Nel corso della sua carriera
Arnold Schwarzenegger ha recitato in diversi film
fantascientifici particolarmente celebri, da Atto di forza al
capolavoro Terminator 2 – Il giorno del
giudizio. Un altro celebre titolo di questo genere,
divenuto un cult negli anni, è Il sesto
giorno. Niente cyborg o creature mostruose contro cui
combattere in questo, bensì vi è la presenza di una cospirazione di
cloni pronti a conquistare il mondo. Scritto da
Cormac e Marianne Wibberley, il
film è diretto da Roger Spottiswoode, qui alla
regia del suo film più famoso e apprezzato. Tra thriller,
fantascienza e azione si snoda infatti un’opera particolarmente
coinvolgente ed entusiasmante.
Il titolo del film si riferisce
naturalmente al sesto giorno della creazione divina, durante il
quale Dio creò l’essere umano. A partire da qui si sviluppa un film
sul concetto di umanità e di identità, che pur avvalendosi di una
cornice fantascientifica va ad affrontare una serie di tematiche
universali e sempre attuali. Questi discorsi filosofici si fondono
però ad un’opera ricca di azione e spericolate sequenze, che non
trascurano così anche gli aspetti più leggeri e necessari
all’intrattenimento del grande pubblico. A distanza di anni, Il
sesto giorno è infatti ancora un cult con un grande
seguito.
Al momento della sua uscita, però,
non si era affermato come un grande successo, divenendo anzi uno
dei titoli più trascurati del celebre attore. Con il passare del
tempo è però divenuto sempre più attuale e ricercato,
sfoggiando oggi più forza di quanta ne avesse all’epoca della sua
distribuzione. Prima di intraprendere una visione del film, però,
sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Il sesto giorno: la trama del film
In un futuro prossimo non precisato,
la clonazione di animali e organi umani è diventata routine. La
clonazione di interi umani, tuttavia, è vietata dalle cosiddette
leggi del “Sesto giorno”. In questo contesto, i piloti di voli
charter Adam Gibson e Hank Morgan
vengono assunti da Michael Drucker,
multimiliardario proprietario della società di clonazione
Replacement Technologies, per accompagnarlo in una vacanza
sciistica. L’importanza del passeggero che accompagneranno impone
che i due prima si sottopongano a esami del sangue e degli occhi,
per verificare che siano all’altezza del compito. Il giorno della
partenza, però, Adam è impossibilitato a partire a causa della
morte improvvisa del suo cane.
L’uomo decide allora di portare
l’animale in uno dei negozi della catena RePet per farlo clonare.
Strada facendo, però, Adam comprende di non poter clonare anche
l’affetto che li legava e preferisce così rinunciare. Quando torna
a casa, Adam fa però alcune scoperte inquietanti. Non solo il cane
è già stato clonato, ma un doppione di se stesso si trova con la
sua famiglia. Proprio mentre cerca di capire cosa stia succedendo,
Adam viene raggiunto da tre agenti addetti alla sicurezza della
Replacement Technologies che cercano di ucciderlo. Per Adam ha
inizio una corsa contro il tempo per cercare di scoprire cosa stia
accadendo e cosa significhi la presenza di quei cloni umani non
autorizzati.
Il sesto giorno: il cast del film
Protagonista del film, come
anticipato, è l’attore Arnold
Schwarzenegger, che si rivelò ancora una volta
estremamente adatto a film di questo genere e contesto.
Originariamente, però, era stato considerato Kevin Costner per il
ruolo del protagonista, ma questi dovette rifiutare per via di
altri impegni. L’attore di origini austriache accettò invece da
subito con entusiasmo, rifiutandosi però di pubblicizzare il film
con immagini dove sono presenti armi, poiché da lui ritenuto
irresponsabile. Nel film, inoltre, l’attore pronuncia una battuta
simile alla sua “I’ll be back”, ovvero “I might be
back”, traducibile come “Potrei tornare“. Per
recitare nel film, Schwarzenegger ha percepito un compenso di 25
milioni di dollari.
Accanto a lui, nei panni del collega
pilota Hank Morgan, vi è l’attore Michael
Rapaport, noto per la serie Prison Break e
Atypical. Il controverso miliardario Michael Drucker ha
invece il volto di Tony Goldwyn. Per questo ruolo
era stato considerato anche l’attore premio Oscar Jack Nicholson, ma
venne scartato perché giudicato troppo costoso. Nei panni dei
sicari Talia Elsworth, P. Wiley e Vincent vi sono invece gli attori
Sarah Wynter, Rodney Rowland e
Terry Crews. Quest’ultimo, oggi estremamente
popolare, era qui al suo film di debutto. Il dottor Griffin Weir,
lo scienziato dietro la tecnologia illegale di clonazione umana è
invece interpretato da Robert Duvall, un ruolo
offerto inizialmente a Gene Hackman,
il quale però rifiutò non apprezzando la storia.
Il sesto giorno: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Il sesto
giorno è infatti disponibile nei cataloghi di
Rakuten TV, Apple iTunes e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È
bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite
temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente
nel palinsesto televisivo di martedì 2 agosto alle
ore 21:15 sul canale Nove.
Reduce da Se Son Rose e giunto al
suo quattordicesimo film, con Il sesso degli
angeli, dal 21 aprile al cinema,
Leonardo Pieraccioni opera un
sostanziale cambiamento nel suo approccio ai personaggi, alle
storie e al cinema. Come da lui stesso dichiarato “a trenta e
quarant’anni ho raccontato l’amore travolgente, di quelli che si
vedono solo nei film. A cinquant’anni ho raccontato le crisi della
mia generazione. A quasi sessant’anni mi toccano ora i ruoli del
prete, come tra qualche anno mi toccheranno quelli del
nonno”.
La storia di Il sesso degli
angeli ha infatti come protagonista don Simone, prete in una
cadente chiesa nel cuore di Firenze, che si ritrova ad ereditare
una misteriosa tenuta a Lugano, in Svizzera. Una volta recatosi ad
esplorare quanto ricevuto dall’eccentrico zio Waldemaro, don Simone
si ritrova a che fare con un bordello di lusso, gestito
dall’affascinante Lena e pullulante di belle ragazze. Per il prete,
già di suo ricco di dubbi sulla fede, si presenta dunque una
questione quantomai spinosa, che lo porrà di fronte a difficili
decisioni.
Presentando il film alla stampa di
Roma, Pieraccioni ci tiene a raccontare come l’idea per questo suo
nuovo film sia arrivata all’improvviso, mentre lavorava alla
sceneggiatura di un film poi accantonato. “In un momento così
particolare per il mondo e il cinema italiano, – racconta
Pieraccioni – cercavo un’idea il più pizzicante possibile. Mi
divertiva l’idea di dar vita ad un aperto contrasto tra due mondi
notoriamente distanti tra loro e in particolare stavolta volevo
porre il mio personaggio davanti ad un bilancio della propria vita,
proprio come capita di fare a me oggi.”
Leonardo Pieraccioni tra sacro e profano
All’interno di Il sesso
degli angeli vengono dunque trattati una serie di temi
molto italiani e sempre attuali, come il matrimonio per i preti e
la riapertura delle case chiuse, sui quali Pieraccioni si dichiara
“estremamente favorevole”. Temi, dunque, con i quali non è
facile rapportarsi e a riguardo dei quali Pieraccioni ha affermato
che “oggi si sta esagerando sul politicamente corretto. Tante
battute presenti nei miei vecchi film oggi non si potrebbero più
fare. Però penso che le cose vadano contestualizzate. Per la
comicità ci vogliono alcune parole specifiche, che non si possono
sostituire. Sicuramente ci sono stati momenti in cui si è
esagerato, oggi invece si esagera nel senso opposto.”
Per quanto riguarda la fede, invece,
Pieraccioni si dichiara “a metà tra San Tommaso e Margherita
Hack. Credo dunque che potrebbe finire in un grande boh. Qualora
però mi si presentasse il buon Dio davanti, io mi getterei in
ginocchio e da bravo cabarettista gli direi “ci ho sempre
creduto”!”.
Leonardo Pieraccioni con Sabrina Ferilli solo al cinema
Accanto a Pieraccioni, nel ruolo di
Lena, si ritrova invece l’attrice Sabrina
Ferilli, che racconta “conoscevo Leonardo e i suoi
film, ho sempre apprezzato l’umorismo grottesco ma ricco di
sentimenti di cui è capace. Quando mi ha proposto il progetto
sapevo già che avrei accettato, anche solo per la stima nei suoi
confronti, ma leggendo il copione ho poi provato vero divertimento
e questo mi ha convinto ancora di più di voler partecipare al
film.
Alla conferenza stampa è presente
anche Paolo Del Brocco, amministratore delegato di
Rai Cinema, il quale afferma che “quando Leonardo ci ha
proposto Il sesso degli angeli, mi sembrava perfetto, perché è
un’idea fresca, divertente e lui aveva le idee chiare su tante
cose, risultando estremamente convincente. Lo ritengo uno dei suoi
film più belli, anche solo per il suo mettersi in panni diversi da
quello del latin lover. Il film esce in sala, dove è giusto che sia
e se i suoi temi “spinosi” possono contribuire a portare al cinema
un pubblico incuriosito, ben venga!”
Per Pieraccioni, che si ricollega a
quanto detto da Del Brocco, la sala cinematografica va difesa
sempre e comunque. “Anche se ci fossero solo quattro spettatori
in sala, questa va resa accogliente. Naturalmente oggi le
tecnologie per l’home video sono straordinarie, ma personalmente
quando sono al cinema, lo schermo si illumina e inizia il film,
quell’emozione lì non riesce a resistituirmela nessun televisione o
altro schermo.”
Sacro e profano. Su questi due
valori si costruisce il quattordicesimo film da regista di Leonardo Pieraccioni, intitolato
Il sesso degli angeli. Un racconto, da
lui scritto insieme a Filippo Bologna, che
attraverso una classica commedia ad equivoci aspira oltre che a
divertire anche a lanciare alcune riflessioni su tematiche
d’attualità nell’Italia dei nostri giorni. Dopo aver raccontato di
amori impossibili e crisi di mezz’età, il regista e attore
fiorentino si sposta dunque su un territorio nuovo che, come da lui stesso affermato,
segna l’inizio di una nuova fase della sua carriera, senza perdere
però le caratteristiche che lo hanno reso celebre, dalla
dissacrante comicità ai buoni sentimenti messi in gioco.
Che Il sesso degli angeli
sia qualcosa di nuovo nella filmografia di Pieraccioni lo dimostra
il ruolo da lui ricoperto. Egli non è più un incallito latin lover
bensì il prete don Simone, alla guida di una chiesetta sempre in
difficoltà e poco frequentata. L’occasione per poter mettere a
nuovo tale ambiente arriva grazie all’inaspettata eredità
lasciatagli da un eccentrico zio. Si tratta di un’avviatissima
attività in Svizzera, grazie alla quale don Simone spera di
risollevare le sorti economiche della sua chiesa. Arrivato a
Lugano, però, il prete scopre suo malgrado di aver ereditato un
bordello di lusso, cosa che naturalmente lo pone in profonda
crisi.
L’amore sacro e l’amor profano
Come spesso accade nel cinema di
Pieraccioni, anche questa storia prende avvio da uno scontro
inaspettato tra mondi opposti. Se in Il ciclone questo
avveniva tra un uomo e la sua famiglia di umili origini con un
gruppo di ballerine di flamenco, mentre in Un fantastico via
vaitra un uomo di mezz’età e un gruppo di
universitari, in Il sesso degli angeli tale
scontro ha per protagonisti il mondo religioso e quello della
sessualità. Due opposti, dove per la religione la sfera sessuale è
ancora oggi un vero e proprio tabù, quasi un sinonimo di
peccato.
Pieraccioni costruisce dunque
proprio su questo aperto contrasto una serie di situazioni comiche
che hanno come scopo il far emergere vizi e contraddizioni,
configurandosi infine come una sorta di fiaba con tanto di morale.
Le tematiche trattate sono di grande attualità in Italia, dalle
volontà di riapertura delle case chiuse alla possibilità per i
preti di sposarsi, dalla considerazione che si ha delle prostitute
fino all’ipocrisia di tutte quelle persone che predicano bene e
razzolano male. Nel corso dei circa novanta minuti di film tutti
questi aspetti vengono messi alla berlina con il classico spirito
dissacratore del comico toscano.
Il corpo della donna, lo sguardo dell’uomo
Le premesse narrative del film sono
dunque interessanti, specialmente per il prendere due aspetti così
radicati nella cultura italiana. Il film, aiutato in particolar
modo da Marcello Fonte, qui interprete nei panni
del fido Giacinto, riesce a dar vita ad alcune gag e battute
genuinamente divertenti. Questi momenti, insieme alle riflessioni e
alle emozioni che Il sesso degli angeli intende suscitare,
vengono però oscurati da alcune criticità piuttosto pesanti. In
primis, vi è ancora una volta uno sguardo sul corpo femminile che
sembra essere più interessato a compiacere un pubblico maschile che
non a conferire alla donna un valore nuovo, comprensivo della sua
sessualità.
Pieraccioni non è né il primo né
l’ultimo a fare ciò, sia chiaro, ma è questa un’ulteriore occasione
mancata per approdare a punti di vista nuovi. In seconda battuta,
Il sesso degli angeli, rispetto ad altri film di
Pieraccioni, sembra essere scritto con maggior approssimazione,
specialmente giunti al finale, dove tutto l’intreccio si risolve in
modo piuttosto discutibile, lasciando in sospeso delle questioni
che risultano pertanto incompiute. Dallo collisione dei due mondi
opposti non nascono delle situazioni forti a tal punto da far
riflettere su quanto raccontato, facendo dunque rimanere questo un
classico film di Pieraccioni, senza però l’evoluzione promessa e
sperata.
Iniziano lunedì 14 giugno, a Roma
le riprese di Il
sesso degli angeli il nuovo film di
Leonardo Pieraccioni prodotto da
Levante con Rai Cinema.
Il
sesso degli angeli vede come protagonisti principali
Leonardo Pieraccioni, Sabrina
Ferilli, Marcello Fonte. Fanno parte del cast
Gabriela Giovanardi, Eva Moore, Maitè Yanes, Valentina
Pegorer, Giulia Perulli e Massimo
Ceccherini.
La sceneggiatura scritta da
Leonardo Pieraccioni e Filippo
Bologna racconta la storia di Don Simone (Pieraccioni), un
prete di frontiera, con una chiesetta sempre in difficoltà e mai
frequentata dai ragazzi che preferiscono piuttosto lo stare insieme
dei social. Finalmente Don Simone riceve una fantastica
notizia: un eccentrico zio gli ha lasciato in eredità
un’avviatissima attività in Svizzera che potrà risollevare le sorti
economiche del suo oratorio sempre deserto! Ma arrivato a Lugano il
nostro prete scopre di aver ereditato… un bordello! Don Simone darà
ragione allo sgangherato zio che ha sempre dubitato della sua fede,
oppure qualcuno dall’alto gli darà le risposte giuste per
togliergli ogni dubbio?
Il
sesso degli angeli sarà girato per quattro settimane a
Roma, tre settimane a Firenze e una settimana in Svizzera. Le
riprese termineranno il 5 agosto. Il film uscirà nelle sale
cinematografiche il prossimo anno con 01
Distribution
Leonardo
Pieraccioni e
Sabrina Ferilli hanno rilasciato pochi minuti fa il
trailer ufficiale de “Il Sesso degli
Angeli” la nuova commedia di e con Leonardo
Pieraccioni prodotta da Levante con
Rai Cinema, nelle sale italiane dal 21
aprile per 01 Distribution. Il film
è scritto e sceneggiato da Leonardo Pieraccioni e Fabrizio
Bologna e vede come protagonisti lo stesso
Pieraccioni nei panni di Don Simone,
Sabrina
Ferilli, Marcello Fonte.
A completare il cast anche
Gabriella Giovanardi, Eva Moore, Maitè Yanes, Valentina
Pegorer, Giulia Perulli e Massimo Ceccherini.
La trama di Il Sesso degli Angeli
Don Simone, è un prete di
frontiera, con una chiesetta sempre in difficoltà e mai frequentata
dai ragazzi che preferiscono, piuttosto, lo “stare insieme” dei
social. Finalmente Don Simone riceve una fantastica notizia:
un eccentrico zio gli ha lasciato in eredità un’avviatissima
attività in Svizzera che potrà risollevare le sorti economiche del
suo oratorio sempre deserto! Ma arrivato a Lugano il nostro prete
scopre di aver ereditato… un bordello!
Il sesso aggiunto,
primo lungometraggio del regista e autore televisivo
Francesco Antonio Castaldo, ripercorre la storia
di un ragazzo sulla trentina, Alan (Giuseppe
Zeno), tossicodipendente. Alan ha costantemente un’unica
ragione di vita: l’eroina. È completamente invaso dal desiderio di
stare con “lei”, di innamorarsi di “lei”, di possederla.
Come ogni altro tossicodipendente,
trascorre le giornate alla ricerca della roba, prelevando soldi
alla madre, povera e forse troppo comprensiva, e alla sorella che
dimostra continuamente il suo affetto per lui. Ha un rapporto
complicato con una ragazza più giovane di lui, anche lei
tossicodipendente, Laura (Valentina D’Agostino),
una relazione che ruota totalmente attorno all’eroina, che li
sovrasta e comanda ogni loro azione. Poi c’è Nancy (Myriam
Catania) l’ex ragazza di Alan, ex tossicodipendente appena
uscita dalla comunità. Nancy sente il peso di averlo fatto cadere
nella trappola della droga e vorrebbe aiutarlo, ma in realtà sta
cercando qualcos’altro, adesso lui è diventato il tramite per farle
raggiungere il benessere più atteso, il suo unico desiderio:
l’eroina che “ride alle loro spalle, quando decidono di farne a
meno”.
Il Sesso Aggiunto, il film
Così Alan, circondato da “lei”, che
incarna ogni persona che gli sta vicino, “lei” che rappresenta la
sua vita, i suoi sogni disillusi, si sente abbandonato dal suo
“Dio” e ha sempre meno spazio per l’amore e per la vita nel suo
cuore. Gradualmente, insieme alle azioni quotidiane per raggiungere
l’estasi, l’estremo orgasmo grazie all’eroina, Alan ripercorre con
noi, che lo assistiamo, i momenti più importanti della sua vita
come se fossero presenti; egli compie un percorso di
auto-psicoanalisi per ritrovare se stesso, per riconciliarsi con
quel “Dio”, quell’amore che risiede dentro ognuno di noi, quella
parte interiore più pura di ogni altra. Ed è questo amore, quello
che risiede dentro il suo cuore, e non in quello di altri, che Alan
trova quel coraggio che gli permette divivere, di nuovo e di
sconfiggere la dipendenza più grande.
Un contributo onesto quello di
Castaldo, come lui stesso ammette nel corso della
conferenza stampa, per trovare un modo per far capire ai giovani e
ai meno giovani che cos’è la tossicodipendenza. Ma il lavoro del
regista non è così scontato, se così qualcuno può
immaginarselo,egli intraprende un viaggio nel mondo interiore della
tossicodipendenza, per parlare dell’amore. Perché di questo si
tratta, di un film sull’amore. L’amore di una madre per un figlio
già morto, al quale supplica di rinascere. Un amore universale che
permette di superare ogni ostacolo che la vita ci pone di fronte.
Il regista e il produttore Giovanni Madonna, hanno
spiegato come l’esigenza di fare questo film sia nata dalle ultime
statistiche che affermano il grande aumento dell’uso di eroina
negli ultimi tempi: stiamo parlando dell’incremento del 40% negli
ultimi due anni.
Un dato che fa paura, considerando
gli effetti dell’eroina, effetti che rendono l’uomo, un vegetale,
una nullità, un uomo che non vuole e non può avere alcuna
responsabilità. Come dargli torto? La nuova generazione, senza
voler generalizzare, rappresentata anche nel film, quando esce la
sera, si cala qualsiasi pasticca e droga presente nel commercio e
la mattina, per calmarsi e rilassarsi dall’eccessivo uso di
anfetamine, etc, decide di fumarsi l’ero, quasi fosse un semplice
sonnifero. L’unica differenza rispetto al passato è che mentre
prima la decisione dell’uso dell’eroina derivava forse dai grandi
fermenti culturali, e i giovani erano (quasi) spinti dal potere a
farne uso per bloccare le loro eccessive inquietudini, oggi si vive
la situazione opposta, è la mancanza di ideali, di entusiasmo, di
valori, la rassegnazione e la disillusione, che porta all’eccesso e
alla decisione di uscire da se stessi attraverso lo sballo.
In definitiva, Francesco
Antonio Castaldo, ha realizzato un buon film, anche grazie
all’aiuto di tre bravi attori, in particolare di Giuseppe
Zeno che ha interpretato genuinamente e in maniera molto
personale un personaggio complicato. Il sesso
aggiunto è un film che deve essere visto da tutti,
nonostante la sensazione di angoscia e tristezza che ti pervade
dopo averlo visto, perché ci fa conoscere e ci mostra non quello
che un tossicodipendente fa ma quello che un tossicodipendente è.
Il film che non sarà vietato ai minori di anni quattordici e uscirà
nelle sale delle principali città italiane, distribuito da
Iris Film il 29 aprile.
Apple
TV+ ha diffuso il trailer italiano di
Il serpente dell’Essex, la nuova serie limitata con
protagonisti la vincitrice di Emmy e SAG Award Claire Danes e il candidato all’Emmy Tom Hiddleston e basata sull’omonimo
bestseller di Sarah Perry. Il serpente
dell’Essex farà il suo debutto su Apple
TV+ il 13 maggio con i primi due episodi, seguiti da
un nuovo episodio settimanale, fino al 10 giugno.
https://youtu.be/j-4cID_WnCo
Ambientata nell’Inghilterra
vittoriana, la serie vanta un cast stellare guidato da Claire
Danes, vincitrice dell’Emmy e del premio SAG, dal candidato
all’Emmy Tom Hiddleston e con Frank
Dillane, Clémence Poésy e Hayley Squires. Il
serpente dell’Essex segue la vedova londinese Cora
Seaborne (Claire Danes) che si trasferisce nell’Essex per indagare
su un mitico serpente. Qui conosce il vicario del villaggio
(Tom
Hiddleston), con cui stringe un legame improbabile, ma
proprio quando la tragedia colpisce, la gente del posto inizia ad
accusarla di attrarre la strana creatura.
Il serpente
dell’Essex è diretta da Clio Barnard, candidata al BAFTA,
come Anna Symon che ha scritto la serie; entrambe sono anche
produttrici esecutive insieme a Jamie Laurenson, Hakan Kousetta,
Iain Canning, Emile Sherman e Patrick Walters. La serie è prodotta
per Apple TV+ da See-Saw Films.
È
un progetto ambizioso quello sviluppato da Apple
TV+ nella trasposizione del romanzo scritto da
Sarah Perry. Diviso in sei episodi, Il
Serpente dell’Essex tenta infatti un coraggioso gioco
di specchi tra passato e presente, tra approccio classico e
discorso sotterraneo del tutto contemporaneo.
Il Serpente dell’Essex, la trama
Partiamo però dalla
trama: ambientata nel 1893 in piena epoca vittoriana, la storia
vede Cora Seaborne (Claire
Danes) decidere di trasferirsi nelle pianure paludose
dell’Essex dopo essere rimasta vedova. Il suo intento è quello di
scoprire la verità sulla spaventosa creatura che si aggira in quei
luoghi, apparentemente mietendo vittime e terrorizzando la
popolazione di pescatori e contadini. Accanto a lei si schiera il
reverendo William Ransome (Tom
Hiddleston) con tutta la sua famiglia, il quale però
pare in realtà convinto che non si tratti di una creatura
preistorica. Insieme i due dovranno sfidare le convenzioni e la
mentalità di una comunità chiusa in se stessa, devota nel
proteggere le proprie tradizioni quanto i segreti più
reconditi.
Un esperimento estetico e narrativo
Come già accennato, il
pilot di Il Serpente dell’Essex è un
esperimento narrativo ed estetico piuttosto interessante: se la
messa in scena organizzata dalla regista Clio Barnard si conforma
con efficacia alla riproposizione accurata dell’epoca vittoriana,
il discorso che riguarda la protagonista e la sua volontà di
emancipazione rispetto a una società che la vuole soggetta alle
leggi degli uomini ha un sapore e uno sviluppo che facilmente
possono essere visti come metafora di un discorso contemporaneo. Il
problema principale dell’episodio sta nel fatto che queste due
“anime” dello show non sembrano fondersi con coerenza, costringendo
la sceneggiatura scritta da Anna Symon a scelte fin troppo precise:
l’episodio infatti procede con un ritmo molto spedito, a cui
probabilmente non siamo abituati quando si tratta di show
ambientati nel passato.
La presentazione di
personaggi, ruoli, relazioni e situazioni sembra appartenere a un
altro tipo di narrazione o se vogliamo di genere, e questo rende
Il Serpente dell’Essex un ibrido non facilissimo
da comprendere, almeno all’inizio. Il secondo episodio si
stabilizza su canoni maggiormente collaudati, proponendo una
narrazione che non accelera inutilmente il racconto e concede allo
spettatore di conoscere in profondità il personaggio di Cora. Un
netto punto a favore di Il Serpente
dell’Essex è senza dubbio l’uso dei malinconici
scenari naturali per costruire un’atmosfera particolare, la quale
possiede sia una certa originalità che indubbia forza espressiva.
In questo modo la vicenda si dipana all’interno di un’ambientazione
tanto desolata quanto affascinante da vedere, capace di restituire
allo spettatore il senso di privazione in cui vivono gli abitanti
dei villaggi circostanti.
Tom
Hiddleston e Claire Danes sono il cuore della
serie
Emancipazione contro
oppressione sociale, ricerca di spiegazioni scientifiche contro
tradizione e convinzioni religiose: la miniserie prodotta da
Apple Tv+ mette molta carne al fuoco e tenta di
farlo con un approccio lievemente diverso, sfruttando in particolar
modo i due protagonisti. Sia Tom Hiddleston che, forse anche di più,
Claire Danes danno un’impronta esplicitamente
contemporanea ai rispettivi personaggi, adoperando un linguaggio
del corpo e un modo di parlare che si allontana dalla compostezza
stilizzata dei classici prodotti in costume.
In alcune scene
l’attrice riesce a restituire allo spettatore la drammatica vita
interiore di un’eroina pronta a sfidare le convenzioni. Una prova
che tenta di trattenere le emozioni e che possiede più di un tratto
in comune con quella offerta nella serie di maggior successo
interpretata dalla Danes, ovvero Homeland.
Hiddleston sembra avere
qualche difficoltà in più a rendere il suo pastore sempre
credibile, ma la sua presenza scenica è indubitabile, soprattutto
quando lavora in sottrazione. Sono loro il cuore di Il Serpente dell’Essex, serie che sceglie
(finalmente?) una strada diversa dalla consuetudine degli show in
costume e, pur non centrando sempre il proprio obiettivo con
coerenza, propone uno spettacolo intrigante e non ovvio.
Il serpente
dell’Essex è l’annunciata nuova serie Apple Original
basata sull’omonimo romanzo di Sarah Perry. La serie
limitata in sei episodi vedrà protagonisti
Il serpente
dell’Essex è diretta da Clio Barnard, candidata al BAFTA,
come Anna Symon che ha scritto la serie; entrambe sono anche
produttrici esecutive insieme a Jamie Laurenson, Hakan
Kousetta, Iain Canning, Emile Sherman e Patrick Walters.
La serie è prodotta per Apple
TV+ da See-Saw Films.
Il serpente dell’Essex: quando
esce e dove vederla in streaming
Il serpente
dell’Essex in streaming uscirà con i primi due episodi
venerdì 13 maggio 2022 su AppleTV+
Il serpente dell’Essex: trama e
cast
Con un cast stellare guidato dalla
vincitrice dell’Emmy e del premio SAG, Claire Danes, e dal
candidato all’Emmy
Tom Hiddleston e con Frank Dillane, Clémence Poésy e
Hayley Squires, “Il serpente dell’Essex” segue la vedova londinese
Cora Seaborne (Claire Danes) che si trasferisce nell’Essex per
indagare su un mitico serpente. Qui conosce il vicario del
villaggio (Tom Hiddleston), con cui stringe un legame
improbabile, ma proprio quando la tragedia colpisce, la gente del
posto inizia ad accusarla di attrarre la strana creatura.
Nel cast di Il serpente
dell’Essex protagonisti sono
Claire Danes nel ruolo di Cora, Tom Hiddleston nel ruolo di Will Ransome,
Frank Dillane nel ruolo di Luke Garrett,
Hayley Squires nel ruolo di Martha,
Clémence Poésy nel ruolo di Stella Ransome,
Jamael Westman nel ruolo del dottor George
Spencer, Dixie Egerickx nel ruolo di Jo Ransome e
Michael Jibson nel ruolo di Matthew Evansford.
Gli episodi di Il serpente dell’Essex
La serie è prodotta da Andrea Cornwell. Produttori esecutivi
sono Clio Barnard Anna Simone Jamie Laurenson Hakan Kousetta
Patrizio Walters Iain Canning Emile Sherman
Sembra che il trand degli ultimi anni, nei
canali televisivi americani, sia rincorrersi l’un l’altro e tentare
di riproporre al meglio l’idea dell’uno o dell’altro.
Manca ancora poco più di un mese al
debutto al cinema di X-Men Apocalypse,
ennesimo capitolo della saga diretta da Bryan
Singer che, dopo gli eventi
di Giorni di un Futuro
Passato, porterà inevitabilmente dei cambiamenti
a quella che fu la continuity della trilogia originale.
Proprio in questa ottica,
sembrerebbe che la Fox e lo stesso
regista Bryan Singer siano intenzionati a
trattare nuovamente la saga della Fenice Nera, già affrontata
in X-Men Scontro Finale, ma con
risultati scadenti.
A lanciare la notizia è il
portale Heroic Hollywood in
un’ipotesi che, nonostante non sia accompagnata da particolari
conferme, sembrerebbe non così lontana dal reale in virtù delle
numerose dichiarazioni di Bryan
Singer sulla nuova Jean Grey
di Sophie Turner, che, secondo il regista,
sarà consapevole di “qualcosa d’oscuro e potente in
crescita dentro di lei”.
Il regista, inoltre, si è detto più
volte intenzionato a sviluppare il personaggio della Fenice Nera,
riprendendo, dunque, un discorso lasciato in sospeso nel 2003.
Con Bryan Singeralla regia e allo
script, in X-Men
Apocalypsetornerà anche Simon
Kinberga scrivere la
sceneggiatura che si baserà su una storia di Singer,
Kinberg, Michael
Dougherty e Dan Harris.
Inoltre ci sono anche già i
primissimi dettagli relativi alla trama del film: il film sarà
ambientato una decina di anni dopo Giorni di un
Futuro Passatoe rappresenta un passo successivo
nella storia. L’aver alterato la storia nel film precedente ha
causato delle reazioni imprevedibili e incontrollate, e la nascita
di un nuovo e potente nemico. Charles (James McAvoy), Erik/Magneto
(Michael Fassbender), Raven/Mistica (Jennifer Lawrence) e Hank/Bestia
(Nicholas Hoult)
saranno raggiunti da Ciclope, Tempesta e Jean Grey e dagli altri
X-Men per combattere contro il formidabile menico, una antica e
potente forza, determinata a causare un’apocalisse come mai si è
verificato nella storia dell’umanità. Oscar Isaac è stato scelto
per interpretare Apocalisse. Al cast si aggiungono
anche Sophie
Turner(Jean Grey), Tye
Sheridan(Ciclope), Alexandra
Shipp (Tempesta),Kodi Smit-McPhee(Nightcrawler), Lana
Condor(Jubilee), Olivia
Munn (Psylocke).
X-Men
Apocalypse arriverà il 19 maggio 2016 nelle sale
italiane.
Arriva con ufficialità il titolo
del sequel di Sherlock Holmes, diretto da Guy Ritchie e
interpretato da Robert Downey Jr. e Jude Law. Si intitolerà:
Sherlock Holmes: A Game of Shadows. Tradotto da noi Un gioco
d’ombre.
A settembre 2015 Ridley
Scott aveva annunciato che il sequel di
Prometheus si sarebbe intitolato
Alien Paradise Lost, con tanto di
riferimento all’opera di Milton che doveva essere presa in
considerazione per la realizzazione del progetto dalla genesi
piuttosto contorta. Adesso però sembra che Scott ci abbia ripensato
e che il sequel di Prometheus abbia di nuovo cambiato titolo.
Durante un’intervista con indiewire
in merito all’inizio del suo interessamento a The
Martian e alla genesi di quel film, il regista ha
dichiarato: “Ero sul punto di cominciare a lavorare su quello
che si sarebbe poi chiamato Alien Covenant, le cui riprese
cominceranno il prossimo Febbraio. Eravamo a lavoro sullo script,
quando poi arriva questa chiamata che dice ‘abbiamo una
sceneggiatura pronta, si intitola The Martian’ e così l’ho letta in
un’ora e per metà pomeriggio avevo già chiamato la Fox dicendo ‘Ho
bisogno di parlare con Drew Goddard’…”.
Sembra quindi che il film che vedrà
di nuovo protagonisti Noomi Rapace e
Michael Fassbender avrà ancora un altro titolo che
però non è detto sia quello definitivo.
Al momento non sappiamo nulla circa
la trama del sequel di Prometheus. Le
riprese del film dovrebbero iniziare a gennaio 2016 (è probabile
che il film arrivi nelle sale nel 2017). MichaelFassbender e Noomi Rapace
torneranno quasi certamente nel cast.
Ricordate il cult movie per ragazzi
Hocus Pocus? Di recente si era parlato di
un coinvolgimento di Tina Fey in un sequel del
film della Disney, notizia che è poi stata smentita, o meglio
chiarita.
La Fey sta effettivamente lavorando
per la Disney ad un film che ruoterà intorno a delle streghe, ma
non si tratterà di un sequel del classico con Sarah Jessica
Parker, ma di un film in “stile
Ghostbusters“.
Tina Fey
parteciperà a questo progetto in qualità di produttrice con la sua
Little Strange, ma non sappiamo se entrerà anche a
far parte del cast.
Di seguito vi proponiamo il trailer
di Hocus Pocus e consigliamo caldamente a
chi non l’ha visto di recuperarlo, magari nella notte di
Halloween!
Già in cantiere un sequel per
Capitan America: il primo Vendicatore, ancor prima di sapere quali
saranno gli esiti dei primo film in uscita tra circa un mese.
David Cronenberg si
riavvicina al mondo dello spionaggio russo mettendo in cantiere il
sequel de La Promessa Dell’Assassino, film del 2007 con Viggo
Mortensen, Vincent Cassel e Naomi Watts.
Dopo un lungo girovagare in giro
per il mondo, Il Sentiero esce finalmente nelle
sale italiane grazie alla casa di produzione Fandango. Il film ha
partecipato al Festival di
Berlino 2010, gareggiando per l’Orso d’Oro. Il
Festival
Internazionale del Film di Roma dello stesso anno ha
accolto l’opera della regista e sceneggiatrice Jasmila Žbanic,
considerandola una dei più interessanti talenti europei emergenti.
Il Sentiero racconta la storia di una giovane
coppia bosniaca, Luna e Amar, che dopo aver attraversato gli anni
duri della guerra, tra perdite e traumi, sembrano vivere
serenamente la loro storia d’amore. Luna fa la hostess e Amar è un
controllore di volo, si amano con passione e vivono appieno le
gioie della loro gioventù.
L’etica della religione musulmana
non fa parte delle loro vite: Amar beve alcolici e fuma. Un giorno
beccato a bere alcolici sul posto di lavoro l’uomo viene sospeso.
Sarà l’incontro con un suo vecchio compagno di guerra, ora
totalmente osservante della dottrina islamica, a fargli cambiare
totalmente vita, portandolo “sul sentiero” opposto a quello di
Luna. La donna si confronterà con una comunità fin troppo
conservatrice di cui Amar, ora, è parte integrante.
Jasmila Žbanic, il film
La regista, Jasmila
Zbanic in Il Sentiero, pone l’attenzione
sulla crescita mentale e spirituale che portano la coppia verso due
differenti sentieri della vita, dove non sembrano avere più alcun
punto in comune. L’amore può non bastare a risolvere i problemi,
soprattutto quando non si ha più la stessa visione della vita.
Jasmila Žbanic compie un passo ulteriore:
attraverso i normali problemi di coppia, mostra praticamente a cosa
porta l’osservazione conservatrice/estremista del credo musulmano.
Quando la cieca ubbidienza ad una religione viene spinta agli
estremi si verificano situazioni difficili.
Lo si nota, in particolare, nella sequenza in cui Luna fa il
bagno nel lago, si avvicina troppo alla sezione maschile e viene
subito fermata da alcuni uomini. Questi le intimano verbalmente che
non può stare lì, che deve tornare indietro, che non è posto per
lei, che potrebbe essere vista. Sotto i riflettori viene posto il
ruolo che ricopre la donna in una società maschilista, in cui le
viene negata la libertà, che oggi tutti crediamo di avere: la
libertà di esprimere il proprio pensiero, la libertà di movimento e
la libertà di essere donna.
In più Il Sentiero racconta il passaggio da un
cammino, che un uomo intraprende nella vita, fino ad un altro
completamente opposto.
Nelle scelte di Amar non c’è una
via di mezzo, passa dall’essere completamente sordo al proprio
credo religioso, dal completo disinteressamento verso l’Islam
all’ascoltarlo troppo, al non considerare altro. Tutto per lui
diventa peccato e il suo vecchio stile di vita, accanto alla donna
amata, non è più accettabile. Jasmila Žbanic ha
saputo abilmente raccontare una storia, dove è facile riconoscersi
e che ci aiuta a renderci conto di come la donna sia ancora
troppo sola e soggiogata. Il Sentiero è un film
che arriva dritto al cuore anche grazie al lavoro dell’attrice
protagonista Zrinka Cvitešic è bravissima nel
mostrare tutte le suggestioni che prova il personaggio di Luna,
dimostrandosi un talento che va tenuto d’occhio e valorizzato.
Officine
UBU è lieta di annunciare che IL SENSO DELLA
BELLEZZA – Arte e scienza al CERN, il docufilm evento di
Valerio Jalongo che ha fatto il tutto esaurito in oltre 50 sale in
Italia e ha raggiunto la più alta media copie nella sua settimana
d’uscita, tornerà nelle sale italiane mercoledì 20
dicembre.
Questo weekend, inoltre, IL
SENSO DELLA BELLEZZA – Arte e scienza al CERN arriva
eccezionalmente al Cinema Farnese di Roma, dove
saranno organizzate le seguenti proiezioni speciali del film:
Venerdì 15 dicembre
alle ore 21:00 alla presenza del regista Valerio Jalongo
Sabato 16 dicembre
alle ore 19:30
Domenica 17
dicembre alle ore 19:30
Il senso della bellezza – Arte e Scienza al Cern
Diretto da Valerio Jalongo e
ambientato nel più avveniristico avamposto della scienza moderna,
IL SENSO DELLA BELLEZZA – Arte e scienza al CERN ha
ottenuto in soli due giorni di programmazione un risultato davvero
rilevante per un documentario: la migliore media copia e un terzo
posto nella classifica del box office nazionale. Il sold out in
molte sale, gremite di studenti, giovani appassionati e semplici
curiosi ha portato la distribuzione italiana sotto richiesta di
molti esercenti a portare nuovamente il docufilm nelle sale. Un
film sorprendente e diverso che racconta la scienza e l’arte come
non è mai stato fatto e che ha visto il coinvolgimento di un ente
del calibro dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare nella
promozione e nella divulgazione.
Il film è il racconto di un
esperimento senza precedenti che vede 11.000 scienziati di tutto il
mondo collaborare intorno alla più grande macchina mai costruita
dagli esseri umani per scoprire i misteri dell’universo. La fisica
moderna ci ha lasciato senza immagini della natura: “l’essenziale è
invisibile agli occhi”… Ma IL SENSO DELLA BELLEZZA–
Arte e scienza al CERN svela artisti e scienziati che nella
loro ricerca della verità, sono accomunati da qualcosa di
misterioso: sono tutti in ascolto di un elusivo sesto o settimo
senso… la bellezza.
Era il 1933 quando Hedy
Lamarr inaugurava il topless al cinema (il film era
Estasi), e da allora le attrici che hanno
mostrato le loro grazie dalla cintola in su (e non solo) non si
sono più contate. Grazie a
GQ, ecco una gallery di immagini tratte da celebri film che, in
diversi modi, hanno fatto la storia del cinema.
Il titolo del film
Il seme del fico sacro si riferisce a una specie di
fico (Ficus religiosa) originaria del subcontinente
indiano. La sua natura invasiva la classifica come epifita, una
pianta o un organismo simile a una pianta che cresce sulla
superficie di un’altra pianta e trae umidità e sostanze nutritive
dall’aria, dalla pioggia o dai detriti che la circondano.
Classificato anche come “erbaccia ambientale”, il fico sacro, a
differenza della maggior parte delle piante epifite, diffonde i
suoi semi su altre piante, per cui le radici penetrano all’interno
del fusto della pianta ospite, spaccandola dall’interno.
La descrizione di cui sopra appare
sullo schermo come un’epigrafe, evidenziando un confronto non
troppo sottile con il governo teocratico dell’Iran, e il film
spiegherebbe come quell’ideologia soffocante e pervasiva alla fine
si imporrà nelle case, trasformando il “noi” collettivo,
spingendolo sempre più verso l’autocrazia man mano che il
ragionamento governato dalle buone intenzioni o dalla generosità
della fede diventa lentamente confuso.
L’obiettivo sui
privilegiati
Il seme del fico
sacro di
Rasoulouf sembra una presa in giro dei film epici pre-codice di
Hollywood, in particolare del film del 1933 Cavalcata. Quel film
descriveva le vite dei benestanti residenti di Londra e dei loro
amici intimi mentre importanti eventi storici come la seconda
guerra boera, l’affondamento del Titanic e la morte della regina
Vittoria colpivano direttamente la famiglia o facevano da
sfondo.
Mentre film come “Cavalcade” e
altri del suo genere non offrono commenti approfonditi su quegli
eventi, il film di Rasoulouf adotta un approccio decisamente
diverso, fungendo da critica acuta. La sua scelta è quella di
evidenziare la dissoluzione dei legami familiari all’interno dei
sostenitori dello stesso regime che costringerebbe il regista a
fuggire dalla teocrazia e come la distanza forzata dalla realtà
offerta dal privilegio non li protegga.
La sfida allo status quo, sia
apertamente che in modo infinitesimale
Forse non è una coincidenza che il
dramma della camera maggiore segua le vite delle tre donne in
assenza di Iman e come le regole e i regolamenti del patriarca
vengano messi sotto accusa dalla sua famiglia, dalla sua stessa
mente e dal mondo che lo circonda.
La sfida più evidente viene da
Rezvan e Sana, che all’inizio del film sono già disillusi a causa
della diffusione di informazioni parziali da parte dei media e di
come i social media diventino la loro unica fonte di informazione
sulle proteste. Il montatore Andrew Bird inserisce anche filmati
delle proteste vere e proprie per far capire la brutale realtà
della vita sotto la teocrazia. Quando Sadaf, amica di Rezvan, viene
attaccata durante le proteste e successivamente arrestata, Rezvan e
Sana perdono ulteriormente le speranze nei confronti della loro
famiglia, in particolare del padre. Questo porta anche alla forma
più evidente di ribellione da parte della stessa Sana, il furto
della pistola del padre.
La sfida infinitesimale, invece,
nasce da Najmeh. Se Iman è la controfigura del regime con tutti i
suoi ideali e il suo conformismo, Najmeh è la devota discepola. Ma
quando vede la sua vita accuratamente curata andare in pezzi a
causa dell’incapacità del marito di gestire la responsabilità di
essere un carnefice spietato e le sue figlie finiscono sotto tiro
quando il fanatismo del marito viene alla ribalta, anche lei inizia
lentamente a sfidare gli stami dell’autorità, offesa per essere
interrogata, cercando di proteggere le sue figlie prendendosi la
colpa su di sé, o alla fine rifiutandosi di sedersi, ricordando al
marito che “aveva già fatto tutto”.
Ma forse la sfida più incisiva allo
status quo è l’incapacità sia di Najmeh che di Iman di comprendere
il divario generazionale che sta emergendo, nonché le rivolte che
stanno sorgendo a causa dell’oppressione. Questo emerge in forme
minime, con Iman incapace di comprendere l’interesse di Sana nel
tingersi i capelli o dipingersi le unghie, ma forse il chiodo nella
bara non è nei momenti palesi di rappresentazione di filmati di
vita reale, ma piuttosto in quel momento centrale in cui Iman si
avvicina a una macchina guidata da una donna con i capelli corti e
un tatuaggio sul collo, con uno sguardo fulminante rivolto a Iman
che denota solo un’arroganza disinvolta. Non importa quanto un
regime cerchi di rinchiudere o controllare, il progresso troverà
sempre un modo per andare avanti senza ostacoli.
Il cambio di genere nell’atto
finale di Il seme del fico sacro
Mentre il cambiamento nell’atto
finale porta Iman a soffrire essenzialmente di un crollo
psichico, governato dalla paranoia e da una sensazione opprimente
di disagio e perdita di controllo di ciò che lo circonda, la scelta
della regia di plasmare l’intero epilogo come un thriller di
invasione domestica sembra deliberata, in quanto il cinema di
genere è forse un meccanismo di trasmissione più efficace per il
commento che Rasoulouf voleva ritrarre. È un discorso a parte che
il passaggio al terzo atto sia un po’ caotico per il suo bene.
Dopo Il male
non esiste, vincitore dell’Orso d’oro al Festival
internazionale del cinema di Berlino, Rasoulof
racconta una famiglia, che attraverso le sue dinamiche interne,
diventa ritratto di un paese intero, l’Iran, scosso dalle pressioni
politiche e religiose, dalle repressioni, dalle censure e
dall’oppressione nei confronti delle libertà personali. A queste
prevaricazioni, rappresentate nel film dal potere di un padre di
famiglia, si oppongono le donne, ovvero le nuove generazioni, in un
crescendo di tensione.
Il seme
del fico sacro è il simbolo della resistenza artistica e
civile del popolo iraniano, una resistenza guidata innanzitutto dal
coraggio delle donne e dei giovani che si battono per una
rivoluzione culturale, ancora lontana.
La trama di Il seme del
fico sacro
Teheran. I festeggiamenti per la
promozione di Iman a giudice istruttore del Tribunale della Guardia
Rivoluzionaria coincidono con il movimento di protesta popolare a
seguito della morte di una giovane donna.
Iman è alle prese con il peso
psicologico del suo nuovo ruolo. Mentre le sue figlie, Rezvan e
Sana, sono scioccate e, allo stesso tempo, elettrizzate dagli
eventi, la moglie Najmeh cerca di fare del suo meglio per tenere
insieme la famiglia.
Quando Iman scopre che la sua pistola
d’ordinanza è sparita, sospetta delle tre donne. Spaventato dal
rischio di rovinare la sua reputazione e di perdere il
lavoro, diventa sempre più paranoico e inizia, in casa propria,
un’indagine in cui vengono oltrepassati tutti confini, uno dopo
l’altro…
Il decimo
film di
Mohammad Rasoulouf, l’ottavo lungometraggio, potrebbe essere
definito uno dei suoi film più incisivi, in cui critica apertamente
il governo iraniano. Il seme del fico sacro
(la
nostra recensione) sceglie di spostare l’obiettivo direttamente
nel cuore dell’amministrazione teocratica, per evidenziare la
fragilità e il marciume all’interno di una famiglia, mentre le
differenze ideologiche e morali minacciano di distruggerla.
Cosa succede in Il seme del fico sacro
La promozione di Iman e la
paranoia del lavoro
Avvocato onesto, devoto alla sua
fede e al governo, Iman vive con la moglie Namjeh e le due figlie,
Rezvan e Sara. La promozione lo vede come giudice istruttore alle
dirette dipendenze del Tribunale Rivoluzionario di Teheran.
Il Tribunale rivoluzionario si
occupa di quasi tutti i reati che potrebbero mettere a rischio la
salute interna ed esterna del paese o l’ideologia in generale. Dai
reati su larga scala come il contrabbando o lo spionaggio
all’istigazione alla calunnia contro il governo, tutto rientra
nella competenza di questo Tribunale rivoluzionario. A differenza
della magistratura ordinaria, i processi non sono pubblici, non
sono presieduti da una giuria ma da un singolo giudice e i dettagli
del processo vengono resi noti solo a discrezione del governo.
Iman, pur essendo stato promosso a
una posizione più alta e aver ricevuto una retribuzione sostanziosa
insieme a un appartamento più grande, scopre presto che la sua
nomina a giudice istruttore non è dovuta al suo talento
giudiziario, ma alla sua devozione all’amministrazione, che lo
renderebbe la mano perfetta per emettere condanne a morte,
indipendentemente dalle prove che indicano tale esito. Almeno
questo sarebbe il motivo per cui il suo superiore Ghaderi gli
avrebbe ordinato di firmare queste condanne a morte. Ciò a sua
volta lo avrebbe costretto a rimanere anonimo e a limitare le
informazioni anche ai suoi familiari.
La cena di quella sera,
apparentemente un modo per festeggiare la promozione di Iman, si
traduce invece nel fatto che Iman ordina alle sue due figlie
adolescenti di stare alla larga dai social media, oltre a garantire
che la notizia della sua promozione o posizione all’interno del
governo rimanga limitata tra le quattro mura del loro appartamento.
Per quanto riguarda la protezione, a Iman viene assegnata una
pistola, che Iman maneggia nervosamente, e anche sua moglie prende
nota di quella metodologia cauta.
L’attacco a Sadaf
In Il seme del fico
sacro Rasoulof, pur non riferendosi esplicitamente alle
proteste delle Ragazze di Parigi (protesta per il velo), si
riferirebbe a tali proteste o, cosa più importante, alle proteste
del 2022 contro la morte di Mahsa Amini in custodia della polizia,
che avrebbero portato a manifestazioni diffuse. Le crescenti
manifestazioni portarono Iman a firmare indiscriminatamente ordini
di esecuzione nel suo ufficio. I media riportano con veemenza
contro i manifestanti, dipingendoli come ribelli contro un sistema
giusto; sia Rezvan che Sana seguono le notizie reali e non
edulcorate su Instagram, su bobine in cui il filmato passa alle
riprese reali delle proteste.
Il rapporto tra le giovani donne
indipendenti e dallo spirito libero e la devota Najmeh era stato
inizialmente teso e in qualche modo messo alla prova da Rezvan che
aveva portato una vecchia amica del college, Sadaf, che si era
appena trasferita a Teheran e cercava un posto dove vivere diverso
dal suo dormitorio. La paranoia del lavoro di Iman implicava che
Najmeh non intrattenesse ospiti sotto la sua supervisione. Di
conseguenza, vedeva Sadaf come una delle personificazioni del mondo
esterno che influenzava le sue figlie in modi strani, portandole ad
agire contro la sua famiglia. Questo, tuttavia, raggiunge il
culmine quando, nel bel mezzo delle proteste, Rezvan e Sadaf si
ritrovano nel mezzo della manifestazione mentre vanno al college, e
Sadaf viene colpita al viso da un colpo di fucile.
Sia Najmeh che Sana tornarono a
casa perché la scuola di Sana era chiusa a causa delle proteste.
Quando Najmeh fu convinta da Sana a comprare generi alimentari di
emergenza, Sana aiutò Rezvan a portare di nascosto la ferita Sadaf,
con un occhio cucito e il viso coperto di sangue a causa della
ferita da pallettoni. Le ragazze esiterebbero a portare Sadaf in
ospedale a causa della professione del padre, e così quando Najmeh
torna a casa, è costretta a prestare soccorso a Sadaf contro la sua
volontà, ma si rifiuta di ospitarla per proteggerla. Invece, Sadaf
si travestirebbe e tornerebbe al suo dormitorio al college. Poco
dopo, sarebbe stata arrestata.
La scomparsa della pistola di
Iman
“Il seme del fico sacro” mette in
luce una famiglia che sta dalla parte del regime, i cui membri
lavorano direttamente per il regime e i suoi ideali, e mostra come
la loro lealtà vacilli o il loro stato mentale diventi fragile.
Mentre la scomparsa della pistola potrebbe essere individuata come
l’ovvia rottura mentale, il dilemma esistenziale di Iman
inizierebbe dal momento della sua promozione, quando la
responsabilità di firmare condanne a morte non esaminate
inizierebbe a pesare sulla sua anima, e Iman, a merito di
Rasoulouf, non ha la consapevolezza di sé per rendersi conto di
essere dalla parte dell’oppressore.
Le sue figlie, d’altro canto,
iniziano decisamente a schierarsi contro il padre e il regime che
rappresenta, etichettando chiaramente come bugie le notizie
sfornate dai media ed esprimendosi ad alta voce a tavola con grande
disappunto di Iman. Quando viene messa direttamente di fronte
all’affermazione del padre secondo cui lui sa meglio perché ha
lavorato all’interno del regime per anni, Rezvan ribatte senza
battere ciglio che suo padre non sa meglio. Poiché è uno dei loro,
ci crede e vuole preservarlo a tutti i costi.
Così, quando la sua pistola
scompare improvvisamente dal cassetto del comodino, inizia a
sospettare delle donne della sua famiglia e crede che una di loro
l’abbia rubata per dispetto. Il timore di Iman, così come quello di
Gadhieri, non è solo che Iman possa essere condannato fino a tre
anni di carcere, ma che il danno alla sua reputazione sia
irreparabile. Ciò influirebbe ulteriormente sulla sua futura
promozione. Rendendosi conto di essere con le spalle al muro e
convinto dal suo capo, costringe la moglie e le figlie a farsi
interrogare da Alireza, uno dei migliori interrogatori che lavora
sotto il regime.
La stretta amicizia tra le famiglie
di Iman e Alireza non aiuta Najmeh, Rezvan o Sana. Namjeh viene
interrogata direttamente da Alireza, che la interroga a fondo. Nel
frattempo, Rezvan e Sana vengono interrogati in stanze separate,
con gli occhi bendati e con una visione limitata per poter scrivere
le risposte alle domande poste. Anche con quella visione limitata,
Sana nota un anello di ossidiana nera che adorna le dita di uno
degli interrogatori. Si rende presto conto dell’identità di
quell’interrogatore quando vede l’anello sulla mano di suo padre
mentre la famiglia viene riaccompagnata a casa. Iman interroga lui
stesso le sue figlie, e Sana se ne rende conto.
Quando l’interrogatorio non dà
risultati, sia Iman che Najmeh cercano di fare appello alle loro
figlie. Per Rezvan, fanno il poliziotto buono e quello cattivo, con
Iman che fa il poliziotto buono e le ricorda l’amore e il rispetto
che già ha per lei, mentre Najmeh la provoca e la schiaffeggia
persino. Tuttavia, questo la porta solo a crollare e a supplicare
di essere lasciata in pace. Per Sana, provano un approccio diverso,
cercando di ingannarla con la promessa di lasciarle tingere i
capelli o dipingersi le unghie, ma senza alcun risultato. Sana non
fa la spia su Rezvan, forse perché sa che sua sorella non è
responsabile del furto della pistola.
Il viaggio in auto verso le
montagne
Quando Najmeh era alla ricerca di
Sadaf, aveva chiesto l’aiuto della moglie di Alireza. Durante
quella conversazione, Alireza aveva messo in guardia da un “gruppo
di persone senza scrupoli” che aveva pubblicato sui social media le
informazioni di contatto di tutti gli interrogatori e dei membri
del regime. Questo era il timore che aveva spinto sia Iman che
Ghadieri a mantenere l’anonimato della loro professione, nonché il
motivo per cui era stata assegnata la pistola.
Ma ora che le informazioni di
contatto di Iman sono state pubblicate sui social media, la sua
paranoia raggiunge il culmine. Su ordine del suo capo, decide di
scrivere una lettera al suo capo chiedendo un alloggio ufficiale
prima di sparire con la sua famiglia fino a quando la situazione
non si sarà risolta. Ghadieri gli dà una delle sue pistole in più
per protezione. Una volta a casa, Iman si occupa di proteggere la
sua impronta digitale attaccando dei nastri sulle fotocamere dei
telefoni di sua figlia e annotando i loro codici di accesso in modo
da potervi accedere. Fatto ciò, Iman prende la decisione chiave di
portare la sua famiglia nella casa di montagna della sua
infanzia.
Durante il viaggio in auto, la
famiglia incontra una coppia. Una metà della coppia lo riconosce
mentre sta facendo rifornimento a una pompa di benzina, e la
paranoia di Iman governa la sua azione in cui riesce a girare
intorno e ad avvicinarsi alla macchina della coppia, facendola
uscire di strada. Quando la coppia minaccia di registrare questi
episodi e caricarli sui social media, Sana informa il padre che i
loro cellulari al momento non hanno rete. Rincuorato dalla
rivelazione di quella vuota minaccia, Iman minaccia la coppia con
la sua nuova arma da fuoco. A sua insaputa, le sue figlie, ormai
disilluse dal padre, hanno iniziato lentamente a scappare. Con
grande orrore di Rezvan, Sana rivela che è stata lei a rubare la
pistola e che attualmente ce l’ha lei.
La spiegazione del finale
deIl seme del fico sacro
Perché Iman insegue la sua
famiglia in montagna?
Nella casa della sua infanzia, il
piano di Iman di essere “la famiglia che erano una volta” sembra
dare i suoi frutti, poiché iniziano a legare guardando vecchi video
dei loro viaggi di famiglia insieme ed esplorando la vecchia casa,
i souvenir e le fotografie. Tuttavia, Iman non ha dimenticato il
crimine che lo ha portato alla pazzia e decide di interrogarle
senza alcun tipo di maschera. Chiudendole in una stanza per un’ora,
ordina loro di rivelare la verità perché non gli interessano le
bugie, ma vuole il bugiardo.
Najmeh continua il suo sforzo
erculeo per proteggere le sue figlie dalla vera natura del padre,
cosa di cui era stata complice per tutto il loro matrimonio a causa
della sua eterna obbedienza e fiducia nel marito (leggi: il
regime). A tal fine, decide di addossarsi la colpa delle figlie,
confessando davanti alla videocamera di aver rubato la pistola e di
averla gettata nel canale di fronte al loro appartamento.
Iman, sposata da oltre 21 anni, non
le crede e, quando viene interrogata, la vede agitarsi. Rendendosi
conto che la situazione non sta andando da nessuna parte, Rezvan
decide di confessare di avere la pistola in giardino e che la
restituirà a suo padre a condizione che lui mandi sua madre e sua
sorella a casa sane e salve. Ma quando Rezvan, seguita dal padre,
cerca la pistola in macchina, non riesce a trovarla. Arrabbiata e
frustrata, Iman imprigiona sia Najmeh che Rezvan in celle separate
nella dependance.
Nel frattempo, Sana riesce a
sgattaiolare via con la pistola e si nasconde nella dependance,
dove, insieme a molti attrezzi, trova un impianto audio e
registrazioni del Corano. Quella notte, dopo aver installato i
megafoni in specifiche aree del bosco, riproduce vecchi ricordi
prima di mettere le registrazioni del Corano. Iman, ormai fuori di
sé, cerca disperatamente la fonte del rumore. Quando finalmente
individua la dependance ed entra, Sana, nascosta dietro la porta,
lo chiude dentro. Corre di nuovo verso la casa e libera sua madre e
sua sorella.
La fine de Il seme del fico
sacro è essenzialmente un lungo inseguimento attraverso
vecchie case di fango e rovine disabitate, mentre le tre donne
cercano di sfuggire alle grinfie di un Iman arrabbiato. Il film
termina con Iman che viene fermato dalla figlia Sana sotto la
minaccia di una pistola, mentre trascina Najma per il collo. Mentre
Sana minaccia di sparargli, Iman la provoca, ordinandole di andare
avanti. Spaventata e nervosa, Sana spara con la pistola sul
pavimento, facendo crollare il pavimento sotto Iman che cade e
muore, con la mano tesa che mostra l’anello nero rivolto verso
l’alto.
Il filmato termina con riprese
reali delle proteste e dei danni collaterali causati dalle
rappresaglie del regime.
Il seme del fico
sacro è un’opera potente, che guarda con lucidità alla politica
e alla società, e conferma Mohammad Rasoulof come una
delle voci più coraggiose e incisive del cinema contemporaneo.
Dopo il pluripremiato
Il male non esiste, il regista iraniano torna a
denunciare l’oppressione del regime di Teheran con un film che
mescola tensione, dramma e un’intensità emotiva che non lascia
scampo.
Il seme del fico
sacro, tra realtà e finzione
Girato in condizioni
estreme e portato clandestinamente fuori dall’Iran, il film
racconta la storia di Iman, comandante delle milizie Basij,
incaricato di reprimere le proteste del 2022 scoppiate dopo la
morte di Mahsa
Amini. Le sue due figlie, però, giovani e volitive, e
soprattutto ignare della vera natura del lavoro di loro padre, si
fanno coinvolgere nelle proteste. In mezzo a questo gigantesco e
pericolosissimo conflitto di interessi c’è la moglie di Iman,
Najmeh, consapevole sia del vero ruolo del marito
nel regime, sia del desiderio di rivolta che infiamma le
figlie. La narrazione si sviluppa quindi come un dramma
familiare che sfocia in un vero e proprio conflitto generazionale e
politico, con una tensione crescente che riflette il clima di paura
e oppressione vissuto in Iran. Rasoulof costruisce il film come se
fosse un thriller, con uno sguardo lucido e implacabile sul sistema
repressivo iraniano.
Il peso della
repressione e il coraggio della ribellione
Uno degli aspetti più
incisivi di Il seme del fico sacro è la rappresentazione del
regime iraniano attraverso la figura di Iman. Il protagonista non è
un semplice ingranaggio della macchina repressiva, ma un uomo che
si confronta con il lato più brutale del sistema e che lo
sottoscrive scientemente. Rasoulof non lo dipinge come un semplice
carnefice, ma come un uomo all’inizio combattuto, e poi
tragicamente cosciente del suo operato, travolto dal suo senso di
disciplina inculcatogli dal regime e dalla sua posizione.
Le figlie sono invece un
contraltare perfetto, sono la speranza e la resistenza: una
generazione che rifiuta di piegarsi e che, nonostante il pericolo,
lotta per la libertà. La loro ribellione è la miccia che innesca il
conflitto interiore di Iman, mettendo a nudo la violenza
sistematica del regime che prende il sopravvento anche quando di
fronte a lui c’è il sangue del suo sangue. Non ci sono sconti per
chi ostacola il regime, anche se si tratta della propria
famiglia.
La regia di Rasoulof:
realismo e intensità
Lo stile di
Rasoulof è asciutto, privo di retorica, e si
affida a una messa in scena cruda e immersiva. Le riprese in
interni, spesso claustrofobiche, contribuiscono a trasmettere il
senso di oppressione vissuto dai protagonisti anche grazie
all’utilizzo di primi piani intensi per catturare la sofferenza e
il conflitto emotivo dei personaggi. Agli interni stretti e angusti
si alternano i filmati reali degli scontri per le strade di
Teheran, raccolti mettendo a repentaglio sul serio la propria vita.
Finestre documentarie all’interno di una storia di fiction che
prima di diventare metafora in un finale imprevedibile, è un
resoconto più che plausibile della condizione di vita in Iran.
Più che un film, Il
seme del fico sacro è un atto di resistenza. Rasoulof ha dovuto
affrontare enormi difficoltà per realizzarlo, e la sua condanna
all’esilio dimostra quanto il regime consideri pericolosa la sua
voce. Il film non si limita a denunciare le ingiustizie, ma vuole
scuotere il pubblico, mostrando realtà scomode e mostrando il
prezzo della libertà.
Un atto di resistenza
cinematografica
Non è un caso che il
titolo richiami il fico sacro, simbolo di rinascita e resistenza.
Il film si chiude lasciando nello spettatore un senso di
inquietudine, ma anche di speranza: per quanto oppressiva possa
essere una dittatura, il desiderio di libertà non può essere
soffocato. Il film, protagonista nella stagione dei premi 2025,
batte bandiera tedesca, dal momento che solo da rifugiato in
Germania e con quei contributi, Rasoulof è riuscito a completare il
film. Tuttavia, dal Festival
di Cannes 2024 (dove ha vinto il premio della Giuria),
che ne ha visto l’esordio, fino alla
Notte degli Oscar 2025, dove il film concorre come Miglior
Film Internazionale, Il seme del fico sacro sta
raccontando al mondo la sua storia e la storia dell’Iran.
Il seme del fico
sacro è un film capace di unire denuncia politica e intensità
narrativa con straordinaria efficacia. Mohammad
Rasoulof è il regista di cui il cinema ha bisogno per
confermarsi, oltre a forma d’espressione artistica, anche voce di
popoli e di resistenza.
Nella
prima parte dell’ultima stagione di Cobra
Kai, Daniel LaRusso (Ralph
Macchio) ha descritto con serietà il Sekai Taikai come il
suo “canto del cigno del karate”. Quello che era iniziato come una
competizione liceale si è ora evoluto in prestigiosi tornei
internazionali in sei stagioni, e il Sekai Taikai è chiaramente
diventato il canto del cigno di Cobra Kai. Dal modo
rispettoso in cui i personaggi pronunciano i loro nomi ai dettagli
meticolosi della competizione, è facile credere che il
Sekai Taikai sia un vero e proprio torneo di arti marziali
miste nella Stagione 6, Parte 2.
Nel mondo di Cobra Kai, il Sekai Taikai è
il torneo finale a cui un combattente di karate competitivo vuole
partecipare. Anche se Daniel aveva precedentemente
insistito sul fatto che il Miyagi-do non era stato creato per
competere nelle gare, i suoi studenti hanno già partecipato al
famigerato All Valley Tournament: il Sekai Taikai è
semplicemente su una scala infinitamente più grande. Daniel e
Johnny (William Zabka) fondono i loro dojo e i
loro stili di insegnamento per formare un dojo unito, il Miyagi-do,
e partecipano alla competizione globale con una squadra di sei
studenti.
I primi turni del Sekai Taikai
prevedono eventi di squadra che aiutano il dojo a progredire fino
ai turni di campionato a cui partecipano i capitani dei dojo.
Questo tipo di struttura è presente in molti tornei di arti
marziali miste della vita reale, dove vengono utilizzati
sistemi di punteggio e qualifiche simili. Per questo motivo, il
Sekai Taikai potrebbe non essere una vera competizione, ma attinge
ai principi dei tornei reali per garantire un livello di
credibilità e verosimiglianza.
Il Cobra Kai distingue ogni
dojo nel Sekai Taikai
Oltre all’organizzazione specifica
dei round e dei punti, Cobra Kai si concentra anche sulla
valorizzazione dei 16 dojo partecipanti, assicurandosi che siano
distinguibili a prescindere dalla brevità del tempo trascorso sullo
schermo. Il co-creatore Josh Heald ha dichiarato a Netflix Tudum
che il team voleva assicurarsi che “vedessimo una fetta di
karate nei vari punti lontani del nostro mondo”. Il modo
più diretto per farlo è stato attraverso i colori delle uniformi,
ognuna distinta in modo da poterle distinguere facilmente,
associando i loro colori ai comportamenti generali dei dojo: il
giallo Dublin Thunder, sempre pronto per una rissa, dell’Irlanda o
il rosso Tiger Strike, troppo aggressivo, della Russia.
Queste sfumature sono presenti
anche nei loro stili di combattimento, che differiscono leggermente
per riflettere le pratiche delle loro culture. Questa continuità
viene mantenuta anche quando gli studenti combattono
semplicemente sullo sfondo, dove gli stunt performer producono
sconfitte o vittorie esagerate per dare a ogni dojo un certo
fascino. In questo modo, ci vengono offerti brevi scorci di
ciascuno dei 16 dojo, creando un’atmosfera internazionale
alla competizione.
Cobra Kai crea un’atmosfera
internazionale nella sesta stagione
Come dice anche Heald nella
suddetta intervista: “Volevamo essere sicuri di mantenere la
promessa di una competizione internazionale di arti marziali”.
Durante la produzione, Cobra Kai ha fatto tutto
il possibile per creare fattori di differenziazione tra i dojo
e creare un’atmosfera globale in senso visivo. I colori, i
movimenti e il linguaggio del corpo giocano tra loro per costruire
un ambiente così diverso. Ma nella post-produzione, questo viene
fatto anche attraverso la musica, poiché ogni volta che un
dojo combatte sullo schermo, viene scandito dal proprio tema
musicale ispirato alla sua cultura. Ancora una volta,
questo distingue subliminalmente i dojo, creando un’aria vivace e
multiculturale per il Sekai Taikai.
Seguire la sola struttura di una
competizione internazionale di karate non sarebbe stato sufficiente
a renderla credibile. Aggiungendo le idiosincrasie di ogni dojo e
curando un’atmosfera globale, non solo si rende la Sekai Taikai più
realistica, ma si aumenta anche la pressione e la posta in gioco
legata a questo canto del cigno della competizione. L’approccio
riflessivo e ponderato di Cobra Kai alla
scrittura, alla produzione e al montaggio del torneo fa sì
che, anche se il Sekai Taikai non è reale, lo sembri
davvero.
Cobra Kai Stagione
6, Parte 2 è disponibile in streaming su Netflix.
Diretto dal candidato all’Oscar
Jim Sheridan, celebre per film come Il
mio piede sinistro e Nel nome del padre,
Il segreto (qui la recensione) è arrivato al
cinema nel 2016, dopo un’anteprima italiana avvenuta in occasione
della Festa del Cinema di Roma. Interpretato da un
ricco cast composto da alcuni dei maggiori interpreti di Hollywood,
questo è una potente storia d’amore che si snoda attraverso un
lungo arco temporale, durante il quale si ripercorrono grandi
passioni, dolori e vengono alla luce indicibili segreti. Sherida
trasse l’idea per il film dall’omonimo romanzo di Sebastian
Barry.
Pubblicato nel 2008, questo divenne
un vero e proprio best seller, ricevendo numerosi riconoscimenti e
una grande attenzione dall’industria cinematografica. Acquisiti i
diritti sull’opera, si procedette così alla realizzazione del film.
Di grande interesse, oltre alla storia d’amore narrata, era anche
la rappresentazione che si faceva dell’Irlanda del Nord, luogo dove
si sono poi ambientate le riprese. Al momento della sua uscita, il
film venne accolto con particolare interesse, tanto da parte dei
lettori del romanzo quanto dai fan degli attori coinvolti.
Il risultato non sembra però aver
soddisfatto i più, destinando il film ad un passaggio in sala breve
e sottotono. La stessa critica ha indicato Il segreto come
un mancato buon adattamento, nonostante tutto il suo potenziale
come opera cinematografica. Il titolo è però un lungometraggio da
riscoprire, capace di contenere al suo interno tanto dolore umano
ma anche tanta gioia e speranza. Diverse sono poi le curiosità
legate al suo cast, e continuando nella lettura sarà possibile
scoprire queste ed altre curiosità ad esso legate. Infine, si vedrà
anche dove è possibile ritrovare il film in streaming per una
visione casalinga.
La trama di Il
segreto
Protagonista del film è
Rose, un’anziana donna reclusa in un ospedale
psichiatrico in Irlanda. Qui ha vissuto per più di cinquant’anni,
tenendo con sé tutti i segreti della propria storia. La struttura è
però destinata ad un’imminente chiusura, ma Rose non sembra affatto
intenzionata a lasciarla. Per tentare di convincerla, i medici
contatteranno il dottor Grene. Questi tenterà di
far luce sui traumi che hanno ridotto la donna ad uno stato di
salute precario, ma riuscire a conquistare la fiducia di lei sarà
più difficile del previsto. Lentamente, però, Rose inizia a
raccontare la sua storia, scritta segretamente sulle pagine di una
Bibbia fornita dall’ospedale. Grazie a questa Grene ha modo di fare
un tuffo nel passato, arrivando a far emergere una verità
sconvolgente rimasta sepolta per molto tempo.
Si torna così agli anni Quaranta,
quando Rose è una giovane forte e ambiziosa. Contesa da molti per
la sua bellezza, saranno il cattolico anti-britannico
Conroy e il sacerdote Gaunt a
giocarsi la conquista del suo cuore. Ma Rose non sembra interessata
né all’uno né all’altro. Mandata dai genitori a trascorrere un
periodo in una casa fuori dal villaggio, la giovane ha modo di
incontrarsi con il soldato pilota Michael McNulty,
protestante e simpatizzante per gli inglesi. In breve, i due si
innamorano e segretamente si sposano, persi nell’amore l’uno per
l’altro. Ma il nascere della storia coincide sfortunatamente anche
con lo scoppiare della Seconda guerra mondiale, che finirà
inevitabilmente per incidere sulle loro vite e sul loro futuro.
Il segreto: il cast del
film
Per un film tanto incentrato sui
personaggi e le loro emozioni, non si poteva non affidarsi a grandi
interpreti capaci di esaltare tutto ciò. Sin da subito la
produzione si rivolse alla premio Oscar Vanessa
Redgrave per il ruolo dell’anziana Rose. L’attrice,
attratta dalla complessità del personaggio accettò da subito con
piacere di ricoprire il ruolo. Per poter ricoprire al meglio la
parte, la Redgrave si informò molto sulle principali malattie
psichiatriche, cercando così di ricostruire un profilo dell’anziana
Rose in base ai traumi a lei accaduti. Per la versione giovane del
personaggio, invece, era inizialmente stata considerata l’attrice
Jessica
Chastain (Zero Dark
Thirty). Questa, però, venne infine sostituita da Rooney
Mara (Carol), la
quale conquistò il ruolo per via della sua capacità di risultare
aggraziata e caratterialmente forte allo stesso tempo.
Per il personaggio del sacerdote
Gaunt era invece stato scelto l’attore Jonathan Rhys
Meyers (Match Point).
Questi si allontanò però dal progetto nel momento in cui l’inizio
delle riprese venne ritardato. A sostituirlo fu allora scelto
Theo James, noto per aver interpretato il
personaggio di Tobias “Quattro” Eaton nella saga fantascientifica
Divergent.
L’attore Eric
Bana (Troy) ha invece interpretato il dottor
Stephen Grene, mentre Aidan Turner, noto per la
parte di Kili in Lo Hobbit, è stato scelto per Jack
Conroy. Ad interpretare il grande amore di Rose, Michael McNulty,
vi è invece Jack
Raynor, noto per aver partecipato a diversi celebri
film come Transformers 4 e Macbeth.
Il segreto: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
Per gli appassionati del film, o per
chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. Il
segreto è infatti presente su Rakuten TV,
Google Play e Tim Vision. Per poter usufruire del film,
sarà necessario sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare
il singolo film. In questo modo sarà poi possibile vedere il titolo
in tutta comodità e al meglio della qualità video, senza limiti di
tempo. Il film è inoltre in programma in televisione per
mercoledì 22 febbraio alle
ore 21:10 sul canale Rai
Movie.
È stato presentato all’ultima Festa
di Roma con il titolo The Secret Scripture, e
arriverà in sala da noi come Il Segreto, il film
con protagonista Rooney Mara, diretto
dal regista de Il Mio Piede Sinistro e
Nel Nome del Padre,Jim
Sheridan.
Ecco il trailer distribuito da
Lucky Red:
Il poster de Il Segreto
Tratto dall’omonimo romanzo di
Sebastian Barry vincitore di numerosi premi, arriva al cinema la
storia di Rose, una donna forte e coraggiosa con nel cuore un
segreto inconfessabile e negli occhi il bisogno di verità. Quando
il Dottor Stephen Grene, incuriosito, inizia a indagare sul suo
misterioso passato, verranno alla luce una relazione di passione e
amore travolgente e una colpa, l’unica per Rose: essersi innamorata
dell’uomo sbagliato… Diretto da Jim Sheridan, già regista di capolavori
indimenticabili come Il mio piede sinistro e Nel nome del padre, e
interpretato da un cast di attori strepitosi, tra cui Rooney Mara e
il premio Oscar® Vanessa Redgrave, Il segreto è il racconto
struggente di un amore vero e profondo che ha continuato a vivere
nonostante tutto e tutti.
Quella del Sudamerica si è negli
ultimi anni affermata come una delle filmografie più affascinanti e
importanti del mondo. Dai ben noti registi messicani
Alejandro Gonzales Iñárritu, Alfonso
Cuarón e Guillermo del Toro ai cileni
Pablo Larrain e Sebastian Lelio.
Sono moltissimi i nomi meno noti ma meritevoli di essere scoperti
dal grande pubblico e tra questi vi è anche l’argentino
Pablo Trapero. Questi vanta in realtà già un
proprio seguito e una filmografia di rispetto, composta da titoli
come Leonera, Elefante Blanco e Il clan. Attualmente il
suo ultimo film è Il segreto di una
famiglia (qui la recensione), melodramma
del 2018 fortemente radicato alla storia dell’Argentina.
Presentato fuori concorso alla
Mostra del Cinema di Venezial, il film, scritto dallo stesso
Trapero insieme ad Alberto Rojas Apel, come spesso
accade nel cinema sudamericano, riflette sui difficili anni della
dittatura attraverso racconti che sembrano intrecciarsi con questa
solo in modo marginale. Il dramma famigliare da loro costruito per
questo film (il cui titolo originale è La quietud) è però
il modo migliore per affrontare l’argomento attraverso le ferite di
una famiglia borghese apparentemente serena. Ognuno dei personaggi
riporta invece dentro di sé gli sconvolgimenti emotivi causati in
modo più o meno direttamente da quei drammatici anni.
Per gli amanti del cinema
sudamericano e di questa tipologia di drammi, è un film da non
perdere. Diviso tra segreti, paure, erotismo e personaggi
fortemente complessi, Il segreto di una famiglia è un
affascinante esempio del potenziale narrativo di Trapero. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
La trama di Il segreto di una
famiglia e il suo contesto storico
La vicenda del film si anima a
partire da un infarto che colpisce l’anziano
Esteban e che spinge la figlia
Eugenia a tornare nella casa di famiglia, chiamata
“La quietud”, in Argentina dopo anni trascorsi lontana, con una
nuova vita a Parigi. Rientrata lì dove è cresciuta, la donna si
ritrova al capezzale del padre accanto alla madre
Esmeralda e alla sorella Mia, la
quale al contrario di Eugenia non ha mai lasciato quei luoghi. Le
due sorelle possono ora finalmente ritrovarsi, vedendosi però anche
costrette a fare i conti con segreti famigliari e con le ferite del
passato, drammaticamente legate alla dittatura militare.
Similmente a quanto avvenuto in
altri Paesi del Sudamerica, anche in Argentina negli anni Settante
ebbe luogo una dittatura militare particolarmente feroce. Il quadro
di forte instabilità politica presente in quegli anni nel Paese
portò al golpe militare del 24 marzo 1976, da cui Jorge
Rafael Videla emerse come presidente. Da quell’anno fino
al 1983 le forze armate detennero il potere, reprimendo ogni
opposizione e dando vita a quella che è passata alla storia come la
“Guerra sporca”. Durante il periodo della dittatura oltre 30.000
persone scomparvero dalla circolazione. Una serie di sconfitte
militari e politiche portarono infine al ripristino della
democrazia nel 1983. Una transizione però tutt’altro che
indolore.
Il segreto di una
famiglia: il cast del film
Ad interpretare il ruolo di Eugenia
vi è l’attrice argentina naturalizzata francese Bérénice Bejo,
candidata all’Oscar per il film The Artist ma celebre
anche per titoli come Il passato,Il mio Godard e Il materiale emotivo.
Accanto a lei, nel ruolo della sorella Mia si ritrova invece
l’attrice Martina Gusman, attrice ricorrente nella
filmografia di Trapero, con il quale prima di questo film aveva già
collaborato per altri quattro lungometraggio. Il regista, inoltre,
ha scelto le due attrici per la loro grande somiglianza, che
contribuisce ad un certo senso di ambiguità. Nel film sono poi
presenti gli attori Graciela Borges nei panni
della madre Esmeralda, Joaquin Furriel in quelli
del padre Esteban ed Edgar Ramirez come
Vincent.
Il segreto di una
famiglia: il trailer e dove vedere il film in streaming e in
TV
È possibile fruire di Il
segreto di una famiglia grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 15 febbraio alle ore
21:10 sul canale Rai Movie.
Uscirà il 9 maggio, data simbolica
per chi conosce il cantante partenopeo, Il Segreto di
Liberato, il nuovo film che Francesco
Lettieri (Ultras,
Lovely Boy) ha scritto e dirige insieme a
Giorgio Testi, con le animazioni di
Giuseppe Squillaci e LRNZ. Be
Water ha diffuso il primo trailer del film.
Con le voci di
Liberato,Nando Paone e
Simona Tabasco, il film sarà distribuito al cinema
da Be Water Film per una settimana. Del progetto si sa ancora molto
poco, fatta eccezione che per le bellissime illustrazioni di LRNZ e
per una breve sinossi “in lingua”:
“A NAPULE TUTT’ QUANT’ TENIMM’ ‘NU
SEGRET’.OGNI VICO, OGNI PALAZZO, OGNI MURO TEN’ ‘E MISTER’ SUOJE.CE
STA ‘O SEGRET’ ‘RO MUNACIELL’, ‘ A BELLA ‘MBRIANA, ‘O SANG’ ‘E
SANGENNARO, ‘E PRET’ ‘DA PEDAMENTINA, ‘A SIRENA PARTENOPE, LL’OV’
SOTT’ ‘OCASTIELL’, ‘O SEGRET’ ‘E PULECENELL’…E PO’ CE STA ‘O
SEGRET’ MIE.”
Uscirà il 9 maggio, data simbolica
per chi conosce il cantante partenopeo, Il Segreto di
Liberato, il nuovo film che Francesco
Lettieri (Ultras,
Lovely Boy) ha scritto e dirige insieme a
Giorgio Testi, con le animazioni di
Giuseppe Squillaci e LRNZ.
Con le voci di
Liberato,Nando Paone e
Simona Tabasco, il film sarà distribuito al cinema
da Be Water Film per una settimana. Del progetto si sa ancora molto
poco, fatta eccezione che per le bellissime illustrazioni di LRNZ e
per una breve sinossi “in lingua”:
“A NAPULE TUTT’ QUANT’ TENIMM’ ‘NU
SEGRET’.OGNI VICO, OGNI PALAZZO, OGNI MURO TEN’ ‘E MISTER’ SUOJE.CE
STA ‘O SEGRET’ ‘RO MUNACIELL’, ‘ A BELLA ‘MBRIANA, ‘O SANG’ ‘E
SANGENNARO, ‘E PRET’ ‘DA PEDAMENTINA, ‘A SIRENA PARTENOPE, LL’OV’
SOTT’ ‘OCASTIELL’, ‘O SEGRET’ ‘E PULECENELL’…E PO’ CE STA ‘O
SEGRET’ MIE.”
A Napoli tutti
hanno un segreto. Con questa premessa, quasi una
giustificazione, si apre Il Segreto di Liberato, il
documentario sull’ascesa del musicista partenopeo che ha
costruito intorno al mistero della sua vera identità una mitologia
che si alimenta con il sound evocativo e assai specifico, della sua
produzione. Ma quanto è importante il mistero della sua vera
identità di fronte all’emozione che la sua musica riesce a
smuovere?
Intorno a questa domanda
si srotola la storia raccontata a otto mani da Francesco Lettieri, Giorgio Testi (per la parte
in live action), LRNZ e Giuseppe Squillaci (per le sequenze
animate) e che mescola il linguaggio del documentario
convenzionale, con il racconto di un viaggio di formazione affidato
all’animazione.
Il Segreto di Liberato, cosa racconta il
documentario
E così testimonianze e
interviste ai collaboratori di Liberato, immagini
rubate, filmati di repertorio e riprese della città di
Napoli, grande co-protagonista della storia, si
intrecciano con un film d’animazione in cui assistiamo alla
crescita e alla formazione, musicale, emotiva, sessuale, umana, di
un ragazzino con l’ambizione della musica e “la guerra in
testa”. Due racconti che si intrecciano e in armonia
accompagnano lo spettatore dalla nascita del “fenomeno Liberato”
con l’uscita del videoclip di 9 maggio, fino al tour europeo
dell’estate 2023, aprendo una porta sul passato del misterioso
artista.
La narrazione
documentaristica si snoda attraverso i racconti personali di chi ha
interagito negli anni con Liberato, condividendone non solo il
segreto dell’identità, ma soprattutto il progetto artistico, le
passioni, il modo di fare, la filosofia di vita. Francesco
Lettieri, già regista dei videoclip dell’artista, è non
solo regista, ma anche trai protagonisti di un racconto tanto
divertente e coinvolgente nella parte live action, quanto
romantico e malinconico nelle splendidamente sequenze animate.
Immagini pure e potenti, capaci di restituire quello stato d’animo
tipico della (post) adolescenza, quando le emozioni sono percepite
amplificate e totalizzanti, a fior di pelle, e ogni strada sembra
contemporaneamente impraticabile eppure l’unica percorribile.
Mentre la troupe di
Liberato lo accompagna nel “Turnamm’ a cas’” tour
dell’estate 2023 (di sole tre tappe “perché sei scarso”, lo
prendono in giro in una scena del film), tra risate, aneddoti e il
protagonista stesso, opportunamente mascherato e truccato, che si
racconta senza mai prendersi troppo sul serio, i disegni di
LRNZ (Lorenzo
Ceccotti) prendono vita in flashback in cui
un’animazione essenziale e sensuale racconta la storia di un
ragazzino con la vocazione per la musica e con l’amore per Napoli,
adottando un linguaggio potente e realistico, vero, nonostante
indugi spesso in visioni, suggestioni e momenti onirici.
Tra tammorre e
distorsioni elettroniche
Il Segreto di
Liberato tenta anche di analizzare le ragioni del successo
dell’artista, coinvolgendo discografici e critici musicali che
hanno seguito dall’inizio la nascita di questo fenomeno. E persino
chi di musica capisce poco e niente si rende conto che in quel
miscuglio di linguaggi, tempi storici e stili c’è qualcosa di
particolare e irresistibile. La musica di Liberato
riesce a essere universale, a-temporale e contemporanea, mescola
sonorità sintetiche e tradizionali, tammorre e distorsioni
elettroniche, mixando la musicalità della lingua napoletana arcaica
con la sintesi dell’inglese, generando un ritmo trascinante e
tribale, viscerale, evocando demoni e divinità. E tutto questo
appare inequivocabile e lampante nelle scene riprese dai suoi
concerti in giro per l’Europa e a Napoli.
Napoli. Quella
città/ventre che lo ha visto nascere e crescere, che lo tiene
incollato alle sue strade e al suo mare, che popola la morfologia
delle sue canzoni di luoghi e personaggi fantastici, che ama
visceralmente e dalla quale è ricambiato con ardore. Quella stessa
città che gli ha permesso di festeggiare uno scudetto storico,
chiamandolo, da solo con un pianoforte, a suonare in mezzo al prato
dello Stadio Diego Armando Maradona, il 7 maggio
del 2023, con addosso una maglia della squadra con il numero 95.
No, non 95 ma 9-5, 9 maggio.
9 maggio m’è sfunnat
Si tratta di una data
speciale, per Liberato. Non è solo il titolo del
suo primo singolo, ma un appuntamento per tutti i suoi fan. È
sempre successo qualcosa di speciale il 9 maggio. Quest’anno arriva
al cinema, per una settimana, il film-evento che celebra non solo
il personaggio, ma anche il suo percorso, la sua squadra, i suoi
fan, la sua città. Il Segreto di Liberato sembra anche
svelarci (sul serio?) perché questa data è così importante, ma è
l’unico mistero su cui fa luce. Alla fine della visione non
sappiamo chi c’è dietro la maschera, forse perché, un po’ come
l’Uomo Ragno, Liberato possono essere tutti: egli
è una città, è un pensiero, è un modo di vivere, di fare musica, di
amare, di tifare Napoli. È un ragazzino che in un giorno di
pioggia, decide di tirarsi su il cappuccio della felpa. E
nascondendosi dietro a una maschera si è… Liberato.