso” di essere un attore emergente e la fatica che questo comporta.

Mandi questi nastri nel vuoto, non ricevi mai risposte, non ricevi mai un feedback e stai lavorando!“, dice l’attrice di She-Hulk: Attorney at Law. “Ti riprendi e ti devi risollevare da solo, e questo è anche l’aspetto che ti rende così consapevole“.

Come si è detto, un protagonista in computer grafica (e una lunga lista di personaggi secondari in computer grafica) ha fatto lievitare il budget di She-Hulk: Attorney at Law fino a 200 milioni di dollari; tuttavia, nonostante il prevedibile contraccolpo da parte di una certa fetta di fan, ci si aspetta che la Gigantessa di Giada torni… solo che non sarà in una seconda stagione.

L’anno scorso è stato chiesto alla Maslany se la seconda stagione di SShe-Hulk: Attorney at Law si farà. Ha risposto: “Non credo. Credo che abbiamo sforato il budget e la Disney ha detto: ‘No, grazie‘”. Qualcosa ci dice che probabilmente le cose non sono cambiate…

Tatiana Maslany in Stronger con Jake Gyllenhaal?

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La lanciatissima star di Orphan Black Tatiana Maslany è in trattative per affiancare Jake Gyllenhaal in Stronger, film prodotto dalla Lionsgate e diretto da David Gordon Green che ruota attorno al drammatico attentato della Maratona di Boston del 2013, che provocò tre vittime e oltre 260 feriti.

La storia è raccontata dal punto di vista di Jeff Bauman (Jake Gyllenhaal), rimasto quel giorno gravemente ferito, le cui memorie, scritte insieme a Bret Witter, hanno determinato la sceneggiatura di John Pollono. Al momento della deflagrazione, Jeff Bauman attendeva al traguardo la fidanzata Erin Hurley, che nel film dovrebbe essere appunto interpretata da Tatiana Maslany. Il film si concentrerà sul lento percorso di recupero dell’uomo e delle fasi fondamentali del processo, conclusosi a maggio 2015 con la condanna a morte dell’attentatore Dzhokhar Tsarnaev.
Dopo Woman in Gold ed essere stata presa in considerazione per Star Wars: Rogue One e  Star Wars: Episode VIII, Tatiana Maslany potrebbe aver trovato una nuova opportunità per mettere in mostra il suo talento anche sul grande schermo.
Un altro progetto relativo ai fatti della Maratona di Boston è Patriot’s Day, con Peter Berg alla regia e Mark Wahlberg dietro la macchina da presa.

Tatiana Maslany di She-Hulk si scaglia contro Bob Iger della Disney

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Continua a tenere banco la questione scioperi in corso a Hollywood, e dopo avervi segnalato il forte intervento di Bryan Cranston durante uno dei tanti picchetti in corso negli USA, oggi dalle pagine del THR arriva anche un forte monito da una delle star che ha collaborato di recente con lo lo studios diretto da Bob Iger, Tatiana Maslany, che è stata protagonista della serie Marvel Studios diffuso via Disney+ She-Hulk: Attorney at Law.

L’attrice non ha usato mezzi termini per commentare le dichiarazioni diffuse dal CEO, definendole “fuori dal mondo”. “Penso che sia completamente fuori dal mondo”, ha detto a THR dai picchetti a New York City. “È completamente fuori contatto con i lavoratori che realizzano i suoi spettacoli, che fanno sì che le persone guardino questi spettacoli, che portano gli spettatori a lui e gli fanno fare soldi”.

“Avendo lavorato a uno spettacolo Disney, so dove le persone cadono nelle fessure del sistema e dove le persone vengono sfruttate ed è oltraggiosa la quantità di ricchezza che non viene condivisa con le persone che effettivamente realizzano il prodotto. Questi sono la troupe, il cast, gli scrittori, “ Maslany ha aggiunto.

Allo stato attuale, è impossibile prevedere quanto dureranno gli scioperi e alcuni analisti del settore ritengono che potrebbero continuare fino al 2024. Sony Pictures è diventato il primo grande studio a ritardare molte delle sue prossime uscite sul grande schermo, ma non dovrebbe essere l’unico.

She-Hulk: Attorney at Law segue Jennifer Walters mentre naviga nella complicata vita di un avvocato single di 30 anni che è anche un hulk superpotente di 6 piedi e 7 pollici. La serie di nove episodi dà il benvenuto a una serie di veterani del MCU, tra cui Mark Ruffalo nei panni di Smart Hulk, Tim Roth nei panni di Emil Blonsky/l’Abominio e Benedict Wong nei panni di Wong. Il cast include anche Ginger Gonzaga, Josh Segarra, Jameela Jamil, Jon Bass e Renée Elise Goldsberry. I produttori esecutivi sono Kevin Feige, Louis D’Esposito, Victoria Alonso, Brad Winderbaum, Kat Coiro e Jessica Gao. I produttori co-esecutivi sono Wendy Jacobson e Jennifer Booth. Tutti gli episodi di She-Hulk: Attorney at Law sono ora disponibili per lo streaming su Disney+. Non si sa nulla su una seconda stagione.

Tate Taylor regista per Joyland di Stephen King?

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Tate Taylor regista per Joyland di Stephen King?

Anche se il nuovo libro del Maestro del Brivido non sarà sugli scaffali fino a giungo, lo sceneggiatore e regista Tate Taylor ha annunciato la sua intenzione di realizzare un adattamento cinematografico di Joyland , ultima inquietante fatica di Stephen King. Il romanzo, ambientato in un parco divertimenti di una piccola cittadina del Nord Carolina nel 1973, racconta la terribile estate di Devin Jones, studente universitario deciso a lavorare come giostraio e che si trova a confrontarsi con un brutale omicidio.

Prima di The Help, Taylor ha fatto il suo debutto alla regia nel 2008 con Pretty Ugly People, e ha anche detto di essere al lavoro su un biopic di James Brown. Taylor produrrà il film a fianco di John Norris e con il supporto della Wyolah Films.

Fonte: comingsoon.net

Tatanka, sospeso Clemente Russo dalla Ps

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Sei mesi di sospensione dalla Polizia per il pugile Clemente Russo, medaglia d’argento alle Olimpiadi 2008 e interprete del film ‘Tatanka’, tratto dal libro ‘La bellezza e l’inferno’ di Roberto Saviano e diretto da Pino Gagliardi.

Tatami: al cinema in anteprima l’8 marzo. Ecco il trailer

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Tatami: al cinema in anteprima l’8 marzo. Ecco il trailer

Tatami, il film rivelazione della Mostra del Cinema di Venezia 2023, accolto al festival con un tripudio di applausi e una commossa ovazione, arriverà al cinema in anteprima l’8 marzo e dal 4 aprile con BiM Distribuzione.

Diretto dalla regista e attrice Zar Amir (vincitrice del Premio per la Migliore Attrice a Cannes 2022 per Holy Spider) e dal regista Guy Nattiv (Premio Oscar® nel 2019 per il cortometraggio Skin) con protagoniste Arienne Mandi e la stessa Zar Amir, è ispirato alle tante atlete iraniane che hanno fatto cose incredibili: Sadaf Khadem, la prima pugile iraniana che si è rifugiata in Francia dove è diventata promotrice dei diritti delle donne; l’arrampicatrice su roccia Elnaz Rekabi che ha gareggiato senza indossare la hijab, consapevole di rischiare la morte al suo ritorno a casa; Kimia Alizadeh, ragazza prodigio del taekwondo iraniano che ha lasciato il paese insieme al marito a causa delle minacce governative, e molte altre.

Negli ultimi decenni, il governo iraniano ha fatto tutto quanto in suo potere per impedire a iraniani e israeliani di incontrarsi in occasione di eventi internazionali, senza tenere in considerazione la realtà dei veri sentimenti delle persone. La storia che abbiamo deciso di raccontare in questo film è la storia di troppi artisti ed atleti costretti a rinunciare ai propri sogni e, in alcuni casi, obbligati a lasciare i propri paesi e i propri cari a causa del conflitto tra sistemi e governi. Speriamo di aver realizzato un film che mostri al mondo che l’umanità e la fratellanza vincono sempre” – hanno dichiarato la regista Zar Amir Ebrahimi e il regista Guy Nattiv.

Tatami – la trama

Durante i campionati mondiali di judo, la judoka iraniana Leila (Arienne Mandi) e la sua allenatrice Maryam (Zar Amir) ricevono un ultimatum da parte della Repubblica Islamica che intima a Leila di fingere un infortunio e perdere la gara, pena l’essere bollata come traditrice dello Stato. Vedendo minacciata la propria libertà e quella della sua famiglia, Leila si trova ad affrontare una scelta impossibile.

Tatami, la recensione di un film rivelazione

Tatami, la recensione di un film rivelazione

Definito, non senza esagerazione, come il film rivelazione della Mostra del Cinema di Venezia 2023, arriva al cinema Tatami, film diretto dal regista di origine israeliana Guy Nattiv (Premio Oscar per Skin) e dalla regista e attrice franco-iraniana Zar Amir (Miglior Attrice a Cannes per Holy Spider) che il Direttore Alberto Barbera ha definito “un thriller di forza politica impressionante” inserendolo nella sezione Orizzonti di Venezia 80. Una storia molto attuale, nel suo raccontare del divieto agli atleti iraniani a incontrare gli avversari israeliani in occasione di eventi internazionali e della rinuncia di molti di quelli ai propri sogni, o alla propria vita. Variety, anche per questo, ne aveva parlato come di un film “straordinario potente, glorioso” e “destinato a fare la storia”, ora saranno gli spettatori italiani a poter giudicare, in sala, dove BiM lo distribuisce dal 4 aprile.

Tatami, la trama

Arrivata ai campionati mondiali di judo con la convinzione di far bene, dopo i primi incontri vittoriosi la judoka iraniana Leila Hosseini (Arienne Mandi) e la sua allenatrice Maryam Ghanbari (Zar Amir) ricevono l’ordine da parte della Federazione nazionale e dalla ‘Guida Suprema’ della Repubblica islamica di ritirarsi dalla che competizione. Leila dovrà fingere un infortunio per non incontrare l’avversaria israeliana (Lir Katz) e non essere vista come traditrice dello Stato, ma soprattutto per non vedere minacciata la propria libertà e quella della sua famiglia. Terrorizzata per la sorte del marito, del figlio piccolo e degli anziani genitori, Leila non vuole però obbedire al regime, come la sua allenatrice la implora di fare, e rinunciare a quell’oro per il quale ha sacrificato tanto.

Il primo film co-diretto da un’iraniana e un israeliano

La storia che raccontiamo in questo film è la storia di troppi atleti iraniani che hanno perso le opportunità della vita e sono stati talvolta costretti a lasciare il proprio Paese e i propri cari a causa del conflitto tra governi“, ha dichiarato Zar Amir-Ebrahimi, che con il collega ricompone dietro la macchina da presa un’accoppiata che sana idealmente il conflitto mostrato sullo schermo e si propone di omaggiare la memoria delle varie Sadaf Khadem (prima pugile iraniana a rifugiarsi in Francia, dove è diventata promotrice dei diritti delle donne) Elnaz Rekabi (l’arrampicatrice su roccia che ha gareggiato senza indossare la hijab, consapevole di rischiare la morte al suo ritorno), Kimia Alizadeh (ragazza prodigio del taekwondo iraniano che ha lasciato il paese insieme al marito a causa delle minacce governative), e molte altre.

Tatami è un invito alla fratellanza che arrivano in un momento in cui il prolungato massacro in corso nella Striscia di Gaza rischia di portare a una escalation pericolosa, dopo l’attacco a Damasco di questi giorni e la reazione iraniana. Due modi diversi di fare la storia, che i registi sottolineano anche con il racconto sullo schermo, girato “a due ore di distanza da Tel Aviv e da Tehran, a Tbilisi, in Georgia”, al crocevia tra Asia ed Europa, dove si svolgono i Campionati Mondiali teatro del dramma.

Forma e sostanza di un dramma moderno e contemporaneo

Che sin dall’inizio punta a combinare immagini ricche di significati con una forma capace di sostenerle e sottolinearle. Come per il bianco e nero scelto per evidenziare la polarizzazione e il radicalismo della realtà rappresentata (e che a qualcuno ricorderà certo Von Trier o i vecchi Coen, anche per i primi piani insistiti e le riprese di dettagli ‘secondari’, anche fisici). O come per la circolarità e compiutezza che suggeriscono le immagini iniziale e finale, speculari e insieme assolutamente opposte e contrarie, e la scelta di ritirarsi a osservare da lontano, in alcuni casi da dietro una porta, con una visuale ridotta, che evidenzia – anche oltre il necessario – il ruolo del regista e la sua distanza dall’oggetto, spostando il punto di vista dello stesso spettatore e invitandolo a considerarne di diversi.

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Foto di Juda Khatia Psuturi

C’è una sorta di didascalismo in queste esagerazioni (per esempio, nella difficoltà di respirare della protagonista durante i quarti di finale) del quale si sarebbe potuto fare a meno, ma che non indebolisce la drammaturgia generale. Anzi. Più variazione sul tema del courtroom drama che film sportivo tout court, nonostante ambientazione e cliché, Tatami guarda all’epica oltre che al cinema politico, sempre riuscendo a far convivere anime tanto diverse approfittando di flashback e linee parallele (con gli accenni alla sorte di familiari e amici rimasti in Iran). Elementi – apparentemente inessenziali – che aggiungono dinamismo alla storia, ma che pur interrompendo la sostanziale unità di tempo (tutto si svolge in una notte) e luogo scelta non allentano la tensione né distraggono dal racconto principale, grazie anche al fondamentale apporto della fotografia di Todd Martin e del montaggio di Yuval Orr.

Una guerra senza vincitori

Il resto, lo fanno le due intense protagoniste, la judoka e l’allenatrice, e in generale le tante donne che circondano la stessa Leila, dalla sua ipotetica avversaria Shani (con la quale il rapporto umano sarebbe diverso se non fosse condizionato dalle politiche di nazioni che continuano guerre senza fine, a meno di non sterminare intere etnie) alle rappresentanti dell’istituzione sportiva (ma è facile vedere nella Federazione mondiale di Judo una ipotetica ONU), costrette a scontrarsi tra loro da un sistema che le priva della libertà e le sfrutta. L’impotenza, la paura e ancor più la rabbia che esprimono – anche fisicamente, con un linguaggio del corpo notevole o con alcuni gesti simbolici (come il rifiuto del velo) – e che emerge dall’evolversi degli eventi e della determinazione delle due donne, danno al film una forza allegorica e narrativa che raggiunge comunque lo spettatore con durezza. E alla quale la traduzione di “tools” con “marionette”, nel ridondante e un po’ retorico finale, toglie qualcosa, soprattutto considerata la difficoltà di molti a riconoscere come “strumento” in mano a interessi superiori tanto chi perpetra certi crimini, quanto chi continua a subirli come vittima innocente.

Tata matilda e il grande botto: recensione del film

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Tata matilda e il grande botto: recensione del film

Tata matilda e il grande botto – Chi potrà salvare dalla sicura rovina la vecchia e fatiscente fattoria dei Green? Forse una misteriosa e ben poco attraente governante apparsa dal nulla in una notte tempestosa? Tata Matilda armata del suo magico bastone e con l’immancabile compagnia di un nero ed inquietante corvo irrispettoso susciterà prima inquietanti interrogativi ma ben presto si rivelerà molto utile alla causa.

Ambientato in Inghilterra, durante la seconda guerra mondiale Tata matilda e il grande botto: in un piccolo e sperduto villaggio della campagna inglese la giovane Mrs.Green (Maggie Gyllenhaal) ha il suo bel da fare nel crescere i tre scalmanati figlioli senza l’aiuto del marito partito per il fronte. La piccola fattoria di famiglia versa in pessime condizioni, un piccolo e vecchio trattore a rischio pignoramento è l’unica speranza per concludere il raccolto altrimenti Mrs.Green dovrà cedere alle quotidiane pressioni del viscido e mellifluo cognato, Zio Phil (Rhys Ifans), che cerca disperatamente di convincerla a vendere la proprietà per poter così saldare i suoi debiti di gioco.

Tata matilda e il grande botto, il film

Quando a tutto questo si aggiunge l’arrivo dei due ricchi ed impertinenti nipotini di città che i genitori spediscono in campagna da una Londra minacciata dagli attacchi aerei nemici, i guai si moltiplicano in quanto la convivenza tra i cugini si rivelerà da subito alquanto problematica e conflittuale. Così nel mezzo di tanta baraonda e quando il tutto sembra degenerare ecco comparire quasi dal nulla in una notte di tempesta, Tata Matilda (Emma Thompson), una misteriosa quanto inquietante governante ausiliaria dell’esercito che si offre di aiutare la povera e disperata Mrs.Green. Con l’immancabile collaborazione di un nero corvo dalla difficile digestione ed uno strano bastone dai magici ed incredibili poteri, la nuova e singolare ospite saprà dar loro aiuto nel respingere le quotidiane insidie di Zio Phil sempre intenzionato a portare al fallimento la fattoria. Ma su ogni cosa Tata Matilda saprà impartire a suo modo importanti ed indimenticabili lezioni di vita ai giovani protagonisti che tra maialini acrobati e motociclette volanti impareranno a comportarsi con coraggio, lealtà e rispetto reciproco.

Difficile se non impossibile evitare confronti e parallelismi con la capostipite delle governanti cinematografiche, Mary Poppins, di cui Tata Matilda è una sorta di rivisitazione noir; un tetro bastone al posto dell’ombrellino ma gli stessi inquietanti e misteriosi poteri magici come strumento a volte, se non sempre, poco ortodosso per convincere i giovani protagonisti a comportarsi a modo.

Pur mancando dell’originalità, del ritmo e della genialità del vecchio capolavoro della Disney, Tata Matilda e il grande botto – diretta dalla regista Susanna White, si farà apprezzare comunque da un pubblico giovane se non giovanissimo in quanto permette di trascorrere poco meno di due ore in discreta allegria. La storia pur dal finale alquanto prevedibile ha comunque una sua struttura, i personaggi sono ben costruiti e la compresenza di interpreti dall’indubbio valore, da un irriconoscibile Emma Thompson, al bravo Rhys Ifans oltre alle partecipazioni di Ralph Fiennes e Maggie Smith, sicuramente alzano il livello qualitativo di una sceneggiatura piuttosto semplice.