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Il Cinema e le sue voci: realtà, tecnica, poesia

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Il Cinema e le sue voci: realtà, tecnica, poesia

Da molti anni la Rete degli Spettatori presieduta da Valerio Jalongo, regista e docente, si adopera per valorizzare il cinema di qualità e favorire la sua diffusione a tutti i livelli, soprattutto con il pubblico più giovane e nell’ottica della fruizione in sala.  “Quest’anno – dice Jalongo – ha inteso stringere ancora di più il suo legame con il mondo della scuola, nel convincimento che il valore culturale del cinema e del linguaggio audiovisivo, in particolare dopo gli anni della pandemia, debba essere difeso e promosso già dall’età scolare.

Il nostro progetto – dichiara Valerio Jalongo, – aveva tra i suoi principali obiettivi quello di rafforzare i contatti con le scuole dei centri minori, offrendo strumenti di didattica trasversale e di interdisciplinarietà. I riscontri positivi che abbiamo raccolto ci invitano a ripetere questo sforzo nel futuro. Oltre ai nostri tradizionali collaboratori, vogliamo intensificare i rapporti con il gruppo degli Operatori di Educazione Visiva selezionati dal Ministero, presenti in molte realtà periferiche. Per questo alla nostra giornata finale abbiamo invitato rappresentanti dei due Ministeri, dell’Indire e degli Operatori di Educazione Visiva con i quali intendiamo ragionare  sui risultati ottenuti e lavorare sulle aspettative del prossimo anno. Sottolineo che molte scuole hanno manifestato interesse a proseguire l’esperienza che si sta concludendo, e saremo lieti di essere ancora al loro fianco nel nuovo anno scolastico”.

Dal mese di novembre 2022 ad oggi gli esperti della Rete hanno affiancato i docenti e gli studenti delle scuole partner in un percorso articolato su tre moduli.

Attraverso  i moduli in presenza svolti nelle aule ed un modulo on line di formazione docenti, sono stati proposti percorsi teorici e pratici che hanno avvicinato le scuole al mondo dei media e del cinema, fornendo conoscenze e competenze sul Linguaggio Cinematografico e Audiovisivo e suggerendo soluzioni applicabili alla didattica di molteplici discipline. Le proiezioni programmate in sala cinematografica, accompagnate dalla presenza di registi, critici, esperti Operatori di Educazione Visiva, hanno riavvicinato i ragazzi e le ragazze alla più corretta fruizione dell’opera cinematografica e per certi versi dato respiro ad una socialità perduta nel corso della pandemia.

Iniziativa realizzata nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso da MiC e MIM.

Il Cinema e la Seduzione della Ricchezza Istantanea: Un Riflesso dei Desideri Moderni

Il cinema italiano ha sempre avuto un fascino particolare per le storie di ricchezza improvvisa. Dalle classiche rapine alle commedie contemporanee, il grande schermo ha saputo catturare quel momento magico in cui la vita di un personaggio cambia radicalmente grazie a un colpo di fortuna finanziario. Questa narrazione rispecchia un desiderio profondamente radicato nella società moderna: la gratificazione immediata.

Questo fenomeno non si limita solo al mondo cinematografico, ma si estende anche ad altre forme di intrattenimento che offrono l’emozione di risultati rapidi, per esempio i casinò che pagano subito, dove l’esperienza dell’attesa ridotta tra la vincita e la riscossione amplifica il piacere del gioco. La crescente popolarità di queste piattaforme digitali dimostra come il pubblico italiano sia sempre più attratto da esperienze che promettono non solo divertimento, ma anche la possibilità di ottenere ricompense immediate, proprio come i protagonisti dei film che tanto ammiriamo.

L’evoluzione del cinema italiano e la rappresentazione della ricchezza improvvisa

Il cinema italiano ha una lunga tradizione di film che esplorano il tema della ricchezza istantanea. Dalle commedie all’italiana degli anni ’60 fino alle produzioni contemporanee come “Poveri ma Ricchi” del 2016, i registi hanno utilizzato questo tema per esplorare non solo il fascino del denaro facile, ma anche le sue conseguenze sociali e personali. Questi film spesso mostrano personaggi comuni che si trovano improvvisamente catapultati in un mondo di lusso e possibilità, creando situazioni comiche o drammatiche che risuonano con il pubblico.

La crescita dell’industria cinematografica italiana testimonia l’interesse continuo per queste narrazioni. Nel 2023, sono stati prodotti 402 film, con un incremento del 13% rispetto all’anno precedente e superando i livelli pre-pandemia del 23,7% rispetto al 2019. Questo aumento nella produzione cinematografica riflette non solo la vitalità del settore, ma anche la continua rilevanza di storie che parlano di aspirazioni economiche e cambiamenti improvvisi di fortuna.

Il cinema italiano contemporaneo ha saputo rinnovare questi temi classici, adattandoli alle ansie e alle speranze dell’era digitale. I film recenti spesso esplorano non solo l’acquisizione della ricchezza, ma anche come questa modifica le relazioni interpersonali e l’identità personale in una società sempre più definita dal consumo e dall’apparenza.

Il parallelo tra cinema e intrattenimento digitale: la psicologia della gratificazione immediata

Il legame tra le rappresentazioni cinematografiche della ricchezza istantanea e la crescente domanda di forme di intrattenimento che offrono risultati immediati non è casuale. Entrambi attingono alla stessa psicologia umana: il desiderio di emozioni forti e ricompense rapide. I film che mostrano personaggi che vincono alla lotteria o realizzano colpi milionari soddisfano una fantasia collettiva di trasformazione rapida delle proprie circostanze.

Nel mercato italiano dell’intrattenimento digitale, si osserva una crescente preferenza per giochi ad alta volatilità che offrono esperienze emozionanti piuttosto che semplicemente pagamenti elevati. Questa tendenza rispecchia lo stesso comportamento di ricerca del brivido spesso ritratto nei film sulla ricchezza improvvisa. L’emozione dell’incertezza, la tensione dell’attesa e l’euforia del risultato positivo creano un’esperienza emotiva simile a quella vissuta dai protagonisti cinematografici.

L’impatto culturale e le implicazioni sociali

La rappresentazione della ricchezza istantanea nel cinema italiano non è solo un riflesso dei desideri collettivi, ma contribuisce anche a plasmare atteggiamenti culturali verso il denaro e il successo. Questi film spesso esplorano le contraddizioni della nuova ricchezza, mettendo in luce come il denaro possa risolvere alcuni problemi ma crearne altri completamente nuovi.

Il successo di questi temi cinematografici si inserisce in un contesto economico più ampio, dove l’incertezza finanziaria e la precarietà lavorativa alimentano fantasie di soluzioni rapide. Tra il 2016 e il 2023, ben 186 film hanno richiesto crediti d’imposta internazionali, per un totale di oltre 513 milioni di euro, dimostrando come l’industria cinematografica italiana stia investendo significativamente in produzioni che risuonano con le aspirazioni economiche del pubblico.

Il cinema diventa così non solo intrattenimento, ma anche uno spazio di riflessione collettiva sui valori sociali e sulle aspirazioni individuali. Attraverso storie di ricchezza improvvisa, i film italiani continuano a esplorare le tensioni tra desiderio materiale e realizzazione personale, tra successo esteriore e felicità autentica, offrendo al pubblico uno specchio delle proprie speranze e timori in un’epoca di rapidi cambiamenti economici e sociali.

Il cinema e il teatro di Dominic Cooper

Il cinema e il teatro di Dominic Cooper

A giudicare dalle ultime interpretazioni, sembra proprio che la carriera dell’attore britannico Dominic Cooper, stia vivendo un momento favorevole.

Attualmente è sui nostri schermi con il film di Simon Curtis, Marylin, al fianco di una splendida Michelle Williams che interpreta la diva di tutti i tempi: Marylin Monroe; e di Eddie Redmayne, il Colin Clark che con le sue memorie ha fornito un ritratto complesso e sofferente della giovane artista. Cooper  veste qui i panni del fotografo e assistente Milton H Green, cui l’attrice aveva un tempo spezzato il cuore; e, se pur in un ruolo marginale, si dimostra assolutamente maturo ed efficace nel contribuire, con il suo personaggio, alle atmosfere intime e malinconiche che percorrono l’intero film.

Dominic CooperLa prova successiva  lo chiama a far parte del cast di  La leggenda del cacciatore di vampiri, diretto dal russo Timur Bekmambetov e prodotto da Tim Burton. Il film, in Italia a partire dal 20 luglio e basato sull’omonimo romanzo di Seth Grahame Smith (sceneggiatore di Dark Shadows e autore di Orgoglio e Pregiudizio e Zombie), mette in scena un Abraham Lincoln che si improvvisa cacciatore di vampiri per vendicare l’assassinio della madre, ad opera di un succhia-sangue.

Il cinema e il teatro di Dominic Cooper

Nato a Greenwich, Londra, il 2 giugno del 1978, Dominic Cooper si è formato alla Thomas Tallis School di Akidbrooke; e successivamente ha conseguito la laurea presso la rinomata London Academy of Music and Dramatic Art.

Debutta a teatro nella piece “Mother Clap’s Molly Home”, diretta da Mark Ravenhill. Lo spettacolo, adattamento del libro omonimo di Rictor Norton, ha i toni della black comedy, e ruota attorno al tema della diversità sessuale.

Dopo una serie di partecipazioni televisive, tra cui ricordiamo quella nel The Gentleman Thief di Justin Hardy, approda al cinema nel 2001 con una piccola parte in La vera storia di Jack lo squartatore, diretto da Allen e Albert Hughes, e con protagonista Johnny Depp.

Dominic CooperSenza mai abbandonare il teatro -per il momento la sua vera fonte di soddisfazione- nel 2006 ottiene la parte di uno dei protagonisti di The History Boys, tratto dall’omonima commedia di Alan Bennett, e trasposta al cinema da Nicholas Hytner. L’opera, vincitrice di sei Tony Award, è più che familiare al giovane attore, che l’ha già rappresentata in radio, e sul palcoscenico, guadagnandosi un Drama Desk Award.  Si tratta della storia di un gruppo di otto studenti (Cooper interpreta Dakin), aspiranti alle Università di Oxford e Cambridge; e delle loro bizzarre avventure per superare  la prova d’ammissione.

Nello stesso anno recita al fianco di James Mc Avoy e Rebecca Hall in Il quiz dell’amore (regia di Tom Vaughan), sempre ambientato in campo universitario, e dedicato a un promettente studente di letteratura alle prese con un prestigioso quiz televisivo, University Challenge, che finisce per mettere in crisi la buona condotta e la moralità del concorrente.

Il 2008 è un anno particolarmente prolifero per l’attore britannico, che lo vede impegnato in ben 3 set differenti, dimostrandosi, così, sempre più reattivo e convincente nell’interpretare ruoli molto diversi tra loro.  A cominciare da quello in Prison Escape, di Rupert Wyatt. Qui è James Lacey, prigioniero appena arrivato che, presto vittima di un insostenibile squallore e degrado, progetta e mette in atto la fuga, insieme al compagno Frank (Brian Cox). Il film, presentato al Sundance Film Festival, è stato accolto favorevolmente dalla critica e dal pubblico.

Segue la partecipazione al musical Mamma Mia!, diretto da Phillida Lloyd, e basato sulle musiche del gruppo svedese ABBA. Ad attenderlo è  ruolo di Sky, futuro sposo della bella Sophie, l’Amanda Seyfried che diventerà sua fidanzata nella vita reale.

Infine, recita al fianco di Keira Knigthley e Ralph Fiennes in La Duchessa, film storico dedicato a  Georgiana Cavendish, Duchessa del Devonshire, e ispirato alla biografia scritta da Amanda Foreman. Cooper è Charles Gray, politico britannico e seduttore, con cui Giorgiana ebbe una figlia illegittima.

Dominic CooperNel periodo successivo seguono diversi impegni importanti. In particolare ricordiamo la prova affrontata con intensità e delicatezza in  An Education, diretto da Lone Sherfig e sceneggiato dal frizzante Nick Hornby. Il film, candidato a tre premi oscar ( miglior film, miglior sceneggiatura non originale, e miglior attrice), narra della giovane Jenny Miller (una splendida Carey Mulligan), brillante studentessa e aspirante giornalista, destabilizzata però dall’amore profondo e totalizzante verso un uomo più grande di lei: il trentenne e affascinante David  interpretato da Cooper.

Ma forse la vera sfida che lo lancia alla ribalta è quella accolta con The Devil’s Double di Lee Tamahori, in cui l’attore si cala nei panni del figlio maggiore di Saddam, lo psicotico e sadico Uday, interpretando al tempo stesso,  l’uomo ingaggiato per fargli da sosia, Latif Yahia.

Come lui stesso ha ammesso in un’intervista rilasciata alla redazione di Filmit, le difficoltà non sono state poche nell’affrontare una parte così scomoda e complessa: “Ho dovuto fidarmi del regista perché per impersonare Uday, dovevo spingermi fino in fondo e poi toccava a lui dare forma alla mia performance con il montaggio”. A posteriori possiamo dire che ne è valsa la pena, considerato che è la sua prova a risollevare un film  per il resto piuttosto mediocre.

Il cinema diventa terapia al Gemelli di Roma

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Il cinema diventa terapia al Gemelli di Roma

Per un pugno di dollariUna vera sala cinematografica integrata per i ricoverati sarà realizzata e aperta entro fine anno all’interno del Policlinico universitario Agostino Gemelli su iniziativa di MediCinema Italia Onlus. Dedicata alla terapia definita del “sollievo”, sarà la prima a Roma.

 Al Policlinico A. Gemelli il cinema diventa “terapia”. Questo avverrà, per la prima volta a Roma, grazie a un vero e proprio programma destinato ai degenti dell’ospedale universitario e ai loro familiari promosso da MediCinema Italia Onlus.

L’accordo di collaborazione tra il Gemelli e la Onlus di origine inglese, nata nel 2013 con l’obiettivo di utilizzare il cinema e la cultura cinematografica a scopo – in senso lato – terapeutico negli ospedali, ha quale cardine del progetto la realizzazione di una sala cinematografica integrata che sarà realizzata da MediCinema Italia Onlus all’interno del Policlinico.

La sala cinema è progettata per poter ospitare pazienti anche allettati e in carrozzina e ospiterà una programmazione costante di prime visioni, attività di intrattenimento ed eventi speciali.

A breve sarà dato avvio ai lavori di realizzazione della sala, la cui inaugurazione è attesa tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015.

L’intero progetto di collaborazione, nel segno dell’umanizzazione dell’ospedale, per la cui realizzazione sarà avviata un’attività di fundraising, sarà presentato il prossimo 10 luglio, alle ore 19.00, presso l’Auditorium dell’Università Cattolica di Roma (Largo F. Vito 1), con una serata evento dedicata alla proiezione straordinaria del film “Per un pugno di dollari”, l’opera cult di Sergio Leone appena restaurata e presentata in anteprima al Festival del Cinema di Cannes.

Nata dall’esperienza di MediCinema UK, attiva da oltre 15 anni in diversi ospedali dei sistema sanitario britannico (NHS), MediCinema Italia promuove, l’esperienza del grande cinema e dell’intrattenimento culturale a beneficio dei malati, dopo Milano ora a Roma, strutturato in modo continuativo e per ogni target di degenti, adulti o in età pediatrica, ed è coinvolta anche in alcuni studi clinici sulla misurazione degli effetti positivi di questa particolare “terapia” definita “di sollievo” su pazienti nel medio-lungo periodo.

In ogni caso, il progetto è una nuova occasione di aprire l’ospedale anche alla vita sociale che sta al di fuori, riducendone la distanza e la separazione: è un modo efficace e concreto di prendersi cura globalmente delle persone costrette al ricovero per un periodo di terapie.

 

Il cinema di Sergio Castellitto

Il cinema di Sergio Castellitto

Sergio Castellitto, attore, scrittore, regista, icona e fiore all’occhiello del cinema italiano, è un attore eclettico che riempie lo schermo e riesce a gestire egregiamente sia ruoli drammatici sia comici. Egli è uno sperimentatore delle tecniche attoriali e di quelle registiche.

Sergio Castellitto, nato e cresciuto a Roma, sceglie fin da giovane di seguire la sua inclinazione iscrivendosi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico.  Esordisce da giovanissimo in teatro, collaborando con registi importanti come Luigi Squarzina, Aldo Trionfo nel Candelaio (1981) ed Enzo Muzii nel Girotondo da Schnitzler (1985). Tra il 1984 e il 1985 recita in Le tre sorelle di Cechov, e conosce Margaret Mazzantini. Uniti nella vita e nel lavoro, si sposano nel 1987 e hanno quattro figli. Nel 1996 Sergio Castellitto debutta come regista teatrale con Manola, scritta e interpretata da Margaret Mazzantini e da Nancy Brilli. Nel 2004 ripete il successo con un’altra regia e interpretando un altro testo teatrale scritto dalla moglie, intitolato Zorro.

Il teatro non è l’unica passione di Sergio Castellitto, tanto che già nel 1983, egli debutta a fianco di Marcello Mastroianni, nel tragico Il generale dell’armata morta di Luciano Tovoli, seguito da Magic Moments nel 1984.
Nel 1986 sfrutta l’opportunità unica di lavorare con il grande Ettore Scola in La famiglia. Ma la sua prova migliore in questo primo periodo è nel film Sembra morto… ma è solo svenuto di Felice Farina, di cui scrive anche il soggetto e collabora alla sceneggiatura, film che fu molto apprezzato in Francia e che lo consacra attore internazionale. Infatti, nel 1988 recita in Paura e amore con Fanny Ardant e Valeria Golino ma specialmente fa parte del cast del cult Le Grand Bleu, di Luc Besson. Poco dopo, Castellitto si rende noto al grande pubblico della commedia con Piccoli equivoci (1989) di Richy Tognazzi e con Stasera a casa di Alice (1990) di Carlo Verdone.
 Quest’ultimo film richiama direttamente la grande tradizione italica della commedia degli equivoci di Totò e Peppino. Castellitto e Verdone interpretano due personaggi tragicomici che si contendono una donna, Ornella Muti.

Negli anni Novanta Sergio Castellitto lavora con altri grandi del cinema italiano come Marco Ferreri e Mario Monicelli in Rossini! Rossini! (1991) e  con Francesca Archibugi che lo vuole nel suo Il grande cocomero (1993) con cui vince il David di Donatello come miglior attore. La vera proclamazione arriva poi nel 1996 con il pluripremiato L’uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore con cui vince il suo primo Nastro d’Argento come miglior attore. Nel film Sergio Castellitto interpreta un regista alla ricerca di talenti nella Sicilia degli anni Cinquanta. Una terra che nonostante fosse allo sbando e già dominata dalla corruzione era in realtà piena di sogni e di speranze.

Il cinema di Sergio Castellitto

Da un film impegnato, Sergio Castellitto passa a un ruolo comico in cui interpreta il fratello di Paolo Rossi in Silenzio…si nasce (1996), per poi ritornare a un ruolo drammatico di un uomo in declino nell’opera prima di Renato De Maria Hotel Paura (1996).

Alla soglia degli anni Novanta, Sergio Castellitto scrive la sceneggiatura e dirige il suo primo film, Libero Burro, che racconta la storia di un uomo del Sud che si mette in gioco trasferendosi al Nord ma che fallisce di continuo fino a quando incontra una donna speciale, che nel film è interpretata da Margaret Mazzantini. Il film purtroppo non riceve i risultati sperati e si rivela un fiasco al botteghino; ma Castellitto non si arrende e recita in Padre Pio, film tv diretto da Carlo Carlei nel 2000, per il quale riceve un successo inaspettato.

Il 2001 poi è un anno molto produttivo per lui, è un professore ne L’ultimo bacio di Gabriele Muccino, e un ambiguo regista teatrale in Chi lo sa?, diretto dal maestro regista francese Jacques Rivette.

Nel 2002 altro anno d’oro per Sergio Castellitto, inizia la sua collaborazione con Marco Bellocchio che lo vuole per L’ora di religione, film che lo consacra ancora una volta grande attore e gli fa vincere la preziosa statuetta d’argento dell’European Film Award. Il film, che tratta la questione religiosa, ha suscitato numerose polemiche. L’ora di religione unisce due grandi del cinema italiano, Castellitto di Bellocchio dice: “Non è per complimentarmi con lui ma io raramente ho trovato un regista che suscitasse un tale entusiasmo nelle persone con le quali ha lavorato sul set. E, dato che fare un film non è soltanto fare delle riprese ma è anche un percorso umano – sono dieci-dodici settimane passate insieme –, allora la qualità di quelle giornate a lavorare insieme è un ricordo importante”.

Poi nel 2004 dirige un film, il più noto da regista, Non ti muovere, tratto dal best seller omonimo scritto dalla moglie Margaret Mazzantini. Il film è stato interpretato dallo stesso Sergio Castellitto, Penélope Cruz e Claudia Gerini e ha avuto un ottimo riscontro dalla critica e dal pubblico. Ha ottenuto due David di Donatello, migliore attrice protagonista (Penélope Cruz) e miglior attore protagonista (Sergio Castellitto) e quattro Nastri d’argento, migliore sceneggiatura, migliore scenografia, miglior montaggio e migliore canzone originale (Un senso di Vasco Rossi e Saverio Grandi) e uno Ioma come miglior film italiano in ex aequo con Buongiorno Notte. Una storia quella di Non ti muovere che parla di occasioni perdute. Timoteo è un padre di famiglia che mentre attende che sua figlia sia operata urgentemente, ripercorre con la mente una sua storia con una donna, Italia con la quale ha condiviso una passione intensa e contraddittoria, fatta di violenza e di amore. Timoteo rappresenta il ritratto dell’uomo contemporaneo, è un vigliacco che non sa decidere della sua vita. Italia è una donna di borgata che da sempre è soggetta alla povertà e alle violenze. Italia è interpretata da Penelope Cruz. Castellitto durante un’intervista ha usato queste parole per descriverla: “Penelope è brava come Giulietta Masina. E’ un’attrice generosa, umile e coraggiosa, si è lasciata guidare dal libro e ha dato vita ad un personaggio straordinario. Imbruttirsi per un’attrice bella non è un atto di coraggio, semmai è una possibilità in più. Ha imposto una sola condizione, recitare con la propria voce e il risultato è straordinario, una lezione di dizione per tante attrici italiane”.

Ma la carriera di Castellitto continua, nel 2006 partecipa all’episodio di Isabelle Coixet nel corale Paris, je t’aime, omaggio romantico alle bellezze anticonvenzionali della capitale francese. Poi in Italians, di Giovanni Veronesi, in cui recita con Riccardo Scamarcio. Un film che ritrae le caratteristiche più divertenti e paradossali dell’italiano medio, in cui Castellitto conferma la sua grande bravura e capacità eclettica Nel 2008 interpreta il re Miraz nel secondo capitolo de LE CRONACHE DI NARNIA: Il principe Caspian. Nel 2009 torna a lavorare con Jacques Rivette in Questione di punti di vista e in Tris di donne & abiti nuziali di Vincenzo Terracciano e in Alza la testa di Alessandro Angelini per cui vince il Premio Marc’Aurelio come Migliore attore al Festival del Cinema di Roma 2009.

Inoltre nel 2010 Sergio Castellitto ha l’onore di essere il Presidente della Giuria del Festival del Cinema di Roma; Gianluigi Rondi, Presidente del Festival, l’ha designato con queste parole: “Uno dei nostri più prestigiosi attori di cinema e di televisione”.

Il suo film più recente di cui lui stesso è il regista oltre che interprete è La bellezza del somaro, al cinema dal 17 dicembre, scritto da Castellitto e dalla moglie Margaret Mazzantini. Una commedia grottesca e sopra le righe con Laura Morante, Marco Giallini e Barbora Bobulova e Enzo Jannacci sul rapporto tra genitori e figli; Un film gagliardo – così definito da Castellitto – che tratta temi seri con una pernacchia. Una commedia che fa riflettere sulla nuova generazione: ragazzi adolescenti che non ne possono più di avere genitori che pretendono di essere “amici”.

Il cinema di Sergio Castellitto

Infine prossimamente al cinema uscirà un altro film diretto da Sergio Castellitto e tratto da un romanzo di Margaret Mazzantini, Venuto al mondo. Ancora una volta i due coniugi lavorano insieme ma questa volta Castellitto sarà regista, autore della sceneggiatura con Roberto Ciccutto, coproduttore, ma non interprete. Il film ripercorre, in un’alternanza tra presente e passato, il viaggio di una madre, Gemma (interpretata da Penelope Cruz), insieme al figlio adolescente Pietro attraverso la Bosnia dilaniata dalla guerra. Le riprese del film inizieranno nel febbraio 2011 e si volgeranno tra Roma, Sarajevo e Belgrado. L’attrice spagnola sarà anche coproduttrice della pellicola.

Questa è la carriera cinematografica di Sergio Castellitto, un uomo, un cineasta, una guida per tutti coloro che affrontano o vorrebbero affrontare questa carriera. Castellitto, con la sua creatività e professionalità, offre un’immagine positiva all’estero, continuando sulla scia dei grandi attori italiani del passato. Un motivo di orgoglio per tutti i cinefili italiani.

Il cinema di Oliver Stone

Il cinema di Oliver Stone

Oliver Stone è tra i pilastri della cinematografia americana: regista pluripremiato, ma anche capace di suscitare coi suoi film aspre controversie e dibattiti. La sua produzione è ricca – documentari, film, sceneggiature – e le sue esperienze di vita gli hanno spesso fornito spunti per le opere cinematografiche. Ma, andiamo per ordine.

William Oliver Stone nasce a New York il 15 settembre 1946, figlio di un agente di borsa ebreo e di una francese. Si iscrive all’università di Yale nel ’64, ma l’anno dopo la abbandona e parte alla volta del Vietnam, dove insegna inglese. Tornato in patria, nel ’67 si arruola nell’esercito e presta servizio militare proprio in Vietnam. La sua esperienza della guerra inizia il giorno dopo il suo 21° compleanno e termina nel novembre ’68. Il giovane Oliver Stone è ferito due volte e si guadagna due medaglie sul campo. Questa esperienza lo segnerà profondamente e lascerà una marcata impronta sul suo cinema. Al ritorno in patria, Oliver Stone riesce infatti ad elaborare il trauma dell’esperienza vietnamita proprio dedicandosi al cinema. Si forma alla New York University Film School, dove ha tra i suoi insegnanti Martin Scorsese. I primi frutti del lavoro svolto vedono la luce nel ’74 con l’horror “Seizure” e con il cortometraggio “One Year in Viet Nam”. Nel ’76 si trasferisce a Hollywood e inizia la sua attività come sceneggiatore, facendosi subito notare con l’adattamento cinematografico di “Fuga di Mezzanotte”, che gli vale il Premio Oscar per la sceneggiatura e segna la sua affermazione in questo campo. Seguono, nei primi anni ’80, altre sceneggiature importanti: su tutte “Scarface” di Brian De Palma (1983) e “L’anno del dragone” di Michael Cimino (1985). Nel frattempo, Oliver Stone continua il suo lavoro di regista: prima con il thriller “La mano” (1981) e poi con “Salvador” (1986), pellicola con James Woods sulla guerra in Salvador.

La produzione successiva del regista americano verte su quattro grandi temi, che mostrano il suo attaccamento all’America, la sua passione per i temi caldi della storia del paese, la sua finalità etica e il suo amore per la magniloquenza espressiva. Oliver Stone si occupa di Vietnam con una trilogia che comprende “Platoon” (1986), “Nato il quattro luglio” (1989) e “Tra cielo e terra” (1993). Si dedica poi ai presidenti Usa con “JFK – Un caso ancora aperto” (1991), “Gli intrighi del potere – Nixon” (1995) e “W.” (2008). Ha poi a cuore il tema del ruolo dei mass media nella società e il loro rapporto con la violenza, di cui si occupa in “Talk Radio” (1988) e in “Assassini nati” (1994). Infine, altro tema a lui caro è quello dei meccanismi che governano il mondo della finanza e le loro distorsioni, oggetto di “Wall Street” (1987) e “Wall Street – Il denaro non dorme mai” (2010).

Per quel che riguarda i film sul Vietnam, i più significativi sono senza dubbio i primi due. La fama internazionale come regista arriva infatti nel 1986 con “Platoon”, considerato tra le migliori pellicole sulla guerra del Vietnam, insieme ad “Apocalypse now” di Coppola e “Full metal jacket” di Kubrick. L’opera ottiene 7 premi Oscar, tra cui miglior film e miglior regia. In parte ispirata dall’esperienza personale del regista, la pellicola mostra le vicende di un plotone in Vietnam, protagonisti Charlie Sheen nei panni del giovane volontario, Tom Berenger in quelli del sergente senza scrupoli e Willem Defoe nel ruolo del sergente con scrupoli. Racconta un Vietnam  senza filtri, per ciò che è stato, per come il regista stesso l’ha vissuto,  e ne evidenzia l’assurdità, di cui la perdita di riferimenti e valori è conseguenza. Tre anni dopo arriva “Nato il quattro luglio”, ovvero, illusione e disillusione del giovane Ron Kovic (Tom Cruise) che, arruolatosi nell’esercito animato da autentico spirito patriottico, in Vietnam sperimenta l’orrore e l’abiezione umana. Tornato in patria su una sedia a rotelle si scontra con l’indifferenza di un’America che, dopo averli mandati a morire, non si cura dei suoi reduci, per non essere costretta a guardare in faccia la sconfitta subìta. Kovic sopravviverà a tutto questo trovando un altro ideale per cui combattere, non con le armi: quello pacifista. Il film, ispirato alla vera storia di Ron Kovic, è condotto in maniera appassionata da Stone e attira su di lui le prime critiche negative da parte dell’estabilishment, ma gli vale il secondo Oscar alla regia.

In quella che potremmo definire una “trilogia sui presidenti” è notevole il primo film: il discusso “JFK”. Il dibattito è molto acceso, trattandosi di una delle pagine più oscure della storia americana. Stone sfodera un cast assai corposo, con Kevin Costner protagonista nel ruolo del procuratore Garrison – ma ci sono anche Kevin Bacon, Donald Sutherland, Gary Oldman, Jack Lemmon, Walter Matthau. E si impegna in una ricostruzione minuziosa dell’intera vicenda dell’omicidio di John Kennedy, con piglio d’inchiesta. Ma soprattutto, ancora una volta, ci mette la faccia, si espone, si appassiona, sostenendo apertamente la tesi del complotto, in contrasto con le conclusioni raggiunte dall’inchiesta ufficiale, che avevano individuato Lee Oswald come unico responsabile. Il film dunque divide e ha senz’altro il merito di portare alla luce le incongruenze della versione ufficiale. Qui inoltre, Stone fa uso di pellicole di diverso tipo, utilizza colore e bianconero, altra caratteristica del suo cinema. La pellicola ottiene tre premi Oscar per fotografia e montaggio. Da ricordare, quattro anni dopo, il film su Nixon, altra figura controversa della storia americana recente (il presidente dello scandalo Watergate). Per l’occasione dirige Anthony Hopkins, dando anche qui un’interpretazione controcorrente dell’uomo politico: al centro di intrighi e vittima delle proprie debolezze, ma a cui Stone ascrive qualche merito e alcune qualità, sforzandosi di evitare riduzioni troppo semplicistiche.

Non solo la politica, però, è sinonimo di potere. Lo sono anche, a loro modo, i mezzi di comunicazione, sebbene in maniera più subdola e sottile. Stone ne aveva indagato i meccanismi fin dal 1988, con Talk Radio, sempre con un occhio al rapporto tra questi e la collettività e tra questi e violenza. Torna a farlo nel ‘94, su soggetto di Quentin Tarantino, e ne nasce “Assassini nati”. Protagonisti una coppia di pluriomicidi (Juliette Lewis e Woody Harrelson), i cui crimini vengono spettacolarizzati da Tv e media dagli scarsi scrupoli. Nel film convivono l’aspetto splatter – la ferocia, il sangue che scorre a fiumi – e la critica all’”intellighenzia” dei media, che danno inopinatamente popolarità ai due criminali. Il tutto è presentato in una veste nuova, che mescola linguaggi visivi disparati, alterna colore e bianconero, utilizza la chiave grottesca e parodica, in un turbinio delirante che fagocita lo spettatore. Accompagnano il film polemiche inesauribili (a partire da Tarantino, che accusa Stone di aver stravolto a tal punto il suo soggetto da non voler comparire nei credits del film) riguardoalla spettacolarizzazione della violenza e se sia corretto o meno esporla per criticarla, soprattutto perché si pensa che gli aspetti di critica non vengano colti dal pubblico più giovane. Il film finirà per essere vietato ai minori di 14 anni in molti paesi, ai minori di 18 in qualche caso.

Infine, il capitolo finanziario della filmografia del nostro si apre nell’87 con Wall Street. L’argomento, ben conosciuto da Stone, essendo il padre agente di borsa a Wall Street, gli ispira questa pellicola, nella quale Michael Douglas interpreta lo squalo della finanza Gordon Gekko, facendo incetta di premi: Oscar, Golden Globe, Nastro d’Argento e David di Donatello. Accanto a lui nei panni del giovane compagno di malefatte Charlie Sheen. Anche questo potrebbe essere semplicisticamente definito come un film a tesi, che si scaglia con furore contro le storture del mondo finanziario americano, i danni generati da un capitalismo distorto e malato, le speculazioni e l’avidità. Il personaggio di Douglas è però indubbiamente affascinante nella sua spregiudicatezza cinica e vincente, così come poi, nell’epilogo, nell’affrontare la giusta punizione per quella spregiudicatezza. Stone trattava il tema allora, a ridosso del crollo delle borse e torna a farlo adesso, dopo la crisi finanziaria più pesante dal ’29, sempre con Gekko/Douglas, affiancato stavolta da Shia LaBeouf, nei panni del giovane broker in Wall Street-Il denaro non dorme mai.

Il nostro vulcanico regista non si è fatto mancare, poi, pellicole che esulano dalla categorizzazione fin qui esposta, come “The Doors” (1991), in cui ripercorre la storia del gruppo rock americano e la vicenda umana del suo leader, Jim Morrison, anch’esso amato e odiato, considerato da alcuni il miglior tributo possibile alla figura di Morrison (Val Kilmer), da altri un film riduttivo, che scivola nello stereotipo della rock star maledetta e dissoluta per far presa sul pubblico senza rendere giustizia al genio creativo e alla sensibilità di Jim. Gli ex membri dei Doors, tra i secondi, presero decisamente le distanze dal film.

Nel ’99 ha diretto Al Pacino nel fortunato “Ogni maledetta domenica”, nel 2004 ha realizzato “Alexander”, sulla figura di Alessandro Magno, esplorandone le contraddizioni. Nel 2006 è tornato a parlare della sua America con “World Trade Centre”, omaggio alle vittime dell’11 settembre. Da segnalare anche la sua opera di documentarista, concretizzatasi soprattutto negli ultimi anni, con due documentari su Fidel Castro, “Comandante” (2003) e “Looking for Fidel” (2004) e uno sul presidente venezuelano Chavez, “South of the border” (2009).

Il cinema di David Lynch a Roma: il workshop di LongTake

Sabato 26 maggio 2018 a Roma un viaggio nel cinema di un grande maestro: David Lynch. Si terrà al Cine Detour di Roma (via Urbana, 107), a pochi passi dal Colosseo e dalla Stazione Termini, un workshop per conoscere più da vicino il cinema di un autore di culto assoluto. Dopo tanti eventi di successo a Milano e dopo il primo appuntamento capitolino su Xavier Dolan, i workshop del sito di cinema LongTake tornano a Roma per un nuovo e affascinante confronto dedicato a tutti gli appassionati della Settima Arte.

Il workshop

Durante gli incontri verrà analizzata la filmografia di David Lynch, da capolavori quali Eraserhead – La mente che cancellaVelluto blu, Mullholland Drive Inland Empire fino alla recente terza serie di Twin Peaks, individuandone i temi principali e le scelte stilistiche più ricorrenti, provando a decifrare l’alone misterioso che lo circonda e che contribuisce a rendere lui, e il suo cinema, ancor più affascinanti. 

Tenuto dal direttore di LongTake e critico de IlSole24Ore Andrea Chimento e dal critico di LongTake Davide Stanzione, il workshop è pensato per i fan di David Lynch e, più in generale, per gli amanti del grande cinema. Al termine dell’incontro ogni partecipante potrà analizzare un elemento emblematico dell’arte di Lynch (una sequenza, un brano musicale, una scelta, un dialogo, un fotogramma), elaborando un’analisi scritta che verrà pubblicata sul blog di LongTake.

Dove e quando

Al Cine Detour, via Urbana 107, Roma (rione Monti), nei pressi della stazione Cavour della Metro B. 

Il 26 maggio 2018 dalle ore 15:30 alle 18:30.

Informazioni su biglietti, prezzi, riduzioni

Che cos’è LongTake

LongTake è un dizionario di cinema online composto da oltre 22.000 schede, realizzate da un team di redattori specializzati. Ogni recensione è frutto di una riflessione collettiva e per questo nessuna scheda viene firmata. La funzionalità social di LongTake unisce la passione per il grande schermo alla voglia di condividere informazioni, opinioni e preferenze. Gli utenti possono votare i film, tenere un diario delle proprie visioni, scrivere recensioni da proporre alla redazione, decidere chi seguire e commentare con i propri amici i titoli più caldi del momento. Un innovativo algoritmo fornisce inoltre consigli di visione agli utenti registrati in base ai gusti personali e all’umore del momento. 

LongTake Plus permette agli utenti di vivere un’esperienza unica. Gli abbonati potranno: assistere alle proiezioni in sale cinematografiche diffuse sul territorio italiano usufruendo di sconti e agevolazioni; accedere a portali web italiani dedicati allo streaming di film e serie tv attraverso canali preferenziali; partecipare a importanti Festival e rassegne cinematografiche con accrediti personali.

Il cinema di Adler Entertainment On demand su Prime Video

Il cinema di Adler Entertainment On demand su Prime Video

In attesa di poter tornare a frequentare regolarmente le sale cinematografiche, la casa di distribuzione Adler Entertainment  offre agli appassionati di cinema l’opportunità di vedere, per la prima volta ospitate all’interno della piattaforma Amazon Prime Video, una selezione di 8 titoli​ provenienti dal proprio listino e appartenenti a generi differenti, in modo da poter soddisfare le esigenze di tutti. Dal mese di maggio, il catalogo della piattaforma Amazon Prime Video si arricchirà dei seguenti titoli proposti da Adler Entertainment che saranno disponibili on demand.

ANIMAZIONE

FREE BIRDS TACCHINI IN FUGA di JIMMY HAYWARD

Free Birds – Tacchini in Fuga: dai produttori di SHREK, il film d’animazione in 3D diretto da Jimmy Hayward. Spassoso viaggio nel tempo di Reggie e Jake, chiamati a salvare la loro specie dal menù del Ringraziamento.

HORROR

BEDEVIL – NON INSTALLARLA di ABEL VANG E BURLEE VANG

Dai creatori di Final Destination. Se Siri diventasse improvvisamente malvagia? Cinque adolescenti ricevono un invito a scaricare un’app, chiamata “Bedevil”, una volta installata inizia a perseguitarli, facendo emergere le loro peggiori paure. Per arrestare questa forza malvagia, i ragazzi devono imparare a fidarsi l’uno dell’altro, contando solo sulla propria intelligenza e coraggio.

1303 di MICHAEL TAVERNA

Mischa Barton, l’indimenticata Marissa Cooper di The O.C., torna protagonista di questo inquietante supernatural horror, remake di un classico giapponese. Janet abbandona la sua famiglia e si trasferisce a vivere da sola. Durante la prima notte nella sua nuova casa qualcosa di soprannaturale sembra impadronirsi dell’appartamento

HANSEL E GRETEL E LA STREGA DELLA FORESTA NERA di DUANE JOURNEY

Dai produttori di Twilight, una nuova rivisitazione in chiave horror della fiaba dei fratelli Grimm. Hansel e Gretel sono due fratelli che vivono in una casetta vicino Pasadena. Gretel e il suo ragazzo fumano parecchia erba e, quando Hansel gli rivela di essere venuto a sapere dell’esistenza di un’anziana signora che spaccia la migliore sul mercato, Gretel manda il suddetto fidanzato a prenderne un po’. Quel che il malcapitato scoprirà è che l’anziana signora è una strega cannibale che cucina le persone attirate con la scusa della vendita della sua erba Black Forest High, per poi succhiargli la giovinezza. La scomparsa conduce Gretel e un’amica alla casa della strega, assieme al boss della droga locale, là scoprirà tutto, rischiando, assieme al fratello giunto in extremis, di finire in forno anch’essa.

COMEDY & DRAMEDY

QUALCOSA DI TROPPO di AUDREY DANA

Avete mai pensato a come sarebbe mettersi nei panni di una persona dell’altro sesso, anche solo per un giorno? Jeanne sicuramente no. Fresca di divorzio, lontano dai suoi figli una settimana su due, Jeanne non vuole più sentire parlare di uomini. Ma un bel giorno, la sua vita prende una svolta totalmente inaspettata: a prima vista non sembra essere cambiato nulla in lei… ad eccezione di un piccolo dettaglio!

LA FAMIGLIA FANG di JASON BATEMAN

Nicole Kidman, Jason Bateman e Christopher Walken sono i Fang, una famiglia fuori dal comune. Caleb e Camilla Fang sono performer le cui creazioni scioccano il pubblico e deliziano gli appassionati d’arte. Protagonisti sin dalla più tenera età sono i loro figli, pedine fondamentali delle loro opere provocatorie spesso al limite tra il genio e la follia. A causa di queste esperienze, Annie e Baxter ormai adulti si sono allontanati dai genitori, e, seppur a distanza, conducono esistenze parallele e altamente problematiche. I fratelli sono costretti a tornare a casa dai loro eccentrici genitori quando, improvvisamente, scompaiono nel nulla. La polizia teme il peggio ma Annie è convinta che si tratti di una nuova performance e che Caleb e Camilla abbiano finto la propria morte per dare vita all’ennesima, bizzarra, “opera d’arte”. Mettendo insieme i pezzi del puzzle dei ricordi della loro infanzia, Annie e Baxter si mettono alla ricerca dei genitori, sperando di scoprire la verità su quanto accaduto e, magari, finire anche per ritrovare se stessi.

ACTION

PAWN – FAI LA TUA MOSSA di DAVID A. ARMSTRONG

Una rapina in un diner degenera col sequestro di alcuni ostaggi. L’obiettivo è quello di recuperare un prezioso hard disk contenuto in una cassaforte che si trova proprio nel retro della tavola calda.

Il cinema delle meraviglie – La stanza delle meraviglie di Todd Haynes

Quello che certamente colpisce nel film di Todd Haynes La stanza delle meraviglie, è il complesso argomentare sul concetto di conservazione degli oggetti e della relativa memoria che ogni cosa riesce a trattenere. Si tratta di qualcosa così semplice e scontato da diventare spesso difficile da raccontare, perché facilmente fraintendibile con la passione o l’ossessione per il normale collezionismo.

Difficilmente nel cinema si è toccato in maniera così esatta il tema della raccolta delle tracce del quotidiano attraverso la sensazione di meraviglia. Viene certamente in mente il protagonista del delicato e struggente Ogni cosa è illuminata (2005) di Liev Schreiber, interpretato da un Elija Wood in stato di grazia, che raccoglieva normali oggetti legati al quotidiano e carichi di energia mnemonica, per poi conservarli appesi in bustine di plastica su una personalissima parete delle meraviglie.

La stanza delle meraviglie va oltre e forse per la prima volta in un film destinato alla grande distribuzione spiega, in maniera semplice e comprensibile, il concetto di wunderkammer. Certo, molti film d’autore sono stati strutturati attorno al concetto di camera delle meraviglie, come ad esempio Něco z Alenky (1987) di Jan Svankmajer, o molti film di Peter Greenaway, come Prospero’s Books (1991), ma la loro diffusione di nicchia non ha mai portato ad una conoscenza diffusa del tema in questione.

Wunderkammer letteralmente significa “camera delle meraviglie”. Il nome, appartenente ad un’antica tradizione europea, indica una sorta di museo dove viene accumulata senza ordine prestabilito qualsiasi cosa che possa destare stupore, meraviglia. Le wunderkammer sono considerate i prototipi degli odierni musei di storia naturale e possono essere accomunate ai “gabinetti delle curiosità” tipici del rinascimento italiano.  Quello che spingeva alla creazione di una wunderkammer era il desiderio, o forse il bisogno irrefrenabile, di riunire in un luogo protettivo e magicamente astratto dalla realtà una campionatura del mondo il più possibile estesa. La wunderkammer era un microcosmo a parte generato secondo le regole di un demiurgo che attingeva dal mondo circostante, trasformando una comune stanza in un museo del mondo, in un tempio consacrato all’accumulo e al possesso.

La stanza delle meraviglie, recensione del film di Todd Haynes

Esistevano wunderkammer d’ogni foggia e dimensione, potevano essere allestite in una piccola stanza, essere contenute all’interno di un armadio o interessare un intero edificio.

L’epoca di massimo splendore delle camere delle meraviglie terminò verso la metà del settecento, con l’avvento del moderno pensiero scientifico, anche se l’ impulso che spinge alla loro creazione sopravvive tutt’oggi forte come non mai, forse poiché coincide con un bisogno antico quanto l’uomo: quello di possedere e controllare l’universo in cui vive.

Ci furono wunderkammer famose e storicamente documentate come quella di Ferrante Imperato, di Basilius Besler, di Francesco Calceolari, di Ole Worm, di Manfredo Settala, del duca di Gottorp, di Ferdinando Cospi, dei duchi diWurttemberg, di Athanasius Kircher, di Vincent Levin  e di Pietro il Grande, Zar delle Russie, la cui wunderkammer è la più famosa mai esistita.

E La stanza delle meraviglie di Todd Haynes attinge a piene mani a tutto questo, utilizzandolo come struttura narrativa per orchestrare le storie parallele di due bambini, entrambi privi di udito, che vivono la loro fuga da una vita spietata, verso un sogno che scaturisce nel cuore più profondo del Museo di Storia Naturale di New York. Disseminate nel corso della vicenda si colgono spiegazioni sulla storia delle wunderkammer e sul concetto di curatore, ovvero di colui che per scelta professionale o per vocazione decine di intraprendere la raccolta.

Il film è tratto dal romanzo illustrato Wonderstruck di Brian Selznick, già autore del libro da cui è tratto Hugo Cabret (2011) di Martin Scorsese, altra pellicola dove il concetto di camera delle meraviglie si affaccia timidamente. Selznick ha lavorato personalmente sulla sceneggiatura del film, potendosi cosi permettere di difendere i concetti base più importanti, pericolosamente a rischio in un sistema produttivo che aborrisce gli approfondimenti culturali, avulsi dalla mera spettacolarizzazione.

L’aspetto più sorprendente de La stanza delle meraviglie di Todd Haynes è l’attenta e preziosa ricostruzione di una vera wunderkammer allestita in occasione di una mostra sull’origine dei musei all’interno del Museo di Storia Naturale di New York, nel 1927. Il lavoro di visulizazzione è stupefacente, in ogni dettaglio, dai singoli pezzi esposti nella collezione, al catalogo d’epoca, pieno di antiche stampe e precise spiegazioni didattiche. Le scenografie sono firmate da Mark Friedberg, prezioso collaboratore di autori del calibro di Wes Andeson, Martin Scorsese e Jim Jarmush e sono sapientemente spalleggiate dai costumi di Sandy Powell, qui in veste anche di produttore esecutivo.

Per avere un idea precisa del lavoro di ricerca e successiva ricostruzione è possibile ammirare un pregiato backstage dove Friedberg, Haynes e Selznick raccontano il loro viaggio alla scoperta della wunderkammer.

Emoziona vedere al cinema qualcosa che coincide con l’essenza del cinema stesso, in fondo un film altro non è che una camera delle meraviglie, nella quale l’autore racchiude tutto ciò che per lui rappresenta forma di stupore e meraviglia. Ed è peculiare che spesso la stessa cinepresa venga chiamata camera.

Il cinema che si fa corpo: David Cronenberg

Il cinema che si fa corpo: David Cronenberg

Crani che esplodono, uomini che si trasformano in mosche, individui che intrattengono colloqui  più o meno amicali con alieni al bancone di un bar: non stiamo elencando gli incubi di un pazzo visionario ma alcuni dei temi “storici” presenti nei film di David Cronemberg.

David Cronenberg è nato a Toronto, Ontario (Canada), il 15 marzo 1943. Cresciuto in una famiglia di artisti, inizia giovanissimo a scrivere racconti e a suonare la chitarra classica; dopo gli studi liceali, frequenta l’Università di Toronto, dove si laurea in letteratura inglese;si avvicina alla cinepresa producendo cortometraggi: Transfer (1966), From the Drain (1967), seguiti poi da alcuni film indipendenti (Stereo 1969). Sposato a Margaret Hindson (1970-1971), diventa padre dell’assistente regista Cassandra Cronenberg.

Dal 1971 in poi, si fa autore di softcore e horror che evidenziano da subito il suo gusto per il sangue, il sesso e gli esperimenti mutageni. Si risposa, nel 1979, con la produttrice e regista Caroline Zeifman, dalla quale ha due figli (entrambi addetti ai lavori cinematografici: Caitlin e Brandon Cronenberg). Nel 1981 Scanners diventa il capostipite di una lunga, lunghissima serie di film dell’orrore, tutti di grandissimo impatto visivo e narrativo; il regista è lanciatissimo e si permette perfino di bistrattare offerte estremamente remunerative (rifiuta la direzione de Il ritorno dello Jedi).

Proseguendo nel suo personalissimo percorso creativo lontano anni luce da cliché collaudati, sforna Videodrome (1983) con James Wood (intensissimo) e La zona Morta (1983) con Christopher Walken tratto dal romanzo omonimo di Stephen King.

Nel 1986, quando La Mosca diventa  un enorme successo internazionale David Cronemberg è isolatissimo: Hollywood lo snobba perché fuori dal coro e caratterialmente poco malleabile, ma a proteggerlo dagli attacchi della critica è il suo pubblico. Dopo Inseparabili (1988) con il suo pupillo Jeremy Irons, Hollywood ci riprova, chiedendogli di dirigere Atto di Forza (1990), ma Cronenberg ,dopo essersi occupato della prima stesura della sceneggiatura rinuncia ancora una volta per impegnarsi nella sua sfida più grande: portare sullo schermo quel delirio paranoico che è Il pasto nudo di William Burroughs: film disarmante. Il successo della critica è finalmente dietro l’angolo, dopo M.Butterfy con il solito Irons è il momento di Crash (1996) che gli vale il  primo riconoscimento dopo anni di vuoto. Sullo scaffale di casa sua, fa bella mostra di sé il Premio Speciale della Giuria, vinto al Festival di Cannes.

Il film esplora le perversioni amorose, meccaniche e mortali di un gruppo di persone con la passione per gli incidenti stradali; la commistione individuo-macchina è ancora una volta protagonista. Nel 1999, è lui stesso il presidente della Giuria del Festival di Cannes e nel frattempo firma quello che è considerato il suo capolavoro: eXsistenZ in cui sogno, videogioco e realtà sono sapientemente mescolati (tratto dal romanzo di James G. Ballard sarà Orso d’Argento a Berlino). Le successive pellicole vedono il regista danese in vago affanno, Spider e La promessa dell’assassino non sfiorano per profondità ed intensità i passati gioielli cinematografici, ancor meno il suo più recente A dangerous method che ci è apparso quasi film per la tv. Non resta che attendere il suo ultimo lavoro Cosmopolis sperando in un ritrovato vigore artistico.

Il cinema alla Sapienza: la nuova arena estiva nell’ateneo più grande d’Europa

Riparte l’estate romana e finalmente possiamo dare il benvenuto al nuovo appuntamento con il cinema sotto le stelle di San Lorenzo. Questa volta però il grande schermo avrà la bellissima cornice della città universitaria più grande di Europa: La Sapienza. Infatti, dal 18 al 29 luglio 2022, l’Università La Sapienza di Roma in collaborazione con il Municipio II di Roma, ospiterà la nuova arena estiva del cinema di quartiere: Il Cinema alla Sapienza.

Francesca Del Bello Presidente Municipio II: “Una iniziativa, voluta fortemente da Municipio e Sapienza, che si inserisce nel solco di una rinnovata collaborazione che aprirà, grazie anche al contributo della Regione Lazio, le porte dell’Ateneo alla programmazione culturale del Municipio II”.

La programmazione aprirà con un omaggio a Monica Vitti, poi pellicole d’autore, cartoni animati, grandi successi internazionali, fino a includere film che affrontano temi di attualità da dibattere insieme agli studenti dell’Ateneo. Verranno infatti chiamati a partecipare i registi Claudio Giovannesi, Susanna Nicchiarelli, Francesco Bruni e Carlo Sironi, che introdurranno al pubblico i film.

La direzione artistica è a cura di Luigi Pinto, producer cinematografico e fondatore di Fabrique Du Cinéma, la rivista del nuovo cinema italiano. Luigi PintoPenso che con la diffusione massiccia delle piattaforme online, oggi più che mai sia importante promuovere la visione collettiva e quindiemotiva dei film tra le nuove generazioni. Poterlo fare nel luogo culturalmente più importante d’Italia, è ancora più emozionante e significativo.

Appuntamento quindi tutte le sere sotto la Minerva alle 21.00 con un’arena da 250 posti a ingresso gratuito.

Un evento realizzato da Municipio II di Roma con Università La Sapienza di Roma, con il sostegno di Regione Lazio, Banca del Fucino, Agic Technology. In collaborazione con S.LorenCine. Comunicazione a cura di Frasi Fatte.

Di seguito il programma dal 18 al 29 luglio:

  • Lunedì 18 luglio OMAGGIO A MONICA VITTI Il Tango della Gelosia di Steno
  • Martedì 19 luglio ESTATE ITALIANA La Paranza dei Bambini, presenta il regista Claudio Giovannesi con Pedro Armocida
  • Mercoledì 20 luglio ESTATE ITALIANA Sole, presenta il regista Carlo Sironi con Luca Ottocento
  • Giovedì 21 luglio ESTATE ITALIANA Cosa Sarà, presenta il regista Francesco Bruni con Michela Greco
  • Venerdì 22 luglio DRIVE IN Palm Springs di Max Barbakow
  • 23/07/2022 LA SAPIENZA DEI BAMBINI Monster and Co. di Pete Docter
  • 24/07/2022 LA SAPIENZA DEI BAMBINI Monster University di Dan Scanlon
  • 25/07/2022 ESTATE ITALIANA Miss Marx, presenta la regista Susanna Nicchiarelli con Paola Casella e Cristiana Paternò del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI). Verrà presentato il nuovo numero della rivista di SNCCI CineCritica che dedica il suo Primo Piano sull’autore a Susanna Nicchiarelli.
  • 26/07/2022 DRIVE IN Tre manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh
  • 27/07/2022 SOCIAL MEDIA Quello che i Social Non Dicono di Hans Block, Moritz Riesewieck
  • 28/07/2022 PARITÀ DI GENERE Favola di Sebastiano Mauri
  • 29/07/2022 DRIVE IN La Grande Scommessa di Adam McKay

Il Cinecircolo Romano presenta il PREMIO CINEMA GIOVANE

Il Cinecircolo Romano presenta il PREMIO CINEMA GIOVANE

Da lunedì 20 a venerdì 24 marzo 2017 il Cinecircolo Romano presenta l’annuale appuntamento con il PREMIO CINEMA GIOVANE & FESTIVAL DELLE OPERE PRIME. Un evento speciale dell’Associazione cinematografica che quest’anno festeggia il “cinquantaduesimo anno di attività, con migliaia di soci affezionati. Come ogni edizione sarà lo storico Auditorio di via Bolzano 38 il cuore della manifestazione. A tredici anni dalla nascita, l’evento può vantare un albo d’oro di tutto rispetto che vede tra i vincitori precedenti: Beppe Fiorello, Vinicio Marchioni, Donatella Finocchiaro, Micaela Ramazzotti, Giuseppe Battiston, Valentina Lodovini, Sabrina Impacciatore e Fausto Brizzi, Saverio Costanzo, Edoardo Leo, Edoardo Falcone, Laura Bispuri, Francesco Miccichè, Sidney Sibilia….

I FILM – La competente e qualificata commissione di selezione ha scelto le migliori opere prime del cinema giovane italiano. La rassegna, infatti, presenta una selezione di dieci tra i migliori film italiani usciti in sala nel 2016. Sui 45 esordi cinematografici registrati lo scorso anno sono tre i film in concorso che si contendono il Premio: Il più grande sogno di Michele Vannucci, La ragazza del mondo di Marco Danieli, The Pills – sempre meglio che lavorare di Luca Vecchi. Completano il programma sei opere prime selezionate e un film scelto per qualità : Due euro l’ora di Andrea D’Ambrosio, L’universale di Federico Micali, I Cormorani di Fabio Bobbio, Fräuleinuna fiaba d’inverno di Caterina Cairone, WAX: We Are The X di Lorenzo Corvino, La pelle dell’orso di Marco Segato e La vita possibile di Ivano De Matteo.Il ruolo del pubblico, a inviti gratuiti anche per spettatori ospiti (ritiro coupon con semplice registrazione in Auditorio), sarà come sempre fondamentale in quanto gli spetta il compito di votare i film in concorso su apposita scheda.

LE INTERVISTE E GLI EVENTI SPECIALI– Numerosi saranno gli artisti e registi dei film selezionati che parteciperanno ai vari incontri con il pubblico e gli studenti.. Alcuni di questi saranno applauditi nella serata di Premiazione di venerdì 24, assieme a testimoni delle precedenti edizioni e a eminenti rappresentanti degli Enti collaboranti, tra i più prestigiosi Enti patrocinanti e Partners culturali. Un importante ruolo avranno i numerosi studenti delle scuole medie superiori del Comune di Roma e della Regione inseriti nel Programma Educazione Cinema d’Autore, i ragazzi avranno anche la preziosa opportunità di prendere parte al “Concorso di scrittura della migliore recensione”, partecipando alle proiezioni mattutine dei film in concorso.

LA SETTIMANA CULTURALE– Il Premio Cinema Giovane fa parte dell’annuale Settimana Culturale dell’Associazione che tra l’altro prevede, per animare le cinque giornate della rassegna, anche la consueta Mostra di Arti Figurative nel foyer dell’Auditorio, in gemellaggio con la Associazione Nicola Zabaglia, giunta ormai alla XXXV edizione. Infine, è previsto un Forum e dibattito sul tema: Il Cinema Giovane Italiano nel rinnovamento, in programma mercoledì 22 marzo alle ore 19, modera Pietro Murchio, intervengono tra gli altri: Bruno Torri ,Vito  Zagarrio, Luca Vecchi, Stefano Zuliani , Carlo Brancaleoni, Andrea Minuz , Roberto Petrocchi, Giacomo Martini ed i soci Catello Masullo e Paola Dei.

Il Cigno Nero: recensione del film con Natalie Portman

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Il Cigno Nero: recensione del film con Natalie Portman

La recensione del film Il Cigno Nero diretto da Darren Aronofsky con protagonista Natalie PortmanMila Kunis e Vincent Cassel.

Una giovane ballerina è pronta a sbocciare, il ruolo della vita, del debutto da solista, sta per arrivare e vuole fare di tutto per fare bene, per essere perfetta. Con questa premessa entriamo nel mondo de Il Cigno Nero, thriller psicologico che vede una straordinaria Natalie Portman al centro di una vicenda oscura che non manca di sorprendere. La bella Nina (Portman) si trova alle prese con un doppio ruolo, sarà lei la protagonista de Il Lago dei Cigni, e interpreterà sia il cigno bianco che quello nero.

Il Cigno Nero recensione del film di Darren Aronofsky

E proprio qui Nina incontrerà le sue prime difficoltà, come farà la dolce e delicata creatura, perfezionista del balletto e maestra di disciplina a lasciarsi andare alle emozioni sensuali che dovrà esprimere per rendere vivo il cigno nero? Darren Aronofsky ci racconta una storia molto avvincente che però sullo schermo presenta non poche lacune. A partire dalla costruzione del personaggio principale, che viene mostrato già all’inizio del film come disturbato, il suo sgretolamento psicologico non comincia con la difficoltà relativa al ruolo che deve interpretare, ma è già cominciato, seguendo dei piccoli segnali, come le ferite sul suo corpo, che poi ci verranno rivelati essere delle sue ‘cattive abitudini’.

Per cui siamo di fronte probabilmente ad una psicologia già provata dall’eccessiva ricerca della perfezione fisica e armonico delle sue forme in movimento. A testimoniare questa teoria c’è anche la semi-anoressia della ragazza che rifiuta il cibo e spesso lo vomita. Nonostante una buona costruzione della suspance Aronofsky finisce intrappolato nel suo stesso film, regalandoci un ritratto incompleto, senza spiegare il disagio della protagonista, ma lasciandolo indovinare allo spettatore (è probabile che il personaggio della madre, ballerina mancata e iper-protettiva possa aver minato lo sviluppo della ragazza, ma è solo una congettura).

Il gioco di specchi e riflessi, metafora fin troppo palese e abusata, risulta dopo un po’ fastidioso, dal momento che se è vero che in un’accademia di danza è plausibile che ci siano tutti quegli specchi, specie nelle aule, è quantomeno strana e straniante la presenza dei numerosi specchi nella vita di Nina. Il film si basa quindi sulla doppia identità, sul lato oscuro che nel caso dell’immaginario di Nina, viene rappresentato e incarnato da Lily (Mila Kunis), altra ballerina irriverente e passionale che non ha paura di perdere il controllo e che diventa la vera e propria ossessione della protagonista.

Le due attrici, la Portman e la Kunis, offrono davvero delle interpretazioni interessanti: la Kunis si rivela un’ottima giovane attrice, che comincia adesso a farsi conoscere dal mondo (lo scorso ano è stata al cinema con Codice Genesi), la Portman invece, già da tempo stimata oltre che per la sua bellezza anche per la sua bravura di interprete, sfodera qui una tensione drammatica davvero notevole, oltre ad aver la possibilità di fare sfoggio delle sue doti di danzatrice (non è certo una etoile ma infondo è un’attrice mica una ballerina!). il suo cigno nero nasce dal suo stesso corpo e il suo viso, così sofferente per tutta la durata del film, assume fattezze mostruosamente belle nel finale, confermando la grande interpretazione che le è valsa la candidatura agli Oscar di quest’anno.Nel cast anche Vincent Cassel che si conferma attore di classe, perfetto nel ruolo ambiguo del regista dello spettacolo, e Wynona Rider che interpreta Beth, ballerina ormai giunta a fine carriera e che per Nina diventa un’altro specchio dentro al quale distorce la sua realtà.

Nell’insieme Il Cigno Nero non può considerarsi certo un brutto film, resta tuttavia l’amaro in bocca per quello che sembra lo spreco di una storia con grosse potenzialità, e purtroppo se di un colpevole si vuole parlare è giusto e doveroso puntare il dito contro il regista, che non riesce bene a tenere le fila del racconto, costruendo sul filo della tensione un thriller psicologico che si risolleva solo nel finale ma che resta sbilanciato e poco coeso.

Il Cielo sopra Berlino: Trailer del film restaurato

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Quest’anno il Festival di Berlino assegna la massima onorificenza al regista Wim Wenders che, nel corso della 65esima Berlinale, sarà omaggiato con la proiezione di 10 titoli fondamentali della sua filmografia, completamente restaurati e digitalizzati.

Ed ecco il trailer dei film restaurati Il Cielo sopra Berlino e Paris, Texas

Due dei capolavori della speciale line-up prevista a Berlino arriveranno anche in Italia come tributo alla carriera di uno dei più grandi registi viventi.

Mercoledì 18 e mercoledì 25 febbraio, pochi giorni dopo la premiazione di Berlino, verranno proposti nelle sale italiane nella loro versione restaurata e digitalizzata Il cielo sopra Berlino (Premio per la Miglior Regia a Cannes nel 1987 che sarà proiettato solo per un giorno il 18 febbraio) e Paris, Texas (Palma d’Oro a Cannes nel 1984 che verrà proposto solo per un giorno il 25 febbraio). Il doppio appuntamento permetterà così anche agli spettatori italiani di rivedere su grande schermo due dei capolavori del visionario Wim Wenders. L’evento è presentato in Italia da Ripley’s Film e Nexo Digital e in collaborazione con MYmovies.it. L’elenco delle sale sarà che aderiranno a Tribute to Wim Wenders sarà a breve disponibile su www.nexodigital.it.

Il cielo è ovunque: prime foto del film Apple TV+

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Il cielo è ovunque: prime foto del film Apple TV+

Apple Original Films presenta Il cielo è ovunque, prodotto da A24, diretto da Josephine Decker (“Madeline’s Madeline”, “Shirley”) e con la una sceneggiatura di Jandy Nelson, autrice dell’omonimo romanzo. Il film è interpretato da Grace Kaufman, Pico Alexander, Jacques Colimon, Julia Schlaeper, Ji-young Yoo, Havana Rose Liu, Cherry Jones e Jason Segel. I produttori sono Denise Di Novi (“Piccole donne”) e Margaret French Isaac (“Stepmom”) per Di Novi Pictures, insieme a Decker e Allison Rose Carter (“Shirley”). Nelson e Joshua Bachove (“Minari”) sono i produttori esecutivi. La fotografia è a cura di Ava Berkofsky (“Insecure”), la scenografia è di Grace Yun (“Hereditary”), il montaggio di Laura Zempel ( “Euphoria”), i costumi di Christopher Peterson (“The Irishman”) e le musiche di Caroline Shaw (“Madeline’s Madeline”). Il cielo è ovunque sarà presentato in anteprima in tutto il mondo l’11 febbraio su Apple TV+

Il cielo è ovunque, la trama

Nascosta tra le magiche sequoie della California settentrionale e circondata dalle rose gigantesche di sua nonna, la diciassettenne Lennie Walker, un vero prodigio musicale, lotta con la sofferenza atroce che l’ha travolta a seguito dell’improvvisa perdita della sorella maggiore, Bailey. Quando Joe Fontaine, il carismatico nuovo ragazzo della scuola, entra nella vita di Lennie, lei ne resta subito attratta. Ma la complicata relazione di Lennie con Toby, il devastato fidanzato di sua sorella, condiziona la nascente storia d’amore tra lei e Joe. Attraverso la sua vivida immaginazione e i suoi sentimenti, onesti e conflittuali, Lennie naviga tra il primo amore e la prima perdita per creare una canzone tutta sua. L’acclamata regista Josephine Decker dirige questo commovente adattamento dell’omonimo romanzo.

Il cielo brucia, recensione del film di Christian Petzold

Il cielo brucia, recensione del film di Christian Petzold

Devo lavorare“: questo è il mantra di Leon (Thomas Schubert), protagonista del nuovo film di Christian Petzold, Il cielo brucia. Frase che risuona come una vera e propria dichiarazione di intenti ma che svela, in realtà, lo capiremo prestissimo, un piccolo io insicuro non può ammettere che sta procrastinando e si sta isolando da tutto pur di non lavorare. Al centro del nuovo progetto del regista tedesco, dal 30 novembre nelle sale italiane, c’è questa personalità apparentemente insondabile, un giovane scrittore che ha pubblicato il suo primo libro, apparentemente con buone recensioni. Ora sta lavorando al secondo, una stesura alquanto difficile, lottando contro il processo lavorativo, la sua fiducia in se stesso e la sua visione del mondo.

Il cielo brucia, la trama

Leon (Thomas Schubert), giovane scrittore che sta lavorando al suo secondo romanzo, si reca con l’amico Felix (Langston Uibel) nella casa di vacanze della mamma di quest’ultimo, per trascorrere qualche giorno di meritato riposo al mare. Non fosse che una serie di imprevisti iniziano a palesarsi, scombinando il loro piano: prima, la loro macchina si rompe e Leon, brontolone per antonomasia, accetta riluttante di attraversare il bosco. Finalmente trovano la casa ma, proprio come in una favola, questa non è vuota: scarpe, reggiseni e persino lasagne… c’è una giovane donna sconosciuta che la sta occupando. Il fatto che Leon sia già affascinato dalla sconosciuta ancor prima di conoscerne il nome – “Nadja“, le dice Felix dopo la telefonata con la madre, è la nipote di un collega di lavoro – non è tanto dovuto al suo evidente fascino quanto alla suggestiva architettura dell’intera atmosfera estiva elaborata da Petzold.

Attorno a Leon, dunque, Petzold imbastisce un intero parterre di personaggi enigmatici: Felix, suo amico e compagno di “vacanza”, un fotografo che vuole creare un portfolio per la sua domanda di ammissione all’Università delle Arti; Helmut (Matthias Brandt), che viaggia come editore di Leon per esaminare con lui il manoscritto. C’è poi Devid (Enno Trebs), il bagnino della spiaggia, che irrita Leon con la flessibilità del suo orientamento sessuale. Naturalmente, il collante di tutti questi rapporti è Nadia (Paula Beer), dapprima coinquilina non accolta benissimo, e centro erotico del film poi.

Il cielo brucia, una scena del film

Rossore emotivo

Il giugno sul Mar Baltico, il fruscio delle foglie, il mite azzurro del cielo, il silenzio della foresta, la piacevole sensazione di isolamento: a soli cinque minuti dal film, la descrizione atmosferica di Petzold è incredibilmente densa e coinvolgente. Proprio per questo colpisce il malessere di Leon, non come ribelle anticonformismo, ma come pigra incapacità di lasciarsi andare un po’ alla deriva, di assecondare la corrente, l’estate e i suoi umori. Sono queste parole chiave dell’estate, dell’umore e del disappunto a farci venire in mente subito Eric Rohmer, che ha saputo magistralmente prendere l’eccezionalità delle vacanze come sfondo per raccontare storie complesse sui sentimenti ambivalenti e su come questi plasmano le nostre vite.

Leon, per quanto il suo narcisismo lo renda per molti versi schietto, è anche incredibilmente sensibile e ricettivo. Non si rende conto di cosa veramente esalti il suo amico Felix o di cosa stia succedendo al suo editore, ma l’incantesimo che Nadja lancia sui suoi immediati dintorni lo colpisce quasi dolorosamente al cuore. Questa ambivalenza rende il film un grande ritratto non solo di un autore in difficoltà creativa, ma dello stesso Zeitgeist. Questa sorta di cielo rosso fantastico – creato dagli incendi boschivi nelle vicinanze – ne è un segnale fin dall’inizio. Felix e Leon lo sperimentano dal tetto della loro casa di vacanza la prima notte, come uno spettacolo impressionante ma di suggestione puramente estetica.

I due si rassicurano a vicenda sul fatto che gli incendi non li riguardano perché speciali venti marini proteggono il loro angolo. Si potrebbe decodificare questo discorso come un’allusione del tutto velata all’atteggiamento di tutti noi nei confronti dell’imminente catastrofe climatica: affascinati dallo spettacolo del pericolo, lo lasciamo accadere mentre ci immaginiamo avvolti da un falso senso di sicurezza. In realtà, è bene precisarlo, Il cielo brucia non si sofferma solo sull’apparente cecità di Leon nei confronti del movimento della vita, ma anche sulla sua sensibilità. Il fatto che non segua la corrente in questi giorni d’estate, che qualcosa lo disturbi sempre e lo colga impreparato, si rivela alla fine il suo dono speciale.

Paula Beer in Afire - Il cielo brucia

L’estate del dispiacere

Thomas Schubert, protagonista de Il cielo brucia, esprime brillantemente il disagio di Leon. Non solo nelle sue espressioni facciali, che sembrano sempre dire: “Ci sto provando!“, ma nell’intero linguaggio del corpo, nel modo in cui abita il paesaggio e si pone nei confronti di esso, sempre un po’ ingobbito, con i vestiti stropicciati che gli pendono addosso. Schubert dosa la sua rappresentazione della scontrosità in modo così preciso che non diventa mai una barzelletta: si ride un po’ del suo personaggio e del suo cattivo umore, ma mai in maniera burlesca. Allo stesso tempo, lo si capisce quasi troppo bene. Tutti intorno a lui si godono l’estate, vanno in piscina, fanno amicizia, non si preoccupano di tutti gli inconvenienti, che siano zanzare, coinquilini inattesi o rumori notturni incredibilmente fastidiosi. Come si fa a non sentirsi emarginati?

E poi c’è questa donna. Indossa un vestito rosso a fantasia, ha i capelli rossi lunghi fino alle spalle, prepara il caffè e stende il bucato, con Leon che scruta ogni sua mossa. Si chiama Nadja e quando invita Leon ad andare al mare con lei, lui rifiuta, anche se in realtà vorrebbe andarci: così, alimenta la sua frustrazione. Ma il vestito di Nadja non è l’unico rosso di questo film. Più a ovest, sentiamo che le foreste stanno bruciando, l’autostrada e diverse strade sono già chiuse e le prenotazioni negli hotel sulla spiaggia sono state cancellate. Felix afferma con convinzione che l’incendio è ancora a trenta chilometri di distanza e che il vento soffia nell’entroterra, quindi non c’è pericolo. Ma il vento cambia il suo giro e una notte i nostri protagonisti possono vedere dal tetto cosa sta arrivando. L’orizzonte si illumina come un tramonto: ma è un bagliore tremolante, il riflesso di una pira. Il cielo è in fiamme.

Non c’è bisogno di chiedersi dove Christian Petzold abbia avuto l’idea per questa storia: era nell’aria, così come quella di Undine, forse, veniva direttamente dal canto delle sirene. La domanda è, piuttosto, come Petzold riesca a inserire la componente catastrofica, insita nel titolo stesso, in modo così disinvolto nella narrazione, tanto da renderci conto di questa minaccia solo quando ha già quasi raggiunto i personaggi. Il Cielo brucia è il tipo di film in cui non succede nulla ma, in questo nulla, Petzold riesce a raccontare quasi tutto.

Il Chris Hemsworth show al Saturday Night Live – video

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Il Chris Hemsworth show al Saturday Night Live – video

E’ stato Chris Hemsworth il grande mattatore della nuova puntata del Saturday Night Live, noto programma televisiva americano. Infatti, l’attore è stato protagonista di numerosi ed esilaranti sketch ed era ospite per promuovere i suo ultimo film, Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick di Ron Howard.

LEGGI ANCHE: Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick recensione del film con Chris Hemsworth

https://youtu.be/NKXGA-AU50w

Il cerchio della vita: quello che non sai sulla canzone de Il re leone

Il cerchio della vita è una di quelle canzone che ha segnato milioni di persone e tante generazioni grazie alla sua presenza del film d’animazione Il re leone.

Con alta probilità, questo brano così significativo sarà presente anche nell’omonimo live action di prossima uscita e, a pensarci, non potrebbe essere diversamente.

Ecco, allora, quello che non sapevi sul brano Il cerchio della vita.

Il cerchio della vita testo

il cerchio della vita

Una delle caratteristiche di un film come Il re leone è quella di lasciare il segno con i testi delle sue canzoni. Basti pensare a Il cerchio della vita che accompagna la fase iniziale del film, quando il sole sorge e gli animali corrono per radunarsi sotto la rupe dei re, in attesa che venga finalmente mostrato il giovane Simba. E se le immagini colpiscono il cuore, essere fanno solo un lavoro a metà perché senza questo canto tutto il pathos esistente verrebbe meno.

Un bel giorno ti accorgi che esisti
Che sei parte del mondo anche tu
Non per tua volontà e ti chiedi chissà
Siamo qui per volere di chi

Poi un raggio di sole ti abbraccia
I tuoi occhi si tingon di blu
E ti basta così, ogni dubbio va via
E i perché non esistono più

E’ una giostra che va, questa vita che
Gira insieme a noi e non si ferma mai
E ogni vita lo sa che rinascerà
In un fiore che fine non ha

E’ una giostra che va, questa vita che
Gira insieme a noi e non si ferma mai
E ogni vita lo sa che rinascerà
In un fiore che fine non ha

Il cerchio della vita: Il re leone

Il cerchio della vita segna l’inizio del film, ma non tutti sanno che fa parte della colonna sonora composta da Elton John (per quanto riguarda le musiche) e Tim Rice (che si è occupato dei testi). Riproposta anche alla fine del film e nominata agli Oscar per la Miglior Canzone, Il cerchio della vita non avrebbe dovuto avere delle parti dialogate.

Quando il compositore Hans Zimmer, che si è occupato della parte strumentale, ha preparato la sua interpretazione del brano, aveva dato vita ad una versione estesa affinché fosse flessibile per essere tagliata ed adeguata con il montaggio.

Gli animatori rimasero talmente colpiti e affascinati dal suo lavoro da cambiare l’inizio della sequenza in quella che si vede nel film, in modo da sfruttare l’intera versione del compositore, che comprendeva anche la parte iniziare cantata in lingua zulu.

Il cerchio della vita: Ivana Spagna

Per la versione italiana de Il cerchio della vita, si era alla ricerca di un/una cantante che fosse in grado di avere un voce incisiva e significativa come quella di Elton John che è interprete della versione originale.

È stato proprio il cantautore a riconoscere in Ivana Spagna queste qualità, scegliendola personalmente per interpretare questo brano così forte ed importante. Conseguentemente, la Spagna ebbe un enorme successo, diviso tra nuove e vecchie generazioni, tanto da realizzare circa quindici anni dopo (nel 2009) un album intitolato proprio Il cerchio della vita. Questo disco riunisce 14 canzoni cover Disney.

Il cerchio della vita accordi

Chi desiderasse provare a suonare la melodia de Il cerchio della vita è possibile farlo seguendo gli accordi. Oltre a recarsi nei negozi specializzati, è possibile recuperare gli accordi di questo brano anche online, sia su siti specifici, sia tramite video caricati su You Tube.

Il cerchio della vita significato

il cerchio della vita

Il cerchio della vita non solo una semplice canzone, un semplice brano di apertura de Il re leone: bensì, ha un significato molto profondo.

Basta solo osservare il testo per capire che il riferimento è rivolto al ciclo della vita di tutti gli esseri viventi che connette ogni creatura del mondo e che fa compiere a tutti quanti il cammino composto da nascita, dalla crescita e dall’invecchiamento che perdura fino alla fine dei giorni.

Un equilibrio, quello della vita, che va tutelato affinché ognuno abbia di che vivere in maniera dignitosa: “Simba, tutto ciò che vedi coesiste secondo un delicato equilibrio. Come re devi capire questo equilibrio e rispettare tutte le creature, dalla piccola formica alla saltellante antilope. [Quando moriamo i nostri corpi diventano erba e le antilopi mangiano l’erba. E, così, siamo tutti collegati nel grande cerchio della vita”.

Fonti: IMDb, rockol

Il CEO di Warner Bros. Discovery afferma che James Gunn ha una “visione e un progetto potenti” per i DC Studios

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Il CEO di Warner Bros. Discovery, David Zaslav, è diventato una delle figure più controverse di Hollywood oggi, anche se sembra che la DCU sia finalmente per lui una priorità. Per i fan della DC Comics, questa era qualcosa che aspettavano da tempo e, sebbene Batgirl sia stata una delle prime vittime del suo regime, le cose stanno iniziando a migliorare con James Gunn e Peter Safran che ora sono a capo dei DC Studios

Parlando durante un incontro sugli utili di ieri sera, David Zaslav ha assicurato gli investitori che il DCU ha ora un brillante futuro grazie ai due uomini incaricati di revisionarlo.  “Ho passato molto tempo negli ultimi mesi con James e Peter, parlando della nostra strategia e dei piani a lungo termine per il futuro della DC, in TV, animazione e film”, ha anticipato. “Hanno una visione e un progetto potenti che guideranno un approccio creativo più unificato che ci consentirà di sfruttare appieno il valore di uno dei franchise più iconici del mondo”.

“Stanno lavorando sodo in questo momento”, ha aggiunto Zaslav, prima di elogiare i Guardiani della Galassia e il regista di The Suicide Squad . “James è un brillante narratore che ha la particolarità di essere il primo e unico regista a dirigere un film sia per la Marvel che per la DC”. Per quanto riguarda Safran, il CEO ha osservato che è “un produttore prolifico i cui crediti includono il film di maggior incasso della DC Aquaman e l’intero universo di Conjuring, il franchise horror di maggior successo di tutti i tempi. Non potremmo essere più entusiasti di vederli unirsi il nostro team di leadership e sono entusiasta di ciò che verrà”.

Gunn e Safran non hanno un viaggio facile davanti a loro, poiché hanno essenzialmente il compito di raddrizzare la rotta di una nave che affonda. Non possiamo fare a meno di pensare che sarebbe meglio ricominciare da zero e riavviare il tutto, ma è diventato chiaro che non è questo il piano. Significherebbe perdere un sacco di grandi talenti legati già all’universo, ovviamente, quindi non possiamo incolpare Gunn, Safran e la Warner Bros. per aver voluto confermare i legami con attori del calibro di Henry Cavill, Gal Gadot e Dwayne Johnson. Dunque non resta che aspettare quali saranno i primi progetti che il DC Studios annuncerà.

Il CEO della Warner Bros parla della differenza tra Marvel e DC

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Il CEO della Warner Bros parla della differenza tra Marvel e DC

Warner BrosDurante un evento tenutosi ieri al Morgan Stanley Technology, durante il Media & Telecom Conference il CEO di Warner Bros Kevin Tsujihara a commentato la vierietà di offerta di prodotto derivato da fumetto e nella fattispecie la differenza tra Marvel e DC:

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I grandi franchise stanno acquistando sempre più valore. Non c’è bisogno di spiegare al consumatore cosa sia Batman V Superman. La cosa principale e è che i film, gli show televisivi e i videogiochi sono tutti molto divesi fra loro, perché devi essere in grado di impiegare a tuo vantaggio le varie diversità di questi personaggi. I mondi della DC Comics non sono come quelli Marvel, hanno i piedi ben piantati in un terreno fatto di realismo e sono un più audaci e rispetto a quelli Marvel.

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Fonte Variety

Il CEO della Disney, Bob Iger, conferma una diminuzione dei contenuti Marvel e Star Wars

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Il CEO della Disney, Bob Iger, ha confermato i rumor secondo cui ci sarà una diminuzione dei contenuti sia per Marvel che per Star Wars, poiché la società sta cercando di tagliare i costi in seguito ai tutt’altro che soddisfacenti risultati al box office. Durante una chiacchierata con CNBC, Iger ha ammesso che la Disney frenerà un po’ sulla realizzazione di film e serie TV per quanto riguarda i franchise della Marvel Studios e della Lucasfilm, nel tentativo di gestire con più di attenzione entrambe le entità.

Iger ha detto: “Ti tiri indietro non solo per concentrarti, ma anche per contenere i costi. Spendere meno per ciò che facciamo e faremo di meno“. Una decisione che, come anticipato, arriva dopo che la Disney ha visto scontrarsi con alcuni costosi fallimenti ultimamente di progetti con budget enormi. Iger ha riconosciuto alcune di queste mancanze, ma il CEO ha citato in particolare la Marvel perché il marchio ha iniziato a pompare i suoi contenuti originali sia sale che in streaming.

La mossa dello streaming è stata quella di dare una spinta a Disney+ e raccogliere più abbonati, ma Iger crede che questo abbia influenzato l’attenzione dei fan. “La Marvel ne è un ottimo esempio. All’inizio non era stata nel settore televisivo a un livello significativo, e ora non solo ha aumentato la produzione di film, ma ha finito per realizzare diverse serie TV. Francamente, ha diluito concentrazione e attenzione”.

La Disney ha chiarito che avrebbe portato avanti delle strategie di contenimento costi quando hanno annunciato che avrebbero tagliato ben 7.000 lavoratori, circa il 3% della forza lavoro dell’azienda, per contribuire a ridurre le spese di 5,5 miliardi. Da un punto di vista finanziario, ha senso fare un passo indietro rispetto alla creazione di contenuti da questi marchi, poiché il mercato sembra esserne saturo e i risultati sono stati contrastanti. All’inizio di quest’anno, Ant-Man and the Wasp: Quantumania si è ad esempio affermato come uno dei maggiori flop della Marvel.

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve trailer italiano

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Ecco il trailer italiano di Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, film diretto da Felix Herngren e ispirato all’omonimo romanzo di Jonas Jonasson edito in Italia da Bompiani.

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Il centenario che saltò dalla finestra e scomparveAllan Karlsson, dopo una vita lunga e intensa, finisce in una casa di riposo, convinto ormai di essere giunto alla fine dei suoi giorni. Nonostante il suo stato di salute sia ancora ottimale, purtroppo la sua quotidianità è pervasa dalla noia. Pochi giorni prima del suo centesimo compleanno, evento a cui Allan non sembra minimamente interessato, l’uomo decide di fuggire dalla sua tediosa vita di tutti i giorni. Allan scappa dalla finestra della sua stanza e si ritrova coinvolto in una serie di eventi comici e inaspettati, tra i quali l’incontro con una gang di criminali, una serie di omicidi, una valigia piena di banconote, un elefante e un poliziotto incompetente. Per chiunque altro questi avvenimenti avrebbero rappresentato l’avventura di una vita, ma per Allan sono eventi del tutto ordinari. Malgrado il suo disinteresse per la politica e la religione, Allan non solo è stato testimone di alcuni degli eventi mondiali più importanti del XIX secolo, ma ne ha talvolta addirittura influenzato il corso. Nella sua vita sua rocambolesca ha persino dato un contributo fondamentale all’invenzione della bomba atomica, diventando amico intimo dei presidenti americani e dei dittatori russi.
Per cento anni, Allan Karlsson ha percorso il mondo in lungo e in largo e adesso è di nuovo a piede libero.

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve recensione

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparveC’è chi sogna di essere parte di eventi straordinari e chi ci si ritrova dentro per caso: Allan Karlsson fa parte della seconda categoria di persone. Arrivato alla soglia dei cent’anni, le ha viste proprio tutte: dalla cena con Stalin alla inconsapevole collaborazione all’invenzione della bomba atomica.

Il personaggio nato dalla penna di Jonas Jonasson, che nel 2011 ha pubblicato il romanzo da cui è tratto il film, sembra essere una caricatura di Forrest Gump, solo che è svedese, con un bel po’ di anni in più e naturalmente comico nella sua assoluta imperturbabilità. Adattato per il grande schermo da Felix Herngren, che ha pensato bene di affidare il ruolo di Allan a Robert Gustafsson (più di una volta vincitore del titolo di Uomo più divertente della Svezia), la commedia che ne viene fuori è un raro esempio di rappresentazione sofisticata dell’assurdo, leggera come può (inaspettatamente) essere anche una vita lunga cent’anni, “perché la vita è com’è, e sarà come sarà”. Allan, che diserta la sua festa di compleanno in una casa di riposo uscendo dalla finestra, è risucchiato in una serie di strambi eventi di cui forse proprio il suo modo di essere è motore. Il centenario che saltò dalla finestra e scomparveNella sua follia e trascina persone incontrate per caso, dando vita ad un viaggio paradossalmente casuale, così come casuale è stata la sua stessa vita, che sembra essersi scritta da sé, senza molti sforzi da parte del protagonista, trascinato da un evento (straordinario) all’altro che ci divertende con la comicità pulita di una sceneggiatura ben costruita e un personaggio che funziona come pochi, regalando un cinema di intrattenimento di alta qualità.

Il film di Herngren va quindi a trovare un posto speciale non solo nell’ambito del genere della commedia – che è già molto più complicato di quanto si possa pensare -, ma anche perché ci mostra il lato solare e ridente della Svezia, facendoci dimenticare di quello un po’ cupo e diffidente a cui siamo più abituati. E, per di più, è un raro esempio di pellicola tratta da un romanzo che non può deludere le aspettative del lettore, lasciando perfettamente intatto il senso profondo (che non deve essere per forza drammatico) che c’è dietro ogni forma di umorismo.

In uscita nelle sale italiane il 24 Aprile, Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, è una delizia che non ci si può far scappare, anche se la durata leggermente eccessiva rischia di far calare l’attenzione dello spettatore. Tuttavia è certo che Allan sarà in grado di ricatturarla dopo pochissimo per merito della capacità singolare di Gustafsson di divertire il pubblico, della sceneggiatura arguta e dei bravissimi costumisti, che fanno sentire forte la loro presenza nella messa in scena.

Il Cecchino: recensione del film di Michele Placido

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Il Cecchino: recensione del film di Michele Placido

Il Cecchino è un film diretto da Michele Placido con protagonista l’attore francese Daniel Autiel.

Il Cecchino, la trama – Il capitano Mattei è a un passo dall’arrestare una famigerata banda di rapinatori di banche, quando un cecchino appostato sul tetto spara contro i poliziotti, per consentire ai suoi complici di fuggire. Ma uno dei rapinatori è gravemente ferito e i piani della banda devono cambiare. I banditi si rifugiano allora presso lo studio di un medico corrotto, e rimandano così la spartizione della refurtiva. Mentre Mattei organizza una feroce caccia all’uomo, per ognuno dei criminali inizia la discesa all’inferno.

Michele Placido accoglie l’invito dei cugini d’Oltralpe e va a dirigere un film francese con cast internazionale e con le ambizioni di un Romanzo Criminale alla francese, Il cecchino.

Il Cecchino è un buon film di genere, che ha forse il suo maggiore difetto in una sceneggiatura un po’ debole

Il cecchino si presenta come un solido poliziesco con tanto di psicopatico dalla doppia vita, donzella in difficoltà, storia d’amore e un oscuro passato in cui scavare per trovare le risposte che tutti cercano. Placido si dimostra all’altezza del compito, realizzando un bel film dalla fotografia fredda che rende Parigi una novella Londra, uggiosa e pericolosa perché è dall’altro che arriva il peri colo.

Con una buona costruzione della tensione il film ci mette davanti alla condizione di entrare in sintonia con i personaggi, con il capitano Mattei soprattutto (Daniel Autiel) che è il conduttore principale del racconto, anche se la trama si sfilaccia in più linee narrative. Ottima la prova degli attori francesi, dal già citato Autiel ai famosi Mathieu Kassovitz e Olivier Gourmet per finire con gli italiani Violante Placido e Luca Argentero che non se la cavano affatto male di fronte ad un cast importante e ad una lingua straniera.

Il Cecchino è un buon film di genere, che ha forse il suo maggiore difetto in una sceneggiatura un po’ debole nella parte centrale e che vuole forse indagare troppi temi contemporaneamente finendo per lasciarli tutti in sospeso.

Il CBGB di Randall Miller

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Il CBGB di Randall Miller

CBGBLo storico locale di New York aperto nel 1973 e chiuso nell’ottobre del 2006, ha rappresentato il centro del genere punk e la new-wave statunitense, permettendo a molti gruppi di essere conosciuti

Il cavaliere pallido: dal cast al finale, tutte le curiosità sul film di Clint Eastwood

Dopo aver diretto due acclamati film western come Lo straniero senza nome e Il texano dagli occhi di ghiaccio, il premio Oscar Clint Eastwood ha deciso di tornare al genere che lo ha reso celebre con Il cavaliere pallido, film del 1985 da lui diretto, prodotto e interpretato. Si tratta dunque di una nuova opera con cui Eastwood fa i conti con il genere, dandogli vita in tutte le sue principali caratteristiche, arricchendolo però di quelle particolarità uniche che lo rendono un suo personalissimo prodotto e che hanno spianato la strada al capolavoro Gli spietati.

Il film, scritto da Michael Butler e Dennis Shryack, è pensato come omaggio al western del 1953 Il cavaliere della valle solitaria. Il titolo, invece, è un chiaro riferimento a i quattro Cavalieri dell’Apocalisse, dove il cavaliere pallido altri non sarebbe che la morte che cala sui malvagi in terra. Ancora una volta, dopo Lo straniero senza nome, Eastwood dà dunque vita ad un film che gioca anche con una serie di simboli e metafore religiose e soprannaturali, con un personaggio protagonista che ricalca a suo modo il celebre Uomo senza nome da lui interpretato negli western di Sergio Leone.

Presentato in concorso al Festival di Cannes, Il cavaliere pallido si affermò come il maggior successo per il genere western di tutti gli anni Ottanta. Girato tra le montagne dell’Idaho e della California, è ancora oggi un’opera di Eastwood che evidenzia la sua grandezza come regista e come profondo conoscitore di questa tipologia di opere. In questo articolo approfondiamo alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e al suo finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Clint Eastwood e Sydney Penny in Il cavaliere pallido
Clint Eastwood e Sydney Penny in Il cavaliere pallido. © 1985 – Warner Bros. All rights reserved.

La trama di Il cavaliere pallido

La vicenda narrata si svolge in una zona montuosa del Far West, dove il proprietario di miniere Coy LaHood vuole scacciare malamente i cercatori d’oro indipendenti che vivono in comunità nel territorio noto come Carbon Canyon. Poiché questi presentano tutti i diritti per risiedere lì, Coy è costretto a ricorrere alla violenza, dando ordine ai suoi uomini di diventare dei veri e propri banditi e aggredire le abitazioni e quanti vi vivono dentro. Ormai ridotti in miseria, i cercatori d’oro sono pronti a cedere a lasciare la loro terra quando uno straniero senza nome appare in loro soccorso.

Egli si presenta nel villaggio proprio mentre Megan, figlia adottiva del cercatore Hull Barrett sta leggendo il brano dell’Apocalisse di San Giovanni che recita …e quando l’angelo aperse il quarto sigillo, ecco si presentò un “cavaliere su un cavallo pallido”, il suo nome era Morte, e l’inferno lo seguiva.” Per i residenti della zona, lo straniero diventa dunque il Predicatore, o il Cavaliere Pallido, venuto a proteggerli. L’uomo si erge così a paladino, pronto ad affrontare una sfida impari pur di difendere i giusti e riportare la serenità nella zona. Questo non sarà ovviamente possibile finché LaHood non sarà definitivamente sconfitto.

 

Il cast del film

Come anticipato, ad interpretare il protagonista, vi è l’attore Clint Eastwood. Contrariamente ai suoi precedenti film, egli scelse per questo prima di tutto il tema, affidando solo in seguito la scrittura della sceneggiatura sulla base di quelle indicazioni. Si è inoltre trattato del primo film western per lui dopo nove anni, una pausa apparentemente dovuta ad una sospetta allergia di Eastwood ai cavalli. Durante le riprese, inoltre Eastwood ha subito quello che descrive come il peggior infortunio che abbia mai avuto sul set. Questo si è verificato quando un cavallo che stava cavalcando è caduto attraverso il ghiaccio sottile e lo ha lanciato in avanti, facendogli riportare una lussazione alla spalla.

Ad interpretare lo spietato proprietario di miniere Coy Lahood vi è invece l’attore Richard A. Dysart, noto tra gli altri anche per i film La cosa e Wall Street. Hull Barrett è invece interpretato da Michael Moriarty, mentre la sua compagna Sarah Wheeler ha il volto di Carrie Snodgress, celebre per il film Diario di una casalinga inquieta. sydney Penny, quattordicenne all’epoca del film, è invece Megan Wheeler, la ragazza che invoca il cavaliere pallido. L’attrice è poi divenuta nota grazie alla serie La valle dei pini, dove ha interpretato B. J. Walker. Nel film sono poi presenti Chris Penn nei panni di Josh LaHood e Richard Kiel in quelli di Club. Quest’ultimo è noto per essere stato l’interprete di Squalo nel film di James Bond La spia che mi amava.

Clint Eastwood in Il cavaliere pallido
Clint Eastwood in Il cavaliere pallido. © 1985 – Warner Bros. All rights reserved.

La scena finale del film e il suo significato

Nel finale del film, il Predicatore fa saltare in aria il sito minerario di LaHood con la dinamite. In seguito, entra in città da solo. Nello scontro a fuoco che segue, uccide tutti gli uomini di LaHood quando lo attaccano, tranne due che scappano. Poi, uno alla volta, uccide tutti e sei i vice di Stockburn. Nella sparatoria finale, Stockburn riconosce lo straniero incredulo prima di essere colpito al petto sei volte, lasciando sei ferite d’uscita nella schiena simili a quelle sulla schiena del Predicatore. Infine, Preacher lo uccide con un colpo alla testa.

LaHood, che osserva dal suo ufficio, punta un fucile contro il Predicatore ma viene colpito a morte da Hull. Quest’ultimo, in segno di riconoscimento, fa un cenno a Hull e parte a cavallo verso le montagne innevate. Il dubbio lasciato però dal film è il Marshall che il Predicatore. Quando il maresciallo dice “sei tu” prima che venga ucciso, significa che riconosce l’identità e lo scopo del predicatore. Questo momento riflette un senso di inevitabilità e un riconoscimento del ruolo del Predicatore come forza di giustizia, anche di fronte alla violenza.

Il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il cavaliere pallido è infatti disponibile nei cataloghi di Apple TV, Tim Vision e Prime Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 20 settembre alle ore 21:00 sul canale Iris.

Il Cavaliere Oscuro: WB voleva una origin story per Joker

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Il Cavaliere Oscuro: WB voleva una origin story per Joker

Inizialmente, la Warner Bros. voleva che Il Cavaliere Oscuro rappresentasse una storia di origini per il Joker interpretato da Heath Ledger. Il secondo film della trilogia dedicata all’iconico Batman e diretta da Christopher Nolan è stato il film con il più alto incasso del 2008 e ha ricevuto ampi consensi dalla critica, in particolare per l’incredibile performance del compianto Ledger (premiata anche con un Oscar postumo).

In occasione di un’intervista durante il del Comic-Con@Home, il co-sceneggiatore de Il Cavaliere Oscuro, David S. Goyer, ha rivelato che inizialmente la Warner Bros. ha insistito affinché nel film venissero raccontate le origini del Joker. Goyer ha fatto riferimento alle elaborate storie sulle origini dei villain che di solito si vedono nei film di supereroi e di come hanno scelto di intraprendere una direzione totalmente diversa per l’iterazione del Clown Principe del Crimine da parte di Ledger.

“Ricordo quando stavamo parlando del film. Una volta esclamai: ‘Beh, cosa accadrebbe se il Joker non avesse alcuna storia di origini?’. Anche dopo il successo di Batman Begins, lo studio l’ha sempre considerata una questione molto controversa. Abbiamo subito molte pressioni. Le persone erano preoccupate.”

Le origini del Joker sul grande schermo

In tutti i diversi adattamenti del Joker sul grande schermo, le origini del personaggio non si sono mai allineate alla perfezione. Nel fumetto “Batman: The Killing Joke” del 1988, Joker era un comico fallito che divenne un criminale per sostenere la moglie incinta. Nel film di Tim Burton del 1989, Joker era un gangster di nome Jack Napier, autore dell’omicidio dei genitori di Bruce Wayne che durante uno scontro con Batman precipita in una vasca piena di acido. Ancora, nel film di Todd Philips è un clown vessato dalla sorte, vittima di bullismo, che sogna di diventare un comico di successo, ma che lentamente resta vittima della sua follia.

Considerando che il Joker sembra avere una storia diversa in quasi ogni adattamento cinematografico, la scelta degli sceneggiatori de Il Cavaliere Oscuro di rendere vaghe le origini del personaggio appare in un certo senso molto coerente. Sarebbe stato sicuramente interessante scoprire di più sul passato del Joker di Ledger, ma è innegabile che il film ed l’iterazione del personaggio siano perfettamente riusciti anche senza un’adeguata origin story.

Il Cavaliere Oscuro: una versione alternativa del salvataggio di Rachel

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Sono stati diffusi alcuni storyboard, opera di Stephen Forrest-Smithde Il Cavaliere Oscuro che ci mostrano una versione del salvataggio di Rachel (Maggie Gyllenhaal) diversa da quella finita nel film di Christopher Nolan con Christian Bale e Heath Ledger

Di seguito la scena del film:

Ecco invece la versione degli storyboard:

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Il cavaliere oscuro (The Dark Knight) è un film del 2008 diretto da Christopher Nolan e basato su Batman, personaggio dei fumetti creato da Bob Kane e Bill Finger. La pellicola è il seguito di Batman Begins (2005), anch’esso diretto da Nolan, ed è stata preceduta dal film direct-to-video Batman: Il cavaliere di Gotham, raccolta di cortometraggi animati realizzati in stile anime, che coprono l’arco temporale tra i due lavori cinematografici.

Il Cavaliere Oscuro: film e storyboard a confronto – video

In questo film Bruce Wayne, ovvero Batman (Christian Bale), affiancato dal procuratore distrettuale Harvey Dent (Aaron Eckhart) e dal commissario Jim Gordon (Gary Oldman), si trova ad affrontare un folle criminale che si fa chiamare Joker (Heath Ledger). Nel cast figurano anche Maggie Gyllenhaal, Michael Caine e Morgan Freeman.

Il film è stato girato negli Stati Uniti, in particolare a Chicago, e ad Hong Kong. La pellicola ha ricevuto numerose candidature e riconoscimenti, tra cui due premi Oscar, a Richard King per il miglior montaggio sonoro e a Heath Ledger come miglior attore non protagonista (postumo). Nel 2012 è uscito il seguito del film, Il cavaliere oscuro – Il ritorno, che conclude la trilogia di Nolan.

Il Cavaliere Oscuro: una scena inedita mostra il destino di un personaggio

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“Io sono un tipo dai gusti semplici. Mi piacciono la dinamite, la polvere da sparo, e la benzina! E sai qual è la cosa che hanno in comune? Costano poco.” Come ben ricorderete, questa è una delle tante battute memorabili del Joker di Heath Ledger ne Il Cavaliere Oscuro. La scena in questione comincia con il folle criminale seduto su una pila enorme di soldi, accanto a Lau (Chin Han) che indossa una camicia di forza.

Durante la scena la nostra attenzione viene catturata dal Joker, naturalmente, ma cosa accade a Lau? Ecco la morte del personaggio mostrata off-screen da Christopher Nolan in questa scena mai utilizzata ne Il Cavaliere Oscuro!

Di seguito invece un fermo immagine che ci mostra Lau, in fiamme, sulla pila di banconote:

Il Cavaliere Oscuro

Fonte: CBM

Il Cavaliere Oscuro: un nuovo poster firmato Dan Mumford

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Il Cavaliere Oscuro: un nuovo poster firmato Dan Mumford

Ecco un nuovo poster, in due versione, de Il Cavaliere Oscuro, realizzato dall’artista Dan Mumford. Potete vederli di seguito:

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Il cavaliere oscuro (The Dark Knight) è un film del 2008 diretto da Christopher Nolan e basato su Batman, personaggio dei fumetti creato da Bob Kane e Bill Finger. La pellicola è il seguito di Batman Begins (2005), anch’esso diretto da Nolan, ed è stata preceduta dal film direct-to-video Batman: Il cavaliere di Gotham, raccolta di cortometraggi animati realizzati in stile anime, che coprono l’arco temporale tra i due lavori cinematografici.

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In questo film Bruce Wayne, ovvero Batman (Christian Bale), affiancato dal procuratore distrettuale Harvey Dent (Aaron Eckhart) e dal commissario Jim Gordon (Gary Oldman), si trova ad affrontare un folle criminale che si fa chiamare Joker (Heath Ledger). Nel cast figurano anche Maggie Gyllenhaal, Michael Caine e Morgan Freeman.

Il film è stato girato negli Stati Uniti, in particolare a Chicago, e ad Hong Kong. La pellicola ha ricevuto numerose candidature e riconoscimenti, tra cui due premi Oscar, a Richard King per il miglior montaggio sonoro e a Heath Ledger come miglior attore non protagonista (postumo). Nel 2012 è uscito il seguito del film, Il cavaliere oscuro – Il ritorno, che conclude la trilogia di Nolan.