Rubens
Paiva era un ingegnere civile e un politico che, come
membro del Congresso presso la Camera dei Deputati brasiliana, si
oppose all’attuazione di una dittatura militare in Brasile nel
1968. A causa del suo coinvolgimento in attività sovversive, fu
arrestato dalle forze militari e successivamente torturato e
assassinato. La sua storia è stata raccontata in Io sono
ancora qui (titolo internazionale I’m still
here, titolo originale Ainda estou
aqui) scritto da suo figlio
Marcelo Rubens Paiva ed è diventata un film con lo
stesso titolo, presentato in Concorso alla 81° Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di
Venezia. A dirigere il brasiliano Walter
Salles, che torna dietro alla macchina da presa dopo 12
anni da
On the Road, altro adattamento dal famoso romanzo di
Jack Kerouac.
Io sono ancora qui
è una storia “urgente”
Per Salles una storia
urgente da raccontare, dal momento che negli anni di gestazione la
politica del Brasile è tornata a costeggiare lo spettro della
dittatura militare. L’evocazione della tragedia dei desaparecidos
viene esposta qui dal punto di vista di chi invece è rimasto. Solo,
senza una spiegazione, nel dubbio, senza un corpo da piangere. Una
madre con cinque figli che, mentre elabora la perdita deve darsi da
fare per consentire alla sua famiglia di sopravvivere al tremendo
lutto.
Walter Salles resta
sempre molto vicino ai suoi protagonisti, senza spettacolarizzarne
il dolore, dando una identità precisa a ognuno dei ragazzini di
casa Paiva, dipingendo una figura femminile gigantesca, messa in
scena con grazia e forza da una Fernanda Torres in
odore di Coppa Volpi.
Il trauma universale e il
dramma privato
Io sono ancora
qui riflette proprio sulla permanenza dell’assenza,
del dolore, ma anche sull’ostinazione con cui chi rimane, in questo
caso una madre con cinque figli, vuole rimanere in vita e
progredire nonostante tutto. Il ritratto di Eunice Paiva è di
grande dignità e grazia, soprattutto Salles lo costruisce in modo
tale da inglobare all’interno dello stesso involucro l’universalità
del trauma nazionale, insieme alla specificità del dramma privato
con una comunicazione continua tra l’uno e l’altro.
Io sono ancora
qui è un racconto delicato e coraggioso, che per tematiche
e geografia ricorda quello splendido Argentina 1985 che passò in Concorso a Venezia
79. Qui il tono è maggiormente declinato verso il dramma familiare,
senza l’ironia che contraddistingue il film di Santiago
Mitre, tuttavia presenta la stessa dignità nei personaggi,
la stessa tenacia e voglia di trovare giustizia, non solo per sé
ama per tutta la collettività.
Presentato in Concorso a
Venezia 81, dove ha vinto il premio per la migliore
sceneggiatura, Io sono ancora qui (qui la
nostra recensione, titolo internazionale I’m still
here) è arrivato nelle sale italiane, distribuito da
BIM Distribution.
Candidato a tre
premi Oscar 2025, Miglior Film Internazionale, Migliore
Attrice (Fernanda Torres) e a sorpresa
Miglior Film, Io sono ancora qui
racconta la vera storia della lotta di una donna contro il
fascismo, un film ambientato negli anni ’70 che però sembra
raccontare un contesto sociale e politico che sembra attuale in
molte parti del mondo.
Quella donna è Eunice
Paiva (Fernanda Torres) e nel gennaio
1971 la sua vita fu stravolta quando la polizia militare fece
irruzione nella casa della sua famiglia a Rio de Janeiro e arrestò
suo marito Rubens Paiva, un ingegnere e ex
politico che si era opposto all’istituzione di una dittatura
militare in Brasile nel 1964.
Non fu mai più visto. Basandosi sul
libro di memorie pubblicato nel 2015 dal figlio della coppia, il
film segue la successiva trasformazione di Eunice in
avvocato, attivista per i diritti umani e
simbolo della resistenza contro la dittatura
brasiliana. Dopo 21 anni al potere, quella dittatura sarebbe caduta
nel 1985.
A novembre scorso, la Corte Suprema
del Brasile ha desecretato un report di 884 pagine della Polizia
Federale che indicava che l’ex Presidente di estrema destra Jair
Bolsonaro aveva pianificato e partecipato attivamente a un
complotto per rimanere al potere dopo la sconfitta di Bolsonaro
alle elezioni brasiliane del 2022.
La notizia ha regalato una nuova
attualità a Io sono ancora qui, uscito in Brasile
settimane prima, con un buon successo di pubblico al box office,
nonostante un tentativo di boicottaggio dell’estrema destra.
Di cosa parla Io sono
ancora qui? La vera storia
Ambientato negli anni ’70,
Io sono ancora qui è basato sull’omonimo libro di
memorie di Marcelo Rubens Paiva e diretto da
Walter Salles (City of God, On
the Road), che conosceva la famiglia Paiva da bambino.
Insieme, raccontano la storia di cosa è successo ai Paiva sotto la
dittatura militare brasiliana e di come la madre Eunice Paiva
(interpretata da Fernanda Torres) ha lottato per
ottenere giustizia per la sua famiglia e per le altre vittime del
regime come avvocato e attivista per i diritti umani.
Casalinga e madre di cinque figli,
le cose sono cambiate per Eunice quando il marito Rubens
Paiva, ex membro del Congresso e dissidente della
dittatura brasiliana, è stato rapito dalla polizia militare dalla
casa di famiglia il 20 gennaio 1971. Il giorno dopo, Eunice e la
figlia quindicenne, Eliana, sono state arrestate. Sono state
incappucciate, tenute a portata d’orecchio l’una dell’altra a scopo
di torturarle e non hanno ricevuto cibo né acqua per 24 ore,
secondo il racconto dell’arresto del figlio Marcelo. Mentre Eliana
è stata rilasciata il giorno dopo, Eunice non sarebbe stata
rilasciata fino a 12 giorni dopo. L’esperienza della prigione l’ha
completamente cambiata.
Ha chiesto informazioni su suo
marito, ma il governo si è rifiutato di riconoscere che Rubens
Paiva fosse stato arrestato. Mentre faceva pressione sul governo
brasiliano in un’epoca in cui era spesso letale farlo, Eunice
doveva anche prendersi cura dei suoi figli. Senza il riconoscimento
ufficiale della morte di Rubens, per non parlare della sua
scomparsa, per lei è significato sostenere la sua famiglia senza
accesso ai conti bancari del marito o la possibilità di vendere i
loro beni.
In linea con la resilienza che è
arrivata a definire la sua eredità, Eunice ha trasformato il suo
dolore personale e la sua precarietà in un mezzo per combattere per
gli altri. A 48 anni, ha conseguito una laurea in
giurisprudenza e si è dedicata a combattere le politiche del regime
che prendevano di mira in particolare gli indigeni
brasiliani. Nel 1987, due anni dopo la caduta della
dittatura, ha continuato quel lavoro co-fondando un istituto
dedicato alla difesa dell’autonomia indigena, una missione che ha
anche rappresentato come consulente dell’assemblea costituente
responsabile della Costituzione brasiliana del 1988.
Nel frattempo, Eunice non ha mai
smesso di fare pressione per ottenere risposte sulla scomparsa del
marito e delle centinaia di altri brasiliani rapiti durante la
dittatura militare. Ha fatto pressioni con successo per
l’approvazione della legge 9.140/95, che ha riconosciuto legalmente
la morte di coloro che sono scomparsi per mano del regime e ha
indirizzato le risorse per risarcire le famiglie delle vittime e
localizzare i loro resti.
Anche con l’approvazione di quella
legge, però, Eunice non avrebbe ricevuto un certificato di morte
per suo marito, rilasciato dal governo solo nel 2014. Fu allora che
una Commissione nazionale per la verità compilò un file in cui era
riportato che Rubens Paiva era tra le 434 persone
uccise o fatte sparire dal regime militare brasiliano. La
commissione ha ascoltato le prove secondo cui Rubens era stato
torturato, ucciso e gettato in un fiume e ha identificato i
presunti responsabili dell’omicidio. Cinque ufficiali militari sono
stati accusati, ma i casi oggi sono ancora risolti e entrambi gli
ufficiali accusati sopravvissuti continuano a ricevere pensioni
militari che costano al Brasile circa $ 22.500 al mese.
Eunice Paiva è
morta nel 2018 dopo aver vissuto con l’Alzheimer per 15 anni.
Eroina popolare, la sua tomba è diventata un luogo di
pellegrinaggio e l’8 gennaio il presidente da Silva ha istituito un
premio per la difesa della democrazia in suo nome.
Come è stato
accolto Io sono ancora qui?
Dopo la première alla Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica della Biennale di Venezia nel 60° anniversario
del colpo di stato militare del 1964 in Brasile, Io sono
ancora qui è diventato un punto di svolta culturale in
Brasile. Lo storico brasiliano Luiz Felipe de
Alencastro, che fu anche lui imprigionato durante la
dittatura e conosceva i Pavia, ha detto a TIME che
il film sta accendendo il dibattito su YouTube e TikTok: “Le
figlie di ex prigionieri politici [stanno] realizzando video che
mostrano foto e raccontano le storie della loro famiglia”,
afferma.
Salles, il regista, ha definito la
reazione del pubblico al film una “specie di fenomeno politico
sociologico e culturale”. Parlando con
Deadline, ha affermato: “Le persone rimangono
nel film fino alla fine dei titoli di coda e scrivono [sui] social
media com’è stata l’esperienza nella sala di proiezione in cui si
trovavano… non potevamo prevederlo. E ora mi ha fatto pensare che
letteratura, cinema, musica possono essere strumenti incredibili
contro l’oblio”.
Il significato politico di
Io sono ancora qui
Anche politicamente, il film
ha avuto un significato speciale. In un evento
commemorativo dell’assalto al Campidoglio brasiliano del gennaio
2023, il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha
fatto riferimento al film, dicendo: “Siamo ancora qui”. E
a dicembre, il giudice della Corte suprema brasiliana
Flávio Dino ha citato il film mentre sosteneva che
una legge del 1979 che concedeva l’amnistia a individui, compresi
ufficiali militari, accusati di crimini politici durante la
dittatura, non si sarebbe dovuta applicare al reato di occultamento
di cadaveri. “La scomparsa di Rubens Paiva, il cui corpo non è
mai stato trovato o sepolto, mette in luce il dolore duraturo di
migliaia di famiglie”, ha detto Dino.
Il film è stato accolto molto bene
negli Stati Uniti, cosa che è confermata dalle tra nomination agli
Oscar. Il figlio di Eunice, Marcelo, ha detto al Guardian:
“Penso che le persone abbiano paura, ora ancora di più con
Trump. Il mondo è diventato qualcosa che [pensavamo di] aver già
lasciato alle spalle”.
Chi c’è nel cast di Io
sono ancora qui?
L’attrice brasiliana
Fernanda Torres interpreta Eunice Paiva, offrendo
una performance memorabile. All’inizio di Gennaio 2025, ha portato
a casa il Golden Globe come migliore attrice in un film
drammatico per il ruolo, diventando la prima vittoria del
Brasile nella categoria. E la madre di Torres, l’acclamata attrice
brasiliana Fernanda Montenegro, appare nel film
nei panni di una Eunice Paiva più anziana. Nel film ci sono anche
Selton Mello nel ruolo di Rubens Paiva;
Marjorie Estiano nel ruolo di Eliana; e
Antonio Saboia nel ruolo di Marcelo.
Molto spesso si tende a dare per
scontata la vita e le meraviglie che offre ogni giorno. Solo quando
si comprende di avere un tempo più limitato del previsto ci si
accorge di quel che ci si stava perdendo, ritrovando la spinta
giusta per dare valore alle cose davvero importanti, prima che
possa essere troppo tardi. Su questo principio si fonda il film
tedesco Io rimango qui, diretto nel 2020 da
André
Erkau. Tratto da un libro a sua volta ispirato ad una
vicenda reale, il film propone uno struggente racconto d’amore che
ha come nemici la malattia e l’inesorabile scorrere del tempo.
Ce ne sono numerosi di
film romantici con queste premesse o in ogni caso basati su
storie d’amore tanto appassionanti quanto strazianti: da Il sole a mezzanotte a Vicinoall’orizzonte, da La scelta – The Choice al celebre Colpa delle
stelle. Si tratta di
film capaci di far piangere anche più coriaceo degli
spettatori, in quanto fanno leva su una serie di sentimenti ed
emozioni universali a cui è difficile restare estranei. Io
rimango qui, però, è ancor più appassionante in quanto
propone appunto una storia vera, cosa che rende il tutto ancor più
struggente.
Per gli appassionati del genere si
tratta dunque di un titolo da non perdere, che sè è vero può
lasciare una nota di malinconia, allo stesso tempo ci ricorda di
quanto sia preziosa la vita e di quanto meriti di essere vissuta al
massimo delle proprie possibilità. In questo articolo,
approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a
Io rimango qui. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama,
al cast di attori e alla spiegazione del finale. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti
il film nel proprio catalogo.
La trama e il cast di Io rimango qui
La vita di Steffi
non potrebbe essere più perfetta: è giovane, nel pieno di una
bellissima storia d’amore e ha in programma un viaggio con
destinazione Parigi. Se non fosse che a pochi giorni dalla
partenza, dopo una serie di controlli medici, una diagnosi le
cambierà per sempre la vita: scopre infatti di non avere più molto
tempo a disposizione. Ma Steve, un ragazzo che
conosce a malapena, classico “bad boy”, si offre di accompagnarla
comunque a Parigi. Senza ulteriori indugi, all’insaputa di tutti e
con un’auto rubata, i due partono per un incredibile viaggio che
Steffi non scorderà mai.
L’attrice Sinje
Irslinger ricopre il ruolo della protagonista, Steffi,
mentre MaxHubacher, noto per i
film Treno di notte per Lisbona e Mario,
interpreta Steve. Completano poi il cast Heike
Makatsch e Til Schweiger nei ruoli di Eva
e Frank Pape, rispettivamente madre e padre di Steffi. Schweiger è
noto per il personaggio di Hugo Stiglitz in Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino. Nuala
Bauch è la sorella Lola, mentre Jürgen
Vogel, noto per il film L’onda, interpreta il
padre di Steve. L’attrice Jasmin Gerat è
Tammy, mentre Benno Fürmann ricopre il ruolo di
Jupp, Dietmar Bär quello di Armin e
Jonas Holdenrieder quello di Fabian. Inka
Friedrich è invece la Dottoressa Sahms.
La storia vera dietro il film e il libro da cui è tratto
Il film Io rimango
qui, come anticipato, è ispirato ad una storia vera,
quella di Steffi Pape, giovane di 16 anni che poco
dopo essersi diplomata di avere un cancro all’ultimo stadio e solo
un altro anno di vita ancora a disposizione. Figura chiave nel
percorrere questo suo viaggio attraverso la malattia è stato suo
padre Frank Pape, il quale ha esortato la figlia a
tenere un diario personale delle sue vicende. Molto di quanto
scritto dalla giovane è poi confluito nel libro di memorie
pubblicato da Frank in seguito alla scomparsa di Steffi. Questo è
intitolato God, You’re Such a Prick!, il
cui titolo riprende una frase ironica che la stessa Steffi si era
fatta tatuare: “Dio, non si fanno queste cose!”.
Rispetto a questo romanzo e alla
storia vera di Steffi, però, il film si prende alcune libertà,
principalmente per motivi di narrazione cinematografica. Nella
realtà, ad esempio, Steffie non è andata a Parigi come invece
accade in Io rimango qui. La ragazza, invece,
aveva stretto un forte legame con il suo cavallo Luna ed ha
trascorso con lei le sue ultime settimane di vita. Un’altra
differenza riguarda la chemioterapia. Steffi nel film decide
infatti di partire quando scopre la diagnosi, senza iniziare la
terapia. Nella realtà, invece, la giovane aveva subito intrapreso
questo percorso.
Nel film, poi, Steffi scopre di
avere il cancro quando inizia il percorso per entrare nella polizia
ed effettua un controllo medico. Nella realtà, invece, la ragazza
era preoccupata per un raffreddore che non voleva saperne di andar
via, decidendosi così a fare un controllo. Un’altra differenza
riguarda poi l’età della protagonista. La vera Steffi non aveva 16
anni, bensì 15, e a differenza di quanto narrato nel film non ha
fatto in tempo a diplomarsi, portata via prima dalla
malattia. Io rimango qui, dunque, rielabora
la sua vicenda per farle assumere maggiormente i contorni di una
storia romantica, dove però il messaggio rimane
invariato: sognare, vivere, amare.
Il trailer di Io rimango qui e dove
vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di Io
rimango qui grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Apple TV e
Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di giovedì 14
marzo alle ore 21:20 sul canale
Rai 2.
Debutterà al cinema il 20 maggio
distribuito da Notorious Io rimango qui,
il teen drama basato su una storia vera. Il film è diretto da André
Erkau con Sinje Irslinger, Max Hubacher, Heike Makatsch,
Til Schweiger, Jürgen Vogel, Jasmin Gerat, Benno Fürmann, Dietmar
Bär, Inka Friedrich, Jonas Holdenrieder, Moritz Bäckerling, Thomas
Krutmann, Ileana Florentina Tautu
Nel film Io rimango qui La
vita di Steffi non potrebbe essere più perfetta: è giovane, è nel
pieno di una bellissima storia d’amore e ha in programma un viaggio
con destinazione Parigi. Se non fosse che a pochi giorni dalla
partenza, dopo una serie di controlli medici, una diagnosi le
cambierà per sempre la sua vita: non ha molto più tempo. Ma Steve,
un ragazzo che conosce a malapena, classico “bad boy”, si offre di
accompagnarla a Parigi. Senza ulteriori indugi all’insaputa di
tutti e con un’auto rubata, i due partono per un incredibile
viaggio che Steffi non scorderà mai.
La Warner Bros a diffuso in rete la seconda clip
italiana di Io prima di Te, film diretto
da Thea Sharrock che arriverà il primo settembre
al cinema. Protagonisti della storia sono Emilia
Clarke e Sam Claflin, mentre il cast di
comprimari comprende nomi del calibro di Charles
Dance, Matthew Lewis, Vanessa
Kirby e Stephen Peacocke.
Sam Claflin e
Emilia Clarke nel trailer italiano di Io prima di
te
L’amore arriva sempre quando meno te
lo aspetti. E qualche volta ti porta dove non penseresti mai di
andare…Louisa “Lou” Clark vive in una tipica cittadina della
campagna inglese. Non sa bene cosa fare della
sua vita, ha 26 anni e passa da un lavoro all’altro per aiutare la
sua famiglia. Il suo inattaccabile buonumore viene però messo a
dura prova quando si ritrova ad affrontare una nuova sfida
lavorativa. Trova infatti lavoro come assistente di Will Traynor,
un giovane e ricco banchiere finito sulla sedia a rotelle per un
incidente e la cui vita è cambiata radicalmente in un
attimo. Lou gli dimostrerà che la vita vale ancora la pena di
essere vissuta.
Ecco il nuovo trailer italiano di
Io prima di Te, film diretto da
Thea Sharrock che arriverà a giugno nei nostri
cinema. Protagonisti della storia sono Emilia
Clarke, Sam Claflin, Charles
Dance, Matthew Lewis, Vanessa
Kirby e Stephen Peacocke.
Ecco il video a seguire:
L’amore arriva sempre quando meno te
lo aspetti. E qualche volta ti porta dove non penseresti mai di
andare…Louisa “Lou” Clark vive in una tipica cittadina della
campagna inglese. Non sa bene cosa fare della
sua vita, ha 26 anni e passa da un lavoro all’altro per aiutare la
sua famiglia. Il suo inattaccabile buonumore viene però messo a
dura prova quando si ritrova ad affrontare una nuova sfida
lavorativa. Trova infatti lavoro come assistente di Will Traynor,
un giovane e ricco banchiere finito sulla sedia a rotelle per un
incidente e la cui vita è cambiata radicalmente in un
attimo. Lou gli dimostrerà che la vita vale ancora la pena di
essere vissuta.
Dismessa la chioma color paltino di
Daenerys Targaryen, Emilia Clarke si mette in gioco con i suoi
colori naturali in Io prima di te,
diretto da Thea Sharrock, in cui recita fianco a
fianco con Sam
Claflin, assurto alla fama mondiale nei panni di
Finnick Odair della saga di Hunger Games.
In Io prima di te Louisa Clarke è stata licenziata
dopo anni di lavoro dal padrone del locale in cui era cameriera. A
casa sua gli altri componenti della famiglia non se la passano
meglio e il suo contributo era essenziale. Accetta così un’offerta
di lavoro da parte di una ricca famiglia: deve fare compagnia a
Will, il figlio trentenne divenuto quadriplegico dopo che era stato
investito da una moto.
Raccontare la disabilità è
delicato: eccessiva leggerezza, pietismo umiliante, condiscendenza.
Sono tanti gli inconvenienti in cui si può scadere e in
Io prima di te, dramma romantico tratto
dall’omonimo romanzo di Jojo Moves, si corre
sempre il rischio di cadere in uno di questi cliché poco
lusinghieri. La storia, che dalla dinamica assistente/assistito
scivola inevitabilmente e prevedibilmente verso il romantico
idillio impossibile, o almeno complicato, tra una donna sana e
giovane e un uomo disabile, non ha particolari colpi di scena o
momenti imprevedibili per cui accompagna l’evoluzione classica e
scontata di un rapporto a due, a dire il vero caratterizzato con
brio e intensità dai due protagonisti. Certo, il loro essere così
famosi li rende a volte troppo riconducibili al loro personaggio
pubblico piuttosto che al loro ruolo, ma quando si tratta di attori
giovani e amati come Sam Claflin e Emilia Clarke il rischio è sempre dietro
l’angolo.
Al fianco di Clarke e Claflin,
compare una parata formidabile di volti importanti tra cui
annoveriamo Charles Dance, il Tywin Lannister di
Game to
Thrones, Brendan Coyle, Mr Bates
di Downton
Abbey e Matthew Lewis, ovvero
Neville Paciock di Harry Potter.
Scenari campestri ed esotici, costumi appariscenti e la tenera
goffaggine della protagonista contribuiscono ad alleggerire
ulteriormente un racconto fragile.
Io prima di
te è un delicato racconto romantico con un grande
cuore e una dose massiccia di prevedibilità. A favore del film si
può però dire che non scivola eccessivamente nel patetismo, anche
se non è privo di scene melense. Un lavoro lieve, che non
approfondisce l’unica argomentazione tematicamente importante,
perdendo quindi l’occasione per dire qualcosa di interessante.
A tutti piacciono le storie d’amore,
perché pur se spesso estremizzate ci ricordano la forza e la
bellezza di questo sentimento, il migliore grazie a cui sentirsi
davvero vivi. Negli anni numerosissimi sono i titoli tratti da
celebri romanzi di questo genere, in particolare dalle opere di
Nicolas Sparks. Vi sono però anche altri autori e libri capaci di
dar forma a questo complesso sentimento, tra cui si annovera
Jojo Moyes, che nel 2016 ha visto uno dei suoi
romanzi più celebri arrivare sul grande schermo. Si tratta di
Io prima di te (qui
la recensione), sceneggiato dalla stessa Moyes e diretto da
Thea Sharrock,
qui alla sua opera prima.
La storia si concentra sul complesso
tema delle disabilità e dell’eutanasia, circondando il tutto di
quell’amore necessario a superare ostacoli apparentemente
insormontabili. La Moyes ha raccontato di aver ideato la storia a
partire da una vera famiglia impegnata ad occuparsi costantemente
di un membro tetraplegico. Una situazione complessa a cui l’autrice
ha voluto dare voce nel modo più sincero e realistico possibile,
lasciando comunque al protagonista la possibilità di scegliere cosa
fare della propria vita. Tematiche delicate che non hanno mancato
di suscitare qualche accesa protesta, senza intaccare il successo
del film.
Io prima di te si è
infatti affermato come uno dei film sentimentali più apprezzati del
suo anno, con un incasso di oltre 200 milioni di dollari a fronte
di un budget di 20. A distanza di qualche anno è ancora indicato
come un film che, tra risate, emozione e lacrime non mancare agli
appassionati del genere. In questo articolo approfondiamo alcune
delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alle differenze tra il libro e il
film. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Protagonista del film è
Louisa “Lou” Clark, una giovane ragazza vivace e
colorata, residente in una tipica cittadina della campagna inglese.
Nonostante sia di indole ottimista, Lou non sa ancora bene cosa
fare della sua vita. Ha 26 anni e passa da un lavoro all’altro per
aiutare la sua famiglia. Il suo inattaccabile buonumore viene
nuovamente messo a dura prova quando si ritrova ad affrontare una
nuova sfida lavorativa. Trova infatti lavoro come assistente di
Will Traynor, un giovane e ricco banchiere finito
sulla sedia a rotelle per un incidente e la cui vita è cambiata
radicalmente in un attimo. I due finiranno per cambiarsi
reciprocamente la vita molto più di quanto potrebbero
immaginare.
Ad interpretare l’inguaribile
ottimista e romantica Lou vi è l’attrice Emilia Clarke.
Celebre per il personaggio di Daenerys in Il Trono di
Spade, la Clarke si è trovata qui a recitare nella sua
prima commedia romantica, trovandosi subito molto a suo agio con il
ruolo. L’attrice ha inoltre contribuito attivamente alla scelta del
vestiario di Lou, scegliendo capi stravaganti e dai colori vivaci.
La sua affezione al progetto è stata tale che, a riprese concluse,
si è fatta tatuare una piccola ape su un dito, lo stesso tatuaggio
che il suo personaggio si fa fare nel libro. Accanto a lei, nei
panni di sua sorella Katrina vi è l’attrice Jenna
Coleman, mentre Brendan Coyle e
Samantha Spiro sono i genitori Bernard e
Josie.
Vi è poi l’attore Matthew
Lewis, noto per essere stato Neville Paciock nei film di
Harry Potter, che interpreta qui Patrick, il fidanzato di
Lou. Sam Claflin interpreta
invece il tetraplegico William. Un ruolo per lui particolarmente
complesso, che gli ha richiesto di perdere 18 chili e di rimanere
costantemente immobile, limitandosi all’uso delle espressioni
facciali. Nel ruolo dei suoi genitori Steven e Camilla Traynor si
ritrovano invece Charles Dance, noto come Tywin Lannister
in Il Trono di Spade, e Janet
McTeer. Vanessa Kirby
interpreta Alicia Dewar, fidanzata di William, mentre Steve
Pecocke è il suo medico Nathan.
Nonostante il film sia grossomodo
fedele al cuore del romanzo, vi sono naturalmente alcune
differenze, molte delle quali operate a fini cinematografici. Nel
film, ad esempio, William è completamente immobile e
insensibile dal collo in giù. Nel romanzo, invece, egli è
in grado di percepire il dolore e il senso del tatto. Allo stesso
modo è in grado di spostare lievemente le braccia. Renderlo del
tutto immobile, invece, ha permesso al film di accentuare la sua
difficile situazione. Nonostante ciò, il personaggio del
film è molto meno sofferente rispetto a quanto descritto
nel libro, dove si ha invece un William molto più negativo e
pessimista. Differente è anche la rappresentazione dei
genitori di lui.
Se nel libro è il padre ad essere
contrario alla volontà di William di ricorrere all’eutanasia, nel
film è invece la madre a non accettare tale decisione. Inoltre, nel
libro i due sono una coppia molto meno solida. Steven, infatti, ha
una relazione con un’altra donna, ma non lascia la famiglia per via
della condizione di suo figlio. Sempre riguardo la famiglia di
William, nel libro egli ha una sorella di nome
Georgina, assente invece nel film. Per quanto riguarda
Louisa, differente è ad esempio il motivo per cui perde il
lavoro al bar. Nel libro, il proprietario deve tornare in
Australia per prendersi cura di suo padre, mentre nel film non
viene data alcuna spiegazione sul motivo del licenziamento.
Un importante ma ovvio cambiamento
riguarda l’organizzazione a cui Will si rivolge. Nel libro, è
Dignitas per il suo suicidio, una reale organizzazione reale in
Svizzera che aiuta le persone con malattie gravi o terminali a
morire con dignità attraverso il suicidio assistito. I registi
hanno però preferito non utilizzare questo esplicito riferimento,
lasciando la cosa più vaga. Differente è
anche il finale. Il libro si conclude con l’indagine per
istigazione al suicidio, mentre il film vede Lou a Parigi, intenta
a leggere la lettera d’addio di William, che le chiede di vivere al
meglio la sua vita. Un finale decisamente più commovente e ricco di
speranza.
Il trailer del film e dove vederlo
in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Io prima di te è
infatti disponibile nei cataloghi di Apple iTunes, Prime Video e Tim
Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di
riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un
abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale
comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre
presente nel palinsesto televisivo di martedì 25
febbraio alle ore 21:30 sul canale
TV8.
A tutti piacciono le storie d’amore,
perché pur se spesso estremizzate ci ricordano la forza e la
bellezza di questo sentimento, il migliore grazie a cui sentirsi
davvero vivi. Negli anni numerosissimi sono i titoli tratti da
celebri romanzi di questo genere, in particolare dalle opere di
Nicolas Sparks. Vi sono però anche altri autori e libri capaci di
dar forma a questo complesso sentimento, tra cui si annovera
Jojo Moyes, che nel 2016 ha visto uno dei suoi
romanzi più celebri arrivare sul grande schermo. Si tratta di
Io prima di te (qui
la recensione), sceneggiato dalla stessa Moyes e diretto da
Thea Sharrock,
qui alla sua opera prima.
La storia si concentra sul complesso
tema delle disabilità e
dell’eutanasia, circondando il tutto di
quell’amore necessario a superare ostacoli apparentemente
insormontabili. L’autrice ha infatti voluto dare voce nel modo più
sincero e realistico possibile a queste dinamiche, lasciando
comunque al protagonista del suo racconto la possibilità di
scegliere cosa fare della propria vita. Tematiche delicate che non
hanno mancato di suscitare qualche accesa protesta o dibattito,
senza però intaccare il successo del film.
Io prima di te si è
infatti affermato come uno dei film sentimentali più apprezzati del
suo anno, con un incasso di oltre 200 milioni di dollari a fronte
di un budget di 20. A distanza di qualche anno è ancora indicato
come un film che, tra risate, emozione e lacrime non mancare agli
appassionati del genere. In questo articolo approfondiamo alcune
delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alla storia vera a cui si
ispira. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Protagonista del film è
Louisa “Lou” Clark, una giovane ragazza vivace e
colorata, residente in una tipica cittadina della campagna inglese.
Nonostante sia di indole ottimista, Lou non sa ancora bene cosa
fare della sua vita. Ha 26 anni e passa da un lavoro all’altro per
aiutare la sua famiglia. Il suo inattaccabile buonumore viene
nuovamente messo a dura prova quando si ritrova ad affrontare una
nuova sfida lavorativa. Trova infatti lavoro come assistente di
Will Traynor, un giovane e ricco banchiere finito
sulla sedia a rotelle per un incidente e la cui vita è cambiata
radicalmente in un attimo. I due finiranno per cambiarsi
reciprocamente la vita molto più di quanto potrebbero
immaginare.
Ad interpretare Lou vi è l’attrice
Emilia Clarke.
Celebre per il personaggio di Daenerys in Il
Trono di Spade, la Clarke si è trovata qui a recitare
nella sua prima commedia romantica, trovandosi subito molto a suo
agio con il ruolo. L’attrice ha inoltre contribuito attivamente
alla scelta del vestiario di Lou, scegliendo capi stravaganti e dai
colori vivaci. La sua affezione al progetto è stata tale che, a
riprese concluse, si è fatta tatuare una piccola ape su un dito, lo
stesso tatuaggio che il suo personaggio si fa fare nel libro.
Accanto a lei, nei panni di sua sorella Katrina vi è l’attrice
Jenna Coleman, mentre Brendan
Coyle e Samantha Spiro sono i genitori
Bernard e Josie.
Vi è poi l’attore Matthew
Lewis, noto per essere stato Neville Paciock nei film di
Harry Potter, che interpreta qui Patrick, il fidanzato di
Lou. Sam Claflin interpreta
invece il tetraplegico William. Un ruolo per lui particolarmente
complesso, che gli ha richiesto di perdere 18 chili e di rimanere
costantemente immobile, limitandosi all’uso delle espressioni
facciali. Nel ruolo dei suoi genitori Steven e Camilla Traynor si
ritrovano invece Charles Dance, noto come Tywin Lannister
in Il Trono di
Spade, e Janet
McTeer. Vanessa Kirby
interpreta Alicia Dewar, fidanzata di William, mentre Steve
Pecocke è il suo medico Nathan.
Molti lettori e spettatori
potrebbero essere sorpresi di sapere che il racconto alla base
dell’opera della Moyes è stato ispirato da eventi reali.
“Quando stavo scrivendo il libro, avevo due parenti che avevano
bisogno di assistenza 24 ore su 24”, ha detto Moyes ai
giornalisti. “Penso che se si vive quotidianamente con questa
situazione, non si può non porsi delle domande sulla qualità della
vita e su cosa stiamo facendo per le persone vive, grazie ai
progressi della scienza medica, ma senza necessariamente la qualità
della vita da offrire loro. Quindi credo che tutti questi temi
fossero ben presenti nella mia mente quando l’ho scritto”.
L’autrice ha aggiunto di essere
stata ulteriormente toccata da una notizia che ha sentito su un
giovane uomo che è diventato tetraplegico dopo un incidente.
“Mentre tutto questo accadeva nella mia famiglia, ho sentito
una notizia su un giovane uomo in Inghilterra che aveva subito un
terribile incidente che lo aveva reso tetraplegico”, ha
spiegato. “Diversi anni dopo l’incidente aveva convinto i suoi
genitori a portarlo a porre fine alla sua vita. Fin dall’età di tre
anni era tutto concentrato sul suo corpo, voleva solo fare sport.
La sua storia mi ha sconvolto perché, come genitore, non riuscivo a
capire come si potesse accettare di portare il proprio figlio a
porre fine alla sua vita”.
Moyes ha proseguito: “Più ne
leggevo, il fatto che si fosse chiuso in se stesso, che i suoi
genitori fossero stati messi in questa posizione impossibile, più
rimanevo scioccata. Mi sono accorta di non sapere della
tetraplegia, di non sapere degli aspetti sanitari richiesti”,
ha detto l’autrice. “Non si tratta solo di stare su una sedia,
ma di una serie costante di interventi, indignazioni e problemi di
salute, e ho iniziato a pensare: “Come sarebbe se qualcuno che ami
prendesse questa decisione?”, “Come sarebbe se tu fossi quella
persona?”. A tutti noi piace pensare che saremmo come Christopher
Reeve. Io non sono sicura che lo sarei“.
“Penso che sarei amareggiata,
arrabbiata e invidioso delle persone che possono ancora usare il
loro corpo. È così che è nata la storia, come l’esplorazione di una
persona ordinaria in una situazione straordinaria”. A partire
da qui è dunque divenuto realtà il romanzo Io prima di
te, da cui è poi stato tratto l’omonimo film. Un racconto
dunque ispirato a vicende reali, in cui dal pieno controllo del
proprio corpo al massimo del suo splendore si passa all’essere
sostanzialmente prigionieri di esso senza poterlo più controllare.
Un racconto sulla rabbia e il dolore generati da questa situazione,
ma che si chiude anche con una nota di speranza e amore.
Il trailer del film e dove vederlo
in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Io prima di te è
infatti disponibile nei cataloghi di Apple iTunes, Prime Video e Tim
Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di
riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un
abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale
comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre
presente nel palinsesto televisivo di martedì 25
febbraio alle ore 21:30 sul canale
TV8.
IO PRIMA DI TE, il
film tratto dall’omonimo bestseller di Jojo Moyes
e diretto da Thea Sharrock (As you like
it, Henry V) con Emilia Clarke
(Spike Island, Il Trono di
Spade) e Sam Claflin (Pirati dei
Caraibi, Hunger Games,Scrivimi ancora,Biancaneve e il cacciatore) protagonisti, che
racconta un’emozionante e coraggiosa storia di amicizia e amore,
sbarca in prima visione lunedì 31 luglio alle
21.15 su Sky Cinema Uno dopo il
sorprendente successo internazionale al box office.
Louisa (Emilia
Clarke) vive in una tipica cittadina di campagna inglese
con la sua famiglia e con il suo fidanzato Patrick, personal
trainer.
Dopo aver cambiato innumerevoli
lavori per aiutare la sua famiglia e sostenersi, “Lou” trova lavoro
come assistente di Will Traynor (Sam Claflin), un
giovane e ricco banchiere, rimasto paralizzato ed ora costretto su
una sedia a rotelle a seguito di un grave incidente.
Durante i mesi di lavoro in casa
Traynor, tra i due nascerà un’emozionante storia d’amore e di
coraggio, durante la quale Lou tenterà di mostrare a Will che la
sua vita ha ancora un senso ed è degna di essere vissuta fino in
fondo.
IO PRIMA DI TE
Una travolgente e coraggiosa storia
d’amore che, al successo di pubblico, ha affiancato anche quello di
critica: per l’Hollywood News “La trasposizione a film
dell’omonimo bestseller si è rivelata deliziosa. Una perfetta
commedia romantica, forse la migliore dell’anno”.
Nel cast compaiono anche
Janet Mc Teer (Fathers & Daughters),
Charles Dance (Ghostbusters, Il Trono di
Spade), Jenna Coleman (Titanic),
Brendan Coyle (Downton Abbey).
IO PRIMA DI TE streaming disponibile anche
su Sky On Demand e su Sky Go.
Le foto del set di Io
sono nessuno 2 rivelano il primo sguardo al
ritorno di Bob Odenkirk mentre continuano le riprese del
sequel d’azione. Uscito nel 2021, il thriller d’azione è stato
diretto da Ilya Naishuller, scritto da Derek Kolstad di John
Wick e interpretato da
Odenkirk nel ruolo di Hutch Mansell, un mite padre di famiglia
che è costretto a tornare al suo passato di assassino quando lui e
la sua famiglia vengono presi di mira da un vendicativo signore del
crimine. Le riprese del
sequelIo sono nessuno 2, la cui regia è stata
affidata a Timo Tjahjanto (May the Devil Take You), sono
iniziate all’inizio del mese e l’uscita è prevista tra un anno.
Ora, mentre le riprese del sequel
d’azione proseguono, il regista Timo
Tjahjanto ha condiviso alcune foto del set su X,
precedentemente Twitter, rivelando il primo sguardo al
ritorno di Odenkirk in Io sono nessuno 2. Guardate le foto
qui sotto:
La prima foto mostra Tjahjanto
accanto al co-regista di John Wick David
Leitch, che è produttore di entrambi i film di Io
sono nessuno. La seconda foto mostra Tjahjanto accanto a
Odenkirk in un ascensore. Il post è stato intitolato “Grateful
is an understatement.#Nobody2”.
Tutto quello che sappiamo su Io sono nessuno 2
Anche se non vengono mostrati nelle
foto del set, il sequel introdurrà alcuni nuovi personaggi
che Hutch dovrà affrontare. La candidata all’Oscar
Sharon Stone (Casinò) è stata
scritturata come nuovo cattivo principale, anche se i dettagli sul
suo personaggio non sono stati resi noti. Anche Colin
Hanks, figlio di Tom Hanks, sarà un antagonista secondario, uno
sceriffo corrotto e ambizioso. Connie Nielsen tornerà nel ruolo di
Becca, moglie di Hutch, insieme a Christopher Lloyd nel ruolo del padre di Hutch
e agente dell’FBI in
pensione, David Mansell.
La
scena post-credits di Io sono
nessuno mostra David e Harry, il fratello di
Hutch (RZA), armati nella roulotte di famiglia, probabilmente
diretti oltre il confine, suggerendo che avranno un ruolo
importante nel sequel. Questo è in linea con quanto Nielsen ha
anticipato sul sequel, dicendo che dovrebbe concentrarsi
maggiormente sulle lotte familiari. In generale, la storia
di Hutch dovrebbe continuare ad avere un impatto devastante sulla
sua vita familiare apparentemente perfetta.
Io sono nessuno 2
era stato inizialmente annunciato per il 2021, ma il progetto ha
subito diversi ritardi a causa degli effetti persistenti della
pandemia COVID-19 e del doppio sciopero WGA e SAG-AFTRA. Dopo un
inizio lento, le riprese del sequel sono iniziate da quasi un mese
e sono in dirittura d’arrivo: l’uscita nelle sale è
prevista per il 15 agosto 2025, quattro anni dopo il
debutto del film originale e l’annuncio del sequel.
A quasi dieci anni dalla sua ultima
fatica, l’audace e provocatorio The dreamers,
Bernardo Bertolucci ritorna a far parlare di sé. Per il grande
maestro del cinema italiano quest’anno si accendono i riflettori
del Festival
di Cannes (la kermesse ha aperto i battenti il 16
maggio), dove presenterà nella sezione dei film Fuori
ConcorsoIo e te, il suo ultimo lavoro nato
dalla trasposizione dell’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti.
La timidezza di un adolescente e
l’impulsività di una ragazza. Questo e molto di più è il nuovo film
di Bernardo Bertolucci, Io e Te,
che prende in esame l’universo difficile, elaborato e fantastico di
due giovani ragazzi, Lorenzo e Olivia.
L’incipit di Io e
Te nasce con la decisione del giovane adolescente di
rinchiudersi per una settimana nella sua cantina, all’insaputa dei
genitori, per trascorrere nel suo mondo, la presunta settimana
bianca. E’ lì per caso che arriva Olivia, avvolta in un pelliccione
lungo e nero, alla ricerca dei suoi pochi ricordi d’infanzia.
L’incontro sarà inaspettato, ma soprattutto darà origine a una
convivenza difficile, complicata ma importante che guiderà i due
alla giusta interpretazione del mondo e ad una nuova prospettiva di
vita. Rinchiusi in uno spazio polveroso, avvolto dal fascino di una
vita passata e già appassita, Lorenzo e Olivia trascorrono del
tempo assieme, lui in attesa che passino i 7 giorni per ritornare
nella sua stanza, lei in attesa di riprendere possesso del suo
corpo e della sua psiche.
Io e Te, il film
Con l’unione di due caratteri così
forti e talmente diversi in uno spazio limitato, in convivenza
coatta, Bernardo Bertolucci porta sì agli estremi
del possibile il vissuto ma anche ad una moderazione degli
atteggiamenti infantili ed irrazionali che Lorenzo soleva
manifestare in precedenza. La presenza di una personalità più forte
e con problemi più acuti autoresponsabilizza il giovane adolescente
e tranquillizza la relazione fra i due.
Bernardo
Bertolucci imprime la sua traccia profonda nella
trasposizione di questo film, comunicando la parte più intima dei
personaggi nel loro distaccamento dal reale. Come in
Ballo da Sola, anche qui le scene
musicali sono di cruciale importanza, Lorenzo, quando ascolta la
sua musica, si astrae dal presente per rifugiarsi nei meandri della
sua fantasia ovvero della sua realtà. Allo stesso modo Olivia si
lascia trascinare da note che, in qualche modo, rappresentano la
sua condizione reale e le permettono metabolizzare meglio il
presente per poter credere in una svolta concreta nella sua
vita.
In attesa dell’uscita al cinema il
19 dicembre, Italian International Film, Rai Cinema e 01
Distribution presentano il trailer del film
“Io e te dobbiamo parlare” di
Alessandro Siani con protagonisti Alessandro Siani e Leonardo
Pieraccioni, per la prima volta insieme sul grande
schermo.
Una donna in comune, una figlia a
metà e una volante per due. Antonio (Alessandro Siani) e Pieraldo
(Leonardo Pieraccioni) condividono molte cose: una carriera non
sempre luminosa, un sodalizio non sempre sodale, un legame di lungo
corso ma un po’ ammaccato – due esistenze apparentemente troppo
tranquille per due agenti di polizia che il destino ha voluto
sapientemente intrecciare. Matilde (Brenda Lodigiani) è infatti
l’ex moglie di Antonio e l’attuale compagna di Pieraldo, Maria (Gea
Dall’Orto) è la figlia di Antonio e vive con la madre e Pieraldo. E
poi c’è Sara (Francesca Chillemi), l’affascinante poliziotta con
cui Antonio ha forse avuto un passato e potrebbe avere un futuro.
Insomma, una famiglia allargata ma un’amicizia a volte troppo
stretta per due improbabili colleghi con molte idee e non grandi
ambizioni. Decisamente, il pericolo non era il loro mestiere… fino
a quando, incredibilmente, non dovranno affrontare un vero crimine,
un caso molto intricato e rischioso che, fra sfide contro il tempo
e colpi di scena, cambierà la loro vita per sempre. Una coppia
sorprendente, due perfetti sparring partner per una commedia
all’ultimo respiro.
Siani e Pieraccioni per il buddy movie
Io e te dobbiamo parlare
Accanto a Siani e
Pieraccioni, il cast include le protagoniste
femminili Francesca Chillemi, Brenda Lodigiani e
Gea Dall’Orto e inoltre Euridice Axen,
Tommaso Cassissa, Giovanni Esposito, Sergio Friscia, Biagio Izzo,
Peppe Lanzetta, Enrico Lo Verso.
Diretto da
Alessandro Siani e scritto da
Siani con Gianluca Bernardini in
collaborazione con Leonardo Pieraccioni,
“Io e te dobbiamo parlare” è una
produzione Italian International Film (Gruppo
Lucisano) con Rai Cinema, prodotta da
Fulvio e Federica Lucisano, con il supporto
logistico di Marche Film Commission e con il
patrocinio e l’ospitalità del Comune di Ancona. Il
film sarà nelle sale dal 19 dicembre 2024
distribuito da 01 Distribution.
Ecco il trailer di Io e
Spotty, il nuovo film di Cosimo
Gomezcon protagonisti Filippo
Scotti e Michela De Rossi. Presentato
in concorso al Taormina Film Fest, con grande
successo di critica e pubblico, il film uscirà nelle sale
il 7 luglio distribuito
da Adler Entertainment.
Io e Spotty è una
produzione Mompracem con Rai Cinema, prodotto
da Carlo Macchitella, Manetti bros., Pier Giorgio
Bellocchio.
Io e Spotty, la trama
L’amore è quel delicato processo attraverso il quale ti accompagno all’incontro con te stesso” Antoine de Saint-Exupèry
Matteo ha ventisette anni ed è
lead-animator presso un’importante società che produce cartoon per
bambini. È un ragazzo introverso, ama la solitudine, parla
pochissimo ed è diffidente al punto da risultare scontroso. Nel suo
mondo solitario, ogni sera, quando torna dal lavoro, indossa una
tuta di pelo, una maschera, e gioca a essere un cane di nome
Spotty. Al contrario di quello che accade nella vita reale, in
quelle vesti, in quel gioco infantile, Matteo sembra raggiungere
una condizione di libertà, di felicità. Ma qualcosa manca nella sua
vita e un giorno decide di mettere online un annuncio di ricerca
per una dog sitter, per Spotty ovviamente! Risponde Eva,
studentessa fuori sede di venticinque anni. Eva conduce una vita
caotica, frequenta con scarsi risultati l’università, vive solo
storie d’amore improbabili e perde un lavoretto dietro l’altro.
Superato l’imbarazzo iniziale, con il passare dei giorni, tra Eva e
Spotty comincia a sorpresa a instaurarsi una relazione speciale,
unica, non priva di sfide, che porterà anche Eva e Matteo, due
anime alla ricerca di sé stesse, a incontrarsi.
Sono stati resi disponibili il
poster ufficiale e il trailer in italiano di Io e
Sissi, il nuovo film diretto da Frauke
Finsterwalder, con la
candidata all’OscarSandra Hüller, che uscirà
nelle sale italiane il 4 luglio 2024. Il film è
stato candidato all’Orso d’Oro al Festival di
Berlino.Il film sarà distribuito in
Italia da Movies Inspired.
Regia: Frauke Finsterwalder
Con: Susanne Wolff, Sandra Hüller, Georg
Friedrich
Nazionalità: Germania, Svizzera, Austria
Durata: 132 min
Distribuzione: Movies Inspired
Uscita:
4 luglio 2024
Il poster
Io e Sissi – la trama
Sissi ha varcato la soglia della
mezza età. La contessa Irma la raggiunge in Grecia, in una comune
aristocratica composta di sole donne, un universo distante anni
luce dalla fredda etichetta della corte austro-ungarica.
Sissi vive in assoluta libertà,
lontana dai figli e dal marito, il kaiser Francesco Giuseppe.
L’unica cosa che conta è che nessuno debba mai annoiarsi e che sia
l’imperatrice stessa a decidere le regole del gioco. Irma è
stregata dalla carismatica Sissi e dalla sua mentalità moderna e
anticonvenzionale, ma il mondo esterno minaccia di infrangere la
sua ritrovata libertà.
Arriva al cinema il 4 luglio con
Movies Inspired Io e Sissi, il secondo
lungometraggio della regista tedesca Frauke
Fisterwarder, che presenta al pubblico un nuovo approccio
cinematografico alla figura dell’imperatrice Elisabetta di
Baviera. Per gli appassionati, Romy
Schneider ha reso popolare il personaggio sul grande
schermo negli anni Cinquanta e, più recentemente, abbiamo visto
Vicky Krieps interpretarla in Il Corsetto dell’Imperatrice di Marie
Kreutzer. Questa volta è Susanne Wolff a
dare vita a Sissi, ma la particolarità di questo film risiede nel
fatto che è raccontato dal punto di vista di un altro personaggio,
la sua dama di compagnia Irma, interpretata dalla
magnetica Sandra Hüller, candidata all’Oscar per
il suo ruolo in Anatomia di una caduta e protagonista anche di
un altro film della stagione dei premi, La zona d’interesse.
Io e Sissi, la trama
La contessa ungherese Irma
Sztáray (Hüller), 42 anni, ha una madre
prepotente e distante che la spinge verso la corte dell’imperatrice
Elisabetta d’Austria dopo aver rifiutato il
matrimonio e l’ingresso in convento. I requisiti per chi vuole
occupare un posto di primo piano vicino a Sissi
(Wolf) richiedono prove estreme, finché Irma non
viene inizialmente accettata nell’aristocratico comune riservato
alle donne sull’isola di Corfù alla fine del XIX secolo. È lì che
l’imperatrice, lontana dalla corte e sapendo che il marito
Francesco Giuseppe ha un’amante, dà libero sfogo alle sue libertà..
Catturata dalle idee moderne dell’imperatrice,
Irma diventerà sua fedele amica e il suo
principale sostegno di fronte alle soffocanti richieste della
nobiltà.
Una figura controversa che non smette di affascinare
In un certo senso, la figura
dell’imperatrice Elisabetta
d’Austria, meglio conosciuta come
Sissi, è un fenomeno pop inesauribile: nel corso
degli anni è stata protagonista di innumerevoli libri, opere
liriche e teatrali e, naturalmente, di film e serie televisive.
Ava Gardner l’ha portata in vita in
Mayerling (1968) e la modella
Cara Delevingne si è calata nei suoi panni nel
2014 per un cortometraggio promozionale di Chanel. Solo negli
ultimi tre anni, è stata oggetto di due lungometraggi e due film
per la televisione, la maggior parte dei quali progettati per
sfidare la concezione ufficiale che la cultura popolare ha di lei
come risultato della famosa trilogia di film per la TV in cui
l’attrice austriaca Romy Schneider ha recitato
negli anni Cinquanta. La principessa
Sissi (1955), Sissi – la
giovane imperatrice (1956) e Il destino
di Sissi (1957), in particolare, la ritraevano come
una versione in carne e ossa di una principessa Disney, sempre
vestita con abiti pastello e adorata universalmente; un’immagine,
tra l’altro, che la stessa Schneider cercò di infrangere agli
ordini di Luchino Visconti in
Ludwig (1973), interpretando una
Sissi profondamente tormentata.
Da quando si sposò a 16 anni con
Francesco Giuseppe I d’Austria fino a quando venne
assassinata a 60 anni da un anarchico italiano, Elisabetta mostrò
sempre il suo disappunto per le restrizioni imposte dalla vita di
corte degli Asburgo. Infatti, si ritirò dalla vita pubblica molto
precocemente, trascorrendo la maggior parte del suo tempo
viaggiando per il mondo ed evitanto accuratamente di farsi vedere
in pubblico. Si dice che in età matura, quando era costretta a
partecipare a cene ufficiali a Vienna, rimanesse seduta immobile
come una statua, senza aprire bocca per mangiare o parlare per
tutta la serata.
Solo alcuni dei seguenti fatti su di
lei sono provati: aveva un tatuaggio sulla spalla; beveva vino a
colazione e faceva ginnastica due o tre volte al giorno usando le
spalliere e gli anelli che teneva in camera. Scriveva poesie,
andava a cavallo e a caccia, leggeva Shakespeare, studiava il greco
classico e moderno e, per curare la pelle, faceva bagni caldi
nell’olio d’oliva e indossava maschere di pelle imbottite di carne
di vitello cruda; lottò contro la depressione per tutta l’età
adulta, perdendo la battaglia nel 1889 dopo
il suicidio del figlio, il principe ereditario Rodolfo. Tutte
queste particolarità biografiche, unite al suo rifiuto di farsi
fotografare dall’età di 30 anni – ne aveva 42 l’ultima volta che
posò per un quadro – hanno avvolto la sua figura in un alone di
mistero che, ovviamente, spiega perché, a distanza di tanti anni,
siamo ancora affascinati da questa figura.
La relazione tra Io e Sissi e Il Corsetto dell’Imperatrice
Per parlare di Io e
Sissi dovremmo parlare prima del film Il Corsetto dell’Imperatrice (2022), a cui è
accomunato da diverse somiglianze, senza dubbio non volute. Diretto
da Marie Kreutzer, la pellicola è ambienta intorno
al 40° compleanno di Elisabetta, nel 1877, arco di tempo scelto per
evidenziare il suo crescente distacco sia dal marito che dalle
responsabilità di palazzo. Impeccabilmente interpretata da
Vicky Krieps, questa versione di
Elisabetta si masturba in bagno, alza il dito
medio ai cortigiani, prende eroina per calmare i nervi e si rivolge
al marito a suon di insulti.
Io e Sissi si
distingue invece per l’attenzione dedicata alla contessa
Irma Sztáray, l’ultima dama di compagnia
dell’imperatrice. Attirata dalla promessa di amicizia, Irma
sottomette la propria volontà a quella dell’imperatrice
praticamente in tutto, frenando il suo abbondante appetito per
assecondare le restrizioni alimentari di Sissi e adottando e
imitando la sua estetica. Il film di Frauke
Fisterwarder ritrae Isabel come una
figura dal magnetismo quasi soprannaturale, che alla fine viene
soffocata dalla passione e dalla gelosia che ispira negli altri, ma
ciò che soprattutto lo distingue da Il Corsetto dell’Imperatrice è che si
tratta di un film assolutamente queer.
Per esplorare gli ultimi anni di
vita di Elisabetta, entrambi i film fanno uso di anacronismi sia
nella colonna sonora che nei costumi, entrambi si concentrano sulla
sua devozione all’esercizio fisico e ai trattamenti di bellezza
piuttosto che sui suoi disturbi alimentari, ed entrambi tracciano
chiari parallelismi tra Sissi e
Dianadel Galles, due donne
intrappolate in relazioni coniugali infelici, in un ambiente di
palazzo ostile, in un corpo che deve essere mantenuto perfetto e
nei capricci di un immaginario collettivo sempre pronto a
manipolare la sua immagine. Lo stesso vale per i costumi, disegnati
da Tanja Hausner in un modo lontano dal rigido
realismo storico: in contrasto con l’ostentata e scomoda moda
vittoriana, gli abiti raccontano la storia di una donna moderna,
all’avanguardia e in anticipo sui tempi. Niente corsetti, spazio ai
pantaloni: quelli indossati dalle protagoniste sono abiti in cui ci
si può muovere, agitare o sedere senza problemi, con cui si può
andare in giro senza preoccupazioni e più orientati verso gli anni
Sessanta e Settanta del secolo scorso.
Frauke
Finsterwalder traccia in Io e Sissi una
riflessione sulla causalità dell’amicizia, sull’asimmetria delle
relazioni e sul calcolo millimetrico dei comportamenti che le
sostengono. Sostenuto dalla turbolenta relazione tra l’imperatrice
Sisi e la contessa Irma, Io e Sissi non è né un
ritratto semplicistico di una donna potente e capricciosa, né un
racconto agiografico che divinizza l’imperatrice. Ciò che sembra
dirci, analogamente a Il corsetto dell’imperatrice, è che, sebbene
Elisabetta d’Austria non fosse affatto una persona
comune, parlare di lei significa parlare di tutte le donne, dei
danni e dei traumi che il patriarcato e lo sguardo maschile hanno
causato loro nel corso dei secoli, e della repressione,
dell’ageismo e della mancanza di autonomia a cui sono sottoposte
oggi come allora.
Ecco le nostre intervista ai
protagonisti di Io e Mio Fratello. Ecco cosa hanno
raccontato del film il regista Luca Lucini, e i
protagonisti Denise Tantucci,
Cristiano Caccamo, Greta Ferro,
Teresa Mannino e Claudio
Colica.
Sofia (Denise
Tantucci) è la pecora nera della famiglia. Ha 28 anni, è
una sciupafemmine e ha lasciato la Calabria, sua terra d’origine,
per trasferirsi a Milano, dove vive con il suo coinquilino
Alessandro (Claudio Colica). Mauro
(Cristiano
Caccamo) è il fratello di Sofia. Affidabile e
amorevole, al contrario di Sofia con la quale è sempre in guerra,
non ha lasciato la Calabria e porta avanti l’azienda di famiglia.
Sofia e Mauro non sono solo sorella e fratello, hanno anche
un’altra cosa in comune: Michela (Greta Ferro),
primo e unico amore di Sofia, che però sta per sposare proprio
Mauro. Quando Sofia si rende conto che sta per perdere la donna
della sua vita, decide di tornare a casa, in Calabria. Ma il
ritorno di Sofia romperà ogni equilibrio e in un susseguirsi di
situazioni tragicomiche, i due fratelli saranno costretti a
guardarsi davvero in faccia e a scegliere chi voler essere da
grandi… Tra amori passati e ritrovati, storie di amicizia, famiglia
e fratellanza, Luca Lucini torna sul set con una commedia romantica
e ricca di intrighi.
Al via le riprese di Io
e mio fratello, la nuova commedia di Luca
Lucini (Tre metri sopra il cielo, Nemiche per la
pelle, Come diventare grandi nonostante i genitori) con
Denise Tantucci,
Cristiano Caccamo, Greta Ferro, Teresa Mannino, Claudio Colica,
Paola Lavini e con la partecipazione di Ninni Bruschetta, Marco
Leonardi, Nino Frassica e Lunetta
Savino.
Le riprese si svolgono in Calabria
(tra Altomonte, San Nicola Arcella, Civita, Cirò Marina) e a Milano
per un totale di sei settimane. Prodotto da Pepito Produzioni e da
Piero Crispino e Giuseppe Saccà per 302 Original Content e Vision
Distribution, il film sarà distribuito da Vision Distribution.
Io e mio fratello, la trama
Sofia (Denise Tantucci) è
la pecora nera della famiglia. Ha 28 anni, è una sciupafemmine e ha
lasciato la Calabria, sua terra d’origine, per trasferirsi a
Milano, dove vive con il suo coinquilino Alessandro (Claudio
Colica). Mauro (Cristiano Caccamo) è il fratello di Sofia.
Affidabile e amorevole, al contrario di Sofia con la quale è sempre
in guerra, non ha lasciato la Calabria e porta avanti l’azienda di
famiglia. Sofia e Mauro non sono solo sorella e fratello, hanno
anche un’altra cosa in comune: Michela (Greta Ferro), primo e unico
amore di Sofia, che però sta per sposare proprio Mauro. Quando
Sofia si rende conto che sta per perdere la donna della sua vita,
decide di tornare a casa, in Calabria. Ma il ritorno di Sofia
romperà ogni equilibrio e in un susseguirsi di situazioni
tragicomiche, i due fratelli saranno costretti a guardarsi davvero
in faccia e a scegliere chi voler essere da grandi… Tra amori
passati e ritrovati, storie di amicizia, famiglia e fratellanza,
Luca Lucini torna sul set con una commedia romantica e ricca di
intrighi.
Il suo viaggio continua, con il
Milano-Roma al quale sta già lavorando e che promette di riportarlo
nella Capitale, dove nel 2004 iniziò tutto con Tre metri sopra
il cielo, ma l’ultima tappa del percorso di Luca Lucini è quella del più
recente Io e mio fratello, dal 21
aprile suPrime Video. Un ritorno a casa
particolare che ci porta da Milano ad Altomonte, in Calabria, in
compagnia del ben assortito cast di una commedia romantica scritta
con Marta e IlariaStorti e nella quale si mescolano tradizione e
contemporaneità, individualismo e comunità, famiglia e amori di
vario genere.
Io, lei e mio fratello
Tutto nasce dall’urgenza di Sofia
(Denise Tantucci) di tornare a casa, al Sud.
Pecora nera di una famiglia di viticoltori della provincia di
Cosenza, si è trasferita da qualche anno a Milano, dove vive con il
suo coinquilino Alessandro (Claudio Colica) e
continua a passare da una conquista all’altra. Sempre con il
rimpianto del suo grande amore, l’amica Michela (Greta
Ferro) che ora sta per sposarsi con Mauro (Cristiano
Caccamo), suo fratello.
Affidabile e “predestinato”, dopo la
morte del padre (Marco Leonardi) è stato lui a
portare avanti l’azienda di famiglia insieme all’esperto Bernardo
(Nino Frassica) e a rimanere al fianco della madre
(Lunetta Savino). Che ora si trova al centro
dell’organizzazione di un matrimonio che Sofia cerca di boicottare,
tentando di far innamorare di nuovo di sé la radiosa Michela. Una
missione che scatenerà una serie di reazioni a catena che
coinvolgeranno tutti, anche l’irrequieta e originale zia Tecla
(Teresa Mannino), arrivata per l’occasione.
Una questione di famiglia
Nomi interessanti e di sicura presa
sul grande pubblico, come si vede, danno vita a un intreccio
piuttosto elementare, arricchito da ricami capaci di suggerire
spunti e possibilità senza confondere o distogliere l’attenzione
dalla trama principale. Quella che inizia come la storia della
giovane scavezzacollo farfallona e irrisolta, promettendo gag da
emigrata sullo sfondo della citylife meneghina, diventa quindi
occasione per offrire alla regione Calabria una vetrina alla quale
non tutti sono abituati, talmente abituati – come sottolineato
dallo stesso regista – a vederla solo come terra di malaffare e
‘ndrangheta. Ma soprattutto per raccontare una contemporaneità che
va oltre le app e i luoghi comuni (che pure non mancano), e nella
quale trovano uno spazio importante le tradizioni e la
comunità.
E l’amore, ovviamente. Etero, omo e
familiare, tanto per citare i più evidenti sin dalla sinossi, nella
quale non era possibile – né opportuno – dettagliare di più,
lasciando alla scoperta in streaming dei contrasti e le piccole
grandi sorprese messe in scena da Lucini. Del quale attendiamo il
Le mie ragazze di carta (con Maya Sansa,
Giuseppe Zeno e di nuovo Cristiano
Caccamo) visto al Bif&st da lui definito “la prima
storia che sento veramente mia” e nel quale si racconta il
passaggio dalla pubertà alla preadolescenza di tre adolescenti e
quello dal mondo della campagna al mondo della città.
L’individualismo non basta, il
futuro è comune
Come anche in questo Io
e mio fratello, dove la scelta su cosa voler essere o
fare ‘da grandi’ torna, come sappiamo tutti, e continua a tornare,
anche a distanza di anni. Perché le occasioni arrivano quando
arrivano, a volte, le scelte portano rimpianti e dubbi, e altre
scelte. Merito del regista aver evitato di lasciar troppo spazio
alle scelte meno ‘etiche’, alla confusione, le bugie e i segreti,
trovandone invece per un esempio di amore ‘maturo’ che regala forse
il momento più commovente del film (insieme alla nostalgia legata
alla figura paterna).
Che rimodula lo stereotipo della
sceneggiata meridionale – che a tratti fa capolino, evidentemente
impossibile da non citare – in un finale se non originalissimo e di
rottura, un po’ diverso da quel che avrebbe potuto essere e che
spezza una lancia in favore della libertà, nelle sue varie
declinazioni vero fil rouge di tutta la storia. Ma soprattutto
rilancia il fallimento dell’individualismo dilagante, vero ‘morto
che cammina’ del nostro vivere quotidiano, che – per quanto in
molti ci si ostini a far finta di non vederlo o ammetterlo – non ha
altra speranza che nell’essere comune, e condiviso (non sui
social).
Il cane è il migliore amico
dell’uomo, ed è stato più volte protagonista anche al cinema di
celebri film a lui dedicati. Da
titoli per famiglie come Belle & Sebastien ai
classici Disney come Lilli & vagabondo, dai film d’autore
come L’isola dei cani a
pellicole più drammatiche come Attraverso i miei occhi, sono numerosi i film che
hanno dedicato agli amici a quattro zampe storie commoventi e
ricche di emozioni, che non mancano mai di affascinare il grande
pubblico. Uno degli ultimi titoli di questo filone è Io e
Lulù (qui
la recensione).
Il film segna l’esordio alla regia
dell’attore
Channing Tatum e del suo partner produttivo
Reid Carolin. I due hanno infatti collaborato per
l’intera trilogia di Magic Mike e poi anche per il film
Sotto assedio – White House Down, La truffa
dei Logan e 22 Jump
Street. Insieme, hanno poi deciso di realizzare Io e
Lulù, un film per Tatum fortemente voluto in quanto
ispirato ad una sua vicenda personale. Nasce così un racconto ricco
di emozioni, capace di far sorridere, stare in tensione e
commuovere.
Un racconto on the road che
porta i protagonisti a rivalutare ciò che sapevano della vita,
condividendo così importanti lezioni di vita. In questo articolo,
approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a
Io e
Lulù. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e alla
storia vera a cui si ispira. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama e il cast di Io e
Lulù
Il film racconta la storia del
soldato JacksonBriggs, che si
vede costretto a fare un viaggio lungo la costa del Pacifico per
portare Lulù, il cane compagno di missioni belliche del sergente
Nogales, al funerale di quest’ultimo, deceduto a causa di un
incidente d’auto. Dopo diverse spedizioni in guerra il cane ha
sviluppato un carattere per nulla facile e imprevedibile alle
reazioni. Durante il viaggio che li porta alla celebrazione, il
soldato e la cagna stringono un forte legame e Briggs finisce
addirittura per affezionarsi a Lulu.
Ad interpretare il soldato Jackson
Briggs vi è l’attore Channing Tatum, che come già
riportato è anche il regista del film, ruolo che svolge qui per la
prima volta. L’attrice Q’orianka Kilcher, nota per
il film The New World – Il nuovo mondo, è qui
interprete di Niki, ex compagna di Briggs. Completano il cast l’ex
wreslter Kevin Nash nel ruolo del fattore
Gus, Jane Adams in quelli di sua moglie
Tamara ed Ethan Suplee in quelli di Noah, un
ex Ranger dell’esercito.
Per quanto riguarda Lulù, sono tre i
cani che l’hanno interpretata: Britta,
Lana5 e Zuza e,
sebbene assomiglino a pastori tedeschi, sono in realtà dei
Belgian Malinois, una razza adatta al lavoro
militare. La produzione li ha presi da un canile di Amsterdam che
addestra cani per questo fine. Quando la pandemia ha colpito e la
produzione è stata interrotta per nove mesi,
Channing Tatum e gli addestratori hanno avuto tutto il
tempo di lavorare con ogni cane per prepararli al film. Il
risultato è stato un’esperienza di forte legame che si è conclusa
con la decisione di tre degli addestratori di adottare i cani con
cui hanno lavorato.
La storia vera che ha ispirato il
film
Come anticipato, Io e
Lulù è ispirato a un vero viaggio in macchina che il
regista e attore
Channing Tatum ha fatto con il suo cane morente, un
pit-bull anch’esso di nome Lulù, dopo che le era stato
diagnosticato un cancro nel 2018. Tatum ha raccontato a Yahoo!
“Quando ho fatto il mio ultimo viaggio in macchina con la mia
cucciola, ho provato quella sensazione di “Non c’è niente che possa
fare. Non c’è più niente da fare. Devi solo accettarlo ed essere
grato per il tempo che hai avuto e sapere che non poteva essere per
sempre. Io devo andare avanti e lei deve andare in un altro
posto”.
Il cane di Tatum è poi deceduto il
19 dicembre 2018 e il film è dedicato alla sua memoria, come si può
leggere nei titoli di coda. Il film è dunque un tributo a quel suo
amato compagno di viaggio e celebra l’ultimo viaggio in auto da
loro fatto insieme. Tatum ha poi descritto il processo di
lavorazione del film come “catartico”, raccontando a Forbes che:
“Mi ha dato un sacco di prospettiva su ciò che lei significava
per me, su quale fosse il suo scopo in questa vita che abbiamo
avuto insieme”.
Il trailer di Io e
Lulù e dove vederlo in streaming e in TV
È possibile fruire
di Io e
Lulù grazie alla sua presenza su une delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nel catalogo di Infinity+. Per
vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà
così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 4 settembre alle ore
21:20 sul canale Italia 1.
Io e
Lulù è il film che suggella l’ingresso nel mondo
della regia per
Channing Tatum. L’attore quarantaduenne ha tratto
ispirazione per la storia dalla sua vita personale. Aveva infatti
un cane proprio di nome Lulù con il quale aveva stretto un rapporto
strettissimo e dopo la cui morte ha deciso di farne un film per
trasformarne il dolore della perdita.
La sceneggiatura è stata
affidata a Reid Carolin, che ha anche supportato
l’attore nella direzione del film, e che aveva già curato la
sceneggiatura di un’altra pellicola in cui era comparso Tatum:
Magic Mike di Steven
Soderbergh. L’ispirazione sui dettagli della trama viene,
tra l’altro, da un documentario che l’attore aveva prodotto nel
2017, War dog: a soldier’s best friend,
diretto da Deborah Scranton.
La piccola Lulù del titolo, è una
vivace cagnolina che viene da una vita di addestramento militare,
tanto da essere stata la fedele compagna di missioni in Medio
Oriente del sergente Nogales, finché questi non muore in un
incidente d’auto. Al ranger Jackson Briggs (Channing
Tatum), amico del defunto commilitone, spetterà il
compito di accompagnare la cagnetta dal carattere ribelle al
funerale del sergente, la cui presenza è tanto desiderata dalla
famiglia di lui, per il profondo legame che il cane aveva
instaurato nel tempo col suo padrone.
Così inizia un’avventura
on the road lungo la costa del Pacifico, durante la quale il ranger
dovrà affrontare continui e frustranti disagi causati da Lulù e
dalla sua imprevedibilità, che lo condurranno, però, alla
riconciliazione con i suoi mostri interiori, e con i traumi causati
dalla guerra. Di cui, forse, anche il cane ha subito le
conseguenze.
Un legame ancestrale
L’intenzione di
Channing Tatum è quella di narrare un legame
viscerale e quasi ancestrale come quello che riesce a crearsi tra
uomo e animale, in particolare tra una persona e il suo cane. Il
lavoro di addomesticamento, che arriva fino a rendere il dolce
quadrupede un elemento della propria vita al pari di un familiare,
è fatto dalla costruzione paziente di reciproca fiducia, che ha in
sé qualcosa di misterioso.
Il film indaga i silenzi
e gli sguardi a cui “manca la parola” – come si suol dire
riferendosi alla chiarezza di certe espressioni che il cane sembra
assumere –, approfondisce e cerca di soffermarsi sull’appagamento
provato dal ranger Briggs nel trovare una crescente corrispondenza
nelle risposte comportamentali di Lulù.
È chiaro, insomma, e
comprensibile che voglia essere una dichiarazione di amore
incondizionato, al pari di quello che il cane dà gratuitamente
all’uomo, ma nello scorrere del viaggio dei protagonisti c’è
qualche cosa che sfugge.
Channing Tatum sembra essere così intimamente
coinvolto nel trasporre i propri sentimenti, che appare sfuggente e
quasi distratto nel raccontare le tappe del percorso e i relativi
canonici incontri lungo la via.
Io e
Lulù mostra rapidamente le persone incrociate per
caso durante i giorni del viaggio, col risultato che quei tipici
elementi del road movie risultano frettolosi e l’effetto è
paradossalmente freddo e distaccato.
Così, se è vero che il
rapporto tra il ranger e la cagnolina cambia tonalità, pare che il
merito sia solo dovuto alla convivenza forzata, più che a una reale
evoluzione del protagonista. Quasi che sia stato unicamente il
temporaneo bisogno di affetto e cure ad aver messo il protagonista
nella condizione di relazione col cane, rendendo dunque il
quadrupede oggetto di attenzioni non necessarie e vagamente
umanizzate.
Ad ogni modo, di
cinematografia se n’è sprecata intorno all’affetto nei confronti
degli amici a quattro zampe, e sicuramente Io e
Lulù non è da meno. In fondo fa quello che
probabilmente aveva preventivato solo marginalmente: suscitare
molta dolcezza, con toni di accennata inquietudine per il contesto
ferito e solitario della guerra a cui fa riferimento.
Uscirà al cinema il 12
maggio distribuito da Notorious PicturesIo e
Lulù, la divertente ed emozionante commedia di e
con
Channing Tatum che racconta il toccante viaggio on the
road di Briggs (Channing
Tatum) e della sua cagnolina Lulù.
Il film, che segna l’esordio dietro
la macchina da presa del celebre attore hollywoodiano, è una vera e
propria dedica d’amore al suo cane, scomparso pochi anni fa. Ma è
anche la storia di una profonda amicizia fra un uomo e il suo
migliore amico e di un viaggio emozionante e divertente in cui due
caratteri difficili impareranno a conoscersi e ad amarsi.Un vero e
proprio road movie in cui si alternano toccanti momenti di incontro
e scontro ad esilaranti colpi di scena che porteranno i due
protagonisti verso la strada della felicità.
Una commedia romantica che si serve
della scelta stilistica dell’on the road anche per mostrare con una
certa verosimiglianza alcune delle contraddizioni della società
contemporanea americana e delle sue divisioni politiche. Storture
che, come ci mostra nel film la star di Magic Mike, potrebbero essere
superate attraverso una comprensione ed accettazione reciproca.
L’idea del film che Tatum ha prodotto e co-diretto con il suo
partner Reid Carolin con la loro casa di
produzione Free Association, nasce dal precedente
documentario War Dog: A Soldier’s Best
Friend, che i due avevano realizzato sempre assieme
per la HBO.
Quando Tatum si è trovato a perdere
il suo fedele amico di vecchia data in un momento difficile della
sua vita, ha sentito l’urgenza di esplorare e raccontare il
profondo legame che si crea fra un uomo e il suo cane attraverso il
mezzo cinematografico. Per questo, ha deciso di produrre, dirigere
ed interpretare il film che negli Stati Uniti ha avuto un grande
successo al botteghino.
Si è tenuta questa mattina a Roma,
presso il Cinema Fiamma, la conferenza di presentazione di uno dei
film italiani più attesi e chiacchierati della nuova stagione
cinematografica: Io e Lei, la nuova
commedia drammatica della regista Maria Sole
Tognazzi che torna dietro la macchina da presa a tre anni
di distanza da Viaggio da sola.
Il film racconta la storia di
Federica e Marina (interpretate dall’inedita coppia formata da
Margherita Buy e Sabrina
Ferilli), due donne che vivono insieme da diversi anni. La
loro storia d’amore, però, sembra essere arrivata a un punto di
svolta. Proprio quando Marina pensa che ormai si possano
considerare una coppia stabile, Federica, mossa da una serie di
accadimenti, entra in crisi e comincia a porsi delle domande…
A proposito del tema del film e
sulle eventuali implicazioni di tipo politico, Maria Sole
Tognazzi ha dichiarato: “Il nostro intento era quello
di raccontare una storia d’amore. Fare una commedia sentimentale.
Il nostro non è un film di denuncia, anche se siamo consapevoli del
valore che possiede. La cosa per me più importante era raccontare
una storia non diversa dalle altre, ma uguale a tutte le altre. Era
questo il messaggio che volevo arrivasse in maniera chiara. Spero
di esserci riuscita.”
Margherita Buy ha
aggiunto: “È una cosa alla quale abbiamo pensato. Sicuramente
ci troviamo in una posizione molto particolare. Parliamo di un tema
sul quale, almeno in Italia, c’è ancora tanta arretratezza. Ci
sarebbero così tante cose da discutere e da risolvere… Onestamente
non mi sento di definire questo film come una bandiera. Non ci
sentiamo delle portavoci. Abbiamo semplicemente cercato di
raccontare qualcosa nel nostro piccolo. Portare sul grande schermo
una storia del genere è importantissimo, al di là del nostro
ruolo”.
Su come è stato lavorare insieme, le
due protagoniste del film hanno così parlato l’una dell’altra:
“Avevo voglia di lavorare con Sabrina da tantissimo tempo
– ha detto la Buy – Sapevo che la nostra coppia avrebbe
funzionato. Sia per le nostre diversità, ma anche per le cose che
ci accomunano, come il nostro lavoro e la nostra vita. Sabrina è
fantastica. È molto intelligente. Adoro il suo modo di essere nelle
cose. Anche se non si direbbe, ci compensiamo tantissimo.”
“La verità è che io e Margherita
ci piacevamo già in tempi non sospetti – ha rivelato la
Ferilli – Poi è arrivata la proposta di Maria Sole ed è stata
come l’occasione per entrambe di poter finalmente lavorare insieme.
Margherita è la migliore attrice italiana. È un connubio perfetto
di talento e tecnica. Per me essere arrivati a fare qualcosa di
così importante con lei è un risultato incredibile.”
Parlando del rapporto fra cinema e
omosessualità (con particolare riferimento all’omosessualità
maschile, molto più rappresentata sul grande schermo rispetto a
quella femminile), la regista ha dichiarato: “Quando ho avuto
l’idea di mettere insieme Margherita e Sabrina per questo film, in
effetti ricordo di aver pensato che sarebbe stato uno dei primi
film, in Italia, a parlare dell’omosessualità femminile.
Onestamente non so perché sia così poco raccontata, anche a livello
internazionale.”
Tornando a parlare del lavoro
insieme, in particolar modo sul set, la Buy e la Ferilli hanno
spiegato: “Ci siamo divertite tantissimo a girare il film
insieme – ha spiegato Margherita – Non ci siamo preparate
in modo diverso rispetto a qualsiasi altro ruolo che abbiamo
affrontato fino ad ora. Abbiamo ricercato la verità. Forse c’è
stata un’attenzione maggiore per il tipo di tema affrontato.
Certamente questo film è una parola in più su un argomento ben
preciso. Dal mio punto di vista, ho vissuto il tutto come una
grande storia d’amore che doveva essere raccontata attraverso le
caratteristiche di una grande storia d’amore.”
“Non mi ha mai spaventato l’idea
di partecipare a questo film – ha detto Sabrina –
Sicuramente ci saranno delle polemiche, se ne discuterà
tantissimo, questo è inevitabile visto il tema. Per quanto mi
riguardo, mi piace potermi mettere in discussione. Soprattutto, mi
piace poter sensibilizzare attraverso il mio lavoro. Anche perché è
una cosa che capita raramente.”
Arriverà nelle sale italiane il
prossimo 1 ottobre Io e Lei, uno dei film
certamente più discussi di questa nuova stagione cinematografica.
Discusso non solo per l’inedito connubio artistico formato dalle
sue due protagoniste, ma anche per le tematiche che –
inaspettatamente – il film si propone di raccontare utilizzando una
chiave altrettanto inedita (almeno per il cinema italiano).
Io e Lei è la storia di Federica e
Marina, due donne agli antipodi che vivono insieme da diversi anni.
La loro storia d’amore, però, è a un punto di svolta: proprio
quando Marina pensa che ormai si possano considerare una coppia
stabile, Federica, scossa da una serie di avvenimenti, entra in
crisi e comincia a interrogarsi non solo sul rapporto con la sua
compagna, ma anche sulla propria vita.
Diretto da Maria Sole
Tognazzi, che torna dietro la macchina da presa a tre anni
di distanza da Viaggio da Sola,
Io e Lei è una classica commedia
sentimentale che ha fondamentalmente due pregi: il primo risiede
nell’inaspettata e a tratti sorprendente alchimia tra Margherita Buy (Federica) e
Sabrina Ferilli (Marina); il secondo, invece, è da
attribuire alla straordinaria capacità della Tognazzi di aver
saputo raccontare non una storia sulla diversità, ma una storia
sulla normalità. Io e Lei è una storia
d’amore vera e passionale: non ci sono inutili cliché, non esistono
fastidiosi stereotipi, ma soltanto due donne innamorate colte nella
loro ordinarietà e nel loro quotidiano. È così che il nuovo lavoro
della regista romana arriva come una ventata d’aria fresca nel
panorama del cinema italiano, che troppo spesso si è
“divertito” a rappresentare l’omosessualità proprio
attraverso i cliché e gli stereotipi qui evitati.
Io e Lei, il film
Il resto viene fatto dalla genuina
romanità di
Sabrina Ferilli che contamina l’indiscutibile
talento di Margherita Buy e la rende più
divertente e anche più buffa rispetto all’attrice drammatica che
tutti conosciamo, dando vita a un prodotto di intrattenimento e mai
volgare, in cui però non è tutto oro quel che luccica. Se troppo
spesso il film assume un taglio ingiustificatamente televisivo in
netto contrasto con un aspetto insopportabilmente patinato, anche
la sceneggiatura (scritta a sei mani dalla Tognazzi in
collaborazione con Ivan Cotroneo e
Francesca Marciano), pur dimostrando una spiccata
capacità nel delineare le varie sfumature di questo rapporto
sentimentale, non scava mai a fondo, lasciando tutto come in
superficie e impedendo al film di essere davvero coinvolgente.
Io e Lei
non è una bandiera issata a favore o uno spot teso a
sensibilizzare. È, con tutti i suoi pregi ma anche i suoi difetti,
una storia d’amore su quella normalità che esiste e che il nostro
Paese tende ancora oggi a identificare come diversità.
Trama: Alvy Singer
è un comico tanto apprezzato sul lavoro, quanto profondamente
pessimista e insoddisfatto nella vita, che racconta la sua storia
d’amore con la stravagante Annie. Il rapporto è finito proprio per
la continua e ridicola frustrazione dell’uomo che ripercorre tutte
le tappe della relazione con Annie e tenta, con scarsi risultati,
di rifarsi una vita.
Analisi: È proprio
l’analisi, anche se psicoanalitica, a dar vita a questa commedia e
in generale a tutta la produzione del miglior Woody Allen, quello degli anni Settanta e
Ottanta.
Quattro premi Oscar e un Golden
Globe, più innumerevoli nomination e riconoscimenti e, non ultima,
la presenza di una Diane Keaton praticamente
perfetta sotto ogni punto di vista, fanno di questo film
sentimental-nevrotico uno degli indiscussi punti di forza della
cinematografia dell’ex enfant prodige, nato nel Bronx nel 1935.
All’inizio si sarebbe dovuto intitolare
Anedonia, come “omaggio” a una sindrome che
colpisce chi non riesce a divertirsi o trarre piacere neanche in
circostanze positive, favorevoli o semplicemente normali, come
dormire, mangiare o avere rapporti con l’altro sesso. Si pensò, in
seguito, di chiamarlo Io e le donne, ma infine
Allen scelse di magnificare la sua musa anche nel titolo che, in
inglese, è Annie Hall. Il cognome è infatti
quello vero della Keaton, mentre Annie è il soprannome con
cui il regista era solito chiamarla. Il film, arriva dopo
l’esilarante Provaci ancora, Sam, del 1972,
adattamento di una commedia scritta da Allen e diretta, per il
cinema, da Herbert Ross. Provaci
ancora, Sam sarà la causa dell’incontro con la Keaton,
allora 23enne, che Woody, che all’epoca aveva 34 anni e già due
divorzi alle spalle, non avrebbe mai smesso di definire come “il
grande amore” della sua vita.
Io e
Annie è cucito addosso all’attrice, che per anni ha
incarnato il simbolo della donna newyorkese nevrotica, un tantino
disillusa, autoironica, ma così affascinante da mettere
completamente in discussione l’ideale di bellezza e di femminilità
dell’epoca.
Il punto di forza del
lungometraggio sono le interpretazioni degli attori e i dialoghi.
Nonostante la vena malinconica che circonfonde tutti i migliori
film del grande paroliere Allen, in Io e Annie i
giochi linguistici, le boutade, i paradossi e le geniali trovate
del cervellone del cabarettista, musicista e autore Allen, lasciano
lo spettatore senza respiro e regalano al film quello che ogni
pellicola dovrebbe avere per essere goduta appieno: un ritmo
perfetto. Anche i personaggi secondari, come quello di Allison
(Carol Kane), e soprattutto quello di Duane,
psicolabile fratello della protagonista, interpretato da un attore
immenso come Christopher Walken, non fanno altro che
incastrarsi perfettamente nell’ingranaggio messo a punto da Allen.
Last but not least, non si può non citare il cammeo in
cui, nell’immaginario di Alvy, il sociologo Marshall
McLuhan fa a pezzi un ragazzotto che sfrutta le sue teorie
per far colpo.
Forse, proprio in virtù di un amore
così grande e di un’attrazione così limpida, sebbene con tutte le
contorsioni psicologiche e le nevrosi del caso, Woody
Allen riesce, con Io e Annie, a regalare
un nuovo significato alla parola
“commedia”.
La trama di Io e Annie
Alvy Singer, attore comico di
origini ebree, incontra casualmente Annie Hall, una ragazza carina,
un po’ svitata, di famiglia benestante del Middle West. Alvy, già
scottato da due matrimoni falliti, inizia il nuovo rapporto con
paura; ma anche Annie, istintivamente, dubita del successo del loro
rapporto e mantiene un ampio margine d’evasione.
Ciò nonostante, la relazione segue
il più tipico dei corsi: incontro, studio reciproco, amore e
scoperta delle rispettive debolezze. Un poco alla volta, quando lo
slancio iniziale ha perduto mordente, i due procedono verso la
separazione. Annie abbandona New York e si reca a Los Angeles dove
spera in qualcosa di meglio…
Completano il cast
di Io e Annie gli attori Tony
Roberts, Carol Kane, Paul Simon, Shelley Duvall, Christopher
Walken, Janet Margolin, Colleen Dewhurst, Donald Symington, Helen
Ludlam, Mordecai Lawner, Joan Neuman, Jonathan Munk, Ruth Volner,
Martin Rosenblatt, Hy Anzell, Rashel Novikoff, Christine Jones,
Mary Boylan, Wendy Girard, Jeff Goldblum, Sigourney
Weaver.
Il trailer di Io e Annie
Io e Annie, frasi dal film di Woody Allen
Amore è un termine troppo debole.
Ecco, io ti straamo, ti adamo, ti abramo! (Alvy)
Lyndon Johnson? È un politico!
Conosciamo la morale di quella gente: è un gradino più giù di
quelli che si inchiappettano i bambini. (Alvy)
Mi spiego, anche da piccolo io mi
buttavo sulle donne sbagliate. Credo che sia questo, il mio
problema. Quando la mamma mi portò a vedere Biancaneve, tutti
quanti erano innamorati di Biancaneve. Io no. Io mi innamorai
subito della Regina Cattiva. (Alvy)
Non mi hanno preso sotto le armi
perché non ero abile, ma alienabile: in caso di guerra, ero da dare
in ostaggio. (Alvy)
Usi la teoria del complotto solo
perché non vuoi fare l’amore con me. (Allison)
Adoro essere ridotta ad uno
stereotipo culturale. (Allison)
Chi non sa fare, insegna. Chi non
sa insegnare, insegna ginnastica. Quelli che neanche la ginnastica
li mandavano alla mia scuola. (Alvy)
[Parlando di sesso]
È stata la cosa più divertente che ho fatto senza ridere.
(Alvy)
I politici hanno una loro etica.
Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco
sessuale. (Alvy)
Ma il sole fa male! Come tutto
quello che faceva bene prima: il sole, il latte, la carne,
l’università… (Alvy)
Ehi, non denigrare la
masturbazione: è sesso con qualcuno che amo. (Alvy)
Mia nonna non mi ha mai fatto
regali, era troppo impegnata a farsi stuprare dai cosacchi.
(Alvy)
Non ti stavo pedinando: ti seguivo
a distanza non perdendoti di vista. (Alvy)
A scuola mi esclusero dalla
squadra di scacchi a causa della mia statura. (Alvy)
Si sono geloso un pochetto, come
Otello! (Alvy)
Una relazione credo sia come uno
squalo sai, che deve costantemente andare avanti o muore. Eh… credo
che quello sia restato a noi sia uno squalo morto.
(Alvy)
Sylvia Plath! Interessante
poetessa il cui suicidio ha suscitato l’interesse della rivista
Caccia e Pesca! (Alvy)
È stato diffuso il trailer del
nuovo film di Matteo
Garrone, Io
Capitano, che arriverà in sala dal 7 settembre,
distribuito da 01 Distribution. Nel cast Bamar Kane,
Joseph Beddelem, Seydou Sarr, Moustapha Fall, Didier
Njikam.
Io Capitano – il film
Io
Capitano racconta il viaggio avventuroso di due
giovani, Seydou e Moussa, che lasciano Dakar per raggiungere
l’Europa. Un’Odissea contemporanea attraverso le insidie del
deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli
del mare.
Le immagini riguardanti l’arrivo
degli immigrati africani che vediamo ogni giorno nei telegiornali
ci mostrano uomini, donne e bambini ai quali troppo facilmente si
appiccicano etichette con cui definirli senza che neanche li si
conosca. Sono persone senza nome, senza identità, la cui storia
rimane avvolta nella leggenda, nell’esagerazione o, troppo spesso,
nell’ignoranza. Con il suo nuovo film, dal titolo Io
capitano, il regista Matteo
Garrone(Gomorra, Dogman, Pinocchio) si pone dunque
l’obiettivo di fornire un’identità e una voce a chi troppo spesso
non ce l’ha. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di
Venezia, il film porta dunque lo spettatore ad
intraprendere l’odierna Odissea dei migranti.
Per Garrone si tratta quasi di un
controcampo sul suo film d’esordio, Terra di
mezzo, del 1996, articolato in tre episodi
distinti che raccontano le storie di emarginazione di alcuni
stranieri immigrati in Italia. Se lì il focus era dunque su come
queste persone vengono recepite nel nuovo contesto raggiungo, con
Io Capitano si va invece all’origine del viaggio, a ciò
che lo ha motivato, come anche a tutti gli orrori e gli ostacoli
che si è dovuto superare per poter arrivare dove desiderato.
Raccontare tutto ciò è un obiettivo ambizioso, ma Garrone sa come
approcciarsi alle sfide più ostiche, traendone il meglio.
Io Capitano, la trama del film
In
Io Capitano si racconta dunque il viaggio avventuroso di
Seydou (Seydou Sarr) e
Moussa (Moustapha Fall), due
giovani cugini che decidono segretamente di lasciare Dakar,
capitale del Senegal, per raggiungere l’Europa, con l’obiettivo di
poter inseguire il sogno di diventare celebrità nel campo della
musica. Lasciandosi alle spalle le proprie famiglie, per i due ha
così inizio un’Odissea contemporanea attraverso le insidie del
deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli
del mare. Quando ormai sarà troppo tardi per tornare indietro, i
due ragazzi si troveranno a dover proseguire il percorso, scoprendo
quanto quel paese dei balocchi promesso sia meno splendente e
colorato del previsto.
Odissea nel deserto
L’immigrazione è uno degli argomenti
più scottanti e delicati tra quelli presenti sul tavolo delle
discussioni odierne. Nel farlo, si può facilmente banalizzare,
fraintendere o peggio ancora distorcere ciò che lo riguarda. Ecco
perché il regista Matteo Garrone ha atteso a lungo
prima di decidersi a realizzare questo film, convinto di non avere
il diritto di raccontare una storia che non gli è propria e come la
maggior parte degli italiani e degli europei vive principalmente
attraverso le immagini proposte dai media. Fortunatamente, però, si
può scegliere di voler andare oltre le comuni convinzioni, gli
stereotipi, e svolgere ricerche necessarie a far emergere la verità
di queste situazioni.
Così ha fatto Garrone, circondatosi
di collaboratori che in prima persona hanno vissuto gli orrori di
questa Odissea nel deserto, con interminabili traversate nel
deserto, senza riparo dal sole o dalle intemperie, con il rischio
di essere catturati e posti in stato di schiavitù nei centri di
detenzione libici. A partire da queste testimonianze, Garrone segue
dunque i due personaggi protagonisti nel loro scontrarsi con queste
tappe di cui poco o nulla si sa fino a quando non ci si scontra
personalmente con esse. Avviene dunque una vera e propria
trasformazione nel corso di Io Capitano, con i due
protagonisti che passano dall’essere spensierati giovani a
sopravvissuti ormai privati della loro innocenza.
A sua volta, anche il film si
trasforma, passando da una prima parte più colorata, allegra,
spensierata nei toni e nelle atmosfere, coerentemente con lo stato
di Seydou e Moussa in quel dato momento. Quando però ha inizio il
viaggio, piano piano il film si incupisce sempre di più,
l’atmosfera si fa pesante, spaventosa e non c’è più posto per
quanto si era visto fino a quel momento. È a questo punto che
Garrone non si risparmia alcune immagini particolarmente crude,
ritrovabili naturalmente all’interno delle carceri libiche. Se
dunque il tutto inizia come una fiaba sulla scia di quel filone del
regista che ha prodotto fantasy come Il racconto dei
racconti e Pinocchi, ben presto si giunge in
territori più dark, propri di un film come Gomorra.
Seydou Sarr in una scena di Io Capitano. Foto di Greta De
Lazzaris.
Matteo Garrone infonde verità ed emozione nel racconto
Il modo in cui Garrone sceglie di
costruire il racconto ha dunque l’obiettivo di ricercare una certa
spontaneità e sincerità, necessarie per coinvolgere il pubblico e
renderlo partecipe di questa problematica tanto grande. Talmente
grande che non è facile dare delle risposte a riguardo, motivo per
cui al regista si rinfaccerà il suo non aver proposto una versione
più politica di tale argomento, ma di essersi tenuto invece più
dalle parti del racconto d’avventura. Un racconto che però
giustifica la propria semplicità – che talvolta può essere confusa
con un certo didascalismo – con l’intenzione di raggiungere un
pubblico molto ampio, possibilmente di ragazzi, da sensibilizzare
su tali vicende.
Per farlo il
regista si muove dunque consapevolmente sopra un confine molto
esile tra la retorica e la sincerità, riuscendo grossomodo a
rimanere nell’area di quest’ultima e portando a compimento un film
particolarmente emozionante. Il merito è da riconoscere però anche
a Seydou Sarr, il giovane protagonista esordiente,
che dà vita ad un’interpretazione convincente, che acquista
intensità di pari passo con la crescita emotiva del suo
personaggio. Seyoud ci appare inoltre come una sorta di Pinocchio
migrante, alla ricerca di una terra dei balocchi che scoprirà
essere tutt’altro che paradisiaca. E terminando lì dove iniziano le
immagini dei telegiornali, Io Capitano ci offre dunque un
controcampo a cui non si dovrebbe rimanere indifferenti.
Si è aperto nei giorni scorsi a
Dakar, in Senegal, il set di Io Capitano, il nuovo
film di Matteo Garrone, una coproduzione
internazionale Italia/Belgio, prodotto da
Archimede con Rai Cinema, in
coproduzione con Tarantula, con la partecipazione
di Pathé. Le vendite internazionali sono affidate
a Pathé International.
IO CAPITANO è una fiaba omerica che
racconta il viaggio avventuroso di due giovani, Seydou e Moussa
(gli esordienti Seydou Sarr e Moustapha
Fall), che lasciano Dakar per raggiungere l’Europa.
Un’Odissea contemporanea attraverso le insidie del deserto, i
pericoli del mare e le ambiguità dell’essere umano.
Scritto da Matteo
Garrone, Massimo Gaudioso,
Massimo Ceccherini e Andrea
Tagliaferri, a partire da un soggetto dello stesso
Garrone, che si è ispirato alle storie vere di Kouassi Pli
Adama Mamadou, Arnaud Zohin, Amara Fofana, Brhane Tareke e
Siaka Doumbia, tutti ragazzi che hanno compiuto davvero il viaggio
dei due protagonisti del film.
Le riprese si svolgeranno, oltre che
in Senegal, anche in Marocco e in Italia, per un totale di 13
settimane.
Crediti
Regia Matteo Garrone
Soggetto Matteo Garrone
Sceneggiatura Matteo Garrone, Massimo
Gaudioso, Massimo Ceccherini,
Andrea Tagliaferri