Arriva oggi, su Sky
Cinema, Il Racconto dei Racconti,
ultimo film di Matteo Garrone, vincitore di sei
David di Donatello,
tra cui miglior regia e, ovviamente per chi ha già avuto modo di
vedere il film, migliori effetti digitali. La magia e l’incanto dei
racconti del ‘600 di Giambattista Basile narrati
nel film sono state portate sul grande schermo da Makinarium,
la nuova frontiera italiana degli effetti
speciali. Abbiamo avuto modo di parlare con Leonardo
Cruciano, trai principali fautori di questa realtà
straordinaria, tutta italiana e protesa all’estero, per esportare
una visione, un lavoro artigianale e creativo unico nel suo genere.
Ecco cosa ci ha raccontato.
Riesci a definire in poche
parole l’immane lavoro svolto per Il Racconto dei
Racconti?
LC: “Per il
mio lavoro, Il Racconto dei Racconti è
un’opera molto significativa, mostra quello che è l’obiettivo di
Makinarioum perché combina la parte di design, progettazione,
pratica e digitale, e crea qualcosa che non esiste. Quel mondo che
vedete nel film è anche mio perché mostra qualcosa che ho
contribuito concretamente a creare”.
Gli effetti speciali e
visivi del film sono stati premiati con il David di
Donatello. Quanto e come cambia il lavoro dopo un premio così
prestigioso?
LC: “Non ho
mai pensato che un premio potesse valere qualcosa. Non credevo
potesse aiutare e ho sempre puntato tutto sul lavoro fatto bene,
sulla qualità del compito svolto giorno dopo giorno. Ora che però
ci sono cascato posso dire che è più bello. È il riconoscimento del
lavoro di 100 persone, di tutta la Makinarium, si
riconosce così la bontà di un lavoro anche a livello istituzionale.
Se continuiamo a dircelo solo tra noi che siamo bravi alla fine
conta poco ed è come se il mondo non ci capisse.”
Il film è uscito in USA il
22 aprile e arriverà anche nel Regno Unito il 17 giugno, oltre a
essere stato distribuito in Francia, Spagna, ma anche nel mercato
Asiatico e nel resto d’Europa. Cosa cambia da un punto di vista
professionale quando un lavoro del genere è visto così tanto in
così tanti Paesi?
LC:
“Lavorativamente parlando il riscontro è stato immediato, la
ricaduta professionale istantanea. Il tam-tam mediatico, le
condivisioni sui social, tutto ha contribuito a far parlare di noi.
Ci hanno contattati produzioni europee, dalla Russia, ma anche
dall’Asia e dagli Stati Uniti. Si sono rivolti a noi per la ricerca
nel nostro lavoro, perché il risultato è qualcosa di mai visto,
molto distante dal lavori in CGI che siamo abituati a vedere e che
vengono dal mercato americano. La differenza si vede. Con il nostro
budget, che per noi è stato davvero importante, negli Usa fanno
B-Movie come Sharknado direttamente per l’home
video, per noi invece è stata un’operazione enorme, da
kolossal.”

Durante la promozione del
film, Garrone ha più volte ribadito la responsabilità che sentiva
dovendo gestire, per Il Racconto dei Racconti, un budget
per lui molto molto importante. Tu hai sentito la stessa
responsabilità?
LC: “Per
carattere non sento molto l’ansia. Quello che invece avverto come
pressione è l’esigenza di creare e coordinare con un’intera
squadra, ed è la cosa che mi preme. Sento la pressione
dell’organizzazione. Per Matteo il discorso era diverso, il film è
frutto di una sua follia, di un investimento anche personale, per
questo ha sentito maggiormente la pressione”.
La Makinarium è un
unicum nel nostro panorama perché si occupa di effetti
integrati, puoi spiegarci meglio cosa vuol dire?
LC: “In realtà
nasce tutto dalla mia visione che è anomala anche per questo
lavoro. Noi lavoriamo sul practical, sul visual, sull’illusione
ottica, non abbiamo limiti nella progettazione e nella creazione
dei nostri effetti, e per poterlo fare avevamo bisogno di una
squadra che fosse in grado di lavorare con tutti i mezzi possibili,
dal digitale agli animatronic, per miscelare tutto e avere
l’effetto desiderato. Oltre al lavoro vero e proprio, la cosa bella
di questa realtà è proprio il gruppo, le diverse competenze che
ognuno mette a disposizione per creare qualcosa, la
collaborazione.”
Al momento sei impegnato
sul set di Cruel Peter, nuovo film di Christian Bisceglia
e Ascanio Malgarini. Che coinvolgimento c’è da parte di
Makinarium in questo progetto?
LC: “Si tratta
di una fiaba gotica, con i toni del thriller e dell’horror, quindi
per noi si tratta di esplorare nuovi generi, ma con Cruel
Peter siamo anche di fronte alla nostra nuova anima,
perché Makinarium produce anche il film, insieme a TaaDaa e a Rai
Cinema, al cui collaborazione testimonia anche un riconoscimento da
parte delle istituzioni, una specie di apertura nei confronti di un
genere insolito. Il nostro lavoro è quello di ricostruire le scene,
l’atmosfera dell’inizio del 1900, a Messina, dopo il terremoto. Il
racconto parla di streghe e fantasmi, per cui avremo molto da fare
sotto questo punto di vista. Inoltre si tratta di ricreare una
realtà che per certi versi è esistita ma nessuno ha mai
rappresentato. Stiamo riportando in vita una Sicilia che era,
all’inizio del ‘900, ancora centro di scambi e commerci di altri
Paesi, dove convergevano anche tradizioni e culti folkloristici
stranieri, che in qualche modo sono attecchiti, importanti come si
importano le merci con il commercio. Il budget non è quello del
Racconto dei Racconti, ma è una bella sfida perché
si tratta di trasformare il nostro mondo visivo e virarlo sui toni
della fiaba gotica.”
Il tuo lavoro si è sempre mosso anche all’estero e di recente
l’Italia è stato il set di molte produzioni internazionali, in
quale di queste siete stati chiamati a collaborare?
LC: “La nostra
specializzazione ci permette di essere competitivi e bravi a
trovarci i lavori. Ovviamente quando siamo chiamati da produzioni
importanti abbiamo il ruolo di operai, apportiamo il nostro
contributo tecnico, come in Zoolander, dove
abbiamo lavorato alle protesi, o nel remake di Ben
Hur, dove ci siamo occupati della costruzione delle bighe.
Sembra tutto vero, realistico, fino a che non scopri i veri
materiali di cui sono fatti gli oggetti di scena. Il nostro lavoro
consiste proprio nel far scomparire gli effetti. Abbiamo lavorato
anche a Indivisibili di Edoardo De
Angelis, una storia che parla di due gemelle siamesi che
nella realtà siamesi non sono.”

