Nella terza giornata
del Festival di Roma 2013 è stato presentato e accolto
calorosamente dalla stampa Her di Spike Jonze
di con Joaquin Phoenix, Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wilde
e la calorosa voce di Scarlett Johansson. Nella sezione
Fuori Concorso è stato presentato Las brujas de
Zugarramurdi di Álex de la Iglesia, il regista che
aveva segnato il festival di Venezia con La ballata
dell’odio e dell’amore, nel cast troviamo Javier Botet,
Mario Casas, Carmen Maura, Hugo Silva e Carlos
Areces.
Di seguito il video commento dei film con i trailer:
E’ stato presentato nella selezione
ufficiale in Concorso alla ottava edizione del Festival
Internazionale del Film di Roma Her,
ultimo film di Spike Jonze in cui un magnifico
Joaquin Phoenix si innamora della voce sensuale di
Scarlett Johansson. Sono arrivati a Roma
per presentare il film il regista Spike Jonze, il
protagonista Joaquin Phoenix e Rooney
Mara, che nel film interpreta l’ex moglie del
protagonista. L’incontro con la stampa è stato, come c’era da
aspettarsi, atipico, essendo note a tutti le stranezze di Phoenix e
la sua ritrosia verso i giornalisti e le domande sul suo
lavoro.
Ciò nonostante l’attore si è
mostrato insolitamente loquace, anche se ha prevalentemente
scherzato sul suo ruolo e con i suoi colleghi. Il regista Jonze ha
commentato così la sua esigenza di raccontare il
film: “Volevo raccontare questa storia perché tratta temi
sui quali ho riflettuto, nei confronti delle quali ho una
valutazione un po’ confusa. Il modo in cui viviamo e gestiamo i
nostri rapporti, che non sempre sono semplici.”
In una delle poche risposte
esaurienti concesse, Joaquin Phoenix ha accennato
alla complicità di sua sorella (e sua manager) nella partecipazione
al progetto: “E’ stata mia sorella e mia agente a passarmi la
sceneggiatura. Mi ha detto che Spike aveva una sceneggiatura per
me, l’ho letta e ci siamo innamorati.”
Rooney Mara ha
invece dovuto lottare per ottenere il suo ruolo: “Mi hanno
inviato la sceneggiatura e volevo partecipare al film, solo che
Spike diceva che ero troppo giovane. Quando ci siamo incontrati
però sono riuscita a convincerlo che la forza interiore del
personaggio era senza tempo e che quindi ero adatta al
ruolo.”
I costumi e gli arredi sono
vintage ma il film è ambientato in un vicino futuro. Può motivare
questa scelta?
SJ: “L’obbiettivo era creare un
mondo accogliente, e questo mi sembrava il modo migliore per
mettere in scena questa esigenza di gradevolezza e facilità della
vita. Tuttavia ci sono ancora personaggi che desiderano qualcosa, a
cui manca qualcosa.”
In che modo Joaquin e
Scarlett hanno interagito sul set per parlarsi senza che la
Johansson fosse presente?
SJ: “Quando abbiamo girato il
film c’era un’altra attrice, Samantha Morton, che ci ha
accompagnati nella lavorazione. Era sul set e parlava con Joaquin.
Poi in post produzione è arrivata Scarlett che è stata accompagnata
da entrambi per registrare le sue parti e creare
un’intimità.”
Spike Jonze ci ha
da sempre abituati a viaggiare in mondi straordinari, che con
profonda malinconia coinvolgono lo spettatore, trasportandolo in
una realtà parallela e deliziandolo con storie magistralmente
raccontate. Il suo ultimo film Her non fa
eccezione. Interpretato da Joaquin Phoenix, il film racconta di Theodore,
un uomo dal cuore spezzato che sta cercando di metabolizzare la
separazione e l’imminente divorzio dall’amata moglie (Rooney
Mara).
In una Los Angeles futuristica ed
insieme straordinariamente malinconica, Theodore trascorre le sue
giornate tra il lavoro e il suo solitario appartamento, fino a che
non incontra Samantha, un sistema operativo senziente e intuitivo
(cui da la voce Scarlett Johansson), e in grado di evolversi
con l’uso, con la quale Theo comincia una relazione particolare che
trasformerà sia l’umano che l’artificiale fino a giungere ad un
epilogo inevitabile e struggente.
La domanda che ci pone Jonze è
semplice e complessa insieme: si può amare qualcuno nel corso di
tanti anni, accettandone e consentendone i cambiamenti fondativi di
un essere umano in continuo divenire? Si può amare ed essere
ricambiati anche attraverso il tempo di una vita che cambia e
trasforma?
Her, il film
Il caro Theodore, personaggio con
il quale non si può non entrare in sintonia, ci conduce con mesta
compostezza nella sua vita, e noi impariamo molto su di lui e su
possibili risposte alle domande dello stesso regista. Mattatore
incontrastato del film è Joaquin Phoenix, attore straordinario, uno dei
migliori della propria generazione, che ad ogni nuova prova
d’attore riesce a scavare in se stesso e nell’animo dello
spettatore, completamente rapito dai suoi occhi, dalle sue movenze,
da questo essere romantico e triste che l’attore dipinge sullo
schermo.
A dare voce al sistema operativo
c’è Scarlett Johansson, che per una volta rinuncia
a sfruttare la sua prorompente presenza scenica e ci regala solo il
suono della sua sensuale voce, creando con pochi mezzi un
personaggio artificiale per natura ma allo stesso tempo
estremamente umano. Completano il cast una diafana Rooney Mara e Amy Adams, che riesce con pochi sguardi a dare
profondità anche al più piccolo dei personaggi.
Il film di Spike
Jonze è un viaggio nella coscienza di un uomo che può
essere ognuno di noi, è un viaggio nell’amore e nella sua
trasformazione in quanto sentimento tanto universale quanto privato
e mutevole, un viaggio ambientato in una bellissima Los Angeles
delicatamente futuristica che funge da perfetta cornice per il
nostro malinconico protagonista.
Her è un racconto coinvolgente e
struggente, romantico, tenero e profondamente devastante, che
emoziona lo spettatore e lo induce a riflettere con inquietante
profondità ed urgenza sulla propria vita.
The Invisible Life (A
Vida Invisìvel) è un film diretto
da Vítor Gonçalves presentato in Concorso
alla ottava edizione del Festival Internazionale del film di
Roma.
È notte fonda e Hugo, un impiegato
statale, siede sui gradini del Ministero in cui lavora. Non ha il
coraggio di tornare a casa e non riesce a togliersi dalla mente le
immagini di un misterioso filmino in 8mm che ha ritrovato in casa
del defunto Antonio. Ricorda quindi il giorno in cui Antonio, suo
superiore al Ministero, gli rivelò che stava per morire. Hugo ha
sempre creduto che Antonio volesse in realtà confidargli qualcosa
che lo riguardava direttamente. Spinto dal desiderio di comprendere
questo segreto inconfessato, rispolvera ricordi sepolti da tempo. E
ripensa all’ultima volta che ha visto Adriana, la donna che amava.
Ancora una volta lo assale il pensiero che la sua è stata una vita
non vissuta.
Gonçalves sceglie la strada del
racconto a posteriori per mostrarci il viaggio interiore del
protagonista Hugo (Filipe Duarte); un racconto in
voce fuori campo in cui seguiamo in una serie di accavallamenti
temporali il percorso del personaggio, tra ricordo del passato e
indagine nel futuro alla ricerca di un misterioso messaggio che
forse non è mai stato scritto.
Il racconto, il ricordo e la ricerca
sono però raccontati attraverso uno stile statico, che non fa nulla
per coinvolgere lo spettatore, addentrandosi in un racconto
autoreferenziale e complesso, difficilissimo da comprendere a
ancora più difficile da gradire. Nonostante Duarte sia un
interprete molto intenso, la scelta registica di utilizzare
prevalentemente la camera fissa non fa altro che ostacolare
ulteriormente la fluidità di un racconto che non decolla mai.
Completano il
cast Maria João Pinho, João Perry, Pedro
Lamares e Susana Arrais.
The Invisible
Life è un racconto pretensioso e poco interessante di
una vita misteriosa sì, ma chiusa in se stessa e che non ha nessuna
voglia di mostrarsi benevola nei confronti dello spettatore.
Sabato scorso, in occasione del
BlizzCon 2013, il regista Duncan Jones ha reso
pubblici i primi concept per il film World of
Warcraft, tratto dal leggendario gioco di ruolo e
finalmente in fase avanzata di pre-produzione.
Ecco i disegni:
Il film su World of
Warcraft si baserà sul popolare e omonimo
videogame e avrà a disposizione un budget di 100 milioni di
dollari, non tantissimi, ma comunque una cifra rispettabile per
realizzare un fantasy con i fiocchi.
Pre quanto riguarda il casting del
film, al progetto era stato accostato Johnny Depp, ma non si sa
ancora nulla di certo a riguardo.
Il film sarà basato su una
sceneggiatura di Charles Leavitt, già
sceneggiatore del bellissimo Blood
Diamond.
World of Warcraft (letteralmente
“il mondo di Warcraft”, spesso abbreviato in WoW) è un gioco di
ruolo fantasy tridimensionale. Sviluppato dalla Blizzard
Entertainment, è stato pubblicato il 23 novembre 2004. World of
Warcraft è il gioco di ruolo più giocato al mondo, con circa
12 milioni di iscrizioni attive. Il gioco è ambientato
nell’universo di Warcraft, ambientazione nata con la pubblicazione
di tre precedenti videogiochi strategici in tempo reale della
Blizzard (Warcraft, Warcraft II, Warcraft III). Il server di
gioco, originariamente disponibili solo in inglese, francese e
tedesco, sono stati successivamente resi attivi in altre lingue,
mentre il supporto in italiano è arrivato solo il 29 agosto del
2012.
Già si era parlato di Adam
Driver, visto in Girls, come possibile spalla di
Ben Affleck/Batman, tuttavia oggi arrivano due
nuovi nomi che potrebbero fare al caso della produzione. Entrambi
molto giovani e dotati, sarebbero in competizione per interpretare
Dick Grayson Penn Badgley (27 anni) visto in
Gossip Girls e Ezra Miller (21)
straordinario interprete di Noi siamo
Infinito e di …E ora parliamo di
Kevin.
Per adesso il ruolo di Nightwing è
ancora in forse, e anche la partecipazione al casting di questi
attori citati è da considerarsi all’interno della sfera del rumors.
Vi ricordiamo che L’uomo
d’Acciaio è uscito negli USA il 14 giugno 2013,
il 20 giugno in Italia, e nel cast oltre a Henry
Cavill eRussell
Crowe ci sono
anche AmyAdams, Diane
Lane, Kevin Costner, Laurence
Fishburne, Michael Shannon. L’uomo
d’Acciaio è diretto da Zack
Snyder. Tutte le info utili nella nostra Scheda
Film: L’uomo d’Acciaio. Tutte le
news nel nostro speciale: Superman: Man of
steel.
Compositore e direttore
d’orchestra, sì, ma pop: il preferito di The Edge degli
U2, ha ispirato uno dei Kasabian nella scelta del
nome del figlio (Ennio, appunto) e viene regolarmente omaggiato da
rockstar del calibro dei Muse (che nei live suonano sempre
un brano da C’era una volta il West per introdurre la
loro canzone Knights of Cydonia), dei Metallica e di
Springsteen. Per non parlare del fan n° 1 di Ennio
Morricone, lo stalker Tarantino, che lo ha
spudoratamente saccheggiato in Kill Bill e
Bastardi senza gloria, finché non ha potuto godere di
una collaborazione ufficiale col Maestro in Django
Unchained, col brano Ancora qui interpretato da
Elisa.
Prima diventare un’icona del cinema
mondiale, Morricone fa il trombettista, e nel ‘58 lavora pure in
RAI. Per un giorno. Assunto come assistente musicale, si licenzia
subito quando scopre che gli è preclusa ogni possibilità di
carriera (non si trasmettono brani composti dai dipendenti). Ottima
mossa, perché di lì a poco scriverà la prima colonna sonora
importante: è il ’64, il regista è un ex compagno delle elementari,
Sergio Leone, e Per un pugno di dollari dà
inizio a una solida collaborazione, con titoli come Il buono,
il brutto e il cattivo, C’era una volta il
West, Giù la testa, fino all’ultima opera di
Leone, C’era una volta in America. Lanciato dagli
spaghetti-western (definizione che lui odia), Morricone in realtà
ha prodotto solo una trentina di colonne sonore per questo filone,
essendosi poi cimentato in tutti i generi cinematografici nel corso
di una carriera lunga mezzo secolo. Dalla fantascienza al thriller,
dal film erotico alla commedia: da Carpenter a
Verdone, insomma. Indimenticabili le melodie di
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni
sospetto, Mission, Gli
intoccabili, Nuovo Cinema Paradiso, La
leggenda del pianista sull’oceano, Canone
inverso, Malèna. Ma con più di 500 colonne
sonore al suo attivo, e 70 milioni di dischi venduti, l’elenco è
piuttosto riduttivo; ed è impossibile riportare tutti i premi vinti
dal Maestro, perciò ci limitiamo a quelli alla carriera: il Leone
d’Oro nel ‘95 e l’Oscar nel 2007.
Dopo 5 nomination a vuoto,
l’Academy riconosce finalmente il suo inestimabile
contributo al cinema, e chiede al cowboy Clint Eastwood di consegnare a Morricone
l’ambita statuetta. Noi gli consegniamo la torta e lo aiutiamo a
spegnere le 85 candeline. TANTI AUGURI MAESTRO!
Guarda l’intervista sul red carpet
del Festival di Roma 2013. L’ottava
edizione dell’evento diretto da Marco Muller,
al secondo anno al timone della kermesse capitolina ha accolto
nella bellissima cornice dell’Auditorium le prime due star
internazionali, Jared Leto, protagonista
dell’intenso Dallas
Buyers Club (recensione). Abbiamo scambiato
qualche battuta con il cantante e attore.
Guarda tutte le foto di
Jared Leto e degli ospiti del secondo giorno
del Festival di Roma 2013.
L’ottava edizione dell’evento diretto da Marco
Muller, al secondo anno al timone della kermesse
capitolina ha accolto nella bellissima cornice dell’Auditorium le
prime due star internazionali, Jared Leto
(INTERVISTA)
protagonista dell’intenso
Dallas Buyers Club (recensione) e
John Hurt (incontro e
Intervista)che ha incontrato il pubblico e accreditati. Domani
invece è il grande giorno di Spike
Jonze, Joaquin Phoniex, Scarlett Johansson, Rooney Mara.
Stay tuned
Il regista livornese Irish
Braschi ha deciso di omaggiare una delle più grandi scrittrici
italiane, Dacia Maraini, in un docufilm biografico, Io
sono nata viaggiando.
L’attrice è una delle più conosciute
intellettuali italiane viventi ed è davvero nata viaggiando,
trasferitasi subito dopo la nascita nel 1936 a Fiesole da
un’aristocratica famiglia cosmopolita, visse l’infanzia in Giappone
durante la Seconda Guerra Mondiale, dove è stata in un campo di
concentramento con i genitori prima di tornare in Italia. Ha
vissuto in Sicilia, terra natìa della madre, e poi a Roma col
padre, viaggiando per tutto il mondo , per lavoro ma anche per
diletto.
L’attrice dice di sé stessa che
realmente è nata viaggiando:
“Io sono nata viaggiando. Il
primo sapore che ho conosciuto, e di cui conservo la memoria, è il
sapore del viaggio. Un gusto di bagagli appena aperti: naftalina,
lucido da scarpe e quel profumo che impregnava i vestiti di mia
madre in cui affondavo la faccia con delizia.”
Il regista Braschi, ex
assistente di Paolo Virzì, ha girato questo docufilm che
uscirà nelle sale italiane solo per tre giorni, L’ 11, il 12 e il
13 Novembre, prima di essere proiettato su Sky in occasione del
compleanno dell’attrice. La voce narrante del film sarà Maria
Pia di Meo, celebre doppiatrice di Meryl Streep e
Audrey Hepbrun.
Dopo le voci sulle tre attrici
provinate per il ruolo di Wonder Woman e il rumors legato
alla possibilità di vedere Nightwing nel
film arrivano le dichiarazioni di Zack
Snyder dal Fan event su Man of Steel, dove il regista ha parlato del
personaggio di Lex Luthor più volte, senza però
dichiarare apertamente se sarà o meno nell’atteso sequel, per poi
soffermarsi sulla possibilità del ritorno di Hans Zimmer:
“Penso che sarebbe fantastico se
Hans ritornasse anche in questo film, ritornando così ad esplorare
Batman” anche se le dichiarazioni di Zimmer no
erano state molto positive in merito (leggi qui). Poi le domande si
sono intensificate sulla costruzione di alcuni set attualmente in
corso e sulla possibilità di rivedere nuovamente
Illinois come Smallville. La
sua risposta però è stata vaga per puoi annunciare che no può
parlarne.
Intanto sono
arrivati qualche giorno fa nuovi dettagli sul Batman che vedremo
(LEGGI QUI),
mentre Ben Affleck ha già
iniziato ad allenarsi, e sembra davvero in forma in queste
foto: VEDI QUI.
L’australiano
Michael Rowe ci racconta Manto
Acuìfero, narrazione che celebra il rito di passaggio
dall’infanzia al mondo degli adulti di una bambina che sta vivendo
un momento particolare della sua giovane esistenza.
Caro ha otto anni. I suoi genitori
divorziano e lei va vivere con la madre e il suo nuovo fidanzato,
che lei fatica a vedere come il nuovo padre. Nonostante la madre le
abbia fatto capire a chiare lettere che non vuole più avere a che
fare con il padre, Caro si sente abbandonata e non desidera
nient’altro che il genitore ritorni. Giocando in giardino, si
rifugia nei pressi del pozzo del cortile dietro casa, un luogo
segreto che nutre la sua fervida immaginazione. Si allontana sempre
di più dalla madre, che d’altro canto sembra tutta protesa verso il
nuovo compagno e poco propensa ad aiutare la figlia in questa
particolare fase di cambiamenti importanti. Contemporaneamente
riscopre foto, segreti e interessi del padre lontano, con morbosa
attenzione, tanto che finisce per creare una specie di santuario a
lui dedicato in fondo al pozzo dove si rifugia.
Come accennato, il film ci racconta
il passaggio dall’innocenza all’età adulta, dalla purezza
dell’essere bambino alla crudeltà di commettere il primo atto
violento, la prima efferatezza, il primo gesto da adulto (con tutte
le implicazioni negative del caso). Rowe ci racconta una storia a
misura e ad altezza di bambino, o meglio di bambina, questa Caro
che, taciturna e apparentemente assente in famiglia, è vivace,
curiosa e intelligente in mezzo alla natura, in questo immenso
giardino nel quale lei riscopre animali e insetti che nutrono la
sua fantasia.
La narrazione procede lenta,
prevalentemente affidata a piani fissi e silenziosi, che ci
mostrano semplicemente la quotidianità della vita nel suo svolgersi
inesorabile e continuo. Proprio per questo Manto
Acuìfero risulta essere particolarmente ostico,
non riesce a mantenere alta l’attenzione e naufraga in un tentativo
di raccontare lo svezzamento alla violenza e alla vita “vera”,
concentrando nei secondi finali tutto il significato di un film che
altrimenti raccontato sarebbe stato ben più interessante.
Nel cast un taciturno terzetto di
attori Zaili Sofía Macías Galván, Tania
Arredondo e Arnoldo Picazzo che
realizzano ritratti essenziali e quotidiani di personaggi che non
hanno nulla di straordinario.
La normalità è una dimensione che al
cinema è spesso sottovalutata, ma che qualche volta ha bisogno di
qualche orpello per risultare interessante.
Dopo aver lasciato la regia di
Fast and Furious, Justin Lin sarà alla regia
del sequel di The Bourne Legacy, che vedrà l’attore
Jeremy Renner di nuovo nei panni di Aaron Cross. Stavolta il
film sarà sceneggiato da Anthony Peckham ( Sherlock
Homes e Invictus), e Lin prenderà il posto
del regista secolare della saga The Bourne, Tony
Gilroy che è stato anche sceneggiatore degli altri film.
La saga di The Bourne
è ispirata ai libri scritti da Eric Van Lustbader, che ha
proseguito la saga iniziata nel 2001 dallo scrittore Robert
Ludlum. Ancora non è stato annunciato un titolo ufficiale, ma
se si seguirà l’ordine dei romanzi potrebbe essere The Bourne
Betrayal- La colpa di Bourne. Anche la trama dovrebbe
essere simile a quella del libro:
Jason Bourne si è lasciato tutto
alle spalle: la CIA, l’identità fittizia della quale era rimasto
prigioniero e il dolore per la perdita della propria famiglia. Ma
quando Martin Lindros, vicedirettore della Central Intelligence e
suo amico, scompare durante un’azione in Etiopia, solo un cane
sciolto come Bourne può scoprire cosa sia veramente successo, e
sperare di salvargli la vita. La data d’uscita dovrebbe essere
fissata per l’estate 2015, ma ancora non si sa niente di certo.
Al Seville European Film Festival,
European Film Academy ed EFA Productions hanno
annunciato le nomination per la 26ma edizione degli European
Film Awards. Gli oltre 2900 membri dell’EFA voteranno ora i
vincitori che saranno annunciati nel corso della cerimonia di
premiazione il 7 Dicembre a Berlino.
I nominati sono:
FILM EUROPEO
2013
LA MIGLIOR OFFERTA
Italia, 130 min
SCRITTO & DIRETTO DA: Giuseppe Tornatore
PRODOTTO DA: Isabella Cocuzza & Arturo Paglia
BLANCANIEVES
Spagna/Francia, 104 min
SCRITTO & DIRETTO DA: Pablo Berger
PRODOTTO DA: Ibon Cormenzana, Jérôme Vidal & Pablo Berger
THE BROKEN CIRCLE BREAKDOWN
Belgio, 100 min
DIRETTO DA: Felix van Groeningen
SCRITTO DA: Carl Joos & Felix van Groeningen
PRODOTTO DA: Dirk Impens
LA GRANDE
BELLEZZA Italia/Francia, 140 min
DIRETTO DA: Paolo Sorrentino
SCRITTO DA:: Paolo Sorrentino & Umberto Contarello
PRODOTTO DA: Nicola Giuliano & Francesca Cima
OH BOY!
Germania, 83 min
SCRITTO & DIRETTO DA: Jan Ole Gerster
PRODOTTO DA: Marcos Kantis & Alexander Wadouh
LA VIE D’ADELE: CHAPITRES 1 & 2
Francia, 179 min
DIRETTO DA: Adellatif Kechiche
SCRITTO DA:: Abdellatif Kechiche & Ghalya Lacroix
PRODOTTO DA: Brahim Chioua, Vincent Maraval & Abdellatif
Kechiche
COMMEDIA
EUROPEA 2013
LOS AMANTES PASAJEROS
Spagna, 90 min
SCRITTO & DIRETTO DA: Pedro Almodóvar
PRODOTTO DA: Agustín Almodóvar & Esther García
BENVENUTO
PRESIDENTE!
Italia, 100 min
DIRETTO DA : Riccardo Milani
SCRITTO DA: Fabio Bonifacci
PRODOTTO DA: Nicola Giuliano & Francesca Cima
DEN SKALDEDE FRISØR (LOVE IS ALL YOU NEED)
Danimarca, 111 m
DIRETTO DA: Susanne Bier
SCRITTO DA: Anders Thomas Jensen & Susanne Bier
PRODOTTO DA: Sisse Graum Jørgensen, Vibeke Windeløv
SVECENIKOVA DJECA (THE PRIEST’S CHILDREN?
Croazia/Serbia, 93 min
DIRETTO DA: Vinko Brešan
SCRITTO DA: Mate Matišić & Vinko Brešan
PRODOTTO DA: Ivan Maloča
REGISTA EUROPEO
2013
Pablo Berger per BLANCANIEVES
Felix van Groeningen per THE BROKEN CIRCLE
BREAKDOWN
Abdellatif Kechiche per LA VIE D’ADELE
(Adele)
François Ozon per DANS LA MAISON (In the
House)
Paolo Sorrentino per
LA GRANDE BELLEZZA
Giuseppe
Tornatore per LA MIGLIOR OFFERTA
ATTRICE EUROPEA
2013
Keira Knightley in ANNA KARENINA
Veerle Baetens in THE BROKEN CIRCLE
BREAKDOWN
Barbara Sukowa in HANNAH ARENDT
Naomi Watts in LO IMPOSIBLE (The Impossible)
Luminita Gheorghiu in POZITIA COPILULUI (Child’s
Pose)
ATTORE EUROPEO
2013
Jude Law in ANNA KARENINA
Johan Heldenbergh in THE BROKEN CIRCLE
BREAKDOWN
Fabrice Luchini in DANS LA MAISON (In the
House)
Toni Servillo in LA
GRANDE BELLEZZA
Tom Schilling in OH BOY
SCENEGGIATORE
EUROPEO 2013
Tom Stoppard per ANNA KARENINA
Giuseppe
Tornatore per LA MIGLIOR OFFERTA
Carl Joos & Felix van Groeningen per THE BROKEN
CIRCLE BREAKDOWN
François Ozon per DANS LA MAISON (In the
House)
Paolo Sorrentino & Umberto
Contarello per LA GRANDE BELLEZZA
Un interessante secondo giorno al
Festival Internazionale del Film di Roma
numerosi sono stati i film in programma ma chi ha convinto di più
sono stati nella sezione In Concorso, Dallas
Buyers Club diretto da Jean-Marc
Vallée e con Matthew McConaughey,
Jennifer Garner e un sorprendente Jared
Leto. Per la sezione Fuori Concorso è stato
presentato il film italiano Come il vento
di Marco Simon Puccioni con Valeria
Golino e Filippo Timi ed infine per la
sezione Alice nella città l’adattamento cinematografico di
Belle et Sébastien di Nicolas
Vanier.
Di seguito il video commento dei film con immagini dei trailer:
Joblo ha pubblicato una nuova immagine
di Transformers Age of Exctinction,
quarto episodio della saga fantascientifica di Michael
Bay.
Questa volta parliamo di un artwor, nel quale
vediamo Optimus Prime a cavallo di un dinobot. Si tratta di
Grimlock, un T-Rex robot. La notizia che i dinobot sarebbero
apparsi nel film era già intuibile nelle riprese di alcune scene,
che erano state raccontate all’interno di alcuni reportage dal set.
Ora abbiamo la conferma ufficiale della presenza dei dinobot, con
questo primo artwork:
Piccole anticipazioni sulla trama. Il film
comincerà dove è finito il terzo capitolo, in un
mondo in cui nonostante la minaccia
dei Deception è stata debellata, l’umanità ne è
uscita distrutta. La pace non durerà poi così tanto, quando alcuni
uomini potenti, cercando di studiare la tecnologia dei robot
alieni.
La Universal ha diffuso
online un nuovo trailer di Lone
Survivor, dramma di guerra diretto
da Peter Berg, già regista
diHancock
e Battleship, con
protagonista Mark Wahlberg. La pellicolaè
basata sull’autobiografia omonima di Marcus
Luttrell e racconta la storia della missione Redwingm
del 2005 dei Navy Seals in Afghanistan, rimasti poi vittima di un
agguato ad opera dei talebani; Luttrell è stato l’unico superstite
e nel film è interpretato da Wahlberg. Ecco il trailer:
Il cast di Lone
Survivor include Taylor Kitsch,
Eric Bana, Emile Hirsch, Ben
Foster ed Alexander Ludwig. La
pellicola verrà distribuita limitatamente in America
il 27 dicembre 2013, per poi essere
rilasciata ufficialmente in tutte le sale statunitensi
il 10 gennaio 2014. Dopo il trailer, vi
presentiamo anche il primo poster.
Interessante intervista di Evangeline
Lilly, che si è aperta con Entertainment Weekly,
parlando del personaggio che interpreta in Lo
Hobbit: la Desolazione di Smaug, il secondo capitolo
della nuova trilogia di Peter Jackson. Parliamo
dell’elfa guerriera Tauriel, che i più appassionati lettori
tolkeniani sapranno essere assente nel romanzo. L’attrice
interpreterà dunque questo character nato dalle idee del regista
neozelandese.
Ecco i dettagli rivelati dall’attrice, riguardanti il passato
dell’elfa Tauriel:
Cos’è che vuole?
E’ una bella domanda, è questo il motore di ogni storia. Per me la
cosa più eccitante di questo personaggio è che in un film con
protagonisti degli uomini, egoisti e con fini propri, che sia una
corona o dell’oro, Tauriel è uno dei pochi personaggi che combatte
per la verità e la giustizia. Ci tiene a conquistarle molto più di
qualunque traguardo personale. Molte persone non conoscono il
suo passato, e nel film non troverà spazio, ma Tauriel è un’orfana.
I suoi genitori sono stati uccisi dagli orchi. Quando capisci
questo dato, diventa chiaro perchè sia così motivata a combattere
il male, perchè sia diventata una macchina da guerra, capo della
guardia elfica, e perchè Thranduil l’abbia messa sotto la sua ala
protettiva.
Trama: Le avventure di Bilbo
Baggins e della compagnia di dodici nani di Thorin Scudodiquercia,
formata da Balin, Dwalin, Kili, Fili, Dori, Nori, Ori, Oin, Gloin,
Bifur, Bofur e Bombur. Il gruppo deve recuperare il tesoro posto
nel cuore della Montagna Solitaria, sorvegliato dal drago
Smaug.
Presentato in Concorso
alla ottava edizione del Festival Internazionale del film di Roma,
I Am not Him (BEN O DEĞILIM) è diretto
dal regista turco Tayfun Pirselimoglu e vede
protagonista una strana coppia di interpreti, Ercan
Kesal e Maryam Zaree, che danno vita ad
una storia triste ed intensa, un racconto sospeso tra realtà e
mondi impossibili.
L’introverso Nihat, è turbato da
Ayşe, una misteriosa donna assunta da poco come lavapiatti. Le
inequivocabili attenzioni della donna nei suoi confronti provocano
imbarazzo e nervosismo in Nihat. Nonostante sappia che la donna è
sposata con un uomo destinato a scontare molti anni di carcere,
Nihat accetta un invito a cena a casa di Ayşe. È l’inizio di una
relazione di coppia strana e sospesa. Quando Nihat scopre una foto
del marito della donna e si rende conto di somigliargli in maniera
inquietante, la loro relazione diventa ancora più morbosa, fino a
che eventi irreversibili e inspiegabili porteranno il protagonista
a costruirsi una nuova vita e un futuro incerto.
Tayfun
Pirselimoglu compone un film che si fonda sul
racconto lento, cadenzato, apparentemente banale di una storia
d’amore che nasce tra due anime sole, introverse e a loro modo
violente. I due protagonisti disegnano due personaggi con cui è
facile entrare in empatia, anche se il ritmo lento, le inquadrature
fisse e la quasi totale assenza di musica ci rendono il film
ostico, almeno nella prima parte. Dopo un colpo di scena
inaspettato, siamo costretti a rivedere il giudizio, in quanto il
film si trasforma in un gioco di doppie identità e di
sovrapposizioni di personalità in cui il protagonista si trova
invischiato fino al punto di non ritorno.
I Am not
Him è nettamente diviso in due parti. Nella prima
parte seguiamo al triste vita solitaria di Nihat, e dopo l’inizio
della sua relazione con Ayşe, la storia prende un’altra piega,
inaspettata e affascinante che intriga lo spettatore e lo lascia
sospeso, proteso verso un finale chiarificatore che però non fa
altro che porci altre domande.
Il film affronta il tema filosofico
del doppio e dell’appropriazione indebita dell’identità altrui,
filo conduttore che coinvolge i protagonisti in maniera
speculare.
I Am not
Him è un film molto interessante, che riserva
delle interessanti sorprese nella seconda parte e lascia la sala
insieme allo spettatore che continuerà a farsi qualche domanda
anche dopo i titoli di coda.
La Lucky red ha diffuso il
trailer italiano del film Philomena di
Stephen Frears, basato su una storia vera, che è stato
presentato alla scorsa edizione della Mostra Internazionale del
cinema di Venezia.
Philomena
è l’adattamento di un romanzo dal nome The Lost Child of
Philomena Lee di Martin Sixsmith, ed è interpretato
dall’attrice premio Oscar Judi Dench, che interpreta
Philomena la protagonista.
Philomena è una donna irlandese,
rimasta incinta da adolescente nel 1952, che venne costretta ad
abbandonare suo figlio in un convento, essendo poi chiusa lei
stessa lì in quanto “donna del peccato”. la donna si mise alla
ricerca del figlio perduto appena uscita dal convento, per almeno
50 anni. Fino a scoprire che il figlio era stato affidato ad una
famiglia americana. La ricerca sarà fatta assieme al giornalista
Martin Sixsmith, intepretato da Steve Coogan, e insieme
partiranno per l’America per affrontare questo viaggio, che creerà
un legame particolare tra i due. Philomena
uscirà nelle sale italiane il prossimo 19 Dicembre.
Il Festival di Roma
2013 oggi ha accolto uno dei suoi primi ospiti
internazionale, il grande attore inglese John
Hurt, che nella cornice della sala petrassi
dell’Auditorium Parco della Musica ha incontrato pubblico e
accreditati per un evento che celebra la sua straordinaria
carriera. Tra i film più noti ricordiamo The Elephant
Man di David Lynch,
Alien di Ridley
Scott,I cancelli delcielo di Michael Cimino, ma
è stato anche Olivander nella saga di Harry
Potter, Trevor ‘Broom’ Bruttenholm in
Holdboy di Guillermo del
Toro. L’attore con la sua gentilezza si è aperto a domande
che hanno ripercorso la sua carriera. A proposito degli inizi Hurt
ha rivelato come si è avvicinato alla recitazione:
E’ nata dalla scuola, a 8 anni
mi hanno preso per la parte di una bambina, era una scuola per soli
maschi e mi hanno scelto per una rappresentazione scolastica, ed
ero convinto che questo sarebbe stato il mio futuro, è stato un
momento rivelatore. Purtroppo i miei genitori non erano molto
contenti di questa cosa, loro amavano il teatro ma per loro era
troppo. Non credevano che io potessi diventare un attore, poi dopo
la guerra le cose più importanti erano la rispettabilità e la
sicurezza, due cose che difficilmente vengono associale al mestiere
dell’attore, quindi all’inizio ho avuto qualche
problema. Poi quando ho conosciuto due ragazzi australiani che mi
hanno suggerito e iscritto loro materialmente alla Royal Academy of
Dramatic art li ho inizia a studiare, anche grazie a una
borsa di studio.ù
John Hurt ha poi
parlato di come sceglie i ruoli e di cosa comporta questo difficile
momento per un attore..
Non è mai facile, anzi non lo è
per niente. Da giovane sei fresco, e grazie a questa freschezza di
butti su un film o copione a tasta bassa, senza nessuna difficoltà.
Leggi e magari dici non lo voglio fare, non pensi, hai quella
immediatezza che spesso funziona. Però questo atteggiamento negli
anni cambia, invecchiando, cambia in un modo molto interessante
secondo me, però quella freschezza non si recupera più. Se guardi i
musicisti o i pittori il loro tratto o la loro musica cambia. Il
primo Beethoven ha questa freschezza mentre quello più maturo,
molto più pensiero, è molto più profondo e riflessivo. Ora non
voglio paragonarmi a Beethoven però è senz’altro un ottimo esempio
per comprendere come cambia l’atteggiamento nelle scelte.
E’ stato chiesto anche con quale
regista l’attore abbiamo instaurato un feeling particolare citando
Jim Jarmush e Lars Von Trier,
Hurt ha subito replicato con entusiasmo..
Beh i registi da le citati son
due registi che io non metterei mai in discussione se loro mi
chiamano, non gli chiedo nulla, solo quando e dove. Sono così,
lavorano cosi. Non puoi dirgli di cosa parlerà il film, o di
leggere il copione, prendi il loro lavoro e basta. E’ un percorso,
un viaggio su questa barca..ed è straordinario lavorare con
loro.
La prima cosa che è stata chiesta a
Jared Leto è stata se la star punta all’Oscar con
il suo ultimo ruolo in
Dallas Buyers Club, il film che l’attore ha
presentato in questa seconda giornata di Festival di Roma, edizione
2013, nella sezione in Concorso.
L’attore ha confessato di sentirsi
lusingato per essere stato messo anche solo nella categoria di
attore, e si è concentrato di più sul suo cambiamento fisico,
davvero impressionante per questo ruolo. “Non importa quanto
peso perdi, ma come il cambiamento ti influenza – ha detto
Jared alla gremita platea della sala Petrassi dell’Auditorium –
Volevo cambiare fisicamente per capire cosa prova il mio
personaggio. Mi sento molto fortunato ad aver avuto la possibilità
di interpretare un ruolo complesso e commovente come Rayon. La sua
situazione è delicata, vuole essere donna, si sente tale, ma è nato
con un corpo da uomo. Non volevo che fosse un cliché, ma volevo
verità per lui”.
Per chi lo conoscesse poco, Jared è
prevalentemente il frontman della rock band Thirty Seconds to
Mars, in realtà la sua carriera cinematografica è molto lunga,
anche se costruita con calibrate e sporadiche interpretazioni in
film molto diversi tra loro. “Non mi interessa fare tanti film,
ma fare film interessanti. La musica assorbe quasi tutte le mie
energie. L’ultimo film che ho fatto prima di Dallas
Buyers Clubera Mr. Nobody.“
Per quale ruolo
uccideresti?
“Non so, forse non è stato
ancora scritto. Non si sa mai cosa ti riserva il futuro, se dieci
anni fa mi avessero detto che avrei interpretato un trans e mi
sarei depilato completamente il corpo, avrei pensato ‘sono
pazzi'”.
Interpretare Rayon ha
richiesto non solo una straformazione fisica, ma anche emotiva.
Come ti sei trovato a lavorare con Matthew e
Jennifer?
“Non ho mai incontrato Matthew
e Jennifer prima delle premiere a Toronto. Sul set ero nel
personaggio, quindi non ho mai avuto un rapporto col loro, ma lo ha
avuto solo Rayon. Il viaggio interiore in un lavoro come questo è
la parte più importante. E’ stato cruciale per il mio personaggio.
So di aver contribuito a raccontare una storia davvero
speciale.”
Portatore di anime artistiche molto
diverse (Leto dirige i suoi videoclip, canta e suona con la sua
band, recita e dipinge, facendo tutto molto bene) l’attore ha
candidamente affermato che preferirebbe fare un grande concerto
piuttosto che recitare in un bel film. Il rapporto che si crea sul
palco con il pubblico è intenso e speciale, e Jared l’ha dimostrato
anche in conferenza, scherzando con il pubblico e facendo battute,
come fa una vera rockstar!
La trama del film:
Katniss Everdeen torna a casa incolume dopo aver vinto la 74ª
edizione degli Hunger Games, insieme al suo amico, il “tributo”
Peeta Mellark. La vittoria però vuol dire cambiare vita e
abbandonare familiari e amici, per intraprendere il giro dei
distretti, il cosiddetto “Tour di Victor”. Lungo la strada Katniss
percepisce che la ribellione sta montando, ma che il Capitol cerca
ancora a tutti i costi di mantenere il controllo proprio mentre il
Presidente Snow sta preparando la 75ª edizione dei giochi (The
Quarter Quell), una gara che potrebbe cambiare per sempre le sorti
della nazione di Panem.
Il prossimo film Marvel, Thor The Dark Worlddiretto
da Alan Taylor, sarà nelle sale italiane il 20
novembre. Nell’attesa dell’evento Rollingtone ha
diffuso un poster-mondo dedicato al film, realizzato
dall’illustratore Ken Taylor. Ve lo mostriamo:
Anche Shortlist ha fatto realizzare
alcuni poster (non ufficiali) del film, commissionando il lavoro ad
alcuni artisti. Tra questi Matt Needle, Peter
Stults, Ollie Boyd, Matt Ferguson, Paul Jeffrey, Scott
Woolston, Liam Bushby, e Jamie Roberts.
Il film MarvelThor: The Dark Worldriporta
sul grande schermo Thor, il potente vendicatore, in lotta per
salvare la Terra e i Nove Regni da un oscuro nemico più antico
dell’universo stesso. Dopo i film MarvelThor e The
Avengers, Thor torna a combattere per riportare l’ordine tra i
pianeti… ma un’antica dinastia dominata dallo spietato Malekith
minaccia di far ripiombare l’universo nell’oscurità. Di fronte a un
nemico al quale né Odino né Asgard riescono a opporsi, Thor deve
intraprendere il viaggio più pericoloso e introspettivo della sua
vita, costretto a stringere un’alleanza con lo sleale Loki per
salvare non solo il suo popolo e coloro che ama… ma l’intero
universo.
Torino è la città sul 45° parallelo,
esattamente a metà strada tra il Polo Nord e l’Equatore: metafora
di personaggi che, vivendoci, camminano in equilibrio sul filo
della verità. Ugo, Maria e Dario convivono in modo prevedibile,
alternando i momenti comunitari a momenti in cui ciascuno si isola
nella propria solitudine, alla ricerca della ricetta per la
felicità.
Presentato Fuori Concorsoal Festival Internazionale del Film di
Roma il film La luna su Torino di Davide
Ferrario che dirige e sceneggia la storia di tre
protagonisti-personaggi che riflettono sulla loro esistenza e
identità; osservano il mondo che li circonda con uno sguardo
attento e perso, intrappolati nei loro pensieri e nelle loro
riflessioni su ciò che vorrebbero della loro vita attraverso
incontri sperati e svolte auspicate. Il regista lombardo
propone così, un film che incentra il suo pensiero più profondo
nelle opere di Leopardi, a cui i personaggi si appigliano come per
dare un significato verbale a ciò che non riescono a trovare e
provare nelle loro vite. Seppur la storia sia punteggiata da
numerose voci fuori campo, essa non si lascia trasportare in uno
stampo filosofico anzi, non essendoci un vero dispiegamento di
fatti in cui i personaggi agiscono all’interno della storia, questa
riesce ad arricchirsi di toni leggeri e battute divertenti che
conferiscono la giusta spontaneità ed introspezione allo spettatore
che segue le loro vicende. In quest’ottica e con un discorso
narrativo lineare, Ferrario studia l’inquadratura attraverso la
camera fissa e prospettive ricercate, caratterizzate da piani
sbilanciati o sfocature particolari che insieme alle ampie
panoramiche, sottolineano una delle tante metafore che incorniciano
il film. Ossia, trovare un’equilibrio e quindi la felicità a cui i
protagonisti attribuiscono una loro personale definizione. Questi
sono interpretati da Walter Leonardi (Walter) Manuela
Parodi (Maria) e Eugenio Franceschini (Dario),
che nella loro prova, riescono a caratterizzare i loro personaggi
in maniera diversificata e particolare in cui troviamo; Walter come
il grande pensatore che vive di rendita, Maria che cerca un amore
“classico”, come i film che ama e recita; ed infine Dario, un
ragazzo che ama scrivere di ciò che vede anziché vivere quello che
possiede o potrebbe avere in quel momento.
La luna su Torino è un film esistenzialista che
gioca su dei concetti e cliché ampiamente rivisitati nel panorama
cinematografico, ma che segue un flusso di coscienza guidato dai
versi di Le operette morali di Giacomo Leopardi. è una
storia leggera e ricercata ma che intrattiene grazie alla battute
spontanee di questi tre personaggi del tutto contemporanei.
Sono state rese disponibili online quattro nuove
immagini di Out of The Furnace,
thriller diretto
daScott
Cooper(Crazy
Heart) con
protagonisti Christian Bale, Woody
Harrelson, Casey Affleck, Zoe Saldana, Forest Whitaker, Willem
Dafoe eSam
Shepard. Eccovi le immagini:
La pellicola racconta la storia di Russell Baze
(Bale), un uomo che esce dopo quattro anni di prigione, deciso più
che mai a rifarsi una vita; di giorno comincia a lavorare in un
altoforno, mentre di notte si prende cura del padre malato. Quando
però il fratello minore (Casey Affleck), dopo essere ritornato
dall’Iraq, scompare misteriosamente, Russell decide di mettersi da
solo sulle sue tracce data l’inefficienza della polizia. Durante la
ricerca della verità, il protagonista troverà anche il tempo di
innamorarsi di una giovane donna (interpretata da Zoe Saldana).
Tra i produttori di Out of The
Furnace, che verrà rilasciata in America il
prossimo 27 novembre,
figurano Leonardo
DiCaprio, Ridley
Scott e Tony Scott. Al momento
non sappiamo quando Out of the Furnace verrà
distribuito in Italia.
Al Festival
Internazionale del Film di Roma è stato presentato
Fuori Concorso La Luna su Torino, alla
conferenza stampa tenutasi presso lo spazio BNL era presente il
regista Davide Ferraio e il cast Walter
Leonardi, Manuela Parodi, Eugenio Franceschini, Daria Pascal
Attolini e il produttore Paolo Tenna.
C’è un protagonista
evidente nel film, ed è Torino? Davide Ferraio: Si ma è una Torino declinata in
una maniera un po’ particolare, cioè quella del 45° parallelo che è
un concetto un po’ astratto, ma non tanto, perché credo che
chiunque abbia attraversato la pianura padana, credo che prima o
poi passa da questi cartelli sull’autostrada su cui c’è scritto
“state attraversando il 45° parallelo” e se le persone si
fermassero direbbero e ora? nel senso lì ti trovi a metà strada tra
il Polo Nord e l’Equatore, sei in un posto in qualche modo magico e
tutta la pianura Padana è attraversata da questa linea, Torino lo
è, Casalmaggiore dove sono nato io, e c’è anche questo aspetto
privato che mi lega a questa cosa. e mi ha affascinato molto questa
idea di stare su questa linea che non è come gli altri paralleli,
perché davvero stai a metà del mondo, e questa idea di stare a metà
del mondo è una grande metafora del vivere oggi, dello stare in
equilibrio, dello stare su un filo senza neanche rendersene conto
ma applicando continuamente una grande capacità di stare in
equilibrio. Ecco credo che il film sia un film sull’equilibrio e
sulla leggerezza che occorre per fare gli acrobati
inconsapevolmente.
La sceneggiatura come è
stata pensata? era tutto scritto o ci si è affidati
all’improvvisazione degli attori? D.F.: Ho fatto dei corsi all’Università e nei
seminari cercando di demolire il concetto di sceneggiatura,
soprattutto da quando mi hanno dei premi anche quello importante
per la sceneggiatura che non hai mai scritto, Dopo Mezzanotte, che
è stata candidata ai David di Donatello e ai Nastri d’Argento. Chi
ha fatto con me il film lo sa che la sceneggiatura non è mai
esistita, e allora questo per dire che molto spesso si scambia per
sceneggiatura quello che in realtà è messa in scena, che è un
lavoro diverso, e questo film aveva un qualcosa che era una
sceneggiatura all’inizio, ma gli attori possono confermare, che ne
abbiamo fatta abbastanza a carne di porco. Perché per me il cinema
è ripresa e montaggio, molto più che sceneggiatura, parola scritta
e altro.
Per voi attori come è stato
recitare in questo modo?
Manuela Paordi:Una delle caratteristiche geniali del film
erano le idee geniali che aveva Davide durante la notte quindi
arrivava sul set e diceva “ok è tutto cambiato” quindi c’era anche
a livello di sceneggiatura diverse improvvisazioni. Eugenio Franceschini: Questa è stata una delle
prime cose che ci è stata detto da Davide “Guardate questa è la
prima volta che io scrivo una sceneggiatura e comunque non la
utilizzerò” quindi già da questa premessa si è capito l’andazzo,
però è un modo di lavorare che porta i suoi risultati. Daria Pascal Attolini: Una particolarità del
lavorare su una sceneggiatura che c’è ma poi sparisce in un secondo
è che ti permette di lavorare molto di più sull’atmosfera del film,
e quindi questo equilibrio e disequilibrio continuo lo si crea non
attaccandosi troppo alle battute con cui tu arrivi preparato ma che
ti tolgono la possibilità di dare delle sfumature in più al
personaggio e alla reazione che hai in quel momento con i tuoi
compagni. Benedetta Perego: Il mio personaggio è
abbastanza silente perché tutto quello che ho detto alla fine è
stato trasposto poco nel finale, perché il mio era un personaggio
di sguardi, e ovviamente marginale, ma nel senso che la parola
conta fino a un certo punto, era più dove volevano andare le
persone che erano dipinte da Davide, era un film di direzione che
di parole e quindi di sceneggiature.
Nel film è molto
presente la presenza di Leopardi D.F.: È stata una riscoperta, perché Leopardi
come si dice nel film, lo insegnano a scuola e poi lo dimentichi.
Inoltre gli si rapporta anche una figura un po’ stereotipata, un
genio sfigato, e invece è un pensatore straordinario e
modernissimo, perché il suo rapporto con il mondo è quello che
abbiamo noi. Lui aveva capito tutto del mondo e non riusciva a
farci niente, non riusciva a muovere una cosa per modificarla è
quello che sentiamo un po’ tutti. Ha tutti è chiara la problematica
dell’esistenza, ma lui riesce a spiegarla benissimo. Ecco perché
nel film c’è Leopardi che è meglio che le dica lui certe cose che
io.
Presentato in Concorso all’ottava
edizione del Festival Internazionale del Film di
Roma, Dallas Buyers Club di
Jean-Marc Vallée racconta con lucida ed intensa
ironia la lotta di Ron Woodroof, rude e omofobico texano, per
portare avanti la sua teoria sulla giusta cura per allungare la
vita dei malati di AIDS.
Dallas Buyers Club, la trama
In Dallas Buyers
Club Siamo nel 1986 e a Ron viene diagnosticato il virus
dell’HIV. Immediatamente la sua vita cambia, prima di tutto per la
percezione che hanno di lui la società e i suoi amici (da grande
“stallone” diventa un “frocio” per gli amici), poi per il suo modo
di affrontare ogni giorno. Non volendo in alcun modo cedere al
virus, Ron cerca in tutti i modi di trovare una cura o anche un
palliativo per riuscire a rendere la sua vita migliore.
Aiutato da un medico radiato
dall’Albo che lavora in Messico, Ron scopre che le sperimentazioni
governative sui farmaci contro il virus sono tossiche e cerca di
mettere in piedi un mercato di farmaci che gli consentano di avere
una qualità di vita migliore e una aspettativa di vita più lunga.
Il suo progetto personale diventerà presto una missione collettiva,
tanto che metterà in piedi un Club in cui venderà i prodotti che
gli hanno allungato la vita, con la collaborazione di un
tossicomane travestito, Rayon. Con la complicità, all’inizio
ritrosa, della dottoressa Eve Sack, Ron porterà avanti una
battaglia persa che servirà però a sollevare le coscienze.
Il film
Basato su una storia
realmente accaduta negli anni ’80, quando la diagnosi di AIDS era
una condanna a morte, Dallas Buyers Club è il
racconto ironico, eroico, doloroso e violento della vita di un uomo
che non si è arreso e che è riuscito a rendere un servizio
all’umanità pur cercando, all’inizio, solo una scappatoia per se
stesso. A dare voce e corpo a questo straordinario personaggio c’è
un Matthew
MacConaughey giunto alla piena maturazione artistica.
Smunto, trasandato e completamente calato nel ruolo, MacConaughey
non sembra più il bel manzo texano che il mondo aveva conosciuto
nelle commedie romantiche degli anni passati.
Il suo lavoro d’attore, nobilitato
con ruoli importanti, giunge qui ad un’intensità emotiva, nella
violenza, nella gioia e nella sofferenza, davvero notevoli e
coinvolgenti. Con lui la dolcissima Jennifer Garner nel ruolo della dottoressa
Sack e uno straordinario e quasi irriconoscibile Jared Leto, che presta un corpo gracile, degli
occhi profondissimi e un infinito dolore ad un personaggio semplice
e misterioso insieme, un perfetto sunto delle contraddizioni di una
società che forse non è poi tanto cambiata dagli anni ’80 ad
oggi.
Dallas Buyers
Club è intenso, qualche volta divertente, ma
anche profondamente doloroso, uno straordinario esempio di una
storia coinvolgente raccontata da un cast eccellente.
Come il vento è
stato presentato all’ottava edizione del Festival
Internazionale del Film di Roma, nella categoria “fuori
concorso”. In Come Il Vento fino alla primavera
del 1990 Umberto Mormile (Filippo
Timi) e Armida Miserere (Valeria
Golino) sono una coppia felice. Lui lavora come educatore
nell’attività di riabilitazione dei carcerati; lei è un gradino più
su e delle carceri ne è il direttore. Ma Umberto, forse scomodo a
qualcuno, viene ucciso mentre sta andando a lavoro. Da lì in avanti
la vita di Armida non sarà più la stessa.
Tratto dalla vera storia di Armida
Miserere, una delle prime donne direttrici di carcere, Come
il vento di Marco Simon Puccioni è un accurato
ritratto di una donna in costante ricerca. Una ricerca di normalità
che la vita le ha strappato di mano e di verità, per fare luce
intorno all’omicidio del marito. E il tutto deve essere
forzatamente posto in secondo piano, un gradino sotto l’obbligo
professionale. Nel caso specifico, Armida gestisce le carceri
impeccabilmente, non permettendo nemmeno minimi strappi alla
regola.
Il risultato della voglia di uscire
da ciò che è stato, è inevitabile: insuccessi uno dietro l’altro,
una frustrazione che la divora lentamente. Rimane in vita solo un
filo di speranza a cui aggrapparsi, prima che si affievolisca anche
la speranza stessa, smentita dai fatti.
Ecco, il punto colto da Puccioni è
stato quello di non intrappolare la storia dentro un contenitore
che facesse solo del bisogno di verità della protagonista e della
sua disperazione il centro assoluto; bensì, di mettere in primo
piano il suo bisogno di normalità, la sua voglia di tornare al
gesto singolo e che esso non dovesse limitarsi solo a piccoli
frammenti senza continuità. Puccioni tratta la sua protagonista
come una donna normale che ha voglia di riprendersi. Vale, pur
spietata, la legge di uno dei più banali modi di dire: “la vita
continua”.
In Come il vento
il regista è attento al dettaglio anche visivamente. Forse si perde
solo un po’ nella parte finale, diventando un filo prolisso, ma le
inevitabili sequenze conclusive sono costruite con grande
accuratezza, piene di piccoli segnali anche a livello registico.
Memorabile anche la scena in cui Armida conversa con un carcerato
che sembra avere informazioni sugli assassini del marito, con un
crocefisso a separare i due, che resta lì anche quando il detenuto
sembra andar via.
Menzione anche per Valeria Golino, brava ad interpretare una
donna che di sfaccettature in realtà ne mostra solo in superficie,
perché in profondità è ancorata, nolente, ad un unico,
interminabile pensiero. Non era facile.