Annette, ritorno
sul grande schermo del regista Leos Carax,
premiato a Cannes per la miglior regia, è uscito
nelle sale internazionali il 7 Agosto 2021 ed è disponibile su
Amazon Prime Video dal 20
Agosto 2021 (per le sale italiane, invece, l’uscita è prevista per
Dicembre).
Annette e l’epopea del naufragio contemporaneo
“So may we start?”, “Possiamo,
quindi, cominciare?”, chiede Leos Carax in
persona ai protagonisti del suo nuovo film,
Annette, che esce a distanza di nove anni dal
mirabolante Holy Motors (2012). Il prologo di
Annette si presenta come una dichiarazione di
intenti da parte di chi tiene le redini dell’intera opera visiva e
concettuale: non solo il regista, che sfoglierà man mano i capitoli
della storia di Annette, ma anche il duo rock
SPARKS, corpus musicale della pellicola, che ci
avverte su come le tracce musicali andranno a permeare l’intera
opera, dando voce a personaggi grotteschi e anomici, che devono
necessariamente esprimersi attraverso un canale comunicativo a sé
stante.
Henry Mc Henry (un
Adam Driver totalizzante) è conosciuto come Ape of
God, comico sornione e sovvertivo, innamoratosi
dell’eterea e fiabesca cantante lirica Ann
Defrasnoux (Marion
Cotillard). L’unione tra i due artisti viene sancita dalla
nascita della figlia Annette, figura cristologica
ma immateriale, inconsistente e usurata dagli altri, resa
visivamente come un burattino. Inizia così un’Odissea contemporanea, spogliata da qualsiasi
fardello di mistificazione narrativo, in cui
Ulisse è un eroe tramortito e depotenziato,
Telemaco una figura scarnificata che tenta in
tutti i modi di esistere, e Penelope un simbolo di
maternità sfasciato.
Annette è un canto
pessimista che si serve dei mezzi da sempre padroneggiati da Carax
quali uno spettro visivo immaginifico e una sinestesia di voci e
suoni che assurgono ad emblema metodico di un cinema irrazionale ma
profondamente vero, emotivo e passionale. E’ caricatura visiva,
simulacro di ciò che trova nel fuori controllo dell’assurdità
narrativa il canale più puro per raccontare la storia di percezioni
distorte della realtà. Annette si configura come
un musical infernale (ma necessariamente purgatoriale) la cui unica
chiave di interpretazione è l’immersione in un abisso di desideri
irrecuperabili, condizioni psicologiche precarie e ostinazione di
un stato dell’essere falsato e obsoleto.
La coppia formata da Henry ed Ann è
una rielaborazione dolorosa delle figure di Adamo
ed Eva, alla ricerca di un Eden illusorio e
contaminato, che vive delle loro antinomie, di un disequilibrio
relazionale assoluto, in cui poco importa se si
distrugge il pubblico attraverso la
commedia, o lo si salva tramite l’opera:
il risultato è comunque lo sprofondare in un abisso vorticoso,
provocatorio e disarmante.
E’ chiaro che la poetica di Carax
verta sul consegnare allo spettatore un elaborato
film-mondo, interiorizzato e assieme
dissacrato, la cui decodifica parte dagli elementi del profilmico,
quali tonalità cromatiche ricorrenti e simbologiche, una direzione
attoriale perfettamente delineata verso l’esorbitanza e la
caricatura (Driver) e verso un fiabesco intonso e inafferrabile
(Cotillard). La cornice da musical anticonvenzionale mette in luce
non solo il talento di Ann e lo sberleffo comico di Henry, ma anche
la drammaturgia sinfonica di una piccola anima calpestata, la cui
voce fanciullesca non è indirizzata all’essere speciale per i
genitori, nella simbologia della prima parola pronunciata da un
neonato, quanto piuttosto è condannata ad essere voce
per gli altri.
Ad interpretare la funzione di
cantastorie è in Annette un Simon Helberg
fenomenale, nei panni di un direttore d’orchestra, un
Conductor senza nome, tra la mischia di nomi
propri estremamente profanati. E’ lui a stabilire l’andamento
melodico della narrazione, che tenta di “ripulire” a sprazzi, con
un accenno di purezza dei sentimenti da lui provati. I personaggi
di Annette tentano di sopravvivere all’autore, di
coglierlo in fallo ed ergersi a immanenza storica, eppure Carax
agisce come forza provvidenziale, che risistema i suoi “burattini”
all’interno di uno schema prestabilito, in cui i rapporti di forza
si sovvertono, per dar spazio a una marea emotiva
irrefrenabile.

Annette: il fascino distruttivo del prodigio profanato
Lo stand-up comedian Henry è
rappresentazione di un machismo sovrabbondante, tronfio di
supponenza mitopoietica, i cui accordi disarmonici cozzano con la
sensibilità sofisticata di Ann, che muore sul palcoscenico come
un’Ofelia disarmata, sperduta tra foreste che rimarcano
continuamente la condizione di equilibrio precario e soffocato che
la soggioga
L’impianto teatrale di
Annette è continuamente potenziato da inquadrature
concepite come tableaux vivants, tracce di un saliscendi
introspettivo che va a naufragare necessariamente in brani musicali
prorompenti, esasperati canti che sfidano il confine tra realtà e
finzione, andando a recuperare una dimensione favolistica
inquietante, i cui richiami visivi sono evidenti nella
fotografia.
Opera lirica dissacrata, spazio
comico perturbato, Annette abita dimensioni
variegate, che non possono essere ricondotte a un ordine
prestabilito senza entrare pienamente in contatto con la poetica di
Carax: divisiva, senza ombra di dubbio, ma qui al pieno delle sue
potenzialità. La visionarietà magnetica del suo estro creativo
trova piena conformazione se confrontatasi con una realtà
menzognera e subdola, in cui il pastiche e la caricatura plasmano
l’essere umano, incapace di evadere perfino nella dimensione
artistica e a cui non resta che abitare l’abisso: voragine
relazionale, sociale, induttiva e collaterale.
Annette è maschera
aberrante della tossicità inattesa ma costituiva, dello
spogliamento di valore dei simboli e delle immagini, dell’invidia
connaturata a ciò che non siamo e che abbiamo perso. I personaggi
di Annette sono spiriti fallaci traghettati da una
provvidenza castigatrice, che ambisce a riportare ordine dove la
forza umana non può più agire, prigionieri irascibili dell’immagine
cinematografica.