Kim Rossi Stuart –
Alto e slanciato, splendidi occhi azzurri, figlio di una ex
mannequin di origine tedesco-olandese, Klara
Müller e di Giacomo Rossi Stuart – attore
italo-scozzese la cui fama è legata soprattutto ad horror come
Operazione Paura di Mario Bava e al
genere spaghetti western – da cui ha ereditato la passione per la
recitazione, insieme con un gruppo di coetanei è oggi l’orgoglio
del cinema italiano. Sarà nelle sale italiane dal prossimo 3
ottobre in Anni felici di Daniele
Luchetti, accanto a Micaela Ramazzotti. E
chissà che non sia la volta buona per aggiudicarsi quel David di
Donatello che finora ha ottenuto “solo” col suo esordio da regista
nel 2006 – Anche libero va bene – che ha convinto
critica e pubblico, sebbene resti ancora senza un seguito.
Un fascino fuori dal comune e
l’essere figlio d’arte potevano far pensare che si sarebbe fatto
strada nel cinema solo per questo, ma sono bastate le prime prove
impegnative – come Cuore cattivo e Senza
pelle – per portare alla luce un talento e una sensibilità
rari, affinati poi negli anni cimentandosi sempre in ruoli
complicati e intensi. Severo e rigoroso, attento ai particolari e
alle sfumature, è diventato uno specialista nel delineare
personalità tormentate ed estreme, dal fascino contraddittorio, e
nel rendere i molteplici aspetti di cui si compone l’animo umano.
Chirurgico nella scelta dei ruoli, ha lavorato con Amelio, Placido,
Benigni, Archibugi (senza dimenticare Antonioni e Wenders). La
notorietà presso il grande pubblico è arrivata soprattutto grazie
alla collaborazione con
Michele Placido, che lo ha diretto in due
magistrali interpretazioni in Romanzo criminale e
Vallanzasca – Gli angeli del male.
Riservatissimo, tiene la sua vita
privata ben lontana dai riflettori. Anche per quel che riguarda il
suo lavoro, pesa ogni parola che pronuncia davanti alla stampa, e
comunque preferisce pronunciarne poche e lasciare ai suoi film il
compito di dirci qualcosa di lui.
Kim Rossi Stuart
nasce a Roma il 31 ottobre del 1969. Quel nome particolare – si
chiama come il protagonista di un noto romanzo di Kipling – gli
porterà fortuna (oltre ad accordarsi bene con lo scozzese Stuart).
L’attore romano ha tre sorelle. Negli anni dell’adolescenza si
dedica allo sport, diventando campione di nuoto. All’età di
quindici anni parte per l’America, col mito dell’Actor’s Studio e
la voglia di diventare attore. Tornato, studia recitazione al
Teatro Blu di Roma con Beatrice Bracco, e poi alla
scuola di Francesca De Sapio, che proprio ai
metodi dell’Actor’s Studio si ispira.
Nel frattempo, inizia a lavorare
per la tv e per il cinema, sebbene l’esordio sul grande schermo
risalga all’età di cinque anni, quando debuttò accanto al padre
Giacomo e a molti altri attori illustri – basti citare
Giancarlo Giannini e Catherine
Deneuve – in Fatti di gente perbene di
Mauro Bolognini (1974). È il 1984 quando appare
sul piccolo schermo nella miniserie I ragazzi della valle
misteriosa di Marcello Aliprandi, mentre tre anni
dopo torna al cinema interpretando il personaggio di Anthony Scott,
protagonista de Il ragazzo dal kimono d’oro di
Fabrizio De Angelis, che avrà due sequel, sulla
scia del successo del precedente Karate kid. È certo
a questo punto che il pubblico più giovane conosce Kim, solo
diciottenne eppure già dotato di un magnetico talento. Sembra
destinato a diventare il nuovo idolo delle teenagers, il che
pare confermato quando lo stesso pubblico lo segue nelle avventure
fiabesche di Fantaghirò, di nuovo in tv, per la regia
di Lamberto Bava, accanto ad Alessandra Martinez.
La saga della principessa guerriera innamorata di un giovane
cavaliere del regno rivale, Romualdo, interpretato dall’attore
romano, avrà ben cinque capitoli. Ma Rossi Stuart non
disdegna partecipazioni televisive di altro genere, come
quella ne La famiglia Ricordi (1993), dove offre
un’ottima prova del suo talento nei panni di Vincenzo
Bellini.
È questo il momento del salto di
qualità: dai film e serie tv destinati a un pubblico giovane, a
lavori più impegnativi, a ruoli più complessi, in cui Kim dà
prova delle sue notevoli capacità interpretative, e che lo lanciano
verso il cinema d’autore. Nel 1994 è infatti protagonista di
Cuore cattivo di Umberto Marino e
Senza pelle di Alessandro D’Alatri.
In Cuore cattivo incarna la rabbia e il malessere di
un giovane nella periferia romana, Claudio
Scalise: un emarginato che ricorre alla piccola
delinquenza e finirà malissimo. Il film si svolge per la maggior
parte in uno spazio chiuso, claustrofobico, in cui la tensione
cresce fino all’inevitabile scioglimento tragico. Assieme a lui,
Esther (Cecilia Genovesi), la ragazza paraplegica
che ha preso in ostaggio nell’appartamento di quest’ultima.
L’attore regge il film quasi interamente sulle proprie spalle con
un’interpretazione di grande forza e intensità, mostrandosi capace
di dar corpo alle molte sfaccettature di un’anima tormentata: dalla
rabbia, all’accusa, all’esaltazione, dalla comprensione alla
solidarietà e alla complicità che si crea tra lui ed Esther,
entrambi emarginati e soli. La tesi del film è forse un po’
scontata: che la “cattiveria” non sia propria del protagonista –
che tiene in ostaggio la ragazza con una pistola scarica e non si
dimostra capace di uccidere letteralmente neppure una mosca – ma
indotta da una società che non aiuta chi è in difficoltà, che non
accoglie e non capisce il disagio. La naturalezza e l’aderenza con
cui Rossi Stuart s’immedesima nel personaggio fanno del film un
cult che si fa ricordare a distanza di anni con estrema
vivezza.
Lo stesso può dirsi di Senza
Pelle, opera seconda di Alessandro
D’Alatri. Qui l’attore si confronta con gli abissi mentali
di un giovane psicotico, Saverio, sensibile e fragile, privo di un
limite che gli impedisca di manifestare apertamente, senza alcun
contegno, tutte le emozioni che lo scuotono. Sconvolge gli
equilibri di una modesta e tranquilla famiglia innamorandosi di
Gina (Anna Galiena). Anche in questo caso, l’interpretazione
offerta è toccante e mostra la duttilità espressiva dell’attore
alle prese con un ampio spettro di emozioni non facili da rendere.
Stavolta arrivano anche i riconoscimenti della critica. Riceve
infatti sia il Premio Flaiano che il Ciack d’Oro. Il film, oltre ad
essere presentato al Festival
di Cannes, ottiene in Italia il David di Donatello, il Nastro
d’Argento e il Ciack d’Oro per la migliore sceneggiatura.
Intanto, assieme a cinema e tv, Kim
prosegue brillantemente anche la carriera teatrale. Al palcoscenico
era infatti approdato nell’ ’87. Negli anni Novanta si distinguerà
interpretando con successo diversi personaggi shakespeariani in
prove di grande impegno: lavorerà in Re Lear, sotto la
direzione di Ronconi, ma sarà anche protagonista in Amleto e
Macbeth. Intensa interpretazione sul palco offrirà anche ne
Il visitatore di Schmitt, diretto da Antonio
Calenda.
Al cinema, la sua carriera prosegue
in piena ascesa. Viene notato e scelto da una coppia di registi
illustri come Antonioni e Wenders per prendere parte ad
Aldilà delle nuvole (1995). Nel 1998 torna a lavorare
con D’Alatri ne I giardini dell’Eden, dove ha il non
facile compito di interpretare Gesù.
Il nuovo millennio si apre con un
lavoro televisivo: Rossi Stuart è stavolta nei panni di un giovane
poliziotto sulle tracce della cosiddetta “banda della Uno bianca”,
nell’omonima miniserie diretta da Michele Soavi. Si tratta solo del
primo caso in cui la sua carriera d’attore si intersecherà con
rilevanti fatti di cronaca della nostra storia recente.
Nel 2002 torna al cinema per
interpretare Lucignolo nel Pinocchio di Roberto
Benigni.
Due anni dopo, l’incontro col
regista Gianni Amelio, che lo sceglie come
protagonista de Le chiavi di casa. Liberamente
ispirato a un romanzo di Giuseppe Pontiggia, il
film indaga il rapporto fra un giovane padre, Gianni (Kim
Rossi Stuart), e il figlio Paolo (Andrea
Rossi) disabile fisico e psichico. Un rapporto tutto da
costruire, perché Gianni alla nascita di Paolo non se l’era sentita
di prendersi cura di lui, dopo che la moglie era morta nel darlo
alla luce. Dopo quindici anni, decide di incontrarlo e cominciare a
conoscerlo. Il film, che oltre al soggetto di Pontiggia conta sulla
sceneggiatura di Stefano Rulli e Sandro
Petraglia – assieme allo stesso Amelio – ha il
pregio di non essere scontatamente moralistico nell’affrontare il
tema della disabilità. Non suggerisce un dover essere – curare,
capire, accogliere, sacrificare sé stessi per l’altro – bensì si
pone in maniera problematica di fronte al tema, lo guarda da più
prospettive, ci fa immedesimare nei dubbi, nelle ansie, nei momenti
di scoramento e rabbia che un genitore in una simile situazione
inevitabilmente vive. Le ottime interpretazioni di Kim
Rossi Stuart e di Andrea Rossi, oltre che
di Charlotte Rampling e
Pierfrancesco Favino, fanno il resto, offrendo
momenti intensi e toccanti.
Il film è corteggiato dai festival
internazionali, partecipa in concorso a Venezia, dove però, seppure
tra i favoriti, non ottiene i riconoscimenti sperati. Questi
arrivano invece dalla critica: quella internazionale premia col
Globo d’Oro Kim Rossi Stuart, mentre quella
nostrana premia Amelio come migliore regista col Nastro d’Argento,
ma anche gli sceneggiatori, Luca Bigazzi per la
fotografia e Alessandro Zanon per il suono in presa diretta.
Il 2005 è l’anno di Romanzo
criminale. Kim aveva già lavorato con Michele
Placido anni prima in un film di Giulio Base
(Polizziotti 1994). Ora è invece il Michele
Placido regista di appassionate pellicole sulla
più controversa storia italiana che vuole l’attore romano per
interpretare il Freddo nel film tratto dal libro di
Giancarlo De Cataldo, liberamente ispirato alle
vicende della banda della Magliana, riproposte in chiave romanzata.
In questa rievocazione della parabola criminale della banda entra
anche, e non potrebbe essere altrimenti, uno spaccato dell’Italia
di quegli anni, in cui la delinquenza comune s’intreccia alla
mafia, al terrorismo ed emergono lati oscuri, che coinvolgono sfere
più alte, ombre che si allungano fino all’oggi. I tre protagonisti
– Libanese (Pierfrancesco
Favino), Freddo (Kim Rossi Stuart),
Dandi (Claudio Santamaria) sono amici d’infanzia
che scelgono la strada della malavita. Vogliono ottenere denaro e
potere ad ogni costo, e al prezzo di efferati crimini ci
riusciranno. Ma vediamo anche il loro lato umano, indispensabile
per farne personaggi vividi e realistici. Quindi, violenza e
ferocia, ma anche coraggio, lealtà, debolezze e fragilità. Placido
riserva una fine tragica e violenta a tutti i suoi protagonisti, in
un crescendo vorticosamente avvincente. Impeccabile
l’interpretazione del Freddo da parte di Kim Rossi
Stuart, così come quella degli altri protagonisti –
tutti premiati col Nastro D’Argento, mentre a Pierfrancesco Favino
va anche il David – e dell’intero cast. Ne fanno parte anche
Stefano Accorsi, Riccardo Scamarcio,
Jasmine Trinca, Elio Germano. Il film ha un enorme
successo e fa incetta di riconoscimenti – premiati anche gli
sceneggiatori Rulli, Pertraglia e De Cataldo per uno script senza
pecche. Dalla pellicola sarà tratta un’altrettanto fortunata serie
televisiva. Arrivano però anche molte polemiche per il rischio
d’identificazione con i personaggi negativi, di cui si teme restino
vittime soprattutto i giovani spettatori. Certo, il rischio di
subire il fascino del male c’è, ma è insito nella natura umana
perché, come Placido ha ricordato spesso pure riguardo al suo
Vallanzasca – gli angeli del male, esso è una parte
di noi che nascondiamo anche a noi stessi, ma riemerge quando
vediamo il male agito da qualcun altro.
Il 2005 per Kim Rossi
Stuart è però anche l’anno di un grave incidente stradale,
di cui resta vittima mentre è in moto, fermo a un semaforo a Roma:
viene travolto da un’auto che fa un’inversione a “U” e finisce in
rianimazione con un trauma toracico, entrambe le gambe e i polsi
fratturati. Dopo una lunga riabilitazione, si riprende
perfettamente dall’incidente, che in seguito ricorda così: “Fu
rischioso e mi è andata anche molto bene. Tutto ciò che è accaduto
dopo l’ho preso quasi come una vacanza”.
Della “vacanza” che è seguita,
dunque, fa parte anche la decisione di esordire dietro la macchina
da presa. È il 2006 quando Rossi Stuart dirige e interpreta
Anche libero va bene, intenso e verosimile ritratto
familiare: Renato – da lui stesso interpretato – è un padre in
difficoltà economica ed esistenziale, alle prese con due figli da
crescere, Viola e Tommi (Alessandro Morace), cui è
molto legato e con una moglie, Stefania (un’ottima Barbora
Bobulova), che, come dice il figlio, “va e viene”. Rossi
Stuart ci conduce con sicurezza nella loro vita: vera, fatta di
piccoli gesti quotidiani, apparentemente semplici e banali, ma
importanti – anche grazie a un’attenzione per i particolari non
comune, mostrandoci una fase difficile, piena di incomprensioni.
Queste nascono soprattutto perché, ecco il tema del film, i
genitori, ciascuno a suo modo, sono più immaturi dei figli e
commettono spesso, egoisticamente, l’errore di considerarli già
grandi.
Così i figli – il punto di vista
adottato è quello del piccolo Tommi – sentono gravare su di loro
pesi enormi, mentre vorrebbero spazio e attenzione da parte dei
genitori e un clima sereno per crescere. È Tommi, alla fine, a
dimostrare una inattesa capacità di comprendere e sostenere il
padre. Si trova a consolarlo, chiedendogli però, in cambio,
di imparare ad ascoltare le sue esigenze di bambino. Rossi
Stuart è al solito impeccabile nei panni di Renato, un uomo
profondamente provato dalla vita, stanco, con un carattere
difficile, orgoglioso, che vuol mostrarsi tutto d’un pezzo ma
rischia di andare in frantumi da un momento all’altro. Il film ha
momenti anche molto duri e riesce ad evitare i facili
sentimentalismi, bagnandosi continuamente nel reale. Piace sia in
Italia che all’estero. Il regista riceve il David di Donatello, il
Nastro d’Argento e il Premio Flaiano come miglior esordiente;
mentre il film è premiato col Globo d’Oro e il Ciack d’Oro come
migliore opera prima. Passa al Festival di Cannes, dove è accolto
calorosamente. Infine Kim riceve dal Capo dello Stato,
Giorgio Napolitano, il Premio Vittorio De Sica
2006.
Dopo le soddisfazioni della regia,
torna solo attore nel film di Riccardo Milani dedicato alla vita
del jazzista Luca Flores, Piano solo: grande
musicista dalla personalità sensibile e tormentata, afflitto da una
depressione che lo ha portato a togliersi la vita a trentanove
anni. Ancora una volta una prova estremamente ardua affrontata con
esiti di commovente intensità. Nel cast anche una sorprendente
Paola Cortellesi, perfettamente a suo agio anche
in veste drammatica, nel ruolo della sorella di Luca.
Nel 2009 Kim è in Questione
di cuore di Francesca Archibugi, metà
dramma e metà commedia, in cui può mostrare anche la vena più
ironica del suo talento, accanto ad un Antonio
Albanese in ottima forma, con cui compone una coppia
comico-tragica di indubbia efficacia. La figura di Angelo,
meccanico romano quarantenne, infartuato grave che in ospedale
stringe un’inconsueta amicizia con lo sceneggiatore Alberto
(Albanese), è tratteggiata con spontaneità e misura
impeccabile sia nei frangenti ironici e addirittura comici, che nei
risvolti più tragici, profittando anche dell’immediatezza con cui
l’attore sa calarsi in un certo tipo di romanità, pragmatica, a
volte cinica o caustica, ma anche di affetti e legami sinceri.
Del film ha parlato come di “un
altro viaggio in una certa romanità che io amo molto e che quindi
amo anche rappresentare”. La pellicola ha infatti il pregio di
riportare al cinema la Roma verace dei quartieri popolari (qui, il
Pigneto, dove si trova l’officina di Angelo e dove sono state
girate molte scene). Rossi Stuart ha anche voluto sottolineare come
in questo e in altri suoi personaggi recenti, abbia cercato di
“esplorare ed esaltare gli aspetti ironici”.
Di Micaela
Ramazzotti, che nel film offre un’intensa interpretazione
della moglie di Angelo, Rossana, parla come di “una compagna di
viaggio ideale, un’attrice collaborativa e intelligente”. La
collaborazione tra i due attori ha infatti funzionato tanto, che
sembra Rossi Stuart debba essere il protagonista di un film di
Paolo Virzì, accanto proprio a Micaela
Ramazzotti e Stefania Sandrelli (lo
dichiara lo stesso attore in diverse interviste dell’epoca ed
evidentemente si tratta de La prima cosa bella). Il
progetto però non si concretizza (quel ruolo andrà, poi, a
Valerio Mastandrea).
A concretizzarsi invece, è un altro
progetto e nel 2010 vediamo Kim in una straordinaria prova d’attore
nei panni di Renato Vallanzasca in
Vallanzasca – gli angeli del male, che Michele
Placido dirige con uno stile in tutto e per tutto simile a quello
già scelto per Romanzo criminale, avvalendosi della
collaborazione dell’attore romano anche per la sceneggiatura.
Ascesa e caduta della banda della Comasina, che negli anni Settanta
terrorizzò Milano con rapine e omicidi, e del suo leader, il bel
René, ladro per scelta e per vocazione, assassino, ma anche uomo
misterioso e affascinante, che ha fatto innamorare centinaia di
donne italiane, come testimonia la copiosa corrispondenza ricevuta
in carcere. L’ennesima figura controversa e sfaccettata, alla cui
interpretazione Rossi Stuart dice di essersi accostato con questo
spirito: “mi sono posto di fronte a questo personaggio, come a
tutti quelli che ho fatto, in maniera molto laica, senza nessuna
necessità di giudicare”, ma solo, dice, “per cercare di
capire”. Mentre a proposito della complessità di questa figura
ha dichiarato: “penso che nell’anima di ognuno non ci siano solo
due “io”, due propensioni; penso che ce ne siano decine”.
“In questo personaggio ci sono
tante voci (…), tutte voci molto estreme, radicali.
L’interesse del personaggio risiede proprio in questo, è ciò che ne
fa un personaggio di statura shakespeariana in qualche modo, nel
bene e nel male”. “E’ una personalità camaleontica, dalla
psicologia complicata”, al punto che, arriva a dire il suo
interprete, Renato Vallanzasca “resta un mistero”. In
particolare, ciò che l’attore ha voluto fare è stato “raccontare
un percorso” catturandone l’essenza. L’intento era quello di
“crescere, di conoscere cose importanti e attraverso
questo, far conoscere anche allo spettatore cose che lo portino ad
una crescita”. In questo caso, si è trattato di “un percorso
di delitto e castigo, di espiazione” perché, ha affermato,
“il cinema non dev’essere moralistico, ma deve porsi delle
domande su ciò che sta facendo”. Dunque non un’apologia, ha
ribadito, a dispetto delle polemiche che puntuali sono arrivate.
Ha poi posto l’accento sulla coerenza dell’uomo
nell’ammettere le proprie responsabilità: “Ha scontato
quarant’anni di carcere, ha sempre detto di essere un fuorilegge e
sta ancora pagando”.
Per la sua impeccabile
interpretazione, cui contribuisce anche un accento milanese ben
studiato, Rossi Stuart riceve il Nastro d’Argento. Per festeggiare,
l’attore inscena una curiosa quanto inattesa performance, ballando
sul palco del Teatro antico di Taormina. Ottiene anche il Premio
Flaiano e il Ciack d’Oro. E il momento è felice pure nella vita
privata: con la sua compagna, Ilaria Spada,
è in attesa di un figlio, Ettore, che nascerà a novembre 2011.
Attualmente, pare sia a lavoro sul
soggetto del suo prossimo film da regista, che vorrebbe solo
dirigere e non interpretare, ma intanto lo vedremo di nuovo attore
in Anni felici di Daniele Luchetti,
presentato in anteprima mondiale al Festival di Toronto: storia
parzialmente autobiografica della famiglia del regista negli anni
Settanta, dove Kim interpreta il padre, un artista d’avanguardia, e
Micaela Ramazzotti veste i panni della madre. In
sala dal 3 ottobre.