Arriva da Deadline la notizia
esclusiva che a Lea Seydoux (La vita di Adele,
Spectre) è stato offerto il ruolo della protagonista femminile
al fianco di Channing Tatum in
Gambit. L’attrice era in lizza per la
parte di Bella Donna Boudreaux assieme a
Rebecca Ferguson(Mission Impossible Rogue
Nation) e Abbey Lee (Mad Max Fury
Road); la Ferguson, però, non era più in gara per il ruolo
dopo aver accetato di recitare al fianco di Emily Blunt in The
Girl on the Train.
Attendiamo la conferma ufficiale del
casting dell’attrice. Cosa ne pensate di questa scelta?
Gambit sarà diretto da Rupert
Wyatt(L’alba del pianeta delle
scimmie) e la sceneggiatura porterà la firma
diJosh
Zetumer (RoboCop). Il film sarà prodotto
dallo stesso Tatum in collaborazione con Reid
Carolin,Simon
KinbergeLauren
Shuler Donner (storici produttori del franchise
di X-Men) e uscirà al cinema il 7
ottobre 2016.
Ecco un nuovo banner di
Hunger Games il Canto della Rivolta Parte
2 in cui possiamo vedere schierati i ribelli insieme
a Katniss, la Ghiandaia Imitatrice.
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Hunger Games il Canto
della Rivolta Parte 2 arriverà al cinema il 19
novembre 2015. Il film è diretto da Francis
Lawrence e vede nel cast Jennifer Lawrence, Josh
Hutcherson, Liam Hemsworth, Woody Harrelson, Elizabeth Banks,
Julianne Moore, Philip Seymour Hoffman, Jeffrey Wright, Stanley
Tucci, Donald Sutherland, Toby Jones, Sam Claflin, Jena
Malone.
Katniss è a capo di una rivolta
contro una Capitol City sempre più determinata ad ucciderla e
Peeta, salvato dalle grinfie del Presidente Snow dopo le torture
subite, sembra essere ormai una persona diversa.
Ecco nella gallery a seguire una
nuova immagine, pubblicata da Empire, di Kylo Ren (Adam
Driver) pronto alla battaglia per Star
Wars il Risveglio della forza:
Star Wars Il Risveglio della Forza uscirà
sul grande schermo il 18 dicembre 2015 con un cast che include il
ritorno di Mark Hamill, Harrison
Ford, Carrie
Fisher, Mark Hamill,Anthony
Daniels, Peter
Mayhew e Kenny Panettiere con
le nuove aggiunte John
Boyega, Daisy
Ridley, Adam
pilota, Oscar
Isaac, Andy
Serkis, Domhnall
Gleeson, Lupita
Nyong’o, Gwendoline Christie e
Max von Sydow.
The Day After Tomorrow – L’alba
del giorno dopo (The Day After Tomorrow) è il film
del 2004 diretto da Roland Emmerich con
protagonisti Dennis
Quaid,
Jake Gyllenhaal, Emmy Rossum e Ian
Holm.
NEMO PROPHETA IN
PATRIA
Analisi di The Day After
Tomorrow
IN PRINCIPIO, FU UNA CATASTROFE
La frase che dà il titolo a questa
disquisizione affonda le sue radici nei Vangeli (i tre sinottici
più Giovanni) ed è parte di una locuzione, più estesa, latina:
“Nemo propheta acceptus est in patria sua”, tradotto come
“nessun profeta è gradito in patria”, frase pronunciata
dal Messia Gesù in persona, che si riferisce a tutti coloro che
vengono disprezzati- o comunque sottovalutati- nella loro terra
natia, tra la loro gente[1]. Un po’ come accadeva all’omerica Cassandra,
sacerdotessa condannata dal Dio Apollo al dono della profezia, ma
destinata a restare inascoltata proprio dalla sua stessa gente.
Anche il libro
dell’Apocalisse, uno dei testi più immaginifici del nostro
mondo occidentale giudaico- cristiano, è ispirato (oltre che
dall’Esodo anche dal Libro dei Salmi) soprattutto
dai libri dei Profeti contenuti nell’Antico Testamento: Daniele,
Ezechiele, Isaia e Zaccaria[2].
Qual è, a questo punto, il legame
tra “profezia” e “catastrofe”?
Spesso le grandi calamità che si
sono realmente abbattute sull’umanità potevano essere in qualche
modo scongiurate: le tracce delle incombenti sciagure catastrofiche
erano ben visibili, solo che nessuno è riuscito a decifrarle in
tempo o, semplicemente, tutti si sono finti sordi per resistere al
loro lugubre richiamo.
Nel film The Day After
Tomorrow la lunga ombra del rischio della profezia mancata
e del profeta ripudiato dalla propria gente si estende fin dai
primi minuti del film, per poi sciogliersi nel classico happy-
ending finale. Un profeta, una profezia, ma soprattutto
un’apocalisse che veglia sull’umanità dalla notte dei tempi, perché
tutto ha avuto inizio… proprio da una catastrofe.
Secondo i testi sacri
alle grandi religioni monoteiste e secondo la mitologia degli
antichi popoli vissuti prima dell’avvento di Cristo sulla terra,
tutto ha avuto origine dalla distruzione primordiale.
In realtà, perfino nel Bereshit
– Rabbà[3] L’altissimo, prima di
creare questo mondo, ne aveva già creati altri per poi distruggerli
subito dopo perché imperfetti: il nostro sarebbe il risultato del
ventottesimo tentativo;[4]
nella Bibbia stessa, la storia
delle peregrinazioni umane ha inizio con la catastrofica cacciata
di Adamo ed Eva dall’Eden, per poi proseguire con il Diluvio
Universale, Sodoma e Gomorra, fino al trionfo macabro e visionario
descritto nella già citata Apocalisse di Giovanni; come ha
ben espresso Alberto Asor Rosa, “La catastrofe non solo vive da
sempre nell’immaginario collettivo umano ma ne rappresenta la
genesi”[5].
Analizzando The Day
After Tomorrow, possiamo notare come esso usufruisca
di una solida morale giudaico- cristiana, caposaldo della civiltà
occidentale, per mettere in scena questi topoi mitici
calandoli nella realtà cinematografica dell’industria
mainstream hollywoodiana.
Il personaggio del dottor Jack Hall
(Dennis
Quaid), come un novello profeta biblico o una
Cassandra vessata dall’antica maledizione, esprime il suo greve
monito sulle condizioni climatiche del nostro pianeta pochi minuti
dopo l’inizio del film: ovviamente nessuno lo prende davvero sul
serio- riconfermando la tesi dei Vangeli che Nemo
Propheta…- nessuno lo appoggia, a parte gli storici membri
della sua squadra, che a costo di andare incontro al drammatico
sacrificio supremo, si immolano in nome della causa per seguire il
loro “capo” (un retaggio degli Apostoli biblici? Plausibile, visto
il gioco dei riferimenti).
Jack cerca di avvertire i potenti
della terra, riunitisi in India per trovare una soluzione alle
emissioni di gas nocivi nell’atmosfera[6], ma le sue parole vengono accolte
tra lo stupore e lo scetticismo, soprattutto da parte del vice
presidente degli Stati Uniti il quale, solo in un secondo momento,
sarà costretto davanti alla catastrofe ad ammettere i propri errori
e quelli di un’intera classe dirigente, mostratasi cieca e ottusa
nei confronti dei segnali provenienti dall’esterno che avrebbero
potuto sventare una distruzione di massa.
The Day After Tomorrow, il tema
della colpa
Il tema della colpa, così pregnante
nel finale del film e nel discorso tenuto dal nuovo presidente- reo
colpevole- è legato a doppio filo alla natura della tragedia di
massa: “La Catastrofe si presenta come la punizione di un
peccato, di un’infrazione commessi. L’uomo paga per una colpa
talmente grande da non poter essere cancellata con una normale
espiazione”.[7]
Nel film un leitmotiv
citazionista è quello del topos del Diluvio Universale,
dell’inondazione pantagruelica che sommerge la vita umana fino ad
estinguerla; se pensiamo alla data d’uscita del film- il 2004- e ci
fermiamo a fare un bilancio, possiamo notare come molte delle
profezie climatiche compiute da Roland Emmerich[8] in questa pellicola si siano
poi avverate, e a solo undici anni di distanza: siamo quasi
abituati, oggi, a sentir parlare di bombe d’acqua
improvvise[9] e
rovinose, frane causate dal terreno che cede indebolito dalla
deforestazione e dalla longa manus dell’uomo, chicchi di
grandine grossi come sassi, nevicate abbondanti e improvvise,
uragani e tornado, tsunami, terremoti e incendi non sempre
dolosi.
Basti pensare, per esempio,
all’uragano Irene, che si è abbattuto proprio sulla costa Atlantica
degli Stati Uniti nel 2011: fino a quel momento nessun uragano si
era più abbattuto sulla Grande Mela da molto tempo, ma a partire da
quell’anno, quando le correnti fredde dell’Atlantico provenienti
dal Canada e quelle calde che soffiavano dal Messico si sono
incontrate, anche New York si è ritrovata nell’occhio del ciclone
come più della metà degli stati nordamericani; e dopo Irene ne sono
susseguiti altri ben peggiori, come Sandy o Arthur, e chissà quanti
altri colpiranno la città nei prossimi anni.
Anche gli Tsunami sono
prepotentemente entrati nel nostro immaginario collettivo, col loro
nome esotico che, a dispetto della morbidezza corallina del suono,
non promette niente di buono[10] e rappresenta la vera e propria
materializzazione de “L’incubo di Noè”: si tratta di un’onda
spaventosa, con un’altezza in media compresa tra i 6 e i 12 metri
che si abbatte rovinosamente su tutto quello che incontra,
cancellando ogni traccia di vita durante la sua folle corsa.
Immediatamente i nostri ricordi vanno alle immagini dello Tsunami
che ha colpito il sud- est asiatico nel 2006, oppure quello che si
è abbattuto sul Giappone nel 2011, a Fukushima, riaccendendo
inoltre il sinistro barlume della minaccia nucleare.
Noè, la sua figura mitica, sembra
essere lo psicopompo ideale di questo macabro viaggio tra le
macerie delle catastrofi, visto che ogni cultura- occidentale e
non- ne ha avuta, fin dalla notte dei tempi, la sua personale
versione, atta a spiegare razionalmente una forza naturale altresì
impossibile da gestire, controllare e fermare.
I primi a parlarne furono i
Babilonesi intorno al Cinquecento a.C, anche se sono state
rinvenute delle tavolette più antiche risalenti addirittura al
Duemila a.C che contenevano sempre la narrazione dello stesso mito:
Gilgamesh ne è l’eroe protagonista, che si mette alla ricerca della
fonte dell’immortalità dopo la morte del suo amico Enkidu.
Tra i tanti episodi narrati, quello
con protagonista Utnapistim (la versione sumera di Noè) ricalca da
vicino la trama della vicenda biblica, così come noi la
conosciamo[11]: lo stesso si può rintracciare nel patrimonio
mitologico greco, col mito di Deucalione e Pirra, o in quello della
tradizione Indù Puranica con la storia di Manu, passando attraverso
l’Europa, risalendo l’Asia intera, l’Oceania e perfino le Americhe:
insomma, tutte le culture sembrano aver sviluppato, alla base della
loro tradizione culturale orale- e poi scritta- il racconto
drammatizzato di una catastrofe primigenia, forse telecronaca e
reportage di fatti realmente accaduti, o antico monito di
una punizione estrema inflitta da una divinità superiore per la
stoltezza degli uomini?
ROLAND EMMERICH: IL PROFETA DELLA
CATASTROFE
Roland Emmerich[12], regista tedesco, è- a
tutti gli effetti- nel panorama hollywoodiano il “profeta della
catastrofe”, l’uomo che con la sua ricca filmografia ha dato corpo
agli incubi immaginifici della cultura pop americana, da sempre in
bilico tra cupio dissolvi, desiderio di
spettacolarizzazione, cinico disincanto e voyeurismo mediatico.
Già dal suo primo film
“studentesco”, 1997- Il principio dell’Arca di Noè[13], il regista
mostra la sua predisposizione per il genere catastrofico e le
rappresentazioni apocalittiche destinate a distruggere l’umanità in
genere e, in particolare, la sua roccaforte nell’avamposto
dell’Impero Occidentale: gli Stati Uniti, con la svettante fortezza
della solitudine newyorkese.
Il suddetto film, in realtà,
mantiene un legame con Noè solo a livello semantico- catastrofico,
perché la diegesi si snoda nello spazio profondo, ricreato
abilmente negli studi cinematografici della Germania Ovest- ancora
ben lontana dall’unificazione del 1989; ma Emmerich pone i
capisaldi della sua filmografia futura, che ben si espliciteranno
in veri masterpiece del genere come
Independence Day,Godzilla e il “nostro” The Day
After Tomorrow.
Questi tre titolo costituiscono
quasi una ideale “trilogia della consapevolezza della catastrofe”,
se così possiamo ribattezzarla, dove lo sguardo del regista è
cresciuto gradualmente, velandosi sempre più di un alone profetico
riguardo alle sorti della nostra società e del nostro pianeta.
Roland Emmerich
realizza il primo di questi film nel 1996: gli Stati Uniti sono
ancora la prima super potenza al mondo, gli spettri della crisi
economica sono lontani come pure i pozzi di petrolio bruciati nel
Kuwait e in Iraq nei primi anni ’90, durante la prima guerra del
golfo, una delle prime guerre prettamente mediatica, dove l’azione-
e l’apporto- dei media nella comunicazione di massa di informazioni
è stato fondamentale; i tempi della guerra fredda erano ormai
lontani, la Russia non incarnava più il volto storico del nemico
“rosso”, la distensione era palpabile e l’unica guerra
potenzialmente pericolosa si stava combattendo su un terreno
distante ed esotico, come il set di un film hollywoodiano.
Così, con questo senso di
onnipotenza incrementato dalla politica reaganiana degli anni ’80,
le speculazioni economiche crescevano in modo sconsiderato, gli
yuppies colonizzavano la società americana culturalmente,
socialmente, politicamente e sul piano dei consumi e agli americani
non restava che far valere la loro potenza… con il nemico alieno.
Sì, perché la nuova minaccia alla florida potenza a stelle e
strisce non viene più dall’interno o dai vicini più prossimi, bensì
dallo spazio remoto e siderale. Gli alieni sono tra noi, e non
hanno buone intenzioni: spetta al solito manipolo di sparuti eroi,
i classici scienziati nemo propheta in patria, personaggi
borderline difficilmente incasellabili, come il marine interpretato
da Will Smith, salvare la terra dalla catastrofe. E, come in ogni
film degli anni ’90 che si rispetti, la vittoria è già scritta dai
titoli di testa.
In
Godzilla, remake di un originale
giapponese diretto da Ishirō Honda nel 1954, il trionfo del più
classico American Way of Life è funestato dalle
ombre della minaccia nucleare: il “mostro” del titolo, un
lucertolone preistorico tornato dalle profondità degli abissi, è
stato risvegliato dagli sperimenti atomici condotti dagli americani
al largo delle coste del Pacifico; è come se Emmerich volesse
ricordare agli statunitensi- e in particolare alla loro casta
politica- che un uso sconsiderato di un’energia potenzialmente
innovativa ma difficile da gestire, se non attraverso una costante-
e costosa!- manutenzione poteva avere delle conseguenze
incalcolabili e catastrofiche, e il lucertolone squamoso faceva
comunque sempre meno paura delle vittime di Chernobyl o di tutti
coloro contaminati dalle radiazioni.
La visione profetica del tedesco
Emmerich –un profeta involontario della catastrofe non americano,
non a caso- trova il suo acme proprio nella realizzazione
di The Day After Tomorrow: il film esce tre anni
dopo i tragici fatti dell’11 Settembre, fatti che hanno sconvolto
il mondo ma che hanno sancito, contemporaneamente, il crollo e la
morte del grande Sogno Americano.
Il riferimento al
dramma del World Trade Center si presenta qui in
duplice veste: da una parte la consapevolezza che il “nemico” può
colpire in ogni momento, dall’interno, nel momento più inaspettato
e mietendo vittime tra gli innocenti; dall’altra, la lettura
religiosa del classico happy- ending comune a tutti i film
a base di catastrofi e calamità naturali, soprattutto in una
società americana sempre più vicina ai dettami della fede cattolica
evangelica (in grande rilancio a partire dagli anni ’90, conta oggi
quasi 70 milioni di fedeli sparsi in tutti gli States):
“[…] In un approccio
catastrofico intrecciato con quello religioso il lieto fine è
necessario. Certi esiti politici e geopolitici, in primis quelli
elaborati durante l’amministrazione Bush, si spiegano anche così:
il popolo di Dio sottoposto all’attacco delle forze del Male, il
percorso nel deserto e la battaglia finale (riferendosi al
dramma dell’11/09/2001, NdA) […] La città di Dio, la “casa
sulla collina”, ha bisogno dell’azzeramento della situazione
precedente per concretizzarsi”[14].
Il lungo discorso finale della
pellicola, tenuto dal vicepresidente chiamato dalle necessità a
sostituire il suo capo in pectore morto durante la
catastrofe climatica, è una tirata d’orecchi vigorosa alla politica
statunitense, sorda ai richiami internazionali riguardo al consumo
eccessivo e spregiudicato delle risorse naturali e ai mancati
accordi del protocollo di Kyoto (2004) a proposito dell’emissione
dei gas serra: tutto questo potrebbe portare a un tracollo rovinoso
delle condizioni climatiche mondiali, le stesse simulate dal
regista nella pellicola, con un’unica soluzione plausibile- dopo la
necessaria espiazione delle gravi colpe: ricominciare tutto da
zero, con una nuova consapevolezza, in quei paesi che sono da
sempre stati bollati come “terzo mondo”, l’ultimo avamposto
sopravvissuto del mito della frontiera.
L’AMERICA TRA IL MITO DELLA FRONTIERA E LO SPETTACOLO DELLA
CATASTROFE[15]
La frontiera; gli spazi desolati,
sconfinati, dove è la natura a farla da padrone, là dove l’impronta
dell’uomo ancora non si è estesa; spazi da conquistare,
addomesticare, plasmare, per seguire fino in fondo quel messaggio
affidato da Dio all’uomo: l’americano medio ha radicato nel sangue
questo spirito, lo stesso che ha spinto i primi padri pellegrini ad
abbandonare la vecchia Inghilterra a bordo della Mayflower per
colonizzare una terra oltreoceano, ignota ed immensa; lo stesso
spirito che li ha supportati durante l’espansione verso ovest, alla
conquista del famoso vecchio “west” mitico, futuro caposaldo
dell’industria hollywoodiana, anche quella spostatasi nei primi
anni del ‘900 dal polo propulsivo di New York in un sobborgo
collinare di Los Angeles, la fabbrica dei sogni e degli incubi di
un intero mondo.
Il mito della frontiera affascina
da sempre gli statunitensi, ma anch’esso ha dei limiti: nei loro
sconfinati spazi hanno sempre provato a proiettare- per poi
realizzarle- le loro utopie, i loro sogni individuali; però un po’
d’oceano può essere contenuto in un bicchiere, e proprio la distesa
d’acqua del Pacifico ha posto fine all’avanzata selvaggia del
progresso, del capitalismo, del consumismo, della società di massa
“made in USA”.
Dopo essersi resi conto di questo
brusco ostacolo insormontabile, e che nemmeno quegli spazi potevano
rendere realizzabili tutti i sogni individuali che venivano
coltivati, gli americani hanno cominciato ad andare in cerca di
sempre nuove frontiere da occupare: l’esterno, altre terre, lo
spazio siderale. L’impresa ha rivelato solo la caducità delle
utopie, e ha accresciuto nella società statunitense l’ammirazione
nei confronti del concetto di catastrofe, intesa come l’unica
possibilità rimasta per demolire e ricostruire, a partire da uno
spazio vergine.
The Day After Tomorrow,
pur essendo la creatura di un regista tedesco- ergo dotato di una
sensibilità europea- ma dotato di un gusto americano per l’opulenza
visiva e l’immaginario catastrofico, immortala proprio questo
pensiero: l’improvvisa e letale glaciazione che si abbatte
sull’emisfero nord cancella, nell’arco di nemmeno una settimana,
tutte le tracce della vita occidentale così come si era
stratificata nel corso dei secoli. Ai pochi superstiti lungimiranti
non resta che affrontare un viaggio di ri- colonizzazione di alcune
terre da sempre bollate come “terzo mondo” e che adesso, per una
sorta di ironia tragica, si apprestano a dare rifugio a loro,
profughi e fossili di un impero che hanno distrutto con le proprie
mani, masticando l’amara polvere del fallimento. Come scrive
Ilardi, “[…] nella cultura americana, la catastrofe non avrebbe
tanto la funzione di mettere in guardia sui pericoli del progresso
e delle tecnologie o di esorcizzare le grandi paure collettive,
quanto piuttosto di obbligare gli americani a immaginare nuove
dimensioni spaziali, nuove forme di vita e di associazione. Ricorda
loro che la vera identità dell’America sta nella frontiera, non
negli spazi affollati e promiscui della metropoli, che l’americano
è prima di tutto un pioniere e poi, disgraziatamente, un
cittadino”[16].
Il cittadino è un pioniere, un
esploratore dell’ignoto, pronto a compiere questo viaggio in
solitaria attraverso il nulla degli spazi sterminati: come nel
vecchio west dove ci si spostava riuniti in piccoli gruppi che
nascevano da esigenze religiose, culturali, sociali, e poi da
queste carovane nomadi nascevano i primi nuclei cittadini, nei film
catastrofici a salvarsi non è mai la moltitudine, l’intera umanità,
ma sempre un manipolo di sparuti sopravvissuti; ricollegandoci al
mito del Diluvio Universale biblico (dove- animali a parte- a
salvarsi erano Noè, sua moglie, i loro tre figli Sem, Cam e Iafet
con le rispettive consorti) a salvarsi nei vari disaster
films sono sempre i migliori, i più forti, i più intelligenti,
i più buoni- come ha fatto notare Fabio Tarzia- coloro che
corrispondono all’archetipo americano dell’equipe specializzata
pronta a salvare l’umanità dall’estinzione, persone normali, con le
loro debolezze, che si trasformano però in eroi (o super- eroi,
visto che parliamo di cultura “pop” americana):
“[…] c’è lo scienziato isolato
osteggiato dalle autorità, il poliziotto animato da un sovrumano
senso di giustizia, il militare che in nome del bene è disposto a
disobbedire agli ordini e poi persone normali i cui hobby,
interessi, inclinazioni diventano improvvisamente utili per far
fronte all’emergenza”[17].
In effetti, l’immaginario della
catastrofe si stratifica nella cultura pop americana
proprio a cavallo tra ‘800- ‘900, quando gli spazi si esauriscono e
il mito della frontiera rivela pian piano le sue insidie, perdendo
il proprio fascino.
È in quel periodo che nasce anche
la spettacolarizzazione di questo desiderio recondito, di questo
cupio dissolvi latente nell’animo dell’americano medio,
questa consapevolezza che solo distruggendo radicalmente e
ricominciando tutto da zero, si può iniziare una nuova corsa
all’oro volta a consolidare- ancora una volta- la forza e la
potenza del più grande impero occidentale. Fino alla tragedia
dell’11 Settembre gli statunitensi hanno sempre vissuto tutti i
conflitti più sanguinosi di riflesso, mai in prima persona,
osservandoli dall’alto di una remota collina, proprio come accadeva
a Jack London durante il terremoto- e il successivo incendio- che
distrussero la città di San Francisco nel 1906[18]; si sono sempre posti nei
confronti degli eventi apocalittici come degli spettatori
privilegiati e intoccabili, supportati da nuovi media via via
sempre più rapidi ed efficienti nel trasmettere informazioni utili
a soddisfare la curiosità morbosa e voyeuristica di un pubblico di
guardoni affamati di nuove emozioni adrenaliniche, pronti ad
immergersi in quegli eventi- proprio come in una realtà virtuale-
per simularli, provando a viverli in prima persona.
L’attentato che ha segnato il XXI
secolo ha ceduto il posto ad un nuovo tipo di consapevolezza,
perché i media hanno immortalato in diretta quello che accadeva in
“casa propria”, negli USA, superando di gran lunga l’immaginazione
iperattiva e dirompente di qualunque regista esperto di
disaster films. Solo che l’orrore lucido che veniva
esibito sugli schermi di miliardi di televisioni, rimbalzando ad
una velocità impressionante da continente in continente, non era
simulato da moderni effetti speciali o dalla computer grafica: era
tutto disastrosamente vero, e l’americano medio non si sentiva più
così al sicuro sulla sua collina remota.
LOTTA DI CLASSE TRA NUOVI E VECCHI MEDIA
Dare corpo all’immaginario
catastrofico connaturato al DNA dei pionieri americani è stato
possibile solo grazie all’avvento del cinema. Non è un caso,
infatti, se questa percezione si è radicata a partire dalla fine
dell’ottocento, data simbolica che ha sancito la fine della corsa
alla frontiera ma anche la nascita del cinematografo ad opera dei
fratelli Lumière nel 1895[19]; Donatella Capaldi in un suo saggio illustra
bene l’atteggiamento dei media novecenteschi nei confronti
dell’argomento:
“Spettacolari ma senza
atarassia, i media del secondo Novecento tendono invece a
rappresentare, patire e controllare al tempo stesso la paura
dell’estinzione inscenando il gioco del sopravvissuto. Vale a dire:
la sciagura viene presentata come ineluttabile e incontrollabile,
la paura viene oggettivata e tradotta in azione […]; il piccolo
eroe che si presume sia in noi dovrà rappresentare la capacità
individuale di governarla e gestirla […] l’io si proietta in player
di se stesso e si guarda muovere in una mappa mediale allargata
dove tutti divengono partecipi”[20].
Insomma, il superstite della
tragedia si sente come un giocatore di un videogioco, proiettato in
una realtà virtuale credibile, realistica ma totalmente astratta e
distante; la realtà parallela lo avvolge e lo include, sviluppando
una mimesi talmente impressionante con la quotidianità da spingere
lo spettatore/ “attore” ad una sorta di pigra indolenza
voyeuristica, attraverso la quale assiste impotente al tracollo
della civiltà, senza poter- o voler- fare niente.
Sicuramente il cinema, classificato
da McLuhan come un medium caldo[21], “inonda” letteralmente lo spettatore,
sommergendolo di informazioni, in una vera e propria “doccia
emotiva” di dati e sensazioni. Nell’era del digitale e degli
effetti speciali il cinema si è visto costretto a reinventarsi per
sopravvivere, per distinguersi rispetto ad altri media ma,
soprattutto, per difendersi dall’avvento di un medium dalle
potenzialità infinite come internet: l’unica soluzione è stata
rintracciata nel potenziamento degli effetti legati allo “shock
visivo” al quale viene sottoposto lo spettatore, grazie ad effetti
speciali sempre più realistici che assottigliano il labile confine
tra reale e immaginario; e sempre per questo motivo il 3D è tornato
così di moda nelle sale odierne, per restituire- almeno, in teoria-
allo spettatore un’esperienza completa che lo immerga sempre più
nella realtà.
Per McLuhan il cinema è un sistema
“mediante il quale arrotoliamo il mondo reale su una bobina per
poi srotolarlo come un tappeto magico della fantasia, è un
sensazionale connubio tra la vecchia tecnologia meccanica e il
nuovo mondo elettrico”[22] e forse è il medium che
per eccellenza ha incarnato il passaggio dell’uomo dal tempo della
macchina a vapore- feticcio dell’era meccanica- all’avvento
dell’era elettrica, epoca post- moderna sancita dall’avvento dei
nuovi media interconnessi tra loro e dalla base del concetto di
“villaggio globale”, enorme agglomerato tribale del quale facciamo
tutti, volente o nolente, parte.
Lo spettatore di un film è come
sotto l’influsso di un incantesimo, scagliato dall’immensa macchina
dei sogni- e degli incubi- chiamata Hollywood che riesce a rendere
possibile… anche l’impossibile, trasportando così il pubblico in un
mondo “altro”, fuori da sé, un simulacro simile- sotto ogni
aspetto- a quello che ci circonda ogni giorno, ma che vive entro i
limiti dell’inquadratura; e lo spettatore si è subito adattato a
questo passaggio, molto simile in fondo alla logica del libro,
colto nella sua ritualità solitaria.
Sempre citando McLuhan:
“In quanto fonde il meccanico e
l’organico in un mondo di forme ondulanti, il cinema si collega
anche alla tecnologia della stampa. Il lettore, proiettando- per
così dire- le parole, deve seguire quelle sequenze di
<<fotogrammi>> bianchi e neri che costituiscono la
tipografia e aggiungervi una sua colonna sonora personale. […]
sarebbe difficile sopravvalutare il legame tra stampa e cinema per
quanto concerne la loro capacità di suscitare fantasie nello
spettatore o nel lettore”[23] il massmediologo
canadese, quindi, marca molto stretto il legame tra cinema e carta
stampata, ergo parola scritta: un film, in fondo, non parte da un
testo per essere poi sviluppato e codificato in una sequenza di
immagini?
Nella pellicola the Day After
Tomorrow uno sparuto manipolo di sopravvissuti si muove in una
New York post apocalittica lambita dalle acque bibliche; tra questi
c’è anche Sam (Jake Gyllenhaal)- “Sam” ha una curiosa assonanza con
il nome del figlio di Noè, Sem: un’altra semplice coincidenza?- il
figlio dello scienziato Jack Hall che suggerisce di barricarsi
nella Biblioteca Centrale, l’unico posto dove potranno essere al
sicuro. Forse non è una coincidenza se Emmerich ha scelto proprio
questo luogo come ultimo rifugio di una porzione d’umanità
sopravvissuta ad una catastrofe: uno spazio che contiene libri,
libri stampati, frutto del progresso e della meccanizzazione della
società che ha spinto l’uomo ad abbandonare una struttura tribale,
abbracciare la modernità e sancire il passaggio alla città,
divenuta in seguito metropoli con l’avvento della famosa era
elettrica. La parola scritta, la possibilità di fissare- tramite la
stampa a caratteri mobili- sulla carta i discorsi tramandati fino a
quel momento solo oralmente o copiati a mano dai monaci, ha
permesso alla civiltà di virare verso una diffusione democratica e
massificata della cultura[24], resa disponibile e reperibile per tutti,
preparando il terreno all’avvento di tutti gli –ismi che hanno
segnato il Novecento: nazionalismo, capitalismo, consumismo,
industrialismo, alfabetismo etc… capisaldi- nel bene e nel male-
dell’impero occidentale, costruito proprio sulle lettere meccaniche
create da Gutenberg: il più grande passaggio nella storia dell’uomo
che ha permesso la nascita della società moderna così come la
concepiamo noi oggi; è per questo che Emmerich salva come unico
medium la stampa, il libro, la parola scritta perché- come fa dire
ad uno dei personaggi- bruciare una Bibbia di Gutenberg sarebbe
come distruggere, definitivamente, l’unica traccia rimasta della
civiltà occidentale.
L’avvento dell’era elettrica ha
portato ad un’incertezza vacillante nei confronti del cambiamento,
ma “un nuovo medium non è mai un’aggiunta al vecchio e non
lascia il vecchio in pace. Non cessa mai di opprimere i media
precedenti fin quando non trova per loro forme e posizioni
nuove”[25] per cui cinema e stampa
possono convivere entrambi pacificamente, continuando ad
influenzarsi a vicenda in quanto capisaldi nella costruzione della
società moderna occidentale.
VERSO OCCIDENTE L’IMPERO DIRIGE IL SUO CORSO
Rubando il titolo ad un racconto di
David Foster Wallace, ci avviamo verso l’inesorabile parabola
discendente di questo viaggio. The Day After Tomorrow
rappresenta il monito di un regista nei confronti di un impero-
quello occidentale- che rischia di avviarsi da solo lungo la strada
del fallimento catastrofico, vittima delle sue stesse voglie e dei
suoi desideri inarrestabili: non è un caso se in questo film- come
in altri del genere disaster movies-vengano distrutti
sistematicamente proprio i simboli stessi del potere: in primis la
città di New York, The Big Apple, il cuore pulsante della
modernità, abbattuto o sommerso; ma soprattutto i suoi feticci,
come la Statua della Libertà[26] emblema della modernità incontrastata di
inizio Novecento, oppure l’Empire State Building, il grande gigante
in acciaio, vetro e cemento preso di mira fin dal mostruoso King
Kong per poi passare agli alieni invasori fino alla natura
debordante, che distrugge l’opera ideale simbolo dell’ingegno
umano, “un semplice surrogato della frontiera; con la sua
verticalità che riproduce le gerarchie della politica,
dell’economia, dei rapporti sociali è una falsa frontiera […] la
vera frontiera non può che essere orizzontale”[27] ,
simbolo che tradisce quindi un desiderio atavico- e tutto
occidentale- di vedersi sparire lentamente, annaspando tra i flutti
del nulla catastrofico:
“[…] la società occidentale è
solo spettatrice e incapace di intervenire davanti alla progressiva
aggressione dell’ambiente, il potere (la politica e i media) non si
orienta verso la sostenibilità, ma il pianeta vivente può fare
comunque a meno della presenza umana. Così, rinverdendo i miti del
Diluvio, la Terra sommerge gli uomini con le acque e i ghiacci, e
li inghiotte con inarrestabili maremoti nei film ecocatastrofici di
Roland Emmerich. Giganteschi e spettacolari esorcismi in
videogame”[28] .
[1] Significato e spiegazione tratti da
http://www.treccani.it/vocabolario/nemo-propheta-in-patria/
[2]Informazioni tratte da
http://it.wikipedia.org/wiki/Apocalisse_di_Giovanni
[3] Bereshit- Rabbà: trattato del
Talmud- “libro” sacro degli ebrei che contiene la spiegazione orale
della Torah- che riguarda la Genesi
[4] Moni Ovadia, L’ebreo che ride Einaudi, Torino,
1998 p. 17
[5] Alberto Asor Rosa, Catastrofe e Apocalissi:
Riflessioni intorno ad alcuni concetti fondativi
dell’Occidente da Giovanni Ragone, Lo spettacolo della
fine- le catastrofi ambientali nell’immaginario e nei media,
Guerini e Associati, 2012, p. 60
[6] Proprio come accadde a Kyoto nello stesso anno
dell’uscita del film- il 2004- quando gli americani presero
posizione, insieme ad altri paesi dall’economia emergente, per non
sottoscrivere nessun accordo e non ridurre l’emissione dei gas
nocivi.
[8] Classe 1955, è il regista di questo film e di
altri come Independence Day, Stargate, Il Patriota, Godzilla,
Anonymous e 2012. Di alcuni parleremo dopo.
[9] Bombe d’Acqua, ovvero “un violento
nubifragio in cui la quantità di pioggia caduta supera i 30
millimetri all’ora, o – secondo altri climatologi – quando le
precipitazioni superano i 50 millimetri nell’arco di due ore”
Fonte:
http://www.focus.it/scienza/scienze/che-cos-e-una-bomba-d-acqua
[10] Tsunami in Giapponese vuol dire “Onda del
Porto”, Fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/Tsunami
[11] Fabio di Pietro, I Soggetti della
catastrofe tra immaginario e società globale del rischio: da
Gilgamesh ai supereroi dei fumetti, da Giovanni Ragone, Lo
Spettacolo della fine- Le catastrofi ambientali nell’immaginario e
nei media, p.68- 71
[12] Per tutte le informazioni sulla sua
filmografia completa, vedere
http://www.imdb.com/name/nm0000386/
[14] Fabio Tarzia, Tra apocalissi e catastrofi:
la messa in scena del “tragico” e il crepuscolo della civiltà dello
spettacolo in Giovanni Ragone, Lo spettacolo della fine-
Le catastrofi ambientali nell’immaginario e nei media p.
83
[15] Un contributo fondamentale mi è stato fornito
dal saggio di Emiliano Ilardi Una modernità senza catastrofe:
il grande sogno dell’immaginario americano contenuto nel già
citato testo di Ragone.
[17] Fabio Tarzia, Mondi Minacciati. La
letteratura contro gli altri media, citato da Emiliano Ilardi
nel suo saggio contenuto in Ragone, Lo spettacolo della
fine p. 121
[19] Informazioni ricavate da
http://www.france.fr/it/arti-e-cultura/i-fratelli-lumiere-e-la-nascita-del-cinema.html
[20] Donatella Capaldi, “Poi venne il tutto,
vacuo e imprevedibile”. Immaginari della catastrofe da Ragone,
Lo spettacolo della fine p. 105
[21] La distinzione tra media caldi e freddi è
contenuta nel testo di McLuhan Gli strumenti del
comunicare; è una classificazione soggetta a delle variazioni,
perché lo stesso medium può variare in base alle situazioni o ai
contesti, ma in generale si definiscono caldi tutti quei media che
riversano un numero ingente di informazioni sul soggetto (cinema e
radio); freddi, invece, quelli a bassa definizione che necessitano
dell’apporto del soggetto per la loro comprensione (televisione e
telefono).
[22]Marshall McLuhan, Gli
strumenti del comunicare, Il Saggiatore 2008; p. 257
[24] Riferimento a Walter Benjamin, L’opera
d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica da Davide
Borrelli, Dalla riproducibilità tecnica al remixing
digitale in M. Pireddu, M. Serra Mediologia- una
disciplina attraverso i suoi classici, Liguori Editore, 2012
p. 61
Periodo di sosta per Hollywood che
sta registrando diversi importanti stop alle riprese. Dopo la
chiusura di diversi per per lavoro completato, come
X-Men Apocalypse e Captain
America Civil War, anche Suicide Squad chiude i battenti,
e manda a casa per adesso l’affiatato cast che in questi mesi ci ha
fatto divertire tramite tutte le condivisioni social e gli aneddoti
riferiti dalla stampa.
Subito dopo la fine delle riprese,
Margot Robbie, con Jay Courtney,
si è fermata a uno stand di limonate diuna bambina che prova a
raccogliere fondi per la ricerca contro la sindrome di Angelman, da
cui è affetto il fratello maggiore.
Suicide
Squad si concentrerà sulle gesta di un gruppo di
supercattivi dei fumetti DC che accettano di svolgere incarichi per
il governo in modo da scontare le loro condanne. Suicide
Squad arriverà al cinema il 5 agosto del 2016,
mentre la data d’uscita italiana sarà probabilmente spostata
nell’autunno. Nel cast vedremo Will Smith nei panni di
Deadshot, Margot
Robbie in quelli di Harley Quinn, Jai
Courtney nel ruolo di
Capitan Boomerang, Cara
Delevingne sarà Enchantress, Joel
Kinnaman nei panni di Rick Flag, Viola
Davis nel ruolo di Amanda Waller e Jared Leto sarà l’atteso Joker.
Ecco la futura Batcaverna nella
nuova foto di Gotham 2. Nell’immagine c’è
il giovane Bruce che, evidentemente, ha scoperto le fondamenta di
Wayne Manor.
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Gotham è una serie
televisiva statunitense ideata da Bruno Heller per il network Fox.
Annunciata nel settembre del 2013, la serie, ispirata dai fumetti
di Batman, sarà trasmessa dal 22 settembre 2014. Si tratta di un
prequel televisivo/spin-off incentrato sulle origini dei personaggi
(eroi e cattivi) appartenenti all’universo di Batman.
Protagonista è Benjamin
McKenzie nei panni del giovane detective James Gordon, un uomo in
ascesa nella polizia di Gotham. David Mazouz è invece il giovane
Bruce Wayne, rimasto da poco orfano.
In Italia la serie viene trasmessa
dal 12 ottobre 2014 su Italia 1, che ha trasmesso in anteprima i
primi due episodi, per poi proseguire in prima visione sul canale
pay Premium Action.
I detective del Dipartimento della
Polizia di Gotham City, guidati dal capitano Sarah Essen, il
giovane James Gordon (detto Jim), e il suo nuovo partner Harvey
Bullock, vengono ingaggiati per risolvere uno degli omicidi più
sconvolgenti e di alto profilo a cui Gotham abbia mai assistito:
l’assassinio di Thomas e Martha Wayne. Durante la sua indagine,
Gordon incontrerà il figlio dei Wayne, Bruce, ora sotto la tutela
del maggiordomo Alfred Pennyworth, che darà informazioni utili a
Gordon per trovare il killer. Lungo il suo cammino da detective,
Gordon dovrà confrontarsi con diversi boss della mafia e delle gang
(uno dei quali è Fish Mooney), e con quelli che saranno i futuri
villains dell’universo di Batman, tra i quali Selina Kyle (la
futura Catwoman), Oswald Cobblepot (detto Pinguino), Edward Nigma,
Ivy Pepper e Harvey Dent, coloro che diverranno l’Enigmista, Poison
Ivy e Due Facce.
Il premio Oscar Forest
Whitaker farà il suo debutto
a Broadway la prossima primavera. A dare la
notizia è Variety, che annuncia anche il titolo dello
spettacolo che si chiamerà ”Hughie” e sarà
prodotto da Eugene O’Neill.
Michael Grandage,
il regista inglese, dirigerà lo spettacolo. Darren Bagert sarà
invece il produttore insieme alla Michael Grandage Company e
alla Shubert Organization.
Whitaker avrà il
ruolo già interpretato da Jason Robards nel 1964.
Abimentata in un hotel del centro, la storia – sostanzialmente
un lungo monologo – sarà incentrata su Erie Smith, che
bombarda il nuovo portiere con le storie del suo passato e del
tempo trascorso con il portiere della notte
precedente, Hughie, recentemente morto.
Eccola prima immagine ufficiale di
The
Flash 2 in cui vediamo il cast al completo: Barry
(Grant Gustin), Joe (Jesse L.
Martin), Iris (Candice Patton), Caitlin
(Danielle Panabaker), Dr. Stein (Victor
Garber) e Cisco (Carlos Valdez).
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The
Flash2 è la seconda
stagione della serie The
Flash spin-off di Arrow,
sviluppata dai creatori di quest’ultima Greg Berlanti, Marc
Guggenheim e Andrew Kreisberg. Basata sul personaggio di Flash,
supereroe protagonista di una serie di fumetti pubblicata da DC
Comics, si svolge nello stesso universo della serie madre e verrà
trasmessa dal 7 ottobre 2014 sul canale The CW.
Trama show: All’età di 11 anni,
dopo aver assistito al misterioso omicidio della madre Nora e visto
suo padre Henry ingiustamente accusato del crimine, Barry Allen
viene accolto in casa dal detective Joe West e la sua famiglia.
Anni dopo lo ritroviamo che è divenuto un brillante studente di
chimica, noto a tutti per la sua grande competenza in questo campo
oltre che per il suo essere perennemente in ritardo. Diventato uno
scienziato forense per il Dipartimento di Polizia di Central City,
Barry cerca di scoprire la verità sull’omicidio di sua madre e le
sue indagini lo portano all’acceleratore di particelle di Harrison
Wells. Quando i laboratori S.T.A.R. LAB indicono un evento pubblico
per l’accensione di prova di un nuovo acceleratore di particelle
destinato a rivoluzionare il mondo, Barry si trova nel suo
laboratorio e, dopo che l’acceleratore, colpito da un fulmine,
esplode a causa di un sovraccarico, il giovane viene scaraventato a
terra dalla scarica di un altro fulmine mentre numerose sostanze
chimiche gli si rovesciano addosso ed entra in coma. Al suo
risveglio, dopo nove mesi, apprende di avere la capacità di
muoversi ad una velocità sovrumana ed è anche convinto, e ben
presto ne avrà la conferma, di non essere l’unico meta-umano creato
dall’esplosione. Il giovane Allen decide, quindi, di utilizzare
l’eccezionale potere conferitogli dal destino per proteggere
l’umanità, mantenendo però segreta la propria identità.
Ecco un nuovo promo per
The Walking Dead 6 in cui vediamo tutti i
nostri amati protagonisti, mentre a seguire possiamo vederela prima
clip disponibile che vede protagonisti Sasha (Sonequa
Martin-Green) e Abraham (Michael
Cudlitz).
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Nel cast di The Walking
Dead6 tornano:
Andrew Lincoln, Steven Yeun, Norman Reedus, Melissa
McBride, Chandler Riggs, Lauren Cohan, Danai Gurira, Sonequa
Martin-Green, Alanna Masterson, Michael Cudlitz, Josh McDermitt,
Christian Serratos, Andrew J. West, Seth Gilliam.
The Walking
Dead è una serie televisiva statunitense prodotta dal 2010.
Ideata dal regista Frank Darabont, la serie è basata sull’omonima
serie a fumetti scritta da Robert Kirkman, anche
produttore esecutivo dello show, illustrata da Tony
Moore e Charlie Adlard e pubblicata dalla
Image Comics. Rispetto al fumetto, di cui comunque vengono seguite
le linee guida a livello di trama, la serie presenta parecchie
novità nella storia, come ad esempio l’introduzione di alcuni
personaggi inediti.
Secondo un recente
rumors un altro personaggio del mondo di
Spider-Man si aggiungerà al film
di Captain America Civil War, al
fianco ovviamente del nuovo Peter Parker.
Come riporta
ComicBook.com l’attrice Marisa Tomei,
nei panni di zia May, prenderà parte al film. Vi
terremo aggiornati.
In attesa di nuovi dettagli in
merito ricordiamo che Captain America: Civil
War sarà diretto
daAnthony e Joe Russo e
vedrà nel cast Chris Evans, Robert Downey Jr., Scarlett Johansson, Chadwick Boseman,
Sebastian Stan,Samuel L. Jackson, Frank Grillo,
Jeremy Renner e Daniel Bruhl. Il film
uscirà il 6 maggio 2016.
Il flop al botteghino per
Terminator Genisys sembrava aver sancito per
sempre la parole fine per il franchise con Arnold
Shwarzenegger; 27 milioni di debutto e 89 di incasso
casalingo sembrava una cifra troppo bassa per sperare in un
prosieguo della storia, tuttavia uno dei mercati cinematografici
più grandi e in espansione del mondo sembra aver dato una nuova
linfa al progetto Skydance che, con la Paramount, avave investito
140 milioni nel film.
Dall’altra parte del mondo, in
Cina, dopo diversi mesi di programmazione esclusivamente nazionale
per volere del governo, il primo film americano a sbarcare sul
grande schermo è stato proprio
Terminator Genisys, che in un solo giorno ha
aperto con 27.4 milioni di dollari.
Con gli incassi cinesi provvisori
il film arriva a una cifra worldwide di 353 milioni che,
pur non garantendo futuro al franchise, sono comunque un ottimo
punto di partenza e un invito a sperare per i fan.
Durante il fine settimana l’attore
Jeremy Renner ha partecipato
all’evento Wizard World di Chicago e durante il panel ha avuto
modo di rispondere a diverse domande. Un fan in particolare ha
chiesto se Hawkeye (Occhio di Falco), personaggio che
riprenderà in Captain America Civil
War, indosserà mai una maschera. Ecco la risposta
dell’attore:
”No, io non indosso una
maschera”, ha detto Jeremy Renner, “Conosci
l’ultima versione di Hawkeye?”. Ecco il video
Arrivano nuove foto dal set del
prossimo film di Woody Allen. Questa volta vedono
l’attore Bruce Willis insieme al
giovane Jesse Eisenberg. Ecco le foto:
[nggallery id=1969]
Del film non si sa ancora molto, eccetto quello che si può
dedurre dall’abbigliamento della Stewart in particolare riguardo al
periodo di ambientazione.
Per quello che riguarda invece il cast, Woody
Allen ha ancora una volta raccolto intorno a sè numerosi
attori e attrici molto amati dal pubblico. Tra questi i citati
Jesse Eisenberge Kristen Stewart,
ma anche Blake Lively, Corey Stoll e Bruce
Willis.
È in arrivo nelle sale e anche in
Blu-ray e Dvd un nuovo documentario sulla MotoGP,
prodotto e narrato da Brad Pitt, insieme a
Mark Neale, anche lui produttore e regista.
Il documentario parla ancora una
volta del mondo del motomondiale. I protagonisti sono sempre loro:
i piloti. Valentino Rossi, Jorge Lorenzo, Marc Marquez,
Dani Pedrosa, i compianto Marco
Simoncelli e Casey Stoner. I sei piloti
più forti di tutti i tempi.
Il docu-film, narrato
dall’appassionato di motori Brad Pitt, racconta il loro mondo, le
vittorie e le sconfitte di quando si va a 300 all’ora e oltre.
Il 2 settembre arriverà nelle sale
inglesi, mentre il 7 uscirà in DVD e Blu-Ray. Il film sarà
presentato questo weekand durante il GP di Silverstone. Di seguito
il trailer.
L’attore
australiano Hugh Jackman ha di recente
annunciato sulla sua pagina Facebook che tornerà al musical. Ma non
al cinema, bensì a teatro, più precisamente quelli australiani del
suo paese natio. L’opera si chiamerà ”Broadway To
Oz” e sarà strutturato come un viaggio personale della
vita dell’attore, dai primi giorni nelle terre australiane
attraverso il successo nei teatri sino a Hollywood.
Lo spettacolo sarà un vero e
proprio meadly dei lavori che Jackman ha realizzato nel corso della
sua carriera. Sul palco con lui ci saranno 150 musicisti e
ballerini.
”Broadway di Oz è un sogno che
si avvera. Questo è lo spettacolo che ho sempre voluto portare a
casa”, ha detto Jackman.
La carriera di Hugh Jackman è
iniziata nel 1990, passando da film indipendenti australiani
come Paperback Hero, seguiti poi dai successi
hollywoodiani, come The Prestige, la saga
di X-Men o Les
Miserables, in cui ha mostrato le sue grandi doti
vocali. Tra i suoi successi teatrali recenti c’è invece lo show a
Broadway ”Hugh Jackman: Back On Broadway.”
“Broadway A Oz” è prodotto da
Robert Fox per The Dainty Group. Lo spettacolo inizierà a
Melbourne il 24 novembre, e sarà in tour anche a Sydney,
Brisbane e Adelaide, prima di chiudere a Perth il 15 dicembre.
Sarà la giovane Kristen
Stewarta incarnare
nuovamente la celebre Coco Chanel. L’occasione è quella di un
cortometraggio realizzato da Karl Lagerfeld per la
maison di moda.
Il direttore creativo di Chanel, che
ha deciso di adottare Kristen come nuovo volto del marchio, ha
deciso di realizzare un cortometraggio che potesse parlare non solo
di Coco, ma anche dell’attrice stessa: il tutto sarà raccontato
come se si stessero facendo le prove per un biopic sul
personaggio.
Il film sarà quindi leggibile in
diversi modi e sarà presentato a Roma il prossimo primo dicembre
durante la Chanel Métiers d’Arts.
Fantastic
4 è stato un flop sia al box-office sia per la
critica, ma la stella di uno dei suoi protagonisti sembra non
averne risentito più di tanto.
Infatti secondo The Wrap
Miles Teller, ovvero Mr. Fantastic, sarebbe in
trattative per unirsi al cast di Thank You For Your
Service, un film sui disturbi post traumatici causati
dalla guerra in sviluppo da vari anni.
Il lungometraggio rappresenterà
l’esordio alla regia di Jason Hall, lo
sceneggiatore di American Sniper, che ha
preso il posto di Steven Spielberg che nel 2013
era sul punto di dirigerlo con Daniel Day-Lewis su
uno script dello stesso Hall.
Thank You For Your
Service è basato sull’omonimo romanzo scritto da
David Finkel la cui trama segue il ritorno di tre
soldati americani dall’Iraq e il loro sforzo di re-integrarsi nelle
loro vite da civili con le loro famiglie mentre sono ancora
tormentati dai tremendi ricordi di guerra. E questo non è l’unico
progetto a cui Teller è legato. L’attore potrà
infatti dimenticare la disavventura di Fantastic
4 anche con Arms and the
Dudes di Todd Phillips
(Una notte da leoni) al fianco di
Jonah Hill, con il dramma sulla boxe
Bleed For This nel quale interpreterà
Vinny Pazienza e con il nuovo film di Marc Webb
(The Amazing Spider-Man)
The Only Living Boy in New
York con Jeff Bridges e
Rosamund Pike.
L’eco della sua performance in
Whiplash non si è ancora (giustamente)
spenta.
La star di Fast &
FuriousVin Diesel ha appena
annunciato tramite il suo account Instagram che tornerà a vestire i
panni di Xander Cage nel terzo film di
xXx.
L’attore non era comparso nel
secondo capitolo, xXx State of Union, che
aveva infatti visto Ice Cube ricoprire il
ruolo del protagonista. Non si sa cosa abbia
convinto Diesel a interessarsi a un nuovo
episodio della saga action, ma l’attore ha scritto sul suo profilo
che le riprese inizieranno a dicembre nelle Filippine.
Jesse Eisenberg è
molto impegnato in questo periodo. Il nuovo Lex Luthor
cinematografico sta promuovendo America
Ultra e contemporaneamente è impegnato sul set di
Woody Allen per il prossimo progetto del regista
newyorkese.
Tuttavia l’attore è anche oggetto di
grande curiosità per la sua partecipazione a Batman v Superman Dawn of
Justice ed è su questo che ha rilasciato alcune
dichiarazioni di stima nei confronti dello sceneggiatore del film,
Chris Terrio, e del regista, Zack
Snyder.
“La sceneggiatura è fenomenale,
l’ha scritta Chris Terrio che è uno sceneggiatore brillante. E Zack
Snyder è un regista straordinario a livello visivo – ha
affermato – Il modo in cui gira le cose… quando ho filmato le
mie scene che sono quasi tutte di dialogo, sembrava di stare sul
set di un film più intimo e piccolo e, invece, guardando il trailer
ti accorgi che non è cosi. È una pellicola decisamente più
impegnativa”.
[nggallery id=957]
Ricordiamo
che Batman v Superman: Dawn
of Justice, Zack
Snyder è stato
scritto da ChrisTerrio, da
un soggetto di David
S. Goyer. Nel film saranno
presenti Henry Cavill nel
ruolo
di Superman/Clark Kent e Ben Affleck nei
panni di Batman/Bruce Wayne. Nel cast ci saranno
anche: AmyAdams, LaurenceFishburne, Diane
Lane, JesseEisenberg, Ray
Fisher, Jason
Momoa e GalGadot. Batman v Superman: Dawn
of Justice arriverà nelle sale di
tutto il mondo il 6 maggio 2016.
Brotherhood Workshop è un divertente
canale youtube pieno di ricostruzioni di celebri film in LEGO
stop-motion. Potete scovarvi sketch originali che utilizzano
personaggi dei più recenti blockbuster (come un velociraptor),
rifacimenti di trailer e brevi riassunti di trame complesse.
Uno degli ultimi video recentemente
pubblicati è il riassunto di Jurassic
World, la cui trama è ripercorsa in soli 90
secondi attraverso le scene più celebri del film campione di
incassi.
Potete rinfrescarvi la memoria
gustandovelo direttamente qui sotto:
La 20th Century Fox ha pubblicato
online uno spot esteso di
Sopravvissuto – The
Martian nel quale l’ironia e la determinazione
dell’astronauta impersonato da Matt Damon
affiorano prepotentemente. Diretto da Ridley
Scott, lo sci-fi è in arrivo il 2 ottobre nelle sale
cinematografiche americane e il 26 novembre in quelle italiane.
Potete gustarvelo qui sotto:
Ecco la sinossi:
Durante una missione su Marte,
l’astronauta Mark Watney (Matt Damon) viene
considerato morto dopo una forte tempesta e per questo abbandonato
dal suo equipaggio. Ma Watney è sopravvissuto e ora si ritrova solo
sul pianeta ostile. Con scarse provviste, Watney deve attingere al
suo ingegno, alla sua arguzia e al suo spirito di sopravvivenza per
trovare un modo per segnalare alla Terra che è vivo.
A milioni di chilometri di distanza,
la NASA e un team di scienziati internazionali lavorano
instancabilmente per cercare di portare “il marziano” a casa,
mentre i suoi compagni cercano di tracciare un’audace, se non
impossibile, missione di salvataggio.
The
Martianvede protagonisti anche un cast
d’eccezione composto da Kate Mara, Jessica Chastain,
Kristen Wiig, Sebastian Stan, Sean Bean, Michael Peña, Mackenzie
Davis, Chiwetel Ejiofor e Jeff Daniels.
Star Wars Il Risveglio
della Forza uscirà sul grande schermo il 18 dicembre
2015 con un cast che include il ritorno di Mark
Hamill, Harrison
Ford, Carrie
Fisher, Mark Hamill,Anthony
Daniels, Peter
Mayhew e Kenny Panettiere con
le nuove aggiunte John
Boyega, Daisy
Ridley, Adam
pilota, Oscar
Isaac, Andy
Serkis, Domhnall
Gleeson, Lupita
Nyong’o, Gwendoline Christie e
Max von Sydow.
Operazione
U.N.C.L.E. è il nuovo film scritto e diretto da
Guy Ritchie che dopo i due Shelock Holmes e Rock’n
Rolla continua a usare l’ambientazione storica e
personaggi già sviluppati per poterli rivisitare con il suo stile
di regia accelerato e iconico in cui la spettacolarità visiva
surclassa la narrazione. Ritchie e Lionel Wigram
sceneggiano una sorta di prequel della omonima serie degli anni ’60
in cui venivano raccontati i casi di questa strana coppia che
supera i problemi storico-politici con un rapporto di amicizia, il
risultato è un film a metà tra una spy story patinata che fa
l’occhiolino a James
Bond e un buddy movie.
In Operazione
U.N.C.L.E. l’agente Solo della CIA e l’agente
Kurayakin del KGB sono costretti a mettere da parte le ostilità e
fare squadra per fermare una misteriosa organizzazione criminale
che minaccia di destabilizzare il fragile equilibrio mondiale.
L’unica pista che possono seguire è quella di Gaby, figlia di uno
scienziato tedesco scomparso nel nulla che può fermare la minaccia
nucleare.
Operazione U.N.C.L.E., il film
Così dopo una palpitante
presentazione di Napoleon Solo (Henry
Cavill) e Illya Kuryakin (Armie
Hammer) che ci trascinano in un inseguimento,
sottolineato da prove di forza e intelligenza, per la Berlino
nazista; assistiamo al dispiegarsi di una trama fin troppo lineare
a cui si aggiungeranno una schiera convenzionale di personaggi tra
cui la famme fatale Gaby (Alicia
Vikander) che con il suo temperamento sarà l’esatto
intermediario tra le caratteristiche dei due protagonisti, il
magnate Waverly (Hugh
Grant), il capo della CIA Sanders (Jared
Harris) e l’ambiguo playboy Alexander (Luca
Calvani). Proprio l’iterazione tra personaggi concatenerà
le situazioni e le location in cui risalteranno l’ironia della
battuta o la contrapposizione scenica, che fa leva su stereotipi
nazionali e alterna i toni action con quelli comici che negli
ultimi film di Ritchie sono diventati un marchio di fabbrica.
Elemento che viene avvalorato anche dal lavoro di montaggio di
James Herbert caratterizzato principalmente dalla
moltiplicazione dei piani e ripetizioni temporali che marcano la
modernità da videoclip del film.
Buona, ma non perfetta, è
l’alchimia tra i due bellissimi di Hollywood che riescono a
restituire a pieno il personaggio più nelle singole scene che nella
stessa inquadratura, mentre perfetta è la glaciale Victoria
(Elizabeth
Debicki) che incarna una combinazione di cattiveria ed
eleganza che in molte situazioni ingloba la scena.
Operazione U.N.C.L.E. è un film che osa e
sperimenta pochissimo giocando sui suoi punti di forza: uno stile
di regia aggressivo e pensato per il montaggio e la moda di
rivisitare cult cercando di lanciare un nuovo franchise che però
subisce completamente la pesantezza di una sceneggiatura al
servizio dell’intrattenimento.
Mentre sono tutt’ora in corso
d’opera le riprese di Arrow 4,
l’attesissimo quarto ciclo di episodi dello show targato TheCW/DC,
il protagonista Stephen Amell ha trovato
il tempo salire sul ring Summerslam della WWE:
È arrivato online un nuovo trailer
di Legend, il film in cui Tom
Hardy si sdoppia interpretando entrambi i gemelli Ronald e
Reginald Kray, gangster appartenenti alla malavita britannica negli
anni ’50 e ’60. Diretto da Brian Helgeland,
sceneggiatore di L.A. Confidential, il
thriller uscirà nelle sale americane il 2 ottobre 2015.
Potete ammirarlo qui sotto:
Nel cast del film figurano
anche Emily Browning, Christopher Eccleston, Taron
Egerton, Tara Fitzgerald, Chazz
Palminteri e David Thewlis.
I fan dei fratelli
Coen sapranno che spesso i loro personaggi si
ritrovano a porsi questa domanda anche più di una volta nel
corso delle loro (dis)avventure. Sfidati dalla vita, intrappolati
in una serie di eventi che sconvolgono la loro vita spesso senza
che loro abbiano fatto nulla, in tutti i film dei due registi il
caso prende il sopravvento e domina crudelmente le loro
esistenze.
A Serious
Man è probabilmente il lungometraggio che per
eccellenza si pone la domanda di cui sopra, tramite il suo
protagonista, il professore di fisica Larry Gopnik (Michael
Stuhlbarg).
Lo youtuber Nerdwriter approfondisce questa questione in un
video-saggio intitolato Understanding Art
incentrato sul film del 2009 nominato all’Oscar, analizzandolo
dettagliatamente e confrontandolo con un altro celebre film dei
Coen, Fargo.
Potete scoprire se la domanda ha una
soluzione (ma chi è veramente fan sa già la risposta) guardando il
video direttamente qua sotto:
Il prossimo film dei
fratelli Coen, Hail,Ceasar!,sarà basato
sulla vita del detective privato Fred Otash e racconterà
la storia di Eddie Mannix, un uomo incaricato dagli Studios
hollywoodiani di proteggere la reputazione delle star a loro legate
con un contratto. Faranno parte del cast Scarlett Johansson,
George Clooney, Channing Tatum,
Jonah Hill, Tilda Swinton,
Josh Brolin, Ralph Fiennes.
Ecco un nuovo trailer della serie
Starz con Bruce Campbell, Ash vs Evil
Dead, che nasce dal franchise de La
Casa di Sam Raimi.
https://youtu.be/JxV4jKsxOs0
[nggallery id=1837]
Sam Raimi, regista
dei primi tre episodi del franchise, dirigerà il pilot della serie.
Nel cast torna lo stesso Bruce Campbell nei panni
di Ash, assieme a Lucy Lawless, Ray Santiago, Dana
DeLorenzo e Jill Marie Jones.
Nella giornata di ieri il Daily Mail
ha riportato uno scoop davvero intrigante per i fan di
Star
Wars. Il sito inglese, infatti, ha svelato
che Peter Cushing, l’attore che impersonò il Grand
Moff Tarkin in Una Nuova Speranza, sarà
resuscitato digitalmente in Rogue One (che
infatti sarà ambientato prima dei fatti del classico di
Lucas). Cushing morì di
cancro nel 1994 e ne La Vendetta dei Sith
Tarkin venne impersonato da Wayne Pigram.
Tutto ciò potrebbe
avere senso dal momento che il personaggio dovrebbe avere un
ruolo molto più importante nello spinoff in arrivo rispetto
all’apparizione di cui sopra. Il Daily Mail cita una fonte che
afferma che “sarà una delle più complesse e costose
ricostruzioni CGI di sempre. Tarkin rappresenta una linea narrativa
centrale dal momento che era stato lui a creare Darth Vader e c’è
un’intera storia che verrà fuori da lì“. Quindi questo
potrebbe significare che anche quest’ultimo potrebbe comparire nel
film.
Certo si tratta di una scelta
rischiosa, molto più che effettuare un semplice recasting. Vi
terremo aggiornati.
Rogue One: A Star Wars
Story uscirà il 16 dicembre 2016 e include nel cast
Felicity Jones, Riz Ahmed,
Diego Luna, Ben Mendelsonh,
Forest Whitaker, Donnie Yen,
Jiang Wen, Mads Mikkelsen e
Alan Tudyk. Il film è diretto da Gareth
Edwards.
Ecco, finalmente on line, la scena
post credits di Avengers:
Age of Ultron, in cui vediamo Thanos (Josh
Brolin) che si impossessa del Guanto dell’Infinito, ancora
sprovvisto di Gemme, e che decide di “fare a modo suo”.
La trama ufficiale del film diretto
da Joss Whedon è la seguente: Quando Tony Stark cerca di avviare un
programma di pace, le cose degenerano e i più grandi eroi della
Terra, tra cui Iron Man, Captain America, Thor, l’Incredibile Hulk,
Vedova Nera e Occhio di Falco, saranno messi alla prova, mentre il
destino del pianeta è a rischio. Il villain Ultron emerge, e
spetterà agli Avengers impedirgli di attuare i suoi terribili
piani, e presto scomode alleanze e situazioni inaspettate apriranno
la strada a un’avventura originale, su scala globale. La squadra
deve riunirsi per sconfiggere James Spader nei panni di Ultron, un
terrificante megacattivo deciso ad annientare il genere umano.
Sulla strada, gli eroi affronteranno due misteriosi nuovi arrivati,
Wanda Maximoff, interpretata da Elizabeth Olsen, e Pietro Maximoff,
interpretato da Aaron Taylor-Johnson, incontrando anche un vecchio
amico in vesti nuove, quando Paul Bettany diventerà Visione.
Avengers:
Age of Ultron uscirà – nei formati 2D, 3D e IMAX 3D –
il primo maggio 2015 negli Stati Uniti mentre per quanto concerne
le sale cinematografiche italiane l’uscita è prevista qualche
giorno prima, il 22 aprile 2015.