Un esordio deciso, convincente quello
di Fabio Mollo alla regia di un lungometraggio,
Il Sud è niente, già apprezzato dal
pubblico e dalla critica al Festival di Toronto e accolto con
favore anche nei successivi passaggi festivalieri, a Roma e a
Torino. Un film efficace per la capacità di andare al cuore della
vicenda raccontata, soffermandosi sullo spessore psicologico dei
personaggi e sul tormento dell’anima che li caratterizza. Ma
persuasivo anche per l’abilità di ritrarre in profondità una terra
per certi versi maledetta, abbandonata e segnata dai crimini
mafiosi, per loro stessa natura taciuti e occultati dai più. Si
tratta della Calabria e, in particolare di Reggio Calabria: ovvero
quella zona liminare, ai margini della Penisola, non soltanto da un
punto di vista geografico bensì, soprattutto, economico e
culturale. “Se le cose non le dici, non ti possono fare male”
afferma la nonna (Alessandra Costanzo) di Grazia
(Miriam Karlkvist), quest’ultima giovane
protagonista della storia: parole forti, pronunciate con un senso
di consapevole e tragica rassegnazione; e ben presto seguite
da una ancor più straziante verità: “Il Sud è niente e niente
succede”, quasi a ribadire l’impotenza del punto di vista
anagraficamente più maturo, su quello invece potenzialmente
terapeutico della gioventù – di quella ideologicamente e moralmente
sana – per quanto ancora troppo ingenuo e acerbo. Ed è proprio il
personaggio di Grazia a rappresentarlo e a farsi promotrice, dietro
un portamento, estetico e caratteriale, mascolino, del vero contro
il falso, del coraggio contro l’omertà, dell’energia contro la
debolezza: attraverso un percorso di crescita complesso e doloroso,
degno del tipico romanzo di formazione. La giovane ha infatti un
rapporto problematico e freddo con il padre, Cristiano
(Vincio Marchioni), un pescatore alle prese con la
realtà malavitosa e che evita in tutti modi di parlare alla figlia
di quanto accaduto diversi anni prima: la morte di Pietro
(Giorgio Musumeci), fratello maggiore di Grazia,
scomparso in circostanze mai chiarite. Un’assenza destinata a
scavare un vuoto irreparabile nella famiglia e, soprattutto, nella
protagonista, per la quale diventa un costante motore di
riflessione e di azione: laddove per agire si intende la
ricerca estenuante di qualche risposta che possa, finalmente,
considerarsi autentica.
Un dramma costruito sui volti, sul
sentire e sull’espressione, più che sulle parole; e accompagnato
dalle musiche di Giorgio Giampà, evocative del
“non detto” che caratterizza il substrato della narrazione, e
descrittive di quella malinconia, dell’angoscia e della
frustrazione che, inevitabilmente, ne deriva.
Iniziano oggi le riprese di TUTTI
CONTRO TUTTI di Rolando Ravello. Il film, prodotto dalla Fandango
di Domenico Procacci e distribuito da Warner Bros. Pictures Italia,
vede l’esordio alla regia di Rolando Ravello, presente anche come
protagonista del film nel ruolo di Agostino.
Arriva al cinema Il
Sospetto, l’acclamato film di Thomas
Vinterberg, con Mads Mikkelsen e Thomas Bo
Larsen.
Una piccola comunità nel cuore
della Danimarca. Gente pacifica, cordiale, rispettosa dei valori e
dei sentimenti. Un luogo dove amicizia, amore, gentilezza e mutuo
aiuto sembrano avere un significato vero, profondo. E’ qui che vive
Lucas (Mads
Mikkelsen), un ex-insegnante reimpiegato come maestro
d’asilo, con un divorzio alle spalle e un rapporto difficile col
figlio lontano. L’appoggio e la comprensione dei suoi
compaesani, soprattutto del suo migliore amico, Theo
(Thomas Bo Larsen) sono ciò che gli permette di
tirare avanti e di sorridere alla vita.
All’asilo i bambini lo adorano e la
sua dolcezza naturale fa in modo che anche Nadia, una collega, si
innamori di lui. Appena la vita di Lucas sembra riacquistare un
senso, complice la decisione del figlio di trasferirsi a casa sua,
una bambina della scuola, Klara (Annika
Wedderkopp), racconta alla direttrice dell’istituto di
essere stata molestata da lui.
La menzogna, appena accennata e
subito ritirata, si innesta però come un virus nella mente della
donna che, senza nemmeno interpellarlo, licenzia Lucas su due piedi
e informa tutti i genitori dell’accaduto. E l’insegnante, quasi
inconsapevole di ciò che gli sta accadendo, si trova ad affrontare
un calvario, fatto di occhiatacce e minacce da parte dei suoi
stessi amici, che lentamente si intensifica fino a sfociare nella
violenza fisica.
Il Sospetto, il
film
Il
Sospetto, ultima fatica del regista co-fondatore del
movimento Dogma, Thomas Vinterberg, pone al suo
centro un’azione apparentemente minuscola, una confessione di pochi
secondi di una bambina di quattro anni, e mostra come, al pari di
un sassolino gettato in uno specchio d’acqua, questa azione scateni
delle reazioni enormi non solo nelle persone che la circondano, ma
in tutti gli abitanti della comunità.
Vinterberg, magistralmente, porta
al cinema la forza con cui una menzogna può insinuarsi nella mente
e trasformare persone perbene in mostri disumani che ignorano la
giustizia e accusano ciecamente, senza sapere e senza pensare,
distruggendo così la vita di un uomo, Lucas, che giorno per giorno
vede la sua esistenza andare a pezzi, sgretolarsi, scomparire.
La macchina da presa, vicinissima
ai personaggi, cattura ogni espressione facciale, ogni cambio
d’umore, ogni battito di ciglia. Cerca quasi di carpire i pensieri
di Lucas, sempre più solo e sempre più disperato, la superficialità
e la vitalità di Klara, troppo piccola per capire cos’ha scatenato
la sua bugia, l’acredine e l’incredulità di Theo, amico fraterno
confuso, incapace di giudicare, perso, e soprattutto l’ottusità
delle persone che agiscono senza farsi domande, ignorando la
verità.
La luce della Danimarca, calda e
fredda allo stesso tempo, la perfezione della sceneggiatura
(firmata da Tobias Lindholm), contemporaneamente drammatica e
rigorosa, la recitazione misurata, senza sbavature e l’occhio di un
regista decisamente geniale, fanno de Il Sospetto uno dei più bei
film degli ultimi anni.
In due ore Vinterberg riesce a
toccare tutte le emozioni dell’anima umana senza una goccia di
sentimentalismo. Una lezione di vita e di cinema. Straziante e
superbo.
Con un po’ di ritardo rispetto
all’effettiva data di produzione arriva anche in Italia Il
Solista (The Soloist) trasferta americana del più
britannico dei registi contemporanei, Joe
Wright.
La storia ruota intorno a Steve
Lopez (Robert
Downey Jr.), giornalista del L.A.
Times, ed a Nathaniel Ayers (Jamie
Foxx), ex studente della prestigiosa Juilliard e ora
barbone mentalmente instabile che suona un vecchio violino a due
corde per le strade della Città degli Angeli.
Una storia di incontro e di
amicizia, di redenzione che forse sa di scontato ma che riesce a
toccare lo spettatore, soprattutto e grazie alla musica che
copiosa sgorga dalle dita di Jamie Foxx (ormai quasi più musicista che
attore). Viene alla mente Shine, splendido film con
Goeffrey Rush protagonista; quando troppa
dedizione e troppa passione conducono la mente a lacerarsi. E
questo succede a Nathaniel, prodigio del violoncello senza la forza
emotiva necessaria per riuscire a sopportare un tale dono. E così
si riduce a fare il solista, lui che suona uno strumento nato per
il concerto, si ritrova a suonare alla città con il solo applauso
del volo dei piccioni. E poi arriva un giornalista, in cerca di una
storia, e per sbaglio trova una possibilità di riscatto, la coglie
e riesce a volgerla in un’occasione di crescita.
La sostanziale banalità
della trama de Il Solista si dipana per i suoi 117
minuti coinvolgendo all’inizio ma rallentando decisamente troppo
nella seconda parte.
Tuttavia il film ha un’eleganza
formale notevole, firma ormai riconoscibile
Wright, e si fregia di due degli attori più dotati
del panorama odierno: Jamie Foxx che grazie alla musica ha già vinto
un Oscar (per Ray) e Robert Downey Jr. che abbandonata ogni corazza
e spavalderia fumettistica ci regala un ritratto sobrio e
convincente del giornalista Lopez, da un libro del quale è tratto
il soggetto originale del film.
Lunghi e lenti movimenti di
macchina cavalcano le note di Beethoven, sulla città assolata e sui
parcheggi deserti, un’intensità di immagine che solo la grande
musica accostata al cinema riesce a dare, e non è un caso infatti
che tutta la musica del film ha un imput diegetico per poi
esplodere nell’extra-diegetico o comunque nell’oltre-fisico della
mente del musicista schizofrenico. Sarà un caso ma la visione di
colori che esplodono al ritmo di musica ricorda una delle più
particolari sequenze di un famosissimo classico che fonda su musica
e immagini la sua efficacia: Fantasia
di Topolino.
Notevole anche la scrittura
soprattutto in fase di dialogo ed ottima la costruzione dei
personaggi, delle loro caratteristiche, delle loro vicissitudini
quotidiane, nel caso del giornalista, e del loro passato doloroso,
nel caso del barbone/musicista. Ma Il Solista
offre anche un ritratto impietoso di una città che agli occhi del
mondo è solo la scintillante culla del cinema a stelle e
strisce.
Un ventre malato che ospita
barboni, folli e sfortunati che trovano nella strada la loro unica
casa e nella follia la loro unica fuga. E così siamo costretti ad
ammettere che per quanto la musica possa innalzare l’animo verso
l’alto, la realtà è sempre pronta ad ancorare le persone al suolo,
talvolta provando a tirare più giù.
Joe Wright non è solo il regista di
Orgoglio e pregiudizio, Espiazione, o L’ora più buia. Non è solo maestro dell’estetica,
ammaliato lui stesso dalla fascinazione dei film in costume e della
ricostruzione d’epoca, come riesce ad ammaliare lo spettatore.
Anche se questa sembra essere la sua cifra, ed è certo quella che
gli ha dato fama internazionale, portando la sua musa Keira Knightley alla consacrazione e Gary Oldman al meritato Oscar proprio con il
magistrale L’ora più buia, Wright sa anche tuffarsi nella
contemporaneità e sa farlo con la stessa grazia. È ciò che accade
quando, nel 2009, traspone sullo schermo il libro del giornalista
americano Steve Lopez, che
racconta il suo incontro e l’amicizia con Nathaniel Ayers,
senzatetto e suonatore di violoncello nei bassifondi di Los
Angeles. Non un romanzo ottocentesco, dunque, ma neppure un testo
di finzione contemporaneo, bensì una storia vera, che lo porta a
lasciare la sua Inghilterra per l’America e ad esplorare anche
artisticamente territori nuovi. Così nasce Il solista.
Ne Il solista
(The Soloist) Steve Lopez (Robert
Downey Jr.) scrive per il Los Angeles Times, ma da
tempo non ha una buona storia da raccontare. È separato dalla
moglie Mary (Catherine Keener), che è anche il suo
editore, e gli rimprovera di non essere capace di assumersi le
proprie responsabilità. In più, un incidente in bicicletta gli ha
temporaneamente sfigurato la faccia. L’incontro con Nathaniel Ayers
(Jamie
Foxx), un senzatetto affetto da schizofrenia che suona
il violino con due sole corde ed ha un talento unico, adora
Beethoven e da ragazzo ha frequentato la Juiliard, cambierà la vita
di entrambi. Lopez scoprirà di aver trovato molto di più di una
buona storia, entrerà in contatto con un mondo per lui nuovo e
cercherà di aiutare Ayers. Sperimenterà quanto sia difficile farlo
nel modo giusto, senza cedere alla tentazione di sentirsi un
salvatore. Nathaniel tornerà a suonare con uno strumento integro e
potrà dedicarsi pienamente alla sua passione per la musica,
scoprendo anche una nuova vita che, in cambio di qualche
limitazione alla libertà, offre alcuni innegabili vantaggi.
Entrambi conosceranno il valore dell’amicizia e della
condivisione.
La regia di Joe Wright
Il regista riesce con un sapiente
uso delle inquadrature e dei colori a rendere il concetto della
musica come qualcosa che unisce ed è profondamente liberatorio. In
una delle sequenze più coinvolgenti del film, le note della musica
di Beethoven sono viste da Nathaniel come un insieme di colori, le
immagini esemplificano perfettamente come la musica dia colore al
suo mondo. Nel cinema di Wright l’aspetto visivo è
sorprendentemente evocativo. Qui rende bene quest’idea di
superamento dei confini, di libertà e anche di pace data dalla
musica. In ciò è coadiuvato dalla fotografia di Seamus
McGarvey, dalle musiche di Dario
Marianelli, Oscar nel 2007 per
Espiazione e dal montaggio di
Paul Tothill. Grazie al lavoro del regista
britannico, la musica diventa l’emblema dell’anelito alla libertà
che percorre tutto il film, assieme al riferimento
ricorrente al volo degli uccelli. A Nathaniel non si può negare né
l’esperienza della musica, né quella vita povera, ma libera da
costrizioni che ha scelto di vivere.
Le note, però, fanno uscire anche
Steve dai limiti angusti della propria realtà, mostrandogli che c’è
molto altro al di fuori di essa e creando una reale comunione tra i
due protagonisti – si veda la scena del sottopasso, in cui Ayers
torna dopo molti anni a suonare il violoncello.
Il solista non è
solo musica come liberazione e riconciliazione con il mondo. Il
regista allarga lo sguardo a un discorso sul disagio mentale, col
quale Ayers è in continua lotta e che lo ha relegato ai margini
della società. Il tema diventa così anche sociale e politico, un
discorso sugli ultimi, i senzatetto delle grandi metropoli
occidentali. Ed è questo un focus importante del film: la
condizione degli ultimi. La musica è il grimaldello per entrare in
contatto emotivo profondo con questo mondo, per aprire una finestra
su di esso. È quello che succede a Steve Lopez e per suo tramite,
agli spettatori. I senzatetto sono l’altra faccia di Los Angeles,
città del cinema. Wright cerca e trova l’autenticità
soffermandosi sui volti e sui racconti di vita di veri senzatetto
scelti per interpretare sé stessi nel film. Coloro che non
sono mai sotto i riflettori nella città delle stelle.
L’abilità del regista sta
anche nel saper rinunciare ad ogni forma di falso buonismo in
favore di uno sguardo disincantato. Lopez si avvicina ad
Ayers con uno scopo puramente utilitaristico e per buona parte del
film è anche infastidito dai suoi modi e dalle sue eccentricità,
dai risvolti difficilmente gestibili della sua malattia. È un
giornalista che punta al successo sul lavoro, non un filantropo che
vuole fare del bene. Solo in un secondo momento la relazione si
trasforma in una vera amicizia.
Jamie Foxx e Robert Downey Jr.
protagonisti de Il solista
La bravura dei due protagonisti è
innegabile e ben si accompagna all’ampio respiro visivo del film.
Jamie Foxx, che aveva ottenuto l’Oscar
e il Golden Globe nel 2004 per la sua interpretazione di Ray
Charles in Ray di Taylor Hackford, interpreta
Nathaniel Ayers con convincente trasporto, toccando vette di
lirismo. L’attore è anche un buon pianista e per
l’occasione ha preso lezioni di violoncello.
Robert Downey Jr
mostra tutto il suo talento nell’interpretare personaggi in crisi
che attingono a tutte le loro risorse per uscirne, vestendo
ottimamente i panni del giornalista che riscopre il valore del
proprio mestiere e torna in contatto con la parte migliore di sé
grazie all’incontro con Ayers.
Il solista secondo Wright e
i suoi protagonisti
Sono le
stesse parole di Joe Wrighta chiarire
in un’intervista la sua idea del film e il suo sentirsi, da
britannico, un outsider rispetto ad una storia così “americana”:
“Mi sono sempre interessato di salute mentale e del potenziale
che ha il cinema di esprimere realtà soggettive anche molto
estreme, ma non ero sicuro di avere l’autorità per fare un film che
riguardasse così intrinsecamente l’esperienza
americana”. “Steve Lopez mi ha portato a conoscere i
senzatetto e lì [al Lamp, un rifugio per persone affette da
malattia mentale ndr. ] ho realizzato che questo era un film
sugli outsider e che, essendo io stesso un outsider, potevo dare
qualcosa al film”.
Sull’esperienza con gli homeless di
Los Angeles e sul loro impiego come attori nel film il regista ha
così commentato: “Ho trascorso molto tempo con la comunità dei
senzatetto”.“Ho incontrato persone davvero fantastiche e
mi sono innamorato di tutti loro. Ero affascinato da loro e ho
potuto impiegarli come attori”. “E’ stato molto importante
che venissero a fare il film con noi”.
Jamie Foxx ha definito una vera sfida quella
di interpretare un personaggio complesso come Nathaniel Ayers:
“E’ stata un vera sfida, mi ha messo a dura prova. Questo
accade soprattutto quando hai a che fare con questioni che
riguardano la mente”. “Quando riesco a catturare un
personaggio […], se riesco a scomparire nel personaggio,
allora sono bravo […]. Penso sia ciò per cui sono fatto: trovare
questi personaggi ed essere completamente onesto
nell’interpretarli”. “Questo film è un punto di svolta per
me. È molto intenso”.
Ecco il punto di vista di Robert Downey Jr. sull’ambientazione americana
del film: “Penso che l’America abbia a che fare con il meglio e
il peggio di tutto. […] Ecco perché è il posto giusto per
raccontare una storia”.
Frasi significative de Il
solista
Steve Lopez alle prese con la
difficile relazione con Ayers: “E se quindici giorni di
medicine, una finestra di quindici giorni su quella che potrebbe
essere la sua vita, gli cambiasse la vita, la salvasse?”.
David: “Se tradisci
quell’amicizia, distruggi l’unica cosa che ha a questo
mondo”.
Steve Lopez:“Io non voglio
essere la sua unica cosa”.
Due momenti che chiariscono
l’anelito costante alla libertà di Ayers.
Nathaniel Ayers: “Questo posto
è molto bello, perché suoni e i piccioni applaudono volando via.
[…] Mi basta alzare gli occhi e so dove sto: sono a Los Angeles,
Los Angeles, California”.
“Los Angeles significa:
angeli. Non puoi negare le ali agli angeli”.
Steve Lopez e l’insegnamento più
importante di Nathaniel Ayers: “La sua fiducia nella forza
della sua arte mi ha insegnato la dignità di essere fedeli a ciò in
cui si crede, a non rinunciarvi mai. E soprattutto a credere, senza
il minimo dubbio, che ci permetterà di sopravvivere”.
Warner Bros Italia
ha diffuso il trailer ufficiale di Il sole è anche una
stella, il film diretto da Ry Russo-Young che arriverà al
cinema dall’8 Agosto.
Può bastare un solo giorno per
vivere l’amore della tua vita? Diretta da Ry
Russo-Young (‘Before I Fall’), la pellicola ci porta nelle
vite di Daniel Bae e di Natasha Kingsley. I due si incontrano e si
innamorano nella turbolenta New York, nell’arco di una sola
giornata, proprio quella che sembra essere l’ultima negli Stati
Uniti per Natasha e per la sua famiglia. Sul set del film:
Yara Shahidi, Charles Melton, Faith Logan.
https://youtu.be/YAdr9-GTTbc
Il sole è anche una stella, la trama
Il romantico universitario Daniel
Bae e la pragmatica di origini Giamaicane Natasha Kingsley, si
conoscono—e si innamorano—in una notte magica tra il fervore e il
turbinio di New York. Tra i due sconosciuti, che forse non si
sarebbero mai incontrati se il destino non ci avesse messo lo
zampino, scatta immediatamente la scintilla dell’amore. Ma basterà
il destino per far sì che il loro amore sia quello giusto? A poche
ore da quello che sembra essere il suo ultimo giorno negli Stati
Uniti, Natasha lotta tenacemente contro l’espulsione della sua
famiglia così come per i suoi sentimenti verso Daniel, che allo
stesso tempo tenta di convincerla che il loro destino è quello di
stare insieme per sempre.
Una storia dei giorni nostri che
racconta di un amore contro ogni probabilità, “Il sole è anche una
stella” si domanda se le nostre vite siano determinate dal fato o
dagli eventi casuali dell’universo.
Dopo aver portato nuova linfa alla
saga di Step Up con Step Up
Revolution, il regista Scott Speer ha
intrapreso un percorso attraverso un cinema di genere sentimentale
che gli ha permesso di affermarsi a livello internazionale. Il
primo titolo a riguardo è Il sole a mezzanotte –
Midnight Sun, portato in sala nel 2018 con un cast di
promettenti interpreti di Hollywood. La vicenda è quella di Katie,
una spensierata adolescente con un unico problema: è affetta da una
malattia chiamata xeroderma pigmetosum. Questa non le consente di
poter prendere su di sé i raggi solari, ed è pertanto costretta a
vivere di notte. L’incontro con un ragazzo cambierà però ogni
cosa.
Contrariamente a quanto si pensa,
il film non è tratto da un libro, bensì da un film omonimo
giapponese distribuito nel 2006. Questo si era affermato come un
grande successo in patria e all’estero, tanto da suscitare
l’interesse degli studios americani. Vennero così acquistati i
diritti per il remake, che consentirono a Speer di trovare un nuovo
progetto a cui dedicarsi. Con le riprese svoltesi a Vancouver, in
Canada, il progetto ottenne da subito le attenzioni di un pubblico
di giovani, curiosi di questa nuova storia che mischia amore e
malattia. Come già accaduto per Colpa delle
stelle, Il sole a mezzanotte prometteva infatti
grandi emozioni.
Al momento del suo arrivo in sala
tale promessa venne mantenuta. Il film si rivelò un buon successo
di pubblico, arrivando a guadagnare globalmente circa 27 milioni di
dollari a fronte di un budget di soli 2. Sempre il pubblico
consentì al film di ottenere ulteriore visibilità grazie alle
quattro nomination ai Teen Choice Awards, dove vennero riconosciuti
in particolare i due interpreti protagonisti. Prima di
intraprendere una visione del film, può essere utile conoscere
alcune delle principali curiosità legate al titolo. Proseguendo
nella lettura, infatti, si ritroveranno ulteriori dettagli sulla
trama e sul cast, scoprendo anche quali piattaforme consentono di
vedere il film in streaming.
Il sole a mezzanotte: la trama del
film
Protagonista del film è la giovane
Katie Price, una diciassettenne con grandi sogni e aspirazioni
costretta però a vivere sin dall’infanzia al riparo dalla luce del
giorno. La ragazza è infatti affetta da una rara malattia che rende
per lei particolarmente pericolosa l’esposizione alla luce diretta
del sole. La sua vita viene così condotta in modo totalmente
diverso e opposto rispetto a quella dei suoi coetanei. Per lei solo
la notte è un luogo sicuro, durante il quale poter scoprire il
mondo e le sue bellezze. Tale situazione la porta però ad essere
inevitabilmente emarginata, possedendo pochissimi amici e
contatti.
La sua vita prende una piega
inaspettata nel momento in cui si imbatte in Charlie, ragazzo di
cui lei ha sempre avuto una cotta. I due hanno finalmente
l’occasione per conoscersi meglio, finendo inevitabilmente con
l’innamorarsi l’uno dell’altra. Il sentimento verso Charlie è
talmente forte che spinge Katie a commettere delle trasgressioni
circa la sua malattia, che potrebbero però rivelarsi fatali. Prima
che sia troppo tardi, la ragazza dovrà confessare la propria
malattia a Charlie, spaventata però dalla reazione che lui potrebbe
avere. Per sconfiggere la malattia, l’amore potrà essere tutto ciò
di cui Katie ha bisogno, ma perché ciò avvenga dovrà imparare a
fidarsi e lasciarsi andare.
Il sole a mezzanotte: il cast del
film
Per dar vita ad un film con una
storia d’amore tanto complessa e appassionante, era necessario
trovare degli interpreti che sapessero restituire la bellezza e le
tante sfumature dei personaggi protagonisti. Per il ruolo di Katie
è così stata scelta Bella
Thorne. Divenuta celebre grazie a film come
Insieme per forza, La babysitter e Assassination
Nation, l’attrice si preparò al ruolo studiando
approfonditamente la malattia di cui il suo personaggio è affetto,
avendo così la possibilità di risultare più realistica nella sua
rappresentazione di questa. Tale ruolo da protagonista si è poi
rivelato decisivo per lei, divenuta grazie a Il sole a
mezzanotte particolarmente popolare e richiesta per altre
produzioni.
Il personaggio di Charlie è invece
interpretato da Patrick Schwarzenegger, figlio del
celebre Arnold Schwarzenegger. Il ragazzo si era
già fatto notare grazie a film come Un weekend da
bamboccioni 2 e Dear Eleanor. Quello in Il
sole a mezzanotte è però il suo primo ruolo da protagonista,
che gli ha consentito di ottenere maggior notorietà nell’industria.
Nel ruolo di Jack Price, padre di Katie, si ritrova invece l’attore
Rob Riggle, noto per i suoi ruoli comici in film
come Una notte da leoni,
Scemo & più Scemo e Fratellastri a 40 anni. L’attrice
QuinnShephard, nota anche
per La diseducazione di
Cameron Post, è invece Morgan, la migliore amica di
Katie.
Il sole a mezzanotte: il libro, il
trailer e dove vedere il film in streaming
Come si accennava in apertura,
Il sole a mezzanotte non è tratto da un romanzo. Tuttavia,
parallelamente all’uscita in sala del film è stato pubblicato anche
un libro omonimo basato sulla storia narrata nella pellicola.
L’autrice di tale volume è la scrittrice Trish
Cook, che si è dunque occupata di riportare su carta
quanto visibile nel film, potendo però arricchire il tutto di
quelle peculiarità dei libri non traducibili al cinema. Si possono
così ritrovare i pensieri dei protagonisti, come anche una maggior
descrizione dei loro stati d’animo e delle loro reazioni agli
eventi che gli capitano. Il libro si può ritrovare facilmente in
tutti i principali store online come anche nelle librerie
fisiche.
Prima di gettarsi in tale lettura,
per gli appassionati del film è possibile fruirne grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Il sole a mezzanotte è
infatti disponibile nel catalogo di Chili Cinema, Apple
iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film.
Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si ha soltanto
un determinato periodo di tempo entro cui vedere il titolo. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì
11 novembre alle ore 21:20 sul
canale Rai 2.
Arrivano da Reddit nuovi concept art che
raffigurano il Soldato d’Inverno, ovvero
Bucky Barnes, protagonista del Marvel Cinematic Universe
e trai possibili “successori” di Steve Rogers al
ruolo di Captain America.
La sinossi: Mentre
gli Avengers continuano a proteggere il mondo da minacce
troppo grandi per un solo eroe, un nuovo pericolo emerge dalle
ombre cosmiche: Thanos. Despota di intergalattica scelleratezza, il
suo scopo è raccogliere le sei gemme dell’Infinito, artefatti di un
potere sconfinato, e usarle per piegare la realtà a tutto il suo
volere. Tutto quello per cui gli Avengers hanno combattuto ha
condotto a questo punto – il destino della Terra e l’esistenza
stessa non sono mai state tanto a rischio.
Avengers
Infinity War arriverà al cinema il 4 Maggio
2018. Christopher Markus e Stephen
McFeely si occuperanno della sceneggiatura del film,
mentre la regia è affidata a Anthony e Joe
Russo.
Il cast del film al momento è
composto da Cobie Smulders, Benedict Cumberbatch,
Chris Pratt, Vin Diesel, Scarlett Johansson, Dave Bautista, Karen
Gillan, Zoe Saldana, Brie Larson, Elizabeth Olsen, Robert Downey
Jr., Sebastian Stan, Chris Hemsworth, Chris Evans, Tom Holland,
Bradley Cooper, Samuel L. Jacksson, Jeremy Renner, Paul Rudd, Peter
Dinklage, Mark Ruffalo, Josh Brolin, Paul Bettany, Benedict
Wong, Pom Klementieff e Chadwick
Boseman.
Non si è parlato molto del fatto
che il Bucky Barnes di Sebastian Stan sfoggiasse un
abito grigio su misura nelle foto del set di maggio
di Thunderbolts* dei
MarvelStudios.
Tuttavia, dobbiamo guardarle sotto
una nuova luce, poiché al SDCC è stato rivelato che Bucky è ora un
membro del Congresso.
Se ricordate, in The Falcon and the Winter Soldier,
Barnes era incerto su cosa avrebbe dovuto fare nella vita. Con i
Vendicatori sciolti e Steve Rodgers invecchiato e uscito
di scena, Bucky è stato lasciato alla deriva.
Tuttavia, in un’intervista al SDCC
con Wyatt Russell (Agente degli Stati Uniti) e Stan, è stato
rivelato che il Soldato d’Inverno indossa abiti più
raffinati in questi giorni perché è un legislatore che lavora a
Capitol Hill.
Quando si è scherzato sul fatto che
Bucky lava il suo braccio di vibranio nella sua lavastoviglie (cosa
che avviene davvero secondo il filmato mostrato al SDCC), Russell e
Stan hanno scherzato sul fatto che è perché Bucky non ha molto
tempo libero.
“A un certo punto bisogna
assicurarsi che le cose vengano pulite, e questo è un modo molto
efficiente di farlo velocemente”, ha scherzato Stan a
Comicbook. “Usa anche molta meno acqua, molta meno acqua
nella lavastoviglie”.
A questo punto Russell si è
lasciato sfuggire che Bucky è un membro del Congresso, un dettaglio
che probabilmente non doveva essere ancora rivelato.
In base a questa rivelazione, sarà
interessante vedere se i Thunderbolts*
sono una squadra autorizzata dal governo che lavora per Bucky.
Dato che il tema del film sembra
essere quello di dare ai suoi membri una seconda possibilità di
redenzione, forse il suo roster è formato da Bucky che vuole dare
agli altri la stessa possibilità che Steve ha dato a lui?
Thunderbolts*
è un film della Fase 5 del MCU in uscita il 5 maggio 2025. Il
film è attualmente destinato a chiudere la Fase 5 del MCU.
Secondo quanto appreso la contessa
Valentina Allegra de Fontaine metterà insieme la squadra e potrebbe
anche essere parzialmente responsabile della creazione di
Sentry. Thunderbolts*
è attualmente previsto nelle sale il 2 maggio
2025. Il film sarà diretto da Jake
Schreier, la cui storia come regista non è estremamente
ampia, avendo lavorato solo a Robot & Frank del 2012,
Paper Towns del 2015 e alla versione filmata del 2021 di
Chance the Rapper’s Magnificent Coloring World Tour.
01 Distribution ha diffuso il
trailer di Il
sol dell’avvenire, il nuovo film di Nanni Moretti che
con ogni probabilità vedremo al prossimo Festival
di Cannes. Protagonisti Nanni Moretti,
Margherita
Buy,
Silvio Orlando, Mathieu Amalric, Barbora Bobulova.
Tra i temi del film ci sono il cinema, il circo, gli anni
’50.
Dopo
Tre piani,
Nanni Moretti torna dietro – e davanti – la
macchina da presa con
Il sol dell’avvenire, che tra commedia e dramma
rappresenta una summa del Moretti regista, della sua concezione di
cinema e del rapporto con gli attori, ma anche del Moretti uomo dai
saldi principi, faticoso nei rapporti, scaramantico, con le sue
idiosincrasie, sarcastico e tagliente – metaforicamente e
letteralmente. Il Moretti che tutti conoscono, dai tempi di
Ecce Bombo, insomma. Il film, che sarà in
concorso al prossimo Festival
di Cannes, accanto a Bellocchio e
Rohrwacher, rappresenta anche un momento di
autocritica e riflessione su sé stesso, soprattutto per quel che
riguarda affetti e relazioni. Senza tralasciare la passione
politica che ha sempre contraddistinto il regista.
La trama de Il sol
dell’avvenire
Giovanni,
Nanni Moretti, è un regista alle prese con un
film ambientato nel ’56, al tempo dell’invasione russa in Ungheria.
In questo film,
Silvio Orlando interpreta Ennio, un giornalista
de L’Unità, animatore di una sezione del Pci al Quarticciolo.
Accanto a lui, Barbora Bobulova veste i panni di
Vera, una sarta, attivista del medesimo circolo. Proprio nei giorni
in cui i carri armati entrano in Ungheria, la sezione romana ospita
il circo ungherese Budavari. Ennio e Vera si trovano, come tutti i
militanti del Pci, a dover prendere posizione riguardo ai fatti di
Ungheria. Lo spettatore segue Giovanni e la sua troupe sul set,
alle prese con i problemi quotidiani. Intanto, Giovanni sta
pensando anche a un altro suo progetto cinematografico: un film
incentrato sulla storia d’amore tra due ragazzi, con colonna sonora
di canzoni italiane anni ’60. Nella vita privata del protagonista,
poi, sta per succedere qualcosa di inatteso: sua moglie,
Margherita Buy, che è anche la sua produttrice, vuole
lasciarlo da tempo e sta cercando il modo giusto per dirglielo,
mentre sua figlia, Valentina
Romani, intraprende una relazione sentimentale con un
uomo molto più grande di lei. Le certezze di Giovanni sembrano
crollare e lui si trova spaesato.
Il sol dell’avvenire, summa
morettiana
Il sol
dell’avvenire sembra una summa di tutti i lavori più
iconici di Moretti: da Ecce Bombo a Sogni d’oro,
da La messa è finita, a Palombella rossa. Un
florilegio, un amarcord – con il richiamo felliniano del circo –
pieno di citazioni dei suoi film precedenti. Si parte dal nome del
protagonista, Giovanni, e dalla coperta di Sogni d’Oro,
per arrivare alla sua passione per i dolci, alle disquisizioni
sulle scarpe – imperdibile il monologo sui sabot – al monopattino
che prende il posto della storica vespa, a tante altre che lo
spettatore più appassionato potrà divertirsi a scovare. Complice un
finale rigorosamente top secret, il film sembra la chiusura di una
fase, se non di una carriera – cosa fermamente smentita dal
regista. Ne Il sol dell’avvenire c’è il
Moretti che piace alla follia o si odia. Quello che i detrattori
dicono noiosamente egoriferito e chi lo ama non vede l’ora di
vedere. Perché si riconosce nel suo spirito tagliente e condivide
parecchie delle sue considerazioni, ne apprezza la franchezza e la
coerenza con cui tiene fede alla propria identità, nonostante le
critiche.
Coerenza e coesione ne Il sol
dell’avvenire
Nonostante la struttura complessa –
due film nel film – le sceneggiatrici Federica
Pontremoli, Valia Santella e
Francesca Marciano hanno fatto, insieme con
Nanni Moretti, un ottimo lavoro. Non era facile
tenere tutto assieme, ma ci sono riusciti senza annoiare, dando
dinamicità e riuscendo al tempo stesso a mantenere chiari i diversi
filoni narrativi. Il sol dell’avvenire è
un film estremamente coeso e coerente. Si può dire che i due film,
uno girato e l’altro immaginato dal regista, rappresentino un po’ i
due filoni lungo i quali Moretti si è sempre mosso: quello dei
rapporti umani, privato, e quello politico, da regista e da uomo
politicamente e socialmente impegnato quale è sempre stato.
Entrambi confluiscono nel prodotto finale, restituendo un quadro
completo della personalità del regista e del suo cinema. La durata,
poi, non è eccessiva, e ciò fa sì che il lavoro non si disperda e
diluisca in rivoli poco proficui, risultando anzi, anche poetico in
alcuni momenti.
Lo stupore negli occhi
Un elemento che rimane impresso
anche dopo la visione de Il sol
dell’avvenire ed è ricorrente nel film, è lo sguardo
stupito, esterrefatto del regista di fronte ad alcune cose del
mondo, ad alcuni cambiamenti, talvolta derive, attuali, ma anche ad
alcuni aspetti del carattere o dei gusti altrui, che lo lasciano,
appunto basito. Valga ad esempio il gustosissimo colloquio con i
dirigenti di Netflix. È da apprezzare questo coraggio di stupirsi,
di essere ancora esterrefatti, se è il caso, di indignarsi, anziché
farsi scivolare tutto addosso, come assuefatti. Questo, Moretti
riesce ancora a farlo e forse invita anche lo spettatore a
ritrovare lo stupore, perché, come afferma, “due o tre principi
bisogna pureaverli”.
Moretti cineasta intransigente ne
Il sol dell’avvenire
Il Moretti regista si descrive qui
come lo si immaginava, e forse anche peggio, nel suo essere
dispotico e impositivo: l’ascolto, e il canto delle canzoni sul set
per prepararsi a girare, l’attrice che deve obbedire, altrimenti
viene cacciata, a costo di ricominciare da capo il film. Ma anche
un’idea di cinema chiarissima e difesa a spada tratta, come nella
godibilissima e surreale sequenza del film violento che Moretti
interrompe. È un’estremizzazione, ma risponde a un’etica del
cinema, a una visione reale, a un rifiuto categorico della violenza
come forma di intrattenimento fine a sé stessa: “Comincerete a
piangere perché vi renderete conto di quello che avete
combinato”, dichiara il protagonista al suo giovane collega.
Sulla propria visione del cinema Moretti non ha tentennamenti e non
la mette in discussione, come non mette in discussione
l’istituzione della sala, verso cui dichiara, anche da esercente,
amore incondizionato.
Autocritica privata
Ciò su cui invece il regista pare
riflettere anche in maniera autocritica è il sé privato. Forse è un
segno dei tempi, rappresenta un elemento nuovo. Così, la
convinzione iniziale di essere “delizioso” lascia il posto
al dubbio, alla messa in discussione di sé, alla consapevolezza di
un carattere non facile e a un tentativo di ammorbidimento di
alcuni aspetti, alla ricerca di un dialogo, per andare incontro a
degli affetti che non vuole perdere.
Qualcosa di sinistra ne
Il sol dell’avvenire
Da un regista politico, nel senso
più ampio del termine, per cui ogni inquadratura e sfumatura è un
atto politico, non ci si poteva poi non attendere un riferimento
alla politica in senso stretto, alla sinistra, verso cui, da
elettore e cittadino, Moretti è sempre stato critico in maniera
costruttiva. Basti pensare alla famosa scena di
Aprile in cui esortava l’allora
segretario del PDS D’Alema a dire “una cosa di sinistra”
in un dibattito televisivo. Qui Moretti richiama sarcasticamente
“il sol dell’avvenire” garibaldino prima e partigiano poi, non
ancora apparso all’orizzonte, e pensa bene di intervenire
direttamente, come non sveliamo. Compie però un gesto a suo modo
rivoluzionario, contrario al realismo del “la storia non si fa coi
se”. Il gesto poetico di un sognatore che vuole vedere in qualche
modo realizzata l’utopia in cui ha creduto, che, superato il mezzo
del cammin della propria vita, pensa bene di realizzarsela da sé.
Forse proprio la sua coerenza, il non vergognarsi mai della propria
identità, l’orgoglio nel rivendicarla che c’è ne Il sol
dell’avvenire, una visione non solo del cinema, ma
anche della società, propria di Moretti, che può insegnare molto
alla sinistra italiana. Una visione su cui si può dibattere,
dissentire, discutere, ma pur sempre una visione, che forse i
partiti di sinistra hanno perso da tempo. Una visione in cui anche
il dialogo con le nuove generazioni è importante, per spiegare cosa
è stato a chi non lo sa, non lo ha vissuto.
Il cast de Il sol
dell’avvenire
Infine il cast de Il sol
dell’avvenire: un insieme ben assortito di certezze e
nuovi ingressi, come Barbora Bobulova,
perfettamente integrata nel gruppo. Dal canto suo,
Margherita Buy, al quinto film con Moretti, riesce
ancora a creare un bilanciamento perfetto con il regista e attore,
facendo da contrappeso alla sua figura ingombrante, ricavandosi
anche uno spazio più ampio. Silvio Orlando, che
torna a collaborare con Moretti a diciassette anni di distanza da
Il caimano, interpreta sé stesso ed Ennio
con la consueta misura, ma anche con dei guizzi espressivi degni di
nota. Nel cast anche Mathieu Amalric nel ruolo di
un eccentrico amico finanziatore, e una serie di giovani attori.
Valentina Romani è reduce dal successo di
Mare
Fuori e qui sa calarsi in un personaggio
totalmente diverso. Altri giovani offrono buone prove, come
Blu Yoshimi, molto intensa ed efficace, e
Giuseppe Scoditti. A completare il lavoro, una
colonna sonora in cui ritroviamo il Franco Battiato caro a Moretti
– in un momento davvero poetico del film – ma anche altri classici
della canzone d’autore italiana, come De André o Luigi Tenco,
accanto a Noemi e Aretha Franklin. Il sol
dell’avvenire, prodotto da Sacher
Film e Fandango, con Rai
Cinema e Le Pacte, è in sala dal 20
aprile.
È stato diffuso il primo poster de
Il Sol dell’Avvenire, il nuovo film di Nanni Moretti che arriverà al cinema il
prossimo 20 aprile e che vede nel cast, oltre allo stesso Moretti,
anche Margherita Buy, Silvio Orlando, Mathieu Amalric,
Barbora Bobulova.
Il film è ambientato tra gli anni
’50 e ’70 nel mondo del circo e del cinema. Girato a
Cinecittà, prodotto dalla Sacher Film e da Fandango con Rai Cinema,
il film sarà distribuito da 01 Distribution.
Il nuovo film diNanni Moretti, Il
sol dell’avvenire, in gara al Festival di
Cannes 2023, a Genova esce giovedì 20 aprile
al cinema Corallo (via Innocenzo IV 13, tel. 010
8687408), dove alle 21 sarà introdotto da
Federica Pontremoli, autrice del soggetto
e della sceneggiatura insieme a Francesca
Marciano, Valia Santella e lo stesso Moretti. Protagonista
della commedia è l’attore e regista francese Mathieu
Amalric, che recita accanto a un cast guidato da
Margherita Buy e
Silvio Orlando, con Barbora Bobulova,
lo stesso Nanni, Elena Lietti, Jerzy Stuhr, Laura Nardi,
Beniamino Marcone, Rosario Lisma, Flavio Furno, Francesco
Brandi. Girato a Cinecittà, è prodotto da Moretti con
Sacher Film, da Domenico Procacci di Fandango con Rai Cinema.
Poco si sa della trama del
film, se non che il protagonista Giovanni (lo stesso
Moretti) è un regista che sta girando un film sui fatti
d’Ungheria, che Moretti anziché andare per le strade di
Roma in Vespa come faceva in Caro diario qui inforca un
monopattino elettrico, che a un certo punto arriva
un circo ungherese e la scena si sposta sotto il
tendone, che c’è uno psicanalista, che si parla
anche di amori, separazioni,
calcio, streaming, Stalin e
Trotsky, che si canta e si balla,
e che il finale è allegro: una rivincita del
cinema sulla politica e dell’arte sulla storia.
Federica
Pontremoli, genovese, laureata in Lettere moderne, si
diploma in sceneggiatura nel 1993 presso il Centro
sperimentale di cinematografia di Roma. Nel 2001 dirige il suo
primo lungometraggio, Quore, di cui ha scritto anche
soggetto e sceneggiatura. Nel 2003 è tra i vincitori del Premio
Sacher, indetto dalla casa di produzione di Nanni Moretti, per il
soggetto del cortometraggio Baci da Varsavia. Per questo motivo
viene poi scelta da Moretti come coautrice della sceneggiatura di
Il caimano. Da allora collabora con numerosi registi, tra
cui Silvio Soldini per Giorni e nuvole, Giuseppe Piccioni
per Giulia non esce la sera, Francesca Comencini per
Lo spazio bianco. Nel 2011 torna a lavorare con Nanni
Moretti in Habemus Papam, firmando la sceneggiatura
insieme a Moretti e Francesco Piccolo. Nel 2012 scrive, insieme a
Ferzan Özpetek, la sceneggiatura di Magnifica presenza.
Nel 2021 collabora nuovamente con Moretti per il film Tre
piani. Gli altri film di cui ha firmato la sceneggiatura sono
Generazione 1000 euro di Massimo Venier (2009), Meno
male che ci sei di Luis Prieto (2009), la miniserie tv Nel
bianco di Peter Peter Keglevic (2010), Il giorno in
più di Massimo Venier (2011) e Ho ucciso Napoleone di
Giorgia Farina (2015).
Il Sogno di Aegon
il Conquistatore, da lui chiamato Le Cronache del Ghiaccio e
del Fuoco, viene rivelato in House
of the Dragon, una svolta sorprendente che riconcilia
i fan con Il
Trono di Spade e riformula la sconfitta degli
Estranei. House
of the Dragon è ambientata molto prima de Il
Trono di Spade, circa 172 anni prima della morte del
Re Folle e della nascita di Daenerys Targaryen. Ma ciò non
significa che i due show sono indipendenti e che non possano
avvenire casi di “retcon”, ovvero di cose che accadono nel prequel
che in qualche modo correggono o modificano cose già accadute nella
“serie madre”.
Il Sogno di Aegon
delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco è stato una grande
rivelazione nella stagione 1 di House
of the Dragon, e ha continuato a influenzare lo show e
la Danza dei Draghi. Non solo cambia ciò che si sapeva
sulla storia di Casa Targaryen, ma ricostruisce anche Il
Trono di Spade e significa che alcuni eventi, in
particolare della stagione 8, possono essere visti sotto una luce
diversa. Grazie a ScreenRant, ecco un’analisi
approfondita del Sogno di Aegon e di cosa
significa sia per la serie prequel sia per l’originale.
Cosa significa veramente il Sogno di Aegondelle Cronache del ghiaccio e del
fuoco?
Come la profezia è legata agli
Estranei
L’episodio 1 della
stagione 1 di House
of the Dragon si è concluso con Re Viserys I Targaryen
che ha nominato Rhaenyra, sua figlia, erede al Trono di Spade.
Quella è stata una decisione fondamentale per la storia della
serie, ma c’era molto di più. Essendo nominata sua erede, Rhaenyra
deve essere messa a parte del segreto che tutti i Re Targaryen (e
ora l’aspirante Regina) hanno custodito: del Sogno di Aegon
Targaryen, che Viserys racconta:
“Aegon aveva previsto la fine
del mondo degli uomini. Comincerà con un terribile inverno, che si
scaglierà dal lontano Nord. Aegon vide l’oscurità assoluta
cavalcare quei venti, e qualunque cosa vi albergherà, distruggerà
il mondo dei vivi. Quando questo grande L’inverno arriverà,
Rhaenyra, tutto Westeros deve opporsi ad esso. E se il mondo degli
uomini vuole sopravvivere, un Targaryen deve essere seduto sul
Trono di Spade, un Re o una Regina abbastanza forte da unire il
regno contro il freddo e l’oscurità. Aegon chiamò il suo sogno ‘Le
Cronache del Ghiaccio e del Fuoco.'”
Il Sogno di Aegon è
qualcosa che dovrebbe essere familiare agli spettatori de Il
Trono di Spade, perché predice l’arrivo degli Estranei
e la seconda Lunga Notte. Il terribile inverno, l’oscurità e la
minaccia che rappresenta un rischio per il mondo intero sono una
buona sintesi dell’Esercito dei Morti del Re della Notte, anche se
quel sogno non si sarebbe avverato per circa 300 anni dopo aver
conquistato Westeros.
La profezia di Aegon aggiunge nuova
profondità a Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, dandole
un significato più letterale: Ghiaccio = Estranei e Fuoco =
Targaryen e i loro draghi. Riformula la Conquista di Aegon, da un
atto di pura ambizione e potere a uno atto con uno scopo più
nobile.
La profezia di Aegon è nei libri
delle Cronache del ghiaccio e del fuoco?
George R.R. Martin introdurrà il
sogno nei suoi romanzi?
Il Sogno di
Aegon Targaryen non è menzionato ne Il
Trono di Spade, né la sua profezia de Le Cronache
del Ghiaccio e del Fuoco appare nella serie di libri da cui
prende il nome. Si tratta di informazioni nuove di zecca offerte da
House
of the Dragon, ma non sono troppo dissimili da altre
profezie riguardanti gli Estranei e il modo in cui verranno
sconfitti.
Si dice che Azor Ahai sia un grande
eroe che brandirà la spada infuocata, Portatrice di Luce; si parla
della profezia del
Principe che fu Promesso, che spesso viene considerata
in modo intercambiabile rispetto a quella di Azor Ahai, e che
contenga “un canto di ghiaccio e fuoco”. Entrambi,
significativamente, sono radicati nella stessa idea della dualità
del ghiaccio e del fuoco alla fine del mondo.
Ovviamente è troppo tardi perché il
Sogno di Aegon sia ne Il
Trono di Spade, ma potrebbe ancora essere nei libri
Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George
R.R. Martin. L’autore ha ancora due romanzi da finire – la
data di uscita di The Winds of Winter è tanto attesa quanto
ritardata, e a questo si spera seguirà A Dream of Spring – e ha
impostato gli Estranei come minaccia principale.
Martin dedica molto più tempo alle profezie rispetto a Il
Trono di Spade, e con Daenerys ancora in arrivo a
Westeros, ci sono buone probabilità che alcune cose vengano
rivelate nel testo ad un certo punto. In particolare, Martin ha
co-creato House
of the Dragon e ha dato la sua approvazione per il
racconto del Sogno, il che supporta ulteriormente l’idea che ne
farà un libro canonico.
I Targaryen di Il
Trono di Spade erano a conoscenza della
profezia degli Estranei di Aegon?
Non c’è alcun suggerimento che
Daenerys o Jon Snow ne fossero a conoscenza
I principali Targaryen di
Il
Trono di Spade non conoscevano Il Sogno
di Aegon in merito agli Estranei, anche se questo di per
sé ha senso. La dinastia Targaryen finì prima ancora che Daenerys
nascesse, mentre Viserys stesso era solo un bambino piccolo e pochi
sapevano che Jon Snow era un Targaryen.
È possibile che maestro Aemon
Targaryen fosse a conoscenza del sogno di Aegon:
era il figlio di un re e un più che plausibile candidato al trono,
mentre si sa che suo fratello, Daeron, sognava i draghi. Aemon è
certamente a conoscenza della profezia del
Principe che fu Promesso contenuta nei libri, ed è
possibile che questi possano essere collegati o essere stati fusi
nel corso degli anni.
Rhaegar Targaryen, invece, era
ossessionato dalla profezia del
Principe che fu Promesso; credeva che potesse essere
lui o suo figlio. In quanto erede del Re Folle, Aerys II, è
possibile che lo abbia saputo da suo padre (se il segreto fosse
sopravvissuto lungo la dinastia Targaryen, è probabile che Aerys lo
abbia tramandato a suo figlio come Viserys con Rhaenyra in
House
of the Dragon). Parla, però, della canzone del
ghiaccio e del fuoco, come sente Daenerys nelle sue visioni della
Casa degli Immortali nella seconda stagione de Il
Trono di Spade, dove dice: “Aegon. Quale
nome migliore per un re… Lui è il principe promesso, e la sua è la
canzone del ghiaccio e del fuoco.”
È plausibile che anche Rhaegar fosse
a conoscenza del sogno delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, o
ne avesse sentito abbastanza da poterlo intrecciare con la profezia
del
Principe che fu Promesso, e forse pensava anche che il
bambino dovesse chiamarsi Aegon, il che potrebbe anche spiegare
perché per Jon Snow sia stato scelto proprio il nome di Aegon
Targaryen.
La profezia di Aegon è la stessa
del Principe che fu Promesso?
Le due profezie sono collegate
Come accennato, c’è una
certa sovrapposizione nel tema e nello scopo tra le Cronache
del Ghiaccio e del Fuoco del Sogno di Aegon e
la profezia del
Principe che fu Promesso de Il
Trono di Spade. Ciò avviene per una buona
ragione, dato che i due sono indissolubilmente legati, come
confermato dall’episodio 4, stagione 1 di House
of the Dragon. Osservando l’iscrizione sulla
lama d’acciaio di Valyria che diventerà nota come pugnale a spada,
si scopre: “Dal mio sangue proviene il principe che fu
promesso, e suo sarà il canto del ghiaccio e del fuoco”.
È incredibilmente simile a quello
che Rhaegar dice a Daenerys, il che suggerisce che potrebbe averlo
saputo lui stesso dal pugnale, che avrebbe potuto appartenergli
prima della fine della dinastia Targaryen. La profezia del
Principe che fu Promesso predice un leader o un eroe
che ha “una canzone di ghiaccio e fuoco” ed è tipicamente
usata in modo intercambiabile con quella di Azor Ahai. In
poche parole, il Principe Promesso, Azor Ahai e il Sogno di Aegon
riguardano la sconfitta degli Estranei.
House
of the Dragon sembra suggerire che il
Principe che fu Promesso sia in realtà parte del
Sogno di Aegon, piuttosto che una profezia
separata, e che il Targaryen che siederà sul Trono di Spade quando
arriverà l’oscurità sarà quel salvatore. Poiché la parola
“principe” è di genere neutro in Alto Valyriano, significa anche
che potrebbe essere una donna, come Rhaenyra o Daenerys.
Sebbene sia probabile che Martin
aggiunga il Sogno di Aegon ai libri, non può
essere che questa profezia si confonda completamente con quella del
Principe che fu Promesso, come nota Melisandre in
Una Tempesta di Spade il salvatore fu profetizzato
migliaia di anni fa. Tuttavia, è possibile che Aegon ne abbia
sentito parlare e, dopo il suo sogno, si sia convinto che il
principe promesso sarebbe stato un Targaryen.
Come il Sogno di
Aegon ha cambiato la Danza dei Draghi
Ha un impatto importante sulla
guerra civile dei Targaryen in House
of the Dragon
Il Sogno di Aegon
non esiste solo per predire eventi futuri, ma modella anche la
narrativa in corso della serie prequel. Ciò è accaduto in entrambe
le stagioni 1 e 2, con importanti ramificazioni sulla relazione tra
Rhaenyra Targaryen e Alicent Hightower e sulla famiglia Targaryen
nel suo insieme.
In House
of the Dragon stagione 1, episodio 8, Viserys
confuso e morente racconta la storia del sogno di
Aegon ad Alicent, confondendola per sua figlia Rhaenyra.
Dato che Alicent non aveva alcuna conoscenza preliminare della
profezia, interpretò il racconto farfugliato come una nomina di suo
figlio, sempre Aegon, come suo erede al posto di Rhaenyra,
portandola così a sostenere la sua pretesa e a farlo incoronare re.
La guerra civile sarebbe forse scoppiata comunque, ma il sogno di
Aegon ha portato direttamente alla Danza dei
Draghi.
Nella seconda stagione,
nell’Episodio Il Mulino in fiamme, Alicent viene a
conoscenza del suo errore riguardo alle Cronache del Ghiaccio e
del Fuoco. Tuttavia, a quel punto è “troppo tardi” per lei per
cambiare qualcosa: il sangue è stato versato da entrambi i lati,
gli stendardi gridano e il regno è stato diviso. La profezia del
Conquistatore ha reso l’intera storia un tragico malinteso.
In che modo la profezia delle
Cronache del ghiaccio e del fuoco di Aegon cambia la sconfitta
degli Estranei
Il sogno non risolve esattamente i
problemi della stagione 8 di Il
Trono di Spade
La rivelazione del
Sogno di Aegon da parte di House
of the Dragon serve effettivamente a
ricostruire lo show madre, nella misura in cui non è mai stato
detto prima, e cambia il modo in cui vengono inquadrati gli eventi
che portano alla fine di Il
Trono di Spade. Se Daenerys e Jon avessero
conosciuto anche le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, le loro
azioni sarebbero state diverse? Forse.
Parte dello scopo delle profezie ne
Il
Trono di Spade è che spesso si autoavverano,
spingendo le persone a compiere azioni che altrimenti non avrebbero
potuto compiere. Daenerys voleva comunque Il
Trono di Spade, ma ha interrotto la sua
missione per aiutare a combattere l’esercito della Notte; non è del
tutto irragionevole pensare che quegli eventi avrebbero potuto
essere invertiti se lei avesse saputo del Sogno di
Aegon.
Indipendentemente da tutto,
il sogno di Aegon ha alcune conseguenze sfortunate
su Il
Trono di Spade. Non cambia la storia, ma cambia
la percezione in cui si sono svolti gli eventi della stagione
8.
A quanto pare la bellezza di
Scarlett Johansson non fa solo
girare la testa gli uomini e morire d’ividia le donne. Adesso
sembra che anche Siri, la voce ‘assistente’ dell’iPhone, abbia
qualcosa da ridire contro la bella e brava attrice.
Sappiamo che la Johansson è reduce
da una straordinaria performance in Her,
film di Spike Jonze, in cui interpreta appunto una
intelligenza artificiale, una voce che assiste il protagonista come
fosse una segretaria virtuale e che riesce a modificarsi e ad
evolversi in base alle interazioni con questo suo proprietario
(interpretato da uno straordinario Joaquin
Phoenix).
Ma cosa c’entra Siri geloso? A
quanto pare, se le viene chiesto qualcosa in merito al film, la
voce artificiale avrà solo commenti negativi per la voce di
Scarlett…e pensare che secondo noi si tratta della migliore
interpretazione dell’attrice!
I commenti di Siri variano dal vago
“Nella mia opinione, da un brutto nome ad un’intelligenza
artificiale” al più deciso “Il ritratto di una
intelligenza artificiale in Her è oltre l’artificiale”.
I cosiddetti legal thriller
sono certamente una delle sottocategorie più affascinanti di quel
vasto e sfaccettato genere che è il thriller. Numerosi sono i
titoli che nel corso degli anni hanno fatto la fortuna di questo,
portando le storie di avvocati, processi o questioni legate al
mondo giudiziario a ritagliarsi il proprio posto di rilievo nel
mercato cinematografico. Titoli come Il rapporto
Pelican, Michael Clayton e
Il cliente sono solo alcuni
dei titoli più famosi. Tra questi si annova anche Il
socio, film del 1993 diretto da premio Oscar
Sydney Pollack.
Si tratta dell’adattamento
dell’omonimo romanzo scritto da John Grisham
e pubblicato nel 1991. Il libro si affermò come un best seller e
diede popolarità internazionale al suo scrittore, oggi tra i più
popolari in quanto a racconti di genere thiller giudiziario. Il
socioe, in qualche modo, offre uno spaccato di quella parte
dell’avvocatura votata soltanto al profitto, senza riguardo
all’interesse per la legalità o la giustizia, anche a costo di
compromessi con la malavita organizzata, mantenendo, tuttavia,
sempre una apparenza pubblica ipocritamente integerrima.
Affermatosi come un grande successo,
con un incasso globale di oltre 270 milioni di dollari, il film
tratto da questo racconto è ancora oggi considerato uno dei
thriller più entusiasmanti e importanti degli anni Novanta. Prima
di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine,
si elencheranno anche le principali piattaforme streaming
contenenti il film nel proprio catalogo.
Il socio: la trama del film
Protagonista del film è
Mitch McDeere, un ambizioso giovane appena
laureato in legge a pieni voti ad Harvard. Dopo tanti sacrifici,
egli viene contattato da un piccolo ma facoltoso studio legale, il
Bendini, Lambert & Loke, che gli propone un posto da associato.
Mitch ha infatti tutti i requisiti in regola per entrare a far
parte del team e le condizioni offerte sono talmente allettanti che
Mitch e la sua giovane moglie Abby non tardano a
trasferirsi nella tranquilla Memphis. Il giovane si tuffa così a
capofitto nel lavoro, sotto la supervisione di un socio più
anziano, Avery Tolar, ma qualcosa di strano inizia
ben presto ad avvenire. Mitch, infatti, si accorge che ci sono
strani misteri in quello studio.
Un paio di soci muoiono in un
incidente misterioso e alcune parcelle piuttosto ambigue iniziano a
girare tra le scrivanie. Le sue intuizioni vengono poi confermate
dall’FBI, che
lo contatta per svelagli che si trova in grave pericolo a lavorare
in quello studio. Tutte le aspettative di Mitch crollano
rapidamente e perfino la sua amata moglie, esasperata dagli eventi,
decide di abbandonarlo. Quello che doveva essere l’inizio di un
sogno si trasforma in un incubo sempre più complesso. Mitch,
incastrato tra FBI, la mafia e la sua società, decide di cominciare
le sue indagini alla ricerca della verità.
Il socio: il cast del film
Ad interpretare il ruolo del giovane
avvocato Mitch McDeere vi è l’attore TomCruise. Egli, quando venne a conoscenza del
progetto, era anche intenzionato a ricoprire il ruolo di regista,
il che avrebbe fatto di Il socio il suo debutto dietro la
macchina da presa. Cruise preferì però rinunciare a questa,
concentrandosi sul suo personaggio. Per prepararsi al meglio, egli
approfondì le materie giuridiche e incontrò diversi avvocati da cui
poter apprendere le basi della professione. Accanto a lui, nel
ruolo di sua moglie Abby vi è invece l’attrice Jeanne
Tripplehorn, qui al suo secondo ruolo dopo il film
Basic Instinct. Ad interpretare il mentore di Mitch, Avery
Tolar, vi è invece il premio Oscar Gene Hackman. L’attore
entrò a far parte del film soltanto poche settimane prima
dell’inizio delle riprese.
La sua partecipazione su però per
molti una sorpresa, poiché il nome dell’attore non compariva sulla
locandina del film. Ciò era dovuto ad una clausola presente nel
contratto di Cruise, per cui il nome di quest’ultimo doveva essere
l’unico a trovarsi sopra il titolo. Non potendo ricoprire quella
posizione, Hackman preferì non far comparire il suo nome. Nel film
si ritrovano poi gli attori Hal Holbrook nel ruolo
di Oliver Lambert e Gary Busey in quello del
detective Eddie Lomax. Ed Harris è invece
l’agente Wyane Terrance, mentre l’attrice Holly
Hunter è Tammy Hemphill, la segretaria di Eddie.
Quest’ultima ottenne una nomination agli Oscar come attrice non
protagonista pur comparendo nel film per appena 5 minuti e 59
secondi.
Il socio: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Il socio
è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili,
Google Play, Apple
TV+ e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È
bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite
temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente
nel palinsesto televisivo di martedì 25 febbraio
alle ore 23:35 sul canale
TV8.
La notizia ufficiale apparirà
soltanto il 19 aprile, ma l’ultimo film di Matteo Garrone, Big
House, sembra avviato verso la selezione ufficiale del 65 festival
di Cannes. Il regista italiano, divenuto famoso grazie a
Gomorra e già premiato con il Gran Prix Speciale della Giuria nel
2008, ha scelto come tema del suo ultimo film il mito dei reality
show e il modo in cui questi influiscono sulla vita di determinate
persone. La scelta di tale soggetto, un fenomeno tipico del mondo
contemporaneo, conferma l’interesse di Garrone per il tessuto
sociale e materiale in cui viviamo e la sua necessità di
scandagliare situazioni reali e concrete.
Il regista, classe 1968, già dai
suoi esordi manifesta infatti un forte interesse per le dinamiche
sociali, accompagnato da uno stile peculiare di fare cinema. Egli,
infatti, dopo essersi diplomato al Liceo Artistico nel 1986, si
dedica per molti anni soltanto alla pittura, imparando così tutto
il potere delle immagini e la loro forza prima di avventurarsi nel
mondo del grande schermo.
L’esordio di Garrone come regista,
nel 1996, non passa inosservato: con il cortometraggio Silhouette
vince il Sacher Festival organizzato da Moretti e, l’anno
successivo, è già in grado di girare il suo primo lungometraggio,
Terra di Mezzo. Questo film, diviso in tre parti, racconta tre
storie di immigrazione (una delle quali è ripresa dal corto
Silhouette) ambientate nella città di Roma e ha già in nuce quel
particolare stile, il fondere insieme la fiction e il documentario,
la storia e la forza dell’immagine reale, che Garrone porterà
avanti lungo tutta la sua filmografia.
Negli anni 1997/1998
gira due documentari: il primo a New York, Bienvenido espiritu
santo e il secondo a Napoli, Oreste Pipolo, fotografo di matrimoni.
Il 1998 è un anno particolarmente produttivo per il regista, poiché
prima firma, insieme a Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata, il
cortometraggio Un caso di forza maggiore e poi, da solo, il suo
secondo lungometraggio, Ospiti, presentato alla Mostra d’Arte
Cinematografica di Venezia. Questa pellicola, che racconta la
storia di due ragazzi albanesi arrivati da poco a Roma, tratta il
tema dell’immigrazione da un punto di vista originale e prosegue il
filone iniziato con Terra di Mezzo: le riprese sembrano quasi da
documentario, viene utilizzata molto la telecamera a spalla e la
realtà entra nella storia in maniera prepotente, sia per le
ambientazioni reali e per il suono in presa diretta, che per
l’impiego di attori non professionisti. Il cinema per Garrone non
deve essere solo spettacolo, ma un mezzo al servizio della realtà.
Un mezzo forte che, grazie, alle immagini, possa non tanto
denunciare determinate dinamiche, ma riportarle, comunicarle e
quasi trascenderle attraverso le immagini.
Il suo stile, che deriva dalla
combinazione sapiente di elementi di assoluta improvvisazione e da
un’attenta ricerca formale, è diverso da quello di chiunque altro e
giunge a maturazione nel suo terzo lungometraggio, Estate Romana.
Questo film, una fiction che si avvicina molto al genere della
commedia, è girato con uno stile documentaristico e vede come perno
narrativo la città di Roma in attesa del Giubileo. Una Roma non
solo impacchettata e ribaltata da cantieri e palazzi in
costruzione, ma soprattutto percorsa da eccentrici protagonisti che
testimoniano nuovamente i disagi esistenziali che Garrone aveva
accennato nei suoi film precedenti.
Inoltre il suo modo di
concepire il cinema e l’originalità tipica dell’autodidatta si
concretizzano in produzioni molto particolari: la sua troupe è
sempre numericamente ridotta, quasi una famiglia, lui stesso spesso
e volentieri è l’operatore di macchina, proprio per quell’esigenza
di cogliere gli attimi di realtà che entrano nella finzione, per
essere sicuro di riuscire a rendere quell’insinuarsi della vita
vera nell’interpretazione attoriale. Fino a questo momento, però, i
film di Garrone non riscuotono alcun successo di pubblico. Il suo
nome, infatti, circola solo tra i critici e all’interno dei
festival.
La svolta nella sua carriera si ha
solo nel 2002, quando l’Imbalsamatore, presentato anche a Cannes,
vince il David di Donatello per la miglior sceneggiatura. Questo
film, prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci, attraverso il
rapporto a tre che si instaura tra un nano imbalsamatore, il suo
assistente e la ragazza di quest’ultimo, disegna un triangolo
ambiguo di individui perdenti, egoisti e borderline, in lotta tra
loro nella ricerca disperata di un legame affettivo durevole e
profondo. Il noir di Garrone, nonostante il budget consistente
messo in campo dalla casa di produzione, mantiene fede al suo stile
originario: ogni orpello e arricchimento viene messo da parte,
l’attenzione per lo scorrere della realtà resta comunque
preponderante, così come la ricerca formale. Ciò che interessa al
regista è la rivelazione dell’essenziale, l’equilibrio effimero tra
la realtà e l’astrazione pittorica.
Tale tendenza stilistica prosegue
nel 2004 con l’uscita nelle sale di Primo Amore, in concorso alla
54°Berlinale, la storia drammatica di un orafo che impone alla sua
ragazza una dieta rigidissima perché si avvicini il più possibile
al suo modello di donna ideale. Una storia di amore folle e
perverso che Garrone prova a registrare oggettivamente, sospendendo
ogni giudizio. Questo film, così come i precedenti, non vuole
essere una denuncia sociale. Il regista, infatti, nonostante metta
in scena personaggi apparentemente ossessivi e malati, dà sempre
l’impressione di voler restare al di fuori delle loro vicende.
Garrone non critica, non dà certezze, né risposte, ma opera una
costante ricerca all’interno delle pieghe dell’animo umano.
Ricerca che incontra
finalmente il successo di pubblico con Gomorra nel 2008. Il film,
che prende titolo e tema dall’omonimo libro di Roberto Saviano, non
cerca infatti di dare conto della complesse vicende della camorra
napoletana, ma segue, con la consueta sete di reale tipica di
Garrone, le vicende di cinque soggetti, cinque personaggi immersi
nella delinquenza ordinaria che guida le loro vite. Anche qui le
ambientazioni non sono ricostruite e il regista dà conto
dell’atmosfera labirintica delle Vele di Scampia girando dentro
l’edificio, segue i protagonisti con la telecamera in spalla
cercando di avvicinarsi il più possibile a loro senza però poter
entrare nelle loro psicologie, nelle loro teste, riporta l’orrore
quotidiano senza fronzoli, senza facili spiegazioni.
Il film, vincitore a Cannes e
vincitore nelle sale italiane, oltre ad avere il merito di
denunciare le insopportabili condizioni di vita che la camorra
impone a parte della popolazione partenopea, ha anche il pregio di
aver finalmente portato al successo Matteo Garrone dopo dieci anni
di carriera. Personaggi del suo calibro, infatti, non solo
garantiscono una rivalutazione del cinema italiano all’estero, ma
aprono la strada ad una nuova poetica filmica, in grado di unire
ricerca stilistica e sostanza narrativa.
Adattamento dell’omonimo testo
teatrale di Eduardo De Filippo,
Il Sindaco del Rione Sanità è il nuovo film di
Mario Martone, in Concorso a Venezia
76. Modificando alcuni elementi dell’originale, il regista
tenta di dare una nuova attualità all’opera, avvalendosi di giovani
attori del panorama teatrale partenopeo e di alcuni volti molto
noti del cinema, trai quali spicca Massimiliano
Gallo, sempre in grande forma.
Antonio Barracano, “uomo d’onore”
che sa distinguere tra “gente per bene e gente carogna”, è “Il
Sindaco” del rione Sanità. Con la sua carismatica influenza e
l’aiuto dell’amico medico amministra la giustizia secondo suoi
personali criteri, al di fuori dello Stato e al di sopra delle
parti. Chi “tiene santi” va in Paradiso e chi non ne tiene va da
Don Antonio, questa è la regola. Quando gli si presenta disperato
Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il
padre, Don Antonio, riconosce nel giovane lo stesso sentimento di
vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e poi cambiato per
sempre. Il Sindaco decide di intervenire per riconciliare padre e
figlio e salvarli entrambi. Nei panni di Antonio Barracano c’è
Francesco Di Leva, di trent’anni più giovane
di Eduardo, quando mise in scena la prima volta il testo nello
stesso ruolo. Uno spostamento, e soprattutto un cambiamento di
look, laddove l’incarnazione anziana era elegante e quella giovane
è appariscente, che sono sintomatiche del lavoro di spostamento
verso una contemporaneità in cui i boss non diventano vecchi,
oppure lo sono già a 40 anni.
Il Sindaco del Rione Sanità, il film
Il testo di Eduardo al cinema è
inizialmente forzato, ostico, teatrale nel senso negativo del
termine perché sembra non sposarsi con i ritmi di un racconto
filmato, ma man mano che entriamo nella vicenda, ci abituiamo
all’enfasi e scopriamo cosa qual è il racconto principale, dove va
a parare e soprattutto che razza d’uomo è questo signorotto un po’
sgradevole nei modi autoritari, con un fine nobile però, tanto che
arriva a sacrificare la sua vita, più o meno volontariamente, per
la pace nel suo rione. Martone trasla i tre atti su grande schermo,
e si avvale di interpreti efficaci e dedicati, così che la sua
messa in scena de Il Sindaco del Rione Sanità, al
netto dello spostamento del testo originale, riesce comunque a
restituire il contenuto altissimo che Eduardo aveva dato alle
parole di Barracano. Certo, l’effetto straniante rimane, ma la
potenza delle parole travalica il tempo.
Nexo Digital ha diffuso il primo
trailer del film evento diretto da Mario Martone,
Il Sindaco del Rione Sanità, film che sarà presentato
in concorso a Venezia
76.
Antonio Barracano, “uomo d’onore”
che sa distinguere tra “gente per bene e gente carogna”, è “Il
Sindaco” del rione Sanità. Con la sua carismatica influenza e
l’aiuto dell’amico medico amministra la giustizia secondo suoi
personali criteri, al di fuori dello Stato e al di sopra delle
parti. Chi “tiene santi” va in Paradiso e chi non ne tiene va da
Don Antonio, questa è la regola. Quando gli si presenta disperato
Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il
padre, Don Antonio, riconosce nel giovane lo stesso sentimento di
vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e poi cambiato per
sempre. Il Sindaco decide di intervenire per riconciliare padre e
figlio e salvarli entrambi.
Con Il Sindaco del rione
Sanità Mario Martone partecipa per la seconda volta di
seguito in concorso ufficiale
alla 76. Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia. Dopo aver messo in scena
a teatro, nel 2017, il capolavoro di Eduardo De Filippo dirigendo
Francesco Di Leva nei panni del
Sindaco e gli attori della Compagnia del Nest di Napoli,
Martone ne realizza l’adattamento cinematografico, dando vita a un
film di forte attualità e capace di raccontare l’eterna lotta tra
il bene e il male.
Nel cast
Francesco Di Leva, Massimiliano Gallo, Roberto De
Francesco, Adriano Pantaleo, Daniela Ioia, Giuseppe Gaudino,
Gennaro Di Colandrea, Lucienne Perreca, Salvatore Presutto, Viviana
Cangiano, Domenico Esposito, Ralph P, Armando De Giulio, Daniele
Baselice, Morena Di Leva, con l’amichevole partecipazione di
Ernesto Mahieux.
Il Sindaco del rione
Sanità è una produzione INDIGO FILM con RAI CINEMA e MALÌA in
collaborazione con ELLEDIEFFE SRL – TEATRO STABILE DI TORINO –
NEST, con il contributo della GIUNTA REGIONALE DELLA CAMPANIA
L.R.28/2018, con la collaborazione della FILM COMMISSION REGIONE
CAMPANIA e con il patrocinio del COMUNE DI NAPOLI.
Sarà distribuito in esclusiva nelle
sale italiane come evento speciale da Nexo Digital solo il
30 settembre, 1 e 2 ottobre (elenco cinema a breve
su www.nexodigital.it). A seguire, debutterà
il “Sindaco del Rione Sanità in tour” che proporrà il film in
programmazione all’interno di alcune sale selezionate in tutta
Italia.
Affermatosi come uno dei grandi nomi
del teatro italiano, il regista Mario Martone ha
in diverse occasioni compiuto anche il passaggio dietro la macchina
da presa, realizzando alcuni tra i film più apprezzati e premiati
del panorama cinematografico italiano. Tra i più recenti si
annoverano Il giovane
favoloso e Capri-Revolution, mentre del
2019 è il suo Il sindaco del
rione Sanità (qui
la recensione) da lui scritto e diretto e basato sull’omonimo
testo teatrale, che Martone aveva già portato sul palcoscenico nel
2018.
Il film è dunque la trasposizione
cinematografica della commedia in tre atti scritta dal grande
Eduardo De Filippo nel 1960. Presentato in
concorso alla 76ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
di Venezia, il lungometraggio si è affermato come uno dei
maggiori titoli italiani del suo anno, all’interno del quale veniva
riadatta in chiave contemporanea una storia in realtà da sempre
attuale. Per realizzare il film, Martone si è avvalso di splendide
location come Massa di Somma, il più piccolo dei Comuni del Parco
Nazionale del Vesuvio.
Dopo essere stato accolto con grande
successo al Lido, Il sindaco del
rione Sanità è poi in seguito arrivato in sala per
soli tre giorni come evento speciale. Grazie al successo di
pubblico ottenuto, però, la sua permanenza si è prolungata ben
oltre, confermando il fascino esercitato dal film. Prima di
intraprendere una visione del titolo, sarà certamente utile
approfondire ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast. Proseguendo qui
nella lettura sarà possibile scoprire tutto ciò, come anche le
piattaforme dove è possibile ritrovare il film in streaming per una
comoda visione casalinga.
Ambientato nei pressi di Napoli,
nella campagna vesuviana, il film ha per protagonista
Antonio Barracano, una figura temuta e rispettata
proveniente dal rione Sanità. Qui egli è noto come “il Sindaco”, e
si occupa di dirimere le liti e amministrare la giustizia secondo i
propri criteri, talvolta ricorrendo a metodi anche particolarmente
brutali. In tali attività egli è aiutato anche dal suo braccio
destro, noto come “il Dottore“. Nel corso delle
sue giornate, sono molte le persone che si recano presso di lui,
che assume il ruolo di giudice di ciò che è giusto e ciò che è
sbagliato. Un giorno, però, si presenta al suo cospetto un giovane
di nome Rafiluccio Santaniello.
Questi rivela a Barracano la sua
volontà di uccidere suo padre Arturo, ricco
panettiere napoletano. L’uomo è colpevole di aver diseredato e
cacciato di casa il figlio in seguito alla morte della madre.
Rafiluccio chiede dunque il benestare del Sindaco per tale
criminosa azione, ma Barracano vuole prima andare a fondo a quella
storia. Egli rivede infatti nel giovane lo stesso sentimento di
vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e cambiato per
sempre. Spinto dal desiderio di salvare l’animo del ragazzo, egli
tenta di farlo riappacificare con il genitore. Andando a fondo a
quella triste vicenda, però, emergeranno segreti inconfessabili del
passato.
Il cast del film
Per dar volto ai personaggi
principali della storia, Martone ha ricercato interpreti
particolarmente carismatici, che potessero apportare ulteriore
fascino al racconto. A interpretare Antonio Barracano è l’attore
Francesco Di
Leva, già popolare per il film Una vita
tranquilla. Egli ha poi raccontato di essersi trovato davanti ad una grande sfida
nell’interpretare Antionio Barracano, protagonista del film. In
quanto attore, un ruolo del genere fu per lui un’occasione
magnifica, ma come uomo lo ha disprezzato fortemente. Per lui è
stato dunque complesso non giudicare il personaggio, ma limitarsi a
dargli vita in modo oggettivo. Per la sua interpretazione, Di Leva
è poi stato candidato come miglior attore ai principali premi del
cinema italiano, tra cui il David di Donatello.
Accanto a lui, nel film, si
ritrovano attori più o meno noti ma tutti in grado di rendere
memorabili i rispettivi personaggi. Ad interpretare Il
Dottore, braccio destro di Barracano, vi è Roberto De
Francesco, visto in numerose opere tra cinema e
televisione e che aveva già lavorato con Martone in precedenti film
di questi. Massimiliano Gallo, il quale vanta
anch’egli una lunga carriera al cinema, è invece presente nei panni
di Arturo Santaniello, il ricco panettiere odiato dal figlio. Ad
interpretare Rafiluccio Santaniello è Salvatore
Presutto, qui al suo primo ruolo cinematografico dopo
essere comparso in un episodio della serie Gomorra. Sono
poi presenti gli attori Adriano Pantaleo nei panni
di Catiello, e Gennaro Di Colandrea in quelli di
Pascale ‘o Nasone.
La storia vera dietro il film
Come racconta lo stesso Eduardo, il
personaggio centrale del dramma è stato da lui ripreso dalla vita
reale: “Si chiamava Campoluongo. Era un pezzo d’uomo bruno.
Teneva il quartiere in ordine. Venivano da lui a chiedere pareri su
come si dovevano comporre vertenze nel rione Sanità. E lui andava.
Una volta ebbe una lite con Martino ‘u Camparo, e questo gli mangiò
il naso. Questi Campoluongo non facevano la camorra, vivevano del
loro mestiere, erano mobilieri. Veniva sempre a tutte le prime in
camerino. “Disturbo?” chiedeva. Si metteva seduto, sempre con la
mano sul bastone. “Volete ‘na tazza ‘e cafè?”. Lui rispondeva
“Volentieri”. Poi se ne andava“. (tratto da M.Giammusso, Vita
di Eduardo, Mondadori, Milano 1993).
Il trailer di Il sindaco
del rione Sanità e dove vedere il film in streaming e in
TV
È possibile vedere o rivedere tale
film grazie alla sua presenza su una delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete.Il sindaco del
rione Sanità è infatti disponibile nel catalogo di
Rai Play. Per vederlo, basterà semplicemente
iscriversi, in modo del tutto gratuito alla piattaforma. Si avrà
così modo di guardare il titolo in totale comodità e al meglio
della qualità video. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione
il giorno sabato 7 settembre alle ore
21:10 sul canale Rai Movie.
Dopo la calorosa accoglienza di
pubblico e critica in 300 sale italiane nei
3 giorni di uscita evento dedicata al film, da
domani Il Sindaco del rione Sanità di Mario
Martone prosegue la sua programmazione in molte città
italiane (elenco completo su www.nexodigital.it).
Raccogliendo 30.000 spettatori in
tre giorni e posizionandosi anche ieri terzo sul podio del box
office, Il Sindaco del rione Sanità, tratto dal capolavoro
di Eduardo De Filippo con
Francesco Di Leva nel ruolo del protagonista, ha
entusiasmato le platee italiane e dato vita a un appuntamento
cinematografico capace di unire generazioni diverse di fronte a un
film di forte attualità capace di raccontare l’eterna lotta tra il
bene e il male.
Continua anche il tour di Mario
Martone per presentare il film in sala e incontrare il pubblico.
Domani, 4 ottobre, alle 20.30 sarà al cinema Farnese di Roma
insieme a Massimiliano Gallo per ritirare il Premio Francesco
Pasinetti 2019 (Miglior film, Miglior attore protagonista per
Francesco
Di Leva e Miglior attore non protagonista per
Massimiliano Gallo), riconoscimenti assegnati a Venezia durante la
76ª Mostra del Cinema di Venezia dal Sindacato Nazionale
Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI).
Sabato 5 ottobre alle 20.30 il
regista saluterà a Pisa il pubblico del cinema Arsenale e lunedì 7
sarà la volta di Castelfiorentino, il mattino con le scuole e la
sera con il pubblico.
Dopo aver messo in scena a teatro,
nel 2017, il capolavoro di Eduardo De Filippo dirigendo
Francesco Di Leva nei panni del
Sindaco e gli attori della Compagnia del Nest di Napoli,
Martone ne ha realizzato l’adattamento cinematografico, presentato
in concorso ufficiale
alla 76. Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia.
Nel cast
Francesco Di Leva, Massimiliano Gallo, Roberto De
Francesco, Adriano Pantaleo, Daniela Ioia, Giuseppe Gaudino,
Gennaro Di Colandrea, Lucienne Perreca, Salvatore Presutto, Viviana
Cangiano, Domenico Esposito, Ralph P, Armando De Giulio, Daniele
Baselice, Morena Di Leva, con l’amichevole partecipazione di
Ernesto Mahieux.
Il Sindaco del rione Sanità è una produzione INDIGO FILM
con RAI CINEMA e MALÌA in collaborazione con ELLEDIEFFE SRL –
TEATRO STABILE DI TORINO – NEST, con il contributo della GIUNTA
REGIONALE DELLA CAMPANIA L.R.28/2018, con la collaborazione della
FILM COMMISSION REGIONE CAMPANIA e con il patrocinio del COMUNE DI
NAPOLI.
HBO e
SKY hanno diffuso il teaser trailer di Il simpatizzante,
un thriller di spionaggio con note ironiche e una forte
connotazione interculturale. Una storia tratta dall’omonimo libro
vincitore del premio Pulitzer scritto da Viet Thanh Nguyen.
Il Simpatizzante è la nuova miniserie targata HBO
e Sky Exclusive, in arrivo prossimamente in esclusiva su Sky e in
streaming solo su NOW.
Un cast d’eccezione a
partire dalla vincitrice del premio Emmy Sandra Oh (Grey’s Anatomy, Killing Eve) e il
premio Oscar Robert Downey Jr. (Iron Man, The Avengers,
Sherlock Holmes) che interpreta diversi ruoli nella serie. Con loro
Hoa Xuande (L’ultimo boss di Kings Cross),
Fred Nguyen Khan (Madre!), Toan Le (Bigfoot),
Phanxine, Vy Le, Ky Duyen, Kieu Chinh, Duy Nguyen e Alan
Trong.
Park Chan-wook è
co-showrunner, produttore esecutivo, sceneggiatore e regista
(episodi 1-3); Don McKellar è co-showrunner, produttore esecutivo e
sceneggiatore; Robert Downey Jr. è produttore esecutivo e
interprete, Susan Downey è produttrice esecutiva insieme ad Amanda
Burrell per Team Downey, Niv Fichman per Rhombus Media, Kim
Ly, Ron Schmidt, Viet Thanh Nguyen (anche autore del libro), Jisun
Back per Moho Film.
Alla regia Fernando
Meirelles (episodio 4), Marc Munden (episodi 5-7). Mark Richard,
Naomi Iizuka, Maegan Houang, Anchuli Felicia King, Tea Ho sono
sceneggiatori della serie.
Il Simpatizzante è una
coproduzione tra HBO, A24 e
Rhombus Media, prodotta in associazione con Moho Film e Cinetic
Media.
La trama di Il
Simpatizzante
Basato sull’omonimo
romanzo di Viet Thanh Nguyen, vincitore del Premio Pulitzer, IL
SIMPATIZZANTE è un thriller di spionaggio e una satira
interculturale sulle lotte di una spia comunista metà francese e
metà vietnamita durante gli ultimi giorni della guerra del Vietnam
e della sua nuova vita da rifugiato a Los Angeles, dove scopre che
i suoi giorni da spia non sono finiti.
Il silenzio degli
innocenti è famoso per la sua grintosa protagonista, per
il suo spietato “mentore” e per il suo agghiacciante finale. Il
film del 1991 di Jonathan Demme segue
Clarice Starling, una tirocinante dell’FBI che
lavora con il famoso cannibale Dr. Hannibal Lecter
per cercare di fermare il serial killer Buffalo
Bill. Hannibal è ispirato a killer realmente esistiti,
anche se molti dimenticano che non è il cattivo principale del
film. L’assassino Buffalo Bill, invece, sta dando la caccia alle
donne per costruirsi un vestito di pelle. Sebbene Clarice e
Hannibal siano un’accoppiata improbabile, nel profondo si
rispettano a vicenda, anche quando Hannibal non è più al sicuro
dietro le sbarre nel finale del film.
Questo
thriller sconvolgente ha guadagnato notorietà per le sue
interpretazioni e i suoi personaggi avvincenti. Il silenzio
degli innocenti vinse infatti diversi premi Oscar l’anno
della sua uscita, tra cui Anthony Hopkins come miglior attore
protagonista, Jodie Foster come miglior attrice protagonista
e miglior film. Da allora, il film è stato citato e citato molte
volte in tanti altri media, divenendo un titolo di culto.
Nonostante la sua popolarità e la sua influenza, il finale de
Il silenzio degli innocenti lascia ancora oggi il
pubblico con alcune domande sul destino dei personaggi.
Analizziamole in questo approfondimento.
Cosa succede nel finale de
Il silenzio degli innocenti
Nell’ultimo atto de Il
silenzio degli innocenti, l’FBI crede di aver localizzato
Buffalo Bill a Chicago e si affretta a catturarlo. Incarica invece
Clarice di rimanere in Ohio, dove continua a interrogare le persone
collegate alla prima vittima. Questo compito la porta però proprio
a casa di Buffalo Bill, che la invita a entrare e le fa alcune
domande sul caso. Una volta che Clarice si rende conto di dove si
trova, si scatena un inseguimento, con Buffalo Bill che la conduce
nel suo laboratorio sotterraneo. Dopo lo spegnimento delle luci,
Buffalo Bill indossa gli occhiali per la visione notturna e segue
Clarice, anche se il suono dell’arma da fuoco rivela la sua
posizione, inducendo Clarice a sparargli e ucciderlo.
Dopo aver fermato Buffalo Bill,
Clarice si diploma all’accademia, ottenendo il titolo di agente
speciale. Il suo superiore, Crawford, le stringe
la mano, suggerendole di volerla assumere per lavorare nell’unità
di scienze comportamentali, che lei dichiara essere il lavoro dei
suoi sogni. Inoltre, durante la cerimonia, Hannibal chiama Clarice
per sapere come sta dopo la sua fuga all’inizio del film. La
telefonata dimostra che sa esattamente dove si trova e cosa sta
facendo, ma assicura a Clarice che non la cercherà. Hannibal è
passato a un altro bersaglio familiare e l’ultima inquadratura del
film lo ritrae mentre pedina la sua nuova vittima, il dottor
Chilton, ancora una volta un uomo libero.
Il significato del titolo
“Il silenzio degli innocenti“
Riguardo il titolo occorre fare una
precisazione: la traduzione letterale del titolo originale sarebbe
Il silenzio degli agnelli (The Silence of
the Lambs). Detto ciò, questo titolo si riferisce agli agnelli
dell’infanzia di Clarice, il cui belato la perseguita ancora da
adulta. Sono il simbolo del desiderio di Clarice di porre fine alle
sofferenze altrui, proprio come aveva cercato di aiutare gli
agnelli che venivano macellati nella fattoria della sua famiglia.
In una confessione incauta ad Hannibal, Clarice ammette di aver
cercato di scappare per salvare uno degli agnelli, ma di essere
stata fermata e l’agnello ucciso. Mettere a tacere gli agnelli
significherebbe per Clarice smettere di sentire la compassione
degli altri ed essere in grado di prendere decisioni da sola.
Gli agnelli sono poi una metafora
delle vittime innocenti che Clarice incontra nel caso. Sono
creature indifese che si sono allontanate e ora sono in pericolo e
hanno bisogno dell’aiuto di Clarice. È chiaro che farà di tutto per
aiutare a salvare queste vittime, anche a costo di mettersi in
pericolo. Ad esempio, corre dietro a Buffalo Bill nella sua casa e
cerca immediatamente di aiutare e proteggere Catherine, prima
ancora di pensare di chiamare i rinforzi e cercare aiuto per se
stessa. Sebbene questo sia un tratto ammirevole, l’empatia di
Clarice e la sua scelta lavorativa fanno sì che probabilmente non
sarà mai in grado di mettere a tacere le grida degli agnelli
metaforici della sua vita.
Il significato simbolico della
falena
Culturalmente, le falene hanno molti
significati, come la distruzione invisibile e la ricerca della
luce. Sebbene queste siano entrambe possibili letture
dell’inclusione delle falene ne Il silenzio degli
innocenti, esse rappresentano più ovviamente il
cambiamento e la crescita. Questo simbolismo è evidenziato
dall’ossessione di Buffalo Bill per le falene, in particolare per
la falena testa di morto, mentre cerca di subire una
trasformazione. Proprio come una pupa si evolve in un insetto più
bello, Buffalo Bill spera chiaramente di sentirsi più a suo agio
dopo aver completato il suo vestito di pelle di donna. Lascia i
bozzoli nella gola delle vittime per rappresentare il viaggio che
sente di intraprendere.
La specificità della falena aiuta
l’FBI a identificare Buffalo Bill dopo aver collegato un ordine
della falena testa di morto al suo vero nome, Jame Gumb. Il nome
della falena deriva dal disegno sul dorso, che ricorda un teschio
umano. Rappresenta letteralmente la morte e Buffalo Bill lascia le
sue vittime con questo simbolo, anche dopo la loro morte. Anche i
suoi metodi di violenza sono derivati dalla falena, tagliando dalla
schiena di una vittima dei modelli di cucitura a forma di diamante
che ricordano le ali.
Come ha fatto Clarice a trovare il
vero Buffalo Bill?
Seguendo gli indizi di Hannibal su
dove Buffalo Bill potrebbe aver trovato la sua prima vittima,
Frederica, Clarice si reca a Belvedere, in Ohio, per parlare con
persone che la conoscevano. Un’amica di Frederica dice di aver
svolto attività di cucito con la signora Lippman e dà a Clarice
l’indirizzo. Senza saperlo, questo è l’indirizzo di Buffalo Bill, e
la rivelazione è un capolavoro di montaggio ricco di suspense, che
rispecchia il resto dell’arrivo dell’FBI a Chicago. Clarice entra
in casa di Buffalo Bill senza rendersi conto di dove si trova, ma
alla vista di una falena e di altri oggetti sospetti, gli punta
rapidamente la pistola contro.
Come la maggior parte delle
rivelazioni del film, Clarice è stata condotta lì dalla guida di
Hannibal. È chiaro che Hannibal sapeva che Buffalo Bill si trovava
a Belvedere, ed è per questo che ha dato a Clarice degli indizi che
le suggeriscono di cercarlo lì. Altrettanto intenzionalmente,
fornisce indizi fuorvianti all’FBI, sapendo che li rallenterà.
Sapeva dove stava mandando entrambe le parti nell’atto finale. Si
può sostenere che Hannibal abbia fatto questo per far emergere
Clarice come agente, aiutandola a ottenere una promozione, ma
potrebbe anche essere che lei fosse l’unica a cui teneva abbastanza
da aiutarla.
Il controverso rapporto tra
Hannibal e Clarice
Hannibal apprezza chiaramente
Clarice come rivale intellettuale. Pur sapendo di essere un
intellettuale, Hannibal confida che Clarice sia in grado di
risolvere gli enigmi che le propone, aiutandola a condurre a
Buffalo Bill. Poiché la ragazza è giovane e ancora in fase di
addestramento, non la considera una minaccia per la sua sicurezza,
ma la vede come una persona nuova e divertente con cui
confrontarsi. Le numerose battute di Hannibal le offrono solo i più
piccoli indizi per assicurarsi che lei torni da lui quando li ha
risolti, cercando la sua compagnia.
Alcuni spettatori ipotizzano anche
che lei gli piaccia di più dopo aver sentito parlare della sua
bontà e delle sue intenzioni pure. Apprezza la sua vulnerabilità e
il suo coraggio, soprattutto in contrasto con i medici della
struttura che lo trattano come un animale. La donna rivela anche
che la sua motivazione è sempre quella di aiutare gli innocenti,
cosa che Hannibal sembra rispettare a modo suo. Ha chiaramente una
morale e dei valori, come quando punisce un altro paziente per
essersi comportato male con Clarice, dicendo: “La scortesia è
indicibilmente brutta per me”.
La loro amabilità è esemplificata al
meglio dalla telefonata di Hannibal a Clarice alla fine del film.
Non l’avrebbe fatto se non la rispettasse almeno un po’. Promette
anche che non la cercherà, ma entrambi sanno che alla fine lei
potrebbe cercarlo di nuovo, nel tentativo di rimetterlo in
prigione. Questo legame evidentemente lo eccita e la chiama per
farle capire i suoi piani, stuzzicandola con la sua onnipresenza
nella sua vita. Vede il potenziale ritorno di Clarice nella sua
vita come una sfida che non vede l’ora di affrontare, dicendole:
“Il mondo è più interessante con te dentro”.
Quando Hannibal chiama Clarice, le
dice di non cercare di rintracciare la chiamata perché non sarà in
linea per molto tempo. Con gentilezza, le dice anche che ha un
vecchio amico “per cena”. Sebbene sia un’espressione comune, è
chiaro che Hannibal la intende alla lettera. Poiché non dice a
Clarice dove si trova, lei non ha modo di sapere cosa sta facendo o
chi sarà la sua prossima vittima. Tuttavia, viene rivelato al
pubblico che Hannibal sta osservando affamato la discesa da un
piccolo aereo del dottor Chilton, dell’ospedale
statale per pazzi di Baltimora.
La destinazione finale di Hannibal
non viene mai rivelata. Sebbene alcuni ipotizzino che si tratti di
Firenze, dato che Hannibal e Clarice hanno discusso del luogo,
l’ambientazione non assomiglia molto a una città italiana. La scena
è stata girata all’aeroporto di Bimini, alle
Bahamas, che sembra più probabile di Firenze. Non
è chiaro come Hannibal sapesse che Chilton sarebbe stato alle
Bahamas e come sia arrivato lì, ma tant’è che è riuscito a
raggiungerlo ed evidentemente intende riprendere la sua attività di
cannbile cibandosi dell’uomo che tanto lo ha infastidito per troppo
a lungo.
Il vero significato del finale de
Il silenzio degli innocenti
Il finale de Il silenzio
degli innocenti si concentra sulla battaglia di Clarice
contro il male. Sebbene sia riuscita a trovare e uccidere Buffalo
Bill, salvando Catherine Martin, il suo lavoro non
è finito. L’ultima telefonata di Hannibal le ricorda che lui è
ancora là fuori a uccidere persone. Anche se le promette di non
ucciderla, entrambi sanno che le loro strade si incroceranno di
nuovo quando lei dovrà rintracciarlo. La telefonata è breve ma
scuote chiaramente Clarice, anche se Hannibal non sembra turbato.
L’inquadratura finale de Il silenzio degli
innocenti ha anche lo scopo di far sentire il pubblico a
disagio, sapendo che Hannibal è libero, ricordando agli spettatori
la lotta continua e senza fine contro il male e che dunque il
silenzio degli innocenti potrebbe non arrivare mai.
La proprietà che fungeva da
residenza di Buffalo Bill ne Il Silenzio degli
Innocenti è ufficialmente in vendita. Oltre ad essere
stato uno dei film di maggior incasso del 1991, il celeberrimo
thriller del compianto
Jonathan Demme è universalmente riconosciuto come uno
dei più grandi film mai realizzati.
È stato il terzo film a vincere
tutti i “Big Five” in occasione degli Oscar,
e ad oggi è l’unica pellicola dalle venature horror ad aver vinto
l’ambita statuetta come miglior film. Inoltre, l’iconico
psichiatra/serial killer Hannibal Lecter – interpretato nel film da
un monumentale Anthony Hopkins – continua ad essere ancora
oggi uno dei personaggi più popolari di sempre, a quasi tre decenni
dall’uscita del film al cinema.
Anche se Buffalo Bill non è mai più
apparso dopo Il Silenzio degli Innocenti,
l’eredità del suo personaggio è altrettanto inquietante quanto
quella di Hannibal Lecter. Nel film e nell’omonimo libro di
Thomas Harris, Buffalo Bill è un altro serial
killer noto per la sua ossessione nei confronti delle donne
sovrappeso. Una delle scene più inquietanti del film coinvolge
proprio una delle sue vittime, che viene imprigionata in una grande
fossa nel seminterrato di casa sua, e in cui viene recitata la
memorabile battuta: “Si strofina la lozione sulla
pelle.”
Adesso, i fan accaniti del film,
hanno la possibilità di fare un’offerta per l’iconica casa degli
orrori di Buffalo Bill. Come riportato da
Screen Rant, la casa a tre piani in stile vittoriano, situata
al numero 8 di Circle Street a Perryopolis (in Pennsylvania), è ora
in vendita, giusto in tempo per i festeggiamenti di Halloween. La
casa si estende su quasi due acri di terreno lungo il fiume
Youghiogheny e dispone di ben quattro camere da letto ed è quotata
per $ 298.500.
Un tour virtuale nella vera casa di Buffalo Bill ne Il Silenzio
degli Innocenti
Tuttavia, i fan del film potrebbero
rimanere delusi nello scoprire che non c’è alcuna fossa gigante nel
seminterrato incompiuto della casa, poiché quelle scene sono state
girate in uno studio di registrazione. Gli agenti immobiliari
dell’agenzia The Sisters Sold It hanno reso disponibile attraverso
il loro canale
YouTube un vero e proprio tour virtuale alla scoperta delle
varie aree della casa presenti anche nel film, tra cui la cucina e
la cantina. Potete ammirarlo di seguito:
L’imminente remake
de Il Signore delle
Mosche che sarà diretto daLuca
Guadagnino si baserà fortemente su una rivisitazione
“horror psicologico”, a rivelarlo è stata la produttriceLindsey Anderson Beer.Parlando
con Collider,
Beer ha anticipato cosa Luca Guadagnino ha in
serbo per gli spettatori con il suo prossimo remake de Il
Signore delle Mosche., che come l’originale si baserà sul
romanzo Lord of the Flies dello scrittore britannico William
Golding. Il libro ha come protagonisti un gruppo di ragazzi
britannici bloccati su un’isola disabitata e racconta il loro
disastroso tentativo di autogovernarsi.
“Si appoggia moltissimo
all’horror psicologico ed è così ricco di drammaticità, come ci si
aspetterebbe da qualcuno come [Guadagnino]“, ha detto
Beer. “Ma è spaventoso. Ti dà molto disagio leggerlo,
e penso che attinga a una versione più attuale di quella che
abbiamo visto prima.
Il signore delle mosche di
Guadagnino sarà ‘fresco’ e ‘rinfrescante’
Beer ha continuato:
“Penso che alcune persone abbiano provato ad affrontare quella
proprietà in un modo che non ha più risonanza oggi, e penso che
l’intero approccio sia stato molto fresco e
rinfrescante.”Basato sull’iconico romanzo
omonimo del 1954 di William Golding, Il signore delle
mosche di Luca Guadagnino è stato annunciato a luglio
2019. Le notizie sul progetto sono state poche da allora, anche se
è stato annunciato nel 2020 che lo scrittore di A Monster
Callse Chaos Walking Patrick
Ness sta scrivendo la sceneggiatura.
Finora Il signore
delle mosche ha avuto tre semplici adattamenti
cinematografici; tuttavia, la storia ha ispirato numerosi
titoli cinematografici e televisivi nel corso degli anni, tra
cui Yellowjackets
di Showtime e Ladyworlddel
2018. Peter Brook ha diretto un film Il signore delle
mosche nel 1963, così come Harry Hook nel 1990. Lupita A.
Concio, nel frattempo, ha adattato la storia in un film del 1975
intitolato Alkitrang Dugo.
Guadagnino è noto per aver
diretto A
Bigger Splash del 2015, Chiamami
col tuo nomedel 2017, il remake
di Suspiria del
2018 e Bones
and All del 2022 . Il suo ultimo
film, Challengers,
vede protagonisti Zendaya,Mike Faist, Josh
O’Connor. L’uscita del film era originariamente
prevista per il 15 settembre 2024; tuttavia, è stato ritardato
fino all’aprile 2024 a causa dello sciopero degli attori. Sta
anche dirigendo un film d’epoca intitolato Queer con
Daniel Craig, Drew Starkey, Lesley Manville e Jason
Schwartzman.
Anche Gianni
Amelio, come Emanuele Crialese e
Alejandro G. Inarritu nell’ambito del Concorso di
Venezia 79, ricorre alla pseudo-biografia nel suo
Il Signore delle Formiche, presentato in
anteprima nella Selezione Ufficiale della Mostra, a contendersi il
Leone d’Oro. In questo caso, l’elemento biografico è “laterale” e
la figura del regista si sovrappone vagamente a quella di
Elio Germano, che interpreta un giornalista che
segue da vicino il processo per plagio subito dall’intellettuale
Aldo Braibanti.
Alla fine degli anni
Sessanta si celebrò a Roma un processo che fece scalpore. Il
drammaturgo e poeta Aldo Braibanti fu condannano a
nove anni di reclusione con l’accusa di plagio, cioè di aver
sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo
studente e amico da poco maggiorenne. Il ragazzo, per volere della
famiglia, venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico e sottoposto
a una serie di devastanti elettroshock, perché ‘guarisse’ da
quell’influsso ‘diabolico’.
Amelio prende spunto
dalla storia vera per raccontare un coro a più voci, non solo la
figura di Braibanti, interpretato da Luigi Lo
Cascio, ma anche parenti, amici, persone che in qualche
modo hanno seguito la vicenda da vicino e che ne sono rimasti
toccati.
Una storia vera
Il Signore delle Formiche racconta di queste
vite travolte, di questo processo assurdo e mette in luce una
storia vera che forse non è conosciuta da moltissimi. Proprio
questo aspetto avrebbe potuto spingere il regista ad approfondire
meglio l’aspetto del processo, sottolineando di più quanto l’accusa
di plagio fosse a tutti gli effetti uno strumento che mirava a
punire i “diversi”, che all’epoca non potevano essere considerati
esistenti, figurarsi poi chiamarli omosessuali, senza uno strascico
di giudizio e disprezzo.
La classicità del cinema
di Amelio, ma anche l’impressione che si sia fuori
tempo massimo per raccontare in questo modo storie legate alla
persecuzione dell’omosessualità nel nostro Paese, contribuiscono a
far percepire Il Signore delle Formiche un film “vecchio”,
che sembra non aver senso in questo momento storico in cui la
conversazione intorno alle tematiche di genere è varia, vasta e
all’ordine del giorno. Soprattutto è arrivata a livelli molto più
avanzati rispetto al classicismo proposto del film.
Un racconto lontano dalla contemporaneità
Il cinema spesso si fa
narratore di storie vere non troppo conosciute e sicuramente la
vicenda di Braibanti merita di essere nota e
raccontata, ma forse avrebbe meritato uno spirito più moderno, un
occhio che fosse al passo con i tempi e che rendesse attuale il
discorso intorno a un pregiudizio che nel Paese Reale esiste ancora
in maniera invasiva e capillare.
Tutto ne Il Signore delle Formiche è poco ispirato,
dalla messa in scena alla scrittura, fino addirittura alle
interpretazioni, lo stesso Lo Cascio che è sempre
brillante qui viene fagocitato dalla stanchezza con cui questa
storia, potente e importante, viene lasciata andare con fare
svogliato e pigro.
Presentato al Festival
di Venezia 2022, arriva in prima tv su Sky
Il Signore delle formiche, pellicola di Gianni
Amelio che ricostruisce il caso Braibanti e il bigottismo
dell’Italia degli anni ’60, lunedì 13 febbraio alle 21.15
su Sky Cinema Uno (alle 21.45 anche su Sky Cinema Drama), in
streaming su NOW e disponibile on demand, anche in qualità
4K.
Nel cast Luigi Lo Cascio ed Elio Germano, affiancati dal giovane
Leonardo Maltese, al suo debutto al cinema, e da
Sara Serraiocco e Anna Caterina
Antonacci. La sceneggiatura è di Gianni Amelio,
Edoardo Petti e Federico Fava
Alla fine degli anni 60 si celebrò
a Roma un processo che fece scalpore. Il drammaturgo e poeta Aldo
Braibanti fu condannato a nove anni di reclusione con l’accusa di
plagio, cioè di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e
psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne. Il
ragazzo, per volere della famiglia, venne rinchiuso in un ospedale
psichiatrico e sottoposto a una serie di devastanti elettroshock,
perché “guarisse” da quell’influsso “diabolico”. Alcuni anni dopo,
il reato di plagio venne cancellato dal codice penale. Ma in realtà
era servito per mettere sotto accusa i “diversi” di ogni genere, i
fuorilegge della norma. Prendendo spunto da fatti realmente
accaduti, il film racconta una storia a più voci, dove, accanto
all’imputato, prendono corpo i famigliari e gli amici, gli
accusatori e i sostenitori, e un’opinione pubblica per lo più
distratta o indifferente. Solo un giornalista s’impegna a
ricostruire la verità, affrontando sospetti e censure.
Lunedì 13 febbraio in prima
tv alle 21.15 su Sky Cinema Uno (alle 21,45 anche su Sky Cinema
Drama), in streaming su NOW e disponibile on demand, anche in
qualità 4K.
Il signore delle formiche attualmente in programmazione in 420
schermi, da oggi sarà presente in 470 cinema italiani ed
anche questa è una grandissima notizia per il cinema italiano e per
tutta l’industria.
“Dopo essere stato secondo, nel primo
weekend di uscita, solo al blockbuster “Minions 2″, il bellissimo
film di Gianni Amelio da lunedì è al primo posto del box office
italiano”, dichiara Luigi Lonigro, Direttore di 01
Distribution.
“In un mercato che ancora
stenta a decollare, gli incassi e le presenze riscontrate per ‘Il
signore delle formiche’ dimostrano che finalmente si sta
riattivando quella fascia di spettatori che, più di ogni altra, è
stata allontanata dalle sale cinematografiche dai timori e dalle
prescrizioni sanitarie post pandemiche: quello stesso target di
pubblico che sta generando uno straordinario passaparola che trova
conferma negli incassi del film, in continua crescita”.
“Il Signore delle Formiche” racconta la
storia del drammaturgo e poeta Aldo Braibanti che fu condannato a
nove anni di reclusione con l’accusa di plagio, per aver sottomesso
alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e
amico da poco maggiorenne. Il ragazzo, per volere della famiglia,
venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico e sottoposto a una
serie di devastanti elettroshock, perché “guarisse” da
quell’influsso “diabolico”. Alcuni anni dopo, il reato di plagio
venne cancellato dal codice penale. Ma in realtà era servito per
mettere sotto accusa i “diversi” di ogni genere, i fuorilegge della
norma. Prendendo spunto da fatti realmente accaduti, il film
racconta una storia a più voci, dove, accanto all’imputato,
prendono corpo i famigliari e gli amici, gli accusatori e i
sostenitori, e un’opinione pubblica per lo più distratta o
indifferente. Solo un giornalista s’impegna a ricostruire la
verità, affrontando sospetti e censure.
Il genere horror ha in più occasioni
regalato al cinema personaggi entrati da subito nell’immaginario
collettivo. Tra questi vi è senza dubbio Michael Myers,
l’inarrestabile mostro che dal 1978 spaventa generazioni e
generazioni di spettatori. Dopo essere comparso per la prima volta
in Halloween di John Carpenter, questi è
tornato ad essere protagonista sul grande schermo con il film
Il signore della morte, il cui titolo
originale è Halloween II. Diretto nel 1981 da Rick
Rosenthal, questo è l’unico film della saga ad avvalersi
di una sceneggiatura firmata da Carpenter, ideatore del
personaggio.
Questo si pone come sequel diretto
del precedente capitolo, riprendendo la narrazione proprio lì dove
era rimasta. Particolare rilievo assume però da qui l’ossessione
del gigantesco assassino nei confronti della povera Laurie Strode.
Un rapporto, il loro, che continua a suo modo ancora oggi a
generare storie, come visto nel nuovo Halloween uscito nel
2018. Il signore della morte riproduce molti degli
elementi stilistici che fecero la fortuna del suo predecessore, ma
vi è una maggior presenza di violenza e sangue, che lo rendono
molto più vicino al nascente genere splatter.
Pur con un budget di 2,5 milioni di
dollari, di molto maggiore rispetto al primo film, Il signore
della morte non replicò il successo precedentemente ottenuto,
arrivando ad incassarne appena 25,5. Questo doveva inoltre
concludere la storia di Michael Myers, ma dato l’insuccesso ancor
maggiore del terzo capitolo, il personaggio tornò ad essere il
villain principale nel quarto. Prima di intraprendere una visione
del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e ai suoi sequel. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Il signore della morte: la
trama del film
La vicenda del film si apre
nuovamente sulla notte di Halloween del 1978. Il dottor Sam
Loomis ha appena sparato a Michael Myers,
facendolo precipitare dalla finestra e salvando Laurie
Strode da morte certa. Nel momento in cui vanno ad
assicurarsi che il mostro sia realmente morto, il suo corpo è già
sparito, segno che questi è ancora vivo. La giovane Laurie ha però
bisogno di cure mediche, e viene subito condotta in ospedale per
essere operata. Loomis, intanto, cerca di convincere le forze
dell’ordine che Myers è ancora vivo e in libertà, ma nessuno sembra
volergli credere. Ben presto, però, nuovi omicidi si verificheranno
in città, e mentre Laurie inizia ad avere visioni rivelatrici sul
suo passato, la morte è sempre più vicina.
Il signore della morte: il
cast del film
Per questo sequel gran parte degli
attori presenti già nel primo film tornano a ricoprire i rispettivi
ruoli. Jamie Lee
Curtis è dunque ancora una volta Laurie Strode,
l’obiettivo primario di Myers. Nonostante si indicata come
protagonista, l’attrice è presente nel film soltanto per un totale
di 25 minuti, lasciando così molto più spazio al personaggio del
dottor Loomis. Per riprendere il suo ruolo, la Curtis dovette
inoltre indossare una parrucca per tutta la durata delle riprese,
poiché i suoi veri capelli in quel periodo erano più corti di
quando girò il primo film. L’attore Donald
Pleasence è nuovamente presente nei panni del dottor
Loomis, e data la sua notorietà ha qui ricevuto molto più spazio
rispetto al precedente film, divenendo a tutti gli effetti un vero
protagonista.
A dare corpo al minaccioso Michael
Myers non è invece più l’attore Nick Castle, bensì
lo stuntman Dick Warlock. Questi raccontò di
essersi preparato al ruolo studiando alcune scene chiave del
precedente film, e di aver cercato di riprodurre la malvagità del
personaggio con la stessa espressività corporea di Castle. Ad
aiutarlo a calarsi nel ruolo, inoltre, gli fu data da utilizzare la
stessa maschera del primo Halloween. Nel film è poi
presente l’attore Hunter von Leer, nei panni di
Gary Hunt, l’uomo che guiderà la caccia a Myers. Charles
Cyphers, già visto nel primo film, riprende qui brevemente
il ruolo dello sceriffo Leigh Brackett. Lance
Guest è invece il volto di Jimmy, autista dell’ambulanza.
Egli è portatore nel film di una particolare innocenza, che entra
in contrasto con quanto gli capita intorno.
I sequel di Il signore della
morte, il trailer e dove vedere il film in streaming e in
TV
Con Il signore della morte
si concludevano i piani degli autori per Michael Myers.
Halloween venne infatti pensata come saga antologica
incentrata su storie e personaggi sempre diversi. Fu così che in
Halloween III – Il signore dellanotte, del 1982, il celebre mostro venne
sostituito da un controverso scienziato pazzo. Per quanto il film
sia oggi considerato un cult, questo mancò di ottenere un
significativo successo proprio a causa dell’assenza del villain dei
precedenti due film. Si decise allora di abbandonare i piani per
una saga antologica e di tornare alle origini. Nel 1988 arrivò così
in sala Halloween 4 – Il ritorno di Michael
Myers, tornando così a concentrarsi sul silenzioso
assassino. Da quel momento, egli sarebbe stato protagonista di ben
altri 9 sequel.
Prima di gettarsi su tali sequel, è
possibile vedere o rivedere il film del 1981 grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete.Il signore della
morte è infatti disponibile nel catalogo di
Google Play e Infinity. Per vederlo, in base alla
piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo
film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda
visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il
titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale,
entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre
trasmesso in televisione il giorno sabato 8 luglio
alle ore 21:15 sul canale Italia
2.
In particolare, il film fa leva su
antiche leggende popolari di spiriti, demoni e dei culti a loro
dedicati. Ci troviamo dunque in pieno territorio paranormale, e in
particolare al cospetto della figura del Signore del
Disordine. Era questo un ruolo affidato ad un contadino o
un sottodiano durante il periodo natalizio per presiedere la festa
dei folli. Costui era dunque responsabile delle disgregazioni
natalizie, che spesso includevano ubriachezza e festa selvaggia.
Nel tempo questa figura è andata estinguendosi, ma rimangono le
leggende legate alle sue attività.
Il film fa dunque riferimento a
tutto ciò per dar vita ad un racconto che fa della sua ambiguità e
del costante senso di mistero il suo punto di forza, anche a costo
di non risolvere tutti i suoi enigmi. In questo articolo,
approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a
Il Signore del Disordine. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alla spiegazione del finale.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama e il cast di Il Signore del
Disordine
Il racconto si svolge in un piccolo
villaggio della campagna inglese. Qui, Rebecca
Holland, sacerdote della chiesa anglicana locale, è molto
legata alla sua bambina. Ogni anno in inverno, la comunità si
riunisce per celebrare la Festa del Raccolto, una ricorrenza di
origine pagana. In molti indossano maschere e costumi della
tradizione e tutti tengono in mano una torcia che li accompagna
durante la processione nel bosco. Durante i festeggiamenti, però,
la figlia di Rebecca scompare misteriosamente.
La polizia e tutti gli abitanti del
villaggio si uniscono alle ricerche della bambina di cui non si
trova nessuna traccia. Ma quando iniziano a emergere inquietanti
prove riguardo a presenze demoniache che vivono nei boschi, le
indagini prendono una strada completamente diversa. Con suo grande
orrore, Rebecca comincia a scoprire l’oscuro passato del villaggio
che nasconde terribili segreti e dovrà decidere quanto è disposta a
sacrificare per salvare sua figlia dalle grinfie del male puro.
Ad interpretare Rebecca Holland vi è
l’attrice Tuppence Middleton, celebre per la serie
Sense8 e vista anche nei film Mank,
Edison – L’uomo che illuminò il mondo e Downton
Abbey. Nel ruolo di sua figlia Grace vi è l’attrice
EvieTempleton, mentre l’amica
Bryony è interpretata da Alexa Goodall.
Matt Stokoe e Luc Ineson
interpretano rispettivamente Henry Holland e Darry Nash. L’attore
Ralph Ineson, che interpreterà Galactus nel film
The
Fantastic Four, interpreta invece Jocelyn Abney.
La spiegazione del finale del film
La ricerca di Grace prende una piena
soprannaturale quando Rebecca chiese agli abitanti del villaggio di
pregare per sua figlia e un uomo di Jocelyn Abney
afferma di credere che Grace sia stata rapita
Gallowgog e che nemmeno il Signore in cui Rebecca
crede può salvare Grace da lui. La ragazza sarebbe dunque il prezzo
che gli abitanti del villaggio devono pagare allo spirito affinché
egli stia lontano dal loro raccolto. Un’anziana signora di nome
Miri racconta a quel punto a Rebecca della
leggenda folcloristica che riguarda Gallowgog.
Secondo l’anziana donna, si tratta
dello “spirito della terra“. Viene a questo punto
raccontata la storia di un uomo di nome Tobias
Bron, chiamato il Signore del
Disordine, che nel 1621 affermò di essere stato contattato
da Gallowgog, uno spirito che prometteva meraviglie per il
villaggio. Come dono a Gallowgog, Tobias e gli abitanti del
villaggio costruirono un granaio nero dove lasciarono offerte per
lo spirito. Tuttavia, queste offerte si rivelano essere bambini.
Quando la chiesa lo venne a sapere, pose fine a questa oscura
usanza bruciando vivi Bron e i suoi seguaci.
Rebecca scopre poi che anche il
figlio di Jocelyn è scomparso in simili circostanze, ma l’uomo non
ha alcun interesse a scoprire cosa ne è stato di lui, in quanto si
ritiene grato dei benefici che sono seguiti a quel sacrificio.
Rebecca capisce di potersi rivolgere solo a
Bryony, amica di sua figlia, che le rivela di come
entrambi facessero parte del club naturalistico. Per quanto
sembrasse innocente, questo si svela essere una copertura per
insegnare ai bambini del villaggio qualcosa di più sul
folklore.
C’è una stanza segreta in cui
Jocelyn Abney insegnava ai bambini del Signore del Disordine e
Gallowgog. Rebecca scopre così che sua figlia è stata scelta come
dono dagli abitanti del villaggio per lo spirito di Gallowgog.
Secondo Bryony, Grace si trovava dunque nel fienile nero con lo
spirito al momento della scompars. Il motivo della scelta di
Grace era semplice: era la figlia del vicario. Non poteva esserci
vendetta migliore che offrire qualcuno della famiglia cristiana
agli spiriti in cui il villagio crede.
Successivamente, Rebecca viene
attaccata dagli abitanti del villaggio, che la conducono nella
stanza segreta di Jocelyn. Qui capisce che l’unico modo per
fronteggiare quel culto è far credere loro di essersi sottomessa al
loro volere. Dopo aver convinto Jocelyn e il resto del villaggio di
ciò, viene condotta al granaio nero, dove Rebecca trova sua figlia
legata e con il volto coperto. Le due si riuniscono ma c’era un
senso di tristezza in Rebecca, che sa che non le sarebbe stato
permesso di andarsene.
Grace è un’offerta fatta a
Gallowgog, che non sarebbe stato felice se gli fosse stata portata
via. Alla fine lo spirito di Gallowgog si manifesta e Rebecca
decide di offrirgli la sua ciocca di capelli. Questa scena è
fondamentale perché è essenzialmente una negoziazione tra Gallowgog
e Rebecca. Lei spera che lo spirito le permetta di riportare a casa
sua figlia, ma a quale costo? I capelli sono importanti nella magia
popolare e offrire una ciocca della sua mano potrebbe simboleggiare
che Rebecca si sottomette allo spirito.
Potrebbe essere il suo modo di
permettere allo spirito di prendere il controllo su di lei, oppure
potrebbe aver promesso di assicurarsi sempre che lui riceva altri
sacrifici per stare lontano dal raccolto. È anche possibile che
Gallowgog le abbia permesso di andarsene dopo che lei ha dimostrato
di essere pronta a sottomettersi a lui per riportare a casa sua
figlia. In ogni caso, una volta uscita dal granaio con sua figlia,
Rebecca viene eletta come sostituta di Jocelyn, che viene dunque
ucciso.
Nella scena finale, Rebecca è
tornata in chiesa come vicario, ma la sua personalità è cambiata.
Dopo aver assistito a quelle che in precedenza aveva definito
“vecchie storie” che prendevano vita, ci si chiede se l’intera
esperienza abbia scosso la sua fede religiosa. Oppure, l’esperienza
ha rafforzato la sua fede perché, alla fine, ha riportato a casa
sua figlia ed è uscita viva da quella situazione straziante?
Il Signore del Disordine lascia al pubblico
l’interpretazione del finale.
Forse l’esperienza ha aiutato
Rebecca a capire gli abitanti del villaggio e a convincerli ad
abbandonare i riti barbarici e ad adottare il cristianesimo.
Un’altra possibilità è che Rebecca abbia finto di essere un vicario
devoto, ma che in realtà abbia preso sul serio il suo ruolo di
Signore del Disordine e che ogni anno debba offrire un dono a
Gallowgog come da contratto. Ciò che è certo, è che qualcosa è
avvenuto nel granaio nero e Rebecca non è più quella che avevamo
conosciuto fino a quel momento.
Il trailer di Il Signore
del Disordine e dove vederlo in streaming e in TV
Sfortunatamente il film non è
presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive
in Italia. È però presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 26 giugno alle ore
21:20 sul canale Rai 4. Di
conseguenza, per un limitato periodo di tempo sarà presente anche
sulla piattaforma Rai Play, dove quindi lo si
potrà vedere anche oltre il momento della sua messa in onda.
Basterà accedere alla piattaforma, completamente gratuita, per
trovare il film e far partire la visione.