Si è svolta oggi a Roma la
conferenza stampa del film Mommy,
l’ultima fatica del giovanissimo enfant prodige del cinema
mondiale Xavier Dolan, durante l’incontro parla a
ruota libera di sé, della sua filmografia, dei suoi progetti
futuri, di Hollywood e degli Oscar.
In Mommy come
nei suoi precedenti lavori, il tema centrale è la figura femminile,
e nello specifico materna: la sua attenzione particolare nasce da
un’esperienza autobiografica, ovvero il fatto di essere stato
cresciuto dalla madre e della nonna, con l’assenza pesante della
figura paterna. Crescendo, ha sviluppato nei suoi film un’ottica
particolare per i temi della maternità, dell’essere figli, del
rapporto d’amore tra queste due figure. Da sempre Dolan ha
assistito a figure femminili che lottano, combattono e reagiscono
per conquistare uno status sociale, una condizione umana e sociale:
sono figure dolenti, eleganti e stratificate che restituiscono
sullo schermo questa complessità del loro animo. Il rapporto del
regista con sua madre, fondamentale e già analizzata nei suoi
precedenti lavori, è ancora presente anche in questa nuova fatica;
però mentre la sua prima pellicola, J’ Ai Tuè Ma
Mère, era autobiografico, personale e femminile al
100%, nelle opere successive ha cercato di non interpretare solo a
livello terapeutico il suo passato, ma di cercare di capire sé
stesso e la vita in generale. La figura che cerca di analizzare è
quella archetipica DELLA madre, non di una madre specifica, bensì
un personaggio generale ricco e sfaccettato che porta con sé un
universo complesso legato alle scelte personali e al proprio
passato.
Successivamente la conversazione si
è spostata sul ruolo della musica: quanto è importante la scelta
musicale e la colonna sonora nei suoi film? Secondo Dolan, la
musica è fondamentale in un film e spesso è la fonte d’ispirazione
primaria per la nascita di alcune scene chiave, prima ancora che il
regista stesso abbia un’idea d’insieme di ciò che andrà a girare.
Una pellicola è come una partitura musicale, dove ogni dettaglio, i
silenzi e i suoni creano una composizione unica con ogni nota al
posto giusto, creando delle suggestive immagini mentali che poi
vengono decodificate tramite il linguaggio audiovisivo. In Mommy Dolan
aveva già in mente che, a livello tecnico, avrebbe girato in 1:1 ma
non aveva previsto ancora la “grammatica” precisa con la quale
avrebbe interpretato l’insieme: il regista confessa di procedere
ordinatamente nel suo processo creativo partendo dalla scrittura,
immaginando poi il montaggio e infine approdando ad importanti
rivelazioni sulla lavorazione del film. L’apporto degli attori-
attraverso la recitazione e l’improvvisazione- è fondamentale per
la creazione di un lavoro unico; il regista ammette di essere
affascinato dall’aspetto recitativo, tant’è che quando scrive un
dialogo lo prova sempre leggendolo da solo ad alta voce, cercando
di immaginare come potrebbero suonare quelle battute pronunciate da
un attore, se sono credibili o meno. La sua ricerca costante lo
spinge a studiare gli stili, la vita stessa, ad osservare bene la
realtà cercando di tirare poi fuori dai suoi protagonisti delle
performance particolari, intense ed espressive molto vicine a
quello che lui stesso immagina in fase di scrittura. Il suo
approccio con gli attori segue un approccio molto teatrale,
procedendo per gradi e partendo da alcune letture a tavolino, dove
tutti insieme decidono cosa tenere e cosa tagliare, per poi
approdare a delle prove prima di girare la scena, che viene in
parte “pilotata” dalla sua voce fuori campo che indirizza gli
attori, portandoli ad ottenere il risultato migliore e più vicino
alle sue aspettative.
Dorval cerca, allo stesso tempo, di
non “cristallizzare” i suoi attori in schemi fissi, ma di lasciarli
lavorare tranquillamente per permettere loro di tirar fuori il
meglio, permettendo così un processo di identificazione tra lo
spettatore, immerso nel buio della sala, e i personaggi che si
muovono sullo schermo. Un altro tema che è molto caro al giovane
regista canadese, è quello dell’identità sessuale: forse per via di
esperienze personali, o perché principalmente interessato al tema
del diverso nella società attuale, nell’arco dei suoi cinque film
ha cercato di analizzare, con sguardo critico e personale, questi
due aspetti, declinandoli attraverso storie differenti tra loro,
punti di vista disparati e personaggi complessi dalle mille
sfaccettature.
La sua attenzione è, quindi,
focalizzata sulla diversità in generale, sull’emarginazione che ne
consegue, perché la società in cui viviamo ha la tendenza a non
tollerare chi è diverso perché lo individua come un pericolo, un
elemento sovversivo che spinge a mettere in discussione l’operato
del mondo fino ad oggi. Non è un caso se è proprio da essa che ha
origine tutto quanto: le idee più innovative derivano da un
pensiero trasversale e da uno sguardo personalissimo lanciato sul
mondo. Alcuni giornalisti hanno paragonato il suo stile e il suo
approccio alla recitazione all’opera di registi del calibro di
Fassbinder o Cassavetes, ma- come ammette candidamente Dolan- lui
non ha nemmeno mai visto i loro film: non proviene da un ambiente
culturale colto, altolocato o d’essai, ma da un contesto
popolare- lo stesso che cerca di ricreare nei suoi film- e la sua
formazione scolastica si è interrotta a diciassette anni: niente
scuole specializzate, accademie, corsi o simili, l’unica fonte di
ispirazione è stata un’amica sceneggiatrice del padre attore che lo
ha spinto ad ampliare i suoi interessi culturali attraverso la
letteratura alta, affiancata dal consumo smodato di film a
noleggio, gli stessi che hanno segnato la sua infanzia e quella di
un’intera generazione, ispirandolo nei suoi progetti:
Jumanji, Mamma ho perso l’aereo, Batman- il ritorno,
Titanic ma anche Wong- Kar- Wai e Jane
Campion (Lezioni di Piano) lo
ispirano tutt’ora, spingendolo ad affermare che non esistono film
commerciali o d’autore, ma solo film brutti o belli, ben fatti o
meno; inoltre, confessa di lasciarsi spesso ispirare da fotografi e
pittori, con le loro soluzioni visive.
Le ultime domande hanno riguardato
la sua partecipazione ai prossimi Accademy Award e i suoi progetti
per il futuro: riguardo agli Oscar- dove il film è candidato per il
Canada come miglior film straniero- Dolan non si scompone e rimane
con i piedi per terra, affermando che anche lui è da sempre
affascinato da Hollywood e, in particolare, dalle prestigiose
cerimonie che seguiva da piccolo in tv; ma, vittoria o meno, rimane
fermo sulla sua strada, proseguendo con le riprese della sua
prossima fatica, un film in Inglese con prestigiosi attori
protagonisti- Jessica Chastain su tutti, nei panni
di una detestabile direttrice di una rivista di gossip- e sarà una
riflessione sulla fama, il successo, Hollywood e il cinema:
The Death and Life od Jonathan F Dolan,
questo il suo titolo, sarà incentrato- per la prima volta- su un
personaggio maschile, un attore trentenne che intraprende una
corrispondenza con un ragazzino di undici anni, e sul ruolo della
fama nelle vite di queste persone e in quelle delle loro famiglie,
con delle forti figure femminili di madri, e donne, che provano a
gestirla. La sua attenzione non sarà rivolta tanto ai meccanismi
dell’industria del cinema, ma a scavare nella vita privata dei
personaggi, letti attraverso il suo sguardo unico, personale e
strabiliante, quello di un regista canadese venticinquenne,
corteggiato da Hollywood, ma che per adesso si limita ad osservarla
da lontano, dalla sua Montreal.