Qualche giorno fa Peter
Jackson ha annunciato, durante una conferenza stampa di
Amabili
Resti, che le riprese del Lo
Hobbit hanno subito un ritardo rispetto a quanto
inizialmente programmato, e che inizieranno a metà del 2010. In
molti hanno iniziato a sospettare che con questo ritardo
difficilmente si riuscirà a rispettare la scadenza del natale 2011
per l’uscita del primo dei due film: confrontando i film con la
trilogia del Signore degli Anelli, tra le riprese e
l’uscita passarono infatti due anni. Tuttavia in questo caso i film
da girare sono solo due, e molti set sono già stati costruiti
(alcuni progetti, inoltre, verranno riutilizzati).
Ora TheOneRing.net riprende il
rumour diffuso da thewrap.com e WaxWord blog, che sostengono di
aver sentito dire da diverse fonti interne alla Warner Bros. che
attualmente si stia vagliando l’ipotesi di far slittare tutte le
date di uscita di un anno. Ciò significherebbe che il primo film
uscirebbe a natale 2012, e il secondo a natale 2013.
Effettivamente per la major questo
sarebbe meglio, avendo già la seconda parte di Harry Potter
7 in uscita a novembre 2011. Tuttavia decisioni di questo
tipo verranno prese solo ed esclusivamente quando verrà consegnato
anche il secondo script e verrà calcolato il budget, e i film
riceveranno il via libera definitivo. Peter
Jackson stesso ha rivelato oggi a Sci-Fi Wire alcune
novità a riguardo: Il produttore ci ha rivelato che lui e i suoi
partner consegneranno il secondo script finito alla fine dell’anno,
le riprese inizieranno nel 2010. Il primo dei due film uscirà
“entro la fine del 2011”, ha aggiunto.
“Stiamo ancora lavorando alla
sceneggiatura, che verrà diretta da Guillermo del Toro. Sta venendo
veramente bene, effettivamente abbiamo già consegnato il primo
script allo studio, e gli è piaciuto molto. Stiamo lavorando molto
al secondo script, e lo consegneremo a fine anno, ci terrà molto
occupati.” Il regista non ha voluto commentare sul budget
rumoreggiato di 250 milioni di dollari per i due film: “E’
troppo presto. Non abbiamo budget ancora, e nessun membro del cast
confermato. Inizieremo le riprese l’anno prossimo, e speriamo che
il primo film esca alla fine del 2011. Mentre Guillermo girerà Lo
Hobbit, non sono sicuro a quale film lavorerò io, perché voglio
essere certo di essere disponibile a svolgere tutti i compiti
necessari perché Lo Hobbit venga al meglio. Sarò lì per aiutare
Guillermo. Non intendo essere sul set ogni giorno a guardargli le
spalle, è un film suo e lo girerà lui. Il motivo per cui dirige i
film è che sono un suo grande fan e so che farà un grande lavoro.
So che è la persona adatta per questo progetto, adoro il suo
meraviglioso senso visivo e dell’immagine. Quindi non interferirò
sul suo approccio.”
Guillermo Del Toro
collabora con Peter Jackson e il suo team anche
nella scrittura del film. “Siamo tutti al lavoro sulla stessa
pagina, e tutto ha inizio con un buon script. Crediamo tantissimo
nelle sceneggiature strutturate, e la cosa importante del nostro
lavoro come team, io, Fran e Philippa, è che non abbiamo un accordo
di sceneggiatura con la major. Non abbiamo due bozze di
sceneggiatura e una serie di revisioni. Non lo mettiamo mai nei
nostri contratti: noi continuiamo a riscrivere le sceneggiature, e
le rifiniamo”.
A questo punto siamo tutti
decisamente curiosi di scoprire cosa succederà l’8 dicembre, data
segnalata dalla Warner a TheOneRing.net come giorno in cui
“qualcosa accadrà” sul sito ufficiale della trilogia del signore
degli anelli: forse un annuncio ufficiale sullo Hobbit, o forse un
annuncio sulle edizioni blu-ray disc della trilogia…
AICn pubblica un nuovo rumour sul
casting dello Hobbit, a poche settimane dal primo rumour legato a
Brian Cox nei panni di un nano (non ancora confermato, d’altronde
il casting è ufficialmente iniziato solo da ieri, quando ne ha
parlato apertamente TheOneRing.net).
“Un’altra nostra fonte molto affidabile”, spiega il sito, “dice
che i rumour su Brian Cox non le sono nuovi, e ci rivela che
attualmente si fa anche un gran parlare di Tom Waits. Si tratta
semplicemente di un nome che gira nell’ambiente della produzione –
tuttavia sembra che ne stiano parlando piuttosto seriamente”.
Waits, cantautore americano, è
stato acclamato recentemente per la sua interpretazione del villain
in Parnassus. Difficile immaginare che parte potrebbe avere nel
film, anche se sembrerebbe perfetto per interpretare il re degli
elfi Thranduil.
Nel frattempo, IGN riporta le parole di Peter Jackson durante
un’altra premiere di Amabili Resti. Il produttore non ha voluto
sbilanciarsi su una domanda riguardo al casting di Bilbo (in
particolare non ha negato né confermato che i rumoreggiati Martin
Freeman, James McAvoy e David Tennant siano stati contattati per la
parte), tuttavia ha detto che “alcuni di loro non sono in
considerazione”. Jackson ha concluso spiegando che i direttori di
casting attualmente stanno facendo audizioni con attori sconosciuti
per il ruolo di Bilbo.
Nuovo contrordine. Secondo Peter
Jackson, le sue recenti dichiarazioni su un possibile slittamento
di un paio di mesi delle riprese di The Hobbit sono state
amplificate a dismisura, e non c’è ragione di pensare che l’uscita
nelle sale primo dei due film tratti dall’omonimo lavoro di Tolkien
debba essere rinviata di un anno.
Jackson ha poi parlato del casting
ancora in atto per il personaggio del protagonista Bilbo Baggins,
dichiarando che della rosa di nomi che circola da tempo
(comprendente James McAvoy, Martin Freeman, David Tennant e
Daniel Radcliffe) solo alcuni sono stati realmente presi in
considerazione, senza specificare però quali. Il regista ha però
aggiunto anche che sono ancora in corso provini con attori non
noti, e che non necessariamente Bilbo sarà interpretato da un
“grande nome”.
Dopo il rumor che vuole Tom Waits
nei panni di un non meglio identificato membro del cast, ci
aspettiamo che questo rettifica di Jackson possa avere qualche
valore. In attesa di notizie definitive…
Ricordate il rumour su Brian Cox
nel cast dello Hobbit? Ebbene, una fonte di TheOneRing.net ha
parlato con l’attore chiedendo informazioni sulla notizia, e questi
ha risposto semplicemente: “Non ho la libertà di parlare con voi di
questa cosa”.
Non c’è alcuna smentita, quindi,
anzi: potrebbe essere una prova che Cox è stato realmente
contattato dalla produzione e che potrebbe aver ottenuto un ruolo –
magari proprio quello di Thorin Scudodiquercia come pensano in
molti.
Intanto il tour mondiale di Amabili Resti è praticamente finito,
e così Guillermo del Toro ha deciso di chiarire alcune delle
notizie sullo Hobbit trapelate (e spesso fraintese) durante le
interviste a Peter Jackson.
Ecco cosa ha scritto il regista sul forum di TheOneRing.net: “A
proposito della notizia che ‘solo tre attori del Signore degli
Anelli’ torneranno: penso che l’enfasi sulla parola ‘solo’ sia
stata uno sbaglio. Non posso pensare che Gollum venga interpretato
da un altro attore che non sia Andy Serkis, ma siccome il secondo
script è in fase di discussione non possiamo dare qualsiasi cosa
per scontata. Sia Peter Jackson che io diciamo le cose per “come
sono attualmente”, e ovviamente le cose cambiano.
Comunque capisco cosa sta passando Peter visto che finora il 30%
delle domande che mi hanno fatto durante i miei tour di Strain,
Orphanage e Hellboy II sono state sullo Hobbit. In vari momenti
siamo passati dall’essere vicini ad avere il cast, al dover ancora
consegnare gli script, le cose cambiano man mano che passa il
tempo. Quindi non scolpiamo sulla pietra quello che è stato detto.
Preferisco mantenere il dialogo con la stampa e i fan aperto, anche
se escono inesattezze, piuttosto che rimanere in silenzio o
rivolgermi solamente alla community di persone che capiscono
realmente il progetto.
“L’obiettivo per quanto riguarda la produzione è semplice: possiamo
parlare finché vogliamo di date e programmi, ma finché non
consegneremo gli script e otterremo un budget e una scaletta di
date per organizzarci, tutto rimarrà nella gialla luce dello
sviluppo. Questo processo non è ancora finito. Come vi ho detto
altre volte, stiamo cercando le location, progettando (le ultime
tre ore di riunione con la Weta le ho avute giusto stamattina), e
non ci fermeremo. MA il via libera e l’inizio della produzione vera
e propria ce li potrà dare solo la major. Pete come Produttore e io
come Regista facciamo tutto quello che possiamo nel frattempo.
“Abbiamo qualche problema con la Warner Bros.? Assolutamente no.
Tutto quello che posso dire è che il primo script gli è piaciuto
molto, e che ci hanno dato un fortissimo supporto durante lo
sviluppo del progetto.
Stiamo facendo i test delle animazioni di Smaug, stiamo montando i
previz, prendendo le decisioni finali dal punto di vista degli
oggetti e le armi dei nani, e iniziando parecchi test per quanto
riguarda le armi, il makeup prostetico e i costumi.
Ad ogni modo, penso che sarò molto meno esposto a livello pubblico
nei prossimi mesi per motivi evidenti: il primo è che lavoro
tantissimo ai film, e non ho tempo di scrivere sul forum, il
secondo è che se avrò del tempo per promuovere qualcosa lo farò per
Non Avere Paura del Buio e per The Fall (secondo romanzo di
Strain), ma non temete: cercherò di darvi più informazioni
possibili, come sempre.
Spiderman 3 è il
terzo capitolo della saga dell’Uomo Ragno che arrivò nel 2007 e
stranamente raccolse diversi risultati contrastanti, al contrario
dei suoi due predecessori. Da un punto di vista strettamente
commerciale fu uno sbanca-botteghini come pochi c’è ne erano stati
fino a quel momento.
Il mostruoso budget di 258 milioni
di dollari fu ampiamente ripagato e il film fu il più visto della
saga.
Comin book
Stan Lee
Steve Ditko Screen Story
Sam Raimi
Ivan Raimi Screenplay
Alvin Sargent
Sam Raimi
Ivan Raimi
Cast
Toby Maguire – Peter Parker/Spiderman
Kirsten Dust – Mary jane
James Franco – Harry Osborn
J.K. Simmons – Jonah Jameson Thomas Haden
Church – Flint Marko/sandman
Bryce Dallas Howard – Gwen Stacy
Topher Gracy – Eddie Brock/Venom
Musica
Danny Elfman
Distribuzione
Sony Pictures
Uscita USA
01 Maggio 2007
Uscita Italia
24 Aprile 2007
Durata
139 minuti
Budget
$258,000,000
Incasso totale
$885,430,303
Senza fatica Spiderman
3 raccolse la palma di pellicola di maggior successo
mai prodotta dalla Marvel, ma per quanto riguarda il
cinema supereroistico in generale si dovette accontentare della
medaglia d’argento, battuto un anno dopo da Il Cavaliere Oscuro.
Ugualmente Spiderman 3 è una pellicola
dal sicuro spessore, che indaga ancora di più nelle debolezze e nel
lato oscuro del protagonista, più che esaltarne le doti e le
imprese.
La Sony Pictures aveva
iniziato a lavorare sul terzo capitolo della saga mentre ancora
Spider-man
2era lontano di tre mesi dall’uscita, questo a
significare la grandissima fiducia che la casa americana nutriva
nel franchise. Inizialmente programmato per un’uscita il 2 maggio
2007, venne poi spostato a due giorni dopo. Il copione fu affidato
ancora ad Alvin Sargent, che già aveva collaborato nel secondo
capitolo, con un’opzione per il quarto. Il fratello di Raimi, Ivan,
collaborò anch’egli alla scrittura della storia, che come detto
avrebbe puntato molto sul lato oscuro di Peter Parker, costretto a
scoprire nel modo doloroso la differenza tra vigilante ed eroe.
Come antagonisti vennero scelti Harry Osborn, che avrebbe
continuato la storyline creata nei primi due film, the
Sandman, con cui Spider-Man dovrà affrontare nuovamente il suo
passato, e il temibile Venom. Quest’ultimo venne preferito
all’Avvoltoio, grazie alla grande base di fan che il simbiote
bianco-nero possiede. Infine Sargent decise di inserire nella
storia anche Gwen Stacy, destinata a diventare rivale romantica di
Mary Jane. La trama sembrava talmente complessa da richiedere la
divisione in due film, ma l’idea venne rigettata.
Spider-Man 3 – Cast
Intrigato
dall’opportunità di interpretare un Peter Parker meno timido e più
aggressivo, Tobey Maguire non si lasciò scappare
l’opportunità di indossare ancora il costume dell’Uomo Ragno. Anche
Kirsten Dunst tornò nel ruolo di Mary Jane
Watson, personaggio che in questa terza pellicola dovrà affrontare
diverse dure prove a livello emozionale (buona sfida, quindi, dal
punto di vista recitativo).
Grandissima importanza venne
garantita a Harry Osborn e al suo interprete James Franco, che qui avrebbe compiuto il suo
climax. Il ruolo di Sandman, alias Flint Marko, fu affidato a
Thomas Haden Church. Church si era fatto notare dai produttori per
il suo ruolo di Jackson Lapote nel film del 2004 Sideways, in
Viaggio con Jack, lavoro pluripremiato sia globalmente, sia per
quanto riguarda il suo personaggio, riconosciuto da numerosi
attestati come “Miglior Attore non Protagonista” (non agli Accademy
Awards, però).
Il ruolo di Venom, alter ego di
Eddie Brock Junior, fu affidato a Topher Grace.
Grande appassionato di fumetti, Grace aveva vinto il premio per la
“Miglior Performance Rivelazione Maschile” della National Boad of
Review per il suo ruolo nel film In Good Company, presentandosi
così come un vero fuoriclasse in erba. Infine, concludendo l’elenco
delle “new entry” abbiamo Bryce Dallas Howard, a cui venne
assegnato il personaggio di Gwen Stacy. Stacy è una delle fidanzate
storiche, e quindi storiche rivali, del Peter Parker cartaceo.
Figlia del capitano di polizia George Stacy (James Cromwell), sarà
la donna del protagonista mentre lui è ancora preda dell’influenza
del simbiote.
Spider-Man 4 Produzione
Alcune scene dedicate alla
lavorazione in CGI vennero girate già tra il 5 e il 18 novembre
2005, ma le riprese principali iniziarono solamente il 16 gennaio
dell’anno successivo e si prolungarono fino al luglio dello stesso
anno. Oltre a New York, molte scene vennero girate a Cleveland,
come per esempio la lotta tra Spiderman e Sandman sul blindato
portavalori. John Dykstra, responsabile degli effetti speciali di
Spiderman 2, non tornò a lavorare in questo nuovo capitolo. Il suo
posto venne preso da Scott Stokdyk, che gestì ben duecento
programmatori provenienti dai Sony Pictures Imageworks. Vennero
creati ben 900 effetti digitali nuovi, molti dei quali nemmeno
esistevano prima della produzione del film. Nonostante ciò Stokdyk
scelse di usare anche dei modellini in miniatura per alcuni
palazzi, in modo da non doversi affidare solamente a dei calcoli
fatti al computer, ma anche a sequenze più realistiche e concrete.
Uno dei “trucchi” più particolari fu usato nelle scene in cui
Spider-Man colpisce con un pugno Sandman,
passandogli da parte a parte a causa del suo corpo fatto di sabbia.
Il braccio di questo Uomo Ragno è completamente creato al computer,
perché il posto di Maguire fu preso da Baxter Humby, esperto di
arti marziali famoso per avere un braccio amputato sin dalla
nascita e, nonostante ciò, campione del mondo di Muai Thai. Altre
sequenze forse meno azzardate, ma sicuramente più complesse, furono
le notturne che coinvolsero Venom. La sua divisa nera con il buio
della notte costituì una vera sfida per lo staff di Stokdyk.
Christopher Young
sostituì Danny Elfman al comando dell’orchestra
per la colonna sonora. Elfman si rifiutò di lavorare ancora con
Sam Raimi, a causa di diversi dissapori capitati
proprio sul set di Spiderman
2. Nonostante ciò, però Elfman collaborò ugualmente a
partire da dicembre 2006 con Young, aiutandolo a mantenere una
linearità con le precedenti colonne sonore.
Spider-man 3 Ricezione
L’esordio di Spiderman
3 sul grande schermo avvenne a Tokyo il 16 aprile 2007,
per poi sbarcare successivamente nel Regno Unito il 23 aprile e
negli Stati Uniti tre giorni dopo. L’uscita mondiale avvenne il 1
maggio 2007, tre giorni prima dell’uscita ufficiale
americana. Per il 6 maggio la pellicola aveva raggiunto ben
107 nazioni in tutto il mondo. Il weekend di apertura superò i 100
milioni di dollari di guadagno, raggiungendo quote di acquisti
online dei biglietti ad una velocità ben superiore a quella di
Spiderman
2, costringendo i cinema in cui era in programmazione
a prevedere spettacoli persino alle 3 del mattino.
Come detto i critici, pur
apprezzando il film, sollevarono diversi dubbi sulla qualità
effettiva della pellicola, che per molti soffriva a causa delle
troppe stoyline inserite nel copione. Molti ritennero anche che
inserire ben tre antagonisti (Harry Osborn, Venom e Sandman) aveva
fatto perdere di mordente la minaccia da loro presentata, ritenendo
ben più efficace il Doc Ock di Alfred Molina.
Ad ogni modo il primo giorni di
Spiderman 3 nei cinema a stelle e strisce raccolse
quasi 60 milioni di dollari, battendo persino il terzo capitolo dei
Pirati dei Caraibi. Nel mondo il weekend di
apertura valse alla Marvel ben 382 milioni di dollari.
Alla fine il guadagno totale fu di oltre 890 milioni di dollari,
terzo film del 2007 per guadagni dopo Pirati dei Caraibi:
ai Confini del Mondo e Harry Potter e l’Ordine
della Fenice. Spiderman 3 è il
tredicesimo film per incasso di tutti i tempi.
Dopo il successo travolgente della
prima pellicola, non ci si poteva esimere dal buttarsi sul sequel,
Spider-Man 2. Non a caso la storia del secondo
capitolo delle avventure dell’Uomo Ragno inizia praticamente subito
dopo il termine delle riprese del primo film. Sam
Raimi non ebbe la minima esitazione ad accettare la regia,
quindi non restava che occuparsi del resto della crew e del
casting.
Comin book
Stan Lee
Steve Ditko Screen Story
Alfred Gough
Miles Millar
Michael Chabon Screenplay
Alvin Sargent
Cast
Tobey Maguire – Peter Parker/Spiderman
Kirsten Dust – Mary jane
William Dafoe – Norman Osborn/Green Goblin
James Franco – Harry Osborn
J.K. Simmons – Jonah Jameson Alfred Molina –
Dott Ock/Dott. Otto Octavius
Musica
Danny Elfman
Distribuzione
Sony Pictures
Uscita USA
30 Giugno 2004
Uscita Italia
16 Settembre 2004
Durata
127 minuti
Budget
$200,000,000
Incasso totale
$783,577,893
Dopo il successo travolgente della
prima pellicola, non ci si poteva esimere dal buttarsi sul sequel.
Non a caso la storia del secondo capitolo delle avventure dell’Uomo
Ragno inizia praticamente subito dopo il termine delle riprese del
primo film. Sam Raimi non ebbe la minima esitazione ad accettare la
regia, quindi non restava che occuparsi del resto della crew e del
casting.
Nell’aprile del 2002 la Sony
assunse Alfred Gough e Miles Millar, meglio
conosciuti per essere i creatori della fortunata serie televisiva
Smallville. Il loro compito era quello di scrivere un
copione che avesse come antagonisti principali il Dottor
Octopus, Lizard e la Gatta Nera. L’annuncio ufficiale fu dato l’8
maggio 2002, incoraggiato anche dagli incredibili incassi del primo
Spiderman, con una data di uscita prevista per il 7 maggio 2004. Il
titolo di lavorazione era “Lo Stupefacente Spiderman” e il budget
di partenza fu un impressionante 200 milioni di dollari (per
intenderci, lo stesso usato dal kolossal catastrofico 2012). A
giugno venne assunto anche David Koepp
(Jurassic Park, Mission Impossible, Men in
Black 2 e Indiana Jones e il Regno dei Teschi di
Cristallo) per aiutare Gough e Millar nella lavorazione. A
settembre il copione venne rivisto dallo scrittore Michael
Chabon, che incluse nella storia un giovane Octopus che si
innamora della bella Mary Jane, che però in un secondo momento,
impressionata dai suoi arti meccanici, lo allontana. A questa
storyline viene aggiunta una prosecuzione delle origini del ragno
che diede i poteri a Peter Parker. L’animale fu creato proprio da
Doc Ock, il quale ora necessita del fluido spinale dell’eroe per
salvarsi la vita. In cambio si offre di trovare una cura per levare
i poteri a Peter. Raimi, infatti, volle inserire in
Spider-Man 2 lo stesso tema già visto nel
Superman 2 di Christopher Reeve,
fonte d’ispirazione del regista, nel quale l’eroe decide di
rinunciare ai suoi poteri in cambio del ritorno alla vita
normale.
Il produttore Avi
Arad, però, rifiutò il triangolo amoroso e anche l’idea di
Harry Osborne che offre una taglia su Spiderman, che lui crede
colpevole della morte del padre (Green Goblin) dal primo film. Per
questo motivo Raimi decise di mantenere ciò che gli piaceva della
storia e di rielaborarla con Alvin Sargent, già collaboratore in
Spiderman. Ispirandosi, come detto, a Superman 2 e
alla saga La Fine dell’Uomo Ragno apparsa su Amazing Spiderman 50,
Raimi crea una storia in cui Octopus esce in qualche modo
rivalutato e, contemporaneamente, approfondisce il rapporto di
Peter con l’essere un eroe e con Mary Jane.
Super-Man
2: Cast
Per quanto riguarda il cast, la
Sony cercò a tutti i costi di mantenere gli interpreti originali
del primo film. Paradossalmente Tobie Maguire, che
aveva firmato un contratto per tre film, rischiò di essere
sostituito, a causa di un grave infortunio alla schiena subito
durante le riprese di Seabiscuit – Un Mito Senza Tempo. Al suo
posto fu contattato Jake Gyllenhaal (Brokeback Mountain e The
Day After Tomorrow), all’epoca fidanzato della
Kirsten Dunst (confermata nel ruolo di MJ), ma
fortunatamente Maguire recuperò in tempo e poté indossare
nuovamente la calzamaglia.
Nel ruolo del Dottor Otto Octavius,
alias Doc Ock, fu scelto Alfred Molina (I
Predatori dell’Arca Perduta, Chocolat e Il Codice Da
Vinci), attore di grande esperienza e, soprattutto, grande fan
dei fumetti Marvel. James Franco è tornato ad impersonare Harry
Osborn, mentre Daniel Gillies viene scelto per il
ruolo di John Jameson, figlio del vulcanico direttore del Daily
Bugle e rivale di Parker per il cuore di Mary Jane.
Super-Man 2, Riprese e
Produzione
Le riprese di Spiderman 2 sono
statue effettuate in più di un centinaio di location diverse,
compresa Chicago. Le sequenze principali, comunque iniziarono il 12
aprile 2003 a New York, per poi spostarsi circa un mese dopo a Los
Angeles. Le riprese del covo di Octopus, in particolare,
necessitarono di ben otto settimane prima di poter essere
effettuate, a causa della complessità di costruzione del molo
abbandonato in cui lo scienziato si rifugia. Nel tenativo di
rendere ancora di più il “punto di vista” dell’Uomo Ragno, venne
realizzata una speciale telecamera, chiamata Spydercam. Per
intenderci, fu usata nella sequenza finale del precedente film e in
questo seguito impiegata in modo massiccio.
James Acheson, designer dei
costumi, apportò alcune piccole modifiche alla divisa del Ragno. I
colori vennero intensificati e le linee rese più eleganti. I
tentacoli di Doc Ock, invece, vennero fabbricati dalla Edge FX ed
erano mossi ognuno da ben quattro addetti. Pare che Molina, tra
l’altro, si divertisse a riferirsi ai suoi tentacoli con dei nomi
propri, per la precisione Larry, Harry, Moe e Flo. Ovviamente le
scene in cui Octavius si muove tramite i suoi tentacoli si è dovuto
ricorrere alle animazioni in CGI.
Super-Man 2,
debutto e Ricezione
L’uscita ufficiale di
Spider-Man 2 avvenne il 30 giugno 2004,
guadagnando circa 40,4 milioni di dollari nel giorno del debutto.
Non un record, ma comunque un successo non indifferente. Arrivò a
180 milioni nella prima settimana e alla fine arrivò a 373,5
milioni di dollari, secondo solamente a Shrek 2.
Per quanto riguarda gli incassi mondiali, la pellicola arrivò a
783,7 milioni di dollari, battuto solamente dal solito
Shrek 2 e da Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban. Ciò
non gli ha impedito di essere l’undicesimo film di sempre per
incasso in America e il venticinquesimo a livello mondiale. Per
quanto riguarda i riconoscimenti, agli Oscar 2005 arrivò la
statuetta per gli Effetti Speciali e la nomina per il Montaggio
Sonoro. Niente male per quello che è considerato forse il capitolo
di meno successo della saga.
Spiderman è stato
un film che ha stabilito diversi record. Uno sicuramente di attesa:
ben 25 anni sono passati prima che il progetto di questa pellicola
sul personaggio di punta della Marvel vedesse la luce. Una
gestazione quasi straziante per i fan dell’arrampicamuri, ma ben
ripagata.
Comin book
Stan Lee
Steve Ditko
Screenplay
Devid Koepp
Cast
Toby Maguire – Peter Parker/Spiderman
Kirsten Dust – Mary jane
William Dafoe – Norman Osborn/Green Goblin
James Franco – Harry Osborn
J.K. Simmons – Jonah Jameson
Spiderman
è stato un film che ha stabilito diversi record. Uno sicuramente di
attesa: ben 25 anni sono passati prima che il progetto di questa
pellicola sul personaggio di punta della Marvel vedesse la luce. Una
gestazione quasi straziante per i fan dell’arrampicamuri, ma ben
ripagata. Possiamo affermare senza timore di smentita che gli unici
film supereroistici che possano veramente competere con questo
siano semplicemente i suoi sequels. Perché persino il tanto
celebrato “Cavaliere Oscuro” della DC probabilmente non avrebbe
avuto tanto successo senza aver avuto come apri pista la pellicola
dell’Uomo Ragno.
Cast
Come detto, la storia
di Spiderman inizia a metà degli anni ’70, ma il vero decollo lo si
ha nel luglio del 200, quando lo sconosciuto Tobey Maguire viene
scelto per indossare la calzamaglia blu e rossa dell’amichevole
guardiano di quartiere. Maguire aveva già recitato ne Le Regole
della Casa del Sidro e proprio la sua interpretazione nei panni di
Homer Wells gli è valsa l’attenzione di Sam Raimi. Quest’ultimo
venne scelto sempre nel 2000 come regista del film, battendo la
concorrenza di nomi del calibro di James Cameron e Tim Burton.
Anche Maguire, comunque, aveva dovuto “lottare” con grossi calibri
dello star system hollywoodiano, come Leonardo DiCaprio e l’allora
sconosciuto Heath Ledger. Nei due ruoli di punta, perciò, si poteva
dire di aver assoldato gente “con gli attributi”.
L’eterno amore di Peter Parker,
Mary Jane Watson, sarebbe invece stato interpretato da Kirsten
Dunst, già nota ai più per il cult-movie Intervista con il Vampiro.
Il ruolo di MJ, comunque, significherà per lei il lancio definitivo
nel grande cinema. Curioso apprendere, inoltre, che proprio la
presenza di Maguire come protagonista pare abbia convinto la Dunst,
che avrebbe ammesso che con lui la pellicola avrebbe avuto «un
gusto molto più indipendente.»
L’antagonista principale, scelto
dopo varie vicissitudini, sarebbe stato il Green Goblin Norman
Osborn, ruolo affidato a Willem Dafoe (Vivere e Morire a Los
Angeles, Platoon, Mississipi Burning e molti altri). Si conferma
così la tendenza del cinema supereroistico di scegliere accanto ad
un protagonista semisconosciuto un antagonista di rilievo mondiale.
Ultimo personaggio, non certo per importanza, scelto fu Harry
Osborn, figlio di Norman e amico fraterno di Peter. Interpretato da
James Franco (Freaks and Geeks e un piccolo, ma molto apprezzato,
ruolo nel film biografico James Dean) risulterà molto importante
anche per il proseguimento della saga.
Il copione fu il risultato delle
modifiche del lavoro di David Koepp (Jurassic Park, Mission
Impossible), inizialmente assunto da James Cameron (che per lungo
tempo fu l’unico regista interessato al progetto). Assunto Reimi,
il copione fu modificato da Scott Rosenberg (Con Air e Fuori in
Sessanta Secondi) e Alvin Sargent (premio Oscar per Giulia e Gente
Comune) fino alla sua incarnazione finale.
Produzione
Avendo stabilito un lancio mondiale per il 3 maggio 2002, le
riprese iniziarono l’8 gennaio 2001 a Culver City, piccolo centro
nella contea di Los Angeles famoso sin dagli albori del cinema come
sede di importanti studi cinematografici (della MGM prima e della
Sony Pictures poi). Gli studi 27 e 28 della Sony furono scelti come
sede delle riprese interne. Come in altre produzioni, anche durante
le riprese di Spiderman non mancarono gli incidenti, che purtroppo
costarono la vita all’operaio Tim Holcombe. Lo show, come nelle
migliori tradizioni, andò però avanti. La maggior parte delle
riprese furono fatte a Los Angeles e, ironicamente, solo per due
settimane la troupe si trasferì a New York (casa storica di
Spiderman) per girare scene che necessitavano di monumenti troppo
ben conosciuti per poterli riprodurre.
Per quanto riguarda i costumi, per
Spiderman fu scelto di mantenere la foggia classica con solo
qualche piccola modifica estetica. Maguire indossò una calzamaglia
strettissima composta da soli due pezzi (corpo e maschera). I
famosi “occhi da ragno” erano semplicemente composti da specchi
monodirezionali, mentre le ragnatele che decorano il completo
furono generati al computer. Più complesso fu il discorso per Green
Goblin. Un primo progetto di costume era stato concepito prima del
casting di Dafoe, che però rifiutò l’idea “troppo voluminosa”. Il
risultato finale fu creato seguendo anche la struttura corporea
dell’attore e si componeva di ben 580 pezzi diversi. Pare che molti
designer volessero accompagnare il Goblin con alcune ragazze in
costume che avrebbero agito come complici, ma Raimi non volle
nemmeno sentir parlare dell’idea.
Per gli effetti speciali fu assunto
John Dykstra (Oscar per Guerre Stellari), che convinse Raimi ad
affidarsi agli effetti visivi per la maggior parte delle acrobazie
del film, che sarebbero state impossibili persino per uno stuntman
esperto. Il budget iniziale di 70 milioni di dollari dovette essere
alzato a 100, mentre le dominanti cromatiche dei due protagonisti,
Maguire e Dafoe, costrinsero la troupe a girare alcune sequenze che
li vedevano insieme separatamente, in quanto uno necessitava di un
fondale verde (Maguire/Spiderman) mentre l’altro era obbligato a
usarne uno blu (Dafoe/Green Goblin). Bisogna sottolineare, però,
che Raimi non volle che il suo film sembrasse una specie di
blockbuster a cartoni animati, per cui nessuna sequenza è mai stata
generata al 100% al computer.
Rilascio e
riconoscimenti
Anche il rilascio della pellicola ebbe qualche problema. Ormai
tristemente noto il trailer (riportato qui sotto) nel quale
Spiderman blocca una banda di rapinatori con una ragnatela tesa tra
le Twin Towers di New York. Gli eventi dell’11 Settembre 2001
obbligarono la Sony a ripensare gran parte del materiale
promozionale già distribuito.
Nonostante alcune diatribe sull’età
autorizzata per il pubblico (molte associazioni diedero un limite
di età di 12 anni alla pellicola, cosa che Sony e Marvel non apprezzarono, vista la
grande popolarità dell’Uomo Ragno tra i giovanissimi). Ugualmente
il film arrivò ai cinema, dove stabilì il record di guadagni nel
giorno d’apertura (39.406.872 $). Solamente il terzo capitolo de I
Pirati dei Caraibi, ben quattro anni dopo, riuscirà a battere i
record d’incassi di Spiderman. Alla fine la pellicola guadagnò
821.708.551 $ in tutto il mondo a fronte di soli 140 milioni di
budget. Questo lo rese il ventesimo film della storia del cinema di
tutti i tempi per incassi. Non vinse nessun Oscar, ma ottenne le
nomination per i Migliori Effetti Speciali e per il Miglior
Sonoro.
Come ogni film di successo che si
rispetti, anche Iron Man avrà il suo sequel,
Iron Man 2 – tra l’altro inserito – secondo le
idee della Marvel, all’interno di un
progetto più grande. Andiamo, però, con ordine.
La storia di Iron Man
2 inizia il primo ottobre 2008 con un’intervista di USA
Today a Jon Favreau, regista del film. Da quello
che si evince dalle sue parole, la trama prenderà il via
esattamente sei mesi dopo il termine della pellicola originale.
Stan Lee
Justin Theroux
Don Hect
Jack Kirby
Larry Lieber
Cast
Robert Downey Jr. – Tony Stark/Iron Man
Don Chalde – Rhodey
Gwyneth Paltrow – Virginia “Pepper” Potts Scarlett johansson – Vedova
nera
Michey Rourke – Whiplash
Samuel L. Jackson – Nick Fury Sam Rockwell –
Justin Hummer
Musica
John Debney
Distribuzione
Paramount Pictures
Uscita USA
7 maggio 2010
Uscita Italia
–
Durata
–
Budget
–
Incasso totale
–
Stark sta fronteggiando le
conseguenze della sua confessione alla stampa di essere in realtà
Iron Man e a questo si aggiungerà un altro grande
problema: il Mandarino, nemesi storica del protagonista, che,
secondo le parole del regista, permetterà di includere nel plot
l’intero panteon di nemici del fumetto originale. Non lo si vedrà
ancora fisicamente sullo schermo, ma dovrebbe iniziare ad intuirsi
la sua presenza dietro le quinte. Per usare le parole di
Favreau, sarà come l’Imperatore di
Star
Wars, che non appare fino a Il Ritorno dello Jedi pur essendo presente in
tutta la trilogia classica.
Verrà affrontato il problema
dell’alcolismo di Stark, causato in parte da una crisi di età dello
stesso e da una nuova relazione sentimentale di Pepper. Per
chiarezza, però, Favreau ha specificato che il film non sarà la
versione per il grande schermo dell’arco narrativo “Il Demone nella
Bottiglia” di David Micheline, Bob Layton e John Romita
Junior, ma sarà più concentrato sul periodo “in mezzo” tra le
origini del’eroe e la sopracitata saga. Saranno grandemente
coinvolti sia lo SHIELD, sia il relativo capo Nick Fury. Tra l’altro questa pellicola rappresenterà
un ulteriore passo di avvicinamento verso il progetto (leggasi
film) dei Vendicatori, il più importante gruppo di supereroi della
Marvel.
Iron Man 2, il cast
Il cast ha mantenuto gli attori più
importanti: Robert Downey Jr sarà sempre Tony Stark, il
superpotente Iron Man. Gwyneth Paltrow si conferma nel ruolo di
Virginia “Pepper” Potts, amica del cuore di Tony che, in realtà, ne
è innamorato.
Nel ruolo di James “Rhodey” Rhodes,
futuro War Machine, troviamo il primo cambiamento. Terrence
Howard ha abbandonato il ruolo per non meglio chiariti
problemi contrattuali ed è stato sostituito da Don
Cheadle (Ocean’s Eleven e nomination all’Oscar
per Hotel Rwanda). Pare, comunque, che Favreau non
piangerà troppo per questo cambio, dato che il suo rapporto con
Howard si dice non fosse idilliaco. Un’entrata in scena con i
fuochi artificiali nel cast la merita Mickey
Rourke, che sarà il criminale Whiplash, mentre
Scarlett Johansson sarà la superspia Vedova Nera. Tornerà anche Samuel L.
Jackson nel ruolo di Nick Fury. Si vocifera di
alcune comparsate di Edward Norton nei panni di Burce Banner (Hulk)
e di Chris Hemsworth in quelli di Thor, ma la cosa
non ha ancora trovato conferma. Anzi, lo scorso 16 settembre Norton
ha dichiarato di non sapere assolutamente nulla di questa cosa,
confermando che per ora sono voci prive di fondamento.
Iron Man 2, la produzione
L’intento di Favreu è di girare una
trilogia completa sull’uomo di ferro della Marvel, che inizialmente avrebbe
avuto come nemico principale Obadiah Stane, ovvero Iron Monger.
Allo stesso tempo il Mandarino sarebbe dovuto essere, come già
detto, un personaggio più “eterico” e meno combattente. Alla fine
la storia venne scritta dallo stesso regista e da Downey, per poi
essere tradotta in copione da Justin Theroux
(Tropic Thunder), mentre lo storyboard è ad opera di Genndy
Tartakovsky (conosciuto come disegnatore dei cartoni animati Il
Laboratorio di Dexter, Le Superchicche e Samurai Jack). Le riprese si
sono svolte presso i Raleigh Studios di Manhattan Beach,
California, dal 6 aprile al 20 luglio di quest’anno.
Iron Man 2, primo trailer
Il primo trailer ufficiale è stato mostrato durante la Comic-Con
di San Diego durante lo scorso luglio.
Iron Man 2, uscita nelle sale
L’uscita nei cinema americani è prevista per il 7 maggio 2010.
Non è ancora stata comunicata alcuna data ufficiale per
l’Italia.
Una gestazione lunghissima, che,
però, ha finito per generare una pellicola degna del nome che
porta. Questo e molto altro è Iron Man, il film
che narra le avventure di supereroe di Tony Stark, CEO delle Stark
Industries. La sua storia è intrecciata saldamente con le recenti
vicende belliche mondiali.
Mark Fergus
Hawk Ostby
Arthur Marcum
Matthew Hollaway
John August
Comic book
Stan Lee
Larry Lieber
Don Heck
Jack Kirby
Cast
Robert Downey Jr. – Tony Stark/Iron Man
Terrence Howard – Rhodey
Jeff Bridges – Obadiah Stane
Gwyneth Paltrow – Virginia “Pepper” Potts
Leslie Bibb – Christine Everhart
Faran Tahir – Raza
Shaun Toub – Yinsen
Musica
Ramin Djawadi
Distribuzione
Paramount Pictures
Uscita USA
2 maggio 2008
Uscita Italia
1 maggio 2008
Durata
126 minuti
Budget
140.000.000 $ (99.000.000 €)
Incasso totale
585.133.287 $ (414.863.198,74 €)
Iron Man, genesi
Una gestazione lunghissima, che,
però, ha finito per generare una pellicola degna del nome che
porta. Questo e molto altro è Iron Man, il film che narra le
avventure di supereroe di Tony Stark, CEO delle Stark
Industries. La sua storia è intrecciata saldamente con le recenti
vicende belliche mondiali. La società del protagonista, infatti, è
specializzata nella produzione di armi, in particolare del
temibilissimo missile Jericho. Durante il suo viaggio per la
presentazione dell’arma in Afghanistan, però, Stark viene catturato
da un gruppo di ribelli, conosciuti con il nome di “Dieci Anelli”.
Rimasto gravemente ferito durante l’attacco, Stark sopravvive solo
grazie all’aiuto del dottor Yinsen, che lo aiuta a
sopravvivere alle ferite e a costruire il primo prototipo
dell’armatura di Iron Man, con la quale egli fugge. Dopo questa
esperienza, Stark decide di abbandonare il business delle armi e di
dedicarsi ad altri progetti, tra i quali migliorare e potenziare la
sua armatura.
Questo è l’incipit del film,
considerato un tale successo da meritarsi nel 2010 un sequel, oltre
ad un cameo di Stark nel film L’Incredibile Hulk. La sua creazione,
come detto, è stata incredibilmente lunga. Basti pensare che il
progetto risale al 1990. All’epoca i diritti erano in mano agli
Universal Studios, ma nel ’96 passarono alla
20th Century Fox. Il film, però, sembrava non
dovesse mai farsi, nonostante intorno ad esso girassero nomi
altisonanti quali Nicolas Cage, Tom Cruise e
persino Quentin Tarantino, al quale fu offerta
senza successo la direzione nel 1999.
A luglio 2000, sotto la gestione
della New Line Cinema (Il
Signore degli Anelli) già tre copioni erano passati
sotto l’analisi dei produttori, redatti rispettivamente da
Ted Elliott, Terry Rossio e Tim McCanlies.
Quest’ultimo fu il copione scelto per una produzione diretta da
Nick Cassavetes (Face/Off e La Moglie
dell’Astronauta) e programmata per un’uscita nel 2006. Lo sviluppo,
però, fallì nuovamente e nel novembre 2005 i Marvel Studios
riacquistarono i diritti del personaggio e decisero di produrre da
zero il film completamente a loro spese.
Iron Man, il cast
Come regista fu scelto Jon
Favreau (già visto come attore in Friends e I Soprano e
come regista di Elf e Zathura) con un copione scritto a più mani
anche da varie rinomate firme del fumetto. Come protagonista fu
scelto, dopo un’iniziale tentazione di scritturare uno sconosciuto,
Robert Downey Jr. Favreau dichiarò di aver
scelto l’attore newyorchese in quanto egli è il simbolo di un uomo
i cui momenti felici e bui sono sempre stati contemporaneamente
sotto il severo occhio del pubblico, proprio come il protagonista
Tony Starl. Al suo fianco venne scelto Terrence
Howard per il ruolo del Tenente Colonnello Rhodes.
Gwyneth Paltrow vestì i panni di Virginia
Potts, fiamma di Stark, mentre Jeff Bridges venne selezionato
come il “cattivo” Obadiah Stane, alias Iron Monger.
La parola d’ordine di Favreau era
“realismo”. Per questo gli effetti speciali, che valsero una
nomination agli Oscar 2009, vennero affidati alla
Industrial Light & Magic di George Lucas, i quali
si concentrarono in particolar modo sull’armatura di Iron
Man, un sapiente mix di veri frammenti e CGI, costruiti in
modo da rendere pressoché impossibile distinguere gli uni dagli
altri. Al realismo contribuì anche il copione, che all’epoca
dell’inizio delle riprese non aveva ancora completamente passato la
fase di supervisione. Per questo motivo le scene d’azione erano le
uniche veramente programmate, ma i dialoghi vennero a più riprese
improvvisati dagli attori stessi. Scelta forse poco professionale,
ma che ha donato alla pellicola una credibilità che con un copione
completo non sarebbe stato possibile raggiungere.
Infine, la musica fu curata da
Ramin Djawadi, compositore tedesco autore della
colonna sonora di Blade Trinity e
assistente di Hans Zimmer per Batman
Begins e
Pirati dei Caraibi. Le sue note si concentrarono su un
uso massiccio della chitarra elettrica, che unita ai pezzi di Tom
Morello, chitarrista dei Rage Against the Machine e degli
Audioslave, ha prodotto un’atmosfera notevole, decisamente diversa
dagli altri film di genere supereroistico.
Iron Man, produzione
Le riprese si svolsero dal 12 marzo
al 25 giugno 2007 e la premiere mondiale andò in scena il 14 aprile
2008 al Greater Union Theater di Sidney. Grazie alla qualità del
film e all’imponente campagna promozionale, Iron Man ottenne
risultati decisamente notevoli. Nel weekend di uscita guadagnò più
di 98 milioni di dollari, l’undicesimo incasso più alto di sempre e
il terzo del 2008, secondo solamente al quarto episodio di Indiana
Jones e al Cavaliere Oscuro. Fu inoltre il tredicesimo film col
maggiore incasso nel primo giorno di programmazione (35,2 milioni),
oltre alla seconda migliore premiere di sempre per un film
“non-sequel” e il quarto di sempre per il genere eroistico.
Iron Man, incassi
Tirando le somme, Iron
Man guadagnò più di 585 milioni di dollari, di cui 266
solo sul mercato extra-americano. A questi vanno aggiunti anche 160
milioni per il mercato dell’home video, senza contare l’edizione
Blu-ray. Infine, oltre alla nomination per i migliori effetti
speciali, il film partecipò agli Academy Awards anche per la
categoria Miglior Montaggio Sonoro. Nominato anche per nove Saturn
Awards (gli Oscar dedicati unicamente ai film di fantascienza, fantasy e horror),
vinse come Miglior Film di Fantascienza, Miglior Regista e Miglior
Attore Protagonista.
Heath Ledger. Potrà piacere o no, ma questo
film, il secondo della saga di
Christopher Nolan e una delle pellicole di maggior
successo del suo genere, è e sarà per sempre legato al nome del
compianto attore australiano. Quando Ledger trovò la morte, il 22
gennaio 2008, le riprese per The Dark Knight – Il cavaliere
Oscuro si erano già concluse, ma la sua scomparsa ha,
suo malgrado, contribuito a creare un’aura speciale intorno al già
ottimo film su Batman.
I risultati, poi, vanno ben oltre all’Oscar come Miglior Attore Non
Protagonista che Ledger ha vinto postumo per il suo Joker. Ma il
criminale clown portato sullo schermo dal nativo di Perth è
probabilmente uno dei migliori cattivi mai apparsi in un film di
supereroi.
Dimenticatevi il Joker anni ’80 di
Jack Nicholson. Il personaggio creato da Ledger è un uomo malato, disturbato, più che
pazzo e, allo stesso tempo, inquietante, pauroso e pericoloso.
Finalmente abbiamo visto un Joker in grado di spaventare e
terrorizzare lo spettatore, come forse pochi altri personaggi nella
storia del cinema hanno saputo fare. Non a caso la Warner
Bros aveva a suo tempo, prima della tragica scomparsa,
aveva puntato molto durante la campagna di promozione sul Joker,
intuendo che Ledger aveva tirato fuori una prestazione in grado di
rimanere nella storia del cinema di genere. Ledger e il suo Joker
finiscono per oscurare tutti gli altri personaggi, persino
Christian Bale e il suo nuovo Batman, che
comunque conferma ed evolve quanto di buono già visto in
Batman Begins.
The Dark Knight – Il cavaliere Oscuro: il
cast
Confermatissimo
Christian Bale nel ruolo di Batman, grazie
anche ai diversi premi vinti e al grande apprezzamento del
pubblico. Suo antagonista, come detto, è Heath
Ledger, uno dei migliori Joker che lo schermo, sia grande,
sia piccolo, ricordi. Pare che l’attore australiano si fosse
isolato in una camera d’albergo per un mese, sperimentando
espressioni e atteggiamenti che avrebbe dovuto assumere il suo
personaggio. Visto il risultato, fu un ottimo lavoro.
Aaron Eckhart (Ogni maledetta domenica,
Erin Brockovich e The Black Dahlia) fu scelto per
il ruolo di Harvey Dent, procuratore distrettuale che poi, in
seguito ad un terribile incidente, sarebbe divenuto il crudele Due
Facce, nemico storico dell’uomo pipistrello. Anche
l’interpretazione di Eckhart merita una nota, avendo egli creato un
personaggio che, nonostante la sua finale discesa agli inferi,
risulta credibile e porta il pubblico ad immedesimarsi in lui.
Compito arduo, dato che di solito questo tipo di personaggi o non
hanno credito sin dall’inizio o cadono in maniera troppo plateale.
Il personaggio costruito intorno a Dent, invece, è un uomo che
cerca fino all’ultimo di rimanere ancorato ai suoi valori, salvo
poi essere costretto a fare altrimenti. Eckhart stesso, tra l’altro, a suo tempo
dichiarò di essere «molto interessato nei bravi ragazzi che
diventano cattivi». Gary Oldman ritorna efficacemente ad
interpretare il “sergente” Gordon. Cambia, invece, l’attrice che
interpreta Rachel Dawes, assistente di Dent e amica d’infanzia di
Bruce Wayne. Katie Holmes, che interpretò il ruolo
in
Batman Begins, rinunciò per il film 3 Donne al Verde
(Mad Money), quindi entrò in gioco
Maggie Gyllenhaal (Donnie Darko, World Trade
Center), sorella del più celebre
Jake
Gyllenhaal. Per gli altri personaggi minori,
confermatissimi sono stati Michael Caine nel ruolo del maggiordomo Alfred
e Morgan Freeman in quello del “bat-tecnologo”
Lucius Fox.
La produzione del
film
La produzione de
The Dark Knight – Il cavaliere Oscuro iniziò
persino prima della fine dei lavori per
Batman Begins. Già allora, infatti, lo scrittore
David S. Goyer, autore del primo copione, aveva
abbozzato le storie per non uno, ma ben due sequel, nei quali la
storia che abbiamo visto nel film sarebbe stata spalmata su due
pellicole, invece che una. Nolan, che all’epoca non era ancora
certo di dirigere il sequel, affermò anche che, nel caso, avrebbe
avuto intenzione di rivisitare la figura del Joker in maniera
radicale.
Il semaforo verde da parte della WB
arrivò il 31 luglio 2006, annunciando il bizzarro titolo senza
“Batman”, cosa voluto per segnalare la differenza tra il nuovo
lavoro e le precedenti pellicole sul Cavaliere di Gotham. Un grande
lavoro venne effettuato per i costumi, soprattutto quelli di
Ledger, che dovevano riflettere sia la follia, sia la noncuranza
che il suo personaggio aveva come caratteristica caratteriale
principale. Le musiche furono nuovamente affidate ad Hans
Zimmer e James Newton Howard, i quali si adoperarono per
far ricevere a Nolan un iPod contenente 10 ore di prove. Quando
Ledger morì, Zimmer fu tentato di cambiare il tema
musicale del Joker. Idea poi rigettata, poiché il
compositore temeva di produrre un brano troppo sentimentale,
dimenticando così che Ledger, alla fine dei conti, interpreta il
malvagio della situazione.
Le riprese iniziarono ad aprile
2007 dopo diversi spostamenti dovuti a contrattempi tecnici. Ciò
che è più interessante è l’utilizzo in quattro scene chiave della
telecamera IMAX, la nuova tecnologia che permette di riprendere con
una risoluzione che può arrivare a 10000×7000. Christopher
Nolan avrebbe voluto girare l’intero film in IMAX, ma gli
elevati costi dell’operazione ha reso la cosa antieconomica. Per
ora, oltre al Cavaliere Oscuro, solo altri due film hanno potuto
contare in grandi dosi di telecamere IMAX, vale a dire
Watchmen e
Transformers 2.
Heath Ledger a parte, le riprese hanno
purtroppo preteso anche un’altra vita, quella del tecnico Conway
Wickliffe, ucciso durante le prove di uno stunt con la Batmobile.
Il film è dedicato anche a lui. L’11 novembre 2007 le riprese
poterono dirsi ufficialmente concluse.
Ricezione e riconoscimenti
di The Dark Knight – Il cavaliere Oscuro
La premiere mondiale de
The Dark Knight – Il cavaliere Oscuro avvenne a
New York City il 14 luglio 2008, con Howard e Zimmer impegnati a
suonare dal vivo alcuni brani della colonna sonora. Distribuito in
4.366 cinema, The Dark Knight – Il cavaliere
Oscuro sconfisse il precedente record di distribuzione
detenuto da Pirati dei Caraibi: ai Confini del Mondo. Alla fine la
pellicola incassò più di 500 milioni di dollari negli USA, ma,
soprattutto, divenne il quarto film di sempre a rompere la barriera
del miliardo di dollari di guadagno nel mondo. Niente male a fronte
di un budget di 185 milioni.
I premi ricevuti da The
Dark Knight – Il cavaliere Oscurosono persino troppi per
poter essere ricordati tutti, perciò conviene concentrarsi sul più
importante di tutti: l’Oscar. Vinsero Heath Ledger come Miglior
Attore Non Protagonista e Richard King per il Miglior Montaggio
Sonoro, ma le candidature furono anche per la Migliore Scenografia,
la Migliore Fotografia, il Miglior Montaggio, il Miglior Trucco, il
Miglior Sonoro e i Migliori Effetti Speciali.
Il Sequel
Immediatamente dopo l’uscita del
film, iniziarono le speculazioni su un eventuale sequel.
Christopher Nolan, però, affermò di essere rimasto
sconvolto dalla morte di Heath Ledger e che non era sicuro di
sentirsela di girare un altro film. Per ora il dubbio rimane, ma è
difficile che la WB si lasci scappare il franchise di Batman,
soprattutto ora che è stato così egregiamente rilanciato.
Dopo sedici anni dal
film di Tim Burton con Michael Keaton e dopo altri otto
dal disastroso Batman & Robin di Joel
Schumacher e George Clooney, nel 2005 il cavaliere oscuro è
tornato sul grande schermo con Batman Begins, in
una versione più potente e dark, per molti versi superiore alle sue
precedenti incarnazioni. Un film che ci allontana di molto dai
tempi di Adam West, quando Batman
vestiva di grigio e azzurro, gli avversari somigliavano più a delle
macchiette e gli enigmi da risolvere erano concepiti più per far
sorridere che per invogliare a scoprire colpevoli e misteri.
Christopher
Nolan (Memento,Insomnia) prende il mito del detective della notte e
lo trasforma in qualcosa che, effettivamente, può far pensare allo
spettatore “Ecco! Se Batman esistesse nella realtà, sarebbe
proprio così”. Per farlo ci riporta alle origini del
personaggio, ispirandosi ai fumetti Batman:Anno Uno,
The Man Who Falls e Il lungo Halloween, riproponendo dunque il
personaggio (per il quale si erano candidati
anche Cillian
Murphye Jake
Gyllenhaal) in una versione più
tormentata e tenebrosa, un vero vendicatore il cui scopo principale
è spaventare a morte gli avversari. Ed è proprio questo il grande
tema alla base del film: la paura.
La trama di Batman Begins
Protagonista del film è naturalmente
il multimiliardario Bruce Wayne (Christian
Bale), che torna a Gotham dopo anni passati in luoghi
sperduti del mondo dove ha cercato di gestire la paura e la rabbia
scaturite in seguito all’omicidio dei genitori. Con l’obiettivo di
ripulire la città dalla criminalità e dalla corruzione che la
governano, decide – con l’aiuto del maggiordomo Alfred
Pennyworth (Michael
Caine) – di assumere l’identità del vigilante
mascherato Batman. Ben presto, si troverà però a
doversi scontrare con personalità particolarmente malvagie, come lo
psichiatra Jonathan Crane (Cillian
Murphy), noto con il nome di
Spaventapasseri, il mafioso Carmine
Falcone (Tom Wilkinson) e il
misterioso Ra’s Al Ghul.
Dicevamo, la paura. Quella di Bruce
Wayne dinanzi ai pipistrelli, sempre la sua nel ricordare
continuamente la morte dei propri genitori, ma anche quella di
un’intera città. Una Gotham che vista dall’alto sembra tecnologica
e pulita come una metropoli utopica, ma che quando si plana tra le
sue strade e nei suoi bassifondi si rivela sporca e corrotta fino
al midollo. Ambienti volutamente tenuti in questo stallo per far sì
che chi li abita viva in un costante stato di paura, incapace
pertanto di ribellarsi e risollevare le proprie sorti. La paura è
dunque dilagante all’interno del film, proponendoci personaggi che
cercano di controllarla (Batman, Ra’s Al
Ghul) e altri che la sfruttano per i propri scopi
(Jonathan Crane).
Nolan, qui al suo primo grande
blockbuster, sceglie dunque un approccio particolarmente elaborato
per riproporre il celebre supereroe sul grande schermo. Va alla
radice della sua essenza, ci porta a scoprire le sue origini
emotive e le motivazioni che lo portano ad essere quello che è.
Così facendo, scrive insieme a David S. Goyer
un’opera che è non solo una perfetta origin story del
personaggio, ma anche una lucidissima riflessione su ciò che la
paura è in grado di fare. Batman Begins, nel suo
parlare di questa emozione come anche di terrorismo, si dimostra
essere un degno figlio di quel cinema post 11 settembre 2001 che
cerca di far luce su ciò che da quella fatidica data ha avuto
inizio.
La risposta sembra essere una più
consapevole certezza che la paura è un ottimo strumento di
controllo sulle masse, ed è così che tale tematica si sposa
perfettamente con la natura di Batman, probabilmente il supereroe
più adatto a questa nostra epoca. Tutto ciò Nolan ce lo propone
attraverso una vicenda particolarmente coinvolgente nel suo
intrigo, nei personaggi che ci racconta e nell’azione che ci offre.
Per lui si tratta di un vero e proprio banchetto di prova, dopo il
quale la sua carriera compirà un considerevole salto in avanti,
rendendolo l’esempio più lampante di autore capace di cimentarsi
con il blockbuster.
Non era infatti scontato che Nolan –
dopo tre film di grande impatto ma ben lontani dalle difficoltà che
un progetto come Batman Begins comporta –
riuscisse nell’impresa. Eppure, il regista ossessionato dal tempo e
dal suo funzionamento ha dimostrato di possedere una visione
chiarissima di quest’operazione e dei modi migliori per
realizzarla. Il risultato parla da sé, con sequenze di grande
impatto – rese tali dal montaggio mozzafiato di Lee
Smith – momenti di valida introspezione che arricchiscono
i personaggi (iconico il “Perché cadiamo, Bruce?”) e anche
alcuni elementi horror che fanno venir voglia di vedere Nolan
cimentarsi appieno con questo genere.
Batman Begins è una
montagna russa di emozioni, che fa attendere prima di poter vedere
in scena il cavaliere oscuro ma che proprio per l’adeguata
preparazione lo rende ancor più memorabile. Si ha così la rinasica
sul grande schermo di Batman, con questa versione cupa e violenta
dalla quale ci si lascia coinvolgere ben volentieri. La presenza di
un cast di assolute star è la ciliegina sulla torta di un film che
a distanza di anni sa
ancora distinguersi dai tanti cinecomic venuti dopo, anche per
merito del suo parlare in tali termini di quell’emozione che prima
o poi tutti impariamo a conoscere.
Batman il ritorno,
è il
sequel di Batman, il film ispirato al fumetto del
supereroe pipistrello, uscito nel 1992, è dal mio punto di vista il
migliore lavoro del visionario Tim Burton, tenuto conto delle pellicole
successive. Il mondo oscuro di Tim Burton è quello di una fiaba nera, visto
con una lente black romanticist in qui la portata morale è spesso
contestualizzata e non generica.
Gli eroi dei film di Tim Burton sono perlopiù antieroi, figure
deboli all’apparenza, esteriormente claudicanti, con delle pecche
ben visibili. Eppure sono quelli che hanno una maggiore caratura
morale, che si contrappone a quella abbacinante, sfarzosa,
esteriore dei contesti in qui gli essi si trovano. Tim
Burton nei suoi film prende come oggetto l’etica
protestante americana dell’indefettibile, e soprattutto la cultura
mediatica patinata dei sorrisi televisivi, dei sentimenti liberali
espressi nella prorompenza aggressiva ed arrogante, per ribaltarli
totalmente, in film immaginifici dove la morte fa parte della vita,
ed in questa filosofia c’è dolcezza ironia e divertimento.
Batman il ritorno: il capolavoro di
Tim Burton
In Batman il
ritorno c’è anche il potere, ambiguo e dispotico, e
ci sono le vite di Catwoman e Pinguino, lacerate da una realtà che
li ha rifiutati e trasformati. Si inizia con il dramma dei ricchi
coniugi Cobblepot, costretti a rigettare nelle fogne il loro
tributante figlio pinguino all’interno di una culla sigillata.
La telecamera segue il percorso
della culla nelle fogne fino a quando appare il titolo del film
accerchiato da un nugolo di pipistrelli, creando un effetto visivo
notevole, che insieme agli altri ed alle scene d’azione da lustro
alla bravura registica. Già dalle prime immagini siamo trasportati
nel mondo di Batman e di Burton, questo anche grazie alle musiche
di Danny Elfmann, autore di innumerevoli colonne
sonore di Batman il ritorno, in particolare a sostegno
dell’universo onirico e fiabesco di Tim Burton. Pinguino
diventa il re delle fogne con al seguito la gang di clown del
“Triangolo Rosso”, tenta di distruggere il Batman di
Michael Keaton, progetta il rapimento di tutti i
bambini primogeniti della città, per affogarli nelle fogne. Ma è
Max Shrex il vero cattivo, piuttosto reale, sembra essere
uscito dai “Simpson”.
E’ un avido magnate dell’industria
di Gotham City, ha avvelenato con residui tossici
dell’industria tessile “con depuratori” le fogne cittadine, ha
ucciso il suo vecchio socio di affari, lotta con ostinazione per la
costruzione di una mega centrale elettrica che in realtà sarà un
accumulatore di energia che sottrarrà l’elettricità della città,
muove i fili della politica a suo favore, sostiene Pinguino
(Danny
De Vito) per la sua elezione a sindaco della città in
una campagna elettorale volta a distruggere l’immagine di Batman,
poi lascia Pinguino, quando la sua popolarità è crollata, ed uccide
Selina Kile (Michelle
Pfeiffer), umiliata segretaria, quando scopre
i suoi loschi piani da realizzare attraverso la centrale elettrica.
Selina rediviva si trasformerà nella furente Catwoman.
La parabola del
Pinguino di
Danny De Vito è ben costruita nella sua tragicità,
egli è sofferente per essere stato rifiutato alla nascita, aggirato
dal mondo degli umani e di nuovo ributtato nelle fogne dove alla
fine del film morirà. Batman sembra essere un savio accompagnatore
che ci guida nel mondo tratteggiato da Tim Burton,
in una Gotham City in qui i caratteri delle parole, le statue ed i
palazzi, dall’esterno e negli interni, sembrano usciti dal terzo
reicht, tra balconi gotici e tetti delle case che sembrano
provenire da “Il Gabinetto del dottor Calligaris”.
Dopo Batman il
ritorno, Tim Burton non girerà più film
sull’uomo pipistrello. Il perché sembra averlo spiegato proprio lui
in un’intervista a cura di Valentina Neri: “Lei ha diretto
anche “Batman il ritorno, mentre si è limitato a produrre il terzo
episodio “Batman Forever”. Come mai? La Warner mi ha impedito
di girarlo. Pare che a McDonald’s e Burger King, che compravano le
licenze commerciali, non fosse piaciuto il personaggio di
Penguin. Facemmo una riunione e mi dissero:
“Ma che cos’è quel liquame nero? Cosa fa uscire dalla bocca di
Danny de Vito? Ed io ho risposto: “E voi nelle nostre
di bocche che roba strana mettete?”
PolyGram Filmed Entertainment
Warner Bros. Pictures
Scritto da
Story
Sam Hamm Screenplay
Sam Hamm
Warren Skaaren Batman creato da
Bob Kane
Cast
Michael Keaton – Bruce Wayne
Jack Nicholson – Joker
Kim Basinger – Vicki Vale
Jack Palance – Carl Grissom
Musica
Denny Elfman
Distribuzione
Warner Bros
Uscita USA
19 Giugno 1989
Uscita Italia
18 Ottobre1989
Durata
126 minuti
Budget
35.000.000 $
Incasso totale
411,348,000 $
Batman la trama e il
cast
Nel film in occasione del
duecentesimo anniversario della fondazione di Gotham City, il
sindaco chiede al procuratore Harvey Dent (Billy Dee Williams) e al
commissario James Gordon (Pat Hingle) di ripulire la città dalla
criminalità e dalla profonda corruzione, amministrata dal
malavaitoso Carl Grissom (Jack Palance). Quando le forze
dell’ordine realizzano di essere in netto svantaggio, dal momento
che molti agenti sono stati segretamente corrotti da Grissom, un
misterioso giustiziere mascherato corre in loro soccorso. L’uomo
pipistrello, soprannominato Batman (Michael Keaton), infatti,
consegna i criminali alla giustizia e tenta di fermare gli illeciti
del boss mafioso. Una sera Grissom attira il suo braccio destro,
Jack Napier (Jack Nicholson), nell’industria chimica AXIS con la
scusa di rubare alcuni documenti per suo conto. In realtà l’uomo
vuole punirlo per la sua infedeltà e incarica un poliziotto
corrotto di sparargli a vista. L’esecuzione di Napier, tuttavia, è
impedita dall’arrivo di Batman, che ingaggia una colluttazione con
i criminali presenti. Napier cade accidentalmente in una vasca di
rifiuti chimici e tutti ritengono sia morto. L’uomo, in realtà, è
riuscito a sopravvivere agli agenti chimici ma il suo aspetto è
stato irrimediabilmente deturpato. Folle di rabbia, Napier cambia
il suo nome in Joker e medita di vendicarsi di tutti gli abitanti
di Gotham City, uccidendoli con il potente gas ‘Smilex’.
Protagonisti del film sono
Michael Keaton nel doppio ruolo di Batman / Bruce
Wayne,
Jack Nicholson nei panni di Joker / Jack Napier,
Kim Basinger nei panni di Vicki Vale. Nel cast
anche Robert Wuhl come Alexander Knox, Pat Hingle
nei panni del Commissario Gordon, Billy Dee Williams è Harvey Dent.
Michael Gough è Alfred. Jack
Palance nel ruolo di Grissom. Jerry Hall
nei panni di Alicia, Tracey Walter nei panni di
Bob the Goon, Lee Wallace è Mayor, William
Hootkins nei panni di Eckhardt.
L’analisi
Ci sono parti che mi piacciono, ma
al tempo fu abbastanza noioso come tema. Spesso si hanno sequel,
sono simili allo stesso primo film eccetto che per l’aumento di
guadagni. Non mi sentivo di farlo; volli poi trattare il nuovo
Batman come un altro, nuovo, film.
Oggi fra i due preferisco
Batman Il ritorno, questo quello che ha affermato
Tim Burton a proposito di
Batman, girato nel 1989, e riferendosi poi al
sequel del 1992. In effetti, è difficile dargli torto, “Batman” è
un film interessante per i personaggi e le ambientazioni, ma con
una trama scontata. La dimensione creata è quella gotico –
romantica, un po’ troppo ripiegata su se stessa, in cui i passaggi
delle scene appaiono non molto incalzanti.
Per BatmanJohn Peters e Peter Guber avevano
inizialmente pensato a Prince per il tema musicale del
Joker e Micheal Jackson per i
temi romantici. Elfman avrebbe poi dovuto
combinare gli stili dei due cantanti in una colonna sonora
compatibile. Tim Burton protestò l’idea, dicendo “i
miei film non sono tipo alla Top Gun”. E così
Batman fu uno dei primi film ad aver lanciato due
diverse colonne sonore. Una contiene le canzoni scritte da Prince
mentre l’altra è una vetrina delle composizioni di
Elfman.
Per quanto riguarda la colonna
sonora di
Batman il ritornoElfman afferma che
non sarebbe stato interessato se avesse dovuto “fondamentalmente
eseguire le stesse note del film originale”, e fu entusiasta
dell’idea di Burton di realizzare un film
completamente diverso. Elfman così comparò la
composizione della colonna sonora con una combinazione di “una
solita musica da film d’azione, mixata con un frastuono
operistico”, citando così la sua esperienza come la più difficile
nella carriera musicale. Elfman la trovò anche divertente ed
esilarante.
Batman trova un
punto di forza intorno al personaggio di Joker.
Sia perché magistralmente interpretato da Jack
Nickolson che gli da humor e perfida giocosità, sia perché
è un cattivo che vuole conquistare Gotham City con
un sorriso mefistofelico, diffondendo un gas esilarante per far
morire dal ridere la città, intrattenendola ed imbambolandola,
inserendosi nei telegiornali e nella pubblicità, e questo rimanda
alle forme di come si impone oggi il potere. Micheal
Keaton interpreta bene la spiritosaggine e l’introspezione
di Batman, sia nel primo che nel secondo film.
Nel 2011 un altro super eroe del
gruppo
Justice league of America farà il suo esordio sul grande
schermo: Green Lantern.
Green
Lantern nasce dalle menti di Bill Finger e Martin
Nodel, che nel 1940 – in piena Golden Age – battezzarono
la loro creazione nella rivista All
American Comics numero 16, edita dalla Dc Comics. Anni particolari
quelli. Anni in cui impazzava il secondo conflitto mondiale,
facendo mobilitare gli editori di fumetti e portando alla creazione
di un considerevole numero di supereroi, per stimolare il
patriottismo e la vittoria statunitense nella guerra.
Il fumetto
Negli anni, diversi hanno vestito i
panni di Lanterna
Verde. Il primo fu Alan Scott, giovane ingegnere,
che durante le operazioni di collasso di un ponte ferroviario,
scorse un minerale verde proveniente dal pianeta Oa, che lo istruì
su come creare un anello e una lanterna che gli avrebbero permesso
di avere superpoteri. Come ogni supereroe che si rispetti, anche
Lanterna Verde si dota di un costume – composto da un ampio
mantello viola ed una maschera dello stesso colore, una maglia
color rosso con un cerchio giallo sul petto con la raffigurazione
di una lanterna verde – che gli permette di celare la sua vera
identità. Per rendere più avvincenti le avventure del personaggio,
i creatori, seguendo la tradizione che vuole che sia posto un
limite ai poteri del supereroe, individuarono negli oggetti di
legno il confine dei poteri di Lanterna
Verde.
Nel corso degli anni cinquanta il
personaggio venne quasi dimenticato, salvo poi ritornare in auge
nel corso della Silver age. Questa volta però dietro la maschera
non c’era più l’ingegnere Alan Scott, ma la creatura di John Broome
e Gil Kane: il collaudatore di aerei Hal Jordan.
Hal è, cronologicamente, la seconda
lanterna Verde ed è annoverato tra i personaggi più amati dei
fumetti. Fa il suo esordio su Showcase n. 22 (1959) e, con Flash
Gordon, traccia l’inizio della Silver Age.
Rispetto ad Alan Scott, la ricetta
rimane pressoché invariata: Hal è una persona comune che si trova a
fare i conti con superpoteri inaspettati. Quel che cambia è il modo
di confezionare il personaggio, la mitologia che lo contorna e il
metodo narrativo.
Hal fa parte di un corpo di polizia
interstellare creato dalla razza aliena degli Oa, con il compito di
mantenere la pace in tutto l’universo (diviso in 3600 settori).
Ogni gruppo di settori è protetto da una lanterna verde, scelta in
base ai criteri di onestà e coraggio, dotata di un anello che dovrà
essere ricaricato ogni 24 ore attraverso un giuramento di
fedeltà:
« In brightest day, in blackest
night, No evil shall escape my sight. Let those who
worship evil’s might. Beware my power – Green Lantern’s light!
»
Il potere che scaturisce
dall’anello dà possibilità di creare costrutti composti di energia
verde, di volare, di sopravvivere nello spazio siderale e di
tradurre in tempo reale tutte le lingue dell’universo; i soli
limiti sono rilevabili nelle lacune della forza di volontà e della
capacità immaginativa del possessore dell’anello, ed è, inoltre,
inefficace contro gli oggetti di colore giallo. Di tutti i
supereroi, Lanterna verde è quello che – in linea di principio –
possiede i poteri qualitativamente e quantitativamente maggiori, ma
temporalmente limitati.
Rispetto al personaggio ideato
dalla coppia Finger-Nodel, la creatura di Broome e Kane si presenta
con un’uniforme di colore verde, orfana del mantello, con il
simbolo del corpo delle lanterne verdi sul petto.
Il Film – I
dettagli sul film sono ancora poco noti. Quel che si sa è che la
sceneggiatura sarà affidata a Greg Berlanti,
Michael Green e Marc Guggenheim e avrà come attore
protagonista il canadese Ryan
Reynolds (Amityville Horror, Ricatto
d’amore), diretto da Martin
Campbell (Casinò Royale, La leggenda di
Zorro).
La trama del film sarà incentrata
sul personaggio della Silver Age, Hal Jordan, e sul corpo delle
lanterne verdi.
Inizialmente tra i candidati a
vestire i panni di Lanterna Verde c’erano, tra gli altri:
Nathan Fillion, Sam Worthington, Bradley Cooper, Justin
Timberlake, Henry Cavill, Jared Leto, Michael Fassbender e
Ryan Gosling, ma alla fine la scelta finale cadde
su Ryan Reynolds, considerato fisicamente più adatto al ruolo.
Originariamente, la scelta della
location era ricaduta su Sidney, ma, a causa dell’aumento
della valuta australiana, per ridurre i costi, la produzione si è
vista costretta a spostarla a New Orleans, in Lousiana.
Il film promette un notevole
seguito di pubblico, considerevoli investimenti pubblicitari ed
enormi guadagni. Quello che possiamo augurarci, a quasi due anni
dall’uscita nelle sale (17 giugno 2011), è che la pellicola sia
all’altezza del fumetto e che la sceneggiatura non sia immolata in
nome dei fini commerciali e degli incassi.
Fan di Lanterna Verde, unitevi: il
vostro eroe sta arrivando!
In occasione della premiere di
Shutter Island, Martin
Scorsese rivela di avere in progetto un nuovo
gangster movie insieme a Robert De
Niro, protagonista di Taxi
Driver e Toro
Scatenato…
A sedici anni dalla loro ultima
collaborazione, sembra che ora sia giunto il momento per la tanto
attesa reunion. Scorsese ha infatti ammesso di
essere al lavoro su un nuovo progetto che lo vedrà collaborare
nuovamente con De Niro.
Al momento del film si sa poco.
Attenderemo nuovi sviluppi..
Tra i
capolavori dell’animazione targati Walt Disney, La spada
nella roccia (1963), diretto da Wolfgang Reitherman, si
distingue per il suo tono scanzonato, la sua atmosfera magica e il
racconto di formazione che ha segnato l’infanzia di intere
generazioni. Il film narra le vicende di Artù, giovane orfano
soprannominato Semola, destinato a diventare il leggendario Re
d’Inghilterra, e del suo apprendistato sotto la guida
dell’eccentrico e pasticcione Mago Merlino. Un racconto che mescola
ironia, avventura e profonde lezioni di vita, rendendolo un cult
senza tempo.
La spada nella roccia, un
racconto di formazione tra magia e crescita personale
La spada nella
roccia si inserisce a pieno titolo nella tradizione delle
La spada nella roccia
come capolavoro senza tempo, capace di trasmettere valori profondi
e di conquistare il pubblico di tutte le età., in cui il
protagonista attraversa un percorso di crescita e scoperta. Semola,
inizialmente ingenuo e insicuro, è chiamato ad affrontare sfide che
non richiedono la forza fisica, ma l’intelligenza e l’astuzia,
qualità che Merlino cerca di affinare attraverso un insegnamento
non convenzionale.
Significativa è la contrapposizione
tra Semola e il suo fratellastro adottivo Caio: mentre quest’ultimo
incarna la forza bruta e la mediocrità, Semola rappresenta la
perspicacia e il potenziale nascosto, che culmina nel momento in
cui, senza rendersene conto, estrae la leggendaria spada dalla
roccia, rivelandosi il vero re. Questa scena, di grande impatto
visivo ed emotivo, sottolinea come la grandezza non sia determinata
dall’apparenza o dalla prestanza fisica, ma da qualità interiori
che emergono al momento opportuno.
Lezioni di vita attraverso
la magia
Uno degli aspetti più iconici del
film è l’uso della magia come strumento di apprendimento.
Attraverso la metamorfosi in vari animali – un pesce, uno
scoiattolo e un passero – Semola impara lezioni fondamentali sulla
sopravvivenza, sul coraggio e persino sull’amore.
Emblematica è la sequenza in cui,
trasformato in scoiattolo, Semola viene corteggiato da una piccola
scoiattolina, che si innamora perdutamente di lui. Il momento in
cui la femmina scopre la sua vera identità e rimane sola nella
foresta è una delle scene più toccanti del film, poiché mostra come
il cuore e i sentimenti possano avere un peso maggiore rispetto
alla logica o alla magia stessa.
Il duello con Maga Magò:
tra comicità e simbolismo
Uno degli scontri più memorabili
del film è il duello magico tra Merlino e Maga Magò, una sequenza
animata con grande inventiva e carica di umorismo. La terribile
Maga Magò, che può essere ricondotta alla figura della Fata Morgana
della leggenda arturiana, rappresenta l’antitesi di Merlino: è
caotica, sleale e incarna la magia utilizzata per scopi egoistici e
distruttivi. Il duello tra i due è un susseguirsi di trasformazioni
sempre più esilaranti, culminando con la vittoria di Merlino grazie
a un’astuta trovata che dimostra, ancora una volta, la superiorità
dell’intelligenza sulla forza bruta.
La spada nella roccia è un
classico senza tempo: animazione, musica e atmosfera
Dal punto di vista stilistico,
La spada nella roccia segna un punto di
svolta per l’animazione Disney. L’uso del processo xerografico, che
conferisce ai disegni un tratto più marcato e dinamico, si sposa
perfettamente con l’atmosfera vivace e spensierata del film.
Indimenticabile è anche la colonna
sonora, con brani iconici come Higitus Figitus, che
accompagnano le scene di magia e sottolineano il tono scanzonato
della narrazione. La musica, candidata all’Oscar nel 1964,
contribuisce a creare un’atmosfera magica e coinvolgente, che
ancora oggi risuona nel cuore degli spettatori di tutte le età.
Conclusione
La spada nella
roccia è molto più di un semplice film
d’animazione: è un racconto di crescita, amicizia e scoperta di
sé, reso indimenticabile dalla genialità di Merlino, dalla comicità
di Anacleto e dalla semplicità disarmante di Semola. Un classico
che continua a incantare generazioni di spettatori, dimostrando che
il vero potere non risiede nella forza fisica, ma nella conoscenza,
nell’intelligenza e nel cuore.
La recensione del film d’animazione
The Simpson Movie diretto da
David Silverman e targato 20th Century Fox.
The Simpson Movie
è con le voci di: Dan Castellaneta (Homer Simpson); Julie Kavner
(Marge Simpson); Nancy Cartwright (Bart Simpson); Yeardley Smith
(Lisa Simpson).
Sinossi:
The Simpson Movie è basato sulla
serie televisiva di grande successo frutto della creatività del
fumettista americano Matt Groening, di cui è protagonista la
famiglia composta da Homer, Marge ed i loro tre figli, Bart Lisa e
la piccola Maggie. Da una catastrofe che è Homer stesso a
provocare, facendo cadere il silo
contenente le feci di un maialino a cui si è affezionato nel lago
situato nei pressi della città di Springfield. Il laghetto, che già
versava in condizioni critiche, sarà inquinato irrimediabilmente,
tant’è che uno scoiattolo che ci finisce dentro ne esce fuori
mutato con decine di occhi sul capo. L’animaletto viene trovato dal
Dipartimento della Protezione Ambientale, ed il suo perfido capo
convince il presidente degli Stati Uniti (che nel film corrisponde
ad un ingenuo e divertente Arnold Schwarzenegger) che è necessario
isolare Springfield al resto del pianeta intrappolandola in una
enorme sfera di vetro infrangibile.
I cittadini della città scoprono
che la colpa è di Homer, ed infuriati si recano da lui per
giustiziarlo, ma lui e la sua famiglia riescono a fuggire in
Alaska. Alla notizia che il dipartimento per l’ambiente ha preso la
decisione di distruggere definitivamente Springfield, Homer
attanagliato dal suo proverbiale egoismo infantile non ne vorrà
sapere di far ritorno alla sua città per salvarla, mentre il resto
della famiglia con Marge delusa dal suo comportamento e Bart
rammaricato per l’indolenza del padre, farà il contrario. Il
conseguente travaglio di Homer e l’aiuto di una anziana indigena
del nord America dai poteri paranormali faranno cambiare idea ad
Homer, che tornerà a salvare la sua città ed a fare pace con la sua
famiglia.
The Simpson Movie: recensione del
film
Analisi: Il vero trampolino di
lancio del film è il clamoroso successo della serie televisiva dei
“Simpson”, che all’uscita del lungometraggio raggiunge il
prestigioso traguardo di serie animata più lunga trasmessa in
televisione con i suoi quattrocento episodi. Uno sforzo notevole se
si pensa a quelli che sono i ritmi frenetici ed il costante
mutamento della televisione. I motivi di tanto clamore risiedono
nello carattere parodistico e satirico attraverso cui il cartone
parla della condizione della società americana ed in genere
occidentale, delle sue contraddizioni ed ambiguità. I personaggi
dei “Simpson” sono un riflesso di tutti gli aspetti che riguardano
il nostro modo di vivere, attraverso situazioni semi vere in una
salsa di ironie e battute, tra flashback e citazioni, spesso
spassose e quasi mai superficiali. Nei suoi cartoni Groening
volutamente ha utilizzato il “set” della famiglia scimmiottando le
famose sit com americane di ambientazione familiare, che nella
società americana disgregata, lavorista, individualista delle
grandi metropoli e periferie hanno costituito un mezzo per
veicolare valori e modelli. Spesso molto discutibili, per questo i
Simpson hanno fatto breccia grazie ad un sarcasmo non indifferente.
Cercare una connotazione politica definita nel cartone è difficile
ed inutile, data una propria sensibilità ed acutezza che hanno
sicuramente una retrospettiva sociale ed uno spirito progressista,
ma non mancano gli indirizzi individualisti. All’inizio del film un
personaggio sventola una bandierina su cui è scritto “Hillary
2008”, ignaro della vittoria di Obama: questo e le infinite
frecciatine della serie tv di certo fanno capire che la fazione
Repubblicana è la più avversa.
Il film inizia con sprint ma
dispiace dirlo, non convince. Sebbene le gag graffianti non
manchino, forse questa volta la vena più satirica nei riguardi
degli stili e dei vizi dei cittadini del mondo occidentale, quella
che aveva reso la serie animata come forse l’unica ed encomiabile
più “politically scorrect” nel panorma delle serie televisive made
in America, sembra essere spuntata. Lascia infatti il passo ad una
comicità un po’ più facile, con scatch che si susseguono una dietro
l’altro in un ritmo poco fluido. Le liti fra moglie e marito e
padre e figlio hanno spesso funzionato nel cartone dando un
intelligente modo di rappresentare le difficoltà fisiologiche di
ogni relazione umana nell’alveo familiare, che oggi sembrano un po’
a tutti mostri inesorabili, ma nel film questi intrecci stentano.
La gag su “Spiderpork” sembra più quella dell’altra serie animata
di una famiglia americana, postuma ai Simpson, i Griffin.
Confondere le due cose è un grosso
errore, i Griffin sono furbi, isterici, vacui. E così, i Simpson
del film (con i suoi ragguardevoli effetti 3D) appaiono più
“massificati”. E però non passa inosservata la battuta di Bart sul
treno che impersona Topolino, definendosi “la mascotte di una
malvagia corporazione”. Il cinema ed un cartone animato, quale
ghiotta occasione per Groening per non sfoderare un’ironia sulla
Disney? Nella serie televisiva sono diverse le stilettate nei
confronti della fabbrica di cartoni disneyana, e nel film non
mancano. Forse anche per questo i Simpson possono essere
considerati i degni figli di Tex Avery, animatore e regista
statunitense, creatore di Bugs Bunny, Duffy Duck, Droopy, Porky
Pig, la cui influenza si è sentita in tutte le serie a cartoni
animati tra gli anni quaranta e cinquanta del secolo scorso.
Lo stile registico di Avery ha
demistificato la rigida impostazione sopratutto dei primi corti e
lungometraggi stabilita da Walt Disney, (nel cartone “Screwball
Squirell” del 1944 Avery provoca dichiaratamente Disney), e la
surrealtà e la libertà anarcoide dei suoi cartoni sono
evidentemente rintracciabili nella libertà di pensiero e di
espressione dei gialli di Groening. Eh si, gialli.
Per una ironia della sorte e di
corrispondenza assiologica col passato, è il corole di “Yellow
Kid”, il bambino vestito della celebre tunica gialla frutto
dell’ispirazione dello statunitense Robert F. Outcault, celebrato
come il capostipite del fumetto, il primo che fece comparire il
baloon. Si trattava guarda caso di una striscia comica e proletaria
dal nome Hogan’s Alley in cui il protagonista Yellow Kid razzolava
tra i bassifondi poveri e ributtanti di New York, sulle pagine
domenicali del New York World negli ultimi anni del 1800. Un
successo di pubblico, ma i proprietari d’ immobili che deplorarono
il connubio fra il New York Journal (che intanto aveva strappato
Outcault ai suoi rivali) e quegli straccioni di carta, chiesero ed
ottenennero il licenziamento di Outcault. Oggi La statuina di
Yellow Kid è anche il prestigioso premio, considerato ormai come
l’Oscar dei fumetti( genere originario di Matt Groening) che da
molti anni viene assegnato nell’ambito del “Salone Internazionale
dei Comics, del Film di Animazione e dell’illustrazione” ad autori,
disegnatori ed editori, italiani e stranieri. About Disney: nessuno
può negare che ci regala dei momenti magici, leggete le recensioni
di questo sito per avere un’idea. Ma la stoccata di Groening è
giustificata: non dimentichiamo che nel 2005 Disney ha pagato una
cauzione di 70 milioni di euro per non sottoporsi al processo che
la vedeva imputata per avere inserito messaggi subliminali a sfondo
erotico in alcuni dei suoi cartoni animati, come ha spiegato Beppe
Grillo in un suo spettacolo. Ignacio Ramonet, direttore di “Le
Monde Diplomatique” nel suo “Piccolo dizionario critico della
globalizzazione” ci parla di Disney e di Bangladesh. Nel 2003 la
Disney ha disdetto un contratto con una fabbrica dopo che le
operaie di una impresa tessile e di giocattoli subappaltata dalla
multinazionale americana avevano presentato un elenco di richieste.
Il loro salario rappresenta lo 0,7% del prezzo finale della camicia
pagata dal consumatore 18 euro a fronte dei milioni spesi in
pubblicità e percepiti da i dirigenti Disney. Senza contare le ore
di lavoro delle operaie, 102 alla settimana, senza giorni di riposo
e con salari che oscillano tra gli otto e i 4 euro settimanali e
con tanto di pressioni anche violente dei capireparto. Torniamo al
film dei Simpsons: i loro fedelissimi fans passeranno su questa
mezza occasione mancata, per l’infinito successo ottenuto dai
tantissimi (non tutti!) episodi della esilarante famiglia americana
di Springfield. Senza dimenticare l’altra serie animata di
Groening, Futurama, dalla quale sono stati tratti dei lungometraggi
niente male.
La recensione del film
d’animazioneIl pianeta del
tesoro diretto da Ron Clements
e John Musker, con le voci di Joseph
Gordon-Levitt (Jim Hawkins); Brian Murray (John Silver); Emma
Thompson (Capitano Amelia)
Sinossi: Cresciuto con la mamma,
proprietaria di una locanda sul pianeta minerario Montressor,
l’adolescente scavezzacollo Jim Hawkins si mette spesso nei guai
per le scorribande a bordo del suo Solar Surfer. Sin da piccolo, il
ragazzo è affascinato dalle avventure dei pirati dello spazio –
come il leggendario Capitano Flint – e dai cercatori di tesori,
così, quando un’astronave precipita nelle vicinanze della locanda
ed uno strano viaggiatore gli consegna un’antica sfera che
custodisce una misteriosa mappa spaziale, il ragazzo decide di
partire per andare alla ricerca del Pianeta del Tesoro. Ad
accompagnarlo nella sua avventura c’è il dott.Doppler, un astronomo
che si incarica di organizzare la spedizione prendendo in affitto
il galeone spaziale R.L.S. Legacy, comandato dal Capitano Amelia,
ed un equipaggio per governarlo.
Una volta a bordo, con suo sommo
rammarico Jim si vede relegato al ruolo di mozzo affidato alle cure
del cuoco John Silver, un cyborg dall’aspetto minaccioso che prende
però il ragazzo sotto la sua protezione. Durante il viaggio, però,
la vera natura dell’equipaggio si rivelerà estremamente pericolosa
e una volta giunti sul pianeta del Tesoro per Jim, Doppler e Amelia
le cose si metteranno al peggio perché la ciurma della nave si è
rivelerà una ciurma di pirati. Tuttavia, con l’aiuto di B.E.N., un
robottino abbandonato da anni sul pianeta, Jim riuscirà a trovare
il tesoro e a tornare da sua madre.
Analisi: Il Pianeta del
tesoro è stato tratto dal noto romanzo di Robert Luis
Stevenson, L’isola del tesoro. Dell’opera di
Stevenson è stata mantenuta la trama avventuristica della caccia al
tesoro, ma in un’ambientazione fantascientifica. Il
pianeta del tesoro è stato presentato in prima
mondiale nella città natale del grande scrittore, Edimburgo, con
una festa al suono di cornamuse in un castello settecentesco, che è
il periodo di ambientazione del romanzo. Nel lungometraggio al
posto di un’isola c’è un pianeta da raggiungere, si viaggia
attraverso invenzioni futuristiche in una dimensione
intergalattica, con buchi neri, tempeste cosmiche, sentieri del
cielo, pirati cybernetici, e tecniche tridimensionali. Ci sarebbero
gli ingredienti per parlare di un lungometraggio animato da
ricordare quindi, ma il film purtroppo risulta essere statico.
Questo perché non si è riusciti ad andare oltre lo schema un po’
rigido da cartone dysneiano, non ci sono grandi trovate, anche se
ci sono spiritosaggini…di sicuro i piccoli sono serviti. Si sa che
la maggior parte dei film disney si basa su una rielaborazione di
fiabe o romanzi famosi, in una totale trasformazione dell’opera
originale, adattata ad un pubblico di giovanissimi, anche se a
volte grazie ai giochi di fantasia, la comicità, le trame non
scontate, i film sembrano riusciti.
Il pianeta del tesoro:
recensione del film
Il romanzo “L’isola del tesoro”
venne pubblicato sulla rivista per ragazzi “Young Folks” negli anni
1881-1882. La fantasia del libro assume significato alla luce della
simbologia ed allegoria che pongono al centro di tutto la morale.
Lo stile è chiaro e riesce a trasmettere tensione. Da questo testo
dovrebbero prendere lezioni registi e sceneggiatori della saga
“Pirati dei Carabi”, in debito con Stevenson. Il tesoro che non si
riesce a trovare è il simbolo dell’avidità degli uomini che
trascina verso il nulla, Jim Hawkins cresce interiormente quando
riesce a scorgere nelle persone adulte, rimanendo colpito, la
doppiezza dei loro comportamenti, l’ambiguità e lo sdoppiamento, ed
alla fine continua ad essere perseguitato da incubi in cui rivede
le spiagge dell’isola dei pirati. E’ affascinante anche la vita
dello stesso Stevenson, giovane ribelle in polemica con il padre ed
il puritanesimo borghese del suo ambiente, che si stabilì negli
ultimi anni di vita nelle isole Samoa, circondato dal rispetto
degli indigeni che lo chiamarono “Tusitala” (narratore di storie),
e che difese più volte dalle prepotenze dei bianchi.
La recensione del film
d’animazione di Il re
leone, diretto da Roger Allers e Rob
Minkoff e targato Walt Disney Pictures.
Il re leone vanta
le voci di: Jonathan Taylor Thomas (Simba cucciolo); Matthew
Broderick (Simba adulto);
Jeremy Irons (Scar); James Earl Jones (Mufasa); Niketa Calame
(Nala cucciola); Moira Kelly (Nala adulta); Nathan Lane (Timon);
Ernie Sabella (Pumbaa); Robert Guillaume (Rafiki); Rowan Atkinson
(Zazu); Whoopi Goldberg (Shenzi); Cheech Marin (Banzai); Jim
Cummings (Ed).
Cosa succede ne Il Re Leone
Gli animali della Terra del Branco
accorrono alla presentazione del piccolo Simba, figlio di Re Mufasa
e prossimo re della savana. Solo il cattivo Scar, fratello minore e
invidioso di Mufasa, non è felice della nascita del cucciolo e farà
di tutto per impossessarsi della corona, fino a disfarsi di coloro
che gli sono davanti in linea di successione: Mufasa e Simba.
Spetterà al giovane leone, non più cucciolo e consapevole dei suoi
diritti e doveri, riportare la pace nelle Terre del Branco.
Poderoso ritratto della bellezza
del paesaggio africano, Il Re Leone è un viaggio di un cucciolo
verso la consapevolezza del suo ruolo nel branco. Il protagonista
Simba attraversa il film da cucciolo spensierato a leone adulto
passando per l’alienazione dal suo mondo e arrivando a nutrirsi di
insetti come i suoi simpatici amici Pumbaa e Timon. Ne
Il re leone si può infatti
suddividere in grandi sequenze che racchiudono ognuna uno stadio
dell’evoluzione del protagonista. La prima disegna l’infanzia
spensierata del giovane erede al trono che cresce ignorando il suo
ruolo nel mondo e le sua responsabilità; l’avventura al cimitero
degli elefanti e il successivo intervento di Mufasa lo scuotono e
lo rendono partecipe di quanto forza e potere siano anche
portatrici di responsabilità e paure per coloro che si amano.
Il Re Leone è un viaggio di un cucciolo verso la consapevolezza
del suo ruolo nel branco
Comincia una seconda fase per
Simba, che si concluderà tragicamente con la morte del padre e con
la successiva fuga dal branco. E’ sicuramente una scena molto
triste che ricorda per un verso Bambi e la morte della madre ad
opera del cacciatore. Resta la differenza che questa volta il
protagonista viene incolpato, seppure ingiustamente, per la morte
del padre, e questo aggiunge un po’ di complessità al personaggio,
cosa che invece in Bambi non esiste. Nella terza parte Simba
rinasce, dimentica il dolore e inizia una nuova vita con i suoi
amici insettivori, con l’unico motto di Hakuna Matata, senza
pensieri, fino all’arrivo di Nala, compagna di giochi e sua
promessa regina.
Nell’ultima parte Simba, divenuto
un leone adulto, prende coscienza di sé, grazie all’intervento di
Rafiki, il saggio mandrillo, e si rimpossessa del regno
sconfiggendo il perfido zio Scar. Il re
leone viene premiato con un successo planetario e due
Oscar, uno all’ottimo Hans Zimmer per la colonna
sonora, un altro a Elton John per la canzone
Can You Feel the Love Tonight. Realizzati dei
sequel: Il Re Leone: il regno di Simba
nel 1998 e Il Re Leone 3: Hakuna Matata
nel 2004, realizzata anche una serie animata con protagonisti
Pumbaa e Timon. Nella versione italiana le voci di Scar e
Mufasa sono nell’ordine di Tullio Solenghi e di un
ottimo Vittorio Gassman in una delle sue ultime
interpretazioni.
La recensione dell’acclamato
film d’animazioneUp
di Peter Docter e Bob Peterson con le
voci di Edward Asner (Carl Fredricksen); Jordan Nagai
(Russel).
Up, la trama
In Up Carl Fredricksen cresce nel
mito di Charles Muntz, esploratore. Con sua moglie Ellie sogna un
viaggio alle Cascate Paradiso, ma purtroppo dopo una vita insieme,
al momento della partenza Ellie muore, lasciano solo il povero Carl
che si rinchiude nella sua casa. La minaccia di demolizione della
sua casa e il rischio di finire in una casa di riposo, spingono
Carl a partire portandosi dietro …. tutto…anche un ospite inatteso,
una giovane scout di nome Russel che lo accompagnerà nella grande
avventura verso la quale si sta avviando ignaro.
Up, vivacità e
umorismo
L’ultimo lavoro Disney
Pixar spicca per vivacità e umorismo. Dopo il romantico
Wall-E, Carl
Fredricksen e i suoi amici sono una sferzata di energia e di
umorismo, senza dimenticare un po’ di sana commozione.
Up
comincia quando sembra che per il protagonista sia giunta la fine
della vita, ma l’entrata in scena del piccolo Russel, cambierà ogni
cosa. L’avventura, vista come un viaggio prima interiore e poi
fisico, porta i due protagonisti alla conoscenza e
all’apprezzamento reciproco, mentre i sani valori disneyani vengono
fatti trionfare. La vecchiaia non è inutile e la giovinezza non è
tutta perduta: retorica a fiotti dunque, ma sempre con grande
stile, come la Pixar ci sta abituando. Brutta
figura fanno però i genitori, in una società in cui si ha più tempo
per il lavoro che per i figli, vengono rivalutati i nonni che fanno
le veci degli assenti.
Inutile sottolinearlo, la tecnica è
sempre migliore e le rappresentazioni, seppure non troppo
realistiche, sono funzionali alla caratterizzazione dei personaggi.
Spicca in questo lungometraggio un uso del colore che sembra
riportare alle origini il cartone animato: sono i colori brillanti
di Aladdin o della Sirenetta che
si mescolano alle nuove tecniche rappresentative. Come detto, il
risultato è sgargiante e sicuramente non troppo realistico, ma una
gioia per gli occhi e per le emozioni che malgrado l’età o il
disincanto che regna sovrano. Menzione speciale al Beccaccino
Kevin, esilarante “tacchino in Tecnicolor”. I sogni son desideri,
diceva Cenerentola molti anni fa, e i palloncini di Up hanno
sicuramente alimentato quelli di molte persone, grandi e
piccini.
La promozione di
UP è stata particolarmente accurata e massiccia.
Siamo partiti dal luglio 2008 quando al Comic Con di San Diego è
stato presentato il primissimo trailer. Solo a novembre del 2008 il
teaser è stato visibile in rete e in concomitanza c’è stata
l’apertura ufficiale del sito del film. A febbraio sul sito
Disney.com (slo versione USA) hanno debuttato gli esilaranti
Up-isode, brevi filmati promozionali con il voluto gioco di parole
su episodi ed il titolo del film, tradotti poi anche in italiano
come UPisodi. Presentato a Cannes il 13 maggio, è uscito
negli USA il 16 dello stesso mese, arrivando da noi solo ad
ottobre.
Curiosità: Il
numero di palloncini necessari per sollevare una casa di tali
dimensioni, stimata pesare 50 tonnellate, dovrebbe essere almeno
cinque volte maggiore di quello presentato nel film.
Dopo tutte le catteverie dette o
inventate Michael Bay e Megan Fox
hanno finalmente fatto la pace, dopotutto dipendono l’uno
dall’altra e non si poteva prevedere una via diversa di
quest’alterco mediatico nato all’usicta di Transformers: La
Vendetta del Caduto. Ora Bay prende in mano la situazione e
chiarisce bene le sue disposizioni verso Megan:
La adoro. (…) E’ giovane,
tutti dovrebbero lasciarla stare, ha solo… 23 anni, giusto? Ho
viaggiato per il mondo con lei, e a questo punto è diventata una
vera icona, sapete?
Quindi dimenticherà le critiche che le ha
mosso?
Assolutamente sì. [Dopo la famosa sparata su Hitler
che ha causato una vera reazione a catena], mi chiamò e mi disse:
“Sono tutte cavolate, Mike.” E’ la stampa, loro ci marciano sopra,
ti perseguitano e approfittano di qualsiasi parola per montare dei
casi. Lei ha sempre fatto commenti folli come quello, è il suo
carattere. E’ grandiosa. Inoltre avrà un grande ruolo in
Transformers 3.
Quindi non ha intenzione di vendicarsi, diciamo,
uccidendola?
No, no. No. Glie ne capitano già abbastanza!
Persepolis è
il film d’animazione del 2007,
candidato all’Oscar, basato
sull’omonima graphic novel autobiografica scritto e
diretto da Marjane Satrapi.
La storia (che è un romanzo di
formazione) inizia poco prima della Rivoluzione iraniana. Nel film
viene mostrato, inizialmente attraverso gli occhi di Marjane a nove
anni, come le speranze di cambiamento della gente furono infrante
lentamente quando presero il potere i fondamentalisti islamici,
obbligando le donne a coprirsi la testa e imprigionando migliaia di
persone. La storia si conclude con Marjane, ormai ventunenne, che
espatria.
Persepolis, l’analisi
Persepolis è il
film d’animazione tratto dalla grapich novel scritta da
Marjane Satrapi, autrice e regista stessa del
lungometraggio. Sono infatti le memorie della scrittrice di origini
iraniane a fare da trama narrativa; la storia ci parla infatti
dell’esperienza di vita una bambina che passa la sua infanzia a
Teheran, ai tempi della caduta dello scià, anno 1978, in una
situazione delicata e di transizione in cui in Iran passa dalla
caduta di una dittatura di stampo laico alla presa del potere da
parte di Khomeini che attraverso la sua propugnata “rivoluzione
islamica” infonde sentimenti di speranza e di aspettativa nelle
frange della società più progressiste e filocomuniste ,come la
famiglia di Marjane, ma che in realtà si rivelerà essere più
repressiva ed autoritaria della precedente.
Marjanne emigrerà quindi in Austria
e l’esperienza europea, che finirà con un ritorno della ormai
ragazza nella sua terra d’origine, coincide con la maturazione
della protagonista, che da bambina diventa ragazza, e che
attraverso amicizie e amori viene a contatto con i tratti più
spiccati della dimensione europea, diversa dalla sua, (in cui non
sono assenti razzismi e fondamentalismi religiosi) evolvendo la
propria interiorità attraverso un osservazione consapevole della
realtà.
Persepolis, tra potere e
bigottismo
Persepolis
stigmatizza le forme terribili che il potere assume ma rivela
l’ incapacità che la società civile di riuscire ad andare oltre le
sue inerzie e le sue false credenze, come quelle che si trascinano
dietro i bigottismi religiosi, e gli eccessi di individualismo,
come quelli che emergono ad esempio dalla descrizione dei i giovani
della società occidentale.
Gli assi su cui fa evidentemente
leva il film sono quelli dello sguardo femminile e femminista della
realtà da parte della protagonista, che è chiaro ma non disdegna, e
il noto meccanismo della messa a confronto di due modelli di
civiltà ,quello europeo e quello arabo nel film, attraverso cui
emergono similitudini e differenze che portano a intravedere la
relatività di ogni modello di vita ed a mettere in discussione il
proprio; sembra inequivocabile il richiamo al romanzo di Montesquie
“Lettere Persiane”, un libro antesignano dello spirito critico
attraverso cui guardare ai meccanismi sociali, il cui protagonista
principe persiano Uzbek in viaggio in Europa descrive stupito i
costumi francesi provocando l’effetto di stupire il lettore
francese(e divertirlo, come lo spettatore il Persepolis).
Un ingrediente che rende
eccezionale il lungometraggio animato risiede nella struttura del
film, che ci mostra quanto il modo per esplorare la nostra
interiorità e di nostri sentimenti sia quello di guardare dall’alto
ai modelli sociali in cui ci troviamo; che premia l’idea che le
emozioni e la coscienza siano anche in qualche modo legate ed
influenzate dal modo di vivere collettivo, non appiattendosi come
tanti mediocri e attuali film
italiani solo e totalmente su soggettivismi, amicizie,
familiarismi e sentimentalismi di maniera che a volte altro
rappresentano e descrivono se non il nulla cosmico. Se il concetto
dell’integrità morale” può sembrare una congettura, il regolare ed
avvenente tratto del disegno di Marjane Satrapi rendono Persepolis
un film schierato ed amabile.
Gli sceneggiatori lo hanno
annunciato sul forum di Don Murphy: Quindi Alex e Bob, è
vero: non sarete coinvolti questa volta. E’ vero.
Mi spiace, Roberto. Siamo
in buone mani con Ehren Kruger? Conosce i suoi
Transformers? Sicuro. Ha fatto i compiti, è
incredibile.
I due sceneggiatori non erano stati
in grado di scrivere da soli neanche Transformers: La Vendetta del
Caduto, a causa dei numerosi impegni che li vedeva coinvolti e
soprattutto della fretta con cui serviva lo script (che hanno
ricavato da una bozza di Michael Bay stesa durante lo sciopero
degli sceneggiatori). Ehren Kruger, autore di film come The Ring e
I Fratelli Grimm, è responsabile assieme a Bay delle idee più
“umoristiche” (considerati però un po’ di bassa lega) di
Transformers: La Vendetta del Caduto, come I Gemelli o gli
“attributi” di Devastator. A lui sarà affidata l’intera
sceneggiatura di Transformers 3, almeno per ora.
Ora è ufficiale: “Transformers 3”
uscirà nei cinema di tutto il mondo il 1 luglio 2011; la notizia –
che era nell’aria – è stata data ieri da Michael Bay in persona sul
suo sito ufficiale. Il popolare regista statunitense non si è pero’
limitato ad annunciare lo sbarco al cinema della terza parte
della saga, ma ha anche aggiunto alcuni interessanti dettagli:
“Oggi è il giorno 1 [della pre-produzione, ndr]. Stamane ci
siamo visti coi tecnici della Industrial Light & Magic a San
Francisco, in un incontro di cinque ore. Attualmente sto andando a
Rhode Island con [lo sceneggiatore, ndr] Ehren Kruger per parlare
alla Hasbro dei nuovi personaggi”.
Nella nuova pellicola è quindi
previsto l’ingresso in scena di nuovi personaggi. Michael ha poi
dedicato alcune simpatiche riflessioni a Megan Fox, che insieme a
Shia LaBeouf sarà nuovamente protagonista sul set del film,
invitandola “a farsi vedere da un uon dottore”, per evitare che
alcuni effetti collaterali – come nausea, vertigini ed insonnia –
possano disturbarla durante le riprese. Ricordiamo che le prime due
pellicole della saga hanno incassato in tutto il mondo oltre 1,5
miliardi di dollari.
La recensione del film
d’animazione,Lilo &
Stitch diretto da Dean DeBlois e Chris
Sanders e con le voci di Daveigh Chase (Lilo); Chris
Sanders (Stitch); Tia Carrere (Nani); David Ogden Stiers (Jumba);
Kevin McDonald(Pleakley ); Ving Rhames(Cobra Bubbles)
Sinossi:
L’esperimento 626, creato per portare distruzione e caos, fugge
dalla sua prigione galattica e arriva sulla Terra, alle Hawaii. Qui
vive Lilo, una bambina che vive sola con la sorella e che desidera
sopra ogni altra cosa un amico ‘come un angelo’.
Lilo & Stitch, il
film
Il film è ambientato alle Hawaii,
prima novità per un prodotto Disney e primo element di spicco, per
quello che riguarda gli scenari coloratissimi, realizzati ad
acquerello, cosa che non accadeva dai tempi di Dumbo.
Ma fondamentalmente il film è una
fiaba dai concetti fondamentali davvero terribili: si parla di
abbandono, di sradicamento, della ricerca di un proprio posto nel
mondo. I due protagonisti sono accomunati da questa necessità, da
questo desiderio di sentirsi accettati e mai dimenticati.
Lilo & Stitch non è il primo film ambientato
nell’isola di Kauai: essa compare anche ne
I predatori dell’arca perduta e nella trilogia di
Jurassic Park. In Lilo & Stitch, la serena bellezza dell’isola
serve a bilanciare i temi dell’abbandono, della perdita, delle
difficoltà economiche e sociali di Lilo e della sua famiglia.
La scelta delle isole Hawaii ha
condizionato non solo le scenografie, come già detto, ma anche il
fuoco della storia. Infatti mentre Sanders e i suoi visitavano
Kauai per preparare le scenografie del film, vennero a conoscenza
del concetto della famiglia estesa hawaiana, espresso dal termine
ohana, che divenne un elemento centrale di Lilo &
Stitch. DeBlois ricorda:
“Dovunque andassimo, la nostra
guida conosceva qualcuno. Fu lui a spiegarci il concetto hawaiano
di ohana, un senso di famiglia che va al di là dei parenti stretti.
Questa idea divenne un tema fondamentale della storia, la cosa che
spinge Stitch a andare oltre ciò per cui era stato creato, ovvero
distruggere.”
Lilo &
Stitch è quindi un buon mix di sentimentalismo,
neanche tanto smielato, e divertimento con personaggi davvero ben
delineati, soprattutto nel caso dei piccoli protagonisti. Anche qui
non mancano le auto-citazioni Disney: Il
trailer di Lilo & Stitch iniziano
presentando trailer di altri film della Disney (La
bella e la bestia, La Sirenetta e
Il re leone,
Aladdin) interrotti dall’arrivo di
Stitch.
Nella scena finale del film viene
mostrata una sequenza di fotografie di Lilo, Stitch e dei loro
amici; ognuna di esse riprende un’immagine celebre, tra cui alcune
illustrazioni di Norman Rockwell. Le scene ambientate nello
spazio riprendono alcuni topos della fantascienza: la sala del
consiglio della Federazione Galattica ha un’architettura che
riprende, ad esempio, quella del pianeta Coruscant nel primo
prequel di Star
Wars; gli alieni Jumba e Pleakley, durante la
propria permanenza sulla Terra, badano a non farsi notare dai
terrestri e a non interferire con la loro cultura, come previsto
dalla prima direttiva della Flotta Stellare nei telefilm di
Star Trek.
Alcuni degli alieni della
Federazione presentano similitudini con altri personaggi di film
della Disney. Riferimenti più espliciti si trovano
nel peluche di Dumbo presente nella stanza di Lilo e nel poster del
film
Mulan affisso alla parete della sorella. Inoltre, le
illustrazioni del libro de Il brutto anatroccolo cui si appassiona
Stitch sono tratte dall’adattamento in cartone animato della
Disney.
Con le voci di:
Albert Brooks (Marlin); Ellen DeGeneres (Dory); Alexander Gould
(Nemo); Willelm DaFoe (Branchia); Geoffrey Rush (Amilcare).
Sinossi:
Marlin, un pesce pagliaccio, ha perso la moglie Coral e tutte le
sue uova, ad eccezione di Nemo, unico superstite dopo l’attacco di
un predatore. Come figlio unico e con una pinna atrofica, Nemo è
soffocato dalle attenzioni paterne, il che lo porterà a
disobbedirgli e a nuotare in mare aperto. Qui il piccolo pesciolino
verrà pescato da un sub che lo porrà nel suo acquario.
Quest’ulteriore perdita spingerà Marlin ad addentrarsi nell’oceano
per ritrovare il suo piccolo Nemo. Con una simpaticissima compagna
di viaggio,
Dory, Marlin scoprirà l’oceano, conoscerà squali
vegetariani e tartarughe velocissime, fino a ritrovare suo figlio
ed a raccontargli un’avventura che mai avrebbe creduto di poter
affrontare.
Analisi:
L’ennesimo prodotto Disney Pixar si distingue
innanzi tutto per l’incredibile perfezione con la quale è
rappresentato il mondo marino, dai riflessi del sole nel blu
dell’oceano, alle squame lucenti sul dorso dei pesci. Ma il film di
Stanton non è solo una grande grafica, è soprattutto la storia di
una persona, nel dettaglio un pesciolino, che dopo una grande
sofferenza si chiude al mondo.
La storia di Marlin è sicuramente
più importante di quella di Nemo: se il piccolo viene rapito ed
allontanato dall’affetto del padre, Marlin dovrà affrontare non
solo i pericoli che l’oceano riserva ad un pesce da barriera
corallina, ma dovrà anche fare i conti con il passato, con
l’incolmabile perdita dell’amore e della famiglia, e soprattutto
con la paura di rimanere di nuovo e irrimediabilmente solo. E
proprio questa paura, più grande di quella per l’oceano, sarà la
molla che lo spingerà alla ricerca del figlio.
Alla ricerca di Nemo è un
film che emoziona tutti, grandi e piccini.
Inoltre, a parte la chiara
rappresentazione dei rapporti conflittuali tra genitori e figli,
Alla ricerca di Nemo è soprattutto basato su una
salda sceneggiatura, divertente e commovente, che raggiunge degli
accenti di delicato lirismo che è difficile da trovare anche nelle
commedie romantiche più brillanti. “Quando sono con te io mi sento
a casa”, frase che la smemorata Dory dice a Marlin nel momento in
cui la sta abbandonando, è probabilmente una delle dichiarazioni
d’amore più delicate e totali che il cinema abbia mai mostrato.
Difficile, ancora una volta, dire
che Alla ricerca di Nemo è un film per
bambini, potrebbe apparire riduttivo, oppure, al contrario,
potrebbe invece mostrare che la semplicità, l’immediatezza e la
sincerità di alcuni sentimenti possono essere raccontati solo
attraverso il linguaggio dell’infanzia.
Il film ha ricevuto l’Oscar come
miglior film d’animazione.
Assieme a
Steven Spielberg e allo sceneggiatore Ehren
Kruger entro la fine della settimana, si uniranno in un incontro
volto a fissare le prime idee sul terzo episodio della saga e,
soprattutto, le tempistiche. Questo ha comunicato Bay al curatore
del suo sito ufficiale:
Sinossi: Alla
Monster, ink si raccolgono grida di bambini per fornire energia
pulita a tutti gli abitanti di Mostropoli. I bambini non si
spaventano più come un tempo e l’industria minaccia di chiudere,
fino a che una bambina entrerà attraverso il suo armadio nella
città dei Mostri, scatenando il panico e insospettate
conseguenze.
Monsters & Co è divertente e
commovente
Analisi: Film
della ditta Disney e Pixar del 2001, Monsters &
Co è divertente e commovente anche per i più duri.
Nucleo della storia è il rapporto tra la piccola fuggiasca Boo e il
mostro spaventa-bambini Sulley che dalla paura passa all’affetto
attraverso una serie di gag da slapstyc che prendono il posto di
una narrazione più classica e convenzionale. Il film parte subito,
e prosegue in questo fiume di situazioni comiche fino alla fine,
con apice nella scena dell’inseguimento tra le ‘porte
scorrevoli’.
Il tema energetico, vagamente (ma
non troppo) ambientalista risulta un buon pretesto narrativo che
permette lo sviluppo di personaggi e situazioni interessanti, su
tutti il cattivissimo Randall, grosso lucertolone disgustoso e
camaleontico che esprime nelle sue doti corporee la sua ambiguità,
o la bisbetica Roz dalle sembianze di lumaca e l’aspetto da
segretaria arcigna.
Una divertentissima e
scanzonata storia di amicizia un po’ particolare
Monsters &
Coscorre veloce, il ritmo è incalzante e la
storia, come ogni Disney che si rispetti, è a lieto fine, senza
grossi scossoni. Divertentissima la scena ambientata in Nepal con
l’Abominevole Uomo delle Nevi in cerca di compagnia.
Monsters & Co candidato a tre premi
Oscar, si è aggiudicato la statuetta per la Migliore Canzone “If I
Didn’t Have You”. Curiosità: la Pixar non manca di auto citarsi,
con la presenza di Jesse (Toy
Story 2) e di Nemo (Alla
Ricerca di Nemo) tra i giocattoli della piccola
Boo.