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Matt Murdock è sul caso nella nuova immagine di Daredevil: Born Again

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Il ritorno di Matt Murdock (Charlie Cox) è quasi vicino. TV Line ha pubblicato una nuova immagine di Daredevil: Rinascita, la prossima serie televisiva Disney+ che segnerà il ritorno dell’eroe introdotto nello show di Netflix. La nuova immagine mostra Charlie Cox nei panni di Matt Murdock e, sebbene il personaggio possa sembrare un innocente avvocato che cerca semplicemente di rendere il mondo un posto migliore, Murdock punisce segretamente i criminali di New York City come Daredevil. L’imminente serie televisiva porterà il protagonista lungo un percorso che lo ricongiungerà al suo più grande nemico, il Kingpin (Vincent D’Onofrio).

Daredevil: Born Again ha subito un complicato processo di sviluppo da parte di Disney+. Quando Netflix ha deciso di staccare la spina a Daredevil, molti fan in tutto il mondo volevano ancora vedere altre grintose avventure del vigilante. Fortunatamente, Charlie Cox è tornato a vestire i panni di Matt Murdock durante gli eventi di Spider-Man: No Way Home. Quella che era iniziata come una piccola apparizione nel sequel guidato da Tom Holland si è trasformata in un ritorno in She-Hulk: Attorney at Law e in Echo di quest’anno. Il palcoscenico è stato preparato perché Daredevil possa divertire ancora una volta il pubblico quando salverà la città in Daredevil: Born Again.

Alcuni vecchi amici tornano in Daredevil: Born Again

Matt Murdock e Wilson Fisk non saranno gli unici personaggi della serie Netflix a tornare in televisione dopo la prima di Daredevil: Born Again. Karen Page (Deborah Ann Woll) e Foggy Nelson (Elden Henson) torneranno per aiutare Matt Murdock nella sua vita da avvocato. Oltre a riunirsi con i suoi amici, Daredevil incrocerà ancora una volta il suo rivale di sempre, il Punitore (Jon Bernthal).

Daredevil: Born Again debutterà su Disney+ il 4 marzo 2025. Fino ad allora, le prime tre stagioni di Daredevil sono disponibili in streaming su Disney+.

Iscriviti a Disney+ per guardare Daredevil: Born Again e molto altro. Dove vuoi, quando vuoi.

Dream Productions: recensione della nuova serie nel mondo di Inside Out

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Sulla scia del travolgente successo al box office di Inside Out 2, arriva Dream Productions (qui il trailer), la nuova serie animata ambientata nello stesso universo Pixar, che arricchisce il mondo di Riley. La serie, diretta da Mike Jones e prodotta da Jaclyn Simon, adotta lo stile del mockumentary per raccontare le vicende dello studio cinematografico all’interno della mente della giovane protagonista, dove i sogni prendono forma ogni notte, con un’attenzione maniacale ai dettagli ma sempre rispettando tempi e budget.

Un vero e proprio set, insomma, con tutti i pregi, i difetti, le situazioni di scontro e quelle irresistibilmente comiche. Disponibile dal 20 dicembre in esclusiva su Disney+, Dream Productions si fonda principalmente su un umorismo leggero indirizzato alla rappresentazione della vita di set, che riesce a virare su riflessioni più intime e profonde quando lo sguardo si allarga verso il mondo della protagonista.

Dream Productions propone una storia brillante e surreale

La trama si sviluppa tra gli eventi di Inside Out e Inside Out 2. Riley si sta affacciando all’adolescenza, un periodo cruciale in cui emozioni e ricordi vengono continuamente rielaborati. È qui che entra in scena la Dream Productions, il reparto che trasforma i ricordi e le emozioni in sogni: dai semplici episodi notturni alle narrazioni più elaborate che aiutano Riley a elaborare i momenti più complessi della sua vita, talvolta aiutandola a prendere delle decisioni. Al centro della serie troviamo la regista Paula Persimmon (doppiata in originale da Paula Pell), un’esperta professionista che deve affrontare una sfida impegnativa: creare un sogno di successo collaborando con Xeni (Richard Ayoade), un regista ambizioso e sperimentale proveniente dal reparto “sogni a occhi aperti”.

Questa dinamica tra Paula e Xeni rappresenta una parte importante della serie, a cui si unisce anche il viaggio personale di Janelle (Ally Maki) la brillante assistente di Paula che cerca la promozione e la sua possibilità di diventare regista dei sogni di Riley. La prima è una veterana pragmatica, abituata alle difficoltà di produzione, il secondo è un sognatore, pieno di idee stravaganti ma poco pratiche, la terza è il contraltare perfetto per Paula: giovane, aperta al cambiamento, l’ideale per accogliere i nuovi sogni da adolescente della loro bambina. L’interazione tra queste tre spinte differenti dà vita a momenti di grande comicità e rappresenta una metafora del contrasto tra creatività e realismo, tra passato e presente, un tema che risuona non solo nel mondo del cinema, ma anche nella vita quotidiana.

Il fascino dello stile mockumentary

L’approccio mockumentary permette di esplorare il mondo di Riley da un punto di vista ironico e metanarrativo. Gli spettatori sono introdotti ai dettagli dello studio di produzione, completo di dipendenti bizzarri, problemi tecnici, e pressioni lavorative che riflettono situazioni comuni nel mondo reale e nella vita di set. Questo stile dà alla serie freschezza e rende Dream Productions accessibile sia ai bambini, che apprezzeranno l’umorismo slapstick e le situazioni surreali, sia agli adulti, che coglieranno le sfumature più satiriche e riflessive.

I sogni: tra ordine e caos

Se Dream Productions soffre dello stesso “difetto” di Inside Out – ovvero il bisogno di razionalizzare qualcosa di intrinsecamente irrazionale – lo fa con una consapevolezza che rende questo limite quasi perdonabile. La narrazione non si perde mai completamente nella logica, lasciando spazio a momenti surreali e imprevedibili che mantengono viva la magia del mondo Pixar.

Uno dei punti più interessanti, ma anche più controversi, di Dream Productions è il modo in cui cerca di dare una struttura organizzata ai sogni. Questo approccio è coerente con il mondo di Inside Out, dove la mente umana è rappresentata come un sistema altamente ordinato, ma rischia di allontanarsi dall’essenza stessa del mondo onirico, che per definizione è caotico e destrutturato.

Nonostante ciò, la serie riesce a trovare una strada costruttiva, soprattutto per il pubblico più giovane. Dream Productions suggerisce che i sogni non sono solo una fuga dalla realtà, ma possono servire come strumento per affrontare e dipanare le difficoltà. Che si tratti di un’idea illuminante o di un conforto in un momento difficile, i sogni sembrano fornire un supporto che viene da dentro di noi, quasi a suggerire che abbiamo già tutte le risorse necessarie per affrontare le nostre sfide.

Il mondo di Iside Out si arricchisce

Dream Productions si inserisce con grazia nell’universo di Inside Out, arricchendolo con nuovi personaggi e un’ambientazione originale. Nonostante i design pigri dei personaggi protagonisti, persino più pigri di quelli delle “classiche” emozioni alla consolle di Riley, e qualche limite nella rappresentazione del mondo onirico, riesce a intrattenere con uno scopo costruttivo, perfetto per i più giovani ma in grado di parlare anche agli adulti. Se vi manca la mente di Riley, l’uscita su Disney+ di questa serie è provvidenziale.

Willem Dafoe: intervista a uno dei protagonisti di Nosferatu di Robert Eggers

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Ecco la nostra intervista a Willem Dafoe, l’attore che interpreta il Professor Albin Eberhart Von Franz in Nosferatu, di Robert Eggers, che racconta di nuovo la fiaba oscura del Conte Orlock, come aveva fatto Murnau prima di lui, nel 1922, e Werner Herzog dopo, nel 1979.

Tutto quello che sappiamo su Nosferatu

Nosferatu è interpretato da Bill Skarsgård, che sostituisce il trucco da clown di Pennywise con le zanne affilate del Conte Orlock, nonché da Nicholas HoultAaron Taylor-JohnsonEmma Corrin e Lily-Rose Depp. Il film riunisce inoltre Eggers con Willem Dafoe, che ha interpretato in modo memorabile un ex marinaio irascibile in The Lighthouse e che è apparso anche nel precedente film del regista, The Northman. L’epopea vichinga vedeva protagonista il fratello di Skarsgård, Alexander Skarsgård, nel ruolo di un guerriero norreno con una massa grassa impressionante e addominali formidabilmente cesellati.

Nosferatu è basato sul capolavoro espressionista tedesco del 1922 diretto da F. W. Murnau – la realizzazione di quel film ha ispirato il film del 2000, completamente fittizio, L’ombra del vampiro, che ha visto protagonista Dafoe, candidato all’Oscar, nel ruolo di un succhiasangue realmente esistito, arruolato per interpretare il ruolo di Orlock. Qui l’attore interpreta invece un assassino di vampiri. Nosferatu è stato anche rifatto nel 1979 da Werner Herzog come Nosferatu il vampiro, con il suo frequente collaboratore Klaus KinskiNosferatu arriverà al cinema a partire dal 1 gennaio.

Secret Level: recensione della serie di Tim Miller

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Secret Level: recensione della serie di Tim Miller

Secret Level, la nuova serie antologica animata di Prime Video, debutta il 10 dicembre con l’ambizioso obiettivo di omaggiare alcuni tra i videogiochi più iconici di sempre. Creata da Tim Miller (qui la nostra intervista) e prodotta dal suo Blur Studio, la serie porta in scena quindici racconti brevi, ognuno ambientato negli universi di franchise videoludici differenti, e vanta un cast stellare che include Arnold Schwarzenegger, Keanu Reeves, Temuera Morrison, e molti altri.

Secret Level propone un format familiare e un approccio variegato

Le serie antologiche si distinguono per la loro natura episodica: ogni puntata rappresenta una storia autonoma con narrazione verticale. Secret Level segue questa formula, proponendo episodi che spaziano tra generi e atmosfere, da fantasy a fantascienza, da azione ad horror, offrendo una celebrazione della varietà del medium videoludico. Tra gli universi rappresentati, troviamo Dungeons & Dragons, Warhammer 40K, Unreal Tournament, e persino un’interpretazione sorprendente e inquietante di Pac-Man. Tutto sotto la guida di Tim Miller, che ha selezionato e scelto personalmente gli universi da visitare, e affidando ognuno di essi a un gruppo di lavoro diverso e ricco di voci e punti di vista differenti.

Ciascun episodio riflette lo spirito del gioco di riferimento, grazie alla capacità del team di Miller di adattarsi alle specificità di ogni IP. Tuttavia, questa varietà è talvolta limitata da narrazioni troppo semplici e talvolta ripetitive, nel caso in cui si dovesse scegliere di fruire la serie in binge watching. La durata breve degli episodi (tra 10 e 30 minuti) non sempre consente di sviluppare trame complesse, e molte puntate si limitano a esplorare un’idea centrale senza andare oltre. Tuttavia questa carenza drammaturgica viene spesso equilibrata da uno sforzo tecnico ulteriore che arricchisce l’episodio e lo rende un’esperienza visiva impareggiabile. L’esempio perfetto è il segmento dedicato a Sifu: la breve storia ricalca il gioco originale, senza aggiungere nuove prospettive, ma visivamente presenta delle animazioni mozzafiato e una regia ricercata che fa invidia a buona parte degli action in circolazione.

L’eccellenza visiva di Blur Studio

Sul piano tecnico, Secret Level mostra tutta l’expertise di Blur Studio nella CGI. La maggior parte degli episodi utilizza animazione 3D classica, optando per il fotorealismo in diversi casi, sempre a seconda del mondo che si mette in scena. La scelta stilistica appare più cauta rispetto al precedente lavoro di Blur, Love, Death & Robots, che si spingeva più in là dal punto di vista della sperimentazione. E infatti, nei casi in cui Secret Level osa, i risultati sono notevoli: il riferimento è agli episodi dedicati a Pac-Man e Spelunky, in cui drammaturgia e linguaggio fanno un passo avanti per sviluppare la PI di partenza.

La regia, comunque, è efficace nel catturare momenti spettacolari e coreografie di combattimento mozzafiato. Le puntate con una concezione dell’azione più classica, come quelle ispirate a Unreal Tournament e Warhammer 40K, offrono un’esperienza visivamente appagante, grazie a sequenze fluide e dinamiche.

Secret Level vanta un cast stellare

Uno degli aspetti più pubblicizzati di Secret Level è il suo cast di voci, che include nomi di grande richiamo. Arnold Schwarzenegger, Keanu Reeves, Gabriel Luna sono solo alcune delle star che contribuiscono a dare vita ai personaggi della serie. Le performance sono generalmente convincenti, con momenti di spicco come la recitazione intensa di Ricky Whittle e Claudia Doumit in Crossfire. Certo, si tratta pur sempre di ruoli piccoli, quasi comparse, ma ogni dettaglio contribuisce a rendere ogni episodio un piccolo gioiello, un viaggio in un mondo affascinante che, in ogni caso, ci sembra di conoscere e che poi si rivela anche altro.

Un mosaico di proprietà intellettuali di diverso “livello”

Un aspetto molto interessante del progetto è come si è lavorato sulle diverse proprietà intellettuali a cui Miller ha avuto accesso. Secret Level sfrutta non solo titoli leggendari come Dungeons & Dragons e Warhammer 40K, ma anche franchise meno noti o che necessitano di promozione, come New World di Amazon Gaming o il cancellato Concord. Questa scelta da una parte potrebbe generare meno interesse verso gli episodi di universi più “deboli”, dall’altro però permette una maggiore libertà e creatività laddove i franchise scomodati sono meno canonizzati nelle menti degli spettatori. Il risultato è un’esperienza sempre stimolante e fresca.

Un atto d’amore verso i videogiochi

Secret Level è una serie ambiziosa che celebra il mondo dei videogiochi, e che si ingegna per sfruttare sempre al massimo il potenziale di quello che si sceglie di raccontare. Una seconda stagione potrebbe senza dubbio però spingere di più l’acceleratore sui limiti narrativi dei singoli episodi, rendendo lo show un’esperienza ancora più stimolante per lo spettatore. La serie rappresenta un punto di partenza solido, in cui si manifesta una forte volontà di sperimentazione che in questo periodo di ripetitività tecnica è un’oasi preziosa e da valorizzare.

L’Amica Geniale – Storia della bambina perduta: recensione del finale di stagione e di serie

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Volge al termine, con due episodi dolorosi e liberatori, la quarta e ultima stagione dell’adattamento della tetralogia scritta da Elena Ferrante e lette (e guardata) in tutto il mondo, L’Amica Geniale: Storia della bambina perduta. Gli ultimi due episodi”La Scomparsa” e “La Restituzione”, chiudono chiudono un quarto ciclo che, pur mantenendo alcuni dei temi centrali del romanzo, si discosta significativamente nella narrazione e nello sviluppo dei personaggi. Questo distacco, se da un lato apre nuove possibilità interpretative, dall’altro mina la coerenza emotiva e stilistica che ha caratterizzato l’opera letteraria, lasciando spesso un senso di incompiutezza.

La Scomparsa, il punto di non ritorno

Il titolo di questo quarto romanzo (e della rispettiva serie) dovrebbe aver messo gli spettatori condizione di non rimanere troppo sorpresi di fronte alla svolta drammatica che questo episodio porta al finale della serie. “La Scomparsa” si concentra su un evento tragico: la sparizione di Tina, la figlia di Lila e Enzo, che segna un punto di non ritorno per tutti i protagonisti. L’episodio inizia con una serie di tensioni familiari: la piccola Emma comincia a sentire con forza l’esigenza di avere anche lei una figura paterna, e Nino come da aspettativa non eccelle nell’essere presente per la figlia. Tuttavia, riesce a trovare il tempo di fare visita alla bambina al rione, in occasione del mercato domenicale. Mentre Lila tiene Imma in braccio e conversa rapita con Nino, Tina scompare. La bimba non si trova più: le ricerche si intensificano, ma si rivelano vane, lasciando un vuoto devastante. Che fine ha fatto la piccola e brillante Tina? 

L’episodio è così devastante per tutti i personaggi coinvolti che sembra che da quel momento le tragedie e i dolori non possano fare altro che aumentare. Gennaro, il fratello di Lila, viene trovato morto, sopraffatto dalla droga; Generino, il primogenito di Lila, anche lui preda della dipendenza, ripudia suo padre Stefano, ridotto all’ombra di se stesso, e rende complicatissima la vita della madre e di Enzo, ormai vero e proprio padre adottivo del giovane. Intanto Lila è quello che più di tutti subisce le devastanti conseguenze della scomparsa della bimba: convinta che Tina sia ancora viva, cede in una spirale di follia. Il monologo immaginato da Lenù, che tenta di ricostruire il pensiero di un’amica ormai irraggiungibile, è un tocco narrativo interessante ma poco incisivo. La serie sembra più interessata a raccontare il lento disfacimento della comunità che a soffermarsi sulle implicazioni psicologiche che non siano teatrali.

La vicinanza di Elena diventa salvifica per Lila, la mantiene ancorata alla realtà, ma l’omicidio dei fratelli Solara renderà l’ambiente del rione sempre più pericoloso e tossico per la donna che, con tre figlie, cercherà di mettersi al riparo da quella violenza, una volta per tutte.

La Restituzione (di Tina e Nu)

Arrivati all’ultimo episodio di L’Amica Geniale: Storia della bambina perduta, ci troviamo di fronte a una serie di scelte narrative che movimentano l’addio alla storia e allo stesso tempo ne viziano l’elegante fissità che aveva fatto dell’ultimo romanzo della tetralogia un piccolo capolavoro di riflessione sull’esistenza, sui dolori e le perdite, soprattutto sul tempo che passa e sui sentimenti, gli affetti che restano, pur nelle loro storture. Ebbene, per l’adattamento di un romanzo così potente si è pensato bene di abbassare il tono e di aggiungere alla storia svolte da soap opera che confondono le acque e il racconto dei personaggi. Nel decimo episodio torna alla ribalta Pasquale, che viene arrestato per aver assassinato Michele e Marcello Solara.

Parte dell’episodio è dedicato ai tentativi di Lenù di intercedere per lui tramite le conoscenze politiche di Nino, il quale, neanche a dirlo, si rivela poco utile. Più avanti nella storia, sembra che Generino e Dede, primogenita di Elena, si innamorino, tuttavia scopriamo poi che il figlio di Lila scapperà di casa con Elsa, la secondogenita di Lenù, una svolta del tutto inaspettata, sia per la madre in pena, che per gli spettatori a dir poco sorpresi. Elena parte allora con Enzo per recuperare i ragazzi a Bologna, ma scopre che sono dalla nonna. Questa importante deviazione rispetto al materiale originale da una parte genera perplessità, soprattutto per la superficialità con cui viene trattata sia la vicenda di Pasquale (lui, a differenza degli altri interpreti, non è “cresciuto” avendo sempre il volto di Eduardo Scarpetta) che quella di Gennarino e Elsa, dall’altra dà finalmente la possibilità a Enzo di emergere, con un toccante monologo che Pio Stellaccio ci regala con una grande autenticità e commozione.

L’addio al rione, che segue queste sgangherate vicende, è un momento cruciale per Lenù, come si può ben intuire, tuttavia anch’esso è poco valorizzato. Addirittura l’ultimo saluto tra lei e Lila appare freddo e convenzionale, due caratteristiche che non hanno niente a che vedere con nessuno dei due personaggi. Elena parte quindi per Torino, mentre le sue figlie maggiori prendono strade diverse: Dede va a New York dal padre, seguita anni dopo da Elsa, mentre Enzo, che capisce che non ha più un posto accanto a Lila, si trasferisce a Milano. Nino, nel frattempo, viene arrestato, per lui un epilogo che appare affrettato, ma che comunque ci regala una certa soddisfazione, qualunque siano le ragioni dell’arresto, che non vengono condivise.

L’ultima sequenza, ci riporta lì dove tutto era cominciato: un’anziana Elena viene svegliata dalla telefonata di Gennarino, spaventato perché da 48 ore “mammà non s’ trov’”. Lila decide così di sparire, disfarsi nel nulla, portando con sé tutte le fotografie, gli oggetti personali, tutto ciò che testimonia il suo passaggio nel mondo, sparisce per unirsi alla sua Tina, mai dimenticata, lasciando dietro di sé soltanto un figlio smarrito, e una vaga perplessità nella mente della sua amica. Alla quale però dedica il suo ultimo pensiero, prima di dissolversi: rientrando a casa, un giorno, Elena trova nella cassetta della posta Tina e Nu, le bambole di pezza che avevano perso da bambine.

L’Amica Geniale – Storia della bambina perduta perduta rinuncia alla poesia in favore della televisione

Con un adattamento poco fedele principalmente nello spirito del racconto, la quarta stagione de L’Amica Geniale chiude in anti-climax una delle serie che a ragione verranno ricordate come uno dei migliori prodotti televisivi della produzione italiana. E nonostante questo, la quarta stagione è senza dubbio il momento più basso di questa trasposizione quasi sempre elegante e preziosa. La tendenza constante di questo quarto ciclo è stata quella di operare un abbassamento di tono costante, una trivializzazione del materiale di partenza che, come dote principale aveva quella di rendere alti e poetici anche i discorsi più volgari e carnali. Probabilmente perché la scrittura consente l’utilizzo di metafore e sottintesi che la serie, come linguaggio di comunicazione, pretende di mostrare con le immagini. La serie perde quella capacità di Ferrante di rendere sublimi anche gli eventi più violenti, sporchi e quotidiani, scadendo talvolta in una rappresentazione ruvida che suscita più ilarità che empatia.

Ma non è solo un “problema” di tono: i personaggi secondari, in particolare Generino, le figlie di Elena e Alfonso, sono trattati con superficialità, preferendo il cliché all’approfondimento psicologico, un difetto che si riscontra esclusivamente nelle scelte di scrittura, e non nelle interpretazioni degli attori che rimangono uno dei punti forti della serie, con la sola eccezione di Alba Rohrwacher, quasi condannata a una Elena che proprio non le calza. Nonostante questa forzatura, è lei la vera protagonista della serie, non solo voce narrante ma anche punto di vista dal quale percepiamo tutto e tutti, mentre il personaggio di Lila, interpretato splendidamente da Irene Maiorino, rimane un personaggio secondario, letto attraverso il filtro dell’amica e mai (più) centro vivo, selvaggio e propulsivo dell’azione.

Il potenziale emotivo dell’opera viene solo parzialmente sfruttato, rendendo questi ultimi episodi un’occasione mancata per onorare appieno il capolavoro letterario da cui traggono origine.

Scissione: trailer della seconda stagione dal 17 gennaio 2025 su Apple TV+

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Ieri dal Thunder Stage del CCXP24 di San Paolo, Brasile, Apple TV+ ha presentato il trailer dell’attesissima seconda stagione di Scissione, con il creatore, scrittore e produttore esecutivo della serie Dan Erickson, il protagonista e produttore esecutivo Adam Scott e le star Britt Lower e Tramell Tillman che si sono uniti ai fan per condividere un’esclusiva anticipazione di ciò che ci aspetta per gli innies e gli outies delle Lumon Industries. La seconda stagione di Scissione, composta da 10 episodi, farà il suo debutto su Apple TV+ il 17 gennaio 2025 con il primo episodio seguito da nuove puntate ogni venerdì fino al 21 marzo.

Il thriller ambientato sul posto di lavoro acclamato dalla critica e vincitrice di un Emmy e di un Peabody Award, è ideato dal produttore esecutivo e regista Ben Stiller ed è interpretato dal candidato all’Emmy Adam Scott, Britt Lower, Tramell Tillman, Zach Cherry, Jen Tullock, Michael Chernus, Dichen Lachman, il vincitore dell’Emmy John Turturro, il premio Oscar Christopher Walken e la vincitrice dell’Oscar e dell’Emmy Patricia Arquette e dà il benvenuto nella seconda stagione ai nuovi series regular Sarah Bock e Ólafur Darri Ólafsson.

La trama della seconda stagione di Scissione

In Scissione Mark Scout (Adam Scott) guida un team di lavoro della Lumon Industries i cui dipendenti sono stati sottoposti a una procedura di scissione, che divide chirurgicamente i loro ricordi professionali da quelli personali. Questo audace esperimento di “equilibrio tra lavoro e vita privata” viene messo in discussione quando Mark si ritrova al centro di un mistero da svelare che lo costringerà a confrontarsi con la vera natura del suo lavoro… e di se stesso. Nella seconda stagione, Mark e i suoi amici scoprono le terribili conseguenze derivanti dall’aver giocato con la barriera della separazione, che li trascinerà ulteriormente lungo un percorso di guai e dolore.

“Scissione” è prodotta esecutivamente da Ben Stiller, che dirige anche cinque episodi della nuova stagione, alternandosi alla regia con Uta Bresiewitz, Sam Donovan e Jessica Lee Gagné. La serie è scritta, creata e prodotta esecutivamente da Dan Erickson. La seconda stagione è prodotta anche da John Lesher, Jackie Cohn, Mark Friedman, Beau Willimon, Jordan Tappis, Sam Donovan, Caroline Baron, Richard Schwartz, Nicholas Weinstock. Oltre a essere protagonisti, Adam Scott e Patricia Arquette sono anche produttori esecutivi. Fifth Season è lo studio.

La prima stagione completa di Scissione, disponibile in streaming su Apple TV+, è stata acclamata dal pubblico e dalla critica internazionale e, oltre a vincere gli AFI Awards, ha ottenuto 14 nomination agli Emmy, tra cui Outstanding Drama Series, Outstanding Directing for a Drama Series (Ben Stiller), Outstanding Lead Actor in a Drama Series (Adam Scott) e Outstanding Writing for a Drama Series, aggiudicandosi i premi nelle categorie Outstanding Music Composition for a Series e Outstanding Main Title Design. La serie ha ottenuto anche due Writers Guild of America Awards come Miglior nuova serie e Miglior serie drammatica, oltre a due nomination agli Screen Actors Guild Awards e una nomination ai Producers Guild e ai Directors Guild Awards.

Black Doves: gli eventi reali che hanno ispirato la serie di Netflix e Keira Knightley

Il creatore di Black Doves di Netflix spiega l’ispirazione reale alla base della serie. In uscita il 5 dicembre, Black Doves è una serie Netflix che racconta la storia di una donna di nome Helen che intraprende una relazione appassionata. L’unico problema è che Helen ha un’identità segreta che mette in grave pericolo il suo nuovo amante. Black Doves vanta un cast di tutto rispetto, tra cui Keira Knightley, Ben Whishaw, Andrew Koji, Tracey Ullman, Sarah Lancashire e Andrew Buchan. È stata creata da Joe Barton e avrà sei episodi nella sua prima stagione.

In un’intervista a RadioTimes, il creatore Barton spiega l’ispirazione reale dietro Black Doves. Il creatore racconta che stava “leggendo anche di quei poliziotti spia” che “si erano infiltrati in quel gruppo ambientalista.” Da lì ha tratto ispirazione per scrivere una storia su “quella doppiezza di avere un matrimonio finto che dura anni e anni e anni e poi scompare.” Sono stati questi eventi reali a diventare l’ispirazione per Black Doves. Ecco la citazione completa di Barton:

Stavo leggendo anche di quei poliziotti spia, quei tizi che si erano infiltrati in quel gruppo ambientalista e avevano finito per avere dei figli con loro. Insomma, una storia davvero orribile, molto più oscura di questa.

Ma ho pensato: OK, questa idea, questa doppiezza di un matrimonio finto che dura anni e anni e anni e poi scompare. Credo che anche questo abbia contribuito a ispirarmi.

Cosa significa questa ispirazione per Black Doves

In questa intervista, Barton fa riferimento allo scandalo dei “poliziotti spia”. Questo evento reale ha coinvolto membri della polizia britannica sotto copertura che hanno iniziato relazioni intime con gruppi di protesta. Questi scandali hanno avuto luogo principalmente nel 2010 e nel 2011 e hanno portato ad azioni legali contro questi agenti, alcuni dei quali hanno sposato o avuto figli con le persone che volevano ingannare. I principali gruppi presi di mira da questo scandalo dei poliziotti spia erano gruppi di difesa della giustizia sociale e ambientale.

Questo collegamento con la realtà potrebbe aiutare Black Doves a sembrare ancora più credibile agli occhi dei britannici o di chiunque sia a conoscenza della storia degli “spy cops”. Nella serie, la protagonista Helen è una spia nel vero senso della parola, poiché lavora per un’organizzazione di super spie chiamata Black Doves. Sarà affascinante vedere cosa succederà a Helen nella sua storia romanzata in Black Doves e come questa potrà rispecchiare o meno gli eventi reali.

The Bad Guy 2: la recensione della serie Prime Video

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The Bad Guy 2: la recensione della serie Prime Video

È bene dirlo senza mezzi termini: la seconda stagione di The Bad Guy, disponibile su Prime Video dal 5 dicembre e ancora una volta diretta dal duo Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana, conferma e supera le aspettative, offrendo un’avvincente seguito della storia di Nino Scotellaro, ex magistrato diventato spietato malavitoso. Con il suo mix di riferimenti al cinema d’azione anni ’90 e un profondo radicamento nella realtà italiana, la serie si impone come uno dei prodotti più interessanti del panorama televisivo contemporaneo.

Un omaggio al grande cinema e alla cultura pop

Era chiaro dall’inizio che The Bad Guy fosse un prodotto creato da chi ama il cinema. La passione dei registi per maestri come Tony Scott, Michael Bay, John Woo e Quentin Tarantino permea ogni episodio, donando alla serie una dimensione cinematografica che la rende unica. A questi riferimenti si aggiungono influenze pop e più contemporanee che danno alla serie il suo tono così specifico: c’è dramma e emozioni forti, ma anche ironia, gusto per il grottesco e commedia. Nino Scotellaro è proprio un Walter White che affronta una sua discesa del suo personale inferno per trasformarsi in Balduccio Remora, senza via di ritorno.

Un protagonista sempre più complesso

La seconda stagione riparte esattamente dal punto in cui si era conclusa la prima: Nino (Luigi Lo Cascio) si trova faccia a faccia con il suo nemico giurato, Mariano Suro (Antonio Catania). Ma la vendetta deve attendere. L’archivio, una cassetta contenente prove scottanti di rapporti tra Stato e mafia, diventa il fulcro della trama. Nino è sempre più combattuto tra il richiamo della sua vita precedente, rappresentata principalmente da Lui e Leo, e la crescente attrazione per il potere e il controllo che il suo nuovo ruolo gli offre. Questa evoluzione è esplorata con grande attenzione e consapevolezza: vediamo un uomo che, nonostante tutto, sembra ancora lottare per qualcosa di giusto, anche quando le sue azioni raccontano il contrario.

The Bad Guy (s): Stefano Accorsi è la grande novità

Tra le tante sorprese di questa stagione, spicca Stefano Accorsi nel ruolo di Stefano Testanuda, agente segreto dalla moralità ambigua e dall’aspetto fuori dagli schemi. Con capelli biondi e un’aria glaciale, Accorsi si diverte e diverte, rendendo il suo personaggio una scheggia impazzita: la sua entrata in scena è già un momento iconico. Si è forse sempre detto troppo poco della bravura di Accorsi, relegato per chiari meriti estetici troppo spesso al “bello della storia”: Stefano Accorsi è versatile e talentoso e soprattutto ha dimostrato che quando non si prende troppo sul serio è in grado di regalare personaggi e interpretazioni memorabili.

the bad guy 2
_LugiLoCascio_ClaudiaPandolfi_TheBadGuy2_foto di Kimberley Ross

Un mondo di donne

Ma si sa che un personaggio, per quanto caratterizzato bene, non funziona mai da solo. Deve avere delle controparti all’altezza. Il cast di The Bad Guy 2 si arricchisce di nuovi volti che aggiungono dinamismo alla storia. Ma se Lo Cascio e Accorsi sono due pilastri di questa seconda stagione, sono le donne che fanno davvero il bello e il cattivo tempo. Claudia Pandolfi è ancora una volta convincente nel ruolo di Luvi Bray, moglie di Nino e avvocata divisa tra dovere e sentimenti contrastanti, la sua interpretazione è il cuore romantico della storia che mostra in quanti modi di possa amare un uomo totalmente. Selene Caramazza, nei panni della sorella di Nino e maresciallo dei carabinieri Leonarda Scotellaro, occupa un maggiore spazio narrativo, ed è il centro emotivo, viscerale, passionale della storia, perché è tutta istinto e non comprende l’aspetto calcolatore e compromissorio che invece appartiene a Luvi. Giulia Maenza (Teresa Suro) continua a sorprendere con un’interpretazione carismatica di una donna di potere che dribbla ogni cliché e offre un ritratto fresco e autentico. La passione dei registi per la cultura pop si svela anche nella scelta di alcuni precisi volti per comparse e piccoli ruoli: Aldo Baglio, in un’inedita parte drammatica, e Carolina Crescentini, che invece compare in un piccolo ruolo, sono veramente un regalo per lo spettatore.

Un racconto che non si concede distrazioni

Una delle caratteristiche distintive di The Bad Guy è la fiducia che i suoi creatori ripongono nello spettatore. Non c’è spazio per “spiegoni” o riassunti: tutto è lasciato all’azione e ai dettagli disseminati lungo la trama. Ogni inquadratura, ogni espressione e ogni oggetto di scena raccontano qualcosa, invitando chi guarda a non distrarsi nemmeno per un secondo. Questo approccio, in un’epoca dominata dal binge-watching bulimico, premia il pubblico con una narrazione densa e avvincente, che soprattutto basa la sua fidelizzazione sul tono specifico e inconfondibile che aveva già fatto la fortuna della prima stagione.

The Bad Guy 2 conferma i motivi del successo della prima stagione, riesce a tenere alta la tensione, approfondendo al contempo la psicologia dei personaggi e offrendo momenti di grande spettacolarità e divertimento. In attesa di un (inevitabile?) terzo capitolo che concluda la storia, questa seconda stagione è uno degli appuntamenti imperdibili di dicembre su Prime Video.

Uonderbois: recensione del primo episodio della serie Disney+

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Uonderbois: recensione del primo episodio della serie Disney+

Il 6 dicembre debutta su Disney+ Uonderbois, la nuova serie originale italiana prodotta per la piattaforma che si prefigge di portare lo spettatore in un viaggio straordinario tra le strade e i sotterranei di Napoli. Ideata da Barbara Petronio e Gabriele Galli, e diretta da Andrea De Sica e Giorgio Romano, la serie si presenta come un mix avvincente di folklore, avventura e un pizzico di magia. La prima puntata, che apre le porte al mondo unico e vibrante di Uonderbois, è un’introduzione affascinante e ricca di spunti e influenze.

La trama di Uonderbois, tra leggenda e realtà

La storia segue cinque ragazzi di dodici anni che vivono nei vasci di Napoli, stretti da un legame d’amicizia e da una fervida immaginazione alimentata dalle leggende popolari. I protagonisti sono accomunati dalla convinzione che la loro città sia abitata da Uonderboi, una figura mitologica che unisce la tradizione del Munaciello a un moderno supereroe, un Robin Hood dei vicoli napoletani. Questo mito diventa il punto di partenza per un’avventura epica che intreccia realtà e fantasia.

La puntata introduce rapidamente il conflitto principale: la Vecchia, la proprietaria dei vasci, sta per vendere le case dei ragazzi in cambio di una statuetta di Maradona all’interno della quale, si dice, sia nascosta la mappa di un tesoro. Questo innesco scatena una serie di eventi che porteranno i protagonisti a immergersi nei misteri della Napoli sotterranea, alla ricerca di un tesoro leggendario. L’elemento magico si mescola a un toccante senso di comunità e appartenenza, offrendo uno spaccato emozionante della vita nei quartieri popolari napoletani, ma soprattutto di un’infanzia che non ha ancora ceduto il passo all’adolescenza e cavalca ancora l’immaginazione con spirito d’avventura.

Un cast brillante in una Napoli al suo meglio

La prima puntata di Uonderbois presenta da subito il suo cast corale che include giovani talenti e volti noti del panorama italiano. Serena Rossi (quasi irriconoscibile nel trucco della Vecchia), Massimiliano Caiazzo e Francesco Di Leva spiccano per notorietà e carisma, ma chi brilla davvero sono i giovani protagonisti: nonostante la giovinezza, offrono performance credibili e appassionate, incarnando con naturalezza lo spirito vivace e ingenuo dell’infanzia, la totalizzante dedizione all’amicizia e all’avventura.

Napoli, degradata eppure bellissima, è un personaggio a sé stante. La regia di Andrea De Sica e Giorgio Romano valorizza la città in tutta la sua complessità: dai vicoli affollati ai misteriosi cunicoli sotterranei, indugiando presso gli affacci ariosi sul golfo, ogni scena è un omaggio visivo alla cultura partenopea. L’attenta alternanza di spazi chiusi e vedute aperte permette alle immagini di alternate luci e ombre, sottolineando con equilibrio il segreto di questa storia: la magia e la realtà convivono nello stesso spazio.

Una scrittura traballante

Un equilibrio ricercato anche nella scrittura, dove però fa più fatica a emergere, nonostante le fonti di ispirazione della serie siano evidenti. La premessa di Uonderbois ricalca esattamente quella de I Goonies, affaticandosi a rintracciarne la stessa naturalezza e ingenuità. Quello che invece la serie riesce a incorporare nella sua narrazione con naturalezza e efficacia è tutto il magmatico universo di leggende e credenze della tradizione napoletana, uno scrigno ricco e vivo da cui attingere.

La colonna sonora, arricchita da due brani inediti di Geolier – Ferrari e Parl’ cu mme –, aggiunge un tocco contemporaneo al sapore tradizionale del folklore locale, e si sposa perfettamente con l’atmosfera della serie.

Un debutto promettente

Esperienza insolita nel nostro panorama ma consapevole di maneggiare dei tropi che hanno caratterizzato la struttura del cinema d’intrattenimento statunitense con una enorme influenza sulla cultura pop, Uonderbois parla principalmente a un pubblico giovane, godendo di un felice connubio tra specificità locale e linguaggio universale. La prima puntata dà effettivamente solo un’idea di quello che sarà la serie, ma gli elementi per una grande avventura ci sono tutti.

Black Doves: recensione della serie tv con Keira Knightley

Black Doves: recensione della serie tv con Keira Knightley

L’abbondanza di serie tv di stampo spy-action sulle piattaforme non è una cosa nuova: per definizione, la narrazioni che si muovono nel territorio dello spionaggio e contano su una marcata componente action sono tra i prodotti che più chiamano visualizzazioni. In un panorama ormai saturo all’inverosimile di queste proposte, è cosa rara incappare in un esperimento seriale che lasci, effettivamente, la sensazione di qualcosa di “fresco” allo spettatore. Per fortuna, questo è il caso di Black Doves, disponibile su Netflix dal 5 dicembre, sviluppata da Sister e Noisy Bear e con due noti attori britannici protagonisti: Keira Knightley e Ben Wishaw.

Black Doves: mia moglie è una spia

Tutto ha inizio una notte in cui tre persone vengono assassinate quasi contemporaneamente mentre parlano al telefono: chi sono e cosa stavano progettando? La serie parte da questo interrogativo concentrandosi nello specifico sulla morte di uno di loro, un certo Jason (Andrew Koji), che era l’amante di Helen (Knightley), la moglie del Ministro della Difesa (Andrew Buchan). Apprendiamo subito che Helen è in realtà una spia di un’organizzazione chiamata “Black Doves”, che risponde agli ordini di Reed (Sarah Lancashire), per cui è una sorta di insider a cui rivela tutti i segreti del marito politico.

La donna continua a ribadire che la sua relazione con Jason non nascondeva alcun sotterfugio compromettente per il suo lavoro, tutt’altro: era veramente innamorata del ragazzo, ed è per questo che decide di mettersi a indagare sulla sua morte. Lo fa con l’aiuto di un vecchio amico dell’organizzazione, Sam (Whishaw), che torna in Gran Bretagna dopo sette anni di clandestinità a causa di una storia precedente che ha avuto un impatto sulle vite di tutti e che verrà raccontata in flashback. Queste tre morti saranno l’iniziale “innesco” di un complicato conflitto internazionale poiché, in concomitanza con questi eventi, l’ambasciatore cinese in Gran Bretagna viene trovato morto: non tarda troppo tempo per capire che tutti questi eventi potrebbero essere collegati tra loro.

In Black Doves c’è tutto quello che ci aspetteremmo di trovare in una serie del genere: un’investigazione dall’assoluto grado di segretezza; una donna che, dietro la facciata della moglie perfetta, nasconde un’indole decisamente più dinamica; l’ampio respiro internazionale, con le nostre superspie in continuo movimento e, nel caso del personaggio di Whishaw, che non sembrano appartenere davvero a nessun luogo.

Una serie che sorprende

Grazie soprattutto a interpreti decisamente calati nella parte e alla scelta di incorporare un po’ di sano humor british, Black Doves regala al pubblico un’esperienza di visione soddisfacente. La serie cerca di caratterizzare al meglio i suoi volti di punta, tanto che la vita privata di questi assume un ruolo di primo piano nello sviluppo degli eventi. Anche se potrebbe sembrare che aderiscano alla fredda regola del non portare sul lavoro i conflitti casalinghi, qui non c’è intrigo internazionale in cui questi aspetti emotivi non siano almeno in parte coinvolti.

L’aspetto più problematico di Black Doves emerge a partire dalla metà della serie: i suoi personaggi di contorno sono così tanti e così poco definiti, che è molto difficile mantenere il livello di credibilità di cui questo tipo di show ha bisogno. Fortunatamente, come dicevamo, i due personaggi principali colmano le lacune, dando corpo e anima alla serie.

Il connubio tra action e comedy

Knightley, che torna sulla piattaforma dopo il film Lo strangolatore di Boston (2023), si afferma come baricentro drammatico di tutto ciò che accade, gestendo molto bene il classico conflitto dell’infiltrata che vive una doppia vita al punto da non riuscire più a distinguere chi è e di chi deve veramente fidarsi. D’altra parte, Whishaw si mette alla prova portando in scena un forte dramma emotivo personale: Sam è gay, aveva un compagno che ha dovuto lasciare per motivi di lavoro, e di cui sente ancora la mancanza. Questo profondo conflitto interiore deve coesistere con una sottotrama che coinvolge una coppia di assassini professionisti e il loro capo, un’accoppiata che sembra uscita direttamente da un film di Guy Ritchie.

Tra battute taglienti e una spiccata ironia, Knightley non vi farà mai perdere di vista la sua Helen, mentre Whishaw conferisce al suo Sam una vulnerabilità irresistibile, che vi farà pensare di non avere mai incontrato un sicario del genere nell’audiovisivo. Tra di loro, la componente comedy funziona egregiamente, ma l’incantesimo non si applica a tutti i personaggi e alle storyline secondarie che incontriamo strada facendo. Effettivamente, forse questa dispersione tonale potrebbe respingere qualche spettatore ma, per chi saprà comprendere che è parte del gioco, Black Doves promette di riservare le giuste sorprese.

LEGGI ANCHE: Black Doves è una storia vera e un’organizzazione segreta reale? Helen Webb è basata su una vera spia?

FBI – Stagione 7: data di uscita, cast, trama e tutto quello che sappiamo

Dal produttore Dick Wolf, FBI è stato uno dei più grandi successi della CBS negli ultimi tempi, e il procedurale di polizia ricco di azione tornerà per la settima stagione. Debuttata nel 2018, la serie segue gli agenti dell’ufficio dell’FBI di New York City mentre proteggono la città e il paese da varie minacce interne. Le impronte digitali di Dick Wolf sono presenti su FBI, che raggiunge un buon equilibrio tra la tipica formula del caso della settimana con il vantaggio di personaggi ben scritti e l’aggiunta della gravitas dell’FBI.

Non ci è voluto molto perché la serie ricevesse uno spinoff, e l’episodio della prima stagione “Most Wanted” è servito come episodio pilota per l’omonima serie. Negli anni successivi, il popolare procedurale della CBS è stato nuovamente scorporato e sta rapidamente diventando il prossimo franchise televisivo con più serie. Come altre creazioni di Dick Wolf, come Law and Order e la serie One ChicagoFBI funziona così bene grazie alle possibilità quasi illimitate che potrebbero facilmente vedere la serie principale estendersi per decenni. Anche con sei stagioni all’attivo, FBI non mostra segni di arresto.

Ultime notizie su FBI Stagione 7

Sebbene il cast della serie principale non sia cambiato molto in sei stagioni, le ultime notizie confermano che un membro del cast lascia l’FBI e un altro entra a farne parte. Katherine Renee Kane è entrata a far parte dello show nella terza stagione nel ruolo dell’agente speciale Tiffany Wallace, ma si prevede che se ne andrà nel corso della settima stagione. Al suo posto, Lisette Olivera si unirà al cast nel ruolo di Syd , membro dell’Unità di Analisi Comportamentale. Non è stata fornita alcuna ragione per l’uscita di scena della Kane, ma apparirà in almeno un episodio della stagione 7.

Data di uscita della stagione 7 di FBI

La stagione 7 debutterà a ottobre

La CBS ha debuttato con i suoi show sull ‘FBI nel febbraio 2024, e ci sono voluti solo pochi mesi perché la rete desse a tutti e tre gli ordini di stagioni aggiuntive. Il programma del martedì interamente dedicato all’FBI ha aiutato la CBS a dominare gli ascolti, e la rete continuerà questa tendenza quando la serie tornerà martedì 15 ottobre, a partire dalle 20:00 con FBI. Lo show di punta sarà seguito da FBI: International alle 21.00 e FBI: Most Wanted alle 22.00.

La stagione 6 di FBI si è conclusa il 21 maggio 2024.

FBI Stagione 7 Cast

Aspettatevi il ritorno dell’intero cast

I procedurali come FBI sono noti per mantenere i membri del cast per molto tempo, e non ci sono molti cambiamenti da una stagione all’altra. Anche se la sesta stagione ha visto la tragica morte del personaggio ricorrente Trevor Hobbs, interpretato da Roshawn Franklin, in genere i personaggi principali non cambiano spesso. Per questo motivo, ilcast della settima stagione dell‘FBI sarà probabilmente molto simile a quello della sesta, con il ritorno di Missy Peregrym nei panni dell’agente speciale Maggie Bell e del resto della sua squadra.

Katherine Renee Kane riprenderà il ruolo dell’agente speciale Tiffany Wallace nella stagione 7, ma lascerà il ruolo nel corso della stagione. Al suo posto ci sarà la nuova arrivata Lisette Olivera nel ruolo di Syd, un membro dell’Unità di Analisi Comportamentale. L’elenco dei ritorni previsti comprende:

  • Missy Peregrym – Agente speciale Maggie Bell
  • Zeeko Zaki -Agente speciale Omar Adom “OA” Zidan
  • John Boyd – Agente speciale Stuart Scola
  • Katherine Renee Kane – Agente speciale Tiffany Wallace
  • Alana de la Garza – SAC Isobel Castille
  • Jeremy Sisto – Assistente SAC Jubal Valentine
  • Lisette Olivera – Syd

FBI Stagione 7 – Storia

Previsto un formato caso per settimana

Il finale della stagione 6 dell’FBI non ha cambiato la traiettoria dello show, e la squadra ha eliminato con successo Hakim e ha anche dato a Wallace un po’ di chiusura emotiva dopo aver perso il suo partner sotto copertura nell’episodio 1. Detto questo, è difficile indovinare quale potrebbe essere la storia generale della prossima stagione, ammesso che ce ne sia una. Tuttavia, è quasi certo che la stagione 7 dell’FBI sarà come la maggior parte dei procedurali di successo e presenterà un formato di caso della settimana in cui gli agenti dovranno affrontare alcune delle più grandi minacce che la Grande Mela ha da offrire.

Euphoria: rivelata la data di uscita della terza stagione

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Euphoria: rivelata la data di uscita della terza stagione

La serie teen drama di successo Euphoria, con protagonista Zendaya, ha finalmente una data di uscita per la tanto attesa terza stagione su HBO. La serie, creata e scritta da Sam Levinson, è basata sulla miniserie israeliana omonima e segue Rue Bennett, un’adolescente tossicodipendente che lotta per disintossicarsi e trovare il suo posto nel mondo. Euphoria è diventato un enorme successo per HBO, ma la terza stagione ha subito diversi ritardi a causa della riscrittura della sceneggiatura da parte di Levinson e dell’impegno del cast in altri progetti. Secondo le ultime notizie, le riprese della terza stagione di Euphoria inizieranno a gennaio.

Secondo Variety, HBO ha rivelato che Euphoria – stagione 3 uscirà nel 2026. La notizia è stata data da JB Perrette, dirigente della Warner Bros. Discovery, che ha condiviso la notizia durante una conferenza tecnologica e mediatica della Wells Fargo. La serie fa parte della prossima programmazione della HBO, che prevede il debutto e il ritorno di diverse serie nel 2025 e nel 2026, tra cui A Knight of the Seven Kingdoms, The White Lotus e la seconda stagione di The Last of Us.

Cosa significa questo per la terza stagione di Euphoria

Nel gennaio 2025 saranno passati tre anni dal debutto della seconda stagione della serie e molte delle star sono diventate famose in questo periodo, tra cui Zendaya e Sydney Sweeney. Il lasso di tempo suggerisce che la terza stagione di Euphoria cercherà di esplorare nuovi territori e affrontare trame diverse da quelle a cui gli spettatori sono abituati. Secondo quanto riferito, Levinson ha faticato a trovare una nuova strada creativa da seguire, e anche Zendaya ha suggerito alcune trame che alla fine sono state scartate. Ora, però, la serie è finalmente entrata in una fase di produzione regolare.

È probabile che la serie farà un salto temporale e seguirà i personaggi da giovani adulti.

La premiere nel 2026 è in linea con l’inizio delle riprese previsto per Euphoria; con la produzione della serie che inizierà il mese prossimo, il team creativo ha tutto il 2025 per mettere a punto i nuovi episodi. Supponendo che tutto vada liscio, Euphoria potrebbe debuttare all’inizio del 2026, proprio come la seconda stagione nel 2022.

Sembra che Levinson abbia in mente di dare alla terza stagione una direzione diversa rispetto agli episodi precedenti, dato che il cast di Euphoria è ormai troppo vecchio per continuare a interpretare dei liceali. È probabile che la serie faccia un salto temporale e segua i personaggi da giovani adulti.

Star Wars: Skeleton Crew, recensione dei primi tre episodi

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Star Wars: Skeleton Crew, recensione dei primi tre episodi

Con Star Wars: Skeleton Crew, Lucasfilm propone un’interessante deviazione dal percorso tradizionale della saga stellare. Con le prime tre puntate (due delle quali disponibili su Disney+ dal 2 dicembre, mentre le altre una a settimana), questa nuova serie punta i riflettori su un gruppo di pre-adolescenti che si trovano coinvolti in un’avventura cosmica, attingendo al sentimento nostalgico di classici come I Goonies. Ma riesce davvero a essere Star Wars, o è il sintomo di un franchise che si sta adattando a un nuovo pubblico?

La trama di Star Wars: Skeleton Crew: uno spirito d’avventura senza confini

La premessa di Skeleton Crew è semplice e accattivante. Quattro ragazzi – rispettivamente interpretati da Ravi Cabot-Conyers, Ryan Kiera Armstrong, Kyriana Kratter e Robert Timothy Smith – scoprono qualcosa di misterioso sul loro apparentemente tranquillo pianeta natale. Quella che inizia come una ricerca di una semplice avventura per staccare dalla routine, si trasforma in un’odissea galattica, piena di incontri inaspettati, pericoli e scoperte. Guidati da un enigmatico Jude Law in un ruolo ancora avvolto dal mistero, i giovani protagonisti sono costretti a navigare una galassia pericolosa, in cui alleati e nemici si mescolano in modi imprevedibili.

L’aspetto che colpisce immediatamente è l’approccio visivo. Grazie alla regia alternata di Jon Watts, David Lowery, i Daniels e altri, Star Wars: Skeleton Crew offre un mix di atmosfere: dal fiabesco al surreale, con momenti che ricordano il fascino artigianale di The Mandalorian e l’intimità visiva di Andor. Tuttavia, è lo spirito da “film per ragazzi anni ‘80” che domina, regalando una sensazione di leggerezza e scoperta che si amalgama bene con la narrazione.

Un cast giovane e promettente

Il cuore della serie sono i suoi giovani protagonisti. I quattro ragazzi offrono performance genuine, catturando con autenticità lo stupore e il terrore di trovarsi in un mondo molto più grande e pericoloso di quanto avessero mai immaginato. Jude Law, nel ruolo del loro mentore (o forse qualcosa di più ambiguo?), riesce a mantenere alta la tensione drammatica senza rubare troppo spazio alla narrazione dei ragazzi, tenendo in equilibrio il mistero del suo personaggio con un sorriso sornione irresistibile. Il cast di supporto, che include Kerry Condon e Nick Frost, aggiunge profondità e tonalità variegate alla serie.

Regia e scrittura: una visione poliedrica

Uno dei punti di forza di Skeleton Crew è la sua regia diversificata. Ogni episodio ha una sua identità visiva e tonale, pur mantenendo una coerenza narrativa. I Daniels portano il loro caratteristico stile eccentrico, mentre David Lowery aggiunge una sensibilità più malinconica e poetica. Questo approccio rende ogni episodio un’esperienza unica, anche se potrebbe disorientare chi preferisce uno stile più uniforme.

Sul fronte della scrittura, Jon Watts e Christopher Ford riescono a bilanciare momenti di leggerezza con temi più profondi, come la paura dell’ignoto e il desiderio di appartenenza. Tuttavia, alcuni dialoghi rischiano di cadere nel cliché, soprattutto quando cercano di veicolare lezioni morali esplicite.

Il dilemma dell’identità: cos’è Star Wars oggi?

Le prime tre puntate di Star Wars: Skeleton Crew offrono un’esperienza fresca e originale, e la serie si presenta così come una storia di formazione travestita da avventura spaziale, strizzando l’occhio a chi cerca emozioni più intime e meno epiche. Non sarà lo Star Wars che tutti conosciamo, ma forse è quello di cui il franchise ha bisogno in questo momento.

Il fatto che Skeleton Crew sia effettivamente una serie fresca e interessante fa emergere una domanda fondamentale: questo è ancora Star Wars? I puristi della saga potrebbero storcere il naso. Non ci sono Jedi iconici o conflitti cosmici di proporzioni epiche. Non ci sono Sith che complottano né battaglie stellari mozzafiato. Piuttosto, la serie esplora un lato più intimo e personale della galassia lontana lontana. È come se Lucasfilm stesse sperimentando con il formato: cosa succede se mettiamo da parte la mitologia e lasciamo spazio a storie più piccole?

Questo spostamento potrebbe sembrare estraniante per chi associa Star Wars a un immaginario ben definito. Tuttavia, è anche un segnale di maturazione del franchise, che cerca di adattarsi a un pubblico più giovane senza rinunciare alla possibilità di raccontare qualcosa di nuovo. Lo spirito di Skeleton Crew non è quello di Una nuova speranza o L’Impero colpisce ancora, ma forse è proprio questo il punto: lo Star Wars del passato è morto, lunga vita al nuovo Star Wars.

Dune: Prophecy – Episodio 3: perché Valya fa visita a suo zio e cosa significa per il futuro?

Con l’episodio 3, Dune: Prophecy si tuffa nelle vite di Valya e Tula Harkonnen, e si conclude con una sequenza in cui Valya fa visita allo zio e al nipote. Le attrici Emily Watson e Jessica Barden interpretano Valya Harkonnen, la protagonista della serie, in momenti diversi nel tempo. L’episodio 3 ha utilizzato diversi flashback per mostrare una parte importante della vita di Valya mentre si allontanava dalla sua famiglia e legava la sua lealtà alla Madre Superiora Racquella e alla Sorellanza, preparandola a diventare in seguito il leader dell’organizzazione.

Valya Harkonnen è una figura ultra-potente a questo punto della linea temporale di Dune, poiché è la leader di un’organizzazione che ha le sue radici scavate in tutto l’Imperium. L’episodio 2 ha visto parte della sua influenza recisa, tuttavia, quando Desmond Hart ha convinto l’imperatore Javicco Corrino a estrometterla dal Palazzo Imperiale e ha anche resistito al potere della Voce. Valya ha fatto una mossa interessante nell’episodio 3, i flashback dimostrano la dualità del suo personaggio e perché tutto ciò è importante.

Valya in visita allo zio si allontana da “Sisterhood Above All”

“Sisterhood Above All” è il titolo dell’episodio 3 di Dune: Prophecy, che esamina il percorso di Valya Harkonnen da membro orgoglioso della sua casa, desiderosa di vendetta contro la Casa Atreides, a leader della Sorellanza. Una delle sue prove più significative è pronunciare la frase “Sisterhood Above All”, dichiarando che metterà sempre le esigenze dell’organizzazione al di sopra di quelle della sua persona e della sua famiglia. È destinata a lasciarsi alle spalle i legami familiari, cosa che sembra fare quando usa la Voce su Sonya e porta Tula con sé nella Sorellanza.

Questo rende il suo incontro con lo zio e il nipote nel finale dell’episodio 3 di Dune: Prophecy ancora più significativo, poiché sembra che stia tornando a tenere alla sua famiglia di provenienza. Il potere della Voce e l’influenza della Sorellanza non hanno funzionato per lei, quindi sta tornando ai suoi legami con gli Harkonnen per chiedere aiuto. Valya è disperata nell’episodio 3 e mostra quanto sia in conflitto, come personaggio. Può affermare di aver fatto sacrifici per la Sorellanza, ma è disposta a piegare le regole quando la sua posizione è minacciata.

In che modo lo zio di Valya aiutarla davvero?

La Casa Harkonnen ha sofferto negli anni precedenti agli eventi di Dune: Prophecy, poiché sono stati considerati codardi dalla Casa Atreides alla fine della Jihad Butleriana. Non hanno l’influenza che avranno durante i film di Dune, ma potrebbero comunque avere delle connessioni e un certo livello di influenza che può aiutare Valya in cambio del suo sostegno nell’aumentare la loro reputazione come casa. È difficile dire esattamente quale sia il suo gioco, ma la Casa Harkonnen non dovrebbe mai essere completamente esclusa dall’universo di Dune.

L’amica Geniale – Storia della bambina perduta: recensione degli episodi 7 e 8

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Dopo un dittico che sicuramente ha fatto discutere, a tratti sgradevole e violento nei confronti delle sue protagoniste, L’amica geniale – Storia della Bambina Perduta torna su RaiUno con le puntate 7 e 8, Il ritorno e L’indagine. Dopo decenni che le due amiche erano separate, questi due episodi le vedono tornare insieme, confidenti e collaboratrici, di nuovo vicine, mentre la loro relazione assume dei contorni nuovi che fino a quel momento non si erano mai definiti così bene. Il loro rapporto di forze si evolve ulteriormente e se Lila continua a essere quella tra le due che tende a prevaricare l’altra, Elena si conferma una donna piena di risorse, soprattutto dopo la fine della storia con Nino.

L’addio a Nino e “Il ritorno” al rione

Con il settimo episodio, dal titolo Il ritorno, la storia si immerge di nuovo nel tumulto emotivo di Elena, che torna alle sue radici e al suo inizio, prendendo di nuovo casa al rione, proprio sotto all’appartamento di Lila. La rottura definitiva con Nino è un momento di liberazione e consapevolezza: un legame tossico che viene reciso, non senza amarezza, ma con grande decisione. La scena del loro confronto nella casa di Via Petrarca però non è il trionfo della volontà di Elena, quanto piuttosto un verboso e depotenziato colloquio tra due persone che, almeno da una parte, un tempo si erano amate. Nino confessa tutte le sue piccolezze e questa volta Lenù ha gli strumenti per allontanarlo, definitivamente. La scelta degli sceneggiatori di mostrare il tradimento di Nino con una donna sformata e anziana è stato un inciampo di scrittura davvero sgradevole, come se solo vedendosi tradire con una donna così poco attraente, Lenù avesse capito che quest’uomo, che ha amato per così tanto tempo, non merita quella devozione. Il tradimento perpetrato nel tempo da Nino, la sua ostinazione a coltivare se stesso al posto della sua storia con Elena, il continuo desiderio di affermazione e conferma, l’insicurezza che mortificava l’intelligenza della compagna erano ben più gravi di una sveltita con l’attempata domestica. Ma una scelta “grafica” rispetto agli eleganti non detti allusivi del romanzo, è sembrata più adeguata alla televisione. Non sarà l’unica volta in questa coda di serie, né sarà la più sgradevole.

Archiviato finalmente Nino dal suo cuore (ma non dalla sua vita, continuano a condividere una figlia, dopotutto) Elena torna al rione, dove riafferma la propria autonomia, nonostante la difficoltà di essere una donna sola con tre bimbe. Questo ritorno alle origini diventa un catalizzatore per la sua scrittura, che finalmente trova una nuova forza e autenticità. La pubblicazione del suo libro e il successo che ne deriva trasformano Elena in una figura di spicco, ma il prezzo del suo successo diventa evidente: la distanza crescente tra lei e un ambiente che implode su sé stesso. Elena è ormai un elemento estraneo al rione e tuttavia una componente importante per il suo ecosistema, una voce narrante.

L’evento che fa seguito al ritorno di Lenù al rione è il tanto atteso matrimonio di Marcello Solara con la sorella di Elena, Elisa, una delle sequenze più cariche di tensione dell’episodio. La scena mira a sottolineare un punto in particolare, che però non viene spiegato adeguatamente: Michele Solara è definitivamente libero dall’incantesimo di Lila, ormai la disprezza soltanto e con lei disprezza anche la sua “brutta copia”, Alfonso. Vestito da donna, l’uomo fa irruzione al matrimonio, creando agitazione e tensione. Verrà cacciato e allontanato, solo Lila e Lenù gli rimarranno accanto, fino a che Michele non lo picchierà a sangue per le strade del rione, davanti all’indifferenza di tutti (tranne del buon Enzo, al quale però Lila impedirà di intervenire). Edoardo Pesce, il Michele adulto, è superbo nella messa in scena della bruta e cieca cattiveria del Solara maggiore. Il pestaggio di Alfonso è uno dei momenti più crudi e disturbanti dell’intera serie, eppure il trattamento del personaggio appare forzato rispetto alla delicatezza con cui era stato tratteggiato nei romanzi.

Punto fermo rimane l’amicizia tra Lila e Lenù, sempre in bilico tra parità e abuso, onestà e inganno, in balia degli umori della prima che continuano a influenzare e travolgere la seconda che, dopo tutto questo tempo, appare finalmente più consapevole e capace di schermarsi dalle inevitabili cattiverie dell’amica.

La scrittura come strumento di attacco al potere: L’indagine

L’ottavo episodio tira le fila di molteplici tensioni, portando alla luce l’influenza opprimente dei Solara e l’ineluttabile disgregazione del rione. La morte di Alfonso segna un punto di non ritorno: non solo per la sua brutalità, ma per il modo in cui spezza definitivamente la già fragile speranza di una resistenza al potere dei Solara. La reazione di Lila, fredda e piena di disprezzo, è un elemento di distacco che evidenzia quanto la serie scelga di calcare la mano sull’aspetto più crudo e spietato della realtà narrata. La donna è spezzata dalla morte dell’amico, eppure sceglie di reagire in maniera fredda, senza lasciarsi attraversare da quel dolore che però, lo vedremo, avrà il tempo di esplodere per altre ragioni.

Il degrado del rione e la ritrovata ispirazione di Elena si fondono come un’arma nelle mani di Lila: la donna desidera che la compagna si faccia voce della protesta e del cambiamento, vuole utilizzare le parole per distruggere la violenza dei Solara, pensiero che ne rivela la fondamentale ingenuità, soprattutto di fronte a una violenza cieca e sorda che prende corpo in Michele. La ribellione delle due amiche le vede brevemente fiorire in un nuovo afflato collaborativo: scrivono, lavorano, si confrontano, tornano a essere le due bimbe piene di speranze nel mondo delle idee, per poi scontrarsi contro una realtà ben più cruda. Le parole che mettono insieme non servono ad altro che a mettere Elena in una posizione di difficoltà all’interno del rione, mentre Michele, sempre più violento e minaccioso, si erge come un simbolo di quella brutalità sistemica che soffoca ogni tentativo di cambiamento.

Elena si trova costretta ad affrontare una querela e i problemi economici che ne derivano, trovandosi a dover difendere la propria carriera e integrità. L’episodio riflette bene la spirale di compromessi e minacce che circondano entrambe le protagoniste, mostrando una Napoli senza speranza che divora i suoi figli. Ancora una volta L’amica geniale guarda oltre i confini del privato, affacciandosi con approccio problematico alla società, al pubblico, instaurando uno stretto legame trai due aspetti della narrazione.

L’amica geniale giunge alla svolta decisiva

Gli episodi 7 e 8 segnano un passaggio cruciale nella narrazione de L’amica geniale – Storia della Bambina Perduta, confermando il talento della serie nel coniugare il dramma personale con il contesto sociale. Tuttavia, alcune scelte narrative, come il trattamento del personaggio di Alfonso, potrebbero risultare discutibili per chi ha amato la delicatezza del romanzo. Resta potente, invece, il rapporto tra Elena e Lila, sempre più sfaccettato e complesso. Questi episodi ci ricordano che il rione non è solo un luogo fisico, ma un’entità viva, un microcosmo di potere e lotte, in cui i sogni di emancipazione si scontrano con la brutalità del sistema.

Dune: Prophecy – Episodio 3, la spiegazione del finale

Dune: Prophecy – Episodio 3, la spiegazione del finale

Il finale dell’episodio 3 di Dune: Prophecy, dal titolo “Sisterhood Above All”, solleva diverse domande sul passato e sul futuro di Tula HarkonnenDune: Prophecy è una serie in sei parti basata sul romanzo del 2012 Sisterhood of Dune, scritto dal figlio dell’autore originale di Dune Frank HerbertBrian, e Kevin J. Anderson. La storia si svolge più di 10.000 anni prima dell’ascesa di Paul Atreidies, raccontata in Dune (2020) e Dune: Parte Due (2024) di Denis VillenueveDune: Prophecy rivela le origini della potente sorellanza ombra nota come Bene Gesserit e come hanno manipolato il destino dell’umanità.

L’episodio 1 di Dune: Prophecy “The Hidden Hand” ha presentato Valya Harkonnen (Emily Watson), una leader feroce e calcolatrice, e sua sorella biologica, Tula Harkonnen. L’episodio 2 di Dune: Prophecy rivela cosa è successo a Lila e a sua nonna, la Reverenda Madre Dorotea, dopo che Tula e Valya Harkoennen l’hanno incoraggiata a sopportare prematuramente un rituale pericoloso per la vita noto come The Agony. Nell’episodio 3 di Dune: Prophecy, Tula prende in mano la vita di Lila dopo che è apparentemente morta durante il rituale The Agony e cerca di resuscitarla tramite l’uso di Macchine Pensanti proibite, nascoste da Valya e dalle Bene Gesserit.

Cosa è successo a Griffin Harkonnen

L’episodio 3 di Dune: Prophecy presenta l’unico fratello di Valya e Tula, Griffin Harkonnen. Tornati sul loro pianeta natale di Lankiveil, la Casa Harkonnen è stata evitata dall’Imperium a causa della presunta codardia del loro antenato durante la Battaglia di Corrino contro Vorian Atredies. Mentre il popolo degli Harkonnen si è ridotto a raccogliere pellicce di balena, una Valya audace e ribelle si rifiuta di permettere che il suo cognome venga scartato dall’Imperium.

Griffin spiega alla sua famiglia che si sta dirigendo a Zimia, che è la città principale del pianeta natale dei Corrino, Salusa Secundus, perché Landsraad, ovvero l’organismo che rappresentava tutte le Grandi Casate, ha accettato la sua petizione per ottenere un accordo commerciale migliore per la pelliccia di balena. Mentre è a Zimia, Griffin si mette alla ricerca e affronta Vorian Atreides, che Valya incolpa per aver disonorato Casa Harkonnen. È implicito che Griffin abbia affrontato Vorian come Valya voleva e sia morto nello scontro.

Perché Tula Harkonnen ha ucciso Orry Atreides

Valya e Tula Harkonnen hanno dedicato le loro vite a vendicare il nome della loro famiglia e la morte del loro fratello Griffin, la cui morte ha ulteriormente alimentato il loro odio per Casa Atreides. Mentre Valya andava ad allenarsi con la Sorellanza, Tula nascose la sua vera identità e “si innamorò” di Orry Atreides sul pianeta natale degli Atriedes, Caladan. Orry e Tula si erano incontrati in un mercato dove Orry aveva iniziato una conversazione e aveva chiesto a Tula di sposarlo solo pochi mesi dopo. Tula sembra accettare la proposta di matrimonio di Orry ma solo dopo rivela di essere una Harkonnen, il che sconvolge Orry. Fa appena in tempo e vedere i suoi familiari morti quando Tula piomba su di lui e lo uccide, come aveva fatto con tutti gli altri.

Il significato del toro in Casa Harkonnen spiegato

Tula uccide Orry con un veleno relativamente indolore e rapido, ma il modo in cui più di due dozzine di membri degli Atreides siano morti è più ambiguo. Dopo che Tula uccide Orry ma risparmia un giovane ragazzo Atreides che potrebbe benissimo essere Keiran, alza lo sguardo verso la cima di una rupe e vede un mitico toro nero. Sebbene non venga mai detto nell’episodio 3 di Dune: Prophecy, sembra che il toro abbia assassinato tutti gli Atreides nell’accampamento. Il toro è un simbolo della Casa Harkonnen poiché il nome Harkonnen è basato sul nome finlandese Härkönen che significa “bue” o “persona simile a un bue”. Poiché Tula non avrebbe potuto uccidere tutti quegli Atreides da sola, il mitico toro che vede dopo aver ucciso Orry è il colpevole più probabile.

Cosa ha mostrato Raquella a Valya nei tunnel

L’episodio 3 di Dune: Prophecy rivela come la Madre Reverenda Superiora Raquella abbia mostrato un interesse speciale per un’allieva in difficoltà di nome Valya Harkonnen. Raquella ha preso Valya sotto la sua ala e ha iniziato a farle conoscere la sua grande visione per le Bene Gesserit, che era quella di stabilire un enorme indice genetico per allevare governanti ideali per l’Imperium. Raquella è colpita dall’abilità di Valya con la Voce e le affida il compito di portare avanti la sua visione delle Bene Gesserit al posto della figlia più puritana, Dorotea. Invece di imparare da Dorotea, Valya riceve una speciale guida da Raquella, che le mostra come assembla il suo indice genetico di allevamento nei tunnel usando la tecnologia proibita delle Macchine Pensanti.

Cosa è successo a Valya durante The Agony

Non è esattamente chiaro cosa abbia visto Valya durante il suo rituale auto-somministrato, a cui si è sottoposta da sola a Lankiveil. Entra nello stesso sinistro regno spirituale con tutte le sue antenate Harkonnen come Lila ha fatto con le sue antenate nell’episodio 2 di Dune: Prophecy. Valya è in grado di tornare alla realtà dopo essere sopravvissuta all’Agonia e si riunisce a Tula con una nuova visione per il futuro. Insoddisfatta della sua vita a Lankiveil e detestata dai suoi genitori, Valya giura in questo momento di dedicare tutta la sua vita alla sua nuova famiglia: la Sorellanza. Tornerà dalla Madre Reverenda Superiora Raquella per completare il suo voto di Sorellanza.

A chi fa visita Valya alla fine dell’episodio 3?

Tornando alla linea temporale presente in Dune: Prophecy, Valya fa una visita a sorpresa a suo nipote, Harrow Harkonnen, e al suo anziano padre, Evengy Harkonnen. Dice nell’ascensore mentre sale a casa di Evengy: “I sacrifici devono essere fatti. La sorellanza prima di tutto”. La scena si interrompe e l’episodio si conclude prima che possa accadere qualsiasi altra cosa. Nel contesto della linea temporale attuale della serie, Valya sta cercando ansiosamente di capire cosa fare dopo aver tentato senza successo di usare la Voce su Desmond Hart per ucciderlo ed essere stata bandita da Salusa Secundus. È possibile che possa offrire suo zio e/o suo nipote come una sorta di manovra di pacificazione o di affermazione del potere.

Come Tula progetta di riportare in vita Lila

Tula usa i computer di indicizzazione genetica di Raquella e Valya nella scena finale dell’episodio 3 di Dune: Prophecy in un ultimo disperato tentativo di riportare in vita Lila con una dose di spezia attentamente regolata. Tula ha chiaramente un cuore più grande di Valya e farà di tutto per riportarla in vita da una morte prematura ingiusta in nome della Sorellanza. Anche se Tula non è la madre di Lila, l’ha cresciuta come tale dopo che sua madre è morta durante il parto, o almeno questo è ciò che Tula afferma sia successo. La tecnologia informatica che Tula usa alla fine di Dune: Prophecy cercherà di riportare in vita Lila e di tirarla fuori dal regno in cui ha incontrato Raquella e Dorotea.

From – Stagione 4: cast, storia e tutto quello che sappiamo

From – Stagione 4: cast, storia e tutto quello che sappiamo

La serie horror soprannaturale di Paramount+ From ha già riscosso un grande successo con le sue tre stagioni e ora è stata rinnovata per una quarta stagione. Debuttata nel 2022, la serie racconta la storia di una misteriosa città dell’America centrale che intrappola chiunque vi entri ed è circondata da mostri letali che infestano i boschi fuori dalla città. Riprendendo la trama contorta di serie come Lost e aggiungendo un tocco spaventoso, From si è rapidamente affermata come una delle serie horror di punta nel mondo altamente saturo delle serie TV in streaming.

Il finale della seconda stagione di From ha preparato il terreno per una terza stagione ancora più terrificante, e ogni nuova scoperta solleva più domande invece di dare risposte. Il vero potere della serie è stato il mistero che la avvolge e, come nei migliori puzzle, ogni colpo di scena rende la trama ancora più contorta. Con From che ha ottenuto un successo quasi unanime (compresi gli elogi del maestro dell’horror Stephen King), il futuro della serie sembra roseo. Il futuro sembra ancora più roseo ora che MGM+ ha deciso di rinnovare la serie per una quarta stagione.

Ultime notizie su From – stagione 4

Diversi mesi dopo il rinnovo dello show, arrivano le ultime notizie sotto forma di un’anticipazione sulla data di uscita della stagione 4. Il produttore esecutivo Jeff Pinkner e il co-produttore/creatore della serie John Griffin hanno espresso opinioni contrastanti sulla data di ritorno della serie, anche se Griffin sembra aver avuto l’ultima parola. Anche se Pinker ha detto che c’erano grandi speranze che la serie tornasse prima della fine del 2025, Griffin ha sottolineato che “probabilmente sarà all’inizio del 2026”. Questo perché le riprese della quarta stagione non finiranno prima delle vacanze del 2025.

Un intervallo di poco più di un anno tra una stagione e l’altra non è insolito nell’era dello streaming, e tutte e tre le stagioni di From sono state rilasciate in periodi diversi dell’anno. I commenti di Pinker sull’arrivo entro la fine del 2025 erano probabilmente solo un pio desiderio, o forse aveva semplicemente dimenticato il calendario di produzione. In ogni caso, la risposta più certa di Griffin significa che l’inizio del 2026 è la data più probabile per l’uscita.

Leggi qui i commenti di Griffin e Pinker:

Griffin: “Prima di passare alla prossima domanda, vorrei intervenire, se posso, perché non voglio che Jeff o io veniamo presi di mira da persone arrabbiate. Jeff, correggimi se sbaglio, probabilmente non finiremo le riprese prima delle vacanze. Quindi, molto probabilmente, sarà all’inizio del 2026, no?”

Pinkner: “Probabilmente sarà all’inizio del 2026”.

La quarta stagione è confermata

Fin dall’inizio della terza stagione, sono iniziate le speculazioni sulla quarta stagione di From, ma MGM+ non ha lasciato i fan con il fiato sospeso a lungo. A pochi giorni dal finale della terza stagione, MGM+ ha deciso di rinnovare la serie horror per un’altra stagione. Questo conferma la fiducia della piattaforma di streaming nella serie originale, molto apprezzata, e probabilmente significa che lo show potrebbe andare avanti ancora per un bel po’. È stato anche annunciato che le riprese della quarta stagione inizieranno nel 2025 e che l’uscita è prevista per l’inizio del 2026.

Per commemorare il rinnovo, la pagina ufficiale From su X (precedentemente Twitter) ha condiviso un video del protagonista della serie Harold Perrineau che strappa una bottiglia da un albero con la scritta “From stagione 4 in arrivo”.

Dettagli sul cast della quarta stagione

Il cast della quarta stagione di From è difficile da prevedere, dato che la terza stagione eliminerà senza dubbio alcuni personaggi prima che sia tutto finito. Tuttavia, la forza costante durante l’intera serie è stata Harold Perrineau nei panni di Boyd Stevens, lo sceriffo e leader de facto della città, che dovrebbe tornare nella quarta stagione. Nonostante il suo status fosse incerto all’inizio della terza stagione, si prevede che Catalina Sandino Moreno tornerà a interpretare Tabitha Matthews.

Jim Matthews, interpretato da Eion Bailey, sembrava un altro candidato sicuro per il cast della quarta stagione, ma la sua morte scioccante nella terza stagione significa che probabilmente non tornerà. Tuttavia, con i viaggi nel tempo, quasi tutti potrebbero tornare ad un certo punto. Come negli anni precedenti, la quarta stagione probabilmente aggiungerà anche alcuni membri del cast, anche se è impossibile prevederlo finché non saranno disponibili ulteriori informazioni.

Dai dettagli della trama della quarta stagione

Come molte serie horror sconvolgenti, la trama di From è costellata da colpi di scena enormi che potrebbero portare la serie in qualsiasi direzione in un attimo. Il finale della terza stagione di From non è stato privo di sorprese scioccanti, anche se è servito principalmente a rivelare la natura ciclica del male che affligge la città. Con la rinascita di Smiley, c’è un oscuro senso di disperazione, poiché tutto sembra essere vano. Tuttavia, alcune cose sono cambiate con la morte di Jim e gli abitanti della città sono in grado di minacciare i mostri a modo loro.

Scoprire che tutto è un ciclo può sembrare disperato, ma offre anche ai sopravvissuti la possibilità di analizzare lo schema e trovare il modo di spezzarlo.

La prossima stagione vedrà probabilmente i sopravvissuti cercare di sfruttare ciò che hanno imparato e apportare modifiche. Scoprire che tutto è un ciclo può sembrare disperato, ma offre anche ai sopravvissuti la possibilità di analizzare lo schema e trovare il modo di spezzarlo. Tuttavia, più resistono al ciclo, più le loro vite sono in pericolo in From – Stagione 4.

Yellowstone è basato su una storia vera? L’ispirazione alla vita reale del western, spiegata

Yellowstone è incentrata sulla famiglia Dutton. John Dutton, il patriarca della famiglia interpretato da Kevin Costner, è una figura chiave della serie fin dalla prima stagione. Il potente proprietario di ranch e la sua famiglia controllano il più grande allevamento di bestiame contiguo del Paese, e con esso nascono conflitti con gli interessi degli indigeni e con gli sviluppatori aziendali che cercano di estendere le loro catene e i loro oscuri segreti. Anche se può essere difficile da credere, Yellowstone è il primo ruolo di Costner in una serie regolare. Sheridan aveva proposto a Costner diversi ruoli prima di John Dutton, ma è stato questo progetto a convincere l’attore a partecipare.

Sin dall’uscita di Yellowstone, le persone sono state attratte dalla rappresentazione autentica della vita nei ranch e dei problemi della vita reale. Se lo show sia basato sulla vita reale è una domanda che spesso viene posta agli spettatori. La serie western è semplicemente uno degli show che sembrano troppo reali per non esserlo, il che la dice lunga sulla qualità della narrazione di Sheridan. La verità è che sia la storia che il personaggio di Costner attingono a persone e conflitti reali.

Taylor Sheridan e Kevin Costner hanno co-creato John Dutton

Taylor Sheridan Yellowstone
Taylor Sheridan nella serie tv Yellowstone – Credit Paramount Network

John Dutton non è esattamente “un bravo ragazzo”. È il tipo di eroe che “può fare cose che non ti piacciono molto”, secondo quanto dichiarato da Sheridan in un’intervista congiunta con Costner, rilasciata al LA Times. Il creatore dello show ha ammesso che gli piace che i suoi “eroi facciano cose” che “non piacciono” alla gente, perché così gli spettatori si interrogano sulle loro decisioni. Secondo Costner, il suo Dutton “vive nel grigio”, ma non perché il patriarca della famiglia lo voglia. L’attore ritiene che Dutton non sia “una persona che nella sua mente vive nel grigio”. La sua posizione unica e il peso sulle sue spalle lo spingono a prendere decisioni “per portare a termine le cose”, il che suona molto simile a un’altra figura dell’universo di Sheridan: il Tommy Norris di Billy Bob Thorton in Landman.

Il ruolo di John Dutton è stato creato su misura per Costner, che ha anche aggiunto il suo contributo nel plasmare il personaggio. “Taylor e io abbiamo trascorso molto tempo a parlarne, perché ho dovuto mettere mano a certe cose”, ha detto Costner. Dal punto di vista di Sheridan, avere Costner a bordo significava avere un grande attore in grado di gestire le “situazioni conflittuali” in cui lo aveva gettato. Grazie a Costner, Sheridan ha potuto scrivere molto di più sul ruolo che è diventato John Dutton. Il creatore dello show ha dichiarato a Variety:

Kevin è una delle più grandi star del cinema degli ultimi 40 anni, e se lo merita. È un incredibile narratore di storie come regista, scrittore e attore, e quindi quando hai questo tipo di strumenti nella tua cassetta degli attrezzi, puoi scriverlo in alcune situazioni davvero conflittuali.

Kevin Costner ha portato suo padre in John Dutton

yellowstone kevin costner

Per la ricerca, Kevin Costner si è tuffato nella storia americana per trovare ispirazione. Ha guardato documentari, libri e momenti socioeconomici della Guerra Civile per esplorare l’origine del suo personaggio; ma è stato suo padre ad aiutarlo a entrare nel personaggio. La star del western ha spesso citato il padre come figura chiave di ispirazione. Ha raccontato a The Hollywood Reporter:

Lui [mio padre] era un duro; era un combattente; sapeva combattere e mi ha insegnato in un modo che era progettato per vincere.

L’attore ha portato con sé l’eredità del padre e del nonno attraverso la sua interpretazione del patriarca dei Dutton, in particolare il fucile di John Dutton, un calibro 30-30 che apparteneva al padre di Costner. L’attore ha rivelato questo fatto divertente al Dan Patrick Show, rivelando che il fucile era un piccolo gesto che gli ricordava la fattoria dei suoi nonni in Oklahoma. Suo padre, William Costner, è cresciuto in una fattoria di grano insieme agli altri 10 fratelli.

Quando TV Insider gli ha chiesto se avesse portato un po’ di suo padre nello show, l’attore ha rivelato che suo padre era “un duro che combatteva a pugni e con un’unica mente, uscito dalla Dust Bowl durante la Grande Depressione”, e la calibro 30-30 che ha usato a Yellowstone lo ha aiutato a entrare nel personaggio ogni volta che l’ha puntata alla guancia. “Mio padre è proprio lì”, ha detto Costner. Ha anche rivelato che , grazie a suo padre, sapeva “cosa significa essere una persona che è una specie di John Dutton, senza l’omicidio”.

È interessante notare che anche Beth Dutton ha avuto un’ispirazione nella vita reale, ma non quella che gli spettatori normalmente si aspetterebbero. La Beth di Kelly Reilly è una figlia cresciuta tra gli uomini, ma il fatto di essere una donna l’ha resa più spietata. Nell’intervista rilasciata al LA Times, Sheridan ha ammesso che “potrebbe benissimo essere la cosa migliore” che ha scritto nello show. L’ispirazione è stata la preferenza di Angelina Jolie nel capovolgere il genere dei suoi personaggi quando si tratta di interpretare un ruolo. Con Beth, l’idea centrale è che se fosse stata Ben, non sarebbe cambiato nulla.

Yellowstone è stato ispirato dalla vita reale

Anche se non esiste un John Dutton nella vita reale, chiunque abbia visto almeno un episodio di Yellowstone sa che l’autenticità è al centro della serie. Il creatore dello show, Taylor Sheridan, che è un cowboy in carne e ossa, non ha bisogno di guardare oltre per trovare ispirazione. Sheridan è cresciuto in un ranch fuori Waco, in Texas. Essendo l’attuale proprietario del 6666 Ranch e avendo vissuto in Wyoming negli ultimi anni, i cambiamenti che Sheridan ha visto intorno a sé nel corso degli anni sono l’ispirazione per Yellowstone.

Il potere, l’allevamento, lo sviluppo del territorio e le cose che la gente fa intorno ai tre sono tutti problemi e scenari reali. Anche se le storie dello show sono di fantasia, non si discostano molto dalla realtà. Nell’intervista rilasciata al LA Times, Sheridan ha anche rivelato che tutti i problemi di “sviluppo del territorio, cattiva gestione delle risorse, oppressione e povertà estrema e disuguaglianza nel governo” esistono nella vita reale, ma “quando accadono in una piccola area, in una zona rurale”, sono amplificati e più drastici. Ha detto:

Questi problemi di sviluppo del territorio, di cattiva gestione delle risorse, di oppressione, di estrema povertà e di iniquità nel governo – esistono anche qui, ma quando accadono in una piccola area, in un’area rurale… e perché c’è meno gente, le conseguenze sembrano molto più acute. Quando si inizia a vedere Costcos in un paesaggio di fattorie e ranch, è molto più drammatico che se ne inceppassero uno nella San Fernando Valley.

Le ispirazioni della vita reale sono il motivo per cui Yellowstone esiste. La serie nasce dal desiderio di Sheridan di far conoscere situazioni reali che di solito vengono affrontate solo nei documentari. In effetti, Yellowstone non era inizialmente pensato come una serie televisiva. “Non è una mossa intelligente, fare una cosa sull’allevamento moderno”, ha detto Sheridan, che ha ammesso che l’intera faccenda ha avuto delle sfide che l’hanno resa ‘non una mossa intelligente’. L’aggiunta di elementi di finzione è stata necessaria perché “se vuoi fare qualcosa senza alcuna resistenza, fai qualcosa che sa di qualcos’altro”. Con Yellowstone, parte dell’accordo è il collegamento tra la vita del ranch e il resto del mondo. Nella stessa intervista, Sheridan ha dichiarato:

Quando le persone vedranno questo film, penso che capiranno: “Anche se è un mondo così diverso, vedo molte somiglianze nei problemi, vedo molte somiglianze nei conflitti. Anche se il loro stile di vita mi è così estraneo, non siamo poi così diversi”, e non lo siamo, ma ogni volta che si riesce a ricordarlo alla gente, credo sia una buona cosa.

Yellowstone è stato girato in un vero ranch

Yellowstone 5 Beth e Rip

In tutti gli spin-off e i prequel della serie Yellowstone di Taylor Sheridan, sebbene tutti i personaggi siano per lo più di fantasia, le riprese si sono svolte in luoghi reali. Il ranch di Yellowstone della serie è un ranch storico realmente funzionante, il Chief Joseph Ranch, a Darby, nel Montana. La serie porta gli spettatori in giro per il ranch, con luoghi chiave come l’armeria, la baita di Rip (nota come baita di Ben Cook), la baita di Lee (nota come baita del pescatore) e la baita del trapper.

L’autenticità e i paesaggi mozzafiato sono il motivo per cui gli spettatori visitano spesso la serie. “Non credo che ci stancheremo mai di vedere fiumi che scorrono, valli e montagne”, ha detto Costner a CBS This Morning. Le location svolgono un ruolo fondamentale nel lavoro di Sheridan. Trovarsi in un vero ranch sullo sfondo del paesaggio del Montana fa sì che gli spettatori e gli attori comprendano la vita e le storie che sta raccontando. “Taylor [Sheridan] è un grande fan dell’autenticità e voleva che tutti noi capissimo in cosa stavamo entrando”, ha detto a Vanity Fair l’attore di Kayce Dutton, Luke Grimes. Ha spiegato che per il pubblico, la ricerca di autenticità di Sheridan è quella di “mostrare questo a persone che normalmente non capirebbero che questo è ancora un modo di vivere per molte persone”.

Senna: recensione della miniserie Netflix

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Senna: recensione della miniserie Netflix

Netflix porta sul piccolo schermo la vita di Ayrton da Silva in Senna, una miniserie di sei episodi che, per la prima volta, racconta in forma drammatica la vita e la leggenda del pilota brasiliano, uno dei più grandi della storia della Formula 1. Una produzione che non si limita a esplorare i circuiti e i record, ma si addentra nella vita privata, nelle origini e nella tragica scomparsa di un uomo che ha vissuto e amato senza riserve il mondo delle corse.

Senna è un simbolo di passione

Ayrton Senna non è solo un’icona sportiva: è un simbolo di passione, talento e determinazione. La serie riesce a catturare la complessità di questa figura leggendaria, evitando di cadere nei cliché. Attraverso la buona interpretazione di Gabriel Leone, attore brasiliano classe ’93, il ritratto del pilota emerge vivido e autentico, realizzato con grande sensibilità. Leone non si limita a una somiglianza fisica, ma incarna le movenze, il carisma e quella determinazione feroce che hanno reso Senna un fuoriclasse.

La serie si colloca a metà tra l’adrenalina della pista e l’intimità del campione, bilanciando la dimensione dello sportivo con quella dell’uomo. Le corse, girate con realismo e grande padronanza dei ritmi, portano sullo schermo l’eccitazione, l’elettricità di quei secondi in cui tutto sembra sospeso, mentre i momenti più lenti rivelano le fragilità ma soprattutto le ambizioni di un uomo che, dietro il casco, era molto più di un semplice pilota.

Un biopic che non ha paura di osare

I biopic, soprattutto quelli dedicati a figure di culto, rischiano spesso di essere apologetici. Troppo spesso si sbilanciano verso la sola celebrazione o, al contrario, si impantanano in una critica fredda e distaccata. Senna evita entrambe le trappole, riuscendo a rendere omaggio al campione senza perdere l’obiettività narrativa, ritraendo anche le sue ombre e i suoi eccessi. Questo equilibrio fa sì che la serie sia coinvolgente anche per coloro che non subiscono il culto del pilota, quindi anche per spettatori più giovani, che non sono vissuti nell’eco di quel nome: gli appassionati di Formula 1 troveranno nei dettagli tecnici e nelle ricostruzioni storiche un tributo sincero alla loro passione, e chi non ha mai seguito una gara potrà lasciarsi trasportare da una storia universale di sacrificio, ambizione e amore per ciò che si fa, anche fuori dal mito.

Una regia tra velocità e introspezione

Uno degli aspetti più sorprendenti della serie è senza dubbio la regia firmata da Julia Rezende. Le sequenze di corsa, con inquadrature ravvicinate e movimenti di macchina che seguono le traiettorie delle auto, trasmettono l’adrenalina di una gara. Il suono dei motori, i cambi di ritmo e la tensione palpabile immergono lo spettatore nell’esperienza, facendogli provare la stessa scarica di energia che Senna viveva in pista. I piedi sui pedali diventano materia più che immagini, seguendo un ritmo incalzante impreziosito da un lavoro eccellente del reparto sonoro.

Ma nelle pause, nei momenti in cui la macchina da presa si concentra sul volto di Gabriel Leone o su uno scambio di battute con i familiari, emerge tutta l’umanità del protagonista. La narrazione rallenta, si fa intima, mostrando il lato più fragile e sincero del campione, anche capriccioso e ostinato.

Un’interpretazione da pole position

Gabriel Leone merita una menzione speciale. La sua trasformazione in Ayrton Senna è straordinaria, tanto da far dimenticare allo spettatore di trovarsi davanti a un attore e non al vero campione. E l’efficacia della sua interpretazione, oltre che sulla somiglianza fisica, si fonda sulla delicatezza con cui è in grado di interpretare l’Ayrton privato. La sua performance è una delle ragioni di maggior pregio di questa miniserie.

Un racconto che conquista tutti

La grande forza di Senna sta nella sua capacità di parlare a un pubblico trasversale. Quando si toccano i miti si corre sempre il rischio di lasciarli in disparte, perché troppo in alto per la gente comune, e invece la serie trascina giù l’idolo dal piedistallo, lo abbraccia e lo schiaffeggia, rendendo umana la divinità, popolano il re (per usare una metafore della serie stessa). Il cuore pulsante di Senna non sono solo le gare, ma i valori che Ayrton rappresentava: la dedizione, il coraggio, il sacrificio. È un racconto che inevitabilmente ispira, ma anche che sottolinea l’eccezionalità del soggetto. Senna è un tributo sincero e appassionato a un uomo che ha cambiato la storia dello sport.

Film recenti da vedere: tutti i titoli più belli degli ultimi anni

Gli ultimi anni sono stati particolarmente difficili per il cinema, rallentato prima dalla pandemia e poi (per quanto riguarda quello statunitense) dagli scioperi verificatisi a Hollywood. Eppure, nonostante ciò, la settima arte ha ugualmente trovato la forza di portare sul grande (o sul piccolo) schermo, grazie ad alcuni film recenti, storie giuste per questi tempi, capaci di risollevare gli animi, infondere nuova speranza e ricordare a tutti la forza che il cinema stesso possiede e quanto sia indispensabile, oggi più che mai, per comunicare e raccontare storie, di cui l’essere umano ha tanto bisogno.

In questi anni si è infatti assistito al ritorno di celebri autori, molti dei quali impegnati proprio a riflettere su sé stessi attraverso il cinema stesso, ma ci si è imbattuti anche in nuove generazioni di registi che stanno dimostrando di possedere voci ben distinte e originali, capaci di comunicare nuove cose sul mondo, sull’uomo e sulla vita. Nonostante siano stati anni difficili, dunque, c’è stata tanta bellezza al cinema. Qui di seguito, si propongono una lista dei film migliori degli ultimi anni, titoli da vedere assolutamente per il proprio bene.

Film recenti da vedere in uscita nel 2025

Il 2025 si preannuncia come un anno ricco di opere straordinarie, pronte a riaffermare ancora una volta il potere del cinema, offrendo nuovi racconti, scenari ed emozioni. Sono già molti i film più attesi con l’anno che è iniziato con una pellicola horror. Sarà un anno segnato da grandi ritorni, sequel, film originali e opere ancora poco conosciute, ma che non tarderanno a farsi scoprire. Di seguito, ecco alcuni dei titoli da non perdere.

  • Nosferatu. Il film horror gotico scritto e diretto da Robert Eggers e remake del film Nosferatu: A Symphony of Horror (1922), a sua volta un adattamento non autorizzato del romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker. Il film è interpretato da Bill Skarsgård, Nicholas Hoult e Lily-Rose Depp. Il cast di supporto comprende Aaron Taylor-Johnson, Emma Corrin, Ralph Ineson, Simon McBurney e Willem Dafoe.
  • Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim. Film anime fantasy diretto da Kenji Kamiyama da una sceneggiatura di Jeffrey Addiss & Will Matthews e Phoebe Gittins & Arty Papageorgiou, basata sui personaggi creati da J. R. R. Tolkien. Ambientato circa 200 anni prima delle trilogie cinematografiche de Il Signore degli Anelli (2001-2003) e Lo Hobbit (2012-2014) di Peter Jackson, racconta la storia del leggendario re di Rohan Helm Hammerhand. Quando i vicini Dunlendings gli propongono di sposare sua figlia Héra, Helm uccide involontariamente il loro capo, scatenando una guerra.
  • Sonic – Il film 3 – basato sulla serie di videogiochi Sonic. Terzo film della serie Sonic, è stato diretto da Jeff Fowler e scritto da Pat Casey, Josh Miller e John Whittington. Jim Carrey, Ben Schwartz, Colleen O’Shaughnessey, James Marsden, Tika Sumpter e Idris Elba riprendono i loro ruoli, mentre Keanu Reeves si unisce al cast. Nel film, Sonic, Tails e Knuckles affrontano Shadow the Hedgehog, che si allea con gli scienziati pazzi Ivo e Gerald Robotnik per vendicarsi dell’umanità.
  • Better Man, film musicale biografico co-scritto, prodotto e diretto da Michael Gracey sulla vita del cantante inglese Robbie Williams. Williams è ritratto come uno scimpanzé antropomorfo con immagini generate al computer (CGI), interpretato da Jonno Davies con il motion capture e doppiato sia da Williams che da Davies.
  • Maria, il film drammatico biografico diretto da Pablo Larraín e scritto da Steven Knight. È una coproduzione internazionale tra Italia, Germania e Stati Uniti. Il film ha come protagonista Angelina Jolie nei panni della cantante lirica Maria Callas e segue i sette giorni precedenti la sua morte a Parigi nel 1977, mentre riflette sulla sua vita e sulla sua carriera.
  • A Complete Unknown, il film biografico diretto da James Mangold, che ha co-scritto la sceneggiatura con Jay Cocks, sul cantautore americano Bob Dylan. Basato sul libro del 2015 Dylan Goes Electric! di Elijah Wald, il film ritrae Dylan attraverso i suoi primi successi musicali folk fino alla controversia epocale sull’uso di strumenti elettrici al Newport Folk Festival del 1965. Timothée Chalamet (che è anche produttore) interpreta il ruolo di Dylan, con Edward Norton, Elle Fanning, Monica Barbaro, Boyd Holbrook, Dan Fogler, Norbert Leo Butz, Eriko Hatsune, Big Bill Morganfield, Will Harrison e Scoot McNairy nei ruoli secondari. Il titolo del film deriva dal ritornello del singolo di Dylan del 1965 “Like a Rolling Stone”.
  • L’abbaglio, film diretto da Roberto Andò e racconta di Giuseppe Garibaldi che ha ormai allestito la spedizione dei Mille. A guidarla vi è anche il ferreo tenente colonnello siciliano Vincenzo Orsini, pronto a scontrarsi col suo passato in quanto ex ufficiale borbonico. All’arruolamento delle camicie rosse nei pressi di Quarto si presentano, tra i vari volontari, prima Domenico Tricò, contadino con problemi di zoppia, poi Rosario Spitale, un baro.
  • The Brutalist è il film diretto e prodotto da Brady Corbet, che ne ha curato la sceneggiatura insieme a Mona Fastvold. Il film ha come protagonista Adrien Brody nei panni di un ebreo ungherese sopravvissuto all’Olocausto che emigra negli Stati Uniti, dove lotta per realizzare il Sogno Americano fino a quando un ricco cliente non gli cambia la vita.

Film recenti da vedere in uscita nel 2024

Film recenti da vedere: 2024
Anya Taylor-Joy in Furiosa di George Miller

Anche il 2024 promette di essere ricco di opere potenzialmente straordinarie, dotate della forza di riaffermare una volta di più il potere del cinema offrendo nuovi racconti, scenari e ed emozioni. Sono già tanti i film più attesi per il 2024, tra cui si annoverano molti film horror. Sarà infatti un anno ricco di grandi ritorni, di sequel, di film originali e di opere ancora non presenti sui nostri radar ma che non tarderanno a farsi scoprire. Di seguito, ecco giusto qualche titolo da non perdere.

  • Anora di Sean Baker. Anora, una prostituta di Brooklyn, ha la possibilità di vivere una storia da Cenerentola quando incontra e sposa il figlio di un oligarca. Quando la notizia arriva in Russia, la sua favola è minacciata.
  • Inside Out 2 (2024). Film d’animazione del 2024 diretto da Kelsey Mann al suo debutto alla regia. Il film è il sequel di Inside Out prodotto dai Pixar Animation Studios, in co-produzione con Walt Disney Pictures, e distribuito da Walt Disney Studios Motion Pictures.
  • Kung Fu Panda 4, (2024). Quando una potente mutaforma mette gli occhi sul Bastone della Saggezza di Po, quest’ultimo si rende conto di aver bisogno di aiuto. Facendo squadra con una volpe corsara dalla grande prontezza di spirito, Po fa una scoperta.
  • Dune – Parte 2, Denise Villeneuve (2024). Paul Atreides si raduna dietro Chani e i Fremen mentre trama la sua vendetta contro coloro che hanno distrutto la sua famiglia. Deve fare di tutto per prevenire un terribile futuro che solo lui può prevedere. Al cinema il 28 febbraio 2024.
  • Past Lives, Celine Song (2023). All’età di dodici anni, i due amici d’infanzia Nora e Hae Sung vengono separati dopo che la famiglia di Nora è emigrata dalla Corea del Sud. 24 anni dopo, si riuniscono per una settimana quando Hae Sung va a trovare Nora a New York. Al cinema il 14 Febbraio 2024.
  • Povere creature!, Yorgos Lanthimos (2023). Il film racconta la storia di Bella Baxter, una donna riportata in vita da uno scienziato molto interessato alle contaminazioni, che le ha però donato il cervello di un’infante. Per Bella, dunque, pur avendo un aspetto da adulta tutto è nuovo e tutto merita di essere scoperto. Ha così inizio un folle viaggio ricco di passioni, amore e scoperta della propria indipendenza.
  • The Zone of Interest, Jonathan Glazer (2023). Rudolf Höß, comandante del campo di concentramento di Auschwitz, sua moglie Hedwig, i loro cinque figli e altri personaggi trascorrono la propria quotidianità all’interno della cosiddetta area di interesse (Interessengebiet) di circa 25 miglia attorno al campo, volutamente ciechi all’orrore che si sta consumando al di là del muro che li divide. Al cinema il 22 Febbraio 2024.
  • Challengers, Luca Guadagnino (2024). Tashi deve abbandonare il campo e rimane nel mondo del tennis come allenatrice di suo marito, Art. Dopo alcune vittorie, Tashi iscrive il marito Art al Challenger Tour, dove il destino vuole che si scontri con Patrick, ex fidanzato di Tashi. Al cinema il 24 Aprile 2024.
  • Estranei (All of Us Strangers), Andrew Haigh. Adam viene trasportato nella sua casa d’infanzia quando stringe un legame con il misterioso vicino Harry. Sembra che i suoi genitori siano ancora vivi, proprio come il giorno in cui sono morti 30 anni fa. Al cinema dal 29 Febbraio 2024.
  • Civil War, Alex Garland (2024). In un futuro prossimo, un team di giornalisti attraversa gli Stati Uniti, documentando la guerra civile in atto. Garland porta al cinema un nuovo film dopo il thriller Men, dando vita a degli Stati Uniti distopici che sembrano però non essere poi così distanti dalla realtà dei fatti. Al cinema il 18 Aprile 2024.
  • Il regno del pianeta delle scimmie, Wes Ball (2024). Quasi 300 anni dopo la morte di Cesare, diverse società di scimmie sono emerse, come quella di cui fa parte il giovane scimpanzé Noa. Dopo un improvviso attacco da parte di un clan guidato da un altro scimpanzé, che ha distorto gli insegnamenti di Cesare, i membri del clan di Noa vengono ridotti in schiavitù. Nella sua avventura per salvarli, Noa unisce le forze con Raka, un orango, e Mae, una ragazza umana. Al cinema il 24 maggio 2024
  • Furiosa, George Miller (2024). In un mondo post-apocalittico, Furiosa, rapita da bambina dal Luogo Verde delle Molte Madri in cui viveva, viene accolta sotto l’ala del folle signore della guerra Dementus, il cui esercito di motociclisti arriverà presto a scontrarsi con la potenza rivale di quelle terre desertiche rappresentata da Immortan Joe. Prequel di Mad Max: Fury Road, il film segna il ritorno al cinema della saga di Mad Max.
  • Hit Man, Richard Linklater (2024). Gary Johnson diventa per caso un finto sicario, un agente sotto copertura che fingendosi omicida spinge i suoi clienti ad autodenunciarsi e farsi arrestare. Quando però viene assoldato da una donna realmente bisognosa d’aiuto, si troverà davanti ad un bivio che cambierà per sempre la sua vita.
  • Perfect Days, Wim Wenders (2023). Il film racconta la storia di Hirayama, un uomo umile ma sereno. Lavora come addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo, segue un’assidua routine giornaliera che gli permette di coltivare le sue passioni: la musica, i libri, la fotografia e gli alberi.

Film recenti da vedere: 2023

Film recenti da vedere: 2023

Il 2023 è stato un anno molto importante, che ha visto arrivare al cinema film degni di nota tra attesi sequel, opere d’animazioni, titoli italiani e riadattamenti in live action di classici Disney. Certo, gli scioperi verificatisi ad Hollywood hanno portato tanti film previsti per quest’anno ad essere rimandati, ma ci sono ugualmente state numerose opere di grande valore, provenienti da tutto il mondo, a calcare il grande schermo. Nell’attesa di poterli vedere tutti, ecco quelli ad ora usciti da recuperare assolutamente.

  • Barbie, Greta Gerwig (2023). Barbie, che vive a Barbie Land, viene cacciata dal paese perché non è una bambola dall’aspetto perfetto. Senza un posto dove andare, parte per il mondo umano e cerca la vera felicità. Inizierà dunque per lei un viaggio che la porterà a confrontarsi con sé stessa e la propria eredità.
  • Oppenheimer, Christopher Nolan (2023). Il fisico J Robert Oppenheimer lavora con una squadra di scienziati durante il Progetto Manhattan, che porta allo sviluppo della bomba atomica. La sua scoperta cambierà per sempre la storia del mondo e dell’umanità, non necessariamente in meglio.
  • Io capitano, Matteo Garrone (2023). In un’odissea contemporanea, Seydou e Moussa lasciano Dakar per raggiungere l’Europa, attraverso le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare. Il film è stato candidato agli Oscar 2024 nella categoria Miglior film internazionale.
  • Killers of the Flower Moon, Martin Scorsese (2023). Il film racconta la storia vera di quanto accaduto in Oklaoma, nella contea di Osage agli inizi degli anni Venti. Una serie di omicidi, aventi come vittime alcuni cittadini facoltosi della tribù indiana di Osage ha portato ad un’indagine da parte dell’FBI che ha svelato una serie di manipolazioni ed estorsioni con l’inganno dei beni degli Osage fino a ricorrere all’omicidio.
  • C’è ancora domani, Paola Cortellesi (2023). Nella Roma della seconda metà degli anni Quaranta, Delia riveste esclusivamente i ruoli di moglie e madre, mentre il marito Ivano è il capofamiglia. Il fidanzamento della primogenita, con un ragazzo proveniente dal ceto borghese, crea fermento in famiglia. Quando Delia riceve una misteriosa lettera, la donna è determinata a rovesciare i ruoli prestabiliti e riesce finalmente a immaginare un futuro migliore.
  • The Killer, David Fincher (2023). Un uomo solitario e freddo, metodico e libero da scrupoli o rimpianti, l’assassino attende nell’ombra, spiando il suo prossimo obiettivo. Eppure più aspetta, più pensa di perdere la testa, se non la calma. Una storia noir brutale, sanguinosa ed elegante di un assassino professionista perso in un mondo senza una bussola morale, questo è un caso di studio di un uomo solo, armato fino ai denti e che sta lentamente perdendo la testa.
  • Anatomia di una caduta, Justin Trier (2023). Sandra è una scrittrice tedesca che vive in uno chalet di montagna con il marito Samuel e il figlio undicenne Daniel non vedente. Quando Samuel viene trovato morto, gli inquirenti sospettano che possa non essersi trattato di suicidio e Sandra diventa la principale sospettata di omicidio. Il processo porterà alla luce verità indicibili.
  • Napoleon, Ridley Scott (2023). La rapida e spietata scalata di Napoleone Bonaparte per diventare imperatore di Francia si scontra con la sua disfunzionale e volatile relazione con la moglie Giuseppina, il suo vero amore.
  • Godzilla Minus One, Takashi Yamazaki (2023). Shikishima è tornato dalla guerra ed è schiacciato dal rimorso di essere un sopravvissuto e dal senso di colpa per quanto accaduto. Inizia a lavorare su una barca dragamine, ma dopo una serie di test nucleari americani dell’Operazione Crossroads condotti nell’atollo di Bikini, una gigantesca creatura nota come Godzilla, evolutasi a causa delle radiazioni, inizia ad attaccare Tokyo, spargendo morte e distruzione.
  • Il male non esisteRyûsuke Hamaguchi (2023). Il film segue Takumi e sua figlia Hana, che vivono nel villaggio di Mizubiki, vicino a Tokyo. Un giorno, gli abitanti di questo vengono a conoscenza di un piano per costruire un glamping vicino alla casa di Takumi, offrendo ai residenti della città una comoda fuga nella natura. Quando due rappresentanti dell’azienda di glamping arrivano nel villaggio per tenere un incontro, diventa chiaro che il progetto avrà un impatto negativo sull’approvvigionamento idrico locale, provocando disordini.
  • Il ragazzo e l’airone, Hayao Miyazaki (2023). Mahito, un ragazzino di 12 anni, fatica ad ambientarsi in una nuova città dopo la morte della madre. Tuttavia, quando un airone parlante lo informa che sua madre è ancora viva, entra in un mondo fantastico alla sua ricerca.
  • The Holdovers, Alexander Payne (2023). Il film racconta la storia di uno scontroso professore di una scuola privata del New England, che rimane nel campus durante le vacanze di Natale per sorvegliare gli studenti che non possono tornare a casa.  Alla fine stringe un improbabile legame con uno di loro, un ragazzo strambo e problematico, e con la cuoca della scuola, il cui figlio è rimasto ucciso in Vietnam.
  • The Iron Claw, Sean Durkin (2023). Il film racconta la vera storia degli inseparabili fratelli Von Erich, che hanno fatto la storia nel mondo molto competitivo del wrestling professionistico nei primi anni ’80. Attraverso la tragedia e il trionfo, all’ombra del loro prepotente padre e allenatore, i fratelli cercano un’immortalità straordinaria sul più grande palcoscenico dello sport.
  • Scream VI, Tyler Gillett e Matt Bettinelli-Olpin (2023). Quattro sopravvissuti agli omicidi di Ghostface si lasciano alle spalle Woodsboro per ricominciare da capo a New York. Tuttavia, si ritrovano presto a lottare per le loro vite quando un nuovo assassino si lascia dietro una scia di morti.
  • Bussano alla porta, M. Night Shyamalan (2023). Mentre sono in vacanza in una baita isolata, una giovane ragazza e i suoi genitori vengono presi in ostaggio da quattro sconosciuti armati che chiedono alla famiglia di compiere una scelta impensabile per evitare l’apocalisse.
  • Beau ha paura, Ari Aster (2023). Beau è un uomo spaventato da ogni cosa che lo circonda. Quando si vede costretto ad intraprendere un viaggio per tornare dalla sua autoritaria madre, ha per lui inizio un’Odissea imprevedibile, composta da situazioni assurde, momenti drammatici e continue riflessioni sulla sua intera vita.
  • L’ultima notte di Amore, Andrea Di Stefano (2023). Nella sua ultima notte prima del pensionamento, il poliziotto Franco Amore si trova a dover risolvere una situazione critica, che metterà a rischio la sua vita e i suoi anni di onorata carriera. Ad interpretare il protagonista di questo cupo polar vi è l’attore Pierfrancesco Favino.
  • Il sol dell’Avvenire, Nanni Moretti (2023). Giovanni è un regista italiano che ha smesso di credere nell’avvenire, diviso tra una moglie in analisi e un produttore sull’orlo del fallimento. Proprio come il protagonista del suo nuovo film, Giovanni sembra allora pronto a farla finita col mondo che avanza in direzione ostinata e contraria, ma qualcosa potrebbe cambiare.
  • Air – La storia del grande salto, Ben Affleck (2023). Il clamoroso accordo, destinato a rivoluzionare la cultura e il mondo dello sport, fra un allora sconosciuto Michael Jordan e il neonato reparto pallacanestro della Nike, che diede vita al brand Air Jordan.
  • Spider-Man: Across the Spider-Verse, Joaquim Dos Santos, Justin K. Thompson, Kemp Powers (2023). Miles Morales torna per un’epica avventura che porterà il nostro eroe di Brooklyn attraverso il multiverso per unire le forze con Gwen Stacy e una nuova squadra di supereroi.
  • Mission: Impossible – Dead ReckoningChristopher McQuarrie (2023). Ethan Hunt e la sua squadra dell’IMF si trovano di fronte alla sfida più pericolosa che abbiano mai affrontato: trovare e disinnescare una nuova terrificante arma che minaccia l’ intera umanità. Con il destino del mondo e il controllo del futuro appesi a un filo, la squadra inizierà una frenetica missione in tutto il mondo, per impedire che l’arma cada nelle mani sbagliate.

Film recenti da vedere: 2022

Film recenti da vedere: 2022

Il 2022 è stato un anno veramente ricchissimo, con film di grande valore provenienti da ogni parte del mondo. Qui raccogliamo solo alcuni dei più belli, tra grandi kolossal fino ad opere più piccole e autoriali, senza dimenticare le tante opere di genere, i film passati per i festival o premiati agli Oscar. Ecco dunque il meglio dell’anno da poco passato.

  • Avatar – La via dell’acqua, James Cameron (2022). In questo atteso sequel, Jake vive felicemente la sua vita insieme a Neytiri ma Pandora nasconde ancora numerosi misteri. Per difendere la  sua famiglia, si ritroverà a dover combattere una nuova dura guerra contro gli umani e contro un vecchio nemico.
  • The Fabelmans, Steven Spielberg (2022). Il giovane Sammy Fabelman si innamora del cinema dopo che i genitori lo portano a vedere il film Il più grande spettacolo del mondo. Armato di una cinepresa, Sammy inizia a girare i suoi film a casa, per la gioia della madre che lo sostiene.
  • Pinocchio, Guillermo del Toro (2022). Il desiderio di un padre porta magicamente in vita un bambino di legno in Italia, dandogli la possibilità di prendersene cura. Rivisitazione in stop-motion del classico di Collodi, arricchito qui di nuovi significati, valori ed elementi magici.
  • Le buone stelle – Broker, Kore’eda Hirokazu (2022). Due uomini si guadagnano da vivere trovando nuovi genitori per i bambini che vengono abbandonati in delle scatole. Incontrano una giovane donna che ha abbandonato il suo bambino, ma che ora lo rivuole.
  • Gli spiriti dell’isola, Martin McDonagh (2022).Su un’isola remota al largo della costa irlandese, Pádraic è sconvolto quando il suo compagno Colm interrompe improvvisamente la loro amicizia di una vita. Pádraic si propone di riparare il rapporto danneggiato con ogni mezzo necessario.
  • Everything Everywhere All At Once, The Daniels (2022). Evelyn Wang, un’immigrata cinese sulla cinquantina, attualmente impegnata in una lezione noiosa e condiscendente, si ritrova in un ripostiglio delle scope con una versione di suo marito proveniente da un universo alternativo.
  • Elvis, Baz Luhrmann (2022). La nascita, l’ascesa e il travolgente successo mondiale di Elvis Presley, stella incontrastata del firmamento musicale, viste dagli occhi del suo manager storico, il colonnello Tom Parker.
  • Tàr, Todd Field (2022). La celebre musicista Lydia Tár sta per registrare la sinfonia che rappresenterà l’apice della sua arte e carriera. Tuttavia, quando il destino sembra essere contro di lei, trova conforto solo in Petra, la sua figlia adottiva.
  • Top Gun: MaverickJoseph Kosinski (2022). Pete Mitchell, detto Maverick, continua a superare i suoi limiti dopo essere stato per anni uno dei migliori aviatori della Marina. Tuttavia, deve affrontare il suo passato mentre addestra un nuovo gruppo per una missione estremamente pericolosa.
  • Close, Lukas Dhont (2022). I tredicenni Léo e Rémis hanno un rapporto di profonda amicizia a scuola e nei campi dove, insieme ai genitori, si occupano della raccolta di fiori. Quando i compagni di scuola seminano zizzania nel loro rapporto, le conseguenze sono fatali.
  • Crimes of the Future, David Cronenberg (2022). Gli esseri umani stanno mutando e il dolore è quasi scomparso. In questo nuovo mondo, due artisti della performance hanno trasformato le operazioni in una forma d’arte di successo e redditizia.
  • Decision to Leave, Park Chan-wook (2022). L’ispettore Hae Joon avvia un’indagine sulla morte apparentemente innaturale di un uomo su una montagna e incontra la vedova Seo Rae. Hae Joon lsospetta che sia lei la responsabile dell’omicidio, ma allo stesso tempo subisce il suo fascino.
  • The Whale, Darren Aronofsky (2022). Un insegnante di inglese obeso e solitario cerca di riallacciare i rapporti con la figlia adolescente allontanata per avere un’ultima possibilità di redenzione. Vincitore del premio Oscar al miglior attore protagonista Brendan Fraser.
  • Babylon, Damien Chazelle (2022). Los Angeles negli anni ’20. Una storia di ambizione smodata ed eccesso sfrenato, l’ascesa e la caduta di vari personaggi nella creazione di Hollywood, un’epoca di decadenza e depravazione sfrenate.
  • Master Gardener, Paul Schrader (2022). Narvel Roth è un esperto orticolturista incaricato del mantenimento dei giardini di una tenuta sudista appartenente alla ricca vedova Norma Haverhill. Quando quest’ultima gli affida la giovane nipote Maya, orfana ed arrivata alla tenuta per sfuggire a una storia di droga, rischia di far riemergere il passato violento che Narvel ha cercato per tutti quegli anni di lasciarsi alle spalle.
  • L’amore secondo Dalva, Emmanuelle Nicot (2022).
  • Ritorno a Seoul, Davy Chou (2022). Freddie, una ragazza di 25 anni che è stata adottata e vive in Francia, decide di recarsi in Corea del Sud per cercare i suoi genitori biologici, ma il suo viaggio prende una piega inaspettata.

Film recenti da vedere: 2021

Film recenti da vedere: 2021

Il 2021 è stato il primo anno in cui gradualmente, molto gradualmente, si è tornati ad una “normalità”, con i cinema che dopo i primi mesi dell’anno hanno ricominciato ad aprire, proiettando nuovi film. Tra questi, naturalmente, si annoverano grandi ritorni, opere di genere e in generale titoli capaci di suscitare grandi emozioni.

  • È stata la mando di Dio di Paolo Sorrentino (2021). Napoli, anni Ottanta. La vita del diciassettenne Fabietto Schisa cambia radicalmente in seguito a due avvenimenti: l’arrivo di Maradona al Napoli e un grave incidente, che interrompe la felicità familiare. La storia è basata sulla vita di Sorrentino stesso, che da ragazzo perse i genitori che rimasero vittima di un’esplosione in una casa di montagna. Anche Paolo doveva essere lì, ma Maradona lo salvò. Perché? Perché proprio quel giorno, Paolo riuscì ad avere il permesso dai genitori di andare allo stadio a vedere Maradona, invece che in montagna con i genitori.
  • Tenet, Christopher Nolan (2021). Un’azione epica che ruota intorno allo spionaggio internazionale, ai viaggi nel tempo e all’evoluzione, mentre un agente segreto deve cercare in tutti i modi di prevenire la Terza Guerra Mondiale.
  • Titane, Julia Ducournau (2021). Alexia adora le automobili, sin da quando, bambina, un incidente le ha donato una placca di titanio nella testa. Facendola rinascere, gonfia di rabbia e amore represso che la trasformeranno in un essere ibrido e nuovo. Il film è stato premiato con la Palma d’Oro, il premio più importante del Festival di Cannes.
  • L’ultima notte a Soho, Edgar Wright (2021). In questo thriller psicologico, Eloise, che sogna di diventare una fashion designer, riesce misteriosamente a catapultarsi negli anni Sessanta dove incontra Sandie, un’aspirante cantante di grande fascino. Ma il glamour non è esattamente quello che sembra: i sogni del passato iniziano a infrangersi e approderanno a qualcosa di molto più oscuro.
  • Malignant, James Wan (2021). Nel film, Madison è paralizzata da visioni scioccanti di orribili omicidi e il suo tormento peggiora quando scopre che questi sogni ad occhi aperti sono delle terrificanti realtà. Wan, maestro dell’horror contemporaneo, porta al cinema una nuova favola nera, ricca di inquietudini e orrori.
  • Il potere del cane, Jane Campion (2021). Il film presentato in concorso alla 78° Mostra del cinema di Venezia racconta di George e Phil, una coppia di fratelli che possiede un ranch nel Montana. Quando George sposa la giovane vedova Rose e la porta a vivere nel ranch, Phil prende di mira la donna e suo figlio Peter, tormentandoli senza sosta. La pellicola è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 1967 di Thomas Savage, è interpretato da Benedict Cumberbatch, Kirsten Dunst, Jesse Plemons e Kodi Smit-McPhee.
  • Candyman, Nia DaCosta (2021). Anthony, un artista visivo, incontra un veterano che espone la vera storia dietro Candyman. Ansioso di usare questi dettagli macabri per i dipinti, scatena inconsapevolmente una terrificante ondata di violenza.
  • A Quiet Place II, John Krasinski (2021). La famiglia Abbott affronta i terrori del mondo esterno. Costretti ad avventurarsi nell’ignoto, i membri della famiglia si rendono conto che le creature che cacciano dal suono non sono le uniche minacce che si nascondono oltre il sentiero di sabbia.
  • Halloween Kills, David Gordon Green (2021). Laurie Strode lascia il mostro mascherato Michael Myers rinchiuso nel suo seminterrato, convinta di essersi finalmente liberata di lui. Ma quando Michael riesce a liberarsi dalla trappola di Laurie, la sua carneficina continua.
  • Old, M. Night shyamalan (2021). Una vacanza tropicale si trasforma in un orribile incubo quando una famiglia visita una spiaggia appartata che in qualche modo li sta facendo invecchiare rapidamente, riducendo la loro intera vita in un solo giorno.
  • Io sono nessuno, Ilya Naishuller (2021). Un violento episodio scatena in Hutch Mansell, un marito trascurato e un papà sottovalutato, una rabbia a lungo repressa, facendogli scoprire abilità letali e portando alla luce oscuri segreti.
  • La donna alla finestra, Joe Wright (2021). La dottoressa Anna Fox passa le sue giornate rinchiusa nella sua casa di New York, bevendo vino mentre guarda vecchi film e spiando i suoi vicini. Un giorno, guardando fuori dalla finestra, vede qualcosa che accade nell’abitazione dei Russell.
  • Licorice Pizza, Paul Thomas Anderson (2021). La storia di Alana Kane e Gary Valentine, che crescono e si innamorano nella San Fernando Valley del 1973, in California. Il film segue i loro primi passi esitanti sulla via dell’amore. Nostalgico, divertente, ricco di sentimenti, Licorice Pizza è un nuovo grande film di uno dei più grandi registi attualmente in attività.
  • Belfast, Kenneth Branagh (2021). Le vite di una famiglia operaia e del loro giovane figlio, cresciuto durante il tumulto degli anni ’60 nella capitale dell’Irlanda del Nord.
  • No time to die, Cary Joji Fukunaga (2021). Bond si gode una vita tranquilla in Giamaica dopo essersi ritirato dal servizio attivo. Il suo quieto vivere viene però bruscamente interrotto quando Felix Leiter, un vecchio amico ed agente della CIA, ricompare chiedendogli aiuto. La missione per liberare uno scienziato dai suoi sequestratori si rivela essere più insidiosa del previsto, portando Bond sulle tracce di un misterioso villain armato di una nuova e pericolosa tecnologia.
  • DuneDenis Villeneuve (2021). In un distante futuro dell’umanità, il duca Leto Atreides accetta la gestione di un pericoloso pianeta, Dune, l’unica fonte di una droga in grado di allungare la vita e fornire eccezionali capacità mentali.
  • La fiera delle illusioni – Nightmare Alley, Guillermo Del Toro (2021). Un giostraio ambizioso con un talento per manipolare le persone con poche parole ben scelte inizia una relazione con una psichiatra che si rivela essere ancora più pericolosa di lui.
  • West Side Story, Steven Spielberg (2021). Due adolescenti di diverse origini etniche si innamorano nella New York degli anni 50. Una rivisitazione del leggendario musical West Side Story sullo scontro tra due bande di strada di New York.
  • Parigi 13Arr., Jacques Audiard (2021). Le vite di Émilie, Camille, Nora e Amber, amici e occasionalmente amanti, si intrecciano nel quartiere parigino di Les Olympiades. Audiard dà voce ad un trio di giovani in cerca del proprio posto nel mondo, tra sesso, inganni e paure per il futuro.
  • Drive My Car, Ryūsuke Hamaguchi (2021). Un attore e regista teatrale rimasto vedovo cerca un autista. L’uomo si rivolge al suo meccanico, che finisce per consigliargli una ragazza di 20 anni. Nonostante i timori iniziali, tra i due si sviluppa una relazione molto speciale. Vincitore del premio Oscar al Miglior film internazionale.
  • Scompartimento n. 6, Juho Kuosmanen (2021). Una ragazza finlandese sale su un treno diretto a Murmansk per sfuggire a una tormentata storia d’amore, trovandosi a dividere il vagone letto con un minatore russo durante il lungo viaggio. Da un iniziale diffidenza nascerà una profonda amicizia. Un’inno a chi fugge, a chi si apre al mondo e a chi ritrova la propria strada nei modi più imprevedibili.
  • Spencer, Pablo Larraìn (2021). Nel 1991, durante le vacanze di Natale con la famiglia reale a Sandringham House, nel Norfolk, Diana Spencer decide di porre fine al suo matrimonio da tempo in crisi con Carlo, principe del Galles.

Film recenti da vedere: 2020

Film recenti belli da vedere

Ecco di seguito alcuni dei migliori film del 2020, che offrono storie di redenzione, con personaggi alla ricerca di sé stessi o chiamati a scendere a patti con il labirinto che è la propria mente. Ma si ritrovano anche opere di genere, dal thriller all’horror, passando per l’avventura e altro ancora.

  • Nomadland, Chloé Zhao (2020). Dopo aver perso il marito e il lavoro durante la Grande recessione, la sessantenne Fern lascia la città aziendale di Empire, Nevada, per attraversare gli Stati Uniti occidentali sul suo furgone, facendo la conoscenza di altre persone che, come lei, hanno deciso o sono stati costretti a vivere una vita da nomadi moderni, al di fuori delle convenzioni sociali.
  • L’uomo invisibile, Leigh Whannell (2020). Intrappolata in una relazione violenta con un brillante scienziato, Cecilia Kass scappa nel cuore della notte facendo perdere le sue tracce. Nel frattempo, l’uomo sta escogitando un diabolico piano.
  • Minari, Lee Isaac Chung (2020). Negli anni ottanta, la vita del piccolo coreano-americano David cambia drasticamente quando la sua famiglia si trasferisce dalla costa occidentale nel cuore dell’Arkansas rurale per inseguire il sogno lavorativo del padre Jacob, incurante delle preoccupazioni di sua moglie. A complicare le cose in casa si aggiunge l’arrivo dell’anziana nonna dalla Corea, i cui modi così diversi dai loro suscitano la curiosità di David e della sua sorellina.
  • Mank, David Fincher (2020). La Hollywood degli anni ’30 è rivalutata attraverso gli occhi e la graffiante ironia dello sceneggiatore alcolista Herman J. Mankiewicz mentre termina la scrittura del capolavoro che sarà Quarto potere. Nel film di Fincher si ricostruisce dunque un periodo particolare della storia del cinema, affrontando questioni come l’autorialità e i giochi di potere alla base dell’industria cinematografica.
  • I Care a Lot, J. Blakeson (2020). Mala Grayson è una truffatrice che prosciuga i risparmi degli anziani di cui ha la tutela. Tuttavia, una donna che cerca di truffare si rivela essere più furba di quanto non appaia.
  • Fino all’ultimo indizio, John Lee Hancock (2020). Il Vice Sceriffo della Kern County, Joe “Deke” Deacon viene mandato a Los Angeles per quello che doveva essere un veloce incarico di raccolta di prove. Al contrario, si trova coinvolto nella caccia al killer che sta terrorizzando la città. A guidare l’indagine, il Sergente Jim Baxter che, colpito dall’istinto di Deke, richiede il suo aiuto non ufficiale. Ma mentre danno la caccia al killer, Baxter ignora che l’indagine sta riportando a galla alcune situazioni vissute in passato da Deke, svelando segreti scomodi che potrebbero mettere a repentaglio molto più che il suo caso.
  • Sto pensando di finirla qui, Charlie Kaufman (2020). In viaggio dai genitori di lui qualcosa va storto, ma fidanzato, famiglia e realtà frammentata non c’entrano nulla. Kaufman dà vita ad un nuovo oscuro viaggio nella mente umana, attraverso il subconscio, la memoria, i sentimenti e i rapporti umani. Il risultato è un film tanto folle quanto rigoroso ed emotivamente forte.
  • Le strade del male, Antonio Campos (2020). Predicatori diabolici, poliziotti corrotti e amanti omicidi: in un luogo totalmente sperduto, un giovane di forti valori ha sete di giustizia. Un grande cast di attori recita in quest’opera corale dove tutte le sfumature del male (ma anche del bene) finiscono per convergere nella stessa direzione, offrendo un ritratto variegato e cupo dell’essere umano.
  • Il processo ai Chicago 7, Aaron Sorkin (2020). Il film narra il processo ad un gruppo di attivisti contro la guerra in Vietnam accusati di aver causato lo scontro tra i manifestanti e la Guardia Nazionale il 28 agosto 1968 a Chicago. Una storia vera magnificamente scritta e diretta dallo sceneggiatore di The Social Network. Il film ha poi ricevuto sei nomination all’Oscar.
  • Il caso Minamata, Andrew Levitas (2020). Il fotografo americano W. Eugene Smith va in Giappone per indagare sui casi di avvelenamento di mercurio nei villaggi costieri, causati dall’inquinamento delle industrie chimiche. Johnny Depp recita nel ruolo del fotografo Smith alla ricerca di verità che si preferirebbe non conoscere ma che è indispensabile siano diffuse. Un’opera di denuncia, che sconvolge per la sua forza.

Oceania 2 (Moana 2), spiegazione del finale: cosa succede a Vaiana e come ci prepara a Oceania 3 (Moana 3)

Il finale di Oceania 2 (Moana 2) è un grande finale esplosivo che cambia radicalmente l’eroe e pone le basi per un futuro Oceania 3 (Moana 3). Dopo il successo del film del 2016, il sequel lancia la protagonista in un nuovo viaggio attraverso l’oceano. Incaricata di ripristinare un’isola perduta e di sciogliere un’enorme maledizione che mette in pericolo la sua tribù, Vaiana si imbarca in una missione insieme a un gruppo di leali abitanti del villaggio e al ritorno di Maui. Tuttavia, il loro cammino li porta direttamente nelle macchinazioni del malvagio dio Nalo, che ha lanciato la maledizione.

Oceania 2 (Moana 2) è destinato a diventare un successo al botteghino, il che potrebbe spiegare perché il film si conclude con una chiara allusione alle direzioni future di altri possibili sequel. In particolare, https://www.cinefilos.it/tutto-film/recensioni/oceania-2-657305″> Oceania 2 (Moana 2) si conclude con un enorme cambiamento per Vaiana e il suo mondo, ampliando la portata del suo mondo e amplificando la sua natura in modo inaspettato. Ecco come il finale di Oceania 2 (Moana 2) eleva il personaggio e prepara ulteriori avventure.

Vaiana muore e diventa semidio

L’esperienza di quasi morte di Vaiana finisce per darle più forza che mai

Tuttavia, grazie all’oceano, gli spiriti degli antenati di Vaiana (tra cui sua nonna e Tautai Vasa) sono in grado di riportarla in vita. Questo la trasforma in un semidio come Maui, conferendole potenzialmente lo stesso tipo di immortalità che ha permesso a Maui di vivere per oltre mille anni e di sopportare ferite altrimenti fatali.

Nello stesso modo in cui i poteri più evidenti di Maui sono incanalati attraverso il suo potente amo, il remo di Vaiana assume un nuovo significato come arma spirituale. Il remo è ora ornato da una scritta dorata e sembra essere un’estensione delle nuove capacità di Vaiana. Sebbene sia probabile che anche lei, come Maui, benefici di nuovi attributi fisici da semidio, il remo è la fonte dei suoi poteri soprannaturali più evidenti. Questo rende il remo un accessorio ancora più importante per l’eroina in futuro.

Vaiana in Oceania 2
Foto di Disney/DISNEY – © Walt Disney Studios

I nuovi poteri di Vaiana

I nuovi poteri di Vaiana sono probabilmente simili alla capacità di Maui di trasformarsi grazie all’uso del suo amo. Nel primo film, la separazione dall’amo ha fatto sì che Maui perdesse l’accesso alle sue capacità di trasformazione, pur mantenendo il suo corpo senza età e la sua impressionante resistenza. Il remo di Vaiana, invece, non le permette di trasformarsi. Ma grazie alla luce dorata che emette, Vaiana può usare il remo per modellare le maree e creare percorsi nell’oceano. Queste abilità saranno probabilmente fondamentali per la futura esplorazione dell’oceano.

I tatuaggi di Vaiana

Con questa ascesa, Vaiana ottiene anche alcuni tatuaggi. Sembrano raffigurare persone che festeggiano sull’isola di Motufetu, facendo riferimento agli eventi del film come a una grande azione da parte di Vaiana. Questo è simile al modo in cui i numerosi tatuaggi di Maui sono stati rivelati nel primo film come riferimenti ai suoi successi come semidio. È probabile che, man mano che Vaiana andrà avanti nella vita e raggiungerà altri traguardi, possa ottenere altri tatuaggi. Potrebbero anche essere vivi come il Mini Maui, creando una Mini Vaiana che apparirà in future storie sul personaggio.

Come Vaiana riconnette il popolo dell’oceano

Il motivo per cui Vaiana si mette alla ricerca di Motufetu è una visione di Tautai Vasa, che la informa che l’isola affondata e superata da Nalo ha di fatto isolato l’angolo di mare di Vaiana dal resto dell’umanità. Se rimarranno isolati troppo a lungo, i popoli dell’oceano (compresa la tribù di Vaiana e i Kakamora) si estingueranno. Questo rafforza gli sforzi di Vaiana per trovare altre tribù, dando il via all’avventura del film. Risollevando Motufetu e spezzando la maledizione di Nalo, la protagonista ripristina le linee di collegamento dell’oceano.

L’impegno si rivela subito proficuo: altri esploratori provenienti da tutto il mondo approdano rapidamente su Motufetu. Vaiana li riporta sulla sua isola natale, dove i vari Wayfinder di diverse tribù vengono mostrati mentre parlano con Tui e probabilmente creano alleanze. Si tratta di una conclusione promettente per il film, in quanto apre la strada a molti nuovi angoli del mondo da esplorare. Potrebbe anche creare un potenziale dramma, dato che l’esistenza di altre tribù significa anche che c’è spazio per possibili conflitti in futuro.

Maui in Oceania 2
Foto di Disney/DISNEY – © Walt Disney Studios

Cosa succede a Matangi in Oceania 2 (Moana 2)

A prima vista, in Oceania 2 (Moana 2) Matangi si presenta come un pericoloso cattivo. Capace di sopraffare e catturare Maui con relativa facilità, Matangi all’inizio fa intendere di avere piani più grandi per lui e Vaiana. Tuttavia, si scopre che Matangi è in realtà una serva involontaria di Nalo ed è rimasta intrappolata nella vongola grande come un’isola per anni. Sperando che rompere la maledizione che Nalo ha lanciato sull’oceano la liberi dalla sua morsa, Matangi dà a Vaiana alcuni consigli fondamentali e la aiuta (insieme a Maui e al resto dell’equipaggio di Vaiana) ad avventurarsi sull’isola.

In questo modo Matangi diventa un avversario potenzialmente riluttante per Vaiana, che segue i comandi di Nalo anche se desidera liberarsi di lui. Tuttavia, una Vaiana potenziata potrebbe trovare un modo per liberarla, trasformando Matangi in un alleato.

La vendetta di Nalo e come ci prepara a Moana 3

Nalo è il vero cattivo di Oceania 2 (Moana 2), anche se i Nalo cerca attivamente di uccidere Vaiana e il suo equipaggio, inviando enormi serpenti marini e saette luminose contro il gruppo quando si avvicinano all’isola. Anche dopo essere stato sconfitto, l’apparizione della divinità nella scena dei titoli di coda rivela un dio furioso e intenzionato a vendicarsi. Tutto ciò pone le basi per un epico Oceania 3, soprattutto in considerazione dell’importante aumento di potenza di Vaiana.

Come il finale di Oceania 2 (Moana 2) si basa sul finale del primo film

In Oceania, la maledizione causata da Maui che ha preso il Cuore di Te Fiti stava lentamente uccidendo tutta la vita biologica del mondo. Allo stesso modo, Vaiana parte per la sua avventura con la consapevolezza che l’incapacità di espandere l’oceano al suo vero potenziale porterà alla scomparsa del suo popolo.

Oceania 2 (Moana 2) si concentra in definitiva sull’importanza di abbracciare il nuovo e di avere il coraggio di rischiare tutto per l’esplorazione. Tutti i personaggi di Oceania 2 (Moana 2) sono costretti ad abbracciare nuove strade pericolose, con la nonna di Vaiana che nel primo atto comunica alla nipote di aver compreso il costo potenziale delle sue avventure. La tribù deve letteralmente espandersi attraverso l’oceano, altrimenti si estinguerà. I membri dell’equipaggio di Vaiana crescono attraverso l’accettazione del cambiamento, che si tratti dell’abbraccio di Loto alla sperimentazione costante, di Moni che supera le sue paure o di Kele che si adatta all’oceano.

Anche Vaiana e Maui affrontano questa sfida: entrambi sono costretti ad accettare percorsi difficili a cui sono naturalmente contrari. Gli sforzi di Maui per proteggere Vaiana dal pericolo non fanno altro che prolungare la missione a Motufetu, e i due vincono quando accettano di potersela cavare da soli. Al contrario, Vaiana deve imparare ad abbracciare un percorso diverso, accettando la guida di Matangi di “perdersi”, tracciando una strada diversa da quella che le è congeniale per poter continuare ad andare avanti. È una morale interessante da esplorare, soprattutto in relazione alla svolta di Vaiana su Te Fiti.

Khaleesi Lambert-Tsuda e Auli'i Cravalho in Oceania 2
Foto di Disney/DISNEY – © Walt Disney Studios

Quanti film su Vaiana ci saranno?

Oceania 3 non è stato confermato, ma il remake in live action arriverà presto

Al momento in cui scriviamo, non c’è stata alcuna conferma di Oceania 3. Dato che ci sono voluti otto anni prima che Oceania 2 (Moana 2) continuasse la storia dell’Indomita, potrebbe passare un po’ di tempo prima che il pubblico abbia la conferma, in un senso o nell’altro, se vedrà ancora la giovane donna avventurosa. Tuttavia, l’atteso successo al botteghino di Oceania 2 (Moana 2), insieme al palese richiamo al sequel nella scena a metà dei titoli di coda, potrebbe dare alla Walt Disney Animation un motivo in più per riportare il personaggio per altre avventure.

Un eventuale terzo film potrebbe addirittura seguire la traiettoria di altri sequel animati Disney confermati, come Frozen, di cui è già stata confermata la presenza di due sequel in fase di pre-produzione. I fan di Oceania avranno anche un remake live-action nel 2026, con Catherine Laga’aia nel ruolo di Vaiana e Dwayne Johnson che riprenderà il ruolo di Maui. Questo assicura che, anche dopo Oceania 2 (Moana 2), ci saranno altre occasioni per vedere la giovane eroina nelle sale cinematografiche.

From – stagione 3: la spiegazione del finale – Il destino di Jim e il vero legame tra Tabitha e Miranda

La terza stagione di From si conclude in modo scioccante, con la risoluzione di molti misteri di lunga data e l’emergere di nuove domande. Nel corso della terza stagione, i personaggi di From sono stati spinti più che mai al limite. I mostri di From hanno trovato nuovi modi per tormentare gli abitanti della Township, tra cui l’uccisione brutale di Tian-Chen Liu (Elizabeth Moy) davanti a Boyd Stevens (Harold Perrineau) e una creatura sinistra che cresce dentro Fatima (Pegah Ghafoori).

Il mistero della gravidanza di Fatima viene svelato ed Elgin (Nathan D. Simmons) paga un prezzo terribile per averla tenuta prigioniera nella cantina della città. Nel frattempo, Tabitha Matthews (Catalina Sandino Moreno) e Jade Herrera (David Alpay) finalmente ottengono le risposte che cercavano, che riguardano gli alberi delle bottiglie di From e i bambini “Anghkooey”. Forse la cosa più scioccante di tutte è che uno dei personaggi più importanti di From, Jim Matthews (Eion Bailey), viene ucciso da un nuovo personaggio, l’Uomo in abito giallo (Douglas E. Hughes).

Perché l’Uomo in abito giallo uccide Jim nel finale della terza stagione di From

“La conoscenza ha un prezzo”

L’Uomo in abito giallo uccide Jim come conseguenza della scoperta di Tabitha e Jade. Dice a Jim che “la conoscenza ha un prezzo” e che aveva cercato di avvertirlo in precedenza. Quando pronuncia la frase “Tua moglie non avrebbe dovuto scavare quella buca, Jim”, diventa chiaro che era lui la voce alla radio alla fine della prima stagione che aveva detto quelle stesse parole. È intervenuto quando Tabitha e Jim si stavano avvicinando troppo alla verità nella prima stagione e ora è intervenuto di nuovo dopo che Jade ha suonato la canzone.

L’uomo in abito giallo non può uccidere definitivamente Tabitha o Jade a causa del loro legame originario con la città, poiché tornerebbero semplicemente sotto una forma diversa. Invece, uccide Jim, una morte che sconvolgerà la famiglia Matthews e tutti gli abitanti della città. Dal punto di vista narrativo, la morte di Jim aumenta notevolmente la posta in gioco. Sebbene From abbia ucciso molti personaggi, si è trattato per lo più di personaggi secondari, ma la morte di Jim dimostra che nemmeno i personaggi principali sono più al sicuro.

Cosa è successo alla Julie del futuro nella scena finale della terza stagione di From?

Continua l’uso del viaggio nel tempo in From

L’uccisione di Jim da parte dell’Uomo in abito giallo non è l’unica sorpresa nella scena finale della terza stagione di From. L’altra sorpresa è che una versione futura di Julie Matthews (Hannah Cheramy) viaggia nel tempo fino al momento prima che suo padre venga ucciso. Il viaggio nel tempo di Julie aveva già risolto il mistero della corda di Boyd, ma quello era solo l’inizio. Anche se suo fratello, Ethan Matthews (Simon Webster), le dice che non può cambiare il passato, lei continua a provarci.

Finché non verrà uccisa o catturata dall’Uomo in abito giallo, Julie continuerà probabilmente i suoi viaggi nel tempo, che le forniranno conoscenze inestimabili, ma non potranno aiutarla a cambiare nulla, dato che From segue la regola di Lost secondo cui “ciò che è successo, è successo”.

Purtroppo, Julie non riesce a salvare suo padre dall’Uomo in abito giallo. L’ultima immagine che abbiamo di lei è mentre urla terrorizzata alla vista della gola di Jim che viene squarciata. From – stagione 4 dovrà rivelare cosa succede dopo a questa versione futura di Julie. Finché non verrà uccisa o catturata dall’Uomo in abito giallo, Julie continuerà probabilmente i suoi viaggi nel tempo, che le forniranno conoscenze inestimabili, ma non potranno aiutarla a cambiare nulla, poiché From segue la regola di Lost secondo cui “ciò che è successo, è successo”.

Il legame tra Tabitha e Miranda e quello tra Jade e Christopher spiegato

From 3 - episodio 9

Le loro somiglianze sono sempre state intenzionali

Dalla fine dell’episodio 9 della terza stagione, si capiva che Tabitha e Miranda (Sarah Booth) erano la stessa persona, poiché Tabitha ha rivissuto il ricordo di Miranda che veniva uccisa prima di raggiungere l’albero lontano. Il finale della terza stagione lo conferma, insieme alla rivelazione che Jade e Christopher (Thom Payne) sono la stessa persona. Tabitha e Jade sono state tra i primi abitanti della Città e sono tornate più volte nel corso degli anni nel tentativo di salvare i bambini e liberarli.

Tabitha e Jade rimangono entrambe intrappolate nella Città lo stesso giorno nell’episodio 1 della stagione 1.

Miranda e Christopher erano le versioni precedenti di Tabitha e Jade che hanno cercato senza successo di salvare i bambini. Questo spiega perché ci sono sempre stati così tanti parallelismi tra Miranda e Tabitha e tra Jade e Christopher. Spiega anche perché Tabitha e Jade sono state le uniche residenti in grado di vedere i bambini “Anghkooey” e perché hanno visioni che gli altri non hanno. Anche il legame naturale e l’istinto materno di Tabitha con Victor (Scott McCord) hanno più senso, dato che Miranda era la madre di Victor.

Cosa rivela la gravidanza di Fatima sui mostri

I mostri sono immortali

Fatima alla fine dà alla luce il mostro Smiley (Jamie McGuire), che ora è rinato dopo essere stato ucciso da Boyd nella seconda stagione. Questo rivela che i mostri non possono essere uccisi in modo definitivo, il che si ricollega alle origini delle creature e al modo in cui i bambini sono stati uccisi. Victor ha detto in From season 3, episodio 8 che i bambini sono stati uccisi nell’oscurità da persone che amavano e di cui si fidavano. Fatima aggiunge a questa spiegazione la sua nuova comprensione che From‘s monsters hanno sacrificato i propri figli in cambio dell’immortalità.

Tutti gli episodi di From sono disponibili in streaming su Paramount+.

Questa immortalità è il motivo per cui Smiley e gli altri mostri non possono essere uccisi definitivamente. Fatima dice solo che “esso” ha promesso ai mostri che avrebbero vissuto per sempre, ma probabilmente si riferisce all’Uomo in abito giallo. Sembra che lui sia il male originario al centro della città, che ha usato l’offerta dell’immortalità per rendere immortali i mostri e farli obbedire ai suoi ordini. Tuttavia, se Tabitha e Jade riusciranno finalmente a salvare i bambini e a liberarli, questo potrebbe distruggere tutto ciò che l’Uomo in abito giallo ha costruito.

Cosa significano “Anghkooey” e i numeri sull’albero delle bottiglie in From

Grazie a Jim, i numeri nelle bottiglie si rivelano essere note musicali. Quando Jade va all’albero delle bottiglie e suona una melodia con il violino basata su queste note musicali, i bambini “Anghkooey” riappaiono. È attraverso la canzone e la ricomparsa dei bambini che Tabitha e Jade capiscono che “Anghkooey” significa “ricordare. I bambini e la canzone hanno lo scopo di aiutare Tabitha e Jade a ricordare il loro legame originario con la città. Ricordano chi sono e tutte le vite passate che hanno vissuto nella città, compreso il periodo in cui erano Miranda e Christopher.

Questa consapevolezza diventa ancora più tragica quando si rendono conto che uno dei bambini che hanno cercato ripetutamente di liberare era loro figlia, e che la canzone è una ninna nanna che i loro io del passato cantavano a lei e agli altri bambini. Tutte le visioni e le scoperte di Tabitha e Jade le hanno portate a ricordare. Ora che ricordano chi sono e perché sono intrappolate nella Città, potrebbero finalmente essere in grado di cambiare le cose.

Le oscure decisioni di Boyd e Sara con Elgin spiegate

Elgin si rifiuta di rivelare dove si trova Fatima perché è stato ingannato facendogli credere che il completamento della sua gravidanza è la chiave per la fuga degli abitanti dalla Città. Nonostante il fantasma di padre Khatri (Shaun Majumder) cerchi di dissuadere Boyd, Boyd colpisce la mano di Elgin con un martello. Cerca di ragionare con Elgin, ma quando questo non funziona, la disperazione e la rabbia di Boyd hanno la meglio su di lui, che si rifiuta di lasciare che sua nuora soffra e muoia.

Per quanto riguarda Sara Myers (Avery Konrad), torna alle sue vie violente per la prima volta dalla prima stagione, strappando un occhio a Elgin, che lo induce a rivelare dove si trova Fatima. Sara lo fa perché tiene a Boyd, sa che è un brav’uomo ed è grata per come lui si è preso cura di lei e le ha dato una seconda possibilità. Non vuole che Boyd sprofondi ancora di più e gli risparmia questo con il suo metodo di tortura più brutale che costringe Elgin a parlare.

Il vero significato del finale della terza stagione

Il finale della terza stagione di From riguarda in definitiva la natura ciclica del bene e del male. Tabitha e Jade sono rimaste intrappolate in un tragico ciclo che non sono riuscite a spezzare. Anche il male della città è ciclico, con Smiley che rinasce mentre i mostri continuano il loro regno immortale di terrore. Invece di Sara che viene manipolata per compiere azioni orribili in nome della libertà, ora è Elgin ad essere manipolato, e Sara deve sprofondare nuovamente nella sua vecchia oscurità per fermarlo.

Da è stato ufficialmente rinnovato per la quarta stagione.

Sebbene il finale sia pervaso da un senso di disperazione, ci sono anche segni che le cose potrebbero finalmente cambiare in meglio. L’emergere dell’Uomo in abito giallo e l’uccisione di Jim sono i segni più evidenti di questo. La scoperta di Tabitha e Jade deve aver terrorizzato l’Uomo in abito giallo al punto da spingerlo a rivelarsi e ad attaccare Jim. Anche se questo è costato la vita a Jim, indica anche che il ciclo sarà finalmente spezzato, i bambini saranno salvati e gli abitanti troveranno un modo per tornare a casa prima della fine di From.

Chi è Desmond Hart di Dune: Prophecy? Spiegato il personaggio del soldato di Travis Fimmel

Uno dei personaggi originali di Dune: Prophecy è Desmond Hart, un soldato con un programma misterioso, interpretato da Travis Fimmel. Fimmel si unisce al cast all-star di Dune: Prophecy, insieme a Emily Watson, Olivia Williams e Mark Strong, con un personaggio che contribuisce alla complessa rete di schemi politici incentrati sull’Imperium. Desmond Hart viene introdotto a metà del primo episodio della serie come un personaggio che ricorda quasi Duncan Idaho dei film di Dune. È sopravvissuto a diverse missioni su Arrakis, avendo imparato le tecniche di guerra nel deserto.

Tuttavia, c’è qualcosa di notevolmente diverso tra lui e Idaho, interpretato con fascino e carisma da Jason Momoa nel film Dune del 2021. Desmond Hart porta con sé subdoli segreti e sembra intenzionato a manipolare coloro che lo circondano. Ambientato all’incirca 10.000 anni prima nella linea temporale di Dune, i personaggi del prequel della HBO modificheranno drasticamente la portata del mondo, preparando l’Universo Conosciuto a come sarà quando nascerà Paul Atreides. Dato che non è presente nei libri, il ruolo di Desmond in questo grande schema è il più difficile da prevedere.

Desmond Hart è l’unico soldato sopravvissuto a un attacco su Arrakis

Desmond Hart arriva al palazzo dell’Imperatore su Selusa Secundus, dichiarando di essere l’unico sopravvissuto a un attacco su Arrakis. L’Imperatore credeva che l’attacco fosse stato condotto dalle forze Fremen e stava orchestrando un’alleanza con la Casa Richese per una flotta di navi che aiutasse la produzione di spezie su Arrakis, prevenendo ulteriori minacce. Desmond sostiene che l’attacco non era in realtà opera dei Fremen, ma degli alleati dell’Imperium, apparentemente come stratagemma per costringere l’Imperatore a organizzare il matrimonio di sua figlia, la Principessa Ynez.

Spiegato il legame di Desmond Hart con l’Imperatore Javicco Corrino

Desmond è arrivato a casa dell’Imperatore Javicco per conquistare la sua fiducia. L’Imperatore sembrava sapere chi fosse Desmond Hart prima di incontrarlo, ma non è chiaro se i due abbiano dei trascorsi insieme. Più tardi nell’episodio, i due si incontrano in riva al mare e discutono della situazione. Hart sostiene che Casa Richese è tra le varie minacce per l’Imperatore, il quale concorda sul fatto che non si sente a posto con il matrimonio, nonostante sia stato consigliato dal suo Verificatore, Kasha. Desmond afferma che l’attacco ad Arrakis è stato solo un sintomo di un problema più importante.

Desmond Hart suggerisce a Javicco che sta perdendo la presa sull’Imperium. Crede che sia perché i leader delle Grandi Case sono sotto il controllo dei loro Verificatori, anche se non lo dice ancora. È vero che nell’episodio Javicco va contro il suo buon senso per ascoltare Kasha, organizzando un matrimonio con un alleato inaffidabile per ottenere più forza militare. Kasha impone questo matrimonio perché sostiene Valya Harkonnen e il complotto della Sorellanza per piazzare una Sorella sul trono, che sarebbe la Principessa Ynez, dopo la sua formazione.

Il personaggio di Travis Fimmel è un cattivo in Dune: Prophecy?

Il finale dell’episodio 1 di Dune: Prophecy vede Travis Fimmel uccidere un bambino grazie a un misterioso potere, il che sembra essere un atto di cattiveria. Tuttavia, nel mondo di Dune è sempre un po’ più complicato di così. Capire cosa dice e cosa vede Javicco nell’ologramma è fondamentale per capire cosa si sa del personaggio originale. Desmond Hart non solo è sopravvissuto all’attacco degli alleati dell’Imperium che ha ucciso tutti i suoi uomini, ma è anche stato inghiottito nel sottosuolo da un sandworm ed è sopravvissuto.

È importante notare che tutti questi elementi si riferiscono anche alla visione della Madre Superiora all’inizio dell’episodio: un verme sandwich, pelle bruciata, sangue e la morte di un nobile.

Desmond Hart ha ora la misteriosa capacità di far bruciare la pelle di qualcuno e sembra farlo sia con Pruwet Richese che con Kasha. Prima di uccidere Pruwet, dichiara che gli è stato “conferito un grande potere”. È importante notare che tutti questi elementi si riferiscono anche alla visione della Madre Superiora all’inizio dell’episodio: un sandworm, pelle bruciata, sangue e la morte di un nobile. Desmond Hart potrebbe essere in qualche modo collegato al “Tiran-Arafel”, utilizzato nello show per indicare una minaccia esistenziale per l’umanità.

“Arafel” è un termine dei libri originali di Dune che si riferisce a una ‘nube-oscurità alla fine dell’universo’.

Quindi, sì e no. Il Desmond Hart di Travis Fimmel è probabilmente il cattivo di Dune: Prophecy, poiché lo show è inquadrato dalla prospettiva di Valya Harkonnen e della Sorellanza. Ma la Sorellanza, che si sta trasformando nella Bene Gesserit che il pubblico conosce in Dune, non è esattamente protagonista nemmeno in questo universo, e anche tra le sue fila si discute sulla moralità dell’ingegneria genetica dei leader mondiali. Valya e la Sorellanza cercano il controllo, mentre Desmond vuole impedirlo, ma per farlo potrebbe arrivare a estremi ancora peggiori.

L’Amica Geniale – Storia della Bambina Perduta episodi 5 e 6: recensione

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Gli episodi 5 e 6 della quarta stagione de L’Amica Geniale adattamento della tetralogia di Elena Ferrante – si immergono nel cuore del tumultuoso intreccio tra maternità, amicizia e amore, facendo emergere nuove dinamiche emotive e conflitti irrisolti. La complessità delle relazioni tra i personaggi raggiunge vette drammatiche, con una narrazione che intreccia sapientemente momenti di tensione, fragilità e consapevolezza, concentrandosi maggiormente sui fatti che vediamo accadere più che sulla loro elaborazione.

La Frattura

Il quinto episodio, intitolato La Frattura, si concentra proprio sulla separazione, la spaccatura che si viene a creare, sempre più profonda, tra i personaggi principali, riflessa sia nei legami personali sia nel tessuto sociale che li circonda. La storia si apre con Lenuccia, che riscopre sia la maternità con l’ultima arrivata, Immacolata, avuta da Nino, che il rione, con tutti i suoi personaggi/manifesto: la donna incontra di nuovo Michele Solara, nell’ufficio di Lila, e lo trova notevolmente cambiato: è la pallida ombra di sé stesso mentre si confronta con Lila, determinata e sovrana della situazione, decisa nel suo disprezzo verso un uomo che un tempo rappresentava il potere e il controllo, ma che ora è fragile e sconfitto. Il terremoto che ha devastato Napoli fa da sfondo a un’umanità altrettanto spezzata, traumatizzata ma anche affaticata dalla vita stessa.

Parallelamente, il rapporto tra Elena e Nino si sgretola progressivamente. Nino, sempre più ingombrante nella vita di Elena, si dimostra un uomo egocentrico e inaffidabile, incapace di essere presente nei momenti cruciali. Quando Elena si reca in ospedale per partorire da sola, la sua solitudine è straziante: un momento che dovrebbe essere di gioia si trasforma in una riflessione amara sulla fragilità delle sue scelte sentimentali. Il giorno seguente, Nino si presenta in ospedale e proclama un’affermazione che sembra riecheggiare più un bisogno egoistico che un’autentica dichiarazione d’amore: “Io non ce la faccio a stare senza di te”. La domanda si insinua: Nino è davvero l’uomo che Elena merita, o è solo una proiezione del desiderio di appagare una idealizzazione che nasce dalla prima giovinezza?

Dopo la nascita della piccola Immacolata, che Elena sceglie di chiamare così come segno riconciliatorio verso la madre malata, l’anziana donna e Lila vanno a far visita alla neo-mamma a Via Petrarca, nella casa con le finestre sul mare. Ma, quando la signora si sente male e viene trasportata in ospedale, Lenù dimostra tutta la sua insicurezza nei confronti del compagno: mentre la madre è in pericolo di vita e lei è costretta a rimanere a casa con la neonata, Lila e Nino corrono in ospedale con la signora, ma per Lenù il pensiero fisso è la loro vicinanza, il loro tornare in contatto, la paura che tra loro possa nascere di nuovo qualcosa. Questo atteggiamento ostile e sospettoso non viene replicato da Lila, che di contro esternando il suo disprezzo per Nino, resta accanto alla madre di Elena come fosse la sua.

L’episodio de L’Amica Geniale si chiude lasciando una sensazione di disagio. Elena, sempre più esasperata, appare fastidiosa, quasi distante dalla profondità emotiva che la caratterizzava. Un effetto forse voluto, che sottolinea il suo stato di crisi e un momento in cui si avvicinano decisioni importanti da prendere.

L’imbroglio

Il sesto episodio, L’imbroglio, esplora ulteriormente la relazione tra Lila e Elena, mettendo in luce due concezioni opposte di maternità e di identità personale. Il parto di Lila, violento, arrabbiato, quasi contro natura evidenzia quanto le due donne abbiano un temperamento differente, anche rispetto a questi lati dell’essere donna: Lenù è sempre accogliente, mentre Lila è sfidante, costantemente in lotta. La nascita della bambina di Lila avviene in un clima di tensione e fatica, specchio delle sue resistenze emotive e fisiche. L’esperienza di Elena, che aveva partorito in solitudine, è di tutt’altra natura. Due racconti diversi di maternità, segnati dalle rispettive fragilità e dai legami che le due donne intrecciano con chi le circonda.

La puntata si concentra su altri tre avvenimenti molto importanti che vedono come filo conduttore Elena: il primo è la confessione di Alfonso. L’uomo che sta cercando di fare i conti con la sua identità di genere si confessa a Lenù raccontandole in che modo l’aiuto di Lila è stato determinante per accettarsi, l’amica lo ha incoraggiato a esplorare e deformare la propria immagine.

Intanto la madre di Elena peggiora e, nel suo ultimo atto di lucidità, chiede ai figli di fare la cosa giusta: Peppe e Gianni devono lavorare per Lila e abbandonare le attività criminali con i Solara, mentre Marcello deve sposare Elisa. Per quello che riguarda Elena, lei ha sempre fatto le cose a suo modo, lo farà anche adesso: sul letto di morte, Lenù riceve il riconoscimento di indipendenza che ha sempre cercato da sua madre.

Ma la morte di sua madre porta la donna in un nuovo territorio, in cui si sente ancora una volta intrappolata tra il peso delle responsabilità familiari e l’incompiutezza della sua vita. Una situazione di impasse che verrà sbloccata solo grazie all’intervento di Nino che, involontariamente, si rivela alla fine per quello che è anche agli occhi di Elena, che era l’unica a non vedere la sua infima caratura umana. La scoperta di un suo tradimento – l’ennesimo, scopriremo – consente a Elena di trovare la forza e la lucidità di allontanarlo e solo dopo scopre da Lila che l’uomo non aveva mai smesso di cercare la sua vecchia amante. La scelta degli showrunner di raccontare in questi termini l’allontanamento di Elena e Nino si allontana dal racconto originale eppure conferisce alla storia una forza in più, una chiarezza e una inequivocabili che i libri di Elena Ferrante non sempre tengono in considerazione.

L’Amica Geniale: un dittico di eventi e temi

Questo nuovo dittico di L’Amica Geniale – Storia della Bambina Perduta si addentra nei momenti più dolorosi e complessi della serie: il senso di smarrimento, il peso delle scelte sbagliate, la maternità come croce e delizia, la perdita e il lutto. E sembra che il costante balletto che l’adattamento fa tra ciò che accade nel romanzo e ciò che invece viene reinventato e modificato per la serie riesca ad acquisire autorità e credibilità man mano che gli eventi ci appaiono chiari e privi delle ombre e dei non detti che Ferrante adora disseminare.

La frattura e l’imbroglio non sono solo eventi specifici, ma temi ricorrenti che definiscono la traiettoria di questa stagione, conducendo gli spettatori verso un finale che si preannuncia doloroso e catartico. Il legame tra Lila ed Lenù, fatto di gelosie, rancori, ma anche di un amore profondo e indistruttibile, rimane il vero cuore pulsante della storia, un’amicizia che resiste nonostante tutto e che è destinata ancora una volta a evolversi.

Hayao Miyazaki e l’airone: recensione del documentario di Kaku Arakawa

È il 2013 quando, successivamente all’uscita in sala Hayao Miyazaki annuncia il suo ritiro dal mondo dell’animazione e del cinema. È il 2016 quando, nel documentario Never Ending Man: Hayao Miyazaki viene rivelato che Miyazaki sta tornando sui suoi passi, mettendosi al lavoro su un nuovo lungometraggio. È il 2023 quando quel nuovo progetto, Il ragazzo e l’airone (qui la recensione) arriva finalmente in sala, rappresentando morte e rinascita dell’amato maestro dell’animazione (giapponese e non). Questo lungo e tortuoso viaggio, costellato da lutti, fatica, sogni e speranze, viene ora svelato in Hayao Miyazaki e l’airone da Kaku Arakawa, documentario che ci riporta nuovamente all’interno dello Studio Ghibli.

Arakawa – già regista di Never Ending Man: Hayao Miyazaki e della miniserie 10 Years with Hayao Miyazaki – realizza sostanzialmente un’estensione (per non usare il termine sequel) di quel suo documentario del 2016. Se quel progetto seguiva Miyazaki dall’annuncio del suo ritiro passando attraverso il rendersi conto di non saper stare senza matita in mano e fino al suo rimettersi al lavoro, Hayao Miyazaki e l’airone riparte proprio da lì per raccontare quel lungo percorso che dal 2016 al 2023 ha portato alla realizzazione del film che ha incantato il mondo, ottenendo ampi consensi e facendo guadagnare al suo autore il suo secondo Oscar per il Miglior film d’animazione.

Ad unire spiritualmente i due documentari vi sono le continue riflessioni di Miyazaki sull’avanzare della sua età e sul dubitare delle proprie capacità e forze per portare a termine questa nuova fatica. Ancor più di Never Ending Man: Hayao Miyazaki, Hayao Miyazaki e l’airone è però segnato dai lutti, che diventano tuttavia spinta propulsiva per portare a termine quella nuova avventura. È dunque un documentario dal tono malinconico, che ci mostra il lato umano di una leggenda, dove però la speranza e la voglia di scherzare trova infine sempre spazio, proprio come nelle opere realizzate nel corso di oltre quarant’anni da Miyazaki.

Toshio Suzuki e Hayao Miyazaki in Hayao Miyazaki e l’airone
Toshio Suzuki e Hayao Miyazaki in Hayao Miyazaki e l’airone. Cortesia di Lucky Red.

Un regista non si ritira

Un regista non si ritira”, è ciò che un profondamente arrabbiato Isao Takahata, maestro, rivale e amico di Miyazaki, ha detto a quest’ultimo quando annunciò il suo ritiro. Regista di opere come Una tomba per le lucciole, Pom Poko e La storia della principessa splendente, Takahata – da Miyazaki affettuosamente chiamato Paku-san – ha sempre avuto un posto speciale nella vita del collega. Si può dire che è da quel rimprovero che Miyazaki inizia a comprendere che Takahata ha di nuovo ragione, che non ci si può ritirare da ciò che si è. E quando anche la sua storica confidente e color designer Michiyo Yasuda gli chiede di fare un nuovo film, Miyazaki comprende che è ora di rimettersi al lavoro.

Inizia così a prendere forma un nuovo racconto, che è per il regista di La città incantata l’occasione per ripensare a tutta la sua vita e il suo lascito artistico e umano. Il documentario di Arakawa inizia dunque a seguire il regista in modo anche rocambolesco, con riprese quasi rubate di nascosto per cogliere Miyazaki nell’intimo. Non sembra quindi un caso che il film inizia proprio con il regista nudo mentre fa una sauna, quasi come a volerci anticipare che quello che vedremo è un Miyazaki che si metterà a nudo raccontandoci tutto di sé e del proprio lavoro. Arakawa lavora però anche su un ritmo sempre piuttosto serrato, riuscendo a far confluire nelle proprie immagini anche una forte comicità – dovuta in particolare agli scambi di Miyazaki con il suo storico produttore Toshio Suzuki – ma anche tutto quel senso di quiete che lo stile di vita giapponese suggerisce.

Si lavora per accostamenti, tra ciò che accade nella realtà e diretti corrispettivi nei film animati di Miyazaki, dimostrando dunque quanto per il regista il confine tra fantasia e realtà sia esile. Un discorso, questo, che torna più volte nel corso del film, stupendo lo spettatore che si ritrova davanti a situazioni, luoghi e persone che hanno direttamente ispirato precisi elementi delle varie opere realizzate da Miyazaki. In particolare, però, Hayao Miyazaki e l’airone riesce realmente a trasmettere lo sforzo creativo, la fatica, la pazienza e le difficoltà che il lavoro su questo nuovo film ha comportato. Miyazaki, che si concentra prevalentemente sullo storyboard, torna più volte sui suoi disegni, sui suoi tratti, facendo perfettamente comprendere quanto minuzioso lavoro c’è dietro.

Il disegno dell’airone di Hayao Miyazaki
Il disegno dell’airone di Hayao Miyazaki. Cortesia di Lucky Red.

Hayao Miyazaki e l’airone: creare per restare vivi

Nel mostrarci tutto ciò, Hayao Miyazaki e l’airone non solo fornisce una vera e propria spiegazione di determinati elementi del film (come le persone che hanno ispirato certi personaggi o lo svelamento di certi simboli), ma porta ovviamente a anche a ripensare a Il ragazzo e l’airone e a farlo apprezzare ancor di più. Ed è proprio nel raccontarci la realizzazione del film, attraverso un lunghissimo conto alla rovescia che porta sino alla sua agognata uscita nei cinema giapponesi, che il documentario ci comunica un secondo importante elemento, ovvero il comprendere – di nuovo – da parte di Miyazaki come sia vero che un regista non si può ritirare, perché “se non realizziamo qualcosa non abbiamo niente”, come dirà Miyazaki stesso.

Hayao Miyazaki e l’airone è dunque anche un’ode all’atto creativo, a quella vocazione che non si può soffocare e che chiede invece di essere liberata, come racconta il regista parlando del “coperchio del suo cervello”. Ed è ancora una volta la vita a guidare la mano dell’artista, “costretto” a portare avanti il suo lavoro mentre il mondo intorno a lui perde pezzi. Se Il ragazzo e l’airone inizia venendo concepito in un modo, la scomparsa di Michiyo Yasuda e soprattutto quella di Isao Takahata influenzano profondamente Miyazaki e il suo lavoro. È proprio nel vedere il regista andare avanti nel suo lavoro nonostante i lutti che segnano il cammino che si ritrova uno degli elementi più toccanti del film.

Sono episodi che danno la misura del tempo, che costringono Miyazaki a riflettere sul senso della vita, sul tempo che gli resta, chiedendosi sé egli stesso riuscirà a vedere finito quel suo nuovo lavoro. Il tono del documentario è dunque spesso funebre, malinconico, ma con la possibilità che una battuta e una risata si intromettano e riportino un equilibrio al tutto, proprio come l’equilibrio ricercato dal personaggio del prozio in Il ragazzo e l’airone (ispirato proprio a Takahata). È così che, passo dopo passo, si giunge al completamento del film, al suo diventare pubblico, al suo trionfo globale. E quando tutto è finito? La risposta ce la offre sempre Miyazaki: “è proprio allora che la vita continua ad andare avanti“. Morte e rinascita, lasciando aperta la porta verso il futuro.

Wicked: recensione della prima parte del musical con Cynthia Erivo e Ariana Grande

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A distanza di anni dalla prima notizia che il musical di successo sarebbe arrivato al cinema, finalmente Wicked – Parte 1 è disponibile in sala, con Universal Pictures Italia, per incantare sia i fan dello spettacolo di Broadway sia il pubblico generalista, portato in sala dalla magica (e massiccia) promozione che sta accompagnando il film. Cynthia Erivo e Ariana Grande guidano un progetto ambiziosissimo, come accennato, la prima delle due parti previste per il maestoso progetto che però è in grado di reggere benissimo anche da sola. Wicked è un adattamento sontuoso e sorprendentemente attuale, che offre una nuova prospettiva sulla dicotomia tra buoni e cattivi, interrogandosi sulle ragioni del male.

Come mai esiste il male? La grande domanda esistenziale di Wicked

Come sappiamo da Il Mago di Oz, la Strega Cattiva dell’Ovest è la villain della storia, d’altronde il nome è inequivocabile! Tuttavia, in Wicked cerchiamo di capire cosa l’ha resa tale, tanto che la domanda che fa detonare la storia è: come mai esiste il male? È una cosa che nasce con noi o che ci viene instillata? L’enormità, la complessità della risposta che una tale domanda richiede ci porta dentro la storia, in cui la cattiveria di Elphaba (la futura Wicked Witch, appunto) e la bontà di Galinda (quella che diventerà la Strega Buona del Nord) vengono in qualche modo ribaltate, diventando caratteristiche sfumate e mutevoli.

Basato sul romanzo di Gregory Maguire e sull’iconico musical di Broadway del 2003, il film esplora i temi di discriminazione, paura dell’altro e manipolazione politica. Questi motivi, già potenti al debutto teatrale, risultano ancora più incisivi in un clima politico globale sempre più polarizzato e incerto.

Wicked è un trionfo visivo e musicale

Diretto da Jon M. Chu, già noto per In the HeightsWicked è un trionfo visivo e musicale. Il regista abbraccia un’estetica massimalista che combina il tecnicolor degli anni ’30 con le moderne tecniche di CGI. Dai campi di papaveri digitali alla strada di mattoni gialli, ogni fotogramma è un’esplosione di dettagli e colori che incanta e sovrasta, oltre a essere una vera e propria coccola per gli appassionati del mondo di Oz. Questa attenzione al dettaglio si riflette anche nei costumi di Paul Tazewell e nelle scenografie art déco della Città di Smeraldo, magnificenza pura. Il risultato è un film che sembra un’opera d’arte in movimento, progettata per il grande schermo e destinata a lasciare senza fiato.

Cynthia Erivo e Ariana Grande sono mozzafiato

Così come senza fiato lasciano le performance di Cynthia Erivo e Ariana Grande. La prima, nei panni neri e nella pelle verde di Elphaba, è il cuore del film. Con il suo carattere complesso, Elphaba viene interpretata con una profondità emotiva straordinaria. Erivo non si limita a impressionare vocalmente; la sua performance offre sfumature che invitano lo spettatore a comprendere il dolore e l’isolamento del personaggio. Laddove Idina Menzel ha dato un’interpretazione epica e teatrale a Broadway, Erivo opta per un approccio più intimo e cinematografico, che si adatta perfettamente al mezzo e entra a fondo dentro la particolarità di chi a “troppo a cuore” le ferite del mondo che la circonda. La sua versione di “Defying Gravity“, momento iconico del musical, è emozionante e visivamente spettacolare.

Ariana Grande, invece, affronta il compito impegnativo di reinterpretare Glinda, la Strega Buona. Grande, con il suo look da bambola di porcellana e una intonazione impeccabile, incarna l’apparente perfezione del personaggio. Si cimenta con coraggio in una performance comica che però non regge il confronto con quella che Kristin Chenoweth ha reso celebre a Broadway. La sua Glinda è rigida, il che potrebbe anche essere una scelta consapevole per enfatizzare l’ipocrisia e l’egocentrismo del personaggio, in attesa di una trasformazione redentrice.

Il cast di supporto regge il confronto

Anche i comprimari fanno grande sfoggio di sé. Michelle Yeoh è una presenza magnetica come Madame Morrible, mentre Jeff Goldblum, nei panni del Mago di Oz, porta il giusto equilibrio tra fascino e inquietudine. Jonathan Bailey si distingue come Fiyero, un personaggio che promette molte più sfaccettature di quante questa prima parte abbia mostrato.

Dal punto di vista musicale, Wicked rimane fedele al materiale originale, pur con degli aggiustamenti che il cambio di linguaggio richiedeva: la sequenze di “Dancing Through Life” e “Popular” in particolare, sono state arricchite con coreografie spettacolari e una regia lucida e ordinata, che non rinuncia a evoluzioni ardite e che riesce a sfruttare a pieno la dinamicità del cinema, rispetto alla staticità del teatro.

Alcuni punti in sospeso

Considerato che la durata di questa prima parte coincide con la durata del musical, e soprattutto visto che il film si interrompe su un arco narrativo principale apparentemente chiuso, sarà interessante capire in che modo la seconda parte affronterà quel che rimane della storia e soprattutto in che modo farà luce su alcuni dettagli che sono rimasti volutamente in ombra, come l’origine della pelle verde di Elphaba oppure la sua vulnerabilità all’acqua. Ci aspettiamo anche che il discorso politico del film venga portato avanti e approfondito: già in questa prima parte, la persecuzione degli animali parlanti sembra un’allegoria, neanche troppo velata, della discriminazione razziale e della xenofobia. Ma forse il discorso potrebbe assumere dei contorni più definiti.

Wicked è un’esperienza cinematografica gloriosa ed emozionante, che non solo rende giustizia al musical originale, ma lo espande, rendendolo accessibile a una nuova generazione di spettatori. Con performance memorabili, una colonna sonora senza tempo e una produzione visivamente sbalorditiva, il film di Jon M. Chu si conferma uno dei musical imperdibili degli ultimi anni.

The Pitt: trailer svela una nuova serie medica con l’ex star di E.R.

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È arrivato il primo trailer di The Pitt, che anticipa la prossima serie medica di Max con protagonista un ex star di ER. Prodotto da John Wells, che ha ricoperto lo stesso ruolo in ER, The Pitt racconta la vita di vari professionisti del settore medico in un ospedale di Pittsburgh, alle prese con i propri problemi personali e le esigenze estreme del loro lavoro. L’ex membro del cast di ER Noah Wyle recita nella serie nel ruolo del dottor Michael Robinavitch, dopo aver interpretato il dottor John Carter nella serie medica della NBC per diverse stagioni.

Max ha pubblicato il primo teaser trailer di The Pitt, che anticipa una prima stagione intensa per la serie in arrivo. Il trailer rivela che la prima stagione sarà composta da 15 episodi, ciascuno dei quali rappresenterà un’ora della vita dei personaggi della serie. La serie nel suo complesso sembrerà svolgersi durante un intenso turno al pronto soccorso di un ospedale. Il trailer conferma anche che The Pitt debutterà nel gennaio 2025. Guardalo qui sotto. Oltre a Wyle, il cast di The Pitt include anche Fiona Dourif, Gerran Howell, Katherine LaNasa, Isa Briones, Tracy Ifeachor, Taylor Dearden e Shabana Azeez.

Cosa rivela il trailer di The Pitt sulla serie

Come sarà rispetto a ER?

Uno dei temi principali del trailer di The Pitt è l’idea che lavorare al pronto soccorso di un ospedale abbia conseguenze emotive, psicologiche e fisiche. Il personaggio interpretato da Wyle menziona alcune di queste conseguenze, tra cui “ulcere, tendenze suicide e incubi”. The Pitt, quindi, non parlerà solo di medici che curano i pazienti, ma anche dell’enorme impatto che il lavoro di un medico del pronto soccorso può avere sulla vita di una persona.

Questo, ovviamente, non è un tema nuovo per le serie mediche, ed è qualcosa che anche le 15 stagioni di ER hanno affrontato dal 1994 al 2009. Tuttavia, The Pitt sembrerà differenziarsi nella rappresentazione della vita in pronto soccorso. A differenza di ER, che è andato in onda sulla NBC ed era limitato in termini di argomenti che poteva mostrare sullo schermo, The Pitt, essendo un programma originale Max, non avrà le stesse limitazioni. Il pubblico dovrebbe aspettarsi ferite più crude, linguaggio volgare e una rappresentazione generalmente più realistica e straziante di ciò che è realmente la vita di un medico di pronto soccorso.

Adorazione: recensione della serie Netflix

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Adorazione: recensione della serie Netflix

Disponibile su Netflix dal 20 novembre, Adorazione si presenta come un viaggio a capofitto nel mondo degli adolescenti, immersi in una provincia carica di segreti e contraddizioni, come tutte le province del mondo. Tratta dall’omonimo romanzo di Alice Urciuolo e diretta da Stefano Mordini, la serie, presentata in anteprima ad Alice nella Città durante la Festa del Cinema di Roma, è caratterizzata dal cast corale, volti per lo più sconosciuti, con tante promesse negli occhi. La storia è un intreccio di thriller, dramma e coming of age tra difficoltà, sogni infranti e un mistero, che poi diventa tragedia, a far detonare la storia.

Adorazione, un viaggio iniziatico in un’estate di fini e inizi

L’ambientazione estiva nella tranquilla Sabaudia, con il litorale pontino che si risveglia per la stagione balneare, fa da sfondo all’esplorazione della gioventù, promettendo un racconto ben diverso da quello che ci si aspetta. Conosciamo subito Elena e Vanessa, due amiche molto diverse ma legatissime da quell’amore totalizzante che solo l’adolescenza conosce. Elena, ribelle e inquieta, vive un senso di soffocamento che la spinge a sognare una fuga verso Roma. Vanessa, invece, è l’opposto: popolare, sicura di sé, con una vita apparentemente perfetta. La loro amicizia è il primo tassello di una trama che si complica rapidamente con la scomparsa improvvisa di Elena, un evento che scuote la comunità e porta a galla segreti nascosti.

La narrazione si trasforma rapidamente in un racconto corale che esplora le vite intrecciate di un gruppo di adolescenti e delle loro famiglie, tutte, in un modo o nell’altro, intaccate da Elena e dalla sua vivace diversità. Vera e Giorgio, i cugini di Elena con una situazione familiare difficile, ma anche Gianmarco e Enrico, fidanzati delle due protagoniste, si trovano anch’essi coinvolti in una spirale di bugie e verità nascoste che contribuisce a costruire un mosaico complesso e stratificato. Ogni personaggio, infatti, nasconde un pezzetto di un puzzle molto grande, una piccola parte di un’ampia storia che non riguarda solo la scomparsa della ragazza, ma anche il percorso di crescita, identità e conflitti di tutti i protagonisti. Da questo punto di vista, con esiti ovviamente molto diversi e molto meno alti, Adorazione ricorda Twin Peaks, nella misura in cui racconta la reazione di una comunità alla scomparsa di una ragazza, il dolore che quella scomparsa provoca, i segreti che hanno portato a quella triste vicenda, le conseguenze su chi la conosceva e anche su chi non aveva idea di chi fosse.

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2024 Netflix

Un racconto corale tra segreti e fragilità

Senza riuscire a aggirare alcune ingenuità e cliché, Adorazione trova un buon equilibrio tra il racconto di formazione e il mistero da risolvere, un racconto ricco di voci. Trai volti più noti che compongono il nutrito cast annoveriamo Noemi (cantante al debutto come attrice), Ilenia Pastorelli, Barbara Chichiarelli (che vedremo presto in M) e Claudia Potenzasi. Tuttavia, sono i ragazzi a reggere il cuore emotivo della storia: Alice Lupparelli (Elena), Beatrice Puccilli (Vera), Giulio Brizzi (Giorgio) e gli altri giovani talenti trasmettono con autenticità la confusione, la sofferenza e la ricerca di un senso che caratterizzano l’adolescenza, pur rimanendo in difficoltà nelle situazioni in cui i sentimenti da passare diventano intimi e profondi.

Come una mappatura precisa di tutti quelli che possono essere i problemi, le paranoie e le difficoltà dell’adolescenza, Adorazione tocca quasi ogni possibile sfumatura del disagio giovanile, da quello “classico” legato all’amore e all’amicizia, all’accettazione del proprio corpo e ai rapporti conflittuali con i genitori, a quello deviato e pericoloso, come la violenza di genere, la droga, il bullismo.

I coetanei sono allo stesso tempo il principale scoglio contro cui sbattere ma anche fonte inesauribile di supporto e sostegno, nei modi maldestri che ognuno impara, sbagliando. I genitori invece sembrano tutti inadatti, non all’altezza della situazione, incapaci di inquadrare e capire i propri figli, anche loro presi dalle miserie quotidiane e ignari della vera natura delle cose.

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2024 Netflix

Un mistero diluito nella quotidianità

L’aspetto più interessante di Adorazione è quello che immerge il mistero della scomparsa di Elena nella quotidianità, un susseguirsi lento e banale di giorni tutti uguali, uno scenario apatico che non offre certo il massimo ai giovani protagonisti e che fa da sfondo indifferente alle vicende che scivolano lungo un’estate che nessuno dei protagonisti dimenticherà mai. Proprio questa mescolanza tra thriller e vita di ogni giorno permette alle indagini per la scomparsa di Elena di portare alla luce non solo pezzetti di storia nascosta, ma anche i segreti dei giovani protagonisti e delle loro vite diversamente complicate. Ogni personaggio, ha qualcosa da nascondere, un segreto che contribuisce a costruire un mosaico sempre più complesso.

Una regia solida e cupa setta un tono molto serio per Adorazione

La regia di Stefano Mordini crea un’atmosfera cupa e pesante, nonostante gli scenari prevalentemente soleggiati e ariosi del litorale pontino, l’effetto restituito è quello di una provincia asfissiante, un luogo tanto familiare quanto opprimente. Con Fabri Fibra alla supervisione della colonna sonora, Adorazione svela la sua costruzione attenta e stratificata, anche se non sempre felice. Il risultato è quello di una semplificazione eccessiva di alcune dinamiche personali e relazionali, che si svelano quando i dialoghi si mostrano artefatti e la recitazione dei protagonisti non ancora sufficientemente matura. Sebbene l’ambizione di Adorazione sia quella di andare oltre il semplice intrattenimento, la serie Netflix si perde nei dettagli degli archi narrativi secondari, nei cliché e nelle ingenuità di chi per raccontare troppo, perde la concentrazione su ciò che è importante.

Dune: Prophecy – episodio 1, la spiegazione dell’episodio: cosa ha fatto Desmond?

Dune: Prophecy introduce il pubblico in una complessa rete di intrighi politici e, solo dal primo episodio, c’è già una tonnellata di materiale da analizzare. Dune: Prophecy è guidata da Emily Watson e Olivia Williams, che interpretano le sorelle Valya e Tula Harkonnen. La serie prequel della HBO è ambientata 10.000 anni prima degli eventi legati ai film di Dune di Paul Atreides e Denis Villeneuve, e analizza l’ascesa delle Bene Gesserit e l’influenza dell’ordine nell’Universo conosciuto.

Il primo episodio vede Valya Harkonnen ottenere il controllo della Sorellanza per portare a termine gli obiettivi della prima Madre Superiora, usando la Voce per costringere Dorotea a uccidersi. Nel corso dell’episodio, il pubblico viene introdotto a un complotto politico che riguarda la Casa Corrino e l’Imperatore (Mark Strong). Per rafforzare la sua posizione militare, egli accetta un’alleanza matrimoniale con la Casa Richese. Tuttavia, alla fine dell’episodio Desmond Hart (Travis Fimmeluccide il giovane erede dei Richese, impedendo il previsto matrimonio.

Perché e come Desmond Hart ha ucciso Pruwet Richese nel finale dell’episodio 1

L’episodio 1 di Dune: Prophecy introduce Desmond Hart, un personaggio originale della serie. È un soldato sopravvissuto ai recenti attacchi dei Fremen su Arrakis, anche se arriva su Selusa Secundus sostenendo che non sono stati i Fremen ad attaccare le sue forze, ma piuttosto gli alleati dell’Imperium. Non viene rivelato molto in questa scena iniziale, ma Desmond scambia un’occhiata di sfida con Kasha, il Verificatore dell’Imperatore, lasciando intendere i suoi piani. Nel finale dell’episodio, Desmond Hart cerca di conquistare la fiducia dell’Imperatore Corrino, suggerendo che la Casa Richese è uno dei tanti nemici che lo stanno prendendo di mira.

Afferma inoltre che gli è stato “ conferito un grande potere ”, che sembra usare per uccidere Pruwet, facendo bruciare la pelle del ragazzo senza toccarlo.

L’Imperatore suggerisce che vorrebbe essere liberato dal matrimonio, cosa che Desmond prende sul serio. Trova il giovane Pruwet Richese, che dice di essere stato svegliato da un brutto sogno. Desmond dice a Pruwet che è in corso una guerra da parte di un nemico che si è reso indispensabile, riferendosi alla Sorellanza. Afferma inoltre che gli è stato “conferito un grande potere”, che sembra usare per uccidere Pruwet, facendo bruciare la pelle del ragazzo senza toccarlo. La natura esatta del suo potere non è ancora chiara, ma il piano di Desmond è quello di ostacolare gli sforzi della Sorellanza.

Cosa è successo al verme della sabbia che l’imperatore Corrino ha visto su Arrakis

L’Imperatore Corrino, come Pruwet Richese, viene svegliato da un brutto sogno nel cuore della notte. Si reca quindi in una stanza dove è stato lasciato un chip con un filmato olografico, presumibilmente da Desmond. L’Imperatore Corrino assiste alla scena precedentemente descritta da Desmond in cui, per qualche miracoloso motivo, Desmond Hart è l’unico sopravvissuto a un attacco e viene schiacciato da un gigantesco verme sandwich. In qualche modo, Desmond è sopravvissuto a tutto questo ed è riemerso con un potere e un senso di scopo ritrovati.

La scena mostrata è molto simile alla visione della Madre Superiora all’inizio dell’episodio, che vedeva un gigantesco verme sandwich schiacciare un edificio su Arrakis prima di mostrare pelle bruciata e sangue. Desmond Hart sembra essere direttamente legato alla sua visione come rappresentante della minaccia esistenziale da cui la Madre Superiora aveva messo in guardia Valya.

Il piano di Valya per la Sorellanza spiegato

Valya Harkonnen è stata spinta dal trattamento riservato alla Casa Harkonnen dopo la Jihad Butleriana, in cui la Casa Harkonnen è stata definita codarda e traditrice. Pertanto, si unì alla Sorellanza e divenne fedele alla prima Madre Superiora. La Madre Superiora sognava in punto di morte la fine del mondo, “Tiran-Arafel”, per mano di un tiranno corrotto. Credeva che, per evitarla, la Sorellanza avrebbe dovuto allevare geneticamente i leader ideali e insediare una Sorella sul trono dell’Imperium. Valya Harkonnen è intenzionata a portare a termine questa missione a qualsiasi costo.

Valya sembra credere che Ynez possa essere la Sorella leader in grado di impedire Tiran-Arafel.

La Principessa Ynez si reca a Wallach IX e si allena con la Sorellanza. Valya e Tula stanno selezionando una delle loro studentesse per guidare Ynez al suo arrivo. Poiché l’Imperatore non ha figli veri, il figlio di Ynez sarà l’erede al trono, quindi la Sorellanza ha intenzione di coinvolgere Ynez nel proprio controllo attraverso la Sorella che sceglierà per guidarla. Valya sembra credere che Ynez possa essere la Sorella governante che può impedire Tiran-Arafel.

Spiegazione della visione della reverenda madre Kasha

Kasha profetizza l’insuccesso del piano di Valya

Va detto innanzitutto che Kasha era una delle ragazze che hanno complottato con Valya Harkonnen nei flashback, quindi è una Sorella che è a conoscenza del piano di Valya ed è stata messa al fianco dell’Imperatore per diffondere l’influenza della Sorellanza. Dopo l’incontro con Desmond Hart, ha una visione che ha caratteristiche simili a quella della Madre Superiora morente all’inizio dell’episodio: sangue e vermi. Nel suo caso, vede la Principessa Ynez, che sta per sposarsi, apparentemente in fin di vita e che accusa Kasha di essere coinvolta nel suo pericolo.

Kasha si reca quindi a Wallach IX per incontrare Valya e Tula Harkonnen, suggerendo che la principessa Ynez potrebbe non essere il candidato ideale che stanno cercando. Avverte Valya che l’insediamento di Ynez sul trono come Sorella potrebbe causare la devastazione che spera di evitare. Valya, ritenendo che la precedente Madre Superiora l’abbia scelta per uno scopo specifico, è ferma sulle sue posizioni e intende che il matrimonio proceda come previsto. In seguito, Valya suggerisce di allontanare Kasha dall’Imperatore, poiché non crede più che i loro ideali siano allineati.

Cosa significa la battuta di Valya Harkonnen “Vedo, madre”

Valya non torna indietro dal suo piano

Uno dei momenti finali di Dune: Prophecy vede Kasha bruciare nello stesso modo di Pruwet Richese, causandone la morte. Questo ricorda a Valya il messaggio della Madre Superiora, in cui diceva che sarebbe stata lei a vedere “la bruciante verità e a sapere cosa farne. La scena probabilmente ribadisce a Valya che è sulla buona strada e che deve continuare a guidare la Sorellanza fino agli estremi che si è prefissata. La morte di Kasha non è chiara, ma sembra essere collegata all’uccisione di Pruwet Richese da parte di Desmond Hart.

Perché le macchine pensanti sono vietate nell’universo di Dune

Le macchine pensanti sono una forma di intelligenza artificiale presente nell’universo di Dune, che aveva un ruolo importante prima di Dune: Prophecy. A un certo punto, l’umanità è diventata dipendente dalle Macchine Pensanti, che hanno iniziato a diventare troppo potenti. Gli umani furono costretti a entrare in guerra con loro in un evento chiamato Jihad Butleriana, i cui effetti si protrassero per migliaia di anni. Le macchine pensanti vennero bandite e, al punto di Dune, “Non costruire una macchina a somiglianza di una mente umana” è un comandamento ben noto.

Perché Casa Corrino è costretta a un’alleanza matrimoniale

Il pubblico viene introdotto all’Imperatore Corrino mentre media un’alleanza con la Casa Richese, che gli promette navi da guerra in cambio di un matrimonio tra il novenne Pruwet Richese e la Principessa Ynez. L’imperatore Corrino ha ereditato l’Imperium dopo una serie di imperatori in guerra e non è certo il leader più forte e aggressivo. Governa in un periodo di fragile pace, con il matrimonio con sua moglie, l’imperatrice Natalya, che ha unito l’Imperium in quello che è all’inizio della serie.

Il Duca Richese offre alla Casa Corrino una flotta di navi da guerra per aiutare la raccolta di spezie su Arrakis. Come nei film, Arrakis è il pianeta più importante dell’universo grazie alla sostanza ultrapotente che vi si può raccogliere. Inoltre, come nei film, l’Imperium ha problemi con la produzione di spezia a causa dell’interferenza dei Fremen. Questo porta l’Imperatore Javicco Corrino a stringere un accordo poco dignitoso con la Casa Richese in Dune: Prophecy, poiché ha un disperato bisogno del loro supporto militare.

Dune: Prophecy, Timeline – Quanto tempo prima del film è ambientata la serie

La prossima serie HBO/Max Dune: Prophecy sarà un prequel e uno spin-off del celebre Dune: Parte Uno e Dune: Parte Due (2024) di Denis Villeneuve. Dopo il successo di critica e di botteghino di Dune: Parte Due, che è ancora il secondo film di maggior incasso del 2024 al momento in cui scriviamo, HBO/Max farà debuttare la sua prima serie originale di Dune a novembre. La serie, composta da sei episodi, approfondirà le origini della Bene Gesserit, guidata da Valya Harkonnen di Emily Watson, Tula Harkonnen di Olivia Williams e dall’imperatore Javicco Corrino di Mark Strong.

La serie, originariamente intitolata “Dune: Sisterhood”, è basata sul romanzo di Brian Herbert e Kevin J. Anderson ‘Sisterhood of Dune’, pubblicato nel 2012. Sia Anderson che Brian Herbert, il figlio dell’autore originale di Dune Frank Herbert, sono stati nominati produttori esecutivi di Dune: Prophecy, il che indica che la storia seguirà da vicino la trama di “Sisterhood of Dune”, che cronologicamente è il quarto libro dell’intera serie di Dune. Il cast di Dune: Prophecy sarà caratterizzato da una serie di personaggi di Dune completamente nuovi, guidati da Emily Watson, Travis Fimmel, Camilla Beeput, Sarah Lam, Mark Strong, Olivia Williams, Jodhi May e altri ancora.

Dune: Prophecy è ambientato 10.000 anni prima dei film su Dune

Dune: Prophecy si svolge 10.000 anni prima della narrazione di Paul Atreides che inizia nel romanzo di Frank Herbert e nei due film di Dune di Villeneuve. Ciò significa che è quasi certo che l’iconico personaggio di Chalamet non sarà presente nella prossima serie di Max, né alcuno dei personaggi originali visti nei celebri film di Dune di Villeneuve. Essendo uno dei primi episodi cronologici del franchise di Dune, Dune: Prophecy si concentrerà in particolare sulla formazione della Bene Gesserit. Questo includerà probabilmente una panoramica di come il misticismo magico della Bene Gesserit sia nato.

Dune: Prophecy descriverà come la Bene Gesserit è stata inizialmente fondata, si è affermata e ha acquisito un’influenza di massa. Concentrarsi sulle origini dei Bene Gesserit aprirà uno degli aspetti più oscuri e misteriosi dell’universo di Dune e potrebbe far sì che alcune parti della profezia in Dune: Parte Uno e Dune: Parte Due più facili da comprendere. Si stabilirà un chiaro legame tra le Harkonnen e le Bene Gesserit, dal momento che due delle protagoniste della serie, Emily Watson e Olivia Williams, sono Harkonnen e le più potenti leader della sorellanzaDune: Prophecy racconterà come le Bene Gesserit hanno iniziato a muovere i fili intergalattici che alla fine hanno portato all’ascesa di Paul in Dune.

Cosa si sa del mondo di Dune: La Cronologia della Profezia

La Reverenda Madre Mohiam (Charlotte Rampling) è vista in stretta relazione con i Corrinos al potere in Dune: Parte seconda, quindi la serie dovrebbe esplorare le origini della loro alleanza.

Al momento in cui scriviamo, la HBO/Max sta mantenendo il riserbo su molti dettagli specifici della trama di Dune: Prophecy non sono stati resi noti. Basata sul romanzo Sisterhood of Dune, i protagonisti di Dune: Prophecy saranno Valya e Tula Harkonnen e l’imperatore Javicco Corrino, antenato dell’imperatore Shaddam Corrino IV (Christopher Walken) e della principessa Irulan Corrino (Florence Pugh) visti in Dune: Parte Due La Reverenda Madre Mohiam (Charlotte Rampling) si vede che ha un rapporto stretto e tranquillamente manipolativo con i Corrino al potere in Dune: Parte seconda, quindi la serie dovrebbe esplorare le origini della loro apparente alleanza.

Gli Atreides dovrebbero essere presenti anche in Dune: Prophecy con l’introduzione di Keiran Atreides, un antenato di Paul e Leto, che sarà interpretato da Chris Mason. Secondo la trama di “Sisterhood of Dune”, Dune: Prophecy si svolgerà dopo la Battaglia di Corrin e la Jihad Butleriana, un antico evento cataclismatico che porta alla distruzione di tutte le forme di computer e di tecnologie AI avanzate. È probabile che le sorelle Harkonnen, che iniziano la sorellanza in Dune: Prophecy, inizieranno il loro lungo programma di riproduzione che si svilupperà nelle puntate successive di Dune.

Come Dune: Prophecy si collega a Dune 1 e 2

Dune 2021 film
Timothée Chalamet e Rebecca Ferguson in una scena di Dune

Se ci sono collegamenti diretti da tracciare tra Dune: Prophecy e i due film di Dunenon si tratta di Paul ma della madre di Paul, Jessica. In origine, infatti, i Bene Gesserit le avevano imposto di partorire una figlia anziché un figlio, che divenne Paul. Dune: Prophecy potrebbe alludere alle origini dei sofisticati piani di riproduzione selettiva delle Bene Gesserit e mostrare come la sorellanza sia diventata così profondamente radicata nella mente e nelle tasche della famiglia Corrino. Dune: Prophecy probabilmente racconterà l’ascesa delle Bene Gesserit stesse e non avrà nulla a che fare con Paul, anche se tutte le principali case di Dune avranno una presenza antica.