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Il sud è niente recensione del film di Fabio Mollo

Il sud è niente recensione del film di Fabio Mollo

Il sud è niente recensione posterUn esordio deciso, convincente quello di Fabio Mollo alla regia di un lungometraggio, Il Sud è niente, già apprezzato dal pubblico e dalla critica al Festival di Toronto e accolto con favore anche nei successivi passaggi festivalieri, a Roma e a Torino. Un film efficace per la capacità di andare al cuore della vicenda raccontata, soffermandosi sullo spessore psicologico dei personaggi e sul tormento dell’anima che li caratterizza. Ma persuasivo anche per l’abilità di ritrarre in profondità una terra per certi versi maledetta, abbandonata e segnata dai crimini mafiosi, per loro stessa natura taciuti e occultati dai più. Si tratta della Calabria e, in particolare di Reggio Calabria: ovvero quella zona liminare, ai margini della Penisola, non soltanto da un punto di vista geografico bensì, soprattutto, economico e culturale. “Se le cose non le dici, non ti possono fare male” afferma la nonna (Alessandra Costanzo) di Grazia (Miriam Karlkvist), quest’ultima giovane protagonista della storia: parole forti, pronunciate con un senso di consapevole e tragica rassegnazione; e  ben presto seguite da una ancor più straziante verità: “Il Sud è niente e niente succede”, quasi a ribadire l’impotenza del punto di vista anagraficamente più maturo, su quello invece potenzialmente terapeutico della gioventù – di quella ideologicamente e moralmente sana – per quanto ancora troppo ingenuo e acerbo. Ed è proprio il personaggio di Grazia a rappresentarlo e a farsi promotrice, dietro un portamento, estetico e caratteriale, mascolino, del vero contro il falso, del coraggio contro l’omertà, dell’energia contro la debolezza: attraverso un percorso di crescita complesso e doloroso, degno del tipico romanzo di formazione. La giovane ha infatti un rapporto problematico e freddo con il padre, Cristiano (Vincio Marchioni), un pescatore alle prese con la realtà malavitosa e che evita in tutti modi di parlare alla figlia di quanto accaduto diversi anni prima: la morte di Pietro (Giorgio Musumeci), fratello maggiore di Grazia, scomparso in circostanze mai chiarite. Un’assenza destinata a scavare un vuoto irreparabile nella famiglia e, soprattutto, nella protagonista, per la quale diventa un costante motore di riflessione  e di azione: laddove per agire si intende la ricerca estenuante di qualche risposta che possa, finalmente, considerarsi autentica.

Un dramma costruito sui volti, sul sentire e sull’espressione, più che sulle parole; e accompagnato dalle musiche di Giorgio Giampà, evocative del “non detto” che caratterizza il substrato della narrazione, e descrittive di quella malinconia, dell’angoscia e della frustrazione che, inevitabilmente, ne deriva.

Il sud è niente recensione

Il successo teatrale “Agostino” diventa un film dal titolo: TUTTI CONTRO TUTTI.

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Iniziano oggi le riprese di TUTTI CONTRO TUTTI di Rolando Ravello. Il film, prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci e distribuito da Warner Bros. Pictures Italia, vede l’esordio alla regia di Rolando Ravello, presente anche come protagonista del film nel ruolo di Agostino.

Il Sospetto: recensione del film di Thomas Vinterberg

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Il Sospetto: recensione del film di Thomas Vinterberg

Arriva al cinema Il Sospetto, l’acclamato film di Thomas Vinterberg, con Mads Mikkelsen e Thomas Bo Larsen. 

Una piccola comunità nel cuore della Danimarca. Gente pacifica, cordiale, rispettosa dei valori e dei sentimenti. Un luogo dove amicizia, amore, gentilezza e mutuo aiuto sembrano avere un significato vero, profondo. E’ qui che vive Lucas (Mads Mikkelsen), un ex-insegnante reimpiegato come maestro d’asilo, con un divorzio alle spalle e un rapporto difficile col figlio lontano.  L’appoggio e la comprensione dei suoi compaesani, soprattutto del suo migliore amico, Theo (Thomas Bo Larsen) sono ciò che gli permette di tirare avanti e di sorridere alla vita.

All’asilo i bambini lo adorano e la sua dolcezza naturale fa in modo che anche Nadia, una collega, si innamori di lui. Appena la vita di Lucas sembra riacquistare un senso, complice la decisione del figlio di trasferirsi a casa sua, una bambina della scuola, Klara (Annika Wedderkopp), racconta alla direttrice dell’istituto di essere stata molestata da lui.

La menzogna, appena accennata e subito ritirata, si innesta però come un virus nella mente della donna che, senza nemmeno interpellarlo, licenzia Lucas su due piedi e informa tutti i genitori dell’accaduto. E l’insegnante, quasi inconsapevole di ciò che gli sta accadendo, si trova ad affrontare un calvario, fatto di occhiatacce e minacce da parte dei suoi stessi amici, che lentamente si intensifica fino a sfociare nella violenza fisica.

Il Sospetto, il film

Il Sospetto recensione

Il Sospetto, ultima fatica del regista co-fondatore del movimento Dogma, Thomas Vinterberg, pone al suo centro un’azione apparentemente minuscola, una confessione di pochi secondi di una bambina di quattro anni, e mostra come, al pari di un sassolino gettato in uno specchio d’acqua, questa azione scateni delle reazioni enormi non solo nelle persone che la circondano, ma in tutti gli abitanti della comunità.

Vinterberg, magistralmente, porta al cinema la forza con cui una menzogna può insinuarsi nella mente e trasformare persone perbene in mostri disumani che ignorano la giustizia e accusano ciecamente, senza sapere e senza pensare, distruggendo così la vita di un uomo, Lucas, che giorno per giorno vede la sua esistenza andare a pezzi, sgretolarsi, scomparire.

La macchina da presa, vicinissima ai personaggi, cattura ogni espressione facciale, ogni cambio d’umore, ogni battito di ciglia. Cerca quasi di carpire i pensieri di Lucas, sempre più solo e sempre più disperato, la superficialità e la vitalità di Klara, troppo piccola per capire cos’ha scatenato la sua bugia, l’acredine e l’incredulità di Theo, amico fraterno confuso, incapace di giudicare, perso, e soprattutto l’ottusità delle persone che agiscono senza farsi domande, ignorando la verità.

La luce della Danimarca, calda e fredda allo stesso tempo, la perfezione della sceneggiatura (firmata da Tobias Lindholm), contemporaneamente drammatica e rigorosa, la recitazione misurata, senza sbavature e l’occhio di un regista decisamente geniale, fanno de Il Sospetto uno dei più bei film degli ultimi anni.

In due ore Vinterberg riesce a toccare tutte le emozioni dell’anima umana senza una goccia di sentimentalismo. Una lezione di vita e di cinema. Straziante e superbo.

Il Solista: recensione del film con Robert Downey Jr.

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Il Solista: recensione del film con Robert Downey Jr.

Con un po’ di ritardo rispetto all’effettiva data di produzione arriva anche in Italia Il Solista (The Soloist) trasferta americana del più britannico dei registi contemporanei, Joe Wright. 

La storia ruota intorno a Steve Lopez (Robert Downey Jr.), giornalista del L.A. Times, ed a Nathaniel Ayers (Jamie Foxx), ex studente della prestigiosa Juilliard e ora barbone mentalmente instabile che suona un vecchio violino a due corde per le strade della Città degli Angeli.

Una storia di incontro e di amicizia, di redenzione che forse sa di scontato ma che riesce a toccare lo spettatore, soprattutto e grazie alla  musica che copiosa sgorga dalle dita di Jamie Foxx (ormai quasi più musicista che attore). Viene alla mente Shine, splendido film con Goeffrey Rush protagonista; quando troppa dedizione e troppa passione conducono la mente a lacerarsi. E questo succede a Nathaniel, prodigio del violoncello senza la forza emotiva necessaria per riuscire a sopportare un tale dono. E così si riduce a fare il solista, lui che suona uno strumento nato per il concerto, si ritrova a suonare alla città con il solo applauso del volo dei piccioni. E poi arriva un giornalista, in cerca di una storia, e per sbaglio trova una possibilità di riscatto, la coglie e riesce a volgerla in un’occasione di crescita.

Il Solista robert downy jrLa sostanziale banalità della trama de Il Solista si dipana per i suoi 117 minuti coinvolgendo all’inizio ma rallentando decisamente troppo nella seconda parte.

Tuttavia il film ha un’eleganza formale notevole, firma ormai riconoscibile Wright, e si fregia di due degli attori più dotati del panorama odierno: Jamie Foxx che grazie alla musica ha già vinto un Oscar (per Ray) e Robert Downey Jr. che abbandonata ogni corazza e spavalderia fumettistica ci regala un ritratto sobrio e convincente del giornalista Lopez, da un libro del quale è tratto il soggetto originale del film.

Lunghi e lenti movimenti di macchina cavalcano le note di Beethoven, sulla città assolata e sui parcheggi deserti, un’intensità di immagine che solo la grande musica accostata al cinema riesce a dare, e non è un caso infatti che tutta la musica del film ha un imput diegetico per poi esplodere nell’extra-diegetico o comunque nell’oltre-fisico della mente del musicista schizofrenico. Sarà un caso ma la visione di colori che esplodono al ritmo di musica ricorda una delle più particolari sequenze di un famosissimo classico che fonda su musica e immagini la sua efficacia: Fantasia di Topolino.

Notevole anche la scrittura soprattutto in fase di dialogo ed ottima la costruzione dei personaggi, delle loro caratteristiche, delle loro vicissitudini quotidiane, nel caso del giornalista, e del loro passato doloroso, nel caso del barbone/musicista. Ma Il Solista offre anche un ritratto impietoso di una città che agli occhi del mondo è solo la scintillante culla del cinema a stelle e strisce.

Un ventre malato che ospita barboni, folli e sfortunati che trovano nella strada la loro unica casa e nella follia la loro unica fuga. E così siamo costretti ad ammettere che per quanto la musica possa innalzare l’animo verso l’alto, la realtà è sempre pronta ad ancorare le persone al suolo, talvolta provando a tirare più giù.

Il solista di Joe Wright e la musica come liberazione

Il solista di Joe Wright e la musica come liberazione

Joe Wright non è solo il regista di Orgoglio e pregiudizio, Espiazione, o L’ora più buia. Non è solo maestro dell’estetica, ammaliato lui stesso dalla fascinazione dei film in costume e della ricostruzione d’epoca, come riesce ad ammaliare lo spettatore. Anche se questa sembra essere la sua cifra, ed è certo quella che gli ha dato fama internazionale, portando la sua musa Keira Knightley alla consacrazione e Gary Oldman al meritato Oscar proprio con il magistrale L’ora più buia, Wright sa anche tuffarsi nella contemporaneità e sa farlo con la stessa grazia. È ciò che accade quando, nel 2009, traspone sullo schermo il libro del giornalista americano Steve Lopez, che racconta il suo incontro e l’amicizia con Nathaniel Ayers, senzatetto e suonatore di violoncello nei bassifondi di Los Angeles. Non un romanzo ottocentesco, dunque, ma neppure un testo di finzione contemporaneo, bensì una storia vera, che lo porta a lasciare la sua Inghilterra per l’America e ad esplorare anche artisticamente territori nuovi. Così nasce Il solista.

Ne Il solista (The Soloist) Steve Lopez (Robert Downey Jr.) scrive per il Los Angeles Times, ma da tempo non ha una buona storia da raccontare. È separato dalla moglie Mary (Catherine Keener), che è anche il suo editore, e gli rimprovera di non essere capace di assumersi le proprie responsabilità. In più, un incidente in bicicletta gli ha temporaneamente sfigurato la faccia. L’incontro con Nathaniel Ayers (Jamie Foxx), un senzatetto affetto da schizofrenia che suona il violino con due sole corde ed ha un talento unico, adora Beethoven e da ragazzo ha frequentato la Juiliard, cambierà la vita di entrambi. Lopez scoprirà di aver trovato molto di più di una buona storia, entrerà in contatto con un mondo per lui nuovo e cercherà di aiutare Ayers. Sperimenterà quanto sia difficile farlo nel modo giusto, senza cedere alla tentazione di sentirsi un salvatore. Nathaniel tornerà a suonare con uno strumento integro e potrà dedicarsi pienamente alla sua passione per la musica, scoprendo anche una nuova vita che, in cambio di qualche limitazione alla libertà, offre alcuni innegabili vantaggi. Entrambi conosceranno il valore dell’amicizia e della condivisione.

La regia di Joe Wright

Il regista riesce con un sapiente uso delle inquadrature e dei colori a rendere il concetto della musica come qualcosa che unisce ed è profondamente liberatorio. In una delle sequenze più coinvolgenti del film, le note della musica di Beethoven sono viste da Nathaniel come un insieme di colori, le immagini esemplificano perfettamente come la musica dia colore al suo mondo. Nel cinema di Wright l’aspetto visivo è sorprendentemente evocativo. Qui rende bene quest’idea di superamento dei confini, di libertà e anche di pace data dalla musica. In ciò è coadiuvato dalla fotografia di Seamus McGarvey, dalle musiche di Dario Marianelli, Oscar nel 2007 per Espiazione e dal montaggio di Paul Tothill. Grazie al lavoro del regista britannico, la musica diventa l’emblema dell’anelito alla libertà che percorre tutto il film, assieme al riferimento ricorrente al volo degli uccelli. A Nathaniel non si può negare né l’esperienza della musica, né quella vita povera, ma libera da costrizioni che ha scelto di vivere.

Le note, però, fanno uscire anche Steve dai limiti angusti della propria realtà, mostrandogli che c’è molto altro al di fuori di essa e creando una reale comunione tra i due protagonisti – si veda la scena del sottopasso, in cui Ayers torna dopo molti anni a suonare il violoncello.

Il solista non è solo musica come liberazione e riconciliazione con il mondo. Il regista allarga lo sguardo a un discorso sul disagio mentale, col quale Ayers è in continua lotta e che lo ha relegato ai margini della società. Il tema diventa così anche sociale e politico, un discorso sugli ultimi, i senzatetto delle grandi metropoli occidentali. Ed è questo un focus importante del film: la condizione degli ultimi. La musica è il grimaldello per entrare in contatto emotivo profondo con questo mondo, per aprire una finestra su di esso. È quello che succede a Steve Lopez e per suo tramite, agli spettatori. I senzatetto sono l’altra faccia di Los Angeles, città del cinema. Wright cerca e trova l’autenticità soffermandosi sui volti e sui racconti di vita di veri senzatetto scelti per interpretare sé stessi nel film. Coloro che non sono mai sotto i riflettori nella città delle stelle.

L’abilità del regista sta anche nel saper rinunciare ad ogni forma di falso buonismo in favore di uno sguardo disincantato. Lopez si avvicina ad Ayers con uno scopo puramente utilitaristico e per buona parte del film è anche infastidito dai suoi modi e dalle sue eccentricità, dai risvolti difficilmente gestibili della sua malattia. È un giornalista che punta al successo sul lavoro, non un filantropo che vuole fare del bene. Solo in un secondo momento la relazione si trasforma in una vera amicizia.

Il solista Robert Downey Jr

Jamie Foxx e Robert Downey Jr. protagonisti de Il solista

La bravura dei due protagonisti è innegabile e ben si accompagna all’ampio respiro visivo del film. Jamie Foxx, che aveva ottenuto l’Oscar e il Golden Globe nel 2004 per la sua interpretazione di Ray Charles in Ray di Taylor Hackford,  interpreta Nathaniel Ayers con convincente trasporto, toccando vette di lirismo. L’attore è anche un buon pianista e per l’occasione ha preso lezioni di violoncello.

Robert Downey Jr mostra tutto il suo talento nell’interpretare personaggi in crisi che attingono a tutte le loro risorse per uscirne, vestendo ottimamente i panni del giornalista che riscopre il valore del proprio mestiere e torna in contatto con la parte migliore di sé grazie all’incontro con Ayers.

 Il solista secondo Wright e i suoi protagonisti

 Sono le stesse parole di Joe Wright  a chiarire in un’intervista la sua idea del film e il suo sentirsi, da britannico, un outsider rispetto ad una storia così “americana”: “Mi sono sempre interessato di salute mentale e del potenziale che ha il cinema di esprimere realtà soggettive anche molto estreme, ma non ero sicuro di avere l’autorità per fare un film che riguardasse così intrinsecamente l’esperienza americana”.  “Steve Lopez mi ha portato a conoscere i senzatetto e lì [al Lamp, un rifugio per persone affette da malattia mentale ndr. ] ho realizzato che questo era un film sugli outsider e che, essendo io stesso un outsider, potevo dare qualcosa al film”.

Sull’esperienza con gli homeless di Los Angeles e sul loro impiego come attori nel film il regista ha così commentato: “Ho trascorso molto tempo con la comunità dei senzatetto”.Ho incontrato persone davvero fantastiche e mi sono innamorato di tutti loro. Ero affascinato da loro e ho potuto impiegarli come attori”. “E’ stato molto importante che venissero a fare il film con noi”.

Jamie Foxx ha definito una vera sfida quella di interpretare un personaggio complesso come Nathaniel Ayers: “E’ stata un vera sfida, mi ha messo a dura prova. Questo accade soprattutto quando hai a che fare con questioni che riguardano la mente”. “Quando riesco a catturare un personaggio […], se riesco a  scomparire nel personaggio, allora sono bravo […]. Penso sia ciò per cui sono fatto: trovare questi personaggi ed essere completamente onesto nell’interpretarli”.Questo film è un punto di svolta per me. È molto intenso”.

Ecco il punto di vista di Robert Downey Jr. sull’ambientazione americana del film: “Penso che l’America abbia a che fare con il meglio e il peggio di tutto. […] Ecco perché è il posto giusto per raccontare una storia”.

Frasi significative de Il solista

  • Steve Lopez alle prese con la difficile relazione con Ayers: “E se quindici giorni di medicine, una finestra di quindici giorni su quella che potrebbe essere la sua vita, gli cambiasse la vita, la salvasse?”.
  • David: “Se tradisci quell’amicizia, distruggi l’unica cosa che ha a questo mondo”.
  • Steve Lopez:“Io non voglio essere la sua unica cosa”.
  • Due momenti che chiariscono l’anelito costante alla libertà di Ayers.
  • Nathaniel Ayers: “Questo posto è molto bello, perché suoni e i piccioni applaudono volando via. […] Mi basta alzare gli occhi e so dove sto: sono a Los Angeles, Los Angeles, California”.
  • “Los Angeles significa: angeli. Non puoi negare le ali agli angeli”.
  • Steve Lopez e l’insegnamento più importante di Nathaniel Ayers: “La sua fiducia nella forza della sua arte mi ha insegnato la dignità di essere fedeli a ciò in cui si crede, a non rinunciarvi mai. E soprattutto a credere, senza il minimo dubbio, che ci permetterà di sopravvivere”.

Il sole è anche una stella: trailer di Ry Russo-Young

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Il sole è anche una stella: trailer di Ry Russo-Young

Warner Bros Italia ha diffuso il trailer ufficiale di Il sole è anche una stella, il film diretto da Ry Russo-Young che arriverà al cinema dall’8 Agosto.

Può bastare un solo giorno per vivere l’amore della tua vita? Diretta da Ry Russo-Young (‘Before I Fall’), la pellicola ci porta nelle vite di Daniel Bae e di Natasha Kingsley. I due si incontrano e si innamorano nella turbolenta New York, nell’arco di una sola giornata, proprio quella che sembra essere l’ultima negli Stati Uniti per Natasha e per la sua famiglia. Sul set del film: Yara Shahidi, Charles Melton, Faith Logan.

https://youtu.be/YAdr9-GTTbc

Il sole è anche una stella, la trama

Il romantico universitario Daniel Bae e la pragmatica di origini Giamaicane Natasha Kingsley, si conoscono—e si innamorano—in una notte magica tra il fervore e il turbinio di New York. Tra i due sconosciuti, che forse non si sarebbero mai incontrati se il destino non ci avesse messo lo zampino, scatta immediatamente la scintilla dell’amore. Ma basterà il destino per far sì che il loro amore sia quello giusto? A poche ore da quello che sembra essere il suo ultimo giorno negli Stati Uniti, Natasha lotta tenacemente contro l’espulsione della sua famiglia così come per i suoi sentimenti verso Daniel, che allo stesso tempo tenta di convincerla che il loro destino è quello di stare insieme per sempre.

Una storia dei giorni nostri che racconta di un amore contro ogni probabilità, “Il sole è anche una stella” si domanda se le nostre vite siano determinate dal fato o dagli eventi casuali dell’universo.

Il sole a mezzanotte: trama, cast e libro del film con Bella Thorne

Dopo aver portato nuova linfa alla saga di Step Up con Step Up Revolution, il regista Scott Speer ha intrapreso un percorso attraverso un cinema di genere sentimentale che gli ha permesso di affermarsi a livello internazionale. Il primo titolo a riguardo è Il sole a mezzanotte – Midnight Sun, portato in sala nel 2018 con un cast di promettenti interpreti di Hollywood. La vicenda è quella di Katie, una spensierata adolescente con un unico problema: è affetta da una malattia chiamata xeroderma pigmetosum. Questa non le consente di poter prendere su di sé i raggi solari, ed è pertanto costretta a vivere di notte. L’incontro con un ragazzo cambierà però ogni cosa.

Contrariamente a quanto si pensa, il film non è tratto da un libro, bensì da un film omonimo giapponese distribuito nel 2006. Questo si era affermato come un grande successo in patria e all’estero, tanto da suscitare l’interesse degli studios americani. Vennero così acquistati i diritti per il remake, che consentirono a Speer di trovare un nuovo progetto a cui dedicarsi. Con le riprese svoltesi a Vancouver, in Canada, il progetto ottenne da subito le attenzioni di un pubblico di giovani, curiosi di questa nuova storia che mischia amore e malattia. Come già accaduto per Colpa delle stelle, Il sole a mezzanotte prometteva infatti grandi emozioni.

Al momento del suo arrivo in sala tale promessa venne mantenuta. Il film si rivelò un buon successo di pubblico, arrivando a guadagnare globalmente circa 27 milioni di dollari a fronte di un budget di soli 2. Sempre il pubblico consentì al film di ottenere ulteriore visibilità grazie alle quattro nomination ai Teen Choice Awards, dove vennero riconosciuti in particolare i due interpreti protagonisti. Prima di intraprendere una visione del film, può essere utile conoscere alcune delle principali curiosità legate al titolo. Proseguendo nella lettura, infatti, si ritroveranno ulteriori dettagli sulla trama e sul cast, scoprendo anche quali piattaforme consentono di vedere il film in streaming.

Il sole a mezzanotte: la trama del film

Protagonista del film è la giovane Katie Price, una diciassettenne con grandi sogni e aspirazioni costretta però a vivere sin dall’infanzia al riparo dalla luce del giorno. La ragazza è infatti affetta da una rara malattia che rende per lei particolarmente pericolosa l’esposizione alla luce diretta del sole. La sua vita viene così condotta in modo totalmente diverso e opposto rispetto a quella dei suoi coetanei. Per lei solo la notte è un luogo sicuro, durante il quale poter scoprire il mondo e le sue bellezze. Tale situazione la porta però ad essere inevitabilmente emarginata, possedendo pochissimi amici e contatti.

La sua vita prende una piega inaspettata nel momento in cui si imbatte in Charlie, ragazzo di cui lei ha sempre avuto una cotta. I due hanno finalmente l’occasione per conoscersi meglio, finendo inevitabilmente con l’innamorarsi l’uno dell’altra. Il sentimento verso Charlie è talmente forte che spinge Katie a commettere delle trasgressioni circa la sua malattia, che potrebbero però rivelarsi fatali. Prima che sia troppo tardi, la ragazza dovrà confessare la propria malattia a Charlie, spaventata però dalla reazione che lui potrebbe avere. Per sconfiggere la malattia, l’amore potrà essere tutto ciò di cui Katie ha bisogno, ma perché ciò avvenga dovrà imparare a fidarsi e lasciarsi andare.

Il sole a mezzanotte cast

Il sole a mezzanotte: il cast del film

Per dar vita ad un film con una storia d’amore tanto complessa e appassionante, era necessario trovare degli interpreti che sapessero restituire la bellezza e le tante sfumature dei personaggi protagonisti. Per il ruolo di Katie è così stata scelta Bella Thorne. Divenuta celebre grazie a film come Insieme per forza, La babysitter e Assassination Nation, l’attrice si preparò al ruolo studiando approfonditamente la malattia di cui il suo personaggio è affetto, avendo così la possibilità di risultare più realistica nella sua rappresentazione di questa. Tale ruolo da protagonista si è poi rivelato decisivo per lei, divenuta grazie a Il sole a mezzanotte particolarmente popolare e richiesta per altre produzioni.

Il personaggio di Charlie è invece interpretato da Patrick Schwarzenegger, figlio del celebre Arnold Schwarzenegger. Il ragazzo si era già fatto notare grazie a film come Un weekend da bamboccioni 2 e Dear Eleanor. Quello in Il sole a mezzanotte è però il suo primo ruolo da protagonista, che gli ha consentito di ottenere maggior notorietà nell’industria. Nel ruolo di Jack Price, padre di Katie, si ritrova invece l’attore Rob Riggle, noto per i suoi ruoli comici in film come Una notte da leoni, Scemo & più Scemo e Fratellastri a 40 anni. L’attrice Quinn Shephard, nota anche per La diseducazione di Cameron Post, è invece Morgan, la migliore amica di Katie.

Il sole a mezzanotte: il libro, il trailer e dove vedere il film in streaming

Come si accennava in apertura, Il sole a mezzanotte non è tratto da un romanzo. Tuttavia, parallelamente all’uscita in sala del film è stato pubblicato anche un libro omonimo basato sulla storia narrata nella pellicola. L’autrice di tale volume è la scrittrice Trish Cook, che si è dunque occupata di riportare su carta quanto visibile nel film, potendo però arricchire il tutto di quelle peculiarità dei libri non traducibili al cinema. Si possono così ritrovare i pensieri dei protagonisti, come anche una maggior descrizione dei loro stati d’animo e delle loro reazioni agli eventi che gli capitano. Il libro si può ritrovare facilmente in tutti i principali store online come anche nelle librerie fisiche.

Prima di gettarsi in tale lettura, per gli appassionati del film è possibile fruirne grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il sole a mezzanotte è infatti disponibile nel catalogo di Chili Cinema, Apple iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si ha soltanto un determinato periodo di tempo entro cui vedere il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 11 novembre alle ore 21:20 sul canale Rai 2.

Fonte: IMDb

Il Soldato d’Inverno: diversi look per Bucky Barnes – concept

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Il Soldato d’Inverno: diversi look per Bucky Barnes – concept

Arrivano da Reddit nuovi concept art che raffigurano il Soldato d’Inverno, ovvero Bucky Barnes, protagonista del Marvel Cinematic Universe e trai possibili “successori” di Steve Rogers al ruolo di Captain America.

Winter Soldier Concept Art from marvelstudios

Vedremo il personaggio, interpretato da Sebastian Stan, in Avengers Infinity War.

Avengers Infinity War: il primo teaser dal Comic Con [LEAK]

La sinossi: Mentre gli Avengers continuano a proteggere il mondo da minacce troppo grandi per un solo eroe, un nuovo pericolo emerge dalle ombre cosmiche: Thanos. Despota di intergalattica scelleratezza, il suo scopo è raccogliere le sei gemme dell’Infinito, artefatti di un potere sconfinato, e usarle per piegare la realtà a tutto il suo volere. Tutto quello per cui gli Avengers hanno combattuto ha condotto a questo punto – il destino della Terra e l’esistenza stessa non sono mai state tanto a rischio.

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Avengers Infinity War: 15 villain che potrebbero venire dopo

Avengers Infinity War arriverà al cinema il 4 Maggio 2018. Christopher Markus e Stephen McFeely si occuperanno della sceneggiatura del film, mentre la regia è affidata a Anthony e Joe Russo.

Il cast del film al momento è composto da Cobie Smulders, Benedict Cumberbatch, Chris Pratt, Vin Diesel, Scarlett Johansson, Dave Bautista, Karen Gillan, Zoe Saldana, Brie Larson, Elizabeth Olsen, Robert Downey Jr., Sebastian Stan, Chris Hemsworth, Chris Evans, Tom Holland, Bradley Cooper, Samuel L. Jacksson, Jeremy Renner, Paul Rudd, Peter Dinklage, Mark Ruffalo, Josh Brolin, Paul Bettany, Benedict Wong, Pom Klementieff e Chadwick Boseman.

Il soldato d’inverno di Sebastian Stan sarà un membro del Congresso in THUNDERBOLTS*

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Non si è parlato molto del fatto che il Bucky Barnes di Sebastian Stan sfoggiasse un abito grigio su misura nelle foto del set di maggio di Thunderbolts* dei Marvel Studios.

Tuttavia, dobbiamo guardarle sotto una nuova luce, poiché al SDCC è stato rivelato che Bucky è ora un membro del Congresso.

Se ricordate, in The Falcon and the Winter Soldier, Barnes era incerto su cosa avrebbe dovuto fare nella vita. Con i Vendicatori sciolti e Steve Rodgers invecchiato e uscito di scena, Bucky è stato lasciato alla deriva.

Tuttavia, in un’intervista al SDCC con Wyatt Russell (Agente degli Stati Uniti) e Stan, è stato rivelato che il Soldato d’Inverno indossa abiti più raffinati in questi giorni perché è un legislatore che lavora a Capitol Hill.

Quando si è scherzato sul fatto che Bucky lava il suo braccio di vibranio nella sua lavastoviglie (cosa che avviene davvero secondo il filmato mostrato al SDCC), Russell e Stan hanno scherzato sul fatto che è perché Bucky non ha molto tempo libero.

Sebastian Stan
Sebastian Sten sul red carpet del Festival di Cannes – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

A un certo punto bisogna assicurarsi che le cose vengano pulite, e questo è un modo molto efficiente di farlo velocemente”, ha scherzato Stan a Comicbook. “Usa anche molta meno acqua, molta meno acqua nella lavastoviglie”.

A questo punto Russell si è lasciato sfuggire che Bucky è un membro del Congresso, un dettaglio che probabilmente non doveva essere ancora rivelato.

In base a questa rivelazione, sarà interessante vedere se i Thunderbolts* sono una squadra autorizzata dal governo che lavora per Bucky.

Dato che il tema del film sembra essere quello di dare ai suoi membri una seconda possibilità di redenzione, forse il suo roster è formato da Bucky che vuole dare agli altri la stessa possibilità che Steve ha dato a lui?

Thunderbolts* è un film della Fase 5 del MCU in uscita il 5 maggio 2025. Il film è attualmente destinato a chiudere la Fase 5 del MCU.

Tutto quello che sappiamo su Thunderbolts*

Durante il panel dei Marvel Studios al D23 2022, il presidente dei Marvel Studios  Kevin Feige ha svelato il cast del prossimo film Thunderbolts*, che sarà una squadra composta principalmente da supercriminali e antieroi. Comprende la Contessa Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfus), Red Guardian (David Harbour), Ghost (Hannah Jon-Kamen), US Agent (Wyatt Russell), Taskmaster (Olga Kurylenko), Yelena Belova/Black Widow (Florence Pugh) e Il Soldato d’Inverno (Sebastian Stan).

Secondo quanto appreso la contessa Valentina Allegra de Fontaine metterà insieme la squadra e potrebbe anche essere parzialmente responsabile della creazione di Sentry. Thunderbolts* è attualmente previsto nelle sale il 2 maggio 2025. Il film sarà diretto da Jake Schreier, la cui storia come regista non è estremamente ampia, avendo lavorato solo a Robot & Frank del 2012, Paper Towns del 2015 e alla versione filmata del 2021 di Chance the Rapper’s Magnificent Coloring World Tour.

Il sol dell’avvenire: trailer del nuovo film di Nanni Moretti

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Il sol dell’avvenire: trailer del nuovo film di Nanni Moretti

01 Distribution ha diffuso il trailer di Il sol dell’avvenire, il nuovo film di Nanni Moretti che con ogni probabilità vedremo al prossimo Festival di Cannes. Protagonisti Nanni Moretti,  Margherita Buy, Silvio Orlando, Mathieu Amalric, Barbora Bobulova. Tra i temi del film ci sono il cinema, il circo, gli anni ’50.

Il sol dell’avvenire, recensione del film di Nanni Moretti

Il sol dell’avvenire, recensione del film di Nanni Moretti

Dopo Tre piani, Nanni Moretti torna dietro – e davanti – la macchina da presa con Il sol dell’avvenire, che tra commedia e dramma rappresenta una summa del Moretti regista, della sua concezione di cinema e del rapporto con gli attori, ma anche del Moretti uomo dai saldi principi, faticoso nei rapporti, scaramantico, con le sue idiosincrasie, sarcastico e tagliente – metaforicamente e letteralmente. Il Moretti che tutti conoscono, dai tempi di Ecce Bombo, insomma. Il film, che sarà in concorso al prossimo Festival di Cannes, accanto a Bellocchio e Rohrwacher, rappresenta anche un momento di autocritica e riflessione su sé stesso, soprattutto per quel che riguarda affetti e relazioni. Senza tralasciare la passione politica che ha sempre contraddistinto il regista.

La trama de Il sol dell’avvenire

Giovanni, Nanni Moretti,  è un regista alle prese con un film ambientato nel ’56, al tempo dell’invasione russa in Ungheria. In questo film, Silvio Orlando interpreta Ennio, un giornalista de L’Unità, animatore di una sezione del Pci al Quarticciolo. Accanto a lui, Barbora Bobulova veste i panni di Vera, una sarta, attivista del medesimo circolo. Proprio nei giorni in cui i carri armati entrano in Ungheria, la sezione romana ospita il circo ungherese Budavari. Ennio e Vera si trovano, come tutti i militanti del Pci, a dover prendere posizione riguardo ai fatti di Ungheria. Lo spettatore segue Giovanni e la sua troupe sul set, alle prese con i problemi quotidiani. Intanto, Giovanni sta pensando anche a un altro suo progetto cinematografico: un film incentrato sulla storia d’amore tra due ragazzi, con colonna sonora di canzoni italiane anni ’60. Nella vita privata del protagonista, poi, sta per succedere qualcosa di inatteso: sua moglie, Margherita Buy, che è anche la sua produttrice, vuole lasciarlo da tempo e sta cercando il modo giusto per dirglielo, mentre sua figlia, Valentina Romani, intraprende una relazione sentimentale con un uomo molto più grande di lei. Le certezze di Giovanni sembrano crollare e lui si trova spaesato.

Il sol dell’avvenire, summa morettiana

Il sol dell’avvenire sembra una summa di tutti i lavori più iconici di Moretti: da Ecce Bombo a Sogni d’oro, da La messa è finita, a Palombella rossa. Un florilegio, un amarcord – con il richiamo felliniano del circo – pieno di citazioni dei suoi film precedenti. Si parte dal nome del protagonista, Giovanni, e dalla coperta di Sogni d’Oro, per arrivare alla sua passione per i dolci, alle disquisizioni sulle scarpe – imperdibile il monologo sui sabot – al monopattino che prende il posto della storica vespa, a tante altre che lo spettatore più appassionato potrà divertirsi a scovare. Complice un finale rigorosamente top secret, il film sembra la chiusura di una fase, se non di una carriera – cosa fermamente smentita dal regista. Ne Il sol dell’avvenire c’è il Moretti che piace alla follia o si odia. Quello che i detrattori dicono noiosamente egoriferito e chi lo ama non vede l’ora di vedere. Perché si riconosce nel suo spirito tagliente e condivide parecchie delle sue considerazioni, ne apprezza la franchezza e la coerenza con cui tiene fede alla propria identità, nonostante le critiche.

Coerenza e coesione ne Il sol dell’avvenire

Nonostante la struttura complessa – due film nel film – le sceneggiatrici Federica Pontremoli, Valia Santella e Francesca Marciano hanno fatto, insieme con Nanni Moretti, un ottimo lavoro. Non era facile tenere tutto assieme, ma ci sono riusciti senza annoiare, dando dinamicità e riuscendo al tempo stesso a mantenere chiari i diversi filoni narrativi. Il sol dell’avvenire è un film estremamente coeso e coerente. Si può dire che i due film, uno girato e l’altro immaginato dal regista, rappresentino un po’ i due filoni lungo i quali Moretti si è sempre mosso: quello dei rapporti umani, privato, e quello politico, da regista e da uomo politicamente e socialmente impegnato quale è sempre stato. Entrambi confluiscono nel prodotto finale, restituendo un quadro completo della personalità del regista e del suo cinema. La durata, poi, non è eccessiva, e ciò fa sì che il lavoro non si disperda e diluisca in rivoli poco proficui, risultando anzi, anche poetico in alcuni momenti.

Lo stupore negli occhi

Un elemento che rimane impresso anche dopo la visione de Il sol dell’avvenire ed è ricorrente nel film, è lo sguardo stupito, esterrefatto del regista di fronte ad alcune cose del mondo, ad alcuni cambiamenti, talvolta derive, attuali, ma anche ad alcuni aspetti del carattere o dei gusti altrui, che lo lasciano, appunto basito. Valga ad esempio il gustosissimo colloquio con i dirigenti di Netflix. È da apprezzare questo coraggio di stupirsi, di essere ancora esterrefatti, se è il caso, di indignarsi, anziché farsi scivolare tutto addosso, come assuefatti. Questo, Moretti riesce ancora a farlo e forse invita anche lo spettatore a ritrovare lo stupore, perché, come afferma, “due o tre principi bisogna pure averli”.

Moretti cineasta intransigente ne Il sol dell’avvenire

Il Moretti regista si descrive qui come lo si immaginava, e forse anche peggio, nel suo essere dispotico e impositivo: l’ascolto, e il canto delle canzoni sul set per prepararsi a girare, l’attrice che deve obbedire, altrimenti viene cacciata, a costo di ricominciare da capo il film. Ma anche un’idea di cinema chiarissima e difesa a spada tratta, come nella godibilissima e surreale sequenza del film violento che Moretti interrompe. È un’estremizzazione, ma risponde a un’etica del cinema, a una visione reale, a un rifiuto categorico della violenza come forma di intrattenimento fine a sé stessa: “Comincerete a piangere perché vi renderete conto di quello che avete combinato”, dichiara il protagonista al suo giovane collega. Sulla propria visione del cinema Moretti non ha tentennamenti e non la mette in discussione, come non mette in discussione l’istituzione della sala, verso cui dichiara, anche da esercente, amore incondizionato.

Autocritica privata

Ciò su cui invece il regista pare riflettere anche in maniera autocritica è il sé privato. Forse è un segno dei tempi, rappresenta un elemento nuovo. Così, la convinzione iniziale di essere “delizioso” lascia il posto al dubbio, alla messa in discussione di sé, alla consapevolezza di un carattere non facile e a un tentativo di ammorbidimento di alcuni aspetti, alla ricerca di un dialogo, per andare incontro a degli affetti che non vuole perdere.

Qualcosa di sinistra ne Il sol dell’avvenire

Da un regista politico, nel senso più ampio del termine, per cui ogni inquadratura e sfumatura è un atto politico, non ci si poteva poi non attendere un riferimento alla politica in senso stretto, alla sinistra, verso cui, da elettore e cittadino, Moretti è sempre stato critico in maniera costruttiva. Basti pensare alla famosa scena di Aprile in cui esortava l’allora segretario del PDS D’Alema a dire “una cosa di sinistra” in un dibattito televisivo. Qui Moretti richiama sarcasticamente “il sol dell’avvenire” garibaldino prima e partigiano poi, non ancora apparso all’orizzonte, e pensa bene di intervenire direttamente, come non sveliamo. Compie però un gesto a suo modo rivoluzionario, contrario al realismo del “la storia non si fa coi se”. Il gesto poetico di un sognatore che vuole vedere in qualche modo realizzata l’utopia in cui ha creduto, che, superato il mezzo del cammin della propria vita, pensa bene di realizzarsela da sé. Forse proprio la sua coerenza, il non vergognarsi mai della propria identità, l’orgoglio nel rivendicarla che c’è ne Il sol dell’avvenire, una visione non solo del cinema, ma anche della società, propria di Moretti, che può insegnare molto alla sinistra italiana. Una visione su cui si può dibattere, dissentire, discutere, ma pur sempre una visione, che forse i partiti di sinistra hanno perso da tempo. Una visione in cui anche il dialogo con le nuove generazioni è importante, per spiegare cosa è stato a chi non lo sa, non lo ha vissuto.

Il cast de Il sol dell’avvenire

Infine il cast de Il sol dell’avvenire: un insieme ben assortito di certezze e nuovi ingressi, come Barbora Bobulova, perfettamente integrata nel gruppo. Dal canto suo, Margherita Buy, al quinto film con Moretti, riesce ancora a creare un bilanciamento perfetto con il regista e attore, facendo da contrappeso alla sua figura ingombrante, ricavandosi anche uno spazio più ampio. Silvio Orlando, che torna a collaborare con Moretti a diciassette anni di distanza da Il caimano, interpreta sé stesso ed Ennio con la consueta misura, ma anche con dei guizzi espressivi degni di nota. Nel cast anche Mathieu Amalric nel ruolo di un eccentrico amico finanziatore, e una serie di giovani attori. Valentina Romani è reduce dal successo di Mare Fuori e qui sa calarsi in un personaggio totalmente diverso. Altri giovani offrono buone prove, come Blu Yoshimi, molto intensa ed efficace, e Giuseppe Scoditti. A completare il lavoro, una colonna sonora in cui ritroviamo il Franco Battiato caro a Moretti – in un momento davvero poetico del film – ma anche altri classici della canzone d’autore italiana, come De André o Luigi Tenco, accanto a Noemi e Aretha Franklin. Il sol dell’avvenire, prodotto da Sacher Film e Fandango, con Rai Cinema e Le Pacte, è in sala dal 20 aprile.

Il Sol dell’Avvenire, ecco il poster del nuovo film di Nanni Moretti, al cinema dal 20 aprile

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È stato diffuso il primo poster de Il Sol dell’Avvenire, il nuovo film di Nanni Moretti che arriverà al cinema il prossimo 20 aprile e che vede nel cast, oltre allo stesso Moretti, anche Margherita Buy, Silvio Orlando, Mathieu Amalric, Barbora Bobulova. 

Il film è ambientato tra gli anni ’50 e ’70 nel mondo del circo e del cinema. Girato a Cinecittà, prodotto dalla Sacher Film e da Fandango con Rai Cinema, il film sarà distribuito da 01 Distribution.

Il Sol dell’Avvenire, il poster

Il sol dell’avvenire al cinema Corallo introdotto da Federica Pontremoli

Il nuovo film di Nanni Moretti, Il sol dell’avvenire, in gara al Festival di Cannes 2023, a Genova esce giovedì 20 aprile al cinema Corallo (via Innocenzo IV 13, tel. 010 8687408), dove alle 21 sarà introdotto da Federica Pontremoli, autrice del soggetto e della sceneggiatura insieme a Francesca Marciano, Valia Santella e lo stesso Moretti. Protagonista della commedia è l’attore e regista francese Mathieu Amalric, che recita accanto a un cast guidato da Margherita Buy e Silvio Orlando, con Barbora Bobulova, lo stesso Nanni, Elena Lietti, Jerzy Stuhr, Laura Nardi, Beniamino Marcone, Rosario Lisma, Flavio Furno, Francesco Brandi. Girato a Cinecittà, è prodotto da Moretti con Sacher Film, da Domenico Procacci di Fandango con Rai Cinema.

Poco si sa della trama del film, se non che il protagonista Giovanni (lo stesso Moretti) è un regista che sta girando un film sui fatti d’Ungheria, che Moretti anziché andare per le strade di Roma in Vespa come faceva in Caro diario qui inforca un monopattino elettrico, che a un certo punto arriva un circo ungherese e la scena si sposta sotto il tendone, che c’è uno psicanalista, che si parla anche di amori, separazioni, calcio, streaming, Stalin e Trotsky, che si canta e si balla, e che il finale è allegro: una rivincita del cinema sulla politica e dell’arte sulla storia.

Federica Pontremoli, genovese, laureata in Lettere moderne, si diploma in sceneggiatura nel 1993 presso il Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Nel 2001 dirige il suo primo lungometraggio, Quore, di cui ha scritto anche soggetto e sceneggiatura. Nel 2003 è tra i vincitori del Premio Sacher, indetto dalla casa di produzione di Nanni Moretti, per il soggetto del cortometraggio Baci da Varsavia. Per questo motivo viene poi scelta da Moretti come coautrice della sceneggiatura di Il caimano. Da allora collabora con numerosi registi, tra cui Silvio Soldini per Giorni e nuvole, Giuseppe Piccioni per Giulia non esce la sera, Francesca Comencini per Lo spazio bianco. Nel 2011 torna a lavorare con Nanni Moretti in Habemus Papam, firmando la sceneggiatura insieme a Moretti e Francesco Piccolo. Nel 2012 scrive, insieme a Ferzan Özpetek, la sceneggiatura di Magnifica presenza. Nel 2021 collabora nuovamente con Moretti per il film Tre piani. Gli altri film di cui ha firmato la sceneggiatura sono Generazione 1000 euro di Massimo Venier (2009), Meno male che ci sei di Luis Prieto (2009), la miniserie tv Nel bianco di Peter Peter Keglevic (2010), Il giorno in più di Massimo Venier (2011) e Ho ucciso Napoleone di Giorgia Farina (2015).

Il Sogno di Aegon modifica la storia de Il Trono di Spade? La spiegazione completa

Il Sogno di Aegon il Conquistatore, da lui chiamato Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, viene rivelato in House of the Dragon, una svolta sorprendente che riconcilia i fan con Il Trono di Spade e riformula la sconfitta degli Estranei. House of the Dragon è ambientata molto prima de Il Trono di Spade, circa 172 anni prima della morte del Re Folle e della nascita di Daenerys Targaryen. Ma ciò non significa che i due show sono indipendenti e che non possano avvenire casi di “retcon”, ovvero di cose che accadono nel prequel che in qualche modo correggono o modificano cose già accadute nella “serie madre”.

Il Sogno di Aegon delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco è stato una grande rivelazione nella stagione 1 di House of the Dragon, e ha continuato a influenzare lo show e la Danza dei Draghi. Non solo cambia ciò che si sapeva sulla storia di Casa Targaryen, ma ricostruisce anche Il Trono di Spade e significa che alcuni eventi, in particolare della stagione 8, possono essere visti sotto una luce diversa. Grazie a ScreenRant, ecco un’analisi approfondita del Sogno di Aegon e di cosa significa sia per la serie prequel sia per l’originale.

Cosa significa veramente il Sogno di Aegon delle Cronache del ghiaccio e del fuoco?

Come la profezia è legata agli Estranei

L’episodio 1 della stagione 1 di House of the Dragon si è concluso con Re Viserys I Targaryen che ha nominato Rhaenyra, sua figlia, erede al Trono di Spade. Quella è stata una decisione fondamentale per la storia della serie, ma c’era molto di più. Essendo nominata sua erede, Rhaenyra deve essere messa a parte del segreto che tutti i Re Targaryen (e ora l’aspirante Regina) hanno custodito: del Sogno di Aegon Targaryen, che Viserys racconta:

“Aegon aveva previsto la fine del mondo degli uomini. Comincerà con un terribile inverno, che si scaglierà dal lontano Nord. Aegon vide l’oscurità assoluta cavalcare quei venti, e qualunque cosa vi albergherà, distruggerà il mondo dei vivi. Quando questo grande L’inverno arriverà, Rhaenyra, tutto Westeros deve opporsi ad esso. E se il mondo degli uomini vuole sopravvivere, un Targaryen deve essere seduto sul Trono di Spade, un Re o una Regina abbastanza forte da unire il regno contro il freddo e l’oscurità. Aegon chiamò il suo sogno ‘Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco.'”

Il Sogno di Aegon è qualcosa che dovrebbe essere familiare agli spettatori de Il Trono di Spade, perché predice l’arrivo degli Estranei e la seconda Lunga Notte. Il terribile inverno, l’oscurità e la minaccia che rappresenta un rischio per il mondo intero sono una buona sintesi dell’Esercito dei Morti del Re della Notte, anche se quel sogno non si sarebbe avverato per circa 300 anni dopo aver conquistato Westeros.

La profezia di Aegon aggiunge nuova profondità a Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, dandole un significato più letterale: Ghiaccio = Estranei e Fuoco = Targaryen e i loro draghi. Riformula la Conquista di Aegon, da un atto di pura ambizione e potere a uno atto con uno scopo più nobile.

La profezia di Aegon è nei libri delle Cronache del ghiaccio e del fuoco?

George R.R. Martin introdurrà il sogno nei suoi romanzi?

Il Sogno di Aegon Targaryen non è menzionato ne Il Trono di Spade, né la sua profezia de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco appare nella serie di libri da cui prende il nome. Si tratta di informazioni nuove di zecca offerte da House of the Dragon, ma non sono troppo dissimili da altre profezie riguardanti gli Estranei e il modo in cui verranno sconfitti.

Si dice che Azor Ahai sia un grande eroe che brandirà la spada infuocata, Portatrice di Luce; si parla della profezia del Principe che fu Promesso, che spesso viene considerata in modo intercambiabile rispetto a quella di Azor Ahai, e che contenga “un canto di ghiaccio e fuoco”. Entrambi, significativamente, sono radicati nella stessa idea della dualità del ghiaccio e del fuoco alla fine del mondo.

Ovviamente è troppo tardi perché il Sogno di Aegon sia ne Il Trono di Spade, ma potrebbe ancora essere nei libri Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin. L’autore ha ancora due romanzi da finire – la data di uscita di The Winds of Winter è tanto attesa quanto ritardata, e a questo si spera seguirà A Dream of Spring – e ha impostato gli Estranei come minaccia principale.

Martin dedica molto più tempo alle profezie rispetto a Il Trono di Spade, e con Daenerys ancora in arrivo a Westeros, ci sono buone probabilità che alcune cose vengano rivelate nel testo ad un certo punto. In particolare, Martin ha co-creato House of the Dragon e ha dato la sua approvazione per il racconto del Sogno, il che supporta ulteriormente l’idea che ne farà un libro canonico.

I Targaryen di Il Trono di Spade erano a conoscenza della profezia degli Estranei di Aegon?

Non c’è alcun suggerimento che Daenerys o Jon Snow ne fossero a conoscenza

Emilia Clarke DaenerysI principali Targaryen di Il Trono di Spade non conoscevano Il Sogno di Aegon in merito agli Estranei, anche se questo di per sé ha senso. La dinastia Targaryen finì prima ancora che Daenerys nascesse, mentre Viserys stesso era solo un bambino piccolo e pochi sapevano che Jon Snow era un Targaryen.

È possibile che maestro Aemon Targaryen fosse a conoscenza del sogno di Aegon: era il figlio di un re e un più che plausibile candidato al trono, mentre si sa che suo fratello, Daeron, sognava i draghi. Aemon è certamente a conoscenza della profezia del Principe che fu Promesso contenuta nei libri, ed è possibile che questi possano essere collegati o essere stati fusi nel corso degli anni.

Rhaegar Targaryen, invece, era ossessionato dalla profezia del Principe che fu Promesso; credeva che potesse essere lui o suo figlio. In quanto erede del Re Folle, Aerys II, è possibile che lo abbia saputo da suo padre (se il segreto fosse sopravvissuto lungo la dinastia Targaryen, è probabile che Aerys lo abbia tramandato a suo figlio come Viserys con Rhaenyra in House of the Dragon). Parla, però, della canzone del ghiaccio e del fuoco, come sente Daenerys nelle sue visioni della Casa degli Immortali nella seconda stagione de Il Trono di Spade, dove dice: “Aegon. Quale nome migliore per un re… Lui è il principe promesso, e la sua è la canzone del ghiaccio e del fuoco.”

È plausibile che anche Rhaegar fosse a conoscenza del sogno delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, o ne avesse sentito abbastanza da poterlo intrecciare con la profezia del Principe che fu Promesso, e forse pensava anche che il bambino dovesse chiamarsi Aegon, il che potrebbe anche spiegare perché per Jon Snow sia stato scelto proprio il nome di Aegon Targaryen.

La profezia di Aegon è la stessa del Principe che fu Promesso?

Le due profezie sono collegate

Come accennato, c’è una certa sovrapposizione nel tema e nello scopo tra le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco del Sogno di Aegon e la profezia del Principe che fu Promesso de Il Trono di Spade. Ciò avviene per una buona ragione, dato che i due sono indissolubilmente legati, come confermato dall’episodio 4, stagione 1 di House of the Dragon. Osservando l’iscrizione sulla lama d’acciaio di Valyria che diventerà nota come pugnale a spada, si scopre: “Dal mio sangue proviene il principe che fu promesso, e suo sarà il canto del ghiaccio e del fuoco”.

È incredibilmente simile a quello che Rhaegar dice a Daenerys, il che suggerisce che potrebbe averlo saputo lui stesso dal pugnale, che avrebbe potuto appartenergli prima della fine della dinastia Targaryen. La profezia del Principe che fu Promesso predice un leader o un eroe che ha “una canzone di ghiaccio e fuoco” ed è tipicamente usata in modo intercambiabile con quella di Azor Ahai. In poche parole, il Principe Promesso, Azor Ahai e il Sogno di Aegon riguardano la sconfitta degli Estranei.

House of the Dragon sembra suggerire che il Principe che fu Promesso sia in realtà parte del Sogno di Aegon, piuttosto che una profezia separata, e che il Targaryen che siederà sul Trono di Spade quando arriverà l’oscurità sarà quel salvatore. Poiché la parola “principe” è di genere neutro in Alto Valyriano, significa anche che potrebbe essere una donna, come Rhaenyra o Daenerys.

Sebbene sia probabile che Martin aggiunga il Sogno di Aegon ai libri, non può essere che questa profezia si confonda completamente con quella del Principe che fu Promesso, come nota Melisandre in Una Tempesta di Spade il salvatore fu profetizzato migliaia di anni fa. Tuttavia, è possibile che Aegon ne abbia sentito parlare e, dopo il suo sogno, si sia convinto che il principe promesso sarebbe stato un Targaryen.

Come il Sogno di Aegon ha cambiato la Danza dei Draghi

Ha un impatto importante sulla guerra civile dei Targaryen in House of the Dragon

Alicent Viserys House of the Dragon episodio 9Il Sogno di Aegon non esiste solo per predire eventi futuri, ma modella anche la narrativa in corso della serie prequel. Ciò è accaduto in entrambe le stagioni 1 e 2, con importanti ramificazioni sulla relazione tra Rhaenyra Targaryen e Alicent Hightower e sulla famiglia Targaryen nel suo insieme.

In House of the Dragon stagione 1, episodio 8, Viserys confuso e morente racconta la storia del sogno di Aegon ad Alicent, confondendola per sua figlia Rhaenyra. Dato che Alicent non aveva alcuna conoscenza preliminare della profezia, interpretò il racconto farfugliato come una nomina di suo figlio, sempre Aegon, come suo erede al posto di Rhaenyra, portandola così a sostenere la sua pretesa e a farlo incoronare re. La guerra civile sarebbe forse scoppiata comunque, ma il sogno di Aegon ha portato direttamente alla Danza dei Draghi.

Nella seconda stagione, nell’Episodio Il Mulino in fiamme, Alicent viene a conoscenza del suo errore riguardo alle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Tuttavia, a quel punto è “troppo tardi” per lei per cambiare qualcosa: il sangue è stato versato da entrambi i lati, gli stendardi gridano e il regno è stato diviso. La profezia del Conquistatore ha reso l’intera storia un tragico malinteso.

In che modo la profezia delle Cronache del ghiaccio e del fuoco di Aegon cambia la sconfitta degli Estranei

Il sogno non risolve esattamente i problemi della stagione 8 di Il Trono di Spade

La rivelazione del Sogno di Aegon da parte di House of the Dragon serve effettivamente a ricostruire lo show madre, nella misura in cui non è mai stato detto prima, e cambia il modo in cui vengono inquadrati gli eventi che portano alla fine di Il Trono di Spade. Se Daenerys e Jon avessero conosciuto anche le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, le loro azioni sarebbero state diverse? Forse.

Parte dello scopo delle profezie ne Il Trono di Spade è che spesso si autoavverano, spingendo le persone a compiere azioni che altrimenti non avrebbero potuto compiere. Daenerys voleva comunque Il Trono di Spade, ma ha interrotto la sua missione per aiutare a combattere l’esercito della Notte; non è del tutto irragionevole pensare che quegli eventi avrebbero potuto essere invertiti se lei avesse saputo del Sogno di Aegon.

Indipendentemente da tutto, il sogno di Aegon ha alcune conseguenze sfortunate su Il Trono di Spade. Non cambia la storia, ma cambia la percezione in cui si sono svolti gli eventi della stagione 8.

Il software Siri geloso di Scarlett Johansson

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Scarlett Johansson Siri geloso A quanto pare la bellezza di Scarlett Johansson non fa solo girare la testa gli uomini e morire d’ividia le donne. Adesso sembra che anche Siri, la voce ‘assistente’ dell’iPhone, abbia qualcosa da ridire contro la bella e brava attrice.

Sappiamo che la Johansson è reduce da una straordinaria performance in Her, film di Spike Jonze, in cui interpreta appunto una intelligenza artificiale, una voce che assiste il protagonista come fosse una segretaria virtuale e che riesce a modificarsi e ad evolversi in base alle interazioni con questo suo proprietario (interpretato da uno straordinario Joaquin Phoenix).

LEGGI LE RECENSIONE DI HER

Ma cosa c’entra Siri geloso? A quanto pare, se le viene chiesto qualcosa in merito al film, la voce artificiale avrà solo commenti negativi per la voce di Scarlett…e pensare che secondo noi si tratta della migliore interpretazione dell’attrice!

I commenti di Siri variano dal vago “Nella mia opinione, da un brutto nome ad un’intelligenza artificiale” al più deciso “Il ritratto di una intelligenza artificiale in Her è oltre l’artificiale”.

SCARLETT JOHANSSON ESCLUSA DAI GOLDEN GLOBE

Che ne pensate? Provate ad ascoltare il vostro Siri e a vedere cosa vi dice!Fonte: JJ

Il socio: trama e cast del film con Tom Cruise

Il socio: trama e cast del film con Tom Cruise

I cosiddetti legal thriller sono certamente una delle sottocategorie più affascinanti di quel vasto e sfaccettato genere che è il thriller. Numerosi sono i titoli che nel corso degli anni hanno fatto la fortuna di questo, portando le storie di avvocati, processi o questioni legate al mondo giudiziario a ritagliarsi il proprio posto di rilievo nel mercato cinematografico. Titoli come Il rapporto Pelican, Michael Clayton e Il cliente sono solo alcuni dei titoli più famosi. Tra questi si annova anche Il socio, film del 1993 diretto da premio Oscar Sydney Pollack.

Si tratta dell’adattamento dell’omonimo romanzo scritto da John Grisham e pubblicato nel 1991. Il libro si affermò come un best seller e diede popolarità internazionale al suo scrittore, oggi tra i più popolari in quanto a racconti di genere thiller giudiziario. Il socioe, in qualche modo, offre uno spaccato di quella parte dell’avvocatura votata soltanto al profitto, senza riguardo all’interesse per la legalità o la giustizia, anche a costo di compromessi con la malavita organizzata, mantenendo, tuttavia, sempre una apparenza pubblica ipocritamente integerrima.

Affermatosi come un grande successo, con un incasso globale di oltre 270 milioni di dollari, il film tratto da questo racconto è ancora oggi considerato uno dei thriller più entusiasmanti e importanti degli anni Novanta. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Il socio: la trama del film

Protagonista del film è Mitch McDeere, un ambizioso giovane appena laureato in legge a pieni voti ad Harvard. Dopo tanti sacrifici, egli viene contattato da un piccolo ma facoltoso studio legale, il Bendini, Lambert & Loke, che gli propone un posto da associato. Mitch ha infatti tutti i requisiti in regola per entrare a far parte del team e le condizioni offerte sono talmente allettanti che Mitch e la sua giovane moglie Abby non tardano a trasferirsi nella tranquilla Memphis. Il giovane si tuffa così a capofitto nel lavoro, sotto la supervisione di un socio più anziano, Avery Tolar, ma qualcosa di strano inizia ben presto ad avvenire. Mitch, infatti, si accorge che ci sono strani misteri in quello studio.

Un paio di soci muoiono in un incidente misterioso e alcune parcelle piuttosto ambigue iniziano a girare tra le scrivanie. Le sue intuizioni vengono poi confermate dall’FBI, che lo contatta per svelagli che si trova in grave pericolo a lavorare in quello studio. Tutte le aspettative di Mitch crollano rapidamente e perfino la sua amata moglie, esasperata dagli eventi, decide di abbandonarlo. Quello che doveva essere l’inizio di un sogno si trasforma in un incubo sempre più complesso. Mitch, incastrato tra FBI, la mafia e la sua società, decide di cominciare le sue indagini alla ricerca della verità.

Il socio cast

Il socio: il cast del film

Ad interpretare il ruolo del giovane avvocato Mitch McDeere vi è l’attore Tom Cruise. Egli, quando venne a conoscenza del progetto, era anche intenzionato a ricoprire il ruolo di regista, il che avrebbe fatto di Il socio il suo debutto dietro la macchina da presa. Cruise preferì però rinunciare a questa, concentrandosi sul suo personaggio. Per prepararsi al meglio, egli approfondì le materie giuridiche e incontrò diversi avvocati da cui poter apprendere le basi della professione. Accanto a lui, nel ruolo di sua moglie Abby vi è invece l’attrice Jeanne Tripplehorn, qui al suo secondo ruolo dopo il film Basic Instinct. Ad interpretare il mentore di Mitch, Avery Tolar, vi è invece il premio Oscar Gene Hackman. L’attore entrò a far parte del film soltanto poche settimane prima dell’inizio delle riprese.

La sua partecipazione su però per molti una sorpresa, poiché il nome dell’attore non compariva sulla locandina del film. Ciò era dovuto ad una clausola presente nel contratto di Cruise, per cui il nome di quest’ultimo doveva essere l’unico a trovarsi sopra il titolo. Non potendo ricoprire quella posizione, Hackman preferì non far comparire il suo nome. Nel film si ritrovano poi gli attori Hal Holbrook nel ruolo di Oliver Lambert e Gary Busey in quello del detective Eddie Lomax. Ed Harris è invece l’agente Wyane Terrance, mentre l’attrice Holly Hunter è Tammy Hemphill, la segretaria di Eddie. Quest’ultima ottenne una nomination agli Oscar come attrice non protagonista pur comparendo nel film per appena 5 minuti e 59 secondi.

Il socio: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il socio è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili, Google Play, Apple TV+ e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 25 febbraio alle ore 23:35 sul canale TV8.

Fonte: IMDb

Il sociale raccontato con stile: Matteo Garrone

Il sociale raccontato con stile: Matteo Garrone

La notizia ufficiale apparirà soltanto il 19 aprile, ma l’ultimo film di Matteo Garrone, Big House, sembra avviato verso la selezione ufficiale del 65 festival di Cannes. Il regista italiano, divenuto famoso grazie a Gomorra e già premiato con il Gran Prix Speciale della Giuria nel 2008, ha scelto come tema del suo ultimo film il mito dei reality show e il modo in cui questi influiscono sulla vita di determinate persone. La scelta di tale soggetto, un fenomeno tipico del mondo contemporaneo, conferma l’interesse di Garrone per il tessuto sociale e materiale in cui viviamo e la sua necessità di scandagliare situazioni reali e concrete.

Il regista, classe 1968, già dai suoi esordi manifesta infatti un forte interesse per le dinamiche sociali, accompagnato da uno stile peculiare di fare cinema. Egli, infatti, dopo essersi diplomato al Liceo Artistico nel 1986, si dedica per molti anni soltanto alla pittura, imparando così tutto il potere delle immagini e la loro forza prima di avventurarsi nel mondo del grande schermo.

L’esordio di Garrone come regista, nel 1996, non passa inosservato: con il cortometraggio Silhouette vince il Sacher Festival organizzato da Moretti e, l’anno successivo, è già in grado di girare il suo primo lungometraggio, Terra di Mezzo. Questo film, diviso in tre parti, racconta tre storie di immigrazione (una delle quali è ripresa dal corto Silhouette) ambientate nella città di Roma e ha già in nuce quel particolare stile, il fondere insieme la fiction e il documentario, la storia e la forza dell’immagine reale, che Garrone porterà avanti lungo tutta la sua filmografia.

Negli anni 1997/1998 gira due documentari: il primo a New York, Bienvenido espiritu santo e il secondo a Napoli, Oreste Pipolo, fotografo di matrimoni. Il 1998 è un anno particolarmente produttivo per il regista, poiché prima firma, insieme a Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata, il cortometraggio Un caso di forza maggiore e poi, da solo, il suo secondo lungometraggio, Ospiti, presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Questa pellicola, che racconta la storia di due ragazzi albanesi arrivati da poco a Roma, tratta il tema dell’immigrazione da un punto di vista originale e prosegue il filone iniziato con Terra di Mezzo: le riprese sembrano quasi da documentario, viene utilizzata molto la telecamera a spalla e la realtà entra nella storia in maniera prepotente, sia per le ambientazioni reali e per il suono in presa diretta, che per l’impiego di attori non professionisti. Il cinema per Garrone non deve essere solo spettacolo, ma un mezzo al servizio della realtà. Un mezzo forte che, grazie, alle immagini, possa non tanto denunciare determinate dinamiche, ma riportarle, comunicarle e quasi trascenderle attraverso le immagini.

Il suo stile, che deriva dalla combinazione sapiente di elementi di assoluta improvvisazione e da un’attenta ricerca formale, è diverso da quello di chiunque altro e giunge a maturazione nel suo terzo lungometraggio, Estate Romana. Questo film, una fiction che si avvicina molto al genere della commedia, è girato con uno stile documentaristico e vede come perno narrativo la città di Roma in attesa del Giubileo. Una Roma non solo impacchettata e ribaltata da cantieri e palazzi in costruzione, ma soprattutto percorsa da eccentrici protagonisti che testimoniano nuovamente i disagi esistenziali che Garrone aveva accennato nei suoi film precedenti.

Inoltre il suo modo di concepire il cinema e l’originalità tipica dell’autodidatta si concretizzano in produzioni molto particolari: la sua troupe è sempre numericamente ridotta, quasi una famiglia, lui stesso spesso e volentieri è l’operatore di macchina, proprio per quell’esigenza di cogliere gli attimi di realtà che entrano nella finzione, per essere sicuro di riuscire a rendere quell’insinuarsi della vita vera nell’interpretazione attoriale. Fino a questo momento, però, i film di Garrone non riscuotono alcun successo di pubblico. Il suo nome, infatti, circola solo tra i critici e all’interno dei festival.

La svolta nella sua carriera si ha solo nel 2002, quando l’Imbalsamatore, presentato anche a Cannes, vince il David di Donatello per la miglior sceneggiatura. Questo film, prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci, attraverso il rapporto a tre che si instaura tra un nano imbalsamatore, il suo assistente e la ragazza di quest’ultimo, disegna un triangolo ambiguo di individui perdenti, egoisti e borderline, in lotta tra loro nella ricerca disperata di un legame affettivo durevole e profondo. Il noir di Garrone, nonostante il budget consistente messo in campo dalla casa di produzione, mantiene fede al suo stile originario: ogni orpello e arricchimento viene messo da parte, l’attenzione per lo scorrere della realtà resta comunque preponderante, così come la ricerca formale. Ciò che interessa al regista è la rivelazione dell’essenziale, l’equilibrio effimero tra la realtà e l’astrazione pittorica.

Tale tendenza stilistica prosegue nel 2004 con l’uscita nelle sale di Primo Amore, in concorso alla 54°Berlinale, la storia drammatica di un orafo che impone alla sua ragazza una dieta rigidissima perché si avvicini il più possibile al suo modello di donna ideale. Una storia di amore folle e perverso che Garrone prova a registrare oggettivamente, sospendendo ogni giudizio. Questo film, così come i precedenti, non vuole essere una denuncia sociale. Il regista, infatti, nonostante metta in scena personaggi apparentemente ossessivi e malati, dà sempre l’impressione di voler restare al di fuori delle loro vicende. Garrone non critica, non dà certezze, né risposte, ma opera una costante ricerca all’interno delle pieghe dell’animo umano.

Ricerca che incontra finalmente il successo di pubblico con Gomorra nel 2008. Il film, che prende titolo e tema dall’omonimo libro di Roberto Saviano, non cerca infatti di dare conto della complesse vicende della camorra napoletana, ma segue, con la consueta sete di reale tipica di Garrone, le vicende di cinque soggetti, cinque personaggi immersi nella delinquenza ordinaria che guida le loro vite. Anche qui le ambientazioni non sono ricostruite e il regista dà conto dell’atmosfera labirintica delle Vele di Scampia girando dentro l’edificio, segue i protagonisti con la telecamera in spalla cercando di avvicinarsi il più possibile a loro senza però poter entrare nelle loro psicologie, nelle loro teste, riporta l’orrore quotidiano senza fronzoli, senza facili spiegazioni.

Il film, vincitore a Cannes e vincitore nelle sale italiane, oltre ad avere il merito di denunciare le insopportabili condizioni di vita che la camorra impone a parte della popolazione partenopea, ha anche il pregio di aver finalmente portato al successo Matteo Garrone dopo dieci anni di carriera. Personaggi del suo calibro, infatti, non solo garantiscono una rivalutazione del cinema italiano all’estero, ma aprono la strada ad una nuova poetica filmica, in grado di unire ricerca stilistica e sostanza narrativa.

Il Sindaco del Rione Sanità: recensione del film

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Il Sindaco del Rione Sanità: recensione del film

Adattamento dell’omonimo testo teatrale di Eduardo De Filippo, Il Sindaco del Rione Sanità è il nuovo film di Mario Martone, in Concorso a Venezia 76. Modificando alcuni elementi dell’originale, il regista tenta di dare una nuova attualità all’opera, avvalendosi di giovani attori del panorama teatrale partenopeo e di alcuni volti molto noti del cinema, trai quali spicca Massimiliano Gallo, sempre in grande forma.

Antonio Barracano, “uomo d’onore” che sa distinguere tra “gente per bene e gente carogna”, è “Il Sindaco” del rione Sanità. Con la sua carismatica influenza e l’aiuto dell’amico medico amministra la giustizia secondo suoi personali criteri, al di fuori dello Stato e al di sopra delle parti. Chi “tiene santi” va in Paradiso e chi non ne tiene va da Don Antonio, questa è la regola. Quando gli si presenta disperato Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il padre, Don Antonio, riconosce nel giovane lo stesso sentimento di vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e poi cambiato per sempre. Il Sindaco decide di intervenire per riconciliare padre e figlio e salvarli entrambi. Nei panni di Antonio Barracano c’è Francesco Di Leva, di trent’anni più giovane di Eduardo, quando mise in scena la prima volta il testo nello stesso ruolo. Uno spostamento, e soprattutto un cambiamento di look, laddove l’incarnazione anziana era elegante e quella giovane è appariscente, che sono sintomatiche del lavoro di spostamento verso una contemporaneità in cui i boss non diventano vecchi, oppure lo sono già a 40 anni.

Il Sindaco del Rione Sanità, il film

Il testo di Eduardo al cinema è inizialmente forzato, ostico, teatrale nel senso negativo del termine perché sembra non sposarsi con i ritmi di un racconto filmato, ma man mano che entriamo nella vicenda, ci abituiamo all’enfasi e scopriamo cosa qual è il racconto principale, dove va a parare e soprattutto che razza d’uomo è questo signorotto un po’ sgradevole nei modi autoritari, con un fine nobile però, tanto che arriva a sacrificare la sua vita, più o meno volontariamente, per la pace nel suo rione. Martone trasla i tre atti su grande schermo, e si avvale di interpreti efficaci e dedicati, così che la sua messa in scena de Il Sindaco del Rione Sanità, al netto dello spostamento del testo originale, riesce comunque a restituire il contenuto altissimo che Eduardo aveva dato alle parole di Barracano. Certo, l’effetto straniante rimane, ma la potenza delle parole travalica il tempo.

Il Sindaco del Rione Sanità: il primo trailer del film di Mario Martone

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Nexo Digital ha diffuso il primo trailer del film evento diretto da Mario Martone, Il Sindaco del Rione Sanità, film che sarà presentato in concorso a Venezia 76.

Antonio Barracano, “uomo d’onore” che sa distinguere tra “gente per bene e gente carogna”, è “Il Sindaco” del rione Sanità. Con la sua carismatica influenza e l’aiuto dell’amico medico amministra la giustizia secondo suoi personali criteri, al di fuori dello Stato e al di sopra delle parti. Chi “tiene santi” va in Paradiso e chi non ne tiene va da Don Antonio, questa è la regola. Quando gli si presenta disperato Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il padre, Don Antonio, riconosce nel giovane lo stesso sentimento di vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e poi cambiato per sempre. Il Sindaco decide di intervenire per riconciliare padre e figlio e salvarli entrambi.

Con Il Sindaco del rione Sanità Mario Martone partecipa per la seconda volta di seguito in concorso ufficiale alla 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Dopo aver messo in scena a teatro, nel 2017, il capolavoro di Eduardo De Filippo dirigendo Francesco Di Leva nei panni del Sindaco e gli attori della Compagnia del Nest di Napoli, Martone ne realizza l’adattamento cinematografico, dando vita a un film di forte attualità e capace di raccontare l’eterna lotta tra il bene e il male.

Nel cast Francesco Di Leva, Massimiliano Gallo, Roberto De Francesco, Adriano Pantaleo, Daniela Ioia, Giuseppe Gaudino, Gennaro Di Colandrea, Lucienne Perreca, Salvatore Presutto, Viviana Cangiano, Domenico Esposito, Ralph P, Armando De Giulio, Daniele Baselice, Morena Di Leva, con l’amichevole partecipazione di Ernesto Mahieux.

Il Sindaco del rione Sanità è una produzione INDIGO FILM con RAI CINEMA e MALÌA in collaborazione con ELLEDIEFFE SRL – TEATRO STABILE DI TORINO – NEST, con il contributo della GIUNTA REGIONALE DELLA CAMPANIA L.R.28/2018, con la collaborazione della FILM COMMISSION REGIONE CAMPANIA e con il patrocinio del COMUNE DI NAPOLI.

Sarà distribuito in esclusiva nelle sale italiane come evento speciale da Nexo Digital solo il 30 settembre, 1 e 2 ottobre (elenco cinema a breve su www.nexodigital.it). A seguire, debutterà il “Sindaco del Rione Sanità in tour” che proporrà il film in programmazione all’interno di alcune sale selezionate in tutta Italia.

Il sindaco del rione Sanità: dal cast alla storia vera, le curiosità su film di Mario Martone

Affermatosi come uno dei grandi nomi del teatro italiano, il regista Mario Martone ha in diverse occasioni compiuto anche il passaggio dietro la macchina da presa, realizzando alcuni tra i film più apprezzati e premiati del panorama cinematografico italiano. Tra i più recenti si annoverano Il giovane favoloso e Capri-Revolution, mentre del 2019 è il suo Il sindaco del rione Sanità (qui la recensione) da lui scritto e diretto e basato sull’omonimo testo teatrale, che Martone aveva già portato sul palcoscenico nel 2018.

Il film è dunque la trasposizione cinematografica della commedia in tre atti scritta dal grande Eduardo De Filippo nel 1960. Presentato in concorso alla 76ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il lungometraggio si è affermato come uno dei maggiori titoli italiani del suo anno, all’interno del quale veniva riadatta in chiave contemporanea una storia in realtà da sempre attuale. Per realizzare il film, Martone si è avvalso di splendide location come Massa di Somma, il più piccolo dei Comuni del Parco Nazionale del Vesuvio.

Dopo essere stato accolto con grande successo al Lido, Il sindaco del rione Sanità è poi in seguito arrivato in sala per soli tre giorni come evento speciale. Grazie al successo di pubblico ottenuto, però, la sua permanenza si è prolungata ben oltre, confermando il fascino esercitato dal film. Prima di intraprendere una visione del titolo, sarà certamente utile approfondire ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast. Proseguendo qui nella lettura sarà possibile scoprire tutto ciò, come anche le piattaforme dove è possibile ritrovare il film in streaming per una comoda visione casalinga.

Il sindaco del rione Sanità cast

La trama di Il sindaco del rione Sanità

Ambientato nei pressi di Napoli, nella campagna vesuviana, il film ha per protagonista Antonio Barracano, una figura temuta e rispettata proveniente dal rione Sanità. Qui egli è noto come “il Sindaco”, e si occupa di dirimere le liti e amministrare la giustizia secondo i propri criteri, talvolta ricorrendo a metodi anche particolarmente brutali. In tali attività egli è aiutato anche dal suo braccio destro, noto come “il Dottore“. Nel corso delle sue giornate, sono molte le persone che si recano presso di lui, che assume il ruolo di giudice di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Un giorno, però, si presenta al suo cospetto un giovane di nome Rafiluccio Santaniello.

Questi rivela a Barracano la sua volontà di uccidere suo padre Arturo, ricco panettiere napoletano. L’uomo è colpevole di aver diseredato e cacciato di casa il figlio in seguito alla morte della madre. Rafiluccio chiede dunque il benestare del Sindaco per tale criminosa azione, ma Barracano vuole prima andare a fondo a quella storia. Egli rivede infatti nel giovane lo stesso sentimento di vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e cambiato per sempre. Spinto dal desiderio di salvare l’animo del ragazzo, egli tenta di farlo riappacificare con il genitore. Andando a fondo a quella triste vicenda, però, emergeranno segreti inconfessabili del passato.

Il cast del film

Per dar volto ai personaggi principali della storia, Martone ha ricercato interpreti particolarmente carismatici, che potessero apportare ulteriore fascino al racconto. A interpretare Antonio Barracano è l’attore Francesco Di Leva, già popolare per il film Una vita tranquilla. Egli ha poi raccontato di essersi trovato davanti ad una grande sfida nell’interpretare Antionio Barracano, protagonista del film. In quanto attore, un ruolo del genere fu per lui un’occasione magnifica, ma come uomo lo ha disprezzato fortemente. Per lui è stato dunque complesso non giudicare il personaggio, ma limitarsi a dargli vita in modo oggettivo. Per la sua interpretazione, Di Leva è poi stato candidato come miglior attore ai principali premi del cinema italiano, tra cui il David di Donatello.

Accanto a lui, nel film, si ritrovano attori più o meno noti ma tutti in grado di rendere memorabili i rispettivi personaggi. Ad interpretare Il Dottore, braccio destro di Barracano, vi è Roberto De Francesco, visto in numerose opere tra cinema e televisione e che aveva già lavorato con Martone in precedenti film di questi. Massimiliano Gallo, il quale vanta anch’egli una lunga carriera al cinema, è invece presente nei panni di Arturo Santaniello, il ricco panettiere odiato dal figlio. Ad interpretare Rafiluccio Santaniello è Salvatore Presutto, qui al suo primo ruolo cinematografico dopo essere comparso in un episodio della serie Gomorra. Sono poi presenti gli attori Adriano Pantaleo nei panni di Catiello, e Gennaro Di Colandrea in quelli di Pascale ‘o Nasone.

Il sindaco del rione Sanità storia vera

La storia vera dietro il film

Come racconta lo stesso Eduardo, il personaggio centrale del dramma è stato da lui ripreso dalla vita reale: “Si chiamava Campoluongo. Era un pezzo d’uomo bruno. Teneva il quartiere in ordine. Venivano da lui a chiedere pareri su come si dovevano comporre vertenze nel rione Sanità. E lui andava. Una volta ebbe una lite con Martino ‘u Camparo, e questo gli mangiò il naso. Questi Campoluongo non facevano la camorra, vivevano del loro mestiere, erano mobilieri. Veniva sempre a tutte le prime in camerino. “Disturbo?” chiedeva. Si metteva seduto, sempre con la mano sul bastone. “Volete ‘na tazza ‘e cafè?”. Lui rispondeva “Volentieri”. Poi se ne andava“. (tratto da M.Giammusso, Vita di Eduardo, Mondadori, Milano 1993).

Il trailer di Il sindaco del rione Sanità e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile vedere o rivedere tale film grazie alla sua presenza su una delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.Il sindaco del rione Sanità è infatti disponibile nel catalogo di Rai Play. Per vederlo, basterà semplicemente iscriversi, in modo del tutto gratuito alla piattaforma. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno sabato 7 settembre alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

Il Sindaco del rione Sanità prosegue la sua programmazione

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Il Sindaco del rione Sanità prosegue la sua programmazione

Dopo la calorosa accoglienza di pubblico e critica in 300 sale italiane nei 3 giorni di uscita evento dedicata al film, da domani Il Sindaco del rione Sanità di Mario Martone prosegue la sua programmazione in molte città italiane (elenco completo su www.nexodigital.it).

Raccogliendo 30.000 spettatori in tre giorni e posizionandosi anche ieri terzo sul podio del box office, Il Sindaco del rione Sanità, tratto dal capolavoro di Eduardo De Filippo con Francesco Di Leva nel ruolo del protagonista, ha entusiasmato le platee italiane e dato vita a un appuntamento cinematografico capace di unire generazioni diverse di fronte a un film di forte attualità capace di raccontare l’eterna lotta tra il bene e il male.

Continua anche il tour di Mario Martone per presentare il film in sala e incontrare il pubblico. Domani, 4 ottobre, alle 20.30 sarà al cinema Farnese di Roma insieme a Massimiliano Gallo per ritirare il Premio Francesco Pasinetti 2019 (Miglior film, Miglior attore protagonista per Francesco Di Leva e Miglior attore non protagonista per Massimiliano Gallo), riconoscimenti assegnati a Venezia durante la 76ª Mostra del Cinema di Venezia dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI).

Sabato 5 ottobre alle 20.30 il regista saluterà a Pisa il pubblico del cinema Arsenale e lunedì 7 sarà la volta di Castelfiorentino, il mattino con le scuole e la sera con il pubblico.

Il Sindaco del Rione Sanità, recensione del film di Mario Martone #Venezia76

Dopo aver messo in scena a teatro, nel 2017, il capolavoro di Eduardo De Filippo dirigendo Francesco Di Leva nei panni del Sindaco e gli attori della Compagnia del Nest di Napoli, Martone ne ha realizzato l’adattamento cinematografico, presentato in concorso ufficiale alla 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Nel cast Francesco Di Leva, Massimiliano Gallo, Roberto De Francesco, Adriano Pantaleo, Daniela Ioia, Giuseppe Gaudino, Gennaro Di Colandrea, Lucienne Perreca, Salvatore Presutto, Viviana Cangiano, Domenico Esposito, Ralph P, Armando De Giulio, Daniele Baselice, Morena Di Leva, con l’amichevole partecipazione di Ernesto Mahieux.

Il Sindaco del rione Sanità è una produzione INDIGO FILM con RAI CINEMA e MALÌA in collaborazione con ELLEDIEFFE SRL – TEATRO STABILE DI TORINO – NEST, con il contributo della GIUNTA REGIONALE DELLA CAMPANIA L.R.28/2018, con la collaborazione della FILM COMMISSION REGIONE CAMPANIA e con il patrocinio del COMUNE DI NAPOLI.

Il Simpatizzante: teaser della serie HBO thriller con Robert Downey Jr.

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HBO e SKY hanno diffuso il teaser trailer di Il simpatizzante, un thriller di spionaggio con note ironiche e una forte connotazione interculturale. Una storia tratta dall’omonimo libro vincitore del premio Pulitzer scritto da Viet Thanh Nguyen. Il Simpatizzante è la nuova miniserie targata HBO e Sky Exclusive, in arrivo prossimamente in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.

Un cast d’eccezione a partire dalla vincitrice del premio Emmy  Sandra Oh (Grey’s Anatomy, Killing Eve) e il premio Oscar Robert Downey Jr. (Iron Man, The Avengers, Sherlock Holmes) che interpreta diversi ruoli nella serie. Con loro Hoa Xuande (L’ultimo boss di Kings Cross), Fred Nguyen Khan (Madre!), Toan Le (Bigfoot), Phanxine, Vy Le, Ky Duyen, Kieu Chinh, Duy Nguyen e Alan Trong. 

https://www.youtube.com/watch?v=DGDYBwQo1Fs&pp=ygUXSWwgU2ltcGF0aXp6YW50ZSB0ZWFzZXI%3D

Park Chan-wook è co-showrunner, produttore esecutivo, sceneggiatore e regista (episodi 1-3); Don McKellar è co-showrunner, produttore esecutivo e sceneggiatore; Robert Downey Jr. è produttore esecutivo e interprete, Susan Downey è produttrice esecutiva insieme ad Amanda Burrell per Team Downey,  Niv Fichman per Rhombus Media, Kim Ly, Ron Schmidt, Viet Thanh Nguyen (anche autore del libro), Jisun Back per Moho Film.

Alla regia Fernando Meirelles (episodio 4), Marc Munden (episodi 5-7). Mark Richard, Naomi Iizuka, Maegan Houang, Anchuli Felicia King, Tea Ho sono sceneggiatori della serie.

Il Simpatizzante è una coproduzione tra HBO, A24 e Rhombus Media, prodotta in associazione con Moho Film e Cinetic Media.

La trama di Il Simpatizzante

Basato sull’omonimo romanzo di Viet Thanh Nguyen, vincitore del Premio Pulitzer, IL SIMPATIZZANTE è un thriller di spionaggio e una satira interculturale sulle lotte di una spia comunista metà francese e metà vietnamita durante gli ultimi giorni della guerra del Vietnam e della sua nuova vita da rifugiato a Los Angeles, dove scopre che i suoi giorni da spia non sono finiti.

Il silenzio degli innocenti: la spiegazione del finale del film

Il silenzio degli innocenti: la spiegazione del finale del film

Il silenzio degli innocenti è famoso per la sua grintosa protagonista, per il suo spietato “mentore” e per il suo agghiacciante finale. Il film del 1991 di Jonathan Demme segue Clarice Starling, una tirocinante dell’FBI che lavora con il famoso cannibale Dr. Hannibal Lecter per cercare di fermare il serial killer Buffalo Bill. Hannibal è ispirato a killer realmente esistiti, anche se molti dimenticano che non è il cattivo principale del film. L’assassino Buffalo Bill, invece, sta dando la caccia alle donne per costruirsi un vestito di pelle. Sebbene Clarice e Hannibal siano un’accoppiata improbabile, nel profondo si rispettano a vicenda, anche quando Hannibal non è più al sicuro dietro le sbarre nel finale del film.

Questo thriller sconvolgente ha guadagnato notorietà per le sue interpretazioni e i suoi personaggi avvincenti. Il silenzio degli innocenti vinse infatti diversi premi Oscar l’anno della sua uscita, tra cui Anthony Hopkins come miglior attore protagonista, Jodie Foster come miglior attrice protagonista e miglior film. Da allora, il film è stato citato e citato molte volte in tanti altri media, divenendo un titolo di culto. Nonostante la sua popolarità e la sua influenza, il finale de Il silenzio degli innocenti lascia ancora oggi il pubblico con alcune domande sul destino dei personaggi. Analizziamole in questo approfondimento.

Cosa succede nel finale de Il silenzio degli innocenti

Nell’ultimo atto de Il silenzio degli innocenti, l’FBI crede di aver localizzato Buffalo Bill a Chicago e si affretta a catturarlo. Incarica invece Clarice di rimanere in Ohio, dove continua a interrogare le persone collegate alla prima vittima. Questo compito la porta però proprio a casa di Buffalo Bill, che la invita a entrare e le fa alcune domande sul caso. Una volta che Clarice si rende conto di dove si trova, si scatena un inseguimento, con Buffalo Bill che la conduce nel suo laboratorio sotterraneo. Dopo lo spegnimento delle luci, Buffalo Bill indossa gli occhiali per la visione notturna e segue Clarice, anche se il suono dell’arma da fuoco rivela la sua posizione, inducendo Clarice a sparargli e ucciderlo.

Dopo aver fermato Buffalo Bill, Clarice si diploma all’accademia, ottenendo il titolo di agente speciale. Il suo superiore, Crawford, le stringe la mano, suggerendole di volerla assumere per lavorare nell’unità di scienze comportamentali, che lei dichiara essere il lavoro dei suoi sogni. Inoltre, durante la cerimonia, Hannibal chiama Clarice per sapere come sta dopo la sua fuga all’inizio del film. La telefonata dimostra che sa esattamente dove si trova e cosa sta facendo, ma assicura a Clarice che non la cercherà. Hannibal è passato a un altro bersaglio familiare e l’ultima inquadratura del film lo ritrae mentre pedina la sua nuova vittima, il dottor Chilton, ancora una volta un uomo libero.

Anthony Hopkins e Joide Foster in Il silenzio degli innocenti
Anthony Hopkins e Joide Foster in Il silenzio degli innocenti © 1991 – MGM

Il significato del titolo “Il silenzio degli innocenti

Riguardo il titolo occorre fare una precisazione: la traduzione letterale del titolo originale sarebbe Il silenzio degli agnelli (The Silence of the Lambs). Detto ciò, questo titolo si riferisce agli agnelli dell’infanzia di Clarice, il cui belato la perseguita ancora da adulta. Sono il simbolo del desiderio di Clarice di porre fine alle sofferenze altrui, proprio come aveva cercato di aiutare gli agnelli che venivano macellati nella fattoria della sua famiglia. In una confessione incauta ad Hannibal, Clarice ammette di aver cercato di scappare per salvare uno degli agnelli, ma di essere stata fermata e l’agnello ucciso. Mettere a tacere gli agnelli significherebbe per Clarice smettere di sentire la compassione degli altri ed essere in grado di prendere decisioni da sola.

Gli agnelli sono poi una metafora delle vittime innocenti che Clarice incontra nel caso. Sono creature indifese che si sono allontanate e ora sono in pericolo e hanno bisogno dell’aiuto di Clarice. È chiaro che farà di tutto per aiutare a salvare queste vittime, anche a costo di mettersi in pericolo. Ad esempio, corre dietro a Buffalo Bill nella sua casa e cerca immediatamente di aiutare e proteggere Catherine, prima ancora di pensare di chiamare i rinforzi e cercare aiuto per se stessa. Sebbene questo sia un tratto ammirevole, l’empatia di Clarice e la sua scelta lavorativa fanno sì che probabilmente non sarà mai in grado di mettere a tacere le grida degli agnelli metaforici della sua vita.

Il significato simbolico della falena

Culturalmente, le falene hanno molti significati, come la distruzione invisibile e la ricerca della luce. Sebbene queste siano entrambe possibili letture dell’inclusione delle falene ne Il silenzio degli innocenti, esse rappresentano più ovviamente il cambiamento e la crescita. Questo simbolismo è evidenziato dall’ossessione di Buffalo Bill per le falene, in particolare per la falena testa di morto, mentre cerca di subire una trasformazione. Proprio come una pupa si evolve in un insetto più bello, Buffalo Bill spera chiaramente di sentirsi più a suo agio dopo aver completato il suo vestito di pelle di donna. Lascia i bozzoli nella gola delle vittime per rappresentare il viaggio che sente di intraprendere.

La specificità della falena aiuta l’FBI a identificare Buffalo Bill dopo aver collegato un ordine della falena testa di morto al suo vero nome, Jame Gumb. Il nome della falena deriva dal disegno sul dorso, che ricorda un teschio umano. Rappresenta letteralmente la morte e Buffalo Bill lascia le sue vittime con questo simbolo, anche dopo la loro morte. Anche i suoi metodi di violenza sono derivati dalla falena, tagliando dalla schiena di una vittima dei modelli di cucitura a forma di diamante che ricordano le ali.

Ted Levine in Il silenzio degli innocenti
Ted Levine in Il silenzio degli innocenti © 1991 – MGM

Come ha fatto Clarice a trovare il vero Buffalo Bill?

Seguendo gli indizi di Hannibal su dove Buffalo Bill potrebbe aver trovato la sua prima vittima, Frederica, Clarice si reca a Belvedere, in Ohio, per parlare con persone che la conoscevano. Un’amica di Frederica dice di aver svolto attività di cucito con la signora Lippman e dà a Clarice l’indirizzo. Senza saperlo, questo è l’indirizzo di Buffalo Bill, e la rivelazione è un capolavoro di montaggio ricco di suspense, che rispecchia il resto dell’arrivo dell’FBI a Chicago. Clarice entra in casa di Buffalo Bill senza rendersi conto di dove si trova, ma alla vista di una falena e di altri oggetti sospetti, gli punta rapidamente la pistola contro.

Come la maggior parte delle rivelazioni del film, Clarice è stata condotta lì dalla guida di Hannibal. È chiaro che Hannibal sapeva che Buffalo Bill si trovava a Belvedere, ed è per questo che ha dato a Clarice degli indizi che le suggeriscono di cercarlo lì. Altrettanto intenzionalmente, fornisce indizi fuorvianti all’FBI, sapendo che li rallenterà. Sapeva dove stava mandando entrambe le parti nell’atto finale. Si può sostenere che Hannibal abbia fatto questo per far emergere Clarice come agente, aiutandola a ottenere una promozione, ma potrebbe anche essere che lei fosse l’unica a cui teneva abbastanza da aiutarla.

Il controverso rapporto tra Hannibal e Clarice

Hannibal apprezza chiaramente Clarice come rivale intellettuale. Pur sapendo di essere un intellettuale, Hannibal confida che Clarice sia in grado di risolvere gli enigmi che le propone, aiutandola a condurre a Buffalo Bill. Poiché la ragazza è giovane e ancora in fase di addestramento, non la considera una minaccia per la sua sicurezza, ma la vede come una persona nuova e divertente con cui confrontarsi. Le numerose battute di Hannibal le offrono solo i più piccoli indizi per assicurarsi che lei torni da lui quando li ha risolti, cercando la sua compagnia.

Alcuni spettatori ipotizzano anche che lei gli piaccia di più dopo aver sentito parlare della sua bontà e delle sue intenzioni pure. Apprezza la sua vulnerabilità e il suo coraggio, soprattutto in contrasto con i medici della struttura che lo trattano come un animale. La donna rivela anche che la sua motivazione è sempre quella di aiutare gli innocenti, cosa che Hannibal sembra rispettare a modo suo. Ha chiaramente una morale e dei valori, come quando punisce un altro paziente per essersi comportato male con Clarice, dicendo: “La scortesia è indicibilmente brutta per me”.

La loro amabilità è esemplificata al meglio dalla telefonata di Hannibal a Clarice alla fine del film. Non l’avrebbe fatto se non la rispettasse almeno un po’. Promette anche che non la cercherà, ma entrambi sanno che alla fine lei potrebbe cercarlo di nuovo, nel tentativo di rimetterlo in prigione. Questo legame evidentemente lo eccita e la chiama per farle capire i suoi piani, stuzzicandola con la sua onnipresenza nella sua vita. Vede il potenziale ritorno di Clarice nella sua vita come una sfida che non vede l’ora di affrontare, dicendole: “Il mondo è più interessante con te dentro”.

Anthony Hopkins in Il silenzio degli innocenti
Anthony Hopkins in Il silenzio degli innocenti © 1991 – MGM

Hannibal torna in libertà

Quando Hannibal chiama Clarice, le dice di non cercare di rintracciare la chiamata perché non sarà in linea per molto tempo. Con gentilezza, le dice anche che ha un vecchio amico “per cena”. Sebbene sia un’espressione comune, è chiaro che Hannibal la intende alla lettera. Poiché non dice a Clarice dove si trova, lei non ha modo di sapere cosa sta facendo o chi sarà la sua prossima vittima. Tuttavia, viene rivelato al pubblico che Hannibal sta osservando affamato la discesa da un piccolo aereo del dottor Chilton, dell’ospedale statale per pazzi di Baltimora.

La destinazione finale di Hannibal non viene mai rivelata. Sebbene alcuni ipotizzino che si tratti di Firenze, dato che Hannibal e Clarice hanno discusso del luogo, l’ambientazione non assomiglia molto a una città italiana. La scena è stata girata all’aeroporto di Bimini, alle Bahamas, che sembra più probabile di Firenze. Non è chiaro come Hannibal sapesse che Chilton sarebbe stato alle Bahamas e come sia arrivato lì, ma tant’è che è riuscito a raggiungerlo ed evidentemente intende riprendere la sua attività di cannbile cibandosi dell’uomo che tanto lo ha infastidito per troppo a lungo.

Il vero significato del finale de Il silenzio degli innocenti

Il finale de Il silenzio degli innocenti si concentra sulla battaglia di Clarice contro il male. Sebbene sia riuscita a trovare e uccidere Buffalo Bill, salvando Catherine Martin, il suo lavoro non è finito. L’ultima telefonata di Hannibal le ricorda che lui è ancora là fuori a uccidere persone. Anche se le promette di non ucciderla, entrambi sanno che le loro strade si incroceranno di nuovo quando lei dovrà rintracciarlo. La telefonata è breve ma scuote chiaramente Clarice, anche se Hannibal non sembra turbato. L’inquadratura finale de Il silenzio degli innocenti ha anche lo scopo di far sentire il pubblico a disagio, sapendo che Hannibal è libero, ricordando agli spettatori la lotta continua e senza fine contro il male e che dunque il silenzio degli innocenti potrebbe non arrivare mai.

Il Silenzio degli Innocenti: in vendita la casa di Buffalo Bill

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Il Silenzio degli Innocenti: in vendita la casa di Buffalo Bill

La proprietà che fungeva da residenza di Buffalo Bill ne Il Silenzio degli Innocenti è ufficialmente in vendita. Oltre ad essere stato uno dei film di maggior incasso del 1991, il celeberrimo thriller del compianto Jonathan Demme è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi film mai realizzati.

È stato il terzo film a vincere tutti i “Big Five” in occasione degli Oscar, e ad oggi è l’unica pellicola dalle venature horror ad aver vinto l’ambita statuetta come miglior film. Inoltre, l’iconico psichiatra/serial killer Hannibal Lecter – interpretato nel film da un monumentale Anthony Hopkins – continua ad essere ancora oggi uno dei personaggi più popolari di sempre, a quasi tre decenni dall’uscita del film al cinema.

Anche se Buffalo Bill non è mai più apparso dopo Il Silenzio degli Innocenti, l’eredità del suo personaggio è altrettanto inquietante quanto quella di Hannibal Lecter. Nel film e nell’omonimo libro di Thomas Harris, Buffalo Bill è un altro serial killer noto per la sua ossessione nei confronti delle donne sovrappeso. Una delle scene più inquietanti del film coinvolge proprio una delle sue vittime, che viene imprigionata in una grande fossa nel seminterrato di casa sua, e in cui viene recitata la memorabile battuta: “Si strofina la lozione sulla pelle.”

Adesso, i fan accaniti del film, hanno la possibilità di fare un’offerta per l’iconica casa degli orrori di Buffalo Bill. Come riportato da Screen Rant, la casa a tre piani in stile vittoriano, situata al numero 8 di Circle Street a Perryopolis (in Pennsylvania), è ora in vendita, giusto in tempo per i festeggiamenti di Halloween. La casa si estende su quasi due acri di terreno lungo il fiume Youghiogheny e dispone di ben quattro camere da letto ed è quotata per $ 298.500.

Un tour virtuale nella vera casa di Buffalo Bill ne Il Silenzio degli Innocenti

Tuttavia, i fan del film potrebbero rimanere delusi nello scoprire che non c’è alcuna fossa gigante nel seminterrato incompiuto della casa, poiché quelle scene sono state girate in uno studio di registrazione. Gli agenti immobiliari dell’agenzia The Sisters Sold It hanno reso disponibile attraverso il loro canale YouTube un vero e proprio tour virtuale alla scoperta delle varie aree della casa presenti anche nel film, tra cui la cucina e la cantina. Potete ammirarlo di seguito:

Il signore delle mosche: il remake di Luca Guadagnino sarà un film “horror psicologico”

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L’imminente remake de Il Signore delle Mosche che sarà diretto da Luca Guadagnino si baserà fortemente su una rivisitazione “horror psicologico”, a rivelarlo è stata la produttrice Lindsey Anderson Beer. Parlando con Collider, Beer ha anticipato cosa Luca Guadagnino ha in serbo per gli spettatori con il suo prossimo remake de Il Signore delle Mosche., che come l’originale si baserà sul romanzo Lord of the Flies dello scrittore britannico William Golding. Il libro ha come protagonisti un gruppo di ragazzi britannici bloccati su un’isola disabitata e racconta il loro disastroso tentativo di autogovernarsi.

Si appoggia moltissimo all’horror psicologico ed è così ricco di drammaticità, come ci si aspetterebbe da qualcuno come [Guadagnino]“, ha detto Beer. “Ma è spaventoso. Ti dà molto disagio leggerlo, e penso che attinga a una versione più attuale di quella che abbiamo visto prima.

Il signore delle mosche di Guadagnino sarà ‘fresco’ e ‘rinfrescante’

Beer ha continuato: “Penso che alcune persone abbiano provato ad affrontare quella proprietà in un modo che non ha più risonanza oggi, e penso che l’intero approccio sia stato molto fresco e rinfrescante.” Basato sull’iconico romanzo omonimo del 1954 di William Golding, Il signore delle mosche di Luca Guadagnino è stato annunciato a luglio 2019. Le notizie sul progetto sono state poche da allora, anche se è stato annunciato nel 2020 che lo scrittore di A Monster Calls e Chaos Walking Patrick Ness sta scrivendo la sceneggiatura.

Finora Il signore delle mosche ha avuto tre semplici adattamenti cinematografici; tuttavia, la storia ha ispirato numerosi titoli cinematografici e televisivi nel corso degli anni, tra cui Yellowjackets di Showtime e Ladyworld del 2018. Peter Brook ha diretto un film Il signore delle mosche nel 1963, così come Harry Hook nel 1990. Lupita A. Concio, nel frattempo, ha adattato la storia in un film del 1975 intitolato Alkitrang Dugo.

Guadagnino è noto per aver diretto A Bigger Splash del 2015, Chiamami col tuo nome del 2017, il remake di Suspiria del 2018 e Bones and All del 2022 . Il suo ultimo film, Challengers, vede protagonisti Zendaya, Mike FaistJosh O’Connor. L’uscita del film era originariamente prevista per il 15 settembre 2024; tuttavia, è stato ritardato fino all’aprile 2024 a causa dello sciopero degli attori. Sta anche dirigendo un film d’epoca intitolato Queer con Daniel Craig, Drew Starkey, Lesley Manville e Jason Schwartzman.

Il Signore delle Formiche: recensione del film di Gianni Amelio

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Il Signore delle Formiche: recensione del film di Gianni Amelio

Anche Gianni Amelio, come Emanuele Crialese e Alejandro G. Inarritu nell’ambito del Concorso di Venezia 79, ricorre alla pseudo-biografia nel suo Il Signore delle Formiche, presentato in anteprima nella Selezione Ufficiale della Mostra, a contendersi il Leone d’Oro. In questo caso, l’elemento biografico è “laterale” e la figura del regista si sovrappone vagamente a quella di Elio Germano, che interpreta un giornalista che segue da vicino il processo per plagio subito dall’intellettuale Aldo Braibanti.

Il Signore delle Formiche, la trama

Alla fine degli anni Sessanta si celebrò a Roma un processo che fece scalpore. Il drammaturgo e poeta Aldo Braibanti fu condannano a nove anni di reclusione con l’accusa di plagio, cioè di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne. Il ragazzo, per volere della famiglia, venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico e sottoposto a una serie di devastanti elettroshock, perché ‘guarisse’ da quell’influsso ‘diabolico’. 

Amelio prende spunto dalla storia vera per raccontare un coro a più voci, non solo la figura di Braibanti, interpretato da Luigi Lo Cascio, ma anche parenti, amici, persone che in qualche modo hanno seguito la vicenda da vicino e che ne sono rimasti toccati. 

Una storia vera

Il Signore delle Formiche racconta di queste vite travolte, di questo processo assurdo e mette in luce una storia vera che forse non è conosciuta da moltissimi. Proprio questo aspetto avrebbe potuto spingere il regista ad approfondire meglio l’aspetto del processo, sottolineando di più quanto l’accusa di plagio fosse a tutti gli effetti uno strumento che mirava a punire i “diversi”, che all’epoca non potevano essere considerati esistenti, figurarsi poi chiamarli omosessuali, senza uno strascico di giudizio e disprezzo. 

La classicità del cinema di Amelio, ma anche l’impressione che si sia fuori tempo massimo per raccontare in questo modo storie legate alla persecuzione dell’omosessualità nel nostro Paese, contribuiscono a far percepire Il Signore delle Formiche un film “vecchio”, che sembra non aver senso in questo momento storico in cui la conversazione intorno alle tematiche di genere è varia, vasta e all’ordine del giorno. Soprattutto è arrivata a livelli molto più avanzati rispetto al classicismo proposto del film.

Un racconto lontano dalla contemporaneità

Il cinema spesso si fa narratore di storie vere non troppo conosciute e sicuramente la vicenda di Braibanti merita di essere nota e raccontata, ma forse avrebbe meritato uno spirito più moderno, un occhio che fosse al passo con i tempi e che rendesse attuale il discorso intorno a un pregiudizio che nel Paese Reale esiste ancora in maniera invasiva e capillare.

Tutto ne Il Signore delle Formiche è poco ispirato, dalla messa in scena alla scrittura, fino addirittura alle interpretazioni, lo stesso Lo Cascio che è sempre brillante qui viene fagocitato dalla stanchezza con cui questa storia, potente e importante, viene lasciata andare con fare svogliato e pigro.

Il Signore delle formiche: arriva in prima tv su Sky il film di Gianni Amelio

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Presentato al Festival di Venezia 2022, arriva in prima tv su Sky Il Signore delle formiche, pellicola di Gianni Amelio che ricostruisce il caso Braibanti e il bigottismo dell’Italia degli anni ’60, lunedì 13 febbraio alle 21.15 su Sky Cinema Uno (alle 21.45 anche su Sky Cinema Drama), in streaming su NOW e disponibile on demand, anche in qualità 4K.

Nel cast Luigi Lo Cascio ed Elio Germano, affiancati dal giovane Leonardo Maltese, al suo debutto al cinema, e da Sara Serraiocco e Anna Caterina Antonacci. La sceneggiatura è di Gianni Amelio, Edoardo Petti e Federico Fava

La trama del film Il Signore delle formiche

Alla fine degli anni 60 si celebrò a Roma un processo che fece scalpore. Il drammaturgo e poeta Aldo Braibanti fu condannato a nove anni di reclusione con l’accusa di plagio, cioè di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne. Il ragazzo, per volere della famiglia, venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico e sottoposto a una serie di devastanti elettroshock, perché “guarisse” da quell’influsso “diabolico”. Alcuni anni dopo, il reato di plagio venne cancellato dal codice penale. Ma in realtà era servito per mettere sotto accusa i “diversi” di ogni genere, i fuorilegge della norma. Prendendo spunto da fatti realmente accaduti, il film racconta una storia a più voci, dove, accanto all’imputato, prendono corpo i famigliari e gli amici, gli accusatori e i sostenitori, e un’opinione pubblica per lo più distratta o indifferente. Solo un giornalista s’impegna a ricostruire la verità, affrontando sospetti e censure.

Lunedì 13 febbraio in prima tv alle 21.15 su Sky Cinema Uno (alle 21,45 anche su Sky Cinema Drama), in streaming su NOW e disponibile on demand, anche in qualità 4K.

Il signore delle formiche, aumentati gli schermi dopo una settimana di programmazione

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Il signore delle formiche attualmente in programmazione in 420 schermi, da oggi sarà presente in 470 cinema italiani ed anche questa è una grandissima notizia per il cinema italiano e per tutta l’industria.

“Dopo essere stato secondo, nel primo weekend di uscita, solo al blockbuster “Minions 2″, il bellissimo film di Gianni Amelio da lunedì è al primo posto del box office italiano”, dichiara Luigi Lonigro, Direttore di 01 Distribution.

“In un mercato che ancora stenta a decollare, gli incassi e le presenze riscontrate per ‘Il signore delle formiche’ dimostrano che finalmente si sta riattivando quella fascia di spettatori che, più di ogni altra, è stata allontanata dalle sale cinematografiche dai timori e dalle prescrizioni sanitarie post pandemiche: quello stesso target di pubblico che sta generando uno straordinario passaparola che trova conferma negli incassi del film, in continua crescita”.

“Il Signore delle Formiche” racconta la storia del drammaturgo e poeta Aldo Braibanti che fu condannato a nove anni di reclusione con l’accusa di plagio, per aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne. Il ragazzo, per volere della famiglia, venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico e sottoposto a una serie di devastanti elettroshock, perché “guarisse” da quell’influsso “diabolico”. Alcuni anni dopo, il reato di plagio venne cancellato dal codice penale. Ma in realtà era servito per mettere sotto accusa i “diversi” di ogni genere, i fuorilegge della norma. Prendendo spunto da fatti realmente accaduti, il film racconta una storia a più voci, dove, accanto all’imputato, prendono corpo i famigliari e gli amici, gli accusatori e i sostenitori, e un’opinione pubblica per lo più distratta o indifferente. Solo un giornalista s’impegna a ricostruire la verità, affrontando sospetti e censure.

Il signore della morte: trama, cast e curiosità sul film con Jamie Lee Curtis

Il genere horror ha in più occasioni regalato al cinema personaggi entrati da subito nell’immaginario collettivo. Tra questi vi è senza dubbio Michael Myers, l’inarrestabile mostro che dal 1978 spaventa generazioni e generazioni di spettatori. Dopo essere comparso per la prima volta in Halloween di John Carpenter, questi è tornato ad essere protagonista sul grande schermo con il film Il signore della morte, il cui titolo originale è Halloween II. Diretto nel 1981 da Rick Rosenthal, questo è l’unico film della saga ad avvalersi di una sceneggiatura firmata da Carpenter, ideatore del personaggio.

Questo si pone come sequel diretto del precedente capitolo, riprendendo la narrazione proprio lì dove era rimasta. Particolare rilievo assume però da qui l’ossessione del gigantesco assassino nei confronti della povera Laurie Strode. Un rapporto, il loro, che continua a suo modo ancora oggi a generare storie, come visto nel nuovo Halloween uscito nel 2018. Il signore della morte riproduce molti degli elementi stilistici che fecero la fortuna del suo predecessore, ma vi è una maggior presenza di violenza e sangue, che lo rendono molto più vicino al nascente genere splatter.

Pur con un budget di 2,5 milioni di dollari, di molto maggiore rispetto al primo film, Il signore della morte non replicò il successo precedentemente ottenuto, arrivando ad incassarne appena 25,5. Questo doveva inoltre concludere la storia di Michael Myers, ma dato l’insuccesso ancor maggiore del terzo capitolo, il personaggio tornò ad essere il villain principale nel quarto. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e ai suoi sequel. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Il signore della morte: la trama del film

La vicenda del film si apre nuovamente sulla notte di Halloween del 1978. Il dottor Sam Loomis ha appena sparato a Michael Myers, facendolo precipitare dalla finestra e salvando Laurie Strode da morte certa. Nel momento in cui vanno ad assicurarsi che il mostro sia realmente morto, il suo corpo è già sparito, segno che questi è ancora vivo. La giovane Laurie ha però bisogno di cure mediche, e viene subito condotta in ospedale per essere operata. Loomis, intanto, cerca di convincere le forze dell’ordine che Myers è ancora vivo e in libertà, ma nessuno sembra volergli credere. Ben presto, però, nuovi omicidi si verificheranno in città, e mentre Laurie inizia ad avere visioni rivelatrici sul suo passato, la morte è sempre più vicina.

Il signore della morte cast

Il signore della morte: il cast del film

Per questo sequel gran parte degli attori presenti già nel primo film tornano a ricoprire i rispettivi ruoli. Jamie Lee Curtis è dunque ancora una volta Laurie Strode, l’obiettivo primario di Myers. Nonostante si indicata come protagonista, l’attrice è presente nel film soltanto per un totale di 25 minuti, lasciando così molto più spazio al personaggio del dottor Loomis. Per riprendere il suo ruolo, la Curtis dovette inoltre indossare una parrucca per tutta la durata delle riprese, poiché i suoi veri capelli in quel periodo erano più corti di quando girò il primo film. L’attore Donald Pleasence è nuovamente presente nei panni del dottor Loomis, e data la sua notorietà ha qui ricevuto molto più spazio rispetto al precedente film, divenendo a tutti gli effetti un vero protagonista.

A dare corpo al minaccioso Michael Myers non è invece più l’attore Nick Castle, bensì lo stuntman Dick Warlock. Questi raccontò di essersi preparato al ruolo studiando alcune scene chiave del precedente film, e di aver cercato di riprodurre la malvagità del personaggio con la stessa espressività corporea di Castle. Ad aiutarlo a calarsi nel ruolo, inoltre, gli fu data da utilizzare la stessa maschera del primo Halloween. Nel film è poi presente l’attore Hunter von Leer, nei panni di Gary Hunt, l’uomo che guiderà la caccia a Myers. Charles Cyphers, già visto nel primo film, riprende qui brevemente il ruolo dello sceriffo Leigh Brackett. Lance Guest è invece il volto di Jimmy, autista dell’ambulanza. Egli è portatore nel film di una particolare innocenza, che entra in contrasto con quanto gli capita intorno.

I sequel di Il signore della morte, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Con Il signore della morte si concludevano i piani degli autori per Michael Myers. Halloween venne infatti pensata come saga antologica incentrata su storie e personaggi sempre diversi. Fu così che in Halloween III – Il signore della notte, del 1982, il celebre mostro venne sostituito da un controverso scienziato pazzo. Per quanto il film sia oggi considerato un cult, questo mancò di ottenere un significativo successo proprio a causa dell’assenza del villain dei precedenti due film. Si decise allora di abbandonare i piani per una saga antologica e di tornare alle origini. Nel 1988 arrivò così in sala Halloween 4 – Il ritorno di Michael Myers, tornando così a concentrarsi sul silenzioso assassino. Da quel momento, egli sarebbe stato protagonista di ben altri 9 sequel.

Prima di gettarsi su tali sequel, è possibile vedere o rivedere il film del 1981 grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il signore della morte è infatti disponibile nel catalogo di Google Play e Infinity. Per vederlo, in base alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale, entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno sabato 8 luglio alle ore 21:15 sul canale Italia 2.

Fonte: IMDb

Il Signore del Disordine, la spiegazione del finale: cosa accade a Rebecca?

Le leggende folcloristiche si sono spesso rivelate ottimo materiale per film horror, come dimostrato da film come The Witch, Midsommar – Il villaggio dei dannati, La maledizione del cuculo o La Llorona – Le lacrime del male. Ad essi, nel 2023, si è aggiunto anche il film Il Signore del Disordine, diretto da , esperto di opere dell’orrore già distintosi come film come L’altra faccia del diavolo, The Boy e Orphan: First Kill. Con questo suo nuovo lungometraggio egli è dunque tornato a cimentarsi con atmosfere e situazioni proprie di questo genere.

In particolare, il film fa leva su antiche leggende popolari di spiriti, demoni e dei culti a loro dedicati. Ci troviamo dunque in pieno territorio paranormale, e in particolare al cospetto della figura del Signore del Disordine. Era questo un ruolo affidato ad un contadino o un sottodiano durante il periodo natalizio per presiedere la festa dei folli. Costui era dunque responsabile delle disgregazioni natalizie, che spesso includevano ubriachezza e festa selvaggia. Nel tempo questa figura è andata estinguendosi, ma rimangono le leggende legate alle sue attività.

Il film fa dunque riferimento a tutto ciò per dar vita ad un racconto che fa della sua ambiguità e del costante senso di mistero il suo punto di forza, anche a costo di non risolvere tutti i suoi enigmi. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a Il Signore del Disordine. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla spiegazione del finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Il Signore del Disordine trama

La trama e il cast di Il Signore del Disordine

Il racconto si svolge in un piccolo villaggio della campagna inglese. Qui, Rebecca Holland, sacerdote della chiesa anglicana locale, è molto legata alla sua bambina. Ogni anno in inverno, la comunità si riunisce per celebrare la Festa del Raccolto, una ricorrenza di origine pagana. In molti indossano maschere e costumi della tradizione e tutti tengono in mano una torcia che li accompagna durante la processione nel bosco. Durante i festeggiamenti, però, la figlia di Rebecca scompare misteriosamente.

La polizia e tutti gli abitanti del villaggio si uniscono alle ricerche della bambina di cui non si trova nessuna traccia. Ma quando iniziano a emergere inquietanti prove riguardo a presenze demoniache che vivono nei boschi, le indagini prendono una strada completamente diversa. Con suo grande orrore, Rebecca comincia a scoprire l’oscuro passato del villaggio che nasconde terribili segreti e dovrà decidere quanto è disposta a sacrificare per salvare sua figlia dalle grinfie del male puro.

Ad interpretare Rebecca Holland vi è l’attrice Tuppence Middleton, celebre per la serie Sense8 e vista anche nei film Mank, Edison – L’uomo che illuminò il mondo e Downton Abbey. Nel ruolo di sua figlia Grace vi è l’attrice Evie Templeton, mentre l’amica Bryony è interpretata da Alexa Goodall. Matt Stokoe e Luc Ineson interpretano rispettivamente Henry Holland e Darry Nash. L’attore Ralph Ineson, che interpreterà Galactus nel film The Fantastic Four, interpreta invece Jocelyn Abney.

Il Signore del Disordine cast

La spiegazione del finale del film

La ricerca di Grace prende una piena soprannaturale quando Rebecca chiese agli abitanti del villaggio di pregare per sua figlia e un uomo di Jocelyn Abney afferma di credere che Grace sia stata rapita Gallowgog e che nemmeno il Signore in cui Rebecca crede può salvare Grace da lui. La ragazza sarebbe dunque il prezzo che gli abitanti del villaggio devono pagare allo spirito affinché egli stia lontano dal loro raccolto. Un’anziana signora di nome Miri racconta a quel punto a Rebecca della leggenda folcloristica che riguarda Gallowgog.

Secondo l’anziana donna, si tratta dello “spirito della terra“. Viene a questo punto raccontata la storia di un uomo di nome Tobias Bron, chiamato il Signore del Disordine, che nel 1621 affermò di essere stato contattato da Gallowgog, uno spirito che prometteva meraviglie per il villaggio. Come dono a Gallowgog, Tobias e gli abitanti del villaggio costruirono un granaio nero dove lasciarono offerte per lo spirito. Tuttavia, queste offerte si rivelano essere bambini. Quando la chiesa lo venne a sapere, pose fine a questa oscura usanza bruciando vivi Bron e i suoi seguaci.

Rebecca scopre poi che anche il figlio di Jocelyn è scomparso in simili circostanze, ma l’uomo non ha alcun interesse a scoprire cosa ne è stato di lui, in quanto si ritiene grato dei benefici che sono seguiti a quel sacrificio. Rebecca capisce di potersi rivolgere solo a Bryony, amica di sua figlia, che le rivela di come entrambi facessero parte del club naturalistico. Per quanto sembrasse innocente, questo si svela essere una copertura per insegnare ai bambini del villaggio qualcosa di più sul folklore.

Il Signore del Disordine Evie Templeton

C’è una stanza segreta in cui Jocelyn Abney insegnava ai bambini del Signore del Disordine e Gallowgog. Rebecca scopre così che sua figlia è stata scelta come dono dagli abitanti del villaggio per lo spirito di Gallowgog. Secondo Bryony, Grace si trovava dunque nel fienile nero con lo spirito  al momento della scompars. Il motivo della scelta di Grace era semplice: era la figlia del vicario. Non poteva esserci vendetta migliore che offrire qualcuno della famiglia cristiana agli spiriti in cui il villagio crede.

Successivamente, Rebecca viene attaccata dagli abitanti del villaggio, che la conducono nella stanza segreta di Jocelyn. Qui capisce che l’unico modo per fronteggiare quel culto è far credere loro di essersi sottomessa al loro volere. Dopo aver convinto Jocelyn e il resto del villaggio di ciò, viene condotta al granaio nero, dove Rebecca trova sua figlia legata e con il volto coperto. Le due si riuniscono ma c’era un senso di tristezza in Rebecca, che sa che non le sarebbe stato permesso di andarsene.

Grace è un’offerta fatta a Gallowgog, che non sarebbe stato felice se gli fosse stata portata via. Alla fine lo spirito di Gallowgog si manifesta e Rebecca decide di offrirgli la sua ciocca di capelli. Questa scena è fondamentale perché è essenzialmente una negoziazione tra Gallowgog e Rebecca. Lei spera che lo spirito le permetta di riportare a casa sua figlia, ma a quale costo? I capelli sono importanti nella magia popolare e offrire una ciocca della sua mano potrebbe simboleggiare che Rebecca si sottomette allo spirito.

Il Signore del Disordine Ralph Ineson

Potrebbe essere il suo modo di permettere allo spirito di prendere il controllo su di lei, oppure potrebbe aver promesso di assicurarsi sempre che lui riceva altri sacrifici per stare lontano dal raccolto. È anche possibile che Gallowgog le abbia permesso di andarsene dopo che lei ha dimostrato di essere pronta a sottomettersi a lui per riportare a casa sua figlia. In ogni caso, una volta uscita dal granaio con sua figlia, Rebecca viene eletta come sostituta di Jocelyn, che viene dunque ucciso.

Nella scena finale, Rebecca è tornata in chiesa come vicario, ma la sua personalità è cambiata. Dopo aver assistito a quelle che in precedenza aveva definito “vecchie storie” che prendevano vita, ci si chiede se l’intera esperienza abbia scosso la sua fede religiosa. Oppure, l’esperienza ha rafforzato la sua fede perché, alla fine, ha riportato a casa sua figlia ed è uscita viva da quella situazione straziante? Il Signore del Disordine lascia al pubblico l’interpretazione del finale.

Forse l’esperienza ha aiutato Rebecca a capire gli abitanti del villaggio e a convincerli ad abbandonare i riti barbarici e ad adottare il cristianesimo. Un’altra possibilità è che Rebecca abbia finto di essere un vicario devoto, ma che in realtà abbia preso sul serio il suo ruolo di Signore del Disordine e che ogni anno debba offrire un dono a Gallowgog come da contratto. Ciò che è certo, è che qualcosa è avvenuto nel granaio nero e Rebecca non è più quella che avevamo conosciuto fino a quel momento.

Il trailer di Il Signore del Disordine e dove vederlo in streaming e in TV

Sfortunatamente il film non è presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive in Italia. È però presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 26 giugno alle ore 21:20 sul canale Rai 4. Di conseguenza, per un limitato periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma Rai Play, dove quindi lo si potrà vedere anche oltre il momento della sua messa in onda. Basterà accedere alla piattaforma, completamente gratuita, per trovare il film e far partire la visione.

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