Su Baby
Girl, la regista Halina Reijn ha
dichiarato: “Abbiamo tutti una piccola scatola nera piena di
fantasie proibite che potremmo non confessare mai a nessuno. Sono
affascinata dalla dualità della natura umana e questo film è un
tentativo di far luce, senza giudicare, sulle forze contrapposte
che compongono le nostre personalità. Per me il femminismo è la
libertà di studiare la vulnerabilità, l’amore, la vergogna, la
rabbia e la bestia interiore di una donna. Invecchiare significa
affrontare l’infinità del tutto. Nella mezza età non possiamo più
nasconderci e siamo costrette ad affrontare i nostri demoni; più
reprimiamo la nostra ombra, più pericoloso e dirompente può
diventare il nostro comportamento. La relazione al centro di
Babygirl consente a Romy e Samuel di mettere in scena la loro
confusione riguardo a potere, genere, età, gerarchia e istinto
animale. Nonostante i tabù, la gioia di quell’esplorazione è
liberatoria e persino curativa.”
La trama di Baby Girl
Nel film Una potente amministratrice
delegata mette a repentaglio la carriera e la famiglia quando
inizia una torrida relazione con un suo stagista molto più
giovane.
Scoperta in seguito ad un provino
televisivo, l’attrice Nicole Grimaudo è oggi
un’apprezzata interprete di cinema e teatro, distintasi grazie a
ruoli e generi spesso diversi tra loro. Tra le sue collaborazioni,
si annoverano in particolare quelle avute con importanti registi o
autori, esperienze dalla quali ha dimostrato di aver appreso molto,
maturando come interprete. Oggi, attiva prevalentemente in
televisione, continua a regalare interpretazioni degne di nota.
Ecco 10 cose che non sai di
Nicole Grimaudo.
Nicole Grimaudo: i suoi film e le
serie TV
10. Ha recitato in celebri
lungometraggi. L’attrice debutta al cinema con il film
Tu ridi (1998), diretto da Paolo e
Vittorio Taviani. Negli anni successivi, si
afferma grazie alle sue partecipazioni a Jolly Blu (1998),
Ferdinando e Carolina (1999), Liberi (2003),
Perdutoamor (2003), Un giorno perfetto (2008), di
Ferzan
Özpetek, Baarìa
(2009), Mine vaganti
(2010), con Riccardo
Scamarcio, Baciato dalla
fortuna (2011), Workers – Pronti a tutto (2012),
con Francesco
Pannofino, All’ultima spiaggia (2012),
Buongiorno
papà (2013), di Edoardo
Leo con Raoul
Bova, e Le leggi del
desiderio (2015).
9. È nota per i suoi ruoli
televisivi. Particolarmente nota per i ruoli interpretati
in televisione, l’attrice debutta sul grande schermo con il film
Sorellina e il principe del sogno (1996), per poi recitare
nella miniserie Racket (1997) e nei film Ultimo
(1998), L’amore oltre la vita (1999). A consacrarla sono
però le serie Questa casa non è un albergo (2000), Il
bello delle donne (2001), Giulio Cesare (2002), e
R.I.S. – Delitti imperfetti (2005-2006), dove interpreta
il tenente Anna Giordano. Negli anni successivi ha poi recitato in
Il mostro di Firenze (2009), Medicina generale
(2007-2010), con Marco
Giallini, Dov’è mia figlia (2011),
Immaturi – La serie (2018), con Ricky
Memphis, Nero a metà (2019), Ognuno è
perfetto (2019) e Passeggeri notturni (2020), con
Claudio
Gioè.
8. Ha recitato a teatro per
un noto regista. Attiva anche a teatro, l’attrice si è
resa inizialmente nota per aver recitato nello spettacolo Il
giardino dei ciliegi, di Anton Cechov, diretto da
Gabriele Lavia. La Grimaudo vanta poi la
collaborazione con il celebre regista premio Oscar Roman
Polánski, il quale la scelse per recitare nel suo
spettacolo Amadeus, basato sulla pièce teatrale di Peter
Shaffer. L’attrice recitò per questa sia nel debutto del 1999 sia
in alcune repliche del 2001.
Nicole Grimaudo: il fidanzato e il
figlio
7. È molto
riservata. L’attrice ha in più occasioni fatto sapere di
essere particolarmente intenzionata a mantenere un netto distacco
tra la propria vita lavorativa e quella privata. Di lei, al di
fuori delle scene, si sa infatti molto poco. Solo di recente ha
rivelato il nome del compagno, Francesco, il quale lavora come
giornalista per la Rai. Dalla loro relazione è poi nato Pietro, nel
2014. Per tale occasione, l’attrice prese una pausa dai set di
circa due anni, per potersi così dedicare esclusivamente alla
famiglia.
Nicole Grimaudo non è su
Instagram
6. Non possiede un profilo
personale. Tenendo fede al suo principio di riservatezza,
l’attrice ha affermato di non possedere un profilo personale sul
social network Instagram. Sembra infatti non essere attratta dal
funzionamento della piattaforma, la quale inevitabilmente rischia
di esporre la propria vita ad un ampio numero di persone. Senza
l’utilizzo di questa, l’attrice riesce più facilmente a conciliare
il desiderio di mantenere una vita privata lontana dai
riflettori.
Nicole Grimaudo in Mine
vaganti
5. Ha sostituito un’altra
attrice. Nel film Mine vaganti, del 2010,
l’attrice ricopre il ruolo di Alba Brunetti, una delle protagoniste
principali. Originariamente, tuttavia, il ruolo era stato affidato
all’attrice Alba Rohrwacher, la quale dovette
però rinunciare per via di altri impegni precedentemente presi.
Furono dunque prese in considerazioni altre attrici come
Cristiana Capotondi e Micaela
Ramazzotti, ma la scelta ricadde infine sulla Grimaudo,
che aveva già lavorato con il regista turco nel suo precedente
film.
4. Ha vinto un prestigioso
premio. Il ruolo di Ambra si è rivelato particolarmente
importante per l’attrice, poiché le ha permesso di affermarsi
ulteriormente a livello nazionale arrivando a vincere diversi premi
per la sua interpretazione. In particolare, le venne conferito
dalla stampa internazionale il prestigioso Globo d’Oro come miglior
attrice rivelazione. Fu l’unica del ricco cast a ricevere tale
premio.
Nicole Grimaudo in Non è la
Rai
3. Sostenne un provino per
caso. All’età di 15 anni l’attrice si ritrova a Roma per
fare visita alle sorelle, le quali frequentavano l’Università lì.
Girando per la capitale, la madre decide di accompagnarla ad un
provino per il programma Non è la Rai, al quale la
Grimaudo decise di partecipare desiderosa di vedere Cinecittà. Il
provino andò poi particolarmente bene, e così la giovane si ritrovò
a partecipare al programma, diventando una delle ragazze più amate
di questo. In diverse occasioni, ebbe anche l’occasione di condurre
diverse puntate di questo.
2. Ha dovuto imparare a
rimanere “con i piedi per terra”. Grazie al successo
derivato da Non è la Rai, l’attrice divenne in breve tempo
una vera e propria celebrità, con numerosi fan al suo seguito. Per
lei, all’epoca giovanissima, fu un’esperienza unica e allo stesso
tempo travolgente. La Grimaudo ha in particolare ricordato
l’episodio di un ragazzo che si tatuò il suo nome sulla fronte. Una
fama come questa poteva essere pericolosa, ma come affermato
dall’attrice, grazie al supporto della famiglia ha potuto viverla
mantenendo i piedi per terra.
Nicole Grimaudo: età e
altezza
1. Nicole Grimaudo è nata a
Caltagirone, in Sicilia, Italia, il 22 aprile del 1980.
L’attrice è alta complessivamente 170 centimetri.
Joel Schumacher, che ha già diretto
Nicolas Cage in 8 millimetri, collaborerà di
nuovo con il protagonista di Ghost Rider questa volta in coppia con
l’australiana Nicole Kidman.
Erano i primi anni ’90 quando
Lars Von Trier, Thomas Vinterberg e un’altra manciata
di registi danesi formularono le basi per la famosa scuola Dogma
95: cinema verità, ad ogni costo, cercando assolutamente di
eliminare dalle pellicole ogni scena superflua tipo quelle di
violenza estetizzanti, e per questo, la damnatio memoriae dei
generi.
Questa sembrava la tendenza
dominante del cinema scandinavo, un cinema da sempre attento alla
psicologia dei suoi personaggi e al peso delle parole, ma
soprattutto dei silenzi, dei “non detti” carichi di significato,
dai tempi di Sjostrom passando per il maestro
Bergman. Poi, tutto cambiò improvvisamente.
A portare una vera e propria
rivoluzione cinefila (e cinematografica) fu un allora ventenne
cresciuto tra l’Europa e l’America, New York precisamente: un
figlio del mondo pronto a riscrivere le regole del genere (e dei
generi) con la sua visione estetizzante, feticistica, quasi
pornografica della violenza e delle immagini.
Stiamo parlando di Nicolas
Winding Refn, classe 1970, vero e proprio enfant prodige che
nel 1996 scrive e dirige il suo primo film facendo breccia nel
mondo della celluloide: Pusher è la storia (scandita
in base ai giorni della settimana) della “tranquilla” routine di un
piccolo spacciatore di Copenaghen, Frank, che crede di potersi
arricchire facilmente ed in poco tempo comprando dell’eroina dal
terribile trafficante serbo Milo.
Film cupo, al limite del realismo
(ben lontano quindi dalla violenza estetizzante e coreografica di
Drive e Solo Dio Perdona Only God
Forgives) Refn racconta con sguardo fisso e sadico uno
spaccato di vita borderline mostrando un interesse non trascurabile
per le cronache del “sottobosco” danese e per i personaggi che si
muovono al suo interno, piccoli spacciatori, poliziotti, pericolosi
boss, prostitute e debitori, un grande circo pulp dove la forza sta
proprio nell’impatto visivo, nella capacità di raccontare una
storia con economia di mezzi ma regalando un grande impatto
visivo.
Alcune sequenze, poi, sono un
saggio di cinema: la scena della tortura di un debitore dello
spacciatore (ripreso tutto con la camera a mano in un lungo piano
sequenza intriso di luci ed ombre espressionistiche) hanno mostrato
la qualità registica- e il talento- di questo giovanissimo
cineasta.
La sua seconda regia arriva a
distanza di pochi anni, nel 1999, quando dirige
Bleeder, cronaca di due tristi storie d’amore legate
tra loro da esili fili narrativi. Si raccontano, infatti, le
vicende di due coppie: Louise e Leo, dove entrambi sono
insoddisfatti delle proprie vite ma la scoperta di aspettare un
figlio getta lui nel caos spingendolo fino alla violenza cieca e
incorrendo nell’inevitabile vendetta del fratello della moglie;
l’altra, invece, è la coppia costituita dal commesso di una
videoteca, Lenny, timidissimo ed introverso, e dalla cameriera Lea.
Il personaggio di Lenny rappresenta un omaggio cinefilo di
Nicolas Winding Refn al cinema in generale ma, soprattutto,
al cinema che ama, consacrandolo grazie ad una lunga sequenza tra
le file degli scaffali ingombri di dvd; un sentito omaggio meta
cinematografico al credo di una vita, alle fonti- e ai maestri- che
hanno spinto Refn a seguire questa strada. Se in
Pusher era la vita dei bassifondi di Copenaghen ad
essere raccontata, qui sono storie “di ordinaria follia” ambientate
in una periferia degradata, dove la violenza e la tenerezza sono
strettamente connesse tra loro, dove l’amore e la morte (Eros e
Thanatos) sono due facce della stessa medaglia.
Il primo approccio di “conquista”
del mercato americano da parte di Refn risale al 2003, quando firma
la regia del surreale Fear X: “surreale” nel senso
propriamente “surrealista” del termine, poiché confeziona una
pellicola dal gusto lynchiano sospesa tra luoghi e non luoghi,
situazioni oniriche e dinamiche che inscenano il processo paranoico
critico tipico del sogno.
Harry (interpretato da un
magistrale John Turturro) è il guardiano di un centro
commerciale ossessionato dalla morte tragica della moglie. Vittima
dei suoi rimorsi, continua a visionare incessantemente le
registrazioni di sorveglianza del negozio dove è stata uccisa alla
continua ricerca del suo assassino. E proprio questo desiderio di
vendetta lo condurrà in un viaggio spaventoso e terrificante al
confine della realtà.
Refn mette in scena tutto il suo
“onirismo” visivo, la maestria tecnica, la perizia fotografica
confezionando un prodotto pregevole che rielabora temi e atmosfere
tipiche dei film di Lynch senza cadere però nella copia conferme,
nella sbiadita imitazione dell’originale. Il cineasta danese riesce
a “dare corpo” alle ombre inquietanti del suo protagonista, ma il
pubblico non lo premia comunque: il film è un flop al botteghino e,
per risollevare la sua “drammatica” situazione finanziaria, accetta
di girare un episodio della serie tv inglese incentrata
sull’improvvisata detective Miss Marple.
Solo otto anni dopo l’uscita del
primo elemento di una futura trilogia, quindi nel 2004, Refn
aggiunge finalmente un altro tassello a questo ambizioso progetto:
Pusher II- Sangue sulle mie mani si concentra
stavolta su un altro personaggio comprimario del primo film,
l’inquietante Tonny (interpretato da uno straordinario Mads
Mikkelsen, vero feticcio nelle mani di Refn) il quale, uscito
di prigione, ritorna prepotentemente alla propria vita, ma non è
così semplice: nessuno lo rispetta ed è oggetto di scherno da parte
di tutti, dai suoi scagnozzi a suo padre (pericoloso boss di
Copenaghen con il quale ha contratto un ingente debito) fino alla
scoperta spiazzante di una paternità inaspettata e casuale grazie
ad una prostituta.
Questo seguito, realizzato con
fondi economici più sostanziosi rispetto al primo capitolo, va
oltre le classificazioni strette e categoriche del “film di
genere”: oltre il gangster movie, in realtà mette in scena
dinamiche drammatiche, problemi esistenziali e dilemmi etici sullo
sfondo di un mondo lurido, sordido e lercio come quello della
Copenaghen dei bassifondi malavitosi, una sorta di “girone
dantesco” dove i protagonisti si agitano simili ad anime dannate
senza tregua né speranza. Per realizzare quest’opera Refn attinge a
tutto il suo universo cinefilo, quello che ha sempre amato,
rielaborandolo personalmente alla luce di una sua personale poetica
delle emozioni.
Finalmente dobbiamo arrivare al
2005 per vedere completata la trilogia di Pusher:
con il terzo capitolo, intitolato L’angelo
della morte, Refn concentra il suo occhio indagatore sul
temibile personaggio del boss serbo Milo, regalandoci un film
intriso di violenza, malessere e angoscia: una definitiva discesa
negli inferi, fino al girone più in basso piuttosto che una
redenzione, dove il malessere psicologico della vita familiare del
boss (la festa della figlia) si riflette nella furia iraconda della
sua logica criminale (il conflitto con le altre gang nascenti).
Nell’universo creato da Refn e dominato da “l’etica dei ladri” non
valgono più logiche di vittima e carnefice: tutti sono colpevoli,
nessuno è innocente. La violenza domina e regola un mondo a sua
volta amministrato da leggi arcaiche e recondite, un universo
infernale e dantesco che scandaglia, sempre più a fondo, le ombre e
i drammi chiaroscurali dell’animo umano.
La trilogia di Pusher
getta uno sguardo decisamente post-moderno, innovativo, sul genere
lontano dal sarcasmo e dall’ironia nera delle opere pulp
tarantiniane rispolverando, anzi, una tradizione ben più antica che
vede in William Shakespeare u illustre predecessore, con le
sue storie “nere” a base di drammi umani, psicologici e storici
capaci, però, di sorprendere con inaspettati quanto necessari
picchi di inevitabile violenza visiva.
Dopo la prima
trilogia, dal sapore shakespeariano, legata a temi quali la
famiglia, la paternità, il potere, l’ascesa e la caduta, Nicolas
Winding Refn si prepara ad affrontare alle soglie del 2009 una
nuova impresa, stavolta concentrandosi su una nuova figura in
particolare, eredità di un universo cinefilo più vicino al western
ma anche al noir: l’eroe taciturno, schivo, dalla morale ambigua,
un personaggio solitario simile ai tanti incarnati da Clint
Eastwood nella “trilogia del dollaro” firmata Leone:
protagonisti laconici costretti dagli eventi ad agire per cambiare
i loro destini, mentre su di loro aleggia un clima di morte e
vendetta.
Ma prima di calarsi in questa nuova
avventura, Refn realizza una piccola perla che è
Bronson (2008) un presunto biopic sul criminale
inglese Michael Peterson, detto Charles Bronson per
gli “amici”, il più celebre detenuto inglese della storia
condannato prima a sette anni per rapina, divenuti in seguito
trentaquattro di cui trenta scontati in isolamento, fino alla
condanna definitiva all’ergastolo. Un biopic sui generis perché
sfugge ad ogni intento morale o di denuncia: l’interesse di Refn
non è quello di mostrare al mondo le condizioni delle carceri né
tantomeno raccontare la storia- con rassicurante morale- di un uomo
che si è perso lungo la via della perdizione: Bronson è un attore,
un istrione egocentrico conciato come un clown grottesco, una
maschera inquietante che racconta ad un pubblico incredulo la
propria storia di “ordinaria follia”, attraverso una lucida ironia
e con una parlantina logorroica inarrestabile con la quale ci
trascina nel suo mondo come un attore consumato sul palcoscenico,
dove però stavolta le luci della ribalta sono quelle della prigione
e la violenza l’unica forma possibile di comunicazione e di
scambio.
Nel 2009 Refn mette nuovamente le
mani su un suo progetto ben lontano dal concetto di “film su
commissione” e regala ad una platea di cinefili appassionati
Valhalla Rising-Regno di Sangue, un film criptico ed
oscuro, per molti ancora un’incognita indecifrabile, per alcuni un
puro esempio di “cinefilia autoreferenziale” da parte del regista
danese, sicuramente un’operazione coraggiosa e rischiosa. Refn
accentua il suo linguaggio estetizzante, la violenza trasuda da
ogni inquadratura e le parole si riducono sempre di più lasciando
spazio a teutonici silenzi. Il risultato? Quasi un incontro tra
Bergman ed Herzog (sotto mescalina, come hanno commentato alcuni);
i simbolismi sono innumerevoli e coglierli tutti diventa una sfida;
l’aspetto religioso sembra essere il motivo dominante (come si
deduce anche dai titoli scelti per suddividere la pellicola in
capitoli, à-la-Tarantino): rappresentare lo scontro tra il culto
pagano degli antenati nord europei e il cristianesimo eccessivo e
dogmatico, velato di fanatismo, dei crociati. Il protagonista, One
Eye, eroe muto ma dalle straordinarie facoltà (forse rappresenta
Odino stesso, capo degli Dei da un occhio solo che tutto vede)
scampa a una condizione di schiavitù per imbarcarsi insieme ad un
gruppo di crociati alla ricerca della terra santa. Ma ciò che
troveranno, dopo aver attraversato una sorta di limbo infernale
avvolto nella nebbia aleggiante intorno alle acque dello Stige,
sarà una terra ricoperta da una natura ostile pronta a sopraffarli,
o saranno loro stessi a sopraffarsi da soli perché incapaci di
conservare un rapporto autentico con le radici, con un mondo
primordiale?
La pellicola, anche se complessa e
non riuscita al 100%, getta comunque uno sguardo epico su una
mitologia lontana e arcaica, avvolta da un sapore mitico e da una
paura ancestrale ed indecifrabile.
Nel 2011, alle soglie dei quaranta
anni, riprende il suo lavoro sulla trilogia ideale degli eroi
silenziosi e ci regala il suo capolavoro, un ottimo compromesso
commerciale aurorale con un film “su commissione” che non ha amato
dall’inizio, ma che gli ha donato la fama internazionale e un’ampia
porzione di pubblico: rielaborando insieme allo sceneggiatore
Hossein Amini e ad altri la trama di un romanzo noir di
James Sallis realizza Drive, un film atipico,
un concentrato shakerato della sua poetica estetica e cinefila, un
western metropolitano che riscrive le regole del genere noir ed
attinge a piene mani dall’estetica retrò anni ’80 (soprattutto a
livello musicale, con eccezionali esempi di synth-pop) e dai film
cult di genere anni ’70 come il famoso Drive di
Walter Hill o l’angeriano Scorpion Rising. Il
film ottiene la Palma d’Oro al 64esimo Festival di Cannes per la miglior regia,
con tanto di “benedizione” da parte di Robert – Taxy Driver –
DeNiro e la definitiva consacrazione per Nicolas Winding
Refn dopo una ventennale carriera.
La storia è quella di uno stuntman
part-time, dal passato misterioso e senza nome (interpretato da uno
straordinario Ryan Gosling che riduce al minimo i
movimenti facciali come un perfetto giocatore di poker, regalandoci
una performance e un’ottima prova d’attore) che arrotonda i propri
guadagni lavorando nell’officina del suo mentore Shannon, ex
stuntman ora invalido, e facendo l’autista per colpi, rapine e
furti d’ogni genere. Freddo, controllato e impassibile non vuole
sapere niente: lui guida e basta (come dichiara all’inizio del
film). Ma le cose si complicano quando si innamora della sua vicina
di casa, Irene, giovane madre con un marito in carcere che si
ritrova coinvolto in un brutto giro e Driver, pur di difenderla,
mette a repentaglio tutto sé stesso.
I primi minuti sono un vero e
proprio saggio di cinema: Refn riprende un adrenalinico
inseguimento in auto ma dall’interno dell’auto stessa (cosa mai
fatta prima) creando un climax di tensione e azione mai visti
prima. I titoli di testa flou (in fucsia), la colonna sonora
ricercata ma retrò (la bellissima “Real Hero” e lo score di
Cliff Martinez), l’estetica noir ricercata che immortala una
LA dal sapore lynchiano e un protagonista da antologia che rimane
sempre con lo stesso giubbotto argentato con scorpione dall’inizio
alla fine del film, creano un gioiello della moderna cinematografia
riscrivendo le regole di un genere e creando una nuova mitologia,
con al centro un anti-eroe metropolitano, un “cavaliere elettrico”
romantico ma pronto ad abbandonarsi a repentini quanto
incontenibili scatti d’ira, un personaggio dotato di una morale
ambigua contrassegnata da luci ed ombre (come la scena
dell’ascensore ben esplicita).
Cavalcando l’onda del successo di
Drive (un successo quasi “non voluto” da Refn) il
regista, finalmente balzato agli onori della cronaca, si è potuto
dedicare al suo ultimo progetto, un’idea più in linea con la sua
“poetica visionaria” e cinematografica, un lavoro che apre uno
scenario sulle prossime opere che realizzerà in futuro (tipo un
remake di Barbarella o un adattamento di una serie a
fumetti firmata Moebius- Jodorowski): un film dal carattere
orientaleggiante, un altro western in salsa muai-thai, Solo
Dio Perdona Only God Forgives, un’altra storia dal
carattere epico e incalzante, un’altra discesa negli inferi senza
redenzione ma con un tocco più personale e surreale, cedendo a
quell’iperrealismo violento e visivo degno del miglior Alejandro
Jodorowski (a cui è dedicato il film); anche in questa
pellicola ritroviamo Ryan Gosling litico protagonista
laconico dall’espressione fissa e dallo sguardo perso che si cala
nei panni di Julian, un ragazzo americano trasferitosi a Bangkok
per gestire un losco traffico di stupefacenti che fanno capo alla
terribile madre interpretata da una camaleontica Kristin Scott
Thomas; qui nella città asiatica gestisce un club di thai boxe
insieme al fratello Billy, pervertito ben avviato sulla strada per
l’inferno, che commette un delitto orribile: uccide e sevizia una
prostituta minorenne, scatenando la terribile vendetta del padre, e
proprio in questo contesto entra in scena- forse- il vero
protagonista del film, un poliziotto (interpretato dalla scoperta
thailandese Vithaya Pansringarm) super-partes in grado di
giudicare le colpe di tutti, in grado di perdonare o vendicare… un
terribile Deus-ex Machina che tutto vede e tutto sa.
Nato dopo un
periodo di riflessione esistenziale e di rabbia nei confronti di
Dio stesso (Refn dixit, NdA) il film alterna solito montaggio
frammentato e caotico, le analessi e le prolessi temporali ad una
fotografia mozzafiato quasi esclusivamente notturna (com’era già
accaduto in Drive, del resto) e colonna sonora epica
che evoca le atmosfere degli spaghetti western di Sergio
Leone e dialoghi stringati e lapidari, come se il solito
Bergman incontrasse stavolta John Woo.
La vendetta aleggia sulle teste dei
protagonisti al quale non si può scappare, come una sorta di debito
inestinguibile; a Dio è lasciato il perdono, agli uomini solo la
vendetta che passa attraverso la violenza.
E stranamente, proprio il concetto
di “violenza” attraversa l’opera di Nicolas Winding Refn: si
definisce un “pornografo” perché nei suoi film ama rappresentare
tutto senza sconti, senza censure, non nascondendo un piacere
latente e sadico nell’assistere a scatti di rabbia cieca ben
lontani dalla sua natura nella vita di tutti i giorni; e proprio
per questo si definisce pure un feticista, uno a cui piace vedere
integralmente ciò che in realtà non farebbe mai, traendone
piacere.
E forse è proprio per questo che
oltre vent’anni fa fu definito un enfant prodige venuto dal nord e
che oggi, invece, è uno dei registi più promettenti, innovativi ed
originali del nuovo millennio.
Intervistato dal The Guardian
Nicolas Winding Refn è entrato nel merito di uno
degli argomenti più dibattuti degli ultimi mesi: Netflix sta uccidendo il cinema? I servizi
di streaming diminuiranno il numero di ingressi in sala? Cosa è
considerabile cinema, e cosa no?
“Il cinema è morto. E ora è
risorto. Il film si aggrappa ai nostri piedi mentre avanziamo. Il
modo migliore per andare avanti è seppellire il passato. Questo non
significa che debba essere dimenticato“, ha dichiarato il
regista, pronto a lanciare online la sua piattaforma streaming
byNWR.com dove saranno presto disponibili
gratuitamente classici b-movies.
Nicolas Winding Refn su cinema e
piattaforme streaming
Il rapporto di Refn con le nuove
realtà di fruizione cinematografica è stato inaugurato dalla
collaborazione con Amazon Prime che ha prodotto e distribuirà la
sua serie Too Old To Die Young.
“Discutere ancora è un
atteggiamento retrogrado, che fa molto anni
duemila. È come essere in una
cattedrale dove leggi il primo testamento, studi le sacre scritture
per arrivare al secondo testamento“, ha detto Refn.
“Eccoci al secondo giorno dell’anno
Zero. L’unica cosa da sapere è che lo schermo del cinema e lo
schermo di un cellulare possono coesistere. Uno non è meglio
dell’altro. Sono coesistenti.“
Oggi a Cannes è il giorno di
Nicolas Winding Refn e del suo The
Neon Demon. Il regista, ieri sera, ha partecipato
alla proiezione di Terrore dallo Spazio
Profondo, film di Mario Bava
restaurato in occasione della 69esima edizione del Festival
francese. Durante la conferenza stampa del suo film in Concorso,
Refn si è sbilanciato parecchio in merito al film, dichiarando
addirittura che Ridley Scott, per il suo leggendario
Alien, avrebbe “rubato” dal nostro
Bava.
Ecco cosa ha dichiarato:
“Abbiamo le prove che Ridley Scott e Dan O’Bannon hanno copiato
Alien dall’opera di Mario Bava! (…)Terrore nello Spazio è un grande film, melodrammatico,
operistico, campy, con grandi musiche, costumi in pelle, navi
spaziali e stravaganti dialoghi in italiano senza senso. Dico
questo con il massimo rispetto per Alien. Penso sia meraviglioso:
tutti rubano da tutti, e Alien è un altro capolavoro, meritevole di
aver definito il genere raggiungendo un’elevata qualità
artistica (…) Credo non ci sia nulla di più meraviglioso
che vedere finalmente Mario Bava nello stesso, esclusivo club di
Cannes tra i registi più famosi di tutti i tempi. Dovrebbe essere
insieme a loro. Ma l’ironia risiede proprio in questo, perché
Terrore nello Spazio o altri film di Bava non credo abbiamo
ottenuto il successo che meritavano“.
The Neon
Demon con Elle Fanning, Keanu Reeves,
Christina Hendricks, Jena Malone e Abbey
Lee arriverà nei cinema italiani il prossimo 8 giugno.
Il regista
di Drive e The
Neon Demon Nicolas Winding
Refn si è sempre dimostrato attento alla
produzione Warner di
derivazione DC Comics, proponendosi in
passato alla regia di Wonder Woman,
ipotesi non andata poi a buon fine. Ebbene recentemente il cineasta
ha cambiato obiettivo dichiarandosi apertamente intenzionato a
portare al cinema uno standalone dedicato ad un’altra
eroina DC: Batgirl.
Ecco le dichiarazioni
di Refn: “Mi piacerebbe tanto girarne
uno, sarebbe un grande divertimento. Non so quando accadrà,
apprezzo molto la mia libertà creativa, ma allo stesso tempo mi
piacerebbe dirigere uno di questi film Hollywoodiani che costano
tutti quei soldi, pieni di persone che vanno avanti e indietro con
i loro cellulari e la follia che ne deriva.”
Analizzando, in seguito, le
possibilità rimastegli:
“Cosa resta? Sai cosa mi
piacerebbe fare? Un grosso film su Batgirl, lasciamo che la Warner
cominci a lavorarci su.”
Nonostante
lo scrittore / regista Nicolas Winding Refn ha
trascorso la maggior parte della sua carriera a fare film basati
sui suoi propri scrip, questo non è un fatto esclusivo. Infatti
dal
London Evening Standard apprendiamo la notizia che
Polly Stenham, una drammaturga britannica, è stata
incaricata di scrivere la sceneggiatura per il prossimo lavoro di
Refn , un horror tutto al femminile, che si intitolerà
I Walk With The Dead .
Sembrerebbe che almeno una parte del motivo per cui il regista ha
ingaggiato una scrittrice è a causa della sua difficoltà personale
di scrivere in merito a dei personaggi femminili. LaStenham ha detto al giornale:
Ha un sacco di impedimenti nel fare film che alcune persone pensano
essere violentemente misogini.
Allora mi si avvicinò con l’idea di fare qualcosa di
diverso.
Come sottolinea il giornale, Refn ha già parlato
di questa zona debolein
passato ed ha citato le stesse parole del regista
:
Ho sempre avuto voglia di fare film di donne ma finisce sempre per
essere di uomini.Forse perché
non so come scrivere di loro.
Riguardo ad
ulteriori dettagli sulla
trama,
la Stenham rimane a denti stretti, ma ha chiarito
che
in termini di violenza e thriller psicologico l’intenzione è quella
di avere di tutto un po’. Anche se Refn ha altri
lavori in cantiere, I Walk With The Dead
potrebbe finire per essere la sua prossima fatica da
regista.
Il regista ha rivelato all’inizio di questo mese che il suo remake
di La fuga di Logan è ormai naufragato,
in modo che potrebbe finire per essere un buco nel calendario del
regista che il film horror potrebbe riempire.
Dopo
Drive, il successo di Nicolas
Winding Refn è aumentato esponenzialmente, tanto da creare
l’anno scorso a Cannes più attesa dei Coen o di
Alexander Payne con il suo Solo Dio
Perdona. Durante un’intervista con Jack Giroux,
editor di Film School Rejects, il regista danese svela qual’è
il film più dark della storia del cinema secondo la sua
visione:
D: Ti Vedremo mai fare un musical?
R: Mi piacerebbe fare un musical un giorno, ma forse voglio fare
prima una commedia romantica.
D: Beh, se dirigessi una commedia romantica sarebbe alquanto
inaspettato, ma faresti mai qualcosa del genere per sovvertire le
attese?
R: Per me il film più dark partorito dall’umanità è
Pretty Woman.
D: Davvero?
R: Pensaci bene, amico.
D: Si, magari c’è una sottotraccia dark, ma perché sei convinto
di ciò?
R: Perché se levi di torno tutto lo champagne è un film folle!
Sono riusciti a riempirlo di bollicine e a venderlo a milioni di
persone come se fosse una favoletta. E’ una delle truffe
hollywoodiane che preferisco.
D: Pensi sia stata una mossa intenzionale?
R: Non lo so, ma personalmente non penso neanche di essere così
tanto “oscuro” da fare qualcosa del genere.
L’annuncio ufficiale arriva dopo il
Festival di Cannes, dove Nicolas
Winding Refn ha presentato in concorso il suo ultimo film,
The Neon Demon. Il regista danese si
occuperà di produrre il remake di Cosa avete fatto a
Solange?, il giallo del 1972 diretto da
Massimo Dallamano e prodotto da Fulvio
Lucisano.
Refn collaborerà di nuovo con
Lucisano, con cui lavora già da molti anni e che ha curato la
distribuzione di tutti i suoi film in Italia.
Il regista di
Drive ha presentato durante il Festival
la versione restaurata di Terrore nello
spazio, prodotta proprio da Lucisano, e a seguito
dell’evento ha annunciato ufficialmente il suo coinvolgimento nel
progetto.
Primo lungometraggio
della trilogia dei cannibali diretta da Ruggero
Deodato, diventata poi un vero e proprio
cult, Ultimo mondo
cannibale (1977), il primo cannibal-movie della
storia, è in concorso a Venezia Classic in una straordinaria
versione restaurata in
4k da Minerva Pictures in
collaborazione con Midnight Factory. Con la
supervisione di Lamberto Bava, all’epoca suo aiuto
regista, è un doveroso omaggio ad un autentico maestro del cinema
di genere, scomparso nel dicembre dello scorso anno.
Regista, sceneggiatore e produttore
cinematografico Nicolas Winding Refn è
annoverato insieme a Lars von Trier e Thomas Vinterberg come uno
degli autori più significativi del cinema danese e i suoi film sono
stati proiettati e apprezzati in tutto il mondo. Ha vinto
il Prix de la mise en scène per il film
Drivealla
64ª edizione del Festival di
Cannes.
PROIEZIONE ORE 23.55 – SALA GIARDINO sarà presente, ad
introdurre il film, il regista NICOLAS WINDING REFN esperto e
amante della cinematografia di Ruggero Deodato terrà anche una
La
trama
Dalle Filippine, un aereo privato
con un gruppo di ricercatori si dirige verso le isole Mindanao,
dove lo attende un altro gruppo che sta conducendo delle ricerche
commissionate dalla Compagnia Petrolifera Americana. Il silenzio
della radio del campo denuncia una tragedia destinata a continuare:
tutti i predecessori sono stati uccisi e mangiati dai cannibali
della foresta. Robert Harper e Rolf, unici superstiti, si perdono
nel labirinto della vegetazione; poi si separano a causa di un
naufragio tra le rapide di un corso d’acqua. Harper, fatto
prigioniero dai cannibali, riesce a fuggire insieme a Palun, una
ragazza che lo ha avvicinato amichevolmente. Ricongiunti con Rolf
cercano disperatamente di fuggire.
In attesa di vedere The Neon
Demon, il regista Nicolas
Winding Refn (Drive, Solo Dio perdona) ha
rivelato che, quasi sicuramente, porterà sul grande schermo
una sorta di sequel della sua pellicola del 2009 Valhalla
Rising Regno di sangue.
Si tratta di The
Avenging Silence, uno spy thriller ambientata a Tokyo
con al centro un protagonista maschile che ricorderà molto i
personaggi dei vecchi film di Refn, tra cui – ovviamente – lo
stesso One-Eye del sopracitato Valhall Rising. Ma non
solo: come ha dichiarato lo stesso regista in una recente
intervista, questo protagonista prenderà molto anche dal pilota di
Drive e da Julian di Solo Dio perdona (entrambi
interpretati da Ryan Gosling), personaggi che secondo
Refn si assomigliano tutti tra di loro.
In attesa di ulteriori dettagli, vi
ricordiamo che TheNeonDemon, scritto da CliffMartinezePhilippeLeSourd, è un horror ambientato a
Los Angeles e incentrato sulla bellezza pericolosa. La protagonista
sarà la giovane Elle Fanning
(Maleficent).
Nicolas Winding Refn,
cineasta danese vincitore del premio per la Miglior regia al
Festival di Cannes del 2011 con
“Drive”, Mercoledì 9 marzo accompagnato dalla moglieLiv
Corfixen, incontrarà il pubblico in una a masterclass
organizzata all’Auditorium del Maxxi.
L’incontro a cura di Mario Sesti (Fondazione Cinema per Roma) seguirà alla
proiezione del documentario “My Life Directed By Nicolas Winding
Refn”, realizzato da Liv Corfixen e distribuito in Italia da
Fulvio e Federica Lucisano per Italian International Film,
società controllata di Lucisano Media Group, primo player integrato
del settore audiovisivo nazionale. L’edizione italiana del
documentario approderà prossimamente in tv su Sky Cinema e
Sky Arte, che ne hanno acquistato i diritti da Italian
International Film.
La
proiezione dell’opera, si terràa
partire dalle 15 presso l’Auditorium del Maxxi di
Roma, seguita alle 16 dalla
masterclass della stessa Liv Corfixen e di Nicolas Winding
Refn.L’evento è a ingresso libero fino
a esaurimento dei posti disponibili in sala, e si collocanell’ambito di
CityFest, il contenitore di intrattenimento e cultura della
Fondazione Cinema per Roma.
Diretto
da Liv Corfixen, “My Life Directed by Nicolas Winding Refn” è un
documentario che racconta un momento particolare della vita di suo
marito e il suo tentativo di conciliare una carriera in rapida
ascesa come regista di fama internazionale con il suo ruolo di uomo
e di padre. Corfixen segue Refn con la sua macchina da presa mentre
l’intera famiglia si trasferisce a Bangkok con lui per sei mesi,
per accompagnarlo durante la produzione del lungometraggio “Solo
Dio perdona” (2013), distribuito in Italia da IIF così come “Drive”
(2011) e la prossima opera dell’artista danese, “The Neon
Demon”.
Riprendendo il lavoro e la vita di Refn nel corso della
lavorazione del film, fino alla premiere mondiale al Festival di
Cannes, il documentario di Corfixen rivela come non sia un compito
facile dirigere una grande produzione internazionale continuando a
occuparsi del benessere della propria famiglia, del cast e degli
ospiti in visita da Hollywood.
“Siamo felici di ospitare a Roma Liv Corfixen e Nicolas
Winding Refn”, ha commentato Federica Lucisano,
Amministratore delegato di Lucisano Media Group. “Il
documentario di Liv è un omaggio all’impegno creativo di Nicolas e
siamo quindi orgogliosi di condividerlo con i suoi fan italiani. La
distribuzione in Italia di quest’opera rafforza il nostro legame
con un regista in cui crediamo fin dai tempi del suo primo grande
successo, ‘Drive’, e in cui continuiamo a credere anche in vista
dell’uscita della sua prossima opera, ‘The Neon Demon’.‘My Life
Directed by Nicolas Winding Refn’ rappresenta un dietro le quinte
non solo di una grande opera cinematografica come ‘Solo Dio
Perdona’, ma anche il ritratto di uno dei registi più talentuosi
del nostro tempo e un grande atto d’amore da parte di una donna
verso il proprio uomo e la propria famiglia. Liv è una donna di
grande talento che reinterpreta perfettamente in chiave moderna
l’adagio secondo il quale accanto ad un grande uomo c’è sempre una
grande donna”.
Il regista Nicolas
Winding Refn, in questi giorni illustre componente della
giuria del Festival di Cannes 2014, è
in trattative con la Sony Pictures per dirigere il
film The Bringing. La
pellicola è un horror soprannaturale basato su una sceneggiatura
scritta da Brandon e Phillip Murphy.
La storia è liberamente ispirata
alla misteriosa morte di Eliza Lam. Il corpo di La è stato
rinvenuto in una acquedotto sul tetto del Cecil Hotel a Los
Angeles, nel frebbraio del 2013. Successivamente sono stati poi
rilasciati dei video dalle telecamere di sicurezza che mostrano la
defunta Lam interagire con un’entità apparentemente invisibile.
Anche se la sceneggiatura sembra che non si concentrerà sul
personaggio di Lam, è ambientata nello stesso albergo e segue un
uomo indagato di una morte simile molto misteriosa.
A produrre il film ci sarà il
produttore di The Amazing Spider-Man 2Matt Tolmach, accanto Daniela
Cretu a della First Born Films.
Nicolas Winding Refn recentemente ha diretto il
film Solo dio perdona con protagonista
Ryan Gosling.
All’inizio di giugno vi
avevamo raccontato che Nicolas Winding Refn,
amatissimo regista di Drive, era a lavoro
su The Avenging Silence, una spy story
che l’avrebbe visto tornare dietro la macchina da presa, in cui il
protagonista sarebbe stato un antieroe cupo, silenzioso e
minaccioso, come Mads Mikkelsen in
Valhalla Rising.
Al momento il regista si è messo a
lavoro su un film di ambientazione asiatica con Neal
Purvis e Robert Wade, sceneggiatori che
hanno all’attivo ben sei film di 007, tra cui
Skyfall e
Spectre. L’incognita è se questo progetto
coincide con The Avenging Silence o se è
un altro film.
Mentre aspettiamo notizie più certe
sulla natura di questo progetto, possiamo dire invece con certezza
che Refn ha completato The Neon Demon,
horror sul lato oscuro della bellezza femminile interpretato da
Elle Fanning, Jena Malone, Keanu Reeves, Christina
Hendricks.
Vedremo il nuovo film a Cannes,
dopo la delusione di Only God
Forgives?
Prima che Gal
Gadot venisse scelta per interpretare Wonder
Woman, la Warner Bros era aperta a diverse
interpretazioni del personaggio DC Comics, per il suo esordio al
cinema. Trai tanti registi a discutere del personaggio e della
possibilità di adattarlo per il grande schermo c’è stato anche
Nicolas Winding Refn, regista di
Drive e di The Neon
Demon.
Refn, da poco su Amazon Prime Video con la sua serie
Too Old to Die Young, ha raccontato di aver
presentato alla Warner Bros il suo progetto per il personaggio di
Diana, proponendo coe protagonista la giunonica Christina
Hendrick, nota per Mad Men e che aveva
già lavorato con lui in Drive.
Durante la promozione della sua
serie Amazon, il regista è tornato sull’argomento, durante una
intervista con Collider, spiegando che
tutto quello che gli è stato proposto da Warner e DC non è mai
riuscito ad incontrare il suo interesse tanto da imbarcarsi in
un’avventura del genere.
“Adoro Hollywood. Adoro il
glamour e lo sfarzo. Amo la vanità, amo l’ego, mi concedo tutto
questo – ha spiegato Refn – ma l’approccio e le offerte
che mi sono pervenute non mi hanno mai fatto pensare che fossi la
persona giusta a realizzarle. Non significa che non succederà.
Voglio dire, mi piacerebbe fare uno di quei film tratti dai
fumetti, magari con Batgirl.
È come se molta gente fosse
ossessionata da questa idea. Se un progetto così dovesse arrivare,
lo farei solo a patto di poter realizzare la mia versione e
apportare il mio contributo. Altrimenti posso fare altre
cose.”
Al momento il progetto di
Batgirl alla Warner è fermo. La sceneggiatrice del
film è Christina Hodson, che ha firmato anche
Bumblebee, e che sta attualmente lavorando allo
script, dopo che Joss Whedonha abbandonato il
progetto nel 2017.
Nicolas Winding Refn dopo essere
stato finalmente consacrato con il premio per la regia
all’ultimo Festival di Cannes è diventato fra i più
gettonati talenti in circolo. Infatti, il regista danese
Nicolas Winding Refn intende collaborare ancora col protagonista
Ryan Gosling. Lo stesso Refn ha recentemente
rilasciato alcune dichiarazioni su un possibile remake de La fuga
di Logan, sempre con Ryan Gosling.
Le parole di Refn:
“Logan’s Run è un’idea a cui stanno pensando da anni, nel senso
che vogliono rifare l’originale. Io credo che tutto vada ripensato,
metteremo insieme un team di artisti che costruiranno un nuovo
futuro.”
Anche Gosling ha confermato che La fuga di Logan comunque non ha
ancora una data precisa:
“Joel Silver (il produttore, ndr.) ha confermato che possiamo
prenderci il nostro tempo per farlo al meglio, non abbiamo alcuna
data di scadenza.”
Per chi non lo sapesse: La fuga di Logan è tratta dal
romanzo di fantascienza del 1967, adattato nel 1976 in un film con
Michael York protagonista. Il personaggio principale era un
poliziotto adibito alla cattura di fuggitivi, i quali si
ribellavano alla legge che costringeva le persone che raggiungevano
i 30 anni di età ad abbandonare la società del futuro.
Presentato all’ultimo Festival di Cannes, The
Neon Demon, ultimo film di Nicolas Winding
Refn, arriva in sala il prossimo mercoledì 8 giugno. Il regista, insieme alla
giovane protagonista Elle Fanning, ha presentato
il film a Roma.
Film esteticamente
curato e bilanciato nei ritmi, complesso nelle tematiche affrontate
e affascinante grazie all’ambientazione spietata ed eleganteper
eccellenza, il mondo della moda, The Neon
Demon si inserisce alla perfezione nello sviluppo
narcisistico nel percorso da regista di Refn. Allievo e amico di
Alejandro Jodorowsky, dal mentore il regista
danese ha mutuato l’universo simbolico e The Neon
Demon non fa eccezione, evocando riti e simbologie
vicine all’immaginario del regista cileno. “Il triangolo
(figura geometrica ricorrente nel film, ndr) è l’idea che
simboleggia questo demone del film, un’entità che è Elle stessa.
L’idea era di usare questo bellissimo simbolo di sensibilità, ho
pensato anche alla lettura delle carte di Jodorowsky da cui mi
facevo leggere i tarocchi ogni settimana durante le riprese del
film stesso.”
Con The Neon
Demon, Refn realizza il suo terzo film in
collaborazione con Cliff Martinez, compositore che
lo accompagna da Drive. “Sono stato benedetto dal suo arrivo in
Drive – ha dichiarato Refn – abbiamo lavorato insieme in
tre film. È diventato l’anello mancante nella mia evoluzione
artistica. Abbiamo cominciato una partnership creativa, tanto che
lui lavora anche con mia moglie, è parte della famiglia, la nostra
attività artistica è legata molto intimamente. La sua musicalità fa
funzionare questi film e se trovi qualcosa che funziona non la
interrompi. È un modo di lavorare molto pratico, per esempio in
sceneggiatura scrivo ‘da qui comincerà la musica di Cliff’. Ci
penso molto mentre scrivo. A film montato glielo mostrò e gli dico
di fare ciò che vuole. Credo che questa sua capacità accentui il
film e lo renda più soddisfacente e creativamente bello.”
Il film può
considerarsi un incrocio tra Alice nel Paese delle
Meraviglie e Elizabeth Bathory, la contessa
sanguinaria che faceva il bagno nel sangue delle vergini?
“Io non faccio film, faccio
esperienze e tutto quello che la gente vede nei miei film va bene.
Si può dire di tutto, ma qualsiasi cosa dici è una parte di quello
che c’è nel film. Volevamo fare un horror, una commedia, un
melodramma, un film bello, sexy, volgare, volevamo tutto quello che
si può fare in una sola esperienza.”
Elle Fanning,
talentuosa protagonista del film, ha dichiarato: “Essendo io
stessa una teenager, penso che in realtà quello che ha detto
Nicolas è corretto. Il film è tutto quello che i teenager vogliono
trovare al cinema. Mi piacciono i film che dicono la verità e che
rompono le regole. Ti sciocca e ti sorprende.”
E in effetti The Neon
Demon è un film che sciocca, che sorprende, ma anche
che spiazza, una vera esperienza cinematografica, un cinema che osa
e che si autocompiace di quello che mostra, a testimonianza della
dedizione di Refn per il suo stesso lavoro: “Nella mia vita ho
solo due cose, mia moglie e il mio lavoro. Potrei dire anche la
famiglia e l’amante. Spero di poter fare quanti più film possibili.
Amo l’arte della creatività”.
Ma di cosa parla un film così
complesso? Dire che è ambientato nel mondo della moda mette sulla
buona strada, ma precisamente, in una maniera inedita, conturbante
e complessa, The Neon Demon parla della
bellezza: “È una delle cose su cui io e Elle abbiamo concordato
subito: la bellezza è molto complessa, ha mille sfumature, è molto
difficile parlarne. Può essere soggettiva e superficiale, ma anche
estetica, interiore. Alcune persone hanno un approccio alla
bellezza così radicale che vanno a studiarla all’università. Se
guardiamo la mitologia e le favole, bellezza è una delle parole più
ricorrenti, che sia purezza e verginità, o anche solo aspetto
fisico. Come fare un film su un argomento su cui tutti hanno
un’opinione? Tutti la capiscono e possono toccarla. Tutte le donne
del film vivono questa Odissea, gli uomini in questo film servono
per portare avanti la trama. Il ragazzo di Jesse rappresenta la
normalità, ma anche l’ipocrisia, il fotografo che è il controllo,
ma alimenta una macchina, un’industria più grande. Il portiere è il
predatore e la paura della penetrazione. Il fashion designer è
l’ossessione della bellezza, lui è come il Mago di Oz. Esauriti i
personaggi maschili, possiamo dire che restano solo le
donne.”
Da bellissima
adolescente, appena diciottenne, Elle Fanning
affronta in concetto di bellezza in maniera straordinariamente
matura: “Quando ci siamo incontrati, Nic mi ha chiesto se mi
sentivo bella. È una di quelle domande a cui non si dovrebbe dare
una risposta, perché la famiglia, gli amici, ti insegnano tutti che
se dici di sì poi appari come un narcisista. D’altra parte c’è
anche da considerare l’aspetto dell’amare se stessi e piacersi così
come si è. Si tratta di un argomento provocatorio perché c’è una
linea sottile tra il volersi bene e l’essere narcisisti. Per altro
io penso che nel film Jesse finisce con l’essere ossessionata dalla
sua bellezza, ma forse lo aveva pianificato perché non penso fosse
innocente, dall’inizio.”
Proiettato sempre verso il futuro,
Refn ha stregato gran parte dei suoi fan con i suoi primi film, su
tutti Bronson, con protagonista
Tom Hardy. Primo e unico biopic della sua carriera
fino a questo momento, il film resterà probabilmente l’ultimo
racconto biografico diretto dal regista: “È difficile per me
fare un film biografico perché sono totalmente assorbito da me
stesso per occuparmi della vita di qualcun’altro. In Bronson ho
raccontato la mia vita utilizzando un personaggio di nome Charlie
Bronson. Ma mi piace vedere le biografie, credo siano di grande
intrattenimento. Credo che la grande creatività sia essenzialmente
l’ultima forma di narcisismo.”
E da narcisista convinto, Refn
conclude: “Sono arrivato a pensare che tutti i film che ho
fatto mi hanno portato a questo. C’è un filo conduttore che ha
portato a The Neon Demon. Tutto ha a che vedere con la mia
fantasia. La mia curiosità mi ha spinto a immaginare come sarebbe
stata la mia vita se fossi nato una donna molto bella, invece di
essere nato un ragazzo non troppo bello.”
Nicolas Winding Refn, regista di
Drive, sembra aver accettato la proposta della DreamWorks: dirigere
l’adattamento di Button Man.
Button Man non è altro che una
storia a fumetti. Sceneggiata da Judge Dredd, racconta di un gruppo
di milionari che organizza un gioco al massacro, pagando dei
mercenari per eliminarsi a vicenda.
Appena Fulvio Lucisano ha visto
Drive al Festival di Cannes è corso dal regista
Nicolas Winding Refn e ha comprato il film per l’Italia. “E’ un
film bellissimo” ha detto alla conferenza stampa romana, alla
presenza del regista. Refn, completo nero e cravattino, è stato il
protagonista dell’interessante dibattito con i giornalisti della
Capitale, tutti positivamente colpiti dal suo Drive.
“Sergio Leone faceva film sulla
mitologia americana con una sensibilità europea. Come è successo
anche a Murnoe. Il cinema raggiunge il meglio quando si verificano
queste condizioni – ha detto Refn – per me è il mix
perfetto.” “Per realizzare Drive mi sono ispirato alle
favole dei Fratelli Grimm – ha continuato – la
struttura è quella: c’è un inizio che mette in scena valori puri,
ma poi i toni si fanno cupi pur rimanendo l’esigenza di una morale
finale. All’inizio abbiamo l’illusione di questa storia d’amore, ma
poi irrompe la violenza che sconvolge lo spettatore, ed è così
reale che secondo me rappresenta la vera essenza del cinema. Io
come persona non sono violento, ma feticista si. Porto al cinema
quello che mi piacerebbe vedere!”
– Come sono cambiate per
lei le cose dopo il premio di Cannes?
“Se il premio te lo da De Niro
dicendoti che il tuo è il miglior film dell’anno, l’effetto è
notevole. Ma la vita continua, la mattina dopo mi sono ugualmente
alzato alle sei per cambiare il pannolino alla mia figlia più
piccola e sono andato al supermercato. E’ normale che se i
produttori da oggi in poi volessero una garanzia del mio talento io
direi ‘Eccola qui!’”.
– I colori del suo film, e
del suo cinema in generale ricordano molto quelli di Dario
Argento.
“Ero giovane negli anni ’80 e
quei film sono parte della mia formazione culturale. Dopo aver
realizzato i film mi rendo conto che ci sono dei riferimenti o
atmosfere che ricordano quei film, ma lo faccio
inconsapevolmente”.
– Qual è il messaggio che
vuole dare nei suoi film?
“Non sono un regista politico,
cerco solo l’emozione di ogni singolo spettatore”.
– L’amore è sempre e solo
impossibile, quasi psicopatico?
“L’amore puro è un’emozione
molto violenta, nel film c’è questo grande amore al quale si
aspira, ma non è realizzato, è impossibile”.
– Il suo film ricorda The
Driver, degli anni ’70. Si è ispirato a quello?
“In realtà l’ho visto poco
prima di cominciare le riprese. Penso che lo scrittore del romanzo
da cui è tratto Drive si sia ispirato a quel film. E’ un’influenza
indiretta”.
– A che punto è il suo
nuovo film?
“Si basa sempre su ciò che
vorrei vedere, ma in questo caso non so ancora cos’è. Lavoro di
nuovo con Ryan e poi con Kristin Scott Thomas”.
Gaumont e Wild Bunch hanno
annunciato che finanzieranno e distribuiranno la prossima impresa
registica di Nicolas Winding Refn, il regista
danese dietro a film come Drive e
Bronson. Il film si intitolerà The
Neon Demon e le riprese si terranno nei primi mesi del
2015 a Los Angeles.
Refn, che ha scritto la
sceneggiatura con Mary Laws, ha descritto il film
come un racconto horror con una giovane donna protagonista con il
tipico romanticismo:
“Una mattina mi sono alzato e
ho capito che ero circondato e dominato dalle donne. In maniera
improvvisa e forte, si è impadronito di me un desiderio folle di
fare un film horror sulla bellezza viziosa. Dopo aver fatto Drive
ed essermi follemente innamorato dell’elettricità di Los Angeles,
sapevo che dovevo tornare a raccontare la storia di The Neon
Demon.”
Anche se il cast non è stato ancora
annunciato, il comparto tecnico del film vedrà coinvolti i soliti
collaboratori di Nicolas Winding Refn:
Matthew Nweman al montaggio e il compositore
Cliff Martinez.Philippe Le
Sourd, direttore della fotografia nominato agli Oscar per
The Grandmaster, si occuperà della
fotografia del film. Con la tagline ‘i cattivi muoiono giovani’,
The Neon Demon uscirà nel 2016
Dopo Cannes 2013, Nicolas
Wending Refn arriva a Roma per presentare il suo ultimo
atteso film Solo Dio perdona (Only
Forgives God) che vede ancora una volta protagonista
l’attore Ryan Gosling, alla seconda collaborazione con
il regista dopo il premiato Drive.
Insieme a loro troviamo nel cast anche l’attrice Kristin
Scott Thomas, in un’inedita veste di madre despota.
Il regista si è dilungato sulla
scelta di Kristin Scotto Thomas, che si è interessata per prima al
progetto: “La conoscevo nei ruoli classici ma subito ho capito
che non aveva nessuno probema nel trasformarsi nella stronza che il
film richiedeva”.
Refn ha anche parlato di tutti i
riferimenti al cinema del passato che ci sono nel suo film,
arrivando a definire Solo Dio perdona una sorta di western
all’italiana, e confessando il suo amore per il nostro cinema.
Il film può vantare nel cast
Ryan Gosling, alla seconda collaborazione con
Refn, Kristin Scott Thomas, Luke
Evans, Vithaya Pansringarm e Yaya Ying.
Trama: Sullo
sfondo della Thailandia, a Bangkok, si sviluppa la storia di Julian
(Ryan Gosling), proprietario con il fratello di
un club di boxe thailandese, usato come copertura per lo spaccio di
droga. A seguito dell’assassinio del fratello, la madre Jenna
(Kristin Scott Thomas) obbliga Julian a vendicarlo. Le sue ricerche
porteranno il giovane a un poliziotto in pensione Chang, detto
Angelo della vendetta, che si erge a giudice e punitore della
criminalità. Il ragazzo lo sfida sul ring sperando di vincere, ma
viene sconfitto. Jenna allora chiederà al figlio di ucciderlo,
iniziando un vortice di sangue e vendetta.
Nicolas Maupas è
una degli attori che più si sono distinti nella serie Mare
fuori, divenuto un vero e proprio caso televisivo. Pur se
ancora alle prime armi e con pochi ma significativi ruoli dalla sua
parte, il giovane attore ha dato prova di possedere un certo
talento, che se coltivato potrà portarlo a divenire un volto
interessante della nuova generazione di attori.
Ecco 10 cose che non sai su Nicolas Maupas.
Nicolas Maupas: i suoi film e le serie TV
1. È noto per alcune serie
TV. Maupas è celebre in particolar modo per i ruoli avuti
in alcune serie TV molto popolari. Nel 2020 ottiene infatti grande
popolarità interpretando Filippo in Mare fuori, dove
recitano anche Serena Codato e
Carolina
Crescentini. Nel 2021 è invece Vittorio in
Nudes e Simone in Un professore, con protagonista
Alessandro
Gassmann. Nel 2022 riprende il ruolo di Filippo nella
seconda stagione di Mare fuori ed
interpreta Roberto nella fiction Rai Sopravvissuti, con
protagonista Lino Guanciale.
2. Ha recitato anche per il
cinema. Nel 2022 l’attore ha avuto modo di prendere parte
al suo primo film lungometraggio, Sotto il sole di Amalfi,
sequel di Sotto il sole di
Riccione. In questo egli ricopre il ruolo di Hans,
recitando accanto a Lorenzo
Zurzolo, Ludovica
Martino e Isabella
Ferrari.
3. Ha ottenuto diversi
importanti riconoscimenti. Maupas ha già ricevuto ad oggi
alcuni importanti riconoscimenti, come il Next Generation Award
come miglior attore rivelazione 2022, assegnato nel corso del
Festival del Cinema di Venezia, e l’Explosive Talent Award,
assegnato nel corso del Giffoni Film Festival. Ha poi vinto ache il
Magna Grecia Award e l’UZ Awards per la sua performance nella serie
TV Nudes.
Nicolas Maupas in Mare fuori
4. È uno dei
protagonisti. Nella serie Mare fuori, presente
anche su Netflix, Maupas ricopre il ruolo di uno dei
protagonisti. Egli è infatti l’interprete di Filippo Ferrari, detto
O’ Chiattillo, un diciassettenne milanese che durante una
vacanza a Napoli commette un errore fatale e si vede arrestato e
portato in un carcere minorile. Da prima spaesato, il giovane
imparerà poi a farsi valere e ad ottenere un certo rispetto tra gli
altri detenuti.
5. Tornerà anche nella
prossima stagione. Come già annunciato, il personaggio di
Filippo tornerà ovviamente anche nella terza stagione della serie,
attualmente in fase di riprese e la cui distribuzione è prevista
per il 2023. L’attore riprenderà dunque il suo ruolo, ormai sempre
più di rilievo all’interno di Mare fuori. Non è però ad
oggi noto quali percorsi intraprenderà Filippo nella nuova
stagione, per cui non resta che attendere l’uscita di questa per
scoprirlo.
Nicolas Maupas e Valentina Romani
6. I due attori potrebbero
avere una relazione. Nella serie Filippo e Naditza,
interpretati rispettivamente da Maupas e dall’attrice
Valentina Romani, finiscono con lo sviluppare una
relazione amorosa. Recenti foto con protagonisti i due interpreti
insieme hanno spinto i fan a pensare che i due possano avere una
relazione anche al di fuori del set. Ad oggi però non ci sono state
conferme dai diretti interessati e pertanto non si sa con certezza
se tra loro ci sia qualcosa o meno.
Nicolas Maupas e Ludovica Coscione
7. È stato fidanzato con la
nota attrice. Nell’attesa di sapere se l’attore e la
Romani stanno intraprendendo una relazione, sappiamo che Maupas è
stato legato sentimentalmente all’attrice Ludovica
Coscione, nota in particolare per la fiction Il
paradiso delle signore ma anche per il ruolo di Teresa
Polidori in Mare fuori. La loro relazione è però oggi
terminata, come dichiarato dall’attore nel corso di
un’intervista.
Nicolas Maupas è su Instagram
8.Ha un
profilo sul social network. Riccardo Mandoli è
naturalmente presente sul social network Instagram, con un profilo
seguito attualmente da 487 mila persone. Su tale piattaforma egli
ha ad oggi pubblicato appena un centinaio di post, tutti relativi
alle sue attività come attore o modello. Si possono infatti
ritrovare diverse immagini relative a momenti trascorsi sul set ma
anche foto promozionali dei suoi progetti. Seguendolo si può dunque
rimanere aggiornati sulle sue attività.
Nicolas Maupas: la sua biografia
9. Ha origini
francesi. Come il cognome può far immaginare, l’attore ha
origini francesi da parte di padre. Questiè infatti un grafico
francese, mentre la madre di Nicolas è una giornalista siciliana.
L’attore è cresciuto a Magenta, nella provincia milanese, dove ha
poi deciso di formarsi come interprete frequentando in particolare
l’Accademia 09, come anche una classe di recitazione presso la
Michael Rodgers Acting Studio.
Nicolas Maupas: età e altezza
10. Nicolas Maupas è nato a
Milano, nel 1999 ed ha attualmente 23 anni. L’attore è
alto complessivamente 1.85 metri.
Nicolas Cage si è rotto una caviglia
durante la lavorazione del suo ultimo film, #211, sul set in
Bulgaria. Variety riporta
l’accaduto.
Frattura della caviglia per
Nicolas Cage sul set
Non ci sono al momento dettagli
sulle dinamiche dell’incidente, ma l’attore è stato trasferito
all’ospedale più vicino prima di volare verso Los
Angeles per i trattamenti. Il tempo di recupero previsto è
di almeno due settimane, dopo le quali Nicolas
Cage potrebbe tornare sul set.
Il film è un action incentrato su
una rapina. 211 è infatti il codice della polizia per “rapina
in corso“. Non si sa ancora in che modo l’infortunio del
protagonista rallenterà la produzione del film.
Nicolas Cage è uno
di quegli attori che ormai sono entrati nell’immaginario collettivo
delle persone. Ispira simpatia, lo si perdona quando realizza
qualche film che magari non è per niente bello, ma non si può non
volergli bene.
All’attore americano si deve il
fatto di essere riuscito a crearsi una carriera completamente con
le proprie mani, senza cedere a favoritismi o a raccomandazioni
solo perchè è parente della famiglia Coppola.
Ecco, allora, dieci cose che
non sapevate su Nicolas Cage.
Nicolas Cage: la sua
filmografia
1. Nicolas Cage: i film e la
carriera. Sebbene il primo film di Nicolas Cage sia
Fuori di testa (1982), in realtà viene considerato, come
suo debutto nel mondo del cinema, il film Rusty il
selvaggio, in cui ha un ruolo rilevante. In seguito, l’attore
partecipa a Birdy – Le ali della libertà (1984),
Stregata dalla luna (1987) e Cuore selvaggio
(1990). Con gli anni Novanta, Cage ha recitato in film come Può
succedere anche a te (1994), Via da Las Vegas (1995),
The Rock (1996), Con Air (1997),
Face/Off – Due facce di un
assassino (1997), City of Angels – La città degli
angeli (1998) e Al dil là della vita (1998), per
continuare, negli anni Duemila, a lavorare in film come The Family Man (2000),
Il ladro di orchidee (2002), Il genio della
truffa(2003), Il mistero dei Templari – National
Treasure (2004), Il prescelto(2006),
World Trade Center (2006), Ghost Rider
(2007), Next (2007),
Segnali dal futuro
(2009) e L’apprendista stregone (2010). Tra i suoi ultimi
film si citano Kick-Ass (2010),
Ghost Rider – Spirito di
vendetta (2011), Trespass (2011), Drive Angry(2011),
Joe
(2013), Outcast – L’ultimo
templare(2014), USS Indianapolis
(2016), Snowden (2016),
Io, Dio e Bin Laden (2016), 2030 – Fuga per il
futuro(2017) e 211 – Rapina in corso
(2018), Mandy (2018), Il colore venuto dallo
spazio(2019) e Pig (2021).
2. Nicolas Cage ha vinto un
Oscar. A dispetto di quanto si pensi, Nicolas Cage è un
attore pluripremiato e pluricandidato. Nel corso della sua
carriera, l’attore è stato candidato a due premi Oscar per la
categoria di Miglior Attore Protagonista, riuscendo a
vincere l’ambito premio nel 1996 per il film Via da Las
Vegas (per essere poi ricandidato nel 2003 per Il ladro di
orchidee). Ma ha anche ricevuto quattro candidature ai Golden
Globe (Stregata dalla luna, Mi gioco la moglie a Las Vegas, Il
ladro di orchidee), vincendo nel 1996 sempre per Via da
Las Vegas. Eppure, anche ha ricevuto tante candidature
positive, ne ha ricevute altrettante ai Razzie Awards,
accumulandone ben sette.
Nicolas Cage in
Kick-Ass
3. Nicolas Cage è stato
protagonista di un film di supereroi. Nel 2010, uscì nei
cinema americani Kick-Ass (in Italia uscì circa un anno
dopo, a causa di alcune controversie), l’adattamento
cinematografico dell’omonimo fumetto ideato da Mark
Millar. Diretto da Matthew Vaughn, e
prodotto dalla sua casa di produzione, la Marv Films, per
questo film Nicolas Cage venne scelto per interpretare il ruolo di
Damon Macready/Big Daddy, padre
di Hit Girl. Eppure, Cage non venne considerato subito: basti
pensare che, per questo ruolo, vennero anche vagliati i nomi di
Daniel Craig e di Mark
Wahlberg.
4. Nicolas Cage si è
ispirato al Batman di Adam West. L’attore americano ha
modellato la parlata di Big Daddy prendendo a modello il Batman di
Adam West. Secondo Matthew Vaughn, Cage ha iniziato a parlare in
questa maniera già la prima volta che provò il costume. Il regista
è rimasto molto contento che Cage abbia continuato a svolgere
questa performance nel film, citando la sua irritazione con la voce
roca usata da Christian Bale
per Il Cavaliere Oscuro (2008).
Cage Nicolas: la famiglia, le mogli
e i figli
5. Nicolas Cage è un membro
della famiglia Coppola. Nicolas Cage è nipote di Francis
Ford Coppola ed è, quindi, cugino di Sofia
Coppola, Roman Coppola, Jason
Schwartzman e Robert Carmine. Tuttavia,
per evitare che venisse subito accostato allo zio e per non avere
favoritismi, dato che voleva diventare un attore, Nicolas decise di
farsi chiamare con il nome d’arte con cui oggi tutti lo conosciamo,
invece di usare il vero nome, ovvero Nicolas Kim
Coppola.
6. Nicolas Cage è stato
sposato più volte. La vita privata di Nicolas Cage è
sempre stata piuttosto movimentata: l’attore, infatti, si è sposato
tre volte e per tre volte ha divorziato. Nel 1995 ha sposato
Patricia Arquette, divorziando nel 2000, per poi
sposare Lisa Marie Presley (figlia di
Elvis e di Priscilla Presley) nel
2002 e divorziare nuovamente nel 2004 (anche se si erano lasciati
appena dopo un mese e mezzo dalle nozze). Il terzo matrimonio è
avvenuto nel 2004, sposando Alice Kim, una
cameriera asiatica, da cui si è separato nel 2016. L’attore ha
anche avuto due figli: Weston Cage, nato nel 1990
da una relazione con la modella Christina Fulton, e Kal-el
Cage, nato nel 2005 e avuto con la terza moglie.
Nicolas Cage e Erika Koike
7. Ha avuto un matrimonio
brevissimo. Ormai con tre divorzi alle spalle, l’attore
nel 2019 ha deciso impulsivamente di sposarsi una quarta volta con
una makeup artist di nome Erika Koike. La loro
unione, però, è durata pochissimo, poiché soltanto quattro giorni
dopo le nozze Cage ha chiesto l’annullamento di queste. Non è noto
il motivo di tale decisione, ma evidentemente i due coniugi non si
conoscevano bene come pensavano e ciò ha portato a rapidi
contrasti. Nel febbraio del 2021, poi, Cage si è sposato una quinta
volta con Riko Shibata, con cui sembra attualmente
essere ancora insieme.
Nicolas Cage e i meme
8. È noto anche grazie ai
meme. Nel corso degli ultimi anni Cage è divenuto un vero
e proprio fenomeno dell’internet grazie a numerosi meme che lo
ritraggono, la maggior parte dei quali tratti da scene di suoi
film. I più famosi sono tratti dai film Stress da vampiro
e Con Air, immagini dove Cage è ritratto con espressioni
quantomai buffe e adattabili ad ogni situazione possibile.
L’infinita quantità di versioni di questi meme ha portato l’attore
ad ottenere una grande popolarità anche presso le generazioni più
giovani.
Nicolas Cage: età e altezza
dell’attore
9. Nicolas Cage è di grossa
statura. Nicolas Cage, nato il 7 gennaio del 1964, è
tutt’altro che piccoletto: la sua altezza di 183 centimetri lo
rende uno degli attori più alti dello star system, ma ciò non ha
precluso la sua carriera, dimostrando di avere il talento che
possiede.
Nicolas Cage, oggi
10. Nicolas Cage non è per
niente un buon risparmiatore. Sembra che Nicolas Cage, nel
corso della sua vita, abbia rischiato più volte di finire in
bancarotta e i motivi sono piuttosto chiari: non è in grado
di tenere il portafoglio chiuso. Si dice che abbia sperperato circa
150 milioni di dollari in acquisti particolari e dispendiosi, tra
cui: una lapide a forma di piramide (alta circa 3 mesi), una
collezione di animali esotici (due cobra albini e un polpo
domestico, senza dimenticare uno squalo e un coccodrillo), un
teschio di dinosauro e una Lamborghini Miura che era appartenuta
allo scià di Persia. Tuttavia, per risanare il suo patrimonio
(intaccato da diversi debiti e, pare, dal vizio del gioco
d’azzardo), Cage continua ad accettare qualsiasi ruolo gli venga
proposto, purché venga pagato in maniera consistente.
E’ arrivato oggi al Giffoni Film
Festival la star assoluta dell’evento, Nicolas Cage. Look trasandato e una buona dose
di sicurezza, il nipote di Coppola si è lanciato
Nicolas Cage, ospite allo SXSW di
Austin ieri, ha fatto delle dichiarazioni molto precise su quello
che per lui significa, adesso, essere famosi. L’attore era presenta
all’evento per promuovere il bel film di David Gordon
Green, Joe (leggi la recensione), in cui
Cage offre una buona performance.
Durante
l’incontro con il pubblico, Nicolas Cage ha
raccontato di quando sognava di essere un attore, guardando i film
con James
Dean. Poi ha continuato spiegando in che modo la
critica cinematografica si è deteriorata e perchè al giorno d’oggi
“fa schifo essere famosi”.
“Ho cominciato a recitare
perchè volevo essere James Dean. L’ho visto in
Gioventù Bruciata e in La Valle
dell’Eden. Niente mi ha mai preso come Dean in quel film.
Mi ha sconvolto, e pensavo ‘questo è quello che voglio fare’.
Questo era prima che tutti avessero una cosa chiamata smartphone e
prima dell’avvento delle ‘celebutard’ (una parola, usata per la
prima volta in merito a Paris Hilton, e che è un
miscuglio di celebrity, debutante e retard. Indica le persone
famose solo per amore di essere famose, ndr). Non mi sto
lamentando, ma fa davvero schifo essere famosi adesso.”
“Ora anche l’arte della critica
cinematografica … sul LA Times, il critico che ha recensito
Il cattivo tenente – Ultima chiamata New Orleans
(diretto da Werner Herzog nel 2009 con Cage e
Eva Mendes, ndr), ha scritto nella recensione di
quante case ho venduto o ho comprato. Che diavolo ha a che fare la
vita privata di Lindsay Lohan con la recensione di
The Canyons? Dovrebbe essere solo tutto riguardo
al lavoro in sè. Che differenza vuoi che faccia se Bill
Clinton ha una relazione, se non ha influenzato il modo in
cui ha fatto il Presidente? … Non voglio che alcuni aspetti della
vita privata di qualcuno ne oscurino il lavoro in quanto
tale!”
Che dire, Nicolas Cage ha detto chiaramente
quello che molti, tra attori, registi, produttori e anche
giornalisti pensano. E non si può che sottoscrivere ciò che
l’attore ha dichiarato!
Fonte: Variety
Con la sua vasta filmografia, è
difficile pensare a un tipo di film a cui Nicolas Cage non
abbia preso parte. Tuttavia, c’è ancora un franchise nella sua
lista dei desideri. La star vuole essere in un film di Star
Trek.
ScreenRant riferisce che Cage ha
espresso il suo desiderio di unirsi alla Flotta Stellare in
un’intervista sul tappeto rosso dei 51esimi Saturn Awards, che si
sono tenuti lo scorso fine settimana, e che hanno visto Cage
vincitore del premio come miglior attore non protagonista in un
film per il ruolo di Dracula in Renfield dello scorso anno.
Ecco cosa ha dichiarato l’attore:
“Ci sono state un paio di telefonate. Non lo so, dovrei vedere
una sceneggiatura. Dovrebbe essere qualcosa a cui potrei davvero
aggiungere il mio sapore, avere un po’ di pop e un po’ di
scintilla. Non lo farei “Voglio fare qualsiasi cosa, perché amo
tanto il franchise. Voglio essere sull’Enterprise. Idealmente,
dovrei essere sull’Enterprise in qualche modo. Non voglio fluttuare
nello spazio fuori! Voglio essere sul ponte, ma mi devono portare
una storia.”
L’affinità di Cage con il franchise
di lunga data non sorprende. In un’intervista dell’anno scorso,
l’attore ha detto che preferirebbe essere in Star Trek piuttosto
che in Star
Wars. Allora Cage disse: “Sono un Trekkie, amico, sono
sull’Enterprise. È lì che mi muovo. Sono cresciuto guardando
William Shatner, pensavo che Chris Pine fosse fantastico nei film.
Penso che i film siano eccezionali.”
Oltre a Renfield, quest’anno abbiamo visto
Nicolas Cage anche
in Dream Scenario, film che gli è valso una
candidatura ai Golden Globe come migliore attore in una
commedia.
Ospite del popolare magazine
cinematografico Empire, l’attore di Long Beach ha parlato dei suoi
impegni a breve e medio- lungo termine, a cominciare dall’imminente
Spirit of Vengeance, che sancirà il ritorno sugli schermi di Ghost
Rider, il demone motorizzato creato dalla Marvel Comics. Nel corso dell’intervista,
Nicolas Cage ha affermato di essere favorevole a
un eventuale sequel di The Wicker Man (uscito in Italia col titolo
de Il Prescelto); in particolare, Cage ha affermato che vorrebbe
essere diretto da Hideo Nakata, regista di The Ring. Cage ha
inoltre rivelato di aver rifiutato ruoli in due dei
maggiori blockbuster dell’ultimo decennio, Il Signore degli Anelli
e Matrix, a causa dei set che l’avrebbero costretto a passare
periodi troppo lunghi lontano dalla propria famiglia.