I fratelli Joel ed Ethan
Coen girano il film L’uomo che non
c’era, nel 2001. Vi seguiamo la storia di Ed Crane,
modesto barbiere di provincia, alle dipendenze del cognato Frank.
Un giorno, nella loro bottega entra il losco imprenditore Tolliver.
Ed gli taglia i capelli, e l’altro svela che sta cercando un socio,
avente una somma di 10000 dollari, per aprire un rivoluzionario
lavaggio a secco. Sarà la molla narrativa. Il barbiere Ed sa bene
che sua moglie Doris lo tradisce, con Big Dave, il
proprietario dei grandi magazzini in cui lei va a lavorare, come
contabile. E’ l’occasione buona per recuperare i 10000 dollari. Ed
ricatta Big Dave, in incognito, via lettera.
Questa minaccia di svelare
pubblicamente la sua relazione extraconiugale con la contabile
Doris. Big Dave è costretto a pagare. La notte seguente egli
chiama Ed, perché gli deve urgentemente parlare, ai suoi grandi
magazzini. Big Dave svela che prima ha incontrato e pestato
il losco Tolliver, insospettito dal fatto che l’altro gli chiedesse
la stessa somma (10000 dollari), sempre per aprire il lavaggio a
secco. Così, inevitabilmente si scopre il coinvolgimento diretto di
Ed. Big Dave tenta d’uccidere il barbiere, ma questi si
difende disperatamente, sino a commettere lui l’omicidio. Il giorno
dopo, due poliziotti fanno uscire Ed dalla sua bottega,
comunicandogli che la moglie Doris si trova in stato arresto. E’
lei che avrebbe ucciso Big Dave, sottraendo l’importo di
10000 Euro, in qualità di contabile ai grandi magazzini.
Ed allora cerca di contattare
Tolliver, per scagionare la moglie. Ma lui sembra improvvisamente
scomparso. Assieme al cognato Frank, Ed ipoteca la bottega, dovendo
pagare un famoso avvocato, Riedenschneider. Ma all’improvviso Doris
decide di suicidarsi in carcere. Ed saprà dal medico legale che sua
moglie era rimasta incinta, da Big Dave. Il barbiere, sempre
più annoiato dalla vita, decide di seguire una ragazza, Birdy, la
quale si diverte a suonare il piano. Tornando assieme da un viaggio
a San Francisco, nell’automobile guidata da Ed, lei tenta un rozzo
approccio sessuale. Subito il barbiere respinge Birdy.
L’autovettura finisce fuori strada. Dall’incidente si salvano
entrambi, ma nel lettino dell’ospedale Ed è accusato d’aver ucciso
Tolliver, ripescatone il cadavere, con tutte le carte già firmate
dal barbiere (versati i 10000 dollari, dopo il furto alla cassa di
Big Dave, operato dalla moglie, sua complice). Il
protagonista del film finirà alla sedia elettrica, con aria
tranquillamente rassegnata.
Il film
L’uomo che non c’era ha il bianconero
fotografico, sposandosi bene con la sua ambientazione, nel 1949.
L’illuminazione arriva in chiave tendenzialmente espressionistica,
come nella cinematografia degli anni ’30. Esteticamente, diventa
fondamentale il dettaglio della linea in diagonale. Scaricandosi in
questo modo, l’illuminazione opera degli strappientro
l’inquadratura. La diagonale si percepisce sempre nel sobbalzo
della sua superficie. Questa letteralmente si tirerà viaun po’ alla
volta. All’inizio del film, c’è un’inquadratura dal pavimento, che
mostra i soli piedi del barbiere Frank. Quella ha una luce diffusa.
I capelli del cliente cadono a terra, lentamente, come piccoli
batuffoli di neve. Li percepiremo dunque nel sobbalzo di se stessi,
entro la diffusione della luce. Successivamente, vediamo che il
barbiere capo Frank sta tagliando i capelli ad un bambino.
Torna la percezione estetica del sobbalzo. Il bambino dà un colpo
al sedile, abbandonandolo (a taglio concluso). Nello stesso tempo,
il barbiere Frank sventola un telo bianco (ricoprente il corpo dei
clienti, durante il taglio dei capelli). La percezione del sobbalzo
è allacciabile a quella della linea diagonale.
Nell’inquadratura appena
precedente, la macchina da presa ci svela all’improvviso il volto
del protagonista Ed. All’inizio, egli è per noi una mera voce
narrante. Quindi, l’inquadratura scoprente il volto di Ed
sopraggiunge… sobbalzando, giocando d’anticipo rispetto alle prime
aspettative dello spettatore (che aveva già cominciato ad
immaginare il protagonista). Accade un ritagliopercettivo. La
macchina da presa sembra muoversi in diagonale verso Ed, mentre ne
vediamo il mezzobusto quasi in posa di ¾. Dopo lo sventolio
del telo, da parte di Frank, la regia inquadra in via soggettiva
l’interno della bottega. Dalle vetrine, il raggio solare entra in
diagonale. Il protagonista Ed ha la noia di vivere, sia sul lavoro
(sentendosi continuamente dire che lui è solo un barbiere), sia
negli affetti (mancandogli i rapporti sessuali con la moglie, che
perfino lo tradisce con Big Dave). Un giorno, però, entra in
bottega l’astuto imprenditore Tolliver. Simbolicamente, sarà il
sobbalzo del parrucchino a cambiare la grigia vita del barbiere
Ed.
Nella scena dell’incidente
stradale, la quale avvia lo scioglimento peggiore d’ogni ambizione
al successo, l’autovettura naturalmente sbanda dalla carreggiata.
Torna così il tema estetico della linea diagonale. Subito dopo,
vediamo la corsa sobbalzante (contro l’aspro terreno) d’un
cerchione. In via onirica, esso assumerà un colore bianco, entro
un’inquadratura dallo sfondo solo nero. Il cerchione alla fine si
trasformerà in una lampadina da elmetto, portato dal medico in
ospedale. Esteticamente, pare interessante anche la scena in cui
l’avvocato Riedenschneider prepara la sua arringa difensiva, in
carcere, innanzi ai coniugi Crane. Là, perdura l’impostazione
espressionistica di fondo. C’è l’inquadratura in cui un cono di
luce (arrivante dal’alto) funge da sipario, per la teatralità
forense nei gesti e nelle parole di Riedenschneider. E’ il momento
in cui lui comincerà la sua arringa. Ne vediamo la sagoma nera (per
il vestito), che, movendosi, ci favorisce di percepire la possibile
sezione in verticale del cono luminoso. In seguito, l’avvocato
passeggia da solo al centro della stanza. L’illuminazione filtra
dalle sbarre sulla finestra, che, in prigione, impedisce a Doris
d’essere libera. Però, i fratelli Coen per la maggiore scelgono di
mostrarci soltanto l’avvocato, anziché la condannata. Il pavimento
è inquadrato con la prospettiva centrale, e tagliato dall’ombra
sulle sbarre.
Riedenschneider si rivolge
frontalmente a noi, ma guardando nel vuoto. Ad un certo punto, egli
cita il principio d’indeterminazione, per cui, secondo il fisico
Heisenberg, la semplice osservazione d’un fatto cambia
quest’ultimo. La prima dunque costituisce un sobbalzo del secondo,
per così dire. Nel film L’uomo che non c’era, di frequente
compare l’immagine del fumo. Diventa basilare quello del
protagonista Ed. Abituato a parlare poco, la sua voce esce in
maniera visivamente lenta. Ed è troppo malinconico per attaccarsi
alla vita. Semplicemente, lui s’adagia al suo tran-tran
coniugale e lavorativo, come se ci sbadigliasse addosso col fumo.
Lo stesso accadrà alla ciocca di capelli, una volta caduta a terra.
C’è una scena interessante, quando Big Dave svela per la
prima volta ad Ed che qualcuno drammaticamente vuole
ricattarlo.
La regia inizialmente ci mostra un
coltellino, in primo piano. Big Dave lo usa per aprire un
sigaro. In seguito, vediamo che lui comincia a fumare, seduto al
tavolo. E’ interessante sapere che la forma allungata del sigaro
assomiglia a quella del coltellino. Noi già sappiamo che Ed ha
scelto di ricattare Big Dave. Falsamente, il barbiere
innanzi alla disperazione del suo interlocutore arriva perfino a
preoccuparsi di lui, suggerendogli che il sigaro portato in testa
rischia di bruciarlo. Ed non si scompone per nulla, e perdura a
sbadigliare la fumosità della rassegnazione in cui vive. Il
barbiere rinuncia ad attaccare Big Dave, in quanto amante di
sua moglie. La preferenza per il ricatto diviene noiosamente
punitiva. Il barbiere gode e trae profitto dal torto che lui stesso
ha subito, per cui il suo esecutore materiale, ossia Big
Dave, da lui sarà fondamentalmente ignorato. Sembra che Ed
voglia solo sbadigliare sul dramma dell’interlocutore. Certo resta
il momento dell’assassinio. Allora il coltellino sostituirà davvero
il sigaro. Però tale sobbalzo narrativo, all’interno della
sceneggiatura, non cambierà mai la rassegnazione esistenziale di
Ed. L’omicidio di Big Dave semplicemente potrebbe valere
come un colpo di tosse, dopo una fumata andata male.
Più volte al barbiere
Ed si pone l’accusa “Ma che razza d’uomo sei ? “. Il
protagonista, sia nel vero (quando Big Dave gli avrebbe
giustificato una zuffa, anziché il ricatto) sia nel falso (laddove
Frank lo ripudi, in quanto – secondo lui – mero corruttore della
moglie) della narrazione, alla lunga si farebbe antipatico, per la
sua abitudine al quieto e silenzioso cinismo della rassegnazione.
Nel film L’uomo che non c’era, le scene
finali hanno una fotografia di colore integralmente bianco. Si
narra la preparazione di Ed, verso la condanna a morte (sulla sedia
elettrica). La nostra percezione dell’atmosfera del tutto bianca
dovrebbe favorire la rinascita spirituale del barbiere. Lui però
perdura a comportarsi nel silenzioso sbadiglio dei suoi pensieri.
Pare che lo sfondo non abbia una tonalità spiritualmente bianca,
bensì una tonalità pesantemente lattea, per così dire. Nella
rassegnazione esistenziale di Ed, adesso il fumo delle sigarette si
depositerebbe sulla stessa leggerezza della redenzione (o
purificazione). La narrazione non ci mostra il momento topico in
cui il condannato sobbalzerà dalla sedia elettrica, terribilmente,
alla prima scossa. Il barbiere rimane perennemente sospeso, fra la
fumosità della quieta rassegnazione ed il lavaggio a secco (senza
schiuma) d’un possibile riscatto sociale. Nei due casi, noi dovremo
percepirlo come un uomo che non c’è, recuperando il titolo del
film.