C’è chi lo chiama “Il
Bardo” (appellativo degli antichi poeti in uso tra i
popoli celtici), ma il suo nome è William
Shakespeare. Del suo privato non si sa granché: si è
sposato diciottenne, ha avuto tre figli e ha cominciato la carriera
come attore, diventando poi famoso come autore di commedie e
tragedie tuttora rappresentate. Non si sa neppure con certezza che
faccia avesse, ma potete scegliere tra quella di
Joseph Fiennes in
Shakespeare in Love (semi-biopic in
salsa rosa diretto da John Madden) e quella di
Rafe Spall, lo Shakespeare impostore che firma le
opere del ‘vero’ drammaturgo Edward de Vere (alias
Rhys Ifans) nel film
Anonymous di Roland
Emmerich. Il regista, solitamente impegnato a distruggere
il pianeta a suon di catastrofi, qui distrugge la reputazione del
buon Will, mettendo in scena la teoria della cospirazione per cui
gran parte delle opere storicamente attribuite al Bardo sarebbero
in realtà state scritte dal 17° conte di Oxford (Edward de Vere,
appunto), costretto dal suo status sociale a pubblicare i suoi
lavori sotto mentite spoglie, quelle di un attoruncolo incapace ma
scaltro: Shakespeare.
Ma la vita non è un film. Tanto per
cominciare, la data di nascita di William non è documentata, anche
se il suo battesimo viene registrato il 26 aprile 1564 e,
tradizionalmente, si è deciso di festeggiarne il compleanno il 23
aprile (‘per colpa’ di un accademico del XVIII secolo, pare).
Comunque la scelta del giorno non è casuale, perché proprio il 23
aprile di 52 anni dopo Shakespeare morirà lì dove è nato, nella sua
Stratford-upon-Avon, e il 23 aprile è anche la festa di S. Giorgio,
patrono d’Inghilterra: ottima occasione per celebrare il più grande
scrittore in lingua inglese (uno che ha contribuito a coniare circa
3.000 fra vocaboli ed espressioni in uso ancora oggi). Will ha
sondato ogni aspetto dell’animo umano, lasciando un patrimonio di
38 testi teatrali, 154 sonetti e una serie di altri scritti… e
chissà quante centinaia di film.
Sì perché, ai tempi, Shakespeare
poteva pure sperare che le sue opere fossero rappresentate anche
nei secoli a venire, ma non poteva certo prevedere la nascita del
cinema, che sin dagli albori attinge a piene mani alla produzione
shakespeariana, a partire dall’Amleto del
1900 con Sarah Bernhardt protagonista (un vero
scandalo per l’epoca). Sul grande schermo la tragedia del Principe
di Danimarca va per la maggiore: grandi nomi vi si cimentano nel
corso degli anni, fra cui Laurence Olivier nel
1948, Franco Zeffirelli nel 1990 e
Kenneth Branagh in ben due occasioni (nel ’95
con Nel bel mezzo di un gelido inverno, e
nel ’96 con Hamlet). Branagh merita poi
una menzione speciale, poiché non esiste attore più
“shakespeariano” di lui, data la miriade di produzioni (teatrali e
cinematografiche) cui prende parte come interprete e/o regista:
Enrico V, Molto rumore per
nulla, Pene d’amor perdute,
Othello, As You Like It –
Come vi piace, e ci fermiamo qui. Poi c’è la storia
d’amore per antonomasia, quella che ha rovinato generazioni di
lettrici/spettatrici, Romeo e Giulietta:
si va dal classico di Zeffirelli del 1968, alla rivisitazione pop
di Baz Luhrmann del ’96 con
Leonardo DiCaprio, passando per la messa in
scena canterina di West Side Story, senza
dimenticare lo
Gnomeo e Giulietta per i più
piccoli.
Sì, perché i sentimenti e le
situazioni create da Shakespeare sono senza tempo e si possono
adattare a qualsiasi contesto storico-geografico: per un
Re Lear sovietico (1964), c’è un
Macbeth nipponico (vedi Il
trono di sangue di Akira Kurosawa,
1957); per La bisbetica domata più
tradizionalista di Zeffirelli (con la coppia d’oro
Elizabeth Taylor/Richard Burton),
ce n’è una meno convenzionale, come Il bisbetico
domato by Castellano & Pipolo con
Celentano; per non parlare della versione teen di
10 cose che odio di te (che lancia
Heath Ledger, Joseph
Gordon-Levitt e Julia Stiles). Se è vero
che le rivisitazioni adolescenziali sono di gran moda all’alba del
nuovo millennio (vedi anche Hamlet 2000 e
O come Otello), gli ultimi anni lasciano
il posto a sperimentazioni più mature (come il
Coriolanus di/con Ralph
Fiennes, ambientato ai giorni nostri ma parlato alla
maniera di Will, e The Tempest di
Julie Taymor, con un Prospero al femminile,
Helen Mirren). Ora, invece, stiamo
riscoprendo il piacere di una messa in scena più rigorosa, alla
Romeo and Juliet di Carlo
Carlei, aspettando il nuovo
Macbeth col duo
Fassbender/Cotillard attualmente
in lavorazione.
23 aprile 2014: 450 anni dalla
nascita di William Shakespeare (e 398 dalla sua morte). “SIAMO
FATTI ANCHE NOI DELLA MATERIA DI CUI SON FATTI I SOGNI; E NELLO
SPAZIO E NEL TEMPO D’UN SOGNO È RACCHIUSA LA NOSTRA BREVE
VITA”.