L’ultima volta che si sono
incontrati sul grande schermo, Tom Hardy aveva picchiato
quasi a sangue il povero Gary Oldman, fino a farlo
strisciare dritto in una fogna.In seguito i due hanno girato
assieme The Dark Knight Rises, ed ora si preparano a
tornare insieme al cinema (sicuramente non in condizioni migliori
del loro ultimo incontro) nel cast del nuovo attesissimo
Child 44.
In questi ultimi giorni infatti i
due attori hanno firmato ufficialmente il contratto di
partecipazione al nuovo thirller diretto da Daniel Espinosa
e adattato da Richard Prince dall’omonimo romanzo di Tom
Rob Smith. Il film, ambientato nella Russia del 1950, racconta
le vicende di un membro della polizia sovietica (Tom Hardy)
impegnato in ad indagare su una serie di omicidi che vedono
coinvolti dei bambini. Nel cast anche Noomi Rapace nel ruolo
dell’inaffidabile e camaleontica moglie di Hardy, mentre Joel
Kinnaman sarà un collega debole e pieno di complessi di colpa.
Infine Oldman impersonerà il capo della polizia, impegnato ad
indagare sugli omicidi e che incomincia a sviluppare strani
sospetti verso il giovane poliziotto. Espinosa ha annunciato che le
riprese partiranno a giugno, e nel frattempo vedremo presto il
ritorno di Oldman nel dramma di spionaggio aziendale Paranoia, mentre è molto
attesa la sua partecipazione in due grandi film di fantascienza; Dawn Of The Planet Of The
Apes, in uscita il 23 maggio, e il reboot di
RoboCop, in uscita il 7 febbraio.
Christina Applegate è
obiettivamente una delle attrici più fortunate del momento. In che
senso? In primo luogo perché la vedremo presto in un ruolo di primo
piano in Anchorman: La leggenda continua, e inoltre è
attualmente in trattative per una partecipazione da co-protagonista
nel reboot di National Lampoon’s Vacation, chiamata
per l’occasione semplicemente Vacation.
Ed Helms è stato ingaggiato
come protagonista della nuova pellicola che dovrebbe essere al
tempo stesso un remake, sequel e prequel dell’originale, incentrata
sulle avventure di Rusty Griswold, giovane padre di famiglia
impegnato in una folle corsa on the road per l’America con moglie e
figli al seguito. Burt Burt Wonderstone , John Francis
Daley e Jonathan M. Goldstein sono gli sceneggiatori del
progetto originale, e hanno in programma di debuttare in questo
nuovo remake in qualità di registi. DavidDobkin sarà il principale produttore e consulente
alla regia, e le riprese dovrebbero iniziare entro la fine di
quest’anno.
Arriva da
CinemaSins, un divertente video realizzato che
mette a nudo il capolavoro di Christopher Nolan,
The Dark Knight , ecco tutti gli errori
contenuti nel film in 4 minuti:
E’ stato coprotagonista di uno dei
miracoli del botteghino dello scorso anno, è stato anche il primo
attore di colore a vincere un Premio Cesar (l’Oscar francese)
strappandolo dalle mani nientemeno che di Jean
Dujardin nell’anno d’oro di The
Artist, è un ragazzone di più di un metro e novanta e
si presenta con una umiltà ed una simpatia fuori dal comune: è
Omar Sy, che oggi a Roma ha presentato il suo
ultimo film da protagonista, Due agenti molto
speciali.
Su Re è il racconto
dei momenti conclusivi della vita di Gesù, dall’ultima cena al
tradimento di Giuda nel giardino del Getsemani, dal processo alla
crocifissione, passando per tutti gli episodi più importanti
avvenuti nelle ore che ne precedono la morte. La Passione trasposta
in quella Sardegna tanto cara a Giovanni Columbu, già
regista di Arcipelaghi, impressa su pellicola e
distribuita dalla Sacher di Nanni Moretti. Una storia tra le più
affrontate in campo cinematografico, rielaborata e rappresentata in
chiave nuova, grazie all’utilizzo di numerosi espedienti che fanno
di Su Re una versione della Passione coraggiosa e
innovativa.
La vicenda ci viene presentata a
partire dal finale, mentre Maria (Pietrina Menneas), in
lacrime, stringe tra le mani il volto del figlio senza vita. Stesso
punto d’inizio e fine, cui si ritorna attraverso una struttura
slegata da un filo cronologico, costruita sull’utilizzo di numerosi
flashback, che si alternano senza un ordine temporale preciso, come
fossero ricordi confusi dei protagonisti. Una dimensione al di
fuori del tempo, trasmessa grazie alla scelta di trasportare la
storia tra i paesaggi brulli e pietrosi della Sardegna, tra i
costumi e il linguaggio locale. Tutto il film è, infatti,
totalmente recitato in dialetto sardo e sottotitolato, un
espediente che riesce a dare un sapore arcaico alla
rappresentazione, ma allo stesso tempo rende più ostica la visione
per lo spettatore.
La messa in scena è
tecnicamente ben curata, con attimi inquadrati da diverse
prospettive, una fotografia splendida, un sonoro assoluto
protagonista delle scene più crude, spesso lasciate fuoricampo,
particolarmente studiato per penetrare nella testa dello
spettatore, come la frusta e i chiodi penetrano nella carne di un
Cristo dal volto mai così umano e terreno, interpretato da
Fiorenzo Mattu. Proprio la potenza dei volti è la
peculiarità più importante del film. Sono le facce dei sofferenti e
degli emarginati, segnate dal dolore. Personaggi che hanno un che
di pasoliniano, intrisi di umanità e umiltà. Gli attori sono tutti
non professionisti, presi dalla strada o addirittura da alcuni
centri di salute mentale, eppure capaci di trasmettere emozioni
autentiche.
Columbu ha il merito di riportare
sullo schermo la Passione di Cristo nell’unico modo in cui poteva
avere un senso, caratterizzandola e dandole un taglio più
personale, che si discostasse completamente da trasposizioni
precedenti. Se dal punto di vista tecnico il film possiede alcuni
pregi evidenti, le stesse scelte che lo particolareggiano ne
appesantiscono la visione, già debilitata da una trama nota, resa
ancor più ostica dal ritmo lento e dalle molte scene di sola
mimica. Malgrado ciò la bilancia pende dalla parte di Columbu e il
risultato è comunque positivo. Un’opera complessa ma emozionante,
suggestiva, umana.
Guarda la nuova spettacolare
Featurette
di Oblivion con Tom
Cruise, Olga
Kurylenko e Morgan Freeman. La
pellicola fantascientifica è diretta da Joseph
Kosinski (Tron:Legacy).
In un spettacolare pianeta Terra
del futuro che si è evoluto fino a diventare irriconoscibile, un
uomo si confronta col passato che lo porterà ad affrontare un
viaggio di redenzione e ricerca mentre si batterà per salvare
l’umanità. Jack Harper (Tom
Cruise) è uno degli ultimi riparatori di droni
operanti sulla Terra. Parte di una massiccia operazione per
estrarre risorse vitali dopo decenni di guerra contro una
terrificante minaccia conosciuta come Scavs, la missione di Jack è
quasi terminata. Vivendo e perlustrando gli straordinari cieli da
migliaia di metri d’altezza, la sua esistenza crolla quando salva
una bella straniera da uno spacecraft precipitato. Il suo arrivo
innesca una serie di eventi che lo costringono a mettere in
questione tutto ciò che conosceva e mettono nelle sue mani il
destino dell’umanità. Tutte le info sul film nella nostra scheda
film: Oblivion.
Stiamo attendendo con ansia
l’arrivo del 4 Marzo, per poter vedere Ryan Gosling, al
fianco di Eva Mendez e di Bradley Cooper nel film Come
un tuono, che questa mattina ci giunge una notizia
inaspettata. L’amato attore americano, famoso per Crazy Stupid
Love e Blue Valantine tante per citare due film molto
mainstream, decide di prendersi una pausa dal cinema.
“Recitare? Meglio sparire per un pò dalla circolazione” ,
queste le parole rilasciate all’autorevole Huffington
post.
Non sappiamo da cosa sia dovuta
questa sua scelta, ma almeno siamo sicuri che non è un addio, ma un
arrivederci. Ryan Gosling infatti, consapevole che spezzerà il
cuore di molti fan, afferma che sta girando molti film, e che
questa sua pausa gli servirà per fare un punto della sua carriera.
Sperando che ritorni sui suoi passi, lo attendiamo con trepidazione
dal prossimo 4 Aprile in Come un tuono.
I lavori del quarto capitolo del
giocattolone cinematografico di Michael Bay, Transformers 4, stanno procedendo
a gonfie vele. E’ il Michigan Film office a confermare che
le riprese del film,
Il terzo capitolo di
Iron Man, scalpita per invadere le sale
cinematografiche, ed intanto nuovi trailer seppur brevi
vengono rilasciati in rete. In particolare quest’ultimo che vi
mostriamo su queste frequenze, verrà rilasciato durante la prossima
edizione dei Kid’s Choise awards. La data scelta è il
prossimo 23 Marzo, e quindi durante la pausa pubblicitaria della
kermesse, il pubblico americana potrà ammirare questo nuovo
trailer. Non sarà esclusivo come quello trasmesso durante gli
Oscar, ma fa sempre un certo effetto vedere un supereroe del
calibro di Iron Man sullo schermo.
Il 6 Giugno è ancora lontano,
eppure la campagna pubblicitaria di Into
Darkness – Star Trek, sta cominciando nel migliore dei
modi. Come sappiamo J.J. Abrams è al timone
del fortunato seguito di Star Trek, e
promette scintille per il secondo capitolo della saga
sci-fi più famosa al mondo.
La Paramount intanto,
pubblica in rete un nuovo e stuzzicante trailer del
lungometraggio, dove rispetto ai precedenti, ci sono molte scene
d’azione e si intuisce qualcosa sulla vicenda. Se siete curiosi,
gustatevi allora questo “promo” lungo ben 2 minuti, e capire che
siamo di fronte, ad uno dei lungometraggi più attesi della stagione
estiva.
Trama: Quando l’Enterprise è
chiamata a tornare verso casa, l’equipaggio scopre una terrificante
e inarrestabile forza all’interno della propria organizzazione che
ha fatto esplodere la flotta e tutto ciò che essa rappresenta,
lasciando il nostro mondo in uno stato di crisi. Spinto da un
conflitto personale, il Capitano Kirk condurrà una caccia all’uomo
in un mondo in guerra per catturare una vera e propria arma umana
di distruzione di massa. Mentre i nostri eroi vengono spinti in
un’epica partita a scacchi tra la vita e la morte, l’amore verrà
messo alla prova, le amicizie saranno lacerate, e i sacrifici
compiuti per l’unica famiglia che Kirk abbia mai avuto: il suo
equipaggio.
Nicolas Vaporidis, Andrea
Bosca, Massimo Ghini, Claudia Potenza, Giulia Michelini, Camilla
Ferranti, Mia Benedetta e Lorenzo Zurzolo
costituiscono il folto cast che ci racconto questa storia un po’
disconnessa e strampalata, che ricorda vagamente il film di qualche
anno fa con protagonista Adam Sandler e
Jessica Biel, Vi dichiaro Marito e
Marito, ma che, perfettamente ancorato al panorama
italico, si colloca a pennello nella dimensione del nostro
Paese.
In Outing – fidanzati per
sbaglio Federico e Riccardo, amici fin da quando erano
bambini, prendono due strade diverse. Federico, playboy spiantato e
con un fratellino a carico, rimane in Puglia, mentre Riccardo si
trasferisce a Milano per inseguire il suo sogno di diventare
stilista, ritrovandosi a fare l’impiegato. Un bando della regione
Puglia per il finanziamento ai giovani imprenditori fa pensare a
Riccardo e Federico che sia giunta la loro grande occasione. C’è
però un problema: il bando è riservato esclusivamente alle coppie
di fatto, quindi Federico e Riccardo per ottenerlo dovranno
fingersi gay.
Il tema principale di
Outing – fidanzati per sbaglio potrebbe
sembrare quello delle coppie di fatto, delle relazioni omosessuali
e della precarietà di legislazione che esiste nel nostro paese in
merito a questo argomento. Tuttavia si scopre fin troppo presto che
il film mette in piazza tanti temi, finendo per non approfondirne
nessuno. La raccomandazione in ambito lavorativo, le speculazioni
mafiose e la mancanza di supporti per i giovani e le loro idee e
inclinazioni diventano gli ingredienti di una immensa e torbida
minestra che finisce per strabordare, sfuggendo di mano al
cuoco/regista e diventando poi un unico grande pasticcio.
Non mancano i momenti divertenti,
seppure minati da tempi comici molto blandi e da una coppia di
protagonisti un po’ sottotono. Si distingue invece Massimo
Ghini, nella sua rappresentazione di un omosessuale che
per la prima volta forse si distacca dalla macchietta pur essendo
perfettamente inserito nel meccanismo della commedia.
Matteo Vicino,
alla sua opera prima edita, si occupa della regia, del montaggio e
della sceneggiatura in maniera apparentemente molto controllata ma
allo stesso tempo troppo incisa, marcando momenti importanti con
scavalcamenti di campo, fermi immagine e sfuocature tipiche del
video-clip, associando ai colori saturi ritmi e montaggio che
aumentano la sensazione di trovarsi su MTv invece che in una sala
cinematografica. Outing – fidanzati per
sbaglio è una commedia che con l’ansia di dire tanto
finisce col non dire nulla di specifico, pur facendolo con un tocco
di ironia e un approccio visivo irritante.
Da poco il suo Blue
Valentine è uscito nelle sale italiane, pur essendo datato
2010, e Derek Cianfrance si ritrova a illuminare gli schermi
del nostro Paese con Come un Tuono (in originale The
Place Beyond the Pines) storia di vendetta, redenzione e
lotta contro una realtà ed un destino che sembra ineluttabile.
In Come un Tuono
un uomo, motociclista di professione, resta sconvolto dalla notizia
di essere diventato padre. Decide di lasciare la sua vita da
ambulante e di provare ad occuparsi del bambino, ma la strada che
sceglie è quella della rapina, che inevitabilmente lo porta a
cacciarsi nei guai. A dargli la caccia c’è un poliziotto, un animo
nobile e integerrimo che però si trova coinvolto in un giro di
corruzione e di droga che gli farà capire presto il modo di agire
corretto in una tale società. Quindici anni dopo, due adolescenti
turbolenti si incontrano a scuola e fanno amicizia, ma una
terribile verità che li accomuna potrebbe avere devastanti
conseguenze.
Cianfrane ritrova l’ottimo Ryan Gosling e gli affida la prima parte del film,
il ruolo di Luke il Bello che l’attore di Drive interpreta con l’ormai mono-espressiva
efficacia che lo contraddistingue e che costituisce il mistero e il
motivo del suo talento. A Ryan Gosling si affianca Eva Mendes, che in
Come un Tuono interpreta la bella Romina, una
donna normale, con un bambino e un compagno, che la accoglie in
casa sua nonostante il figlio non sia suo, una madre alla quale
badare e un lavoro che le serve per mandare avanti la baracca, una
donna normale, un po’ sciatta a volte, eppure straordinariamente
bella nella sua verace sensualità e nel suo solido e discreto
talento.
Come un Tuono, il film
A loro fa seguito Bradley Cooper, che interpreta l’integerrimo
poliziotto Avery, uomo ligio al dovere, attento al protocollo, che
non si risparmia suo campo e fuori, che va a scontrarsi “di faccia”
contro la corruzione che si è infiltrata in maniera capillare nel
suo stesso distretto. Userà quest’arma nel modo migliore e più
conveniente alla sua carriera, ma a che prezzo? L’attore, reduce
dalla straordinaria performance de Il Lato Positivo, ci regala in questo caso una
interpretazione più ordinaria ma ugualmente interessante nella
messa in scena del conflitto interiore di un uomo che rinuncia
irrimediabilmente alla sua moralità per riuscire a rimanere a
galla.
Nel terzo e conclusivo atto, il
film sembra raccontarci che le colpe dei padri vengono ereditate
dai figli, che se un uomo è cattivo, o se fa qualcosa di cattivo,
la sua progenie lo sarà altrettanto, ricordando vagamente, seppure
con qualche variante, l’ereditarietà della colpa cantata da Sofocle
nel sul Edipo Re. A raccontarci questo terzo capitolo ci sono
due giovanissimi attori: Emory Cohen e Dane Dehaan, entrambi molto bravi e promettenti.
Se Cohen è noto principalmente per la sua partecipazione alla
serie Smash, Dehaan ha già dato prova di grande talento in
Chronicles e ora lo vedremo presto nel sequel di
The Amazing Spider-Man, nei panni di Harry
Osborn.
La tripartizione suddivide il film
per argomenti e ritmi, cosa che ne appesantisce la fruizione, dando
al film una struttura disomogenea. Cianfrance ci racconta la storia
addentrandosi con la sua macchina da presa tra i personaggi, nel
mezzo delle situazioni, prediligendo una ripresa mobile e dei primi
piani ravvicinati, quasi a voler entrare nella testa dei suoi
personaggi, a mostrarceli nella loro complessità, a dare una
ragione anche al peggiore degli esseri umani che mette in
scena.
Arrivano due nuove foto ufficiali di Star Trek: Into
Darkness di J.J. Abrams,
protagonisti delle nuove immagini sono il trio che probabilmente
sarà al centro della storia di questo atteso secondo capitolo del
reboot della saga.
Trama: Quando l’Enterprise è
chiamata a tornare verso casa, l’equipaggio scopre una terrificante
e inarrestabile forza all’interno della propria organizzazione che
ha fatto esplodere la flotta e tutto ciò che essa rappresenta,
lasciando il nostro mondo in uno stato di crisi. Spinto da un
conflitto personale, il Capitano Kirk condurrà una caccia all’uomo
in un mondo in guerra per catturare una vera e propria arma umana
di distruzione di massa. Mentre i nostri eroi vengono spinti in
un’epica partita a scacchi tra la vita e la morte, l’amore verrà
messo alla prova, le amicizie saranno lacerate, e i sacrifici
compiuti per l’unica famiglia che Kirk abbia mai avuto: il suo
equipaggio.
L’adattamento cinematografico del
celebre bestseller del 1981 di Salman Rushdie, I Figli
della Mezzanotte, nonostante gli sforzi titanici per
piegare il romanzo in sceneggiatura, si può infatti definire
un’impresa riuscita solo a metà.
In I Figli della
Mezzanotte allo scoccare della mezzanotte l’India dichiara
l’Indipendenza dalla Gran Bretagna. La gente balla per strada, il
cielo è illuminato a giorno dai fuochi d’artificio e in una
clinica, a pochi attimi di distanza, due bambini vengono al mondo:
il primo è il figlio di una poverissima cantante di strada che
muore di parto, il secondo è il fortunato pargolo di una coppia
agiata. Mary (Seema Biswas), l’infermiera del
reparto, per dare il suo contributo simbolico alla nascita di una
nuova era nella quale, idealmente, i ricchi saranno poveri e
viceversa, scambia i due piccoli in culla determinandone il
destino. Shiva (Siddhart), nato benestante, cresce
povero e Saleem (Satya Bhabha), al contrario, si
trova a vivere da re.
Le loro esistenze scorrono
parallele, incrociandosi periodicamente solo durante le
“Conferenze” dei Figli della Mezzanotte: incontri
dove tutti i bambini nati durante la proclamazione
dell’Indipendenza, esseri magici, si riuniscono attorno a Saleem
per mettere alla prova i loro poteri.
Con il passare degli anni l’India è
lacerata da una serie di conflitti sanguinosi: Shiva, aggressivo e
combattente, diventa un eroe di guerra, mentre Saleem, pacifista,
resta senza famiglia, né status. La Storia, nel suo incedere,
intacca anche questo nuovo equilibrio e porta i protagonisti ad
intrecciare ancora le loro vite in maniera inattesa. Peccato che, a
questo punto del film, i capovolgimenti continui che hanno
caratterizzato le prime due ore, fanno sperare in un finale
piuttosto che in un nuovo colpo di scena.
La regista Deepa
Mehta, candidata all’Oscar per Water nel 2006,
ricostruisce perfettamente gli ambienti storici, facendo respirare
l’aria dell’India, riempie le sue sequenze di colori, di ironia, di
magia, trasmettendo lo spirito dei tempi di cui narra, cura ogni
dettaglio, posizionando la macchina da presa in modo da ottenere
riprese originali, ma non sa creare il pathos necessario affinché
I Figli della Mezzanotte funzioni.
La voce fuoricampo del
protagonista, il preludio alla sua nascita con la storia dei suoi
antenati, le sequenze cantate, le digressioni sugli altri
personaggi, necessariamente brevi e dunque superflue, sono tutti
elementi che distolgono l’attenzione dallo scheletro della vicenda
sottraendo fluidità all’insieme.
E se le parole di Rushdie possono
unire realtà e magia con facilità, seguendo il filo del pensiero e
dell’immaginazione, al cinema, per non creare un effetto quasi
ridicolo soprattutto nelle scene più drammatiche, ci si aspetta
qualcosa di più della logora formula “Abracadabra”.
I Figli della
Mezzanotte arriva nelle sale dal 28 marzo.
È possibile dimenticare un luogo in
cui non si è mai stati? Questa la domanda posta da
Oblivion, l’attesa pellicola
fantascientifica diretta da Joseph Kosinski in
arrivo sui nostri schermi.
Scenari infiniti di un pianeta
devastato, vorticosi viaggi nei cieli, memorie inspiegabili di un
passato con cui confrontarsi, lottando per se stesso e per
l’umanità. Gli ingredienti della pellicola post-apocalittica ci
sono tutti: azione, fantascienza, avventura, effetti speciali
mozzafiato. E un’immancabile storia d’amore. Ma l’operazione in
atto è piuttosto intrigante poiché, come riporta la tagline del
film, “La Terra è un ricordo per cui vale la pena combattere”.
Jack è uno degli ultimi riparatori
di droni operanti sulla Terra devastata dalla guerra contro una
razza aliena. Parte di una massiccia operazione per estrarre
risorse vitali dopo decenni di guerra contro una terrificante
minaccia conosciuta come Scavs, la missione di Jack è quasi
terminata. Vivendo e perlustrando gli straordinari cieli da
migliaia di metri d’altezza, la sua esistenza crolla quando salva
una bella straniera da uno spacecraft precipitato. Il suo arrivo
innesca una serie di eventi che lo costringono a mettere in
questione tutto ciò che conosceva e mettono nelle sue mani il
destino dell’umanità.
In cabina di regia siede Joseph
Kosinski, già apprezzato regista del fantascientifico
TRON: Legacy. È lo stesso Kosinski ad aver
sviluppato la storia originale del film, collaborando poi alla
sceneggiatura insieme a William Monahan, Michael
Arndt (Oscar per Little Miss
Sunshine) e Karl Gajdusek.
In
Oblivion, Kosinski torna inoltre a
collaborare con Claudio
Miranda, il direttore della fotografia di
TRON: Legacy, nonché fresco premio Oscar
per il suo lavoro in Vita di Pi.
A guidare il cast del film, girato
nel 2012 in risoluzione digitale 4K tra Stati Uniti e Islanda,
troviamo il divo action per eccellenza, Tom Cruise,
perfettamente a suo agio in ruoli d’avventura che mettono alla
prova il suo senso del pericolo. Da un lato, Cruise si trova a
fronteggiare un mostro sacro come Morgan Freeman,
dall’altro è affiancato dal premio Oscar Melissa Leo
(The Fighter) e da due stelle emergenti: si
tratta di Andrea
Riseborough, che ricordiamo nei panni di Wallis
Simpson nel sottovalutato W.E. – Edward e
Wallis, e Olga Kurylenko,
protagonista dell’atteso To the Wonder di
Terrence Malick. Quest’ultima sostituisce
Jessica Chastain, che ha dovuto rinunciare a
Oblivion per difficoltà di conciliazione
della sua agenda ricchissima di impegni cinematografici.
Oltre al maestoso apparato visivo,
a destare un particolare interesse per la pellicola è indubbiamente
la colonna sonora curata da Anthony Gonzales degli
M83, il gruppo elettronico che riscuote sempre più successo
nell’ambiente cinematografico – impossibile, ad esempio, scindere
Cloud Atlas da “Outro” che accompagnava il
trailer del film. Il regista di Oblivion
commenta il lavoro musicale in questi termini:
“Anthony crea una musica che è
aspirazionale, emotiva e unicamente sua. Ho collaborato con Joe
Trapanese per il mio primo film, un altro talento fenomenale.
Insieme hanno creato ciò che ho sognato da quando ho messo questa
storia su carta otto anni fa”.
Costato ben 140 milioni di dollari,
Oblivion sarà distribuito da Universal
Pictures dall’11 aprile.
In un spettacolare pianeta Terra
del futuro che si è evoluto fino a diventare irriconoscibile, un
uomo si confronta col passato che lo porterà ad affrontare un
viaggio di redenzione e ricerca mentre si batterà per salvare
l’umanità. Jack Harper (Tom
Cruise) è uno degli ultimi riparatori di droni
operanti sulla Terra. Parte di una massiccia operazione per
estrarre risorse vitali dopo decenni di guerra contro una
terrificante minaccia conosciuta come Scavs, la missione di Jack è
quasi terminata. Vivendo e perlustrando gli straordinari cieli da
migliaia di metri d’altezza, la sua esistenza crolla quando salva
una bella straniera da uno spacecraft precipitato. Il suo arrivo
innesca una serie di eventi che lo costringono a mettere in
questione tutto ciò che conosceva e mettono nelle sue mani il
destino dell’umanità. Tutte le info sul film nella nostra scheda
film: Oblivion.
L’attore Peter Dinklage è stato intervistato
da MTV, durante la premiere Hollywoodiana della terza stagione del
Trono di Spade in uscita a fine marzo e la giornalista gli ha
chiesto qualcosa riguardo al suo ruolo nel prossimo
X-Men: giorni di un futuro
passato. Ebbene sembra proprio che sia stato
svelato il suo ruolo che fino ad oggi non era stato rivelato.
Alla domanda “Sarai Balivar
Trask?”, Dinglage ha risposto sorpreso “chi ti ha detto questa
cosa, è stato un corvo a portarti questa notizia?” — “Ho bisogno id
leggere la sceneggiatura prima di dirti cosa
interpreterò!”
Tuttavia, l’imbarazzo mostrato
dall’attore ci lascia intendere che forse l’osservazione è quella
giusta.
Gli Amanti Passeggeri – Un gruppo
di variopinti personaggi si trova in una situazione di pericolo in
un aereo diretto a Città del Messico. Un guasto tecnico mette a
rischio la vita delle persone che viaggiano sull’aereo della
compagnia Península 2549. I piloti, professionisti esperti e pronti
ad ogni evenienza, fanno il possibile per trovare una soluzione
insieme ai loro colleghi del Centro di Controllo. Gli assistenti di
volo e il commissario di bordo sono personaggi atipici e barocchi
che di fronte al pericolo cercano di mettere da parte le loro
personali vicissitudini e si impegnano anima e corpo al fine di
garantire ai passeggeri il miglior viaggio possibile, in attesa che
venga trovata una soluzione. La vita tra le nuvole continua ad
essere complicata come lo è rasoterra e per le stesse ragioni che
si riducono sostanzialmente a due: il sesso e la morte.
Remake in vista per un vecchio film
della Disney: oggetto del restyling dovrebbe
essere Elliot il Drago Invisibile (titolo
originale: Pete’s Dragon); la
sceneggiatura è stata affidata a David Lowery.
Uscito nel 1977, il film originale
vedeva un orfano (Sean Marshall), in fuga dai
maltrattamenti dei suoi genitori adottivi, giungere in una piccola
città, accompagnato dal suo drago Elliot (che naturalmente può
vedere solo lui); del cast facevano parte anche Shelley
Winters e Mickey Rooney. Caratteristica
peculiare del film era l’interazione trai personaggi umani in carne
ed ossa e il drago, che era invece animato, in un mix che avrebbe
poi raggiunto l’apice in Chi ha incastrato Roger
Rabbit?
Lowery sarà affiancato dal suo
sodale Toby Halbrooks: i due soono reduci dal
Sundance, dove hanno presentato Ain’t Them Bodies Saints
(protagonista Casey Afflech), che ha ottenuto una buona
accoglienza.
Parte decisamente male l’avventura
del western Jane Got A Gun: la regista
Lynne Ramsay ha lasciato il set nella prima
giornata di riprese, in quello che a quanto pare è l’abbandono
definitivo del progetto.
La decisione di rinunciare sarebbe maturata alla fine dello
scorso fine settimana, durante il quale si sarebbe consumata
un’insanabile frattura tra la regista e il resto della produzione.
La scelta di Ramsay mette ovviamente nei guai la produzione,
costretta a sospendere improvvisamente il progetto e a cercare in
fretta e furia un nuovo regista.
Interpretato da Natalie
Portman (che partecipa al progetto anche in veste di
produttrice), Jude Law e Joel
Edgerton, Jane’s Got a Gun sembra decisamente nato sotto
una cattiva stella: il film ha subito già un rinvio, che ha
costretto Michael Fassbender a rinunciarvi (a
causa del suo impegno con il nuovo film degli X-Men), sostituito da
Edgerton, il quale faceva già parte del progetto nel ruolo del
cattivo, il quale è stato poi affidato a Jude Law.
L’accaduto ha fatto naturalmente
andare su tutte le furie il produttore Scott
Steindorff, che si è detto shockato per il fatto che
qualcuno possa decidere di abbandonare un progetto cui 150 persone
hanno dedicato tempo, energia, impegno e professionalità e che
adesso si trova privo di un regista. Steindorff ha comunque
affermato che l’arrivo di un nuovo regista è imminente.
Jane Got a Gun vede
protagonista una donna (Portman) che ingaggia il suo ex amante
(Edgerton) per proteggere il proprio marito, dai componenti della
sua ex banda, intenzionati a farlo fuori.
Dopo aver visto Danny
Boyle portare sugli schermi il suo The
Beach, nel corso del tempo lo scrittore Alex
Garland si è progressivamente avvicinato la mondo del
cinema, cominciando a pensare di parteciparvi attivamente: il
momento sembra definitivamente giunto, grazie all’adattamento di
Ex-Machina.
Il film, la cui sceneggiatura è
stata scritta dallo stesso Garland, vedrà un miliardario invitare
un proprio dipendente a trascorrere una settimana in una sua remota
proprietà, ma tutto si rivelerà parte di un test nell’ambito dello
sviluppo di una nuova invenzione: un’intelligenza artificiale dalle
sembianze femminili. A portare avanti il progetto è DNA Films,
che ha già lavorato con Garland su vari titoli, tra cui
Dredd e Never Let Me
Go, assieme a Scott Rudin ed
Eli Bush. Il budget stanziato è di circa 15
milioni di dollari, le riprese sono previste entro il 2013.
In occasione della presentazione di
G.I. Joe: Retaliation, Dwayne
Johnson ha parlato del possibile spin-off della serie
Fast Furious che lo vedrebbe protagonista.
Al centro del film vi sarebbe
naturalmente il poliziotto Luke Hobbs, già interpretato da Johnson
nel quinto film della serie; il lavoro potrebbe essere realizzato
prima dell’uscita del prossimo capitolo della saga, il sesto.
Johnson ha comunque specificato che al momento non vi è nulla di
deciso e dunque non si sa nemmeno quale sarà l’evoluzione del
personaggio: magari diventerà anche lui un ladro di auto… non resta
che aspettare e vedere…
Nuovo progetto per Hugh Jackman:
l’attore, reduce dalla nomination all’Oscar per la sua
interpretazione ne I Miserabili, è dato come probabile protagonista
di Six Years, tratto dall’omonimo romanzo di Harlan Coben.
Il protagonista della storia è Jake
Fisher, che perde l’amore della sua vita, Natalie, sposatasi con un
altro; quando sei anni dopo legge per caso il necrologio dell’uomo,
Jake si presenta al funerale, con la speranza di poter rivedere
Natalie, trovandosi però di fronte a un’altra donna, finendo così
in un vortice in cui finirà per dubitare di tutto ciò che ricorda
del proprio passato.
Il romanzo di Coben esce in questi
giorni nelle librerie britanniche; la prima ad averne acquisiti i
diritti ancor prima dell’uscita, pratica ormai consueta, è stata la
Paramount, che cercherà ora sceneggiattore e regista.
Six Years sarà il secondo adattamento cinematografico di un libro
do Coben, dopo il francese Non dirlo a nessuno, firmato nel 2006 da
Guillaume Cantet.
Jackman sta giranto attualmente
Prisoners e tornerà sugli schermi il 25 luglio nei panni di
Wolverine.
Sono iniziate ufficialmente le
riprese di Godzilla e arriva un primo contributo dal
set dove il regista Gareth Edwards ha mostrato il set in anteprima.
Ecco le immagini:
Godzilla, il film
Vi ricordiamo che Godzilla, diretto
da Gareth
Edwards,comprende nel cast attori
del calibro di
Aaron Taylor-Johnson, Bryan
Cranston, Elizabeth
Olsen David Strathairn, Juliette
Binoche e la new entry Ken
Watanabe. La pellicola arriverà in Italia il 15 Maggio
2014. Akira Takarada, protagonista della pellicola
originale, dovrebbe, inoltre, avere anche una piccola parte in
questa rivisitazione, tornando sul set
di Godzillaa
sessanta anni di distanza dalla sua interpretazione.
Scritto da Max
Borenstein, che ha rielaborato uno script
di David S. Goyer e David
Callaham, Godzillasarà
il film di punta della Warner Bros dell’anno 2014, visto
che la data di uscita preventivata è stata infatti individuata nel
16 maggio 2014. Un film da cui la produzione si aspetta
molto che, però, dovrà scontrarsi al botteghino con altre pellicole
in uscita nello stesso periodo, quali The Amazing
Spiderman 2, il reboot delle tartarughe ninja e il
sequel dell’Alba del pianeta delle scimmie.
Guarda il nuovo trailer di
Cattivissimo
Me 2, il sequel del fortunatissimo fillm d’animazione
dell’Universal Studios e Illumination Entertainment, pronti ad
assistere alle nuove follie dei Minion in Cattivissimo
Me 2?
Il blockbuster globale Cattivissimo
Me di Universal Pictures e Illumination Entertainment nel 2010 ha
ottenuto un enorme successo in tutto il mondo, incassando oltre 540
milioni di dollari e posizionandosi come il 10° film animato più
importante della storia degli Stati Uniti.
Il 17 Ottobre 2013 tenetevi pronti
ad assistere alle nuove follie dei Minion in Cattivissimo Me 2.
Chris Meledandri e la sua apprezzata squadra
cinematografica, sono i creatori di una nuova e avventurosa
commedia che presenta il ritorno dell’(ex?) supercattivo Gru
(Max Giusti), delle sue adorabili figlie e degli
imprevedibili e buffi Minion .. oltre ad una schiera di nuovi e
divertentissimi personaggi.
Arriva al cinema l’horror prodotto
da Guillermo del Toro,La
Madre diretto da di Andres Muschietti con
Jessica Chastain e
Nikolaj Coster-Waldau e distribuito da
Universal Pictures.
Nel film La Madre Cinque
anni prima, le sorelle Victoria e Lilly scomparvero dal quartiere
in cui abitavano, senza lasciare traccia. Da allora lo zio Lucas e
la sua fidanzata Annabel non hanno fatto altro che cercarle. Ma
quando le ragazze vengono ritrovate vive in un rifugio fatiscente,
la coppia inizia a chiedersi se le due siano gli unici ospiti ad
essere stati accolti nella loro casa. Mentre Annabel cerca di
ricreare una vita normale per le due sorelle, cresce la sua
convinzione che in casa aleggia una presenza maligna. Mentre la
donna cerca risposte a queste domande spaventose, si renderà conto
che i sussurri che echeggiano in casa quando le ragazze vanno a
letto, provengono dalle labbra di una presenza letale.
La Madre mostra
subito un grande pregio per un film di genere a metà fra l’horror
puro e il thriller: l’originalità con la quale cerca di muoversi
attraverso espedienti e meccanismi collaudati del classico racconto
sovrannaturale. Questo pregio va senza dubbio attribuito alla
ventata di freschezza apportata dal talento di Andres
Muschietti che sa muovere la macchina da presa e suscitare
suggestione con le sue mirabolanti sequenze. Il cortometraggio da
cui il film è tratto e che è stato diretto dallo stesso Muschietti
è senza dubbio la fonte primaria di questa suggestione, che però
risulta anche il limite del film.
La Madre
Infatti quello che basta ad un
corto, per un lungometraggio compiuto può non essere sufficiente e
qui il film cade, perché sembra non avere il coraggio di andare
oltre, e superare quell’aura di mistero e sospensione che aveva
fatto la fortuna del cortometraggio, non diventando così un’opera
più ampia e maggiormente approfondita. Causa di ciò è la
sceneggiatura, che mostra i suoi punti deboli nella mancata
decisione di scegliere un protagonista vero attraverso il quale
raccontarne tutta la vicenda, ma soprattutto nell’approssimazione
della costruzione dell’intreccio.
Nella prima parte del film infatti
ogni personaggio ha una sua discreta costruzione, che lo rende
credibile senza però approfondirne eccessivamente il vissuto; nella
seconda parte invece la protagonista diventa il personaggio
magistralmente interpretato dalla Chastain, che ugualmente però non riesce a
diventare unico punto di vista narrante, cosa che avrebbe dato più
credito e coerenza alla storia. D’altro canto l’intreccio lascia
moltissime porte aperte, e tante spiegazioni non date, risultando
palesemente incompiuto nel finale.
Di grande levatura sono invece le
performance del cast, con la già citata Jessica Chastain che ancora una volta colpisce
per la genuinità con la quale interpreta il suo ruolo, capace di
regale momenti di grande intensità solo mostrando un semplice
gesto, una piccola sfumatura o qualche sguardo. Di notevole fattura
invece tutta la messa in scena a partire dalle scenografie sino
alla musica e alla CGI. Resta il rammarico per un’opera che ha un
enorme potenziale inespresso che lo relega alla sufficienza.
500 giorni
insieme è un film del 2009 diretto
da Marc Webb e con protagonisti nel cast
Joseph Gordon-Levitt (Tom), Zooey
Deschanel (Sole), Geoffrey Arend
(McKenzie) e Matthew Gray Gubler (Paul).
500 giorni insieme, la
trama: Los Angeles. Tom è un giovane architetto che, messi
da parte i sogni di gloria, lavora in una piccola società che
produce bigliettini di auguri. Un giorno in ufficio arriva Sole,
nuova assistente del capo. Bella, spensierata, un po’
sfuggente: per Tom è amore a prima vista. Il giovane architetto
riesce a toccare i tasti giusti, e i due cominciano a stare
insieme. Una relazione che nasce e si sviluppa, tra luci ed ombre,
nell’arco di 500 giorni. Sarà lieto fine?
Analisi:500 giorni insieme, lungometraggio d’esordio di
Marc Webb, veterano dei videoclip musicali, ci
racconta con originalità e garbo una bella storia di quasi amore
(scritta da Scott Neustadter e Michael H.
Weber). La vicenda di Tom e Sole viene percorsa con
un’esposizione non cronologica dei fatti; il racconto balza spesso
e volentieri avanti e indietro lungo la linea temporale (i 500
giorni del titolo), fornendo sempre pronte indicazioni – un magico
numerino che inaugura ogni saliscendi – allo spettatore, altrimenti
condannato a perdere la bussola. Una scelta interessante, vivace,
capace di suggerire orizzonti piacevolmente ingannevoli nel grande
gioco del racconto.
500 giorni
insieme
Bello il personaggio femminile,
così concentrato a non darsi del tutto all’amore e a Tom. A
concedere il corpo, il tempo e i sorrisi, ma non l’anima, né quella
complicità essenziale per invecchiare insieme. E Sole è così non
per scelte razionali: non è una donna “moderna” gelosa della sua
indipendenza. Al contrario, è terribilmente inafferrabile, anche
quando giace con Tom, apparentemente sua. Ricorda un po’
l’indimenticabile Catherine di Jules e
Jim, e tiene lo spettatore (maschile, soprattutto)
incollato allo schermo, pronto a divedere con Tom un po’ di
nottatacce e brutti pensieri.
Simpatica ed efficace la scelta
dell’IKEA come termometro amoroso della coppia: Tom e Sole vengono
mostrati nel noto santuario svedese sia ai lieti albori della loro
relazione, sia in un momento di stanchezza sentimentale. Nel primo
caso saltano spensierati tra cucine e salotti, immaginando il
futuro; nel secondo sono divisi, da un canyon di noia e timore.
Difficile non avere avuto dimestichezza (se non per esperienza
personale, almeno per buono spirito osservativo) con situazioni del
genere.
Infine, una nota di merito, tutta
per Marc Webb . Il regista evita infatti il
ricorso massiccio ai lineamenti del video musicale, suo territorio
di provenienza, aggirando quindi la tentazione di sottolineare la
propria origine artistica; al contrario, dosa il suo bagaglio con
gusto e accortezza, e lo fa esplodere per dipingere di gioia
coreografica l’animo dell’innamorato Tom che ha appena conquistato
Sole o, ancora, se ne avvale per raccontare una festa a casa di
Sole dividendo lo schermo in due: una metà dedicata a quanto
“realmente” accaduto, l’altra a come Tom avrebbe desiderato
andassero le cose.
Bel film, 500 giorni
insieme, ma non per tutti: chi ha qualche grana
sentimentale in corso potrebbe uscirne fortemente provato. Per gli
altri, sarà un piacere guardare e farsi coinvolgere.
Via Col Vento è un film
del 1939 diretto dal grande Victor Fleming
che vede protagonisti Vivien Leigh,
Clark Gable,
Olivia de Havilland, Leslie Howard, Hattie
McDaniel.
La trama del
film Via col vento
Sud degli Stati Uniti alla vigilia
dello scoppio della Guerra di Secessione. Due ricche e felici
famiglie della Georgia: gli O’Hara e i Wilkes. La figlia maggiore
degli O’Hara ama Ashley Wilkes, che però vuole sposare Melania
Hamilton. Durante il ricevimento per l’annuncio delle nozze, nella
tenuta dei Wilkes, Rossella parla con Ashley e gli dichiara il suo
amore, ma questi non intende cambiare idea sul suo matrimonio.
Intanto si prepara la guerra, in
cui si fronteggeranno due opposte visioni: i nordisti, che vogliono
un’America industriale libera dalla schiavitù, e i sudisti, come le
due famiglie protagoniste, che sulla schiavitù basano la loro
fortuna, facendo coltivare proprio agli schiavi neri i loro campi
di cotone. Ashley sposa Melania e Rossella per ripicca accetta di
sposare il fratello di lei Carlo. Entrambi gli uomini partono per
la guerra, mentre un altro personaggio conosciuto da Rossella a
casa dei Wilkes accumula fortune durante il conflitto: lo scaltro
Rhett Butler.
Durante la guerra Carlo muore e
Rossella, rimasta vedova, raggiunge Melania e la zia ad Atlanta.
Melania aspetta un bambino da Ashley e partorisce proprio quando la
guerra volge a sfavore dei sudisti e i nordisti assediano la città.
Appena dopo il parto, perciò, le due donne, con l’aiuto di Rhett
Butler, fuggono da Atlanta per tornare nella tenuta degli O’Hara,
Tara. Rhett, prima di lasciarle e arruolarsi, dichiara il suo amore
a Rossella, la quale però lo respinge, perché ama ancora Ashley. A
Tara, tutto è cambiato: la famiglia di Rossella distrutta, la
miseria, la terra incolta. Solo la schiava governante Mamy accoglie
la padrona come un tempo. Rossella si fa coraggio e prendere le
redini della proprietà, che con duro lavoro e fatica, assieme alle
sorelle, riesce a rimettere in piedi, ma senza i fasti di un
tempo.
A guerra finita, Ashley torna e
resta a Tara con moglie e figlio, collaborando alla gestione della
tenuta. Bisognosa di denaro per pagare le nuove tasse, Rossella non
trova di meglio che “rubare” il fidanzato alla sorella Susele e
sposarlo non solo per i soldi, ma anche per convincerlo ad aprire
una segheria, che poi gestirà lei stessa e che farà la sua fortuna.
La donna infatti è ossessionata dal desiderio di ricchezza e non si
fa scrupolo di fare affari anche coi nordisti. Alla morte del
secondo marito, Rossella si ritrova sola e accetta così finalmente
la proposta di matrimonio di Rhett. I due hanno una figlia,
Diletta. Ma Rossella non sembra essere una buona madre, inoltre
Rhett, il cui amore è sincero, si accorge che lei non ha ancora
dimenticato Ashley ed è sempre più infastidito dalla volubilità
della donna. Quando Diletta muore in un incidente, i rapporti tra i
due s’incrinano definitivamente. Solo dopo la morte di Melania,
quando Ashley ammette di aver sempre amato solo sua moglie,
Rossella si accorge di aver inseguito un’illusione e scopre che il
suo unico sentimento reale è quello nei confronti di Rhett.
Nonostante lui l’abbia lasciata, lei non si perde d’animo e si
ripromette di tornare a casa, a Tara, e di riconquistarlo.
Via col vento, il film dei
record
Via col vento è senza dubbio il
film dei record: è una delle più grandi produzioni della
sua epoca, ad opera di David O. Selznick – che
volle portare sullo schermo il romanzo omonimo di Margaret
Mitchell – nonché il film che ha incassato di più in
assoluto (è stato scalzato dalla vetta solo nel 2010 da Avatar)
e la prima pellicola che spopolò in tutto il mondo.
Da record anche la durata di Via
col vento: quasi quattro ore. O. Selznick chiamò a
dirigerlo Victor Fleming, ma alla regia lavorarono
anche George Cukor e Sam Wood. Il
cast vanta una star come Clark Gable tra i
protagonisti e Vivien Leigh, già attrice di
teatro, che proprio con la sua complessa e intensa interpretazione
di Rossella vinse il suo
primo Oscar e raggiunse la fama internazionale. A renderlo di
indubbio fascino sono poi i temi: da un lato la storia coinvolgente
dell’eroina romantica, coraggiosa, bella e capricciosa che è
Rossella.
Una ragazza e una donna che vive
del suo amore ideale per un uomo, ma che al tempo stesso non si
tira indietro di fronte alle difficoltà concrete della vita, che
affronta con coraggio la guerra, la fatica, il duro lavoro, che con
la sua indipendenza e spregiudicatezza, inusuali per l’epoca,
dirige proficuamente un’azienda. Un’eroina anche cinica, egoista e
ipocrita, che paga alla fine questa sua indole con la solitudine e
l’abbandono. Personaggio sfaccettato di non facile catalogazione,
cui Vivien Leigh sa dare corpo in maniera egregia,
come farà spesso nella sua carriera trovandosi alle prese con ruoli
complessi. Senza dimenticare, poi, il grande affresco storico
creato dal regista e fortemente voluto dal produttore, il cui
intento era quello di non relegare quest’elemento a mero
sfondo.
E dunque l’America lacerata dalla
guerra di secessione, un paese ridotto alla fame e a un cumulo di
macerie da una guerra civile. A questo proposito, è vero
che Via col vento evoca spesso nostalgicamente il
vecchio sud prebellico (e dunque anche schiavista) e i suoi valori,
primo tra tutti il forte legame con la propria terra, più volte
ribadito. Tuttavia, per contro assistiamo all’emergere sulla scena
proprio degli schiavi che cessano di essere tali, e assumono un
ruolo tutt’altro che secondario nella narrazione. Emblematico in
proposito il personaggio di Mamy, che ha le fattezze, la vitalità e
l’efficacia di Hattie McDaniel e che è stata tra i
premiati con l’Oscar per la sua interpretazione.
Altro punto di forza di Via
col vento è poi il bilanciamento tra le componenti: quella
sentimentale e melodrammatica è certamente assai rilevante – legata
al tema dell’amore, della guerra e delle sue conseguenze – ma
accanto ad essa troviamo quella realistica e pragmatica e anche
quella ironica e sarcastica, affidata principalmente alle pungenti
battute di Rhett (Clark Gable), che svelano
l’ipocrisia di Rossella, e guardano con disincanto al mondo. Tra
queste, l’ultima da lui pronunciata è celeberrima: quel
“Francamente, me ne infischio.” con cui lascia, forse per
sempre, una Rossella disperata. Ma come suo costume, la
protagonista non si perde d’animo, ribadendo la perseveranza e
l’incrollabile determinazione che l’hanno sempre contraddistinta
nell’altrettanto celeberrimo: “E troverò un modo per
riconquistarlo. Dopotutto, domani è un altro giorno!”.
La pellicola resta perciò una delle
più famose di tutti i tempi, nonché delle più premiate. Ha infatti
al suo attivo ben nove statuette, tra cui: miglior film, regia,
attrice protagonista Vivien Leigh, attrice non
protagonista appunto la McDaniel, sceneggiatura, montaggio. In
Italia, Via col vento arrivò solo nel 1948.
Mea maxima culpa: il
silenzio nella casa di Dio è un film-documentario
diretto dal regista americano Alex Gibney (premio
Oscar nel 2007 con il suo Taxi to the dark
side ) che uscirà nelle sale cinematografiche italiane
il prossimo 20 marzo.
In Mea maxima
culpa tutto ha inizio quando quattro ex allievi della St,
John’s for the Deaf di Milwakee (un istituto cattolico per bambini
sordo-muti) decidono di unire le loro forze e le loro terribili
testimonianze per denunciare il direttore dell’istituto, padre
Lawrence Murphy, che per anni aveva abusato impunemente di loro.
Inizia una lunga battaglia legale che dovrà scontrarsi con la
tenace opposizione delle istituzioni, sia civili che religiose.
Partendo da questa terribile vicenda si dipana una documentatissima
e fedelissima cronostoria dei casi più celebri di pedofilia che
hanno coinvolto la Chiesa di Roma negli ultimi trent’anni. I
silenzi, le omissioni, gli insabbiamenti che hanno coinvolto le
gerarchie più alte del Vaticano; crimini mai puniti, una giustizia
mai arrivata ma che oggi le centinaia di vittime, non solo
americane, reclamano senza più vergognarsi.
Mea maxima culpa, il
film
Mea maxima culpa è
un film sconvolgente e incredibile, per la sua spietata e
dettagliatissima ricostruzione storica, per la ricchezza
impressionante di materiale archivistico e documentaristico edito
ed inedito, per la forza emotiva e l’intensità drammatica delle
testimonianze dirette. Un lavoro enorme svolto con solerzia e
precisione che dipinge un quadro agghiacciante sul come le
istituzioni vaticane abbiano taciuto e non agito di fronte alle
centinaia di accuse susseguitesi nel tempo nei confronti di
sacerdoti pedofili.
Inchieste e indagini che nel tempo
hanno appurato come le più alte cariche del Vaticano siano
perfettamente al corrente di ogni singolo caso, a partire da quel
padre Murphy, al centro della prima parte del film, che pur
ritenuto colpevole di oltre duecento casi di violenza ha potuto
continuare ad “officiare” per oltre venti anni dopo le prime
accuse.
Una spietata requisitoria che non
risparmia nessuno a partire dagli ultimi due pontefici: papa
Giovanni Paolo II, amico affezionatissimo di quel Marcial Maciel
Degolado cui si appureranno innumerevoli e terrificanti reati, sino
a papa Benedetto XVI che, sedendo a capo della Congregazione per la
dottrina cattolica per oltre venticinque anni, ha studiato caso per
caso ogni singola denuncia di ogni singolo prete finito sotto
accusa.
Ed è proprio la figura dell’allora
cardinale Joseph Ratzinger che suscita le più interessanti oltre
che inquietanti riflessioni; grazie a varie testimonianze possiamo
trarre un ritratto controverso quanto esemplificativo sia del
cardinale che della Chiesa stessa. Ratzinger da uomo di teologia,
da fine pensatore oltre che da uomo di fede, dimostrò più volte il
desiderio di voler fare qualcosa di concreto in favore delle
vittime, di voler agire in modo drastico per estirpare questa
piaga, ma alla fine è anch’egli rimasto vittima di un millenario
impianto inossidabile basato su leggi assurde, inattaccabili ed
unicamente finalizzate alla difesa e alla sopravvivenza della
Chiesa stessa.
Mea maxima culpa è
un film forte, spietato e sconvolgente che mai come in questi
giorni assume un’importanza particolare; oggi sul soglio di Pietro
siede un nuovo pontefice, Francesco, che ha preso il posto di un
vecchio e stanco ex cardinale tedesco che forse non ha più retto il
peso dei misteri, dei segreti e delle colpe che era chiamato a
difendere. Oggi sul soglio pontificio siede un papa che ha subito
conquistato tutti per semplicità e umiltà dando la speranza di
poter e voler aprire una breccia tra le secolari chiusure e
contraddizioni di una Chiesa da riformare.