Il regista Wes
Craven è unanimemente considerato uno dei maestri del
genere horror, con film come L’ultima casa a sinistra, Le
colline hanno gli occhi, Nightmare – Dal profondo della
notte e la saga di Scream affermatisi come
titoli ancora oggi imprescindibili. Proprio prima di dirigere
Scream 4, il suo ultimo film, Craven aveva dato vita sul
grande schermo ad un nuovo slasher di particolare fascino.
Si tratta di My Soul to Take – Il cacciatore di
anime, il quale è anche il primo film che Craven
scrive e produce dai tempi dell’ultimo capitolo di
Nightmare.
All’interno di questo il regista
ripropone una situazione classica dello slasher movie, con
un mostro assassino di rara forza e un gruppo di adolescenti
costretti a doversi confrontare con lui. Naturalmente il regista dà
vita ad una serie di risvolti e colpi di scena che rendono questo
un film diverso dai suoi simili, dotandolo anche di un’atmosfera
quasi fiabesca che dona alla storia un atmosfera nuova. Il titolo,
infatti, è tratto dalla conclusione di Now I Lay Me Down to
Sleep, una preghiera della buonanotte originaria del XVIII
secolo che recita: Se dovessi morire prima di svegliarmi, prego
il Signore di prendere la mia anima.
Per tuttti gli amanti del genere e
del cinema di Craven, si tratta dunque di un’opera da non perdere,
uno degli ultimi regali del maestro dell’orrore ai suoi fan. Pur al
netto dei suoi difetti, è infatti un titolo capace di regalare
genuini brividi. Prima di intraprendere una visione del film, però,
sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
My Soul to Take – Il cacciatore di
anime: la trama del film
Le vicende del film si svolgono
nella cittadina di Riverton, terrorizzata da un assassino
psicopatico. Dopo la presunta morte del serial killer, però, il
clima di tensione non sembra svanire. Nel paese inizia infatti a
circolare una leggenda, secondo la quale il pazzo omicida avrebbe
giurato che sarebbe tornato per uccidere i sette bambini nati a
Riverton la notte della sua scomparsa. Da quel momento, ogni anno,
viene compiuto uno speciale rito che punta ad allontanare il
ritorno del mostro. Il gruppo di sette bambini, ora divenuti
adolescenti, si accinge dunque a compiere tale sortilegio, ma
qualcosa sembra non andare come previsto.
Non passa molto tempo, infatti, che
a Riverton cominciano a sparire misteriosamente alcune persone.
Bug, uno dei sette ragazzi nati la notte della
morte dell’assassino, inizia a soffrire a causa di spaventosi
incubi, in cui sogna atroci uccisioni che sembrano quasi reali.
Egli si convince dunque del ritorno del mostro e sa di dover fare
qualcosa per salvare se stesso e gli altri sei ragazzi da un
destino malvagio. Un atroce dubbio inizia però ad insinuarsi nel
gruppo: l’assassino di Riverton è sopravvissuto quella tragica
notte di sedici anni prima o si è reincarnato in uno dei sette
giovani?
My Soul to Take – Il cacciatore di
anime: il cast del film
Per dar vita al gruppo dei sette
ragazzi protagonisti, Craven si affidò ad attori con esperienze
pregresse ma non particolarmente noti. Nel ruolo di Bug, il
principale protagonista, vi è ad esempio l’attore Max
Thieriot, visto anche in Jumper – Senza confini e
nella serie Bates Motel. Originariamente era stato scelto
l’attore Henry Hopper, figlio del celebre Dennis,
ma dovette rinunciare dopo aver contratto una malattia. Accanto a
Thieriot si ritrovano poi John Magaro nel ruolo di
Alex Dunkelman e Emily Meade in quelli di Leah
“Fang” Hellerman. Denzel Whitaker, noto per
Training Day, Warrior e Black Panther, è
invece Jerome King.
Nel ruolo di Brandon O’Neil vi è
invece Nick Lashaway, promettente attore poi
tragicamente deceduto in seguito ad un incidente d’auto nel 2016.
Paulina Olszynski e Zena Grey
interpretano invece Brittany Cunningham e Penelope Bryte. Nel cast
sono poi presenti attori più noti come Frank Grillo,
noto in particolare per il personaggio di Leo Barnes nella saga di
La notte del giudizio,
qui nel ruolo del detective Paterson. L’attrice Danai Gurira,
celebre in particolare per essere Michonne nella serie a tema zombi
The Walking Dead, è invece Jeanne-Baptiste. L’attore
Raul Esparza, visto in serie come Law & Order
– Unità vittime speciali e Hannibal, è invece
l’assassino Abel Plenkov.
My Soul to Take – Il cacciatore di
anime: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Sfortunatamente My Soul
to Take – Il cacciatore di anime non è presente su
nessuna delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Il film è però presente nel palinsesto televisivo di
giovedì 28 ottobre alle ore 21:15
sul canale Italia2, e di
conseguenza anche sulla piattaforma Mediaset Play.
Si potrà dunque vederlo in questa occasione, nella speranza che
torni in seguito ad essere disponibile anche in streaming.
Dopo aver realizzato
quattro anni fa
Mon garçon con protagonisti Guillaume Canet e Mélanie Laurent, il regista francese
Christian Carion ha ripetuto la stessa,
stuzzicante formula in questa versione aggiornata in lingua
inglese: al protagonista maschile
James McAvoy è stata consegnata soltanto l’idea alla
base di My Son, ovvero quella di un uomo che viene
avvisato dalla moglie della misteriosa scomparsa del figlio quando
il bambino si trovava in campeggio. Senza l’apporto di alcuna
sceneggiatura l’attore ha quindi dovuto sviluppare l’arco narrativo
e le reazioni emotive del proprio personaggio basandosi soltanto
sull’improvvisazione e l’apporto sul set dei colleghi, a cui erano
stati invece forniti i dialoghi da recitare perché la storia
progredisse nella direzione voluta.
My son, la trama del film
Partendo da tale premessa
era impossibile o quasi pensare che questo thriller non si basasse
principalmente sulla prova di attore di
James McAvoy. Di fronte alla sfida professionale
l’interprete fin dalla prima scena abbraccia il personaggio
conferendogli la giusta dose di forza emotiva: trattenuto quando
ancora non ha ben chiaro sia successo al suo bambino, il
personaggio di Edmond Murray viene scandito
all’inizio con la necessaria lucidità di un uomo abituato a
prendere decisioni sotto pressione. Più di una trama di genere che
deve essere necessariamente sviluppata con semplicità, il film
trova la sua forza primaria proprio nella rappresentazione
psicologica dell’uomo, i cui conflitti interiori insieme ai rimorsi
vengono progressivamente in superficie creando una backstory che
ben si interseca con il crescendo drammatico. Le azioni che Murray
compie per tentare di ritrovare suo figlio sono dettate in larga
parte anche dal rimpianto fino a quel momento sopito per essere
stato un padre troppo distante, allontanato da un lavoro di grande
responsabilità e potenzialmente pericoloso per lui e le persone che
gli erano vicine.
McAvoy lavora sulla vita
interiore di Murray lasciandola eruttare in superficie senza andare
mai sopra le righe, anche nelle scene più drammatiche. Accanto a
lui co-protagonista molto efficace troviamo una Claire Foy come sempre credibile e raffinata
nell’esplicitare le sfumature della ex-moglie Joan.
Christian Carion sviluppa con accuratezza la prima
parte del film, la quale intende seminare idee e indizi su chi
possa aver rapito il giovane Ethan. Anche il lavoro sulla messa in
scena dell’ambientazione principale risulta efficace: la brumosa e
malinconica campagna britannica si dimostra una cornice precisa e
capace di esprimere con potenza visiva il senso di desolazione che
avvolge la vicenda.
Un film recitato senza copione
Paradossalmente proprio
alcuni dei punti di forza di My Son possono però
essere visti anche come i suoi limiti intrinseci: se l’idea di un
attore che recita senza copione è intrigante, allo stesso modo ci
si chiede spesso durante lo svolgimento della storia se il film
avrebbe lo stesso spessore drammatico per uno spettatore ignaro
dell’esperimento. La risposta è incerta, il che non è propriamente
un buon segno. Volendo quindi analizzare l’aspetto strettamente
narrativo, My Son si sviluppa con una linearità
che certamente non apporta nulla di nuovo la genere. Le evidenti
pause nello sviluppo della trama per consentire a McAvoy di
costruire il personaggio e orientarsi nella vicenda non
contribuiscono al ritmo interno del lungometraggio, il quale in
almeno un paio di momenti si insabbia perdendo di forza emotiva. Il
film procede in questo modo a strattoni, fino ad arrivare a un
finale prevedibile nell’epilogo ma interessante nell’assunto che
chiude la storia: nessuno è la di sopra della legge, qualunque sia
il motivo che spinge a determinate azioni.
Sorretto con sicurezza da
un
James McAvoy a tratti vibrante, My
Son ha tra i suoi punti a favore anche il fascino
enigmatico dell’ambientazione e un paio di momenti di forte presa
emotiva. Con una trama maggiormente articolata ne sarebbe potuto
venir fuori un film di genere memorabile, mentre alla fine
l’esperimento di far recitare il protagonista senza un copione
limita le possibilità narrative dell’operazione stessa. Ed è un
peccato, viste le potenzialità soprattutto drammatiche di setting e
cast.
Prime
Video ha diffuso il trailer di My
Policeman il film diretto da Michael Grandage e basato sul
romanzo di Bethan Roberts. Protagonisti del film sono Harry
Styles, Emma Corrin, Gina McKee, Linus Roache, David Dawson e
Rupert Everett. Scritto da
Ron Nyswaner. Prodotto da Greg Berlanti, Sarah
Schechter, Robbie Rogers, Cora Palfrey, Philip Herd.
Executive Producer: Michael Grandage,
Michael Riley McGrath, Caroline Levy.
La trama del film
La bellissima storia di un amore proibito e del cambiamento
delle convenzioni sociali, My Policeman segue tre ragazzi
– il poliziotto Tom (Harry Styles), l’insegnante Marion (Emma
Corrin) e il curatore di un museo Patrick (David Dawson) – durante
un viaggio emozionante nella Gran Bretagna degli anni ’50. Negli
anni ’90, Tom (Linus Roache), Marion (Gina McKee) e Patrick (Rupert
Everett) sono ancora in preda al desiderio e al rimpianto, ma ora
hanno un’ultima possibilità di riparare i danni del passato. Basato
sul romanzo di Bethan Roberts, il regista Michael Grandage realizza
un ritratto visivamente commovente di tre persone coinvolte nelle
mutevoli maree della storia, della libertà e del perdono.
Prime Video ha diffuso il trailer di
My
Policeman, l’annunciato film basato sul romanzo di
Bethan Roberts, diretto da Michael Grandage e scritto da Ron
Nyswaner. Prodotto da Greg Berlanti, Sarah
Schechter, Robbie Rogers, Cora Palfrey, Philip Herd. Produttori
esecutivi sono Michael Grandage, Michael Riley McGrath, Caroline
Levy. Nel cast protagonisti sono Harry Styles, Emma Corrin,
Gina McKee, Linus Roache, David Dawson e Rupert
Everett.
La trama di My Policeman
La bellissima storia di un amore proibito e del cambiamento
delle convenzioni sociali, My Policeman segue tre ragazzi
– il poliziotto Tom (Harry Styles), l’insegnante Marion (Emma
Corrin) e il curatore di un museo Patrick (David Dawson) – durante
un viaggio emozionante nella Gran Bretagna degli anni ’50. Negli
anni ’90, Tom (Linus Roache), Marion (Gina McKee) e Patrick (Rupert
Everett) sono ancora in preda al desiderio e al rimpianto, ma ora
hanno un’ultima possibilità di riparare i danni del passato. Basato
sul romanzo di Bethan Roberts, il regista Michael Grandage realizza
un ritratto visivamente commovente di tre persone coinvolte nelle
mutevoli maree della storia, della libertà e del perdono.
Ecco il trailer italiano di
My Policeman, diretto da Michael
Grandage, scritto da Ron Nyswaner e
basato sul romanzo di Bethan Roberts. Il film,
prodotto da Greg Berlanti, Sarah Schechter, Robbie Rogers,
Cora Palfrey e Philip Herd vede in veste
di Executive Producer Michael Grandage, Michael Riley
McGrath, Caroline Levy, mentre nel cast ci
sono Harry
Styles,
Emma Corrin, Gina McKee, Linus Roache, David Dawson e
Rupert Everett.
My Policeman, la trama
La bellissima storia di un amore
proibito e del cambiamento delle convenzioni sociali, My
Policeman segue tre ragazzi – il poliziotto Tom (Harry
Styles), l’insegnante Marion (Emma Corrin) e il curatore di un
museo Patrick (David Dawson) – durante un viaggio emozionante nella
Gran Bretagna degli anni ’50. Negli anni ’90, Tom (Linus Roache),
Marion (Gina McKee) e Patrick (Rupert Everett) sono ancora in preda
al desiderio e al rimpianto, ma ora hanno un’ultima possibilità di
riparare i danni del passato. Basato sul romanzo di Bethan Roberts,
il regista Michael Grandage realizza un ritratto visivamente
commovente di tre persone coinvolte nelle mutevoli maree della
storia, della libertà e del perdono.
My Policeman arriverà su Prime Video il 4 novembre.
My old lady è l’adattamento di una fortunata
pièce, già diretta dal regista e sceneggiatore Israel
Horovitz – alle spalle una lunga e brillante carriera di
drammaturgo – che ha voluto farne anche la sua prima regia
cinematografica.
In My old lady
Mathias Gold (Kevin Kline) è un newyorkese
spiantato che eredita dal padre un lussuoso appartamento a Parigi.
Parte così per la capitale francese con gli ultimi soldi,
determinato a venderlo e ricavarne quanto basta per rifarsi una
vita chissà dove. Al suo arrivo, scopre però che si tratta di una
nuda proprietà: di aver “ereditato” cioè assieme all’appartamento,
anche l’anziana signora che lo abita, Mathilde Girard
(Maggie Smith). Mathias potrà vendere la casa solo
alla morte della donna, che intanto vive lì assieme alla figlia
Chloé (Kristin
Scott Thomas) e ha diritto a un cospicuo assegno
mensile. Mentre cerca, nonostante tutto, di organizzarne la
vendita, Mathias conosce le due donne e scopre con sorpresa di
avere in comune con loro ben più di quell’appartamento.
In una sempre affascinante Parigi,
ecco un godibile lavoro che parla d’amore, tradimento,
responsabilità familiari, vecchiaia. Ma soprattutto, del rapporto
genitori-figli, delle conseguenze subite da questi ultimi a causa
delle scelte dei primi, di come il sacrificio, il prevalere del
senso di responsabilità di padri e madri, che li allontana da ciò
che realmente desiderano e li rende infelici, non possa non
ripercuotersi sui figli, causando difficoltà nel rapporto con loro.
Si cercano le radici di queste difficoltà e mancanze, che hanno
minato alle fondamenta le esistenze di Chloé e Mathias, ormai
sessantenni, e dell’insicurezza che ne consegue. Ma Horovitz
insiste sulla capacità di ciascuno di emanciparsi e sulla necessità
di non usare i vuoti affettivi come alibi per la propria
rassegnazione.
My old lady: dal teatro al cinema
Si tratta però, al tempo stesso, di
una commedia brillante, ben costruita, caratterizzata da un
raffinato senso dello humour, con echi di Wilde e Beckett, da
dialoghi acuti, e sorretta da tre interpreti di prima grandezza: i
premi Oscar Maggie Smith (perfetta nel ruolo della scrupolosa e
previdente vecchina inglese) e Kevin Kline (nei
panni di chi non riesce a liberarsi di un doloroso passato,
newyorkese sconfitto, cui si offre una seconda possibilità), e la
candidata all’Oscar Kristin Scott Thomas (figlia premurosa, ma
donna infelice e frustrata). Il dolce, l’amaro e il comico si
fondono abilmente. Una certa prevedibilità sconta però l’intreccio
sentimentale che coinvolge Mathias e Chloé.
L’ambientazione parigina è curata e
suggestiva, senza essere patinata. La presenza di Dominique
Pinon, attore legato ai lavori di Jean-Pierre
Jeunet, riporta poi lo spettatore al più estroso
Il favoloso mondo di Amélie, complice
anche un breve tema musicale vicino alle sonorità di Yann
Tiersen.
In My Name is Loh
Kiwan, dopo la dolorosa perdita della madre,
Kiwan, un disertore nordcoreano ricercato, prende
la decisione di lasciare la Cina per onorare l’ultimo
desiderio della madre: avere un nuovo inizio e trovare un
luogo dove possa finalmente rivendicare il proprio nome, vivendo
con libertà e dignità. Utilizzando gli ultimi risparmi della madre,
Kiwan parte per il Belgio con l’intenzione di
chiedere asilo e ottenere quindi lo status di rifugiato. Tuttavia,
la burocrazia si rivela un ostacolo insormontabile
e presto si ritrova bloccato in un limbo che lo rende un fantasma
agli occhi dello stato belga.
Così, senza un tetto né mezzi di
sostentamento, vaga per le strade in attesa di una nuova
opportunità finché un giorno, il destino di Kiwan prende una svolta
inattesa quando si imbatte in Marie, una giovane
donna di origini sudcoreane. Un tempo un’orgogliosa atleta della
squadra nazionale di tiro belga, ora Marie combatte non solo contro
i suoi demoni interiori e i traumi familiari, ma anche le sue
dipendenze e alcuni problemi legali. Da un incontro
apparentemente sfortunato, i due giovani cominciano a
stabilire un legame sempre più profondo e intimo,
trovando conforto l’un l’altra e, con il passare del tempo,
riacquistando il desiderio e la speranza di una seconda
possibilità nella vita.
È questa la commovente e
romantica storia raccontata in My name is Loh
Kiwan (titolo originale 로기완), il k-moviescritto e
diretto da Kim Hee-jin, tratto dal
romanzo di Cho Hae-jin (I Met Loh Kiwan)
e disponibile dal 1° marzo su Netflix.
Dopo aver conquistato il pubblico di
Netflix nel ruolo dell’antieroe mafioso Vincenzo Cassano,
l’attore Song Joong-ki veste ora i panni del
coraggioso e resiliente Kiwan, dimostrando tutto
il talento e il carisma che lo contraddistinguono. La sua
interpretazione – tanto sincera, autentica ed
emozionante da trasmettere dolore e speranza anche con il
più semplice sguardo o espressione – convince e ammalia lo
spettatore, che non può fare a meno di empatizzare e tifare per la
sua felicità. Kiwan, così nobile, altruista e
innocente, non incarna semplicemente la lotta e la
sofferenza di un disertore, ma anche quella di tutti coloro che
fuggono dalla propria terra natale cercando di conquistare un
futuro migliore. Portando Kiwan sul piccolo schermo, il regista si
propone di sollevare una questione cruciale: l’Europa che “accoglie
e apre le porte a chi è in difficoltà”, tanto celebrata e fiera,
nasconde in realtà intricati labirinti burocratici che spesso
abbandonano senza pietà coloro che cercano disperatamente di
sopravvivere.
In contrasto al personaggio
di Kiwan c’è poi quello della misteriosa Marie,
interpretata dall’attrice e cantante Choi Sung-eun
(conosciuta per il fantastico k-drama The Sound of Magic),
personaggio che non è possibile definire altrettanto positivo.
Marie, infatti, appare al pubblico come l’antagonista di sé
stessa: una giovane donna che, incapace di elaborare il
dolore della perdita della madre malata, sceglie di annullarsi e
autodistruggersi percorrendo la via dell’illegalità e della droga.
Marie si discosta nettamente dai tradizionali personaggi femminili
dei drammi coreani: con uno stile caratterizzato da smokey eyes,
abiti scuri e un finto atteggiamento superficiale e indifferente,
il personaggio di Sung-eun mostra una complessità e
problematicità che, purtroppo, non riesce a essere
esplorata a sufficienza in sole due ore di visione. In altre
parole, la caratterizzazione unidimensionale e vittimista
di Marie delude in parte lo spettatore, risultando così
meno apprezzata di quanto dovrebbe e meriterebbe.
L’amore come ancora di salvataggio
Se nella prima parte del
film il regista Kim Hee-jin getta le fondamenta per una
storia di immigrazione e povertà, straziante e riflessiva,
arricchita da pathos e critica sociale,
dall’incontro tra Kiwan e Marie la trama assume una direzione
diversa. Qui, viene introdotta la controversa e tenera storia
d’amore dei due giovani, dove le vite di Kiwan e Marie vengono
mostrate come due binari malandati destinati a convergere e
allontanarsi continuamente per permettere loro di
proseguire il “viaggio” e cercare salvezza.
Tuttavia, nonostante la dolcezza, la purezza e la toccante natura
della loro storia d’amore, questa risulta essere troppo
brusca e precipitosa, interrompendo improvvisamente
l’atmosfera realistica creata nell’introduzione e aprendo la strada
a una visione più simile a quella di una fiction
melodrammatica. Inoltre, l’introduzione di Marie influisce
anche sull’arco narrativo, trasformando la narrazione da
una visione realistica e intensa a una completamente emotiva e
romanticizzata.
Nonostante le critiche e i limiti
precedentemente menzionati, My Name is Loh Kiwan si
afferma come un melodramma coinvolgente e
straziante che va oltre la semplice narrazione di un amore
capace di dare la forza di “salvarsi”. Il film di Kim Hee-jin,
infatti, pone luce sull’importanza e il privilegio di poter
vivere senza paura, portando con onore il proprio
nome (come fa promettere la dolce madre di Kiwan),
simbolo inestimabile della propria identità, delle origini
e della storia familiare.
Infine, oltre a esplorare le sfide
personali, familiari e sociali affrontate dai personaggi,
la storia di Kiwan e Marie si sviluppa
come un turbolento viaggio emotivo che celebra la forza
dell’individualità e il grande coraggio di voler ricominciare.
La penultima giornata del
noir in festival nel segno del maestro del brivido per
eccellenza: Alfred Hitchcock. Nell’anno del
centenario del primo film di Hitchcock il Noir vuole rendere
omaggio ad uno dei più grandi maestri del cinema con l’anteprima
europea del nuovo documentario di Mark
Cousins (Marcia su
Roma,The Story of Film: An
Odyssey) a lui dedicato e prossimamente in sala per
Arthouse. Con My name is Alfred
Hitchcock Mark Cousins fa rivivere allo
spettatore l’immensa carriera del regista di capolavori tra
cui Psycho, attraverso l’uso della sua stessa voce
(ore 19.00, Cineteca Milano Arlecchino).
Il programma si chiude con la
consegna del Premio Caligari al miglior noir
italiano dell’anno, seguita dall’anteprima
di Hunt, spy story diretta da Lee
Jung-jae, protagonista della serie Squid
game (ore 21.00, Cineteca Milano
Arlecchino).
La celebre cantautrice e
compositrice australiana Sia presterà la sua voce
al film su My Little Pony, adattamento
cinematografico del cartone animato sui variopinti pony targato
Lionsgate e Hasbro.
Dai primi dettagli della trama del
film sappiamo che una forza oscura minaccerà Ponyville,
costringendo Twilight Sparkle, Applejack, Rainbow Dash, Pinkie
Pie, Fluttershy e Rarity ad imbarcarsi in un incredibile viaggio al
di là di Equestria in cui incontreranno nuovi amici e sfide
emozionanti, per usare la magia dell’amicizia e salvare la propria
casa. Anche Emily Blunt (Il
Diavolo veste Prada, Into the Woods) figura nel cast
vocale. Alla pellicola parteciperanno anche le doppiatrici storiche
dei personaggi: Tara Strong, Cathy Weseluck, Andrea Libman,
Tabitha St. Germain e Ashleigh Ball.
Lionsgate e Hasbro hanno
ufficializzato la collaborazione per la realizzazione di un
lungometraggio di animazione sul franchise My Little
Pony Friendship Is Magic. Meghan
McCarthy, scrittrice della magica serie animata, è stata
incaricata di realizzare la sceneggiatura del film che sarà
prodotto dalla Allspark Pictures della Hasbro.
Il film, distribuito poi da
Lionsgate, sarà il primo film d’animazione della Hasbro e avrà tra
le voci originali, Kristin Chenoweth, vincitrice
di Tony e Emmy Awards.
Lionsgate a Hasbro
hanno ufficializzato la collaborazione per la realizzazione diun
lungometraggio di animazione sul franchise My Little
Pony Friendship is magic. Meghan
McCarthy, scrittrice della magica serie animata, è stata
incaricata di realizzare la sceneggiatura del film che sarà
prodotto dalla Allspark Pictures della Hasbro.
Il film, distribuito poi da
Lionsgate, sarà il primo film d’animazione della Hasbro e avrà tra
le voci originali, Kristin Chenoweth, vincitrice
di Tony e Emmy Awards.
LaLionsgateha
diffuso sul suo canale Youtube il primo full trailer
di My Little Pony: the Movie, il film
d’animazione basato sull’omonima celebre serie
di Discovery Family. Il film arriverà nelle sale
Americane il prossimo 8 ottobre.
Ecco la sinossi del film: Una nuova
forza oscura minaccia Ponyville, e così i Mane 6 – Twilight
Sparkle, Applejack, Rainbow Dash, Pinkie Pie, Fluttershy e Rarity –
intraprendono un viaggio indimenticabile oltre Equestria, dove
incontrano nuovi amici e sfide entusiasmanti alla ricerca della
magia dell’amicizia per salvare la loro casa.
Nel cast vocale del film ci
sono la cantante Zoe Saldana,Sia,
Kristin
Chenoweth (Frozen), Uzo
Aduba (Orange is the New
Black), Liev
Schreiber (Spotlight), Emily
Blunt (Sicario), Taye
Diggs (Chicago)
e Michael Peña (The
Martian).
Gli Hasbro Studios
hanno dato il via al progetto che prevede la realizzazione di un
film su My Little Pony per il 2017. A
dare la notizia è Variety. Sulla scia del film su Gem e le
Holograms, il film verrà prodotto dalla nuova etichetta della
Hasbro Allspark Pictures.
Joe Ballarini, che
ha scritto L’Era Glaciale la Deriva dei
Continenti, si occuperà della sceneggiatura, mentre
Megan McCarthy, che ha già avuto a che fare con il
franchise dei Minipony, si occuperà della produzione.
Stephen Davis,
presidente della Hasbro, ha dichiarato che la casa di produzione
continuerà la politica di produzione di grandi
blockbuster così come fatto con G.I.
Joe e Transformers, ma
questi verranno affiancati da progetti che seguiranno un nuovo
modello economico.
Non sappiamo ancora in che modo il
film verrà portato sullo schermo e quale tecnica verrà utilizzata
per dare vita sul grande schermo ai colorati pony.
My Lady Jane ha
debuttato con otto episodi su Prime
Video e la
serie di Amazon accompagna gli spettatori in un’avventura tesa
e magica prima di arrivare al suo emozionante finale. Basata
sull’omonimo romanzo di
Brohttps://www.cinefilos.it/serietv/the-tudors-2335di Ashton,
Cynthia Hand e Jodi Meadows, My Lady Jane
reimmagina la storia della vera Jane Grey, la prima regina
d’Inghilterra. Il regno della vera Jane fu di breve durata nell’era
Tudor, ma My
Lady Jane crea una nuova narrazione e un nuovo destino per la sua
eroina. Utilizzando una narrazione incisiva e temi femministi, la
trasforma nel contrario di una “damigella in pericolo”.
Pur modificando la storia,
My Lady Jane vede la versione fittizia della sua
protagonista affrontare ostacoli simili a quelli della sua
controparte reale. Nell’Inghilterra dei Tudor della
serie, i cattolici e i protestanti sono sostituiti da etiopi –
esseri umani che si trasformano in animali – e da Verità, persone
comuni che credono che gli etiopi siano malvagi. Quando Jane è
costretta a sposarsi e a prendere il trono del cugino
apparentemente morto, si trova ad affrontare l’ira di coloro che
hanno cercato di usurparlo. Deve anche affrontare il contraccolpo
per aver tentato di alleviare la divisione tra gli Ethiani e i
Veritieri. Questo la porta quasi alla decapitazione, ma il finale
di My Lady Jane le risparmia questo destino.
Cosa succede a Lady Jane Grey e a
Lord Guildford Dudley in My Lady Jane
La vera Lady Jane Grey e Guildford
Dudley furono decapitati per volere della Regina Maria I, ma
My Lady Jane promette un finale diverso per la storia della
sua eroina e lo mantiene. Sebbene le cose si mettano male
per Jane e Guildford negli episodi finali della prima stagione, la
coppia riesce a sfuggire all’esecuzione proprio mentre questa si
sta svolgendo. Jane viene trascinata davanti a un pubblico per
essere decapitata e Guildford viene messo su una pira.
Fortunatamente, Re Edward e Fitz convincono gli Etiopi a
interrompere l’esecuzione. Gli animali si riversano sul castello e
aiutano Jane e Guildford a fuggire.
L’avvincente storia d’amore tra
Jane e Guildford giunge a questo punto, poiché lei è disposta a
bruciare per salvarlo. Jane dice a Guildford che lo ama e lui
finalmente si trasforma in un cavallo di sua spontanea volontà. Con
tanto clamore, Jane salta in groppa a Guildford e i due partono
insieme. Riescono ad allontanarsi dal castello, ma quando Guildford
suggerisce di andare altrove, Jane capisce che non possono
andarsene. In My Lady Jane la coppia ottiene un
lieto fine, sicuramente migliore dell’esecuzione, ma molti dettagli
sono lasciati in sospeso.
Chi siede sul trono d’Inghilterra
alla fine della prima stagione di My Lady Jane?
Jane e Guildford sopravvivono al
finale della prima stagione di My Lady Jane, ma i problemi
dell’Inghilterra non sono finiti. Amazon non ha ancora rinnovato la
serie fantasy storica per la seconda stagione, ma la regina
Mary siede ancora sul trono quando My Lady Jane si
conclude. Jane e Guildford sfuggono alla sua ira, ma tutti
coloro che li aiutano a fuggire rimangono al castello. Non c’è
nessuna punizione per Mary o Lord Seymour, e non sanno ancora che
Re Edoardo è vivo. Mentre gli spettatori possono ipotizzare che
Jane, Guildford ed Edward riprendano il trono, My Lady Jane sembra
prepararsi per la seconda stagione.
Kate O’Flynn fa un lavoro diabolico
nel dare vita alla Regina Maria, quindi sarebbe bello vedere questa
versione alternativa della storia abbattere il suo monarca
malvagio. Ci sono anche domande su chi dovrà sedere sul trono in
seguito. Edward sembra pronto a riprenderselo, ma dovrà assicurarsi
di avere un piano, nel caso in cui dovesse accadere di nuovo
qualcosa di simile a My Lady Jane. Avrà anche il
suo bel da fare: promette di fare la pace tra gli Ethians e i
Verities, un’azione che ha portato all’allontanamento e alla quasi
esecuzione di Jane nella prima stagione.
Gli Ethians e i Verities fanno
pace dopo My Lady Jane?
Un altro elemento della stagione 1
di My Lady Jane che non viene chiuso è il conflitto tra gli Ethians
e i Verities. Edward convince i primi ad aiutarlo e promette di
trattarli più equamente quando riprenderà il trono. Tuttavia, ciò
non è ancora avvenuto, quindi la divisione tra Ethians e Verities è
ancora in vigore. Il finale della prima stagione di My Lady Jane fa
un passo avanti verso la pace, ma non unisce effettivamente i due
gruppi. Se My Lady Jane verrà rinnovata per la seconda stagione,
questo sarà probabilmente uno dei temi principali dei nuovi
episodi.
Se My Lady Jane verrà rinnovata
per la seconda stagione, questa sarà probabilmente una delle trame
principali dei nuovi episodi.
Purtroppo, la lotta che si
scatenerà nel bel mezzo dell’esecuzione di Jane servirà
probabilmente ad aumentare le tensioni tra gli Ethians e i
Verities, anziché appianare le cose. Se la Regina Mary rimane al
suo posto, probabilmente si vendicherà del gruppo. Anche Edward
potrebbe avere problemi a reclamare il suo trono ora che è
associato a loro. Sono riusciti a salvare Jane nel finale della
prima stagione, ma potrebbe avere un costo.
Che cosa succede alle famiglie di
Jane e Guildford nella serie Amazon?
Il finale della prima stagione di
My Lady Jane presenta momenti soddisfacenti per le famiglie di Jane
e Guildford, ma la serie di Amazon non approfondisce troppo
ciò che accade loro dopo la fuga della coppia. Tutti loro
sono complici della loro fuga, quindi potrebbero essere marchiati
come traditori. Frances, la madre di Jane, è riuscita a uscire da
diverse situazioni spiacevoli nella prima stagione e potrebbe farlo
di nuovo. Frances e le sue figlie sembrano essere libere nei
momenti finali di My Lady Jane, quindi si spera che le cose
rimangano così.
Allo stesso modo, Lord
Dudley e Stan tornano entrambi al castello per salvare
Guildford, ed è una toccante redenzione per i loro
personaggi. Lord Dudley dice persino la verità sul fatto che
Guildford ha ucciso sua madre anni prima, ma assicura al figlio che
non è colpa sua. Il padre e il fratello di Guildford cercano di
ricucire i rapporti con lui. Sebbene non riescano a far evadere
Guildford la prima volta, in seguito contribuiscono alla fuga sua e
di Jane. Non è chiaro cosa succeda a Lord Dudley dopo questo
episodio, anche se Stan sembra riaccendere la sua storia d’amore
con la madre di Jane.
Purtroppo, questo significa che i
destini dei personaggi secondari di My Lady Jane rimangono per lo
più in sospeso alla chiusura della prima stagione. Sarà una grande
delusione se Amazon non rinnoverà la serie per la seconda stagione.
Sebbene il finale della stagione 1 offra una certa chiusura,
potrebbe spingersi molto più in là con le sue risoluzioni.
Naturalmente, il narratore dice anche che “la storia non è ancora
finita”.
Come la conclusione di My Lady
Jane differisce dal libro
L’adattamento di My Lady Jane di
Amazon apporta alcune modifiche fondamentali al materiale di
partenza, ma la più importante è il finale. La conclusione del
libro vede Jane e Guildford allearsi con Edward e una donna di nome
Grace – che sembra essere stata sostituita da Fitz nella serie
televisiva – per riprendersi il trono. Quando ci riescono, Edward
decide di non voler più essere re. Rinuncia alla corona a sua
sorella Bess, cosa che potrebbe ancora accadere nella serie. La
seconda stagione di My Lady Jane potrebbe coprire tutto questo, ma
la prima stagione interrompe la conclusione del romanzo.
Nel libro Jane scopre anche di
avere poteri etiopici e impara a trasformarsi in un furetto.
L’adattamento di My Lady Jane non allude a questo, quindi potrebbe
cambiare definitivamente questo aspetto della storia. La serie
Amazon tralascia anche l’addestramento di Jane e Guildford con la
nonna di Edward, nonché il fatto che Edward affronti un orso per
conquistare gli Etiopi dalla sua parte. Questi aspetti sono meno
critici per la trama generale e probabilmente non verranno
riproposti in un’altra edizione.
Spiegato il vero significato del
finale di My Lady Jane Stagione 1
Il vero significato del finale di
My Lady Jane è espresso semplicemente dal narratore durante la
scena finale della prima stagione: “Il vero amore può davvero
vincere tutto… insomma”. La storia di Jane e Guildford lo dimostra,
e sembra che anche molti altri personaggi stiano vincendo le sfide
con l’amore. Tuttavia, l’abile aggiunta di “ish” sostiene l’idea
che la narrazione non è finita. Sebbene Jane e Guildford abbiano
già superato molti ostacoli, c’è ancora del lavoro da fare. Il loro
amore sarà probabilmente messo di nuovo alla prova e le altre
relazioni potrebbero affrontare sfide simili se lo show
continuerà.
Fortunatamente, My Lady Jane si
propone di prendere in mano le redini della propria storia.
Fortunatamente, My Lady
Jane si basa sul prendere in mano le redini della propria
storia. Per questo motivo il libro e la serie TV riscrivono la
storia di Lady Jane Grey, dando alla versione romanzata di lei il
finale che merita. E questo è un motivo sufficiente per credere che
gli eroi di My Lady Jane riusciranno a riconquistare il trono. Se
non ci riusciranno, continueranno a provarci, stravolgendo il
destino finché non andrà a loro favore.
My Lady Jane, una
nuova serie arrivata su Prime
Video, è l’ultima di una tendenza in costante crescita
nella fiction televisiva storica. Si tratta di prendere una figura
storica di un certo rilievo, come Dick Turpin o
Caterina la Grande, e di raccontare o ampliare
in modo narrativo la storia della loro vita attraverso la lente di
una commedia anacronistica. Alcune hanno avuto un successo
strepitoso, come The Great e Our Flag Means Death,
altre, come
Dickinson e The Completely Made-Up Adventures of Dick
Turpin, non hanno avuto la notorietà che forse meritavano.
Sebbene l’idea non sia nuova, è innegabilmente in voga da un paio
d’anni.
L’obiettivo di questi spettacoli
non è mai stato quello di fornire al pubblico una narrazione
accurata degli eventi, pur esponendo alcuni fatti, dai più
elementari ai più sorprendenti. La priorità è quella di
intrattenere il pubblico e magari interessarlo alla storia vera, ma
in alcuni casi, come in
My Lady Jane, le persone potrebbero rimanere un po’
deluse dalla verità. My Lady Jane è una narrazione
fittizia, in un universo alternativo, delle prove e delle
tribolazioni di Lady Jane Grey.
La pronipote di Enrico VII, che
vinse la Guerra delle Rose per rivendicare il trono d’Inghilterra,
e pronipote di Enrico VIII, e soprattutto regina d’Inghilterra per
poco più di una settimana. La Regina dei nove giorni è una
di quelle tragedie storiche poco conosciute che non
vengonoannoverate nell’elenco dei monarchi inglesi
che gli scolari britannici devono ricordare. Inutile dire che la
versione libera e armata di pugnale che vedremo in My Lady
Jane è molto lontana da quella che è stata nella storia, ma
nonostante la sua brevità, c’è una storia affascinante su quei nove
giorni e oltre.
Legata direttamente alla famiglia
reale, Lady Jane Grey visse una vita di immensi privilegi.
Come per molti personaggi storici, la sua data di nascita esatta è
stata contestata da molti storici, ma l’anno di nascita è
generalmente accettato come 1537.
Secondo Lady Jane Grey: A Tudor
Mystery di Eric Ives, la ragazza fu cresciuta con l’amore per
l’apprendimento, imparando diverse lingue e venendo istruita in
materie come la filosofia classica. Visse la vita di molte ragazze
nobili, con tutti i fronzoli e il tempo libero che una ragazza può
chiedere, muovendosi nella vita di corte nella speranza di
sposarsi bene.
Essendo imparentata con il
re, l’idea della successione non la preoccupava. Dopo
tutto, c’era già un figlio ed erede pronto a prendere la corona,
Edoardo VI, e poi c’era la questione delle sue due
sorellastre, Maria ed Elisabetta, le cui pretese al trono erano
state ripristinate con il Terzo Atto di Successione del 1544.
Per Jane, quindi, tutto filò liscio come l’olio. Sposò Lord
Guildford Dudley nel 1533 e tutto ciò che dovevano fare era
sedersi e guardare il loro primo cugino Edoardo guidare
l’Inghilterra verso il futuro.
Il destino e l’ironia avevano
altri piani. Dopo i molteplici matrimoni e i tentativi di
Enrico di creare un erede maschio, Edoardo VI morì all’età di 15
anni dopo un regno disastroso ed estremamente breve come re. Sul
letto di morte, ridisegnò le regole di successione, non volendo che
il regno protestante dei Tudor finisse con la sorellastra
cattolica. Nelle sue “disposizioni per la successione”, fece
passare sia Elisabetta che Maria e, senza eredi maschi protestanti
a cui dare la corona, Lady Jane Grey divenne regina
d’Inghilterra il 10 luglio 1553.
La Grey aveva sedici anni quando le capitò questa
opportunità e, nonostante l’aspettativa di vita fosse di
soli 42 anni, non era qualcosa a cui Jane si era preparata per
tutta la vita. Chi invece si stava preparando alla monarchia era
Maria
Tudor, che fu piuttosto infelice nell’apprendere che la
posizione che le spettava era stata strappata da sotto i suoi
piedi. Mentre Jane attendeva con ansia l’incoronazione, Maria
iniziava ad accumulare un esercito di seguaci.
Secondo gli storici Wilbur
Kitchener Jordan e Geoffrey Elton, i
seguaci di Maria erano un misto di coloro che volevano schiacciare
il protestantesimo con una regina cattolica romana e di coloro che
credevano sinceramente che Maria fosse l’erede legittimo rispetto a
Jane, indipendentemente dalle differenze religiose. Dopo
tutto, era la prima figlia di Enrico da Caterina
d’Aragona, aveva il voto del popolo e l’appoggio piuttosto
improvviso del Consiglio privato d’Inghilterra.
Ci vollero solo nove
giorni, mentre Grey aspettava ansiosamente nella Torre di Londra,
perché Maria la deponesse il 19 luglio 1553. In un attimo,
prima che si potessero definire i dettagli della sua improvvisa
ascesa, il regno della regina Jane era finito. Nonostante la
sanguinosa eredità che avrebbe lasciato, Maria era riluttante a
giustiziare la prima cugina e suo marito.
Dopo tutto, i due si erano messi
sulla sua strada senza alcuna colpa, salendo al trono per un caso
fortuito grazie alle macchinazioni di John Dudley, duca di Northumberland. Per questo motivo,
dopo l’incidente, furono effettivamente agli arresti domiciliari
per diversi mesi. Tuttavia, sebbene Jane non avesse fatto nulla di
male, poiché la ribellione di Wyatt era iniziata in risposta al suo
governo, Maria vide la sua presenza come una minaccia eccessiva.
Lei e il marito furono decapitati il 12 febbraio
1554. Jane Grey aveva 17 anni.
La sua vita è stata breve, ma la
vita e la morte di Lady Jane Grey sono state oggetto di molte
rappresentazioni artistiche, come quella dipinta da Paul Delaroche nel 1833.
Questa giovane donna viene quasi delicatamente condotta al patibolo
mentre la sua ancella sviene sullo sfondo. Mark
Twain la utilizzò anche come personaggio secondario ne
Il principe e il povero, e la sua tragica storia è stata
portata sullo schermo molte volte. È stata interpretata da Helena
Bonham Carter nel film Lady
Jane del 1986 e da Bella
Ramsey nella breve serie Becoming
Elizabeth del 2022
.L’eredità
di Lady Jane Grey è stata contestata per secoli.
Fu una martire protestante?
Un’usurpatrice che tramava? L’idea contemporanea di lei è stata
ordinatamente inserita nel club delle giovani e tragiche monarche,
portate via da questo mondo senza alcuna colpa. Spogliate di gran
parte della loro capacità di agire a causa del loro sesso, vengono
portate con sé per il viaggio, impotenti a fermare le azioni di
uomini potenti che hanno condannato così tanti. Sebbene
alcuni esempi di quest’idea culturale siano difficili da
comprendere, l’epoca dei Tudor è piena di figure femminili
tragiche per le quali oggi si prova profonda simpatia. Lady Jane
Grey è innegabilmente una di queste.
Oggi Prime
Video ha svelato il trailer ufficiale di
My Lady Jane, una nuova rocambolesca
serie romantasy ambientata in una versione alt-fantasy
dell’epoca Tudor. La serie debutterà con tutti gli otto episodi
giovedì 27 giugno, in esclusiva su Prime
Video in oltre 240 Paesi e territori nel mondo.
Ispirata all’omonimo romanzo
best-seller, My Lady Jane è una radicale rivisitazione
della storia reale inglese, in cui il figlio di re Enrico VIII,
Edoardo, non muore di tubercolosi, Lady Jane Grey non viene
decapitata e con lei si salva anche quella canaglia di suo marito
Guildford. Al centro di questa nuova serie in costume, troviamo la
brillante e testarda Jane, inaspettatamente incoronata regina da un
giorno all’altro, che si ritrova a essere il bersaglio di perfidi
nemici che vogliono la sua corona (e la sua testa…). My Lady
Jane è un racconto epico di amore e avventura.
Il cast è guidato da Emily Bader,
alla sua prima prova come attrice, nel ruolo della protagonista
Jane Grey. Al suo fianco Edward Bluemel (Killing Eve) nel
ruolo di Guildford Dudley, mentre Jordan Peters (Pirates)
interpreta Re Edoardo. Dominic Cooper (Preacher) figura
nel ruolo di Lord Seymour, Anna Chancellor (Pennyworth) in
quello di Lady Frances Grey, madre di Jane e Rob Brydon (The
Trip) è Lord Dudley, padre di Guildford. Jim Broadbent (Il
ritratto del duca), invece, è il Duca di Leicester, zio di
Jane. Henry Ashton (Creation Stories: l’uomo che scoprì gli
Oasis) è Stan, fratello di Guildford, mentre Isabella Brownson
(Napoleon) e Robyn Betteridge (La ruota del
tempo) interpretano le sorelle di Jane. Kate O’Flynn
(Landscapers – Un crimine quasi perfetto) e Abbie Hern
(Enola Holmes 2) sono le sorelle del re, rispettivamente
la principessa Mary e la principessa Bess. Nel cast anche Máiréad
Tyers (Extraordinary), Joe Klocek (Chi è senza peccato
– The Dry) e Michael Workeye (This is Going to
Hurt).
1 di 5
La creatrice Gemma Burgess (autrice
della trilogia Brooklyn Girls) e Meredith Glynn (The
Boys) sono co-showrunner ed executive producer. Laurie
MacDonald (Men In Black, Il gladiatore) e Sarah Bradshaw
(La mummia e A Knight of the Seven Kingdoms: The Hedge
Knight, di prossima uscita per HBO) sono executive producers
delle serie. Jamie Babbit ha diretto cinque degli otto episodi e
figura, inoltre, come executive producer e direttore di
produzione.
Ispirata all’omonimo romanzo
best-seller, My Lady Jane
èuna radicale rivisitazione della storia reale
inglese, che debutterà con tutti gli otto episodi giovedì 27
giugno, in esclusiva su Prime
Video in oltre 240 Paesi e territori nel mondo.
Preparatevi alla tragica storia di
Lady Jane Grey, giovane nobildonna della famiglia
Tudor che fu regina d’Inghilterra per nove giorni, per essere poi
decapitata nel 1553… Al diavolo! Abbiamo riscritto la storia nel
modo in cui avrebbe dovuto accadere: la damigella in pericolo si
salva da sola. Questo è un racconto epico di amore vero e avventura
ambientato in un universo alternativo in cui si mescolano azione,
storia, fantasy, commedia, romanticismo e una storia d’amore
bollente. Tenetevi forte.
Il cast è guidato da Emily Bader,
alla sua prima prova come attrice, nel ruolo della protagonista
Jane Grey. Al suo fianco Edward Bluemel (Killing Eve) nel
ruolo di Guildford Dudley, mentre Jordan Peters (Pirates)
interpreta Re Edoardo. Dominic Cooper (Preacher) figura
nel ruolo di Lord Seymour, Anna Chancellor (Pennyworth) in
quello di Lady Frances Grey, madre di Jane e Rob Brydon (The
Trip) è Lord Dudley, padre di Guildford. Jim Broadbent (Il
ritratto del duca), invece, è il Duca di Leicester, zio di
Jane. Henry Ashton (Creation Stories: l’uomo che scoprì gli
Oasis) è Stan, fratello di Guildford, mentre Isabella Brownson
(Napoleon) e Robyn Betteridge (La ruota del
tempo) interpretano le sorelle di Jane. Kate O’Flynn
(Landscapers – Un crimine quasi perfetto) e Abbie Hern
(Enola Holmes 2) sono le sorelle del re, rispettivamente
la principessa Mary e la principessa Bess. Nel cast anche Máiréad
Tyers (Extraordinary), Joe Klocek (Chi è senza peccato
– The Dry) e Michael Workeye (This is Going to
Hurt).
La creatrice Gemma
Burgess (autrice della trilogia Brooklyn Girls) e Meredith
Glynn (The Boys) sono co-showrunner ed executive producer.
Laurie MacDonald (Men In Black, Il gladiatore) e Sarah
Bradshaw (La mummia e A Knight of the Seven Kingdoms:
The Hedge Knight, di prossima uscita per HBO) sono executive
producers delle serie. Jamie Babbit ha diretto cinque degli otto
episodi e figura, inoltre, come executive producer e direttore di
produzione.
Arriva online
My KickAss Comics, l’applicazione
facebook che ti permette di indossare i panni di un vero eroe.
Hai gli attributi per diventare un supereroe? Se hai
sempre sognato indossare i panni di un paladino della giustizia
questo è il tuo momento. Scegli una foto dai tuoi album,
personalizzala con le maschere e gli accessori del
film. Aggiungi il tuo grido di battaglia e sarai pronto a
diventare un vero Kick-Ass!
Kick-Ass
2 uscirà nei cinema in USA il 16 agosto 2013, in
Italia invece arriverà il 15 agosto.
Tutte le info utili nella nostra
scheda film: Kick Ass 2.
Trama: L’ultima
volta che abbiamo visto la ragazza assassina Hit Girl e il giovane
vigilante Kick-Ass, stavano entrambi cercando di vivere come due
normali teenager chiamati Mindy e Dave. Preoccupato del diploma di
fine anno e di un futuro alquanto incerto, Dave crea la prima
squadra di supereroi mondiali insieme a Mindy. Sfortunatamente però
Mindy viene scoperta nei panni di Hit Girl, ed è costretta a
ritirarsi, restando sola ad affrontare il terrificante mondo della
scuola, popolato da malvagie studentesse. Dave, a quel punto, si
rivolge a Justice Forever, un gruppo guidato da un ex criminale, il
Colonnello Stars and Stripes. Mentre i supereroi si danno da fare
sulle strade della città, il supercattivo di tutto il mondo, Mother
F%&*^r, crea la propria squadra e mette in atto un piano per
far pagare Kick-Ass e Hit Girl per ciò che hanno fatto a suo padre.
Ma c’è solo un problema: se ti metti contro anche un solo membro di
Justice Forever, ti metti contro tutti.
Presentato al Festival
Internazionale del Film di Roma 2014, My Italian
Secret (leggi la recensione) racconta la storia del
ciclista Gino Bartali, del medico Giovanni Borromeo e di altri
italiani che lavorarono segretamente per salvare ebrei e fuggiaschi
dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Bartali, il
vincitore del Tour de France del 1938, fece centinaia di viaggi
trasportando documenti falsi nella sua bicicletta. Il dottor
Borromeo inventò una malattia inesistente per spaventare le SS e
tenerle lontane dall’ospedale sull’Isola Tiberina in cui nascondeva
gli ebrei. My Italian Secret segue il ritorno in Italia dei
sopravvissuti che raccontano le loro storie e ringraziano le
persone che offrirono la loro vita per salvare degli
sconosciuti.
Di seguito un estratto della
dichiarazione che il Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano ha rilasciato in merito al film:
Considero saggia l’idea di
presentare il film-documentario nella giornata del 16 ottobre, data
che ci ricorda la ferita ai valori umani e di civiltà inferta dalla
deportazione di ebrei romani nel 1943. Non far dimenticare quella
stagione di orrori è indispensabile. Far conoscere con racconti di
protagonisti alcune delle coraggiose solidarietà verso le vittime
delle persecuzioni naziste è un contributo utile alla
consapevolezza della nostra società, e in particolare dei giovani,
su quanto avvenne. Una consapevolezza di continuare a
coltivare.
Con pari attenzione il
documentario ricostruisce sia i meriti di un italiano famoso, Gino
Bartali, sia quelli di altre donne e uomini privi di notorietà, tra
le quali suore e sacerdoti, che mettendo a rischio le incolumità
proprie permisero di salvare vite di concittadini di religione
ebraica e di ebrei in fuga da varie parti d’Europa. I riflettori,
in questo caso, portano la luce su un aspetto positivo di una
storia tenebrosa. Il cui valore, infatti, risalta ascoltando ciò
che, dopo aver perduto ad Auschwitz i familiari con i quali era
stato deportato, afferma Piero Terracina sulle leggi razziste
volute dal regime fascista e sull’indifferenza di tanti: “Ci hanno
portato sull’orlo dell’abisso dove poi le SS ci hanno fatto
precipitare”.
Tutti conosciamo
le imprese sportive del grande campione del ciclismo Gino
Bartali ma pochi conoscono il suo impegno umanitario
durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il figlio di Gino, Andrea
Bartali, nel documentario di Oren Jacoby My
Italian secret, ricorda una massima del padre: Il
bene si fa ma non si dice. Così, in silenzio, Bartali ha
trasportato nella canna della sua bicicletta i documenti falsi che
sono serviti a salvare molti degli ebrei che si erano rifugiati in
Italia pensando così di fuggire all’orrore nazista.
Insieme a Bartali tanti altri
italiani, degli Shindler sconosciuti, hanno rischiato la vita per
salvare le vite di persone sconosciute. Da qui il titolo del
documentario che Oren Jacoby presenterà al
prossimo Festival Internazionale del Film di Roma.
Regista, produttore e sceneggiatore,
Jacoby dichiara di essere venuto a contatto con questa storia molti
anni prima di girare il film quando, diciannovenne a Roma per
seguire un corso di regia, incontra il regista polacco
Marian Marzynski sopravvissuto alle deportazioni
naziste grazie all’aiuto di alcune persone del posto e di alcuni
religiosi che lo nascosero. In My Italian
Secret Jacoby propone anche la storia di quei bambini
che, come Marzynski, vennero salvati da questi coraggiosi italiani.
Vediamo ad esempio Charlotte Hauptman che, ormai
anziana, torna in Italia nei luoghi dove si nascose con i suoi
genitori per fuggire alle SS. La sua storia, come anche altre
storie presentate in questo documentario, racchiude molti scenari
con i quali gli ebrei si trovarono ad avere a che fare durante la
guerra in Italia. Non viene poi trascurato il ruolo che ebbe la
Chiesa Cattolica: frati e suore che in silenzio nascosero e
protessero i bambini e le loro famiglie.
My Italian
Secret è un film davvero commovente che ci mostra
come anche la persona all’apparenza più comune possa essere in
realtà un’eroe in incognito.
Cosa ci definisce come persone? La
casa in cui viviamo, gli amici che frequentiamo, la carriera che
scegliamo o l’amore che viviamo? Non c’è una risposta definitiva a
una domanda così, esistenziale, ma forse potremmo dire che dipende
da cosa si vuole essere nel presente e nel futuro, ma anche da
quello che si è stati nel passato. Parte da qui la storia di
Zeynep, da un quesito particolarmente
introspettivo, che la ragazza rivolge alla psicoterapeuta nella
sequenza iniziale di My Home My Destiny,
prima di riavvolgere il nastro della sua vita, come in un film, e
raccontarla partendo dalla casa d’infanzia in cui viveva e che ha
cominciato a plasmarla come individuo. Il prodotto turco, approdato
su Canale 5 nell’estate 2023, ha riscosso un
enorme successo, forte della presenza di Demet Ozdemir nei panni della protagonista,
che torna in auge sul piccolo schermo dopo essere diventata famosa
nel Bel Paese grazie al ruolo di Sanem in Daydreamer nel 2020.
Attenzione però: My Home
My Destiny, esattamente come tutte le opere
provenienti dalla Turchia (il cui debutto fu sancito con Cherry Season – La stagione del cuore) dal 2016 in
poi, non è né una soap opera né può considerarsi una serie
televisiva dall’impianto classico, ma si posiziona in una terra di
mezzo fra l’una e l’altra, una dizi. Per chi non
conoscesse le differenze, diciamo in breve che fra le peculiarità
più evidenti delle dizi c’è prima di tutto la durata canonica
di circa due ore a episodio, minutaggio che va a incidere sul ritmo
del racconto e sull’approccio ai personaggi, molto più lento, in
cui di conseguenza la storia ha dei tempi di assorbimento diversi
per lo spettatore.
Sono narrazioni estremamente
dilatate, spesso costruite su personaggi femminili e sulle
rispettive famiglie, in cui a essere messa in risalto, oltre alla
crescita del singolo, è la tradizione e le usanze del Paese.
Inoltre, si fa molto affidamento al voice over del main
character, il quale diventa uno strumento narrativo che permette di
addentrarsi meglio nei chiaroscuri dei personaggi, accentuare il
pathos e far sentire lo spettatore più coinvolto in ogni scelta dei
protagonisti, mentre esperiscono la vita. Le dizi turche non si
incasellano in un unico genere, seppur quelle arrivate sulle nostre
reti siano principalmente di stampo romantico (ne fanno parte
Cherry Season e Daydreamer) e drammatico.
My Home My Destiny: una
dizi quanto più attuale
Ed è proprio il dramma – o meglio il
melò – su cui si cuce la storia di My Home My
Destiny, diretta da Çağrı Bayrak e adattata dal libro
Camdaki Kız della scrittrice Gülseren
Budaçioğlu. Come suggerisce lo stesso titolo, per
Zeynep la casa in cui vive è il suo destino, già scritto,
che si deve solo compiere. Cresciuta in una disfunzionale famiglia
povera di Balat, con un padre alcolizzato e violento e una madre
schiava del suo potere, Zeynep viene adottata da piccola da una
coppia facoltosa nella Istanbul “da bene”, consegnata dagli stessi
genitori per permettere alla figlia di istruirsi. In realtà, è la
madre Sakine a decidere di concederla a Nermin ed Ecrem, in primis
per garantirle un futuro migliore e in secondo luogo per evitare
che anche lei soccomba a un padre padrone per niente amorevole.
Diversi anni dopo, intrapresi gli
studi alla facoltà di legge e oramai coinvolta a pieno nella sua
vita elitaria, Zeynep reincontra la madre biologica al suo
compleanno, da cui affioreranno una serie di sensi di colpa,
scaturiti per non aver avuto il coraggio di dire a nessuno la
verità né sulla sua doppia famiglia (e vita) né su chi sia per
davvero. Tornata nel quartiere d’origine per recuperare il tempo
perso con la madre, si lascia covincere da quest’ultima a sposare
un uomo molto umile che neppure conosce, Mehdi,
con il quale intraprende una relazione tossica. Tracciate le
coordinate della storia, è chiaro che il nucleo centrale di
My Home My Destiny sono gli abusi
– psicologici e fisici –, il patriarcato, l’emancipazione femminile
e la percezione errata che si ha di sé se alle spalle si ha un
contesto familiare poco chiaro e problematico.
La dizi, come si è potuto intuire,
affronta tematiche molto care al giorno d’oggi e ne approfondisce
ogni aspetto senza mai tirarsi indietro, ma anzi guardandolo da
ogni prospettiva e angolazione proprio grazie a tempi estesi che
permettono un’accurata riflessione in merito. Essendo un prodotto
fruibile da chiunque, considerata anche la disponibilità sull’app
gratuita Mediaset Infinity, riesce ad abbracciare un pubblico molto
ampio ed eterogeneo, e la sua presenza in piattaforma è essenziale
e di estremo valore, poiché permette a tutti di dialogare con
alcuni argomenti per i quali, ancora adesso, si ha un atteggiamento
di negazione o rigetto. Ma esistono, diremmo anche purtroppo,
nonostante i cambiamenti messi in moto ma non ancora completati, e
un’opera del genere – proprio nella sua semplicità narrativa – è in
grado di essere decodificata senza per forza ricorrere all’arte
cinematografica più stratificata (come può esserlo magari il nuovo
Povere
Creature!, per intenderci).
La presa di potere, il desiderio di
riscatto
Una delle prime tematiche che
emergono in My Home My Destiny è la
violenza sulle donne. I complessi che Zeynep si
porta con sé derivano da un’infanzia infelice nella quale, come si
evince sin dai primi frame, è la sopraffazione a dominare. Il padre
ha sempre usato la forza bruta nei confronti della madre,
denigrandola e malmenandola. Anche nei riguardi della figlia,
Bayram non ha mai avuto la sensibilità per comprendere i suoi
bisogni, traumatizzandola (le bruciava i libri, per dirne una) e
impedendole di potersi formare attraverso un percorso scolastico.
Il tipico uomo meschino, limitato e dalla dubbia morale, in cui
vengono declinate la maggior parte delle bruttezze dell’animo
umano. Usa le mani per farsi ascoltare, per sentirsi superiore, e
la ferocia delle parole per mettere a tacere.
L’ignoranza, legata alla condizione
economica precaria in cui vive, in questo caso gravano ancor di più
sul suo temperamento e le sue idee misogine, che però al tempo
stesso innescano in Zeynep, gradualmente, il senso di riscatto sia
per lei che per la madre Sakine, da sempre succube e sottomessa. È
da qui che infatti parte un percorso atipico di formazione
e crescita della ragazza: Zeynep comincia a maturare
realmente e a interfacciarsi davvero con gli eventi duri della vita
solo in età adulta, quando il suo passato le bussa nuovamente alla
porta e lei deve gestirlo. Chiusa precedentemente nella bolla
dell’agio e del lusso in cui i genitori adottivi l’avevano
inserita, la giovane intraprende un arduo percorso di
consapevolezza di sé solo nel momento in cui la realtà che aveva
abbandonato fa irruzione nella dimensione quasi perfetta in cui si
cullava, obbligandola a fare i conti con la persona che è
davvero.
Non avendo un’immagine solida e
completa di se stessa, Zeynep non sa chi sia, è irrisolta, poiché
voltandosi indietro trova davanti a sé due mondi opposti in cui,
ancora, non sa precisamente dove collocarsi, e che hanno solo
contribuito a frammentarla quando era bambina non riuscendo nel
tempo a ricucirla. Trovare la forza di scavare nelle proprie paure
e turbamenti, avere il coraggio di affrontare i propri demoni e
guardare a testa alta le difficoltà quotidiane senza dissimulare,
diventa il primo e più importante passo verso l’auto affermazione.
Ma per farlo, dice lo show, bisogna intanto accettare il passato,
elaborarlo, poiché solo così si può capire fino in fondo la propria
personalità e migliorare il proprio futuro e quello delle persone
che si hanno accanto.
Vivere per far valere i propri
diritti
Se dunque è vero che per avere piena
dimensione di sé bisogni guardare in faccia ciò che è stato e
assimilarlo, c’è anche da considerare che all’inizio del processo,
per un animo fragile, può essere disastroso. Nonostante Zeynep sia
certa dei suoi ideali e dei suoi principi, alcune certezze crollano
quando realizza la sofferenza che ha patito la madre biologica, la
quale per tanto tempo ha dovuto sopportare (per il suo bene) di
vederla nelle braccia e nella casa di un’altra donna. È lì infatti
che arriva la rottura dentro Zeynep, quando diventa consapevole di
aver provocato – pur indirettamente – un dolore che deve tentare di
colmare in tutti i modi possibili, pur compiendo scelte sbagliate.
Non avendo una stabilità né in una famiglia né in un’altra, come
una nomade, Zeynep smarrisce la strada,
per poi ritrovarla solo dopo aver attraversato una grossa
tempesta.
Una tempesta furiosa che ha il nome
di Mehdi, vecchio amico del fratello, con il quale la madre decide
di farla convolare a nozze combinate per rendere lei stessa
finalmente felice. L’ingresso in questa terza e nuova famiglia
mette in risalto da una parte la mentalità antiquata che ancora
corrode alcuni tessuti sociali, in questo caso circoscritti a
Balat, uno dei quartieri più conservatori e arretrati di Istanbul,
dall’altra il desiderio di libertà ed emancipazione, che in Zeynep
arde come una fiamma viva e accecante. “Sii obbediente,
compiacilo, stai sempre un passo dietro di lui e andrà tutto
bene”, dice a un certo punto la madre di Mehdi a Zeynep quando
i due si sposano, sollevando un altro argomento che mai come in
questi nostri tempi difficili sta molto a cuore: il
patriarcato. Il Mehdi che inizialmente si presenta
al pubblico non è burbero o malvagio, e lo diventa con il tempo
solo a causa della sua stessa insicurezza, scaturita da un lato da
dubbi infondati ma alimentati in principal modo dalla sorella
retrograda Mujgan, che si sostituisce alla madre, dall’altro dal
suo non sentirsi all’altezza per un discorso di estrazione sociale,
a cui subentra anche un’inferiorità estetica.
Nella famiglia dell’uomo, prima
responsabile della messa in moto del suo cambiamento, vige poi
l’idea indiscussa per la quale la donna debba essere rilegata nel
ruolo di moglie e madre, a tal punto da doversi svegliare prima di
lui al mattino per fargli trovare la colazione pronta. Sono
convenzioni e rigide regole socio-culturali in cui Zeynep sin da
subito non vuole incatenarsi, lottando con le unghie e con
i denti per la sua indipendenza e la sua libertà di pensiero. Non
incline ad essere accondiscendente, ma desiderosa di sperimentare
la vita, la ragazza si scontra ben presto con un muro
insormontabile, che dipende – ancora una volta – dal contesto
familiare in cui si trova (Mehdi inizialmente non sposava lo stesso
pensiero della sua famiglia), e che usa la tradizione come appiglio
per confinare la figura femminile in soli due specifici ruoli e
forgiare menti potenzialmente pericolose. Vestirsi un po’ più
scollata, ritardare un po’ di più a lavoro con il capo (che è un
uomo), uscire e avere un proprio unico pensiero sono tutti fattori
che depotenziano e sgonfiano l’ego maschile, in tal caso quello di
Mehdi, imbruttendo nell’animo un personaggio che al suo debutto –
pur essendo fumantino – era fondamentalmente buono. Tanto da farla,
all’inizio, innamorare.
Non avere paura di lottare
La partita di My Home My
Destiny si gioca in sostanza tutta qui: sfruttando
l’ambito familiare, il quartiere povero e gli usi e i costumi di
una comunità non ancora à la page con i tempi, la dizi turca
evidenzia attraverso la battaglia di Zeynep per far valere
se stessa in quanto donna, quanto ancora oggi la strada
per sbrogliarsi dalle catene sociali e dalla mentalità patriarcale
sia ancora tutta da battere. Il personaggio di Mehdi rappresenta la
trasformazione in cui può incorrere un uomo qualora gli venga
toccata la sua virilità o, ancor peggio, quando è plagiato dalla
sua stessa famiglia, problematica che tutt’ora viene confermata
quando ad un atto violento si attribuisce anche la “colpa
genitoriale” di non aver educato al meglio i propri figli, avendo
la responsabilità di insegnar loro come stare al mondo. Ciò che
porta sul piccolo schermo My Home My
Destiny è in fondo lo specchio della nostra società,
di alcune radici marce non ancora estirpate, in cui c’è una
specifica forma mentis per la quale una donna non può essere allo
stesso livello di un uomo o avere le stesse concessioni, altrimenti
le graverà come una spada di Damocle sempre l’etichetta più
dispregiativa che ci sia.
Ponendo però Zeynep a contrasto di
una “deformità sociale di giudizio” ancora persistente, la dizi
dimostra con il lieto fine della protagonista che ogni sopruso,
aggressione o gesto irrispettoso possono comunque essere
combattuti, e che denunciare, o più in generale agire contro gli
abusi di qualsiasi tipo (e genere), non è mai sbagliato. Le
prospettive di salvezza non sono pari a zero, e se ci si affida
alle persone che ci amano e che noi amiamo, si può sempre
affrontare quel qualcosa che si presenta come una montagna troppo
difficile da scalare. La speranza per cambiare le cose
c’è. Basta solo non perderla, come fa Zeynep che abbatte
le sue paure e raccoglie tutte le sue energie per far valere i
propri diritti come donna, figlia, madre e sorella. Senza mai
essere sola, ma sostenuta sempre da altre figure femminili,
raccontando così una bellissima parabola di solidarietà. E allora,
se ancora non lo avete visto, il consiglio è di non farselo
scappare.
Le prime immagini di
My Hero Academia: You’re Next, diretto da Tensai
Okamura (Naruto: Snow Princess’ Book of Ninja Arts), il
nuovo capitolo cinematografico della celebre serie di Weekly Shonen
Jump uscirà nelle sale il 10 ottobre distribuito in Italia da Eagle
Pictures.
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“My Hero Academia”
è una serie anime giapponese basata sul popolari manga di Kohei
Horikoshi, ambientata in un mondo in cui circa l’ottanta per cento
della popolazione possiede superpoteri, i Quirk. Gli eroi
proteggono le persone e la società dagli incidenti, dai disastri e
dai criminali che usano i loro Quirk per il male. La storia segue
le vicende del protagonista Izuku Midoriya, chiamato Deku, e dei
suoi compagni di classe alla U.A. High School che aspirano a
diventare eroi.
Il manga originale “My Hero
Academia” ha venduto oltre 100 milioni di copie in tutto il mondo,
apparso più volte nella lista dei bestseller del New York Times è
uscito a puntate su Weekly Shonen Jump di Shueisha debuttando nel
2014. L’adattamento televisivo della saga è stato trasmesso nel per
la prima volta nel 2016, ci sono state sette stagioni di cui
l’ultima è andata in onda nella primavera del 2024. Dopo il primo e
il secondo lungometraggio, il terzo film World Heroes’
Mission (2021) ha battuto i record di successo del franchise,
guadagnando oltre 46,9 milioni di dollari al botteghino, My
Hero Academia: You’re Next è il quarto film. Come nei tre
lungometraggi precedenti, Kohei Horikoshi, l’autore della storia
originale, è coinvolto anche in questo nuovo capitolo come
supervisore generale e disegnatore dei personaggi originali, dando
vita a una storia mai vista prima.
La trama di My Hero Academia:
You’re Next
In una società in cui eroi e cattivi
si scontrano continuamente in nome della pace e del caos, Deku, uno
studente della U.A. High School che aspira a diventare il miglior
eroe possibile, affronta il cattivo che imita l’eroe che ammira da
tempo. Riusciranno Deku e il resto della U.A. High Class 1-A a
proteggere il mondo ponendo fine a Dark Might, l’uomo che sostiene
di essere il nuovo Simbolo della Pace?
Ecco il Trailer Ufficiale
di
My Hero Academia: You’re Next che arriverà
in sala a partire dal 10 ottobre distribuito da SONY PICTURES
ITALIA.
“My Hero Academia”
è una serie anime giapponese basata sul popolari manga di Kohei
Horikoshi, ambientata in un mondo in cui circa l’ottanta per cento
della popolazione possiede superpoteri, i Quirk. Gli eroi
proteggono le persone e la società dagli incidenti, dai disastri e
dai criminali che usano i loro Quirk per il male. La storia segue
le vicende del protagonista Izuku Midoriya, chiamato Deku, e dei
suoi compagni di classe alla U.A. High School che aspirano a
diventare eroi.
Il manga originale “My Hero
Academia” ha venduto oltre 100 milioni di copie in tutto il mondo,
apparso più volte nella lista dei bestseller del New York Times è
uscito a puntate su Weekly Shonen Jump di Shueisha debuttando nel
2014. L’adattamento televisivo della saga è stato trasmesso nel per
la prima volta nel 2016, ci sono state sette stagioni di cui
l’ultima è andata in onda nella primavera del 2024. Dopo il primo e
il secondo lungometraggio, il terzo film World Heroes’
Mission (2021) ha battuto i record di successo del franchise,
guadagnando oltre 46,9 milioni di dollari al botteghino, My
Hero Academia: You’re Next è il quarto film. Come nei tre
lungometraggi precedenti, Kohei Horikoshi, l’autore della storia
originale, è coinvolto anche in questo nuovo capitolo come
supervisore generale e disegnatore dei personaggi originali, dando
vita a una storia mai vista prima.
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La trama di My Hero Academia:
You’re Next
In una società in cui eroi e cattivi
si scontrano continuamente in nome della pace e del caos, Deku, uno
studente della U.A. High School che aspira a diventare il miglior
eroe possibile, affronta il cattivo che imita l’eroe che ammira da
tempo. Riusciranno Deku e il resto della U.A. High Class 1-A a
proteggere il mondo ponendo fine a Dark Might, l’uomo che sostiene
di essere il nuovo Simbolo della Pace?
A distanza di un anno dal primo
annuncio, abbiamo ora la conferma che il live action di My
Hero Academia in programma con Netflix è
entrato in produzione. A confermarlo è stato il produttore
Joby Harold che, nel corso di un’intervista su
Monarch: Legacy of Monsters di
Apple
TV, ha spiegato che anche il progetto dal vivo
sull’amata serie giapponese è in fase di sviluppo.
In merito allo sviluppo del film,
Harold, che su IMDb è accreditato anche come
sceneggiatore, ha dichiarato: “È qualcosa su cui sto lavorando
e su cui adoro lavorare. Sono entusiasta di farlo e di farlo
vedere. È grande.” Ad Harold è stato anche chiesto se fosse
qualcosa su cui stava “lavorando attivamente” e lui ha
risposto semplicemente con “Sì“.
Quando gli sono stati chiesti
maggiori dettagli sul tipo di adattamento che si sta portando
avanti, ha detto: “Posso parlare del fatto che è live-action e
penso che probabilmente sia tutto ciò che posso dire. Mi sto
davvero divertendo… È fantastico. È un’opportunità straordinaria e
ne sono davvero entusiasta.”
Oltre a Netflix, il film
sarà prodotto insieme alla Legendary Entertainment, Kôhei
Horikoshi è accreditato su IMDB come sceneggiatore del
progetto insieme ad Harold, mentre Shinsuke Sato è
accreditato come regista. La piattaforma indica diversi altri
crediti per il film, tra cui Don Burgess come direttore della
fotografia, Jay Ashenfelter come produttore e
Spencer Averick come caporedattore.
Il film live-action di My
Hero Academia sarebbe il quarto film sul franchise
ambientato in un mondo di supereroi e segue un aspirante eroe che
non ha alcuna “particolarità”, ma frequenta un’accademia in cui si
addestrano gli eroi più potenti del mondo. Il primo film,
My Hero Academia: Two Heroes, è uscito nel 2018, e
gli altri due, My Hero Academia: Heroes Rising e
My Hero Academia: World Heroes’ Mission, sono
usciti rispettivamente nel 2019 e nel 2021.
My Hero Academia, nato nel 2014 e
conosciuto come uno dei manga più venduti di tutti i tempi, è stato
adattato in un’amata serie anime con lo stesso nome nell’aprile
2016. Una settima stagione dell’anime è attualmente in fase di
sviluppo, così come un quarto adattamento cinematografico
d’animazione.
I Wonder Pictures è lieta di
annunciare che MY GENERATION di David Batty arriverà
nelle sale italiane dal 22 al 29 gennaio con le I Wonder
Stories, appuntamento mensile per poter vedere su grande
schermo i documentari più straordinari e le storie più rivelatrici,
e coglie l’occasione per diffondere il poster e il trailer italiani
del documentario.
MY GENERATION, presentato
Fuori Concorso alla 74° Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia, è un vivo e suggestivo racconto
personale attraverso gli anni ’60 londinesi narrato dall’icona del
cinema Sir Michael Caine.
La Londra degli anni Sessanta:
l’esplosione della cultura pop, la Beatlemania, la minigonna, la
fame creativa. Le barriere culturali crollano e fa la sua comparsa
una generazione completamente nuova: anticonvenzionali, ribelli,
pieni di energia, non fanno parte di una élite aristocratica
ingessata e lontana dalla realtà. Sono i giovani della working
class.
L’attore premio Oscar® Sir Michael
Caine ci porta per mano nella mitica Swinging London alla
riscoperta degli artisti che fecero grande quella stagione
culturale, dai Beatles a Twiggy, dal fotografo
David Bailey a Marianne Faithfull, dai Rolling
Stones alla stilista Mary Quant, creatrice della
minigonna. Per raccontare con ritmo e immagini travolgenti una
stagione creativa irripetibile.
MY GENERATION sarà preceduto in
sala da una vide-introduzione di Giovanni Veronesi e
Massimo Cervelli, voci di Radio2, conduttori della
trasmissione Non è un paese per giovani.
Il progetto I Wonder Stories è
realizzato in collaborazione con Biografilm Festival –
International Celebration of Lives, Regione
Emilia-Romagna, Unipol Gruppo Finanziario,Sky Arte
HD, Radio2, FICO Eataly World, Archilovers e
MYmovies.it.
Goblin, tristi mietitori, volpi a
nove code o demoni infernali: chi è avvezzo ai prodotti sudcoreani
conosce molto bene queste affascinanti e perdute creature tanto
care alla tradizione folcloristica dell’Asia orientale. Ed è
proprio un seducente e infido angelo delle tenebre
a essere il protagonista del nuovo romantico k-drama
fantasy My Demon (in hangeul 마이 데몬), disponibile
dal 24 novembre su Netflix.
La serie, composta da 16 episodi di circa un’ora
ciascuno e pubblicata a puntate ogni venerdì e sabato,
porta sul piccolo schermo due celebri e giovani attori:
Song Kang, volto noto al pubblico netflixiano per
le serie Sweet Home, Love Alarm, Navillera e
Previsioni d’amore; e la dolce Kim
Yoo-jung, comparsa sulla piattaforma lo scorso anno con il
commovente dramma adolescenziale 20th Century Girl.
Trama di My Demon
Do Do-hee (Kim
You-jung) è una temuta ereditiera e implacabile imprenditrice a
capo della Mirae F&B, azienda alimentare del conglomerato
industriale Mirae Group. Jeong Gu-won (Song Kang),
invece, è un affascinante demone centenario che vive sulla Terra
stipulando contratti con persone disperate e sfinite dalle
avversità della vita, disposte a barattare la propria
anima pur di vedere esaudito un loro desiderio. I due si
incontrano, per caso o per destino, il giorno del ventottesimo
compleanno di Do-hee: costretta ad andare a un appuntamento al buio
dall’ “Onnipotente Ju”, la sua madre adottiva e presidente del
Mirae Group, Do-hee si ritrova nel ristorante sbagliato con Gu-won,
intento a festeggiare con una torta l’ennesimo contratto del
diavolo. Dopo quell’imbarazzante e accidentale
incontro, le loro vite si incrociano ancor di più quando
Do-hee viene rapita da un serial killer. Attirato dalla sua paura e
disperazione, Gu-won la raggiunge per pattuire un contratto che le
permetta di salvarsi ma – proprio nel momento in cui Do-hee è
pronta a promettere la sua anima – improvvisamente i poteri
del demone si trasferiscono a lei, legando ora la sua
esistenza alla giovane donna.
My Demon – In foto l’attore Song Kang nei panni del demone
Gu-won.
«I cattolici credono che gli
uomini abbiano tre tipi di nemici. Il primo è il loro corpo, che li
indebolisce dall’interno con tratti come la pigrizia. Il secondo è
la loro vita terrena, che li divora dall’esterno. Il loro terzo e
ultimo nemico sono gli spiriti maligni, che
ingannano gli umani con modi arroganti ma
affascinanti, mimandoli dall’interno all’esterno. Ma chi
ha mai visto uno spirito maligno? E se esistessero, sarebbero
comunque forze esterne, perché anche se possono portare le persone
sulla cattiva strada, tutto il male del mondo nasce
comunque dai desideri degli uomini.» – il demone
Jeong Gu-won.
La difficoltà di distinguere gli amici dai nemici, gli
angeli dai demoni
Il primo episodio, intitolato
“Vita fosca”, presenta fin da subito ciò
che saranno le dinamiche principali su cui si baserà l’intera
storia. Do-hee e Gu-won sono improvvisamente e
incomprensibilmente legati l’un l’altra dalla vita e la
morte: dal loro primo incontro, Gu-won salva più volte la
vita di Do-hee, messa in pericolo dalla sua posizione di potere
nell’azienda di famiglia, mentre lei è l’unica possibilità che
Gu-won ha di poter riavere i suoi poteri oscuri ed evitare
l’autodistruzione. L’episodio, infatti, si apre con ciò che sarà
una delle scene più emblematiche della serie: Do-hee, in fuga da un
misterioso e spaventoso uomo, corre nel buio in cerca di aiuto
finché, nella fitta nebbia innanzi a sé, riconosce il volto di
Gu-won.
My Demon – In foto l’attrice Kim You-jung nel ruolo della fredda
ereditiera Do-hee.
“È come se la mia vita fosse
avvolta nella nebbia”, dice Do-hee. “Come
distinguo gli amici dai nemici?O sono
completamente circondata da nemici? Chi si avvicina a me attraverso
la nebbia è un demone o un angelo?”. È da queste domande che
si intesse frettolosamente una trama che dal fantasy passa ben
presto a un intricato e confuso thriller che ruota
intorno all’avara famiglia del Mirae Group, di cui Do-hee diviene
il bersaglio e vittima. Lo spettatore è così coinvolto in un gioco
pericoloso di inganni, assassini e committenti misteriosi in cui si
affianca la tenera e surreale storia d’amore di un demone e
della sua umana, una storia che commuove e diverte anche
grazie all’evidente alchimia fra i due talentuosi attori.
Tutti hanno un demone nel cuore
My Demon incarna alla
perfezione il classico k-drama fantasy, racchiudendo in sé
tutti i cliché della serialità sudcoreana:
l’estremo romanticismo enfatizzato da iconici slow motion
(per esempio, la classica caduta di lei tra le braccia di lui o gli
intensi – e fin troppo lunghi – momenti di scambio di sguardi); il
traumatico e difficile passato di uno (o entrambi) i protagonisti;
l’alternarsi costante di momenti drammatici a quelli più buffi e
spiritosi e, ancora, la classica mescolanza di generi che partecipa
a complicare e arricchire la trama principale con ulteriori e
imprevedibili sotto-trame.
My Demon – In foto (da sinistra a destra) Song Kang e Kim
You-jung.
Per chi è, dunque, un veterano della
produzione televisiva del Sud Corea, My Demon
probabilmente non apporta nulla di nuovo e
originale al già ricco catalogo Netflix dedicato
all’Oriente. Nonostante ciò, la serie con la coppia
Kang e You-jung – tra profondi drammi familiari,
pericolose lotte di potere e inspiegabili forze
sovrannaturali – si lascia guardare con estrema facilità,
incuriosendo e coinvolgendo sempre più il pubblico che resta
piantato davanti lo schermo col fiato sospeso in attesa di scoprire
cosa accadrà e nella speranza di vedere, ancora una volta, il
prevedibile ma tanto confortevole lieto fine che tanto distingue i
prodotti provenienti dall’amato, e ora in voga, Hanguk.
Secondo quanto apprendiamo da
Bloody Disgusting, la Blumhouse starebbe
sviluppando un nuovo film di My Bloody Valentine.
Al momento non sono disponibili ulteriori dettagli e non è chiaro
se si tratterà di un sequel del vecchio film o di un remake.
Di cosa parlava il film originale
My Bloody Valentine?
Diretto da George
Mihalka, il film originale My Bloody
Valentine è uscito nel 1981. Era interpretato da
Paul Kelman, Lori Hallier, Neil Affleck, Cynthia Dale, Don
Francks e Keith Knight. Anche se all’epoca non fu un
grande successo al botteghino, My Bloody Valentine sviluppò un
seguito di culto nel corso degli anni.
“Il giorno di San Valentino,
qualcuno perde sempre il proprio cuore”, recita la descrizione del
film del 1981. “Vent’anni fa, questa piccola città perse molto di
più. Quando i supervisori abbandonarono i loro incarichi per
partecipare al ballo annuale della città, una tragedia causò la
morte di cinque minatori. L’unico sopravvissuto, Harry Warden, fu
ricoverato in un istituto, ma tornò per un massacro vendicativo nel
primo anniversario del disastro. Diciannove anni dopo, la città si
sta preparando per un’altra festa di San Valentino. Gli innamorati
T.J. e Sarah, insieme al loro amico Axel, sono tra i partecipanti
alla festa. Ma quando arriva una scatola di caramelle contenente un
inquietante avvertimento e un cuore intriso di sangue, gli abitanti
della città si rendono conto che il romanticismo è bello che morto.
E anche loro…”
Patrick Lussier ha realizzato un
remake, My Bloody Valentine 3D, nel 2009. Interpretato da Jensen
Ackles, Chris Carnel, Jaime King e Kerr Smith, il film, distribuito
da Lionsgate, è stato un grande successo, con un incasso di 100,7
milioni di dollari al botteghino mondiale a fronte di un budget
stimato di 14 milioni di dollari.
Prime Video USA ha diffuso il primo
trailer dell’annunciato film Amazon Studios, My Best
Friend’s Exorcism, l’horror comedy che arriverà in
esclusiva su Prime
Video sabato 30 settembre. Basata sull’omonimo romanzo
bestseller del 2016 di Grady Hendrix, la commedia horror vede come
protagonisti Elsie Fisher (Texas
Chainsaw Massacre, Eighth Grade) e Amiah
Miller (The Water Man,
War For the Planet of the Apes) nei panni delle
migliori amiche Abby e Gretchen che si trovano con un
problema da “far girare la testa” quando quest’ultimo è posseduto
da una forza demoniaca dopo essere scomparso nel bosco.
“Il film è incentrato su
Abby e Gretchen, che sono migliori amiche, e durante una notte
nella baita dei genitori di un amico, escono a fare una
passeggiata e finiscono in uno strano edificio nel bosco”,
ha rivelato il regista Damon Thomas a EW. “Succede
qualcosa di brutto e Gretchen da quel momento in poi inizia a
comportarsi in modo strano”. Abby viene informata che la
sua amica potrebbe richiedere un esorcismo da parte di un
cristiano evangelico interpretato da Christopher
Lowell di GLOW , e la coppia
inizia a raccogliere gli oggetti benedetti necessari per eseguire
il rituale.
La trama del film
“ L’anno è il 1988. Le studentesse
del secondo anno delle superiori Abby e Gretchen sono migliori
amiche dalla quarta elementare. Ma dopo che una serata di
immersione in magro è andata disastrosamente storta, Gretchen
inizia a comportarsi… in modo diverso. È lunatica. È
irritabile. E bizzarri incidenti continuano a succedere ogni
volta che è nelle vicinanze. L’indagine di Abby la porta ad
alcune scoperte sorprendenti e quando la loro storia raggiunge la
sua terrificante conclusione, il destino di Abby e Gretchen sarà
determinato da un’unica domanda: la loro amicizia è abbastanza
potente da sconfiggere il diavolo?
RS Productions in
collaborazione con Mirari Vos ha diffuso il trailer del
film MUTI, in uscita nei cinema italiani dall’11
maggio. MUTI,
è action thriller prodotto da Iervolino & Lady Bacardi
Entertainment, co-diretto da George Gallo,
Francesco Cinquemani e Luca Giliberto e con il Premio
Oscar Morgan
Freeman nei panni di un esperto antropologo coinvolto
nelle indagini su un serial killer che uccide secondo un arcaico
rituale africano. Nel cast anche Cole Hauser, Peter
Stormare, Vernon Davis el’italiano
Giuseppe Zeno. Il film si snoda infatti tra diverse location in
Italia e negli Stati Uniti, con le strade di Roma che si
giustappongono all’atmosfera rurale del Mississipi.
Il titolo del film prende il nome
dall’omonima parola che in Swahili significa medicina ma ha anche
un significato più oscuro. Il rituale MUTI è una forma di
sacrificio umano diffuso tra alcune tribù africane, in cui
l’uccisione viene eseguita dopo che parti del corpo sono state
rimosse con precisione mentre la vittima è ancora viva, affinché le
grida possano evocare le divinità. Questi riti vengono macabramente
celebrati e commissionati agli sciamani per ottenere maggiore
successo, potere, energia o fortuna.
MUTI
non è solo un action thriller che racconta di un inseguimento a uno
spietato quanto fanatico serial killer, ma è anche la storia di due
persone che si uniscono per uno scopo comune ma non rivelano mai
chi sono veramente e custodiscono oscuri segreti che portano dentro
di sé.
La trama del film
Incapace di processare il lutto
per la morte della figlia il Detective Boyd (Hauser), a pochi
giorni dalla pensione, si lancia nella drammatica caccia ad un
serial killer misterioso che uccide secondo un brutale rituale
tribale: il Muti. L’unico che può aiutare Boyd è il Professor
Mackles (Freeman), antropologo di origine africana che nasconde un
inconfessabile segreto.
Ecco una clip esclusiva di
Muti, action thriller prodotto da Iervolino & Lady
Bacardi Entertainment, co-diretto da George
Gallo, Francesco Cinquemani e
Luca Giliberto e con il Premio Oscar®
Morgan Freeman nei panni di un esperto
antropologo coinvolto nelle indagini su un serial killer che uccide
secondo un arcaico rituale africano.
Nel cast anche Cole
Hauser, Peter Stormare, Vernon
Davis e l’italiano Giuseppe Zeno. Il
film, distribuito da RS Productions in collaborazione con Mirari
Vos, arriva in sala l’11 maggio.
https://www.youtube.com/watch?v=TfSbA4eO3y8
Il
titolo del film prende il nome dall’omonima parola che in Swahili
significa medicina ma ha anche un significato più oscuro. Il
rituale MUTI è una forma di sacrificio umano diffuso tra alcune
tribù africane, in cui l’uccisione viene eseguita dopo che parti
del corpo sono state rimosse con precisione mentre la vittima è
ancora viva, affinché le grida possano evocare le divinità. Questi
riti vengono macabramente celebrati e commissionati agli sciamani
per ottenere maggiore successo, potere, energia o
fortuna.
MUTI non è
solo un action thriller che racconta di un inseguimento a uno
spietato quanto fanatico serial killer, ma è anche la storia di due
persone che si uniscono per uno scopo comune ma non rivelano mai
chi sono veramente e custodiscono oscuri segreti che portano dentro
di sé.
Muti, la trama
Incapace di processare
il lutto per la morte della figlia il Detective Boyd (Hauser), a
pochi giorni dalla pensione, si lancia nella drammatica caccia ad
un serial killer misterioso che uccide secondo un brutale rituale
tribale: il Muti. L’unico che può aiutare Boyd è il Professor
Mackles (Freeman), antropologo di origine africana che nasconde un
inconfessabile segreto.
Sono state diffuse le prime immagini
di Mute, lo sci-fi di Duncan
Jones che vede protagonisti Paul Rudd e
Alexander Skarsgard a cui si è unito anche
Justin Theroux.
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Mute,
prossimo film di Duncan Jones, distribuito da Netflix
Scritto da Jones e Mike
Johnson, il film verrà prodotto da Stuart
Fenegan della Liberty Films. Nel progetto saranno
coinvolti anche Sam Rockwell, già splendido
protagonista di Moon, e Clint
Mansell, per la colonna sonora. Nel cast del film
Paul Rudd, Alexander Skarsgard e
Justin Theroux.
Ambientato a Berlino tra 40 anni,
Mute è incentrato su Leo Beiler (Skarsgard), un
barista muto che ha solo una ragione per vivere, ma ora è sparita.
Quando la ricerca della ragazza da parte di Leo lo costringe ad
addentrarsi fin nelle viscere della città, una strana coppia di
chirurghi americani (guidata da Rudd) sembra l’unico indizio
ricorrente, e Leo non riesce a capire se i due potrebbero essere
utili o se dovrebbe temerli.