È selvaggio e pieno di varianti il
nuovo spot di Deadpool
& Wolverine che vede trai protagonisti anche
Lady Deadpool, vero e proprio punto
interrogativo del film. Sarà Taylor Swift o Blake Lively a
indossare la maschera della variante femmina del Mercenario
Chiacchierone?
Il nuovo spot del film mostra un
pezzetto in più del personaggio, oltre a molte altre varianti che
vedremo in azione nel film, con un particolare focus su Dogpool, la
cagnolina che abbiamo visto in molti contenuti promozionali e anche
nel corso della promozione del film!
La MPAA ha recentemente assegnato al
film una classificazione ufficiale R per: “Violenza forte e
sanguinosa, linguaggio spinto, gore e riferimenti sessuali”.
“I Marvel Studios presentano il loro
errore più significativo fino ad oggi – Deadpool & Wolverine“,
si legge nella nuova sinossi. “Uno svogliato Wade Wilson si
affanna nella vita civile. I suoi giorni come mercenario moralmente
flessibile, Deadpool, sono alle spalle. Quando il suo mondo natale
si trova di fronte a una minaccia esistenziale, Wade deve indossare
di nuovo i panni di un riluttante ancora più riluttante…
riluttante? Più riluttante? Deve convincere un riluttante Wolverine
a… Cazzo! Le sinossi sono così f*ttutamente stupide“.
Oltre a Ryan Reynolds e
Hugh Jackman nei ruoli principali, Deadpool
& Wolverine vedranno il ritorno di Morena Baccarin (Vanessa), Leslie Uggams
(Blind Al), Rob Delaney (Peter), Brianna
Hildebrand (Negasonic Teenage Warhead) e Shioli
Kutsuna (Yukio) nei rispettivi personaggi, A loro si
aggiungeranno le new entry del franchise Emma
Corrin (The Crown) e Matthew Macfadyen (Succession), che
interpreteranno un agente televisivo e la controparte malvagia di
Charles Xavier, Cassandra Nova.
Lady Bloodfight è il film d’azione del 2016
diretto da Chris Nahon, regista francese noto per
il suo lavoro su Kiss of the Dragon.
Ambientato principalmente a Hong Kong, il film si colloca nel solco
dei classici tornei di arti marziali del cinema anni ’80 e ’90,
aggiornando però la formula con una protagonista femminile e un
cast quasi interamente composto da donne combattenti. La pellicola
è caratterizzata da uno stile visivo dinamico, un montaggio serrato
e coreografie marziali spettacolari che pongono al centro la
fisicità e la potenza delle sue interpreti. In particolare, si
distingue la performance di Amy Johnston nel ruolo
di Jane, una giovane americana coinvolta in un torneo clandestino
di combattimenti all’ultimo sangue noto come il Kumite.
Il
film è dunque, a tutti gli effetti, un omaggio ai grandi classici
delle arti marziali come Bloodsport e Mortal Kombat, ma riletto in chiave
contemporanea e femminile. Il regista imposta la narrazione su
binari semplici ma efficaci: l’allenamento, l’ascesa della
protagonista, il confronto con un sistema brutale e corrotto. A
fare la differenza è però proprio la centralità delle donne in un
genere solitamente dominato da eroi maschili. Lady
Bloodfight sfrutta questo ribaltamento per offrire una
riflessione sui temi del potere, del riscatto personale e della
determinazione.
Il
viaggio di Jane, da giovane disorientata a lottatrice consapevole,
si carica così di un valore simbolico che va oltre il semplice
intrattenimento. Tra scontri violenti, legami di sorellanza e
vendette incrociate, il film mette in scena un microcosmo in cui la
forza fisica è l’unica legge. Tuttavia, sotto la superficie del
combattimento, emergono tematiche legate all’identità, alla
resilienza e all’affermazione del sé. Nei prossimi paragrafi
esploreremo in dettaglio il finale del film, soffermandoci sul
significato della scelta narrativa conclusiva e su come essa chiuda
coerentemente il percorso evolutivo della protagonista.
Amy Johnston e Muriel Hofmann in Lady Bloodfight
La trama di Lady
Bloodfight
Protagonista del film è Jane
Jones, una giovane donna dal passato tormentato con un
talento innato per il combattimento e un forte senso di giustizia.
In viaggio per Hong Kong alla ricerca del padre scomparso, si
ritrova coinvolta in un mondo oscuro e brutale: un torneo
clandestino di arti marziali tutto al femminile noto come
Kumite. Segreto e leggendario, il Kumite vede
sfidarsi le più temibili lottatrici del mondo in combattimenti
all’ultimo sangue, dove sono in palio gloria, rispetto e denaro. Le
regole sono poche, la violenza è estrema, e solo le più forti
sopravvivono. Per sopravvivere in questo contesto, Jane viene
allenata da Shu, ex campionessa e maestra di arti
marziali, che vede in lei un potenziale straordinario.
Ma dall’altra parte del ring c’è
proprio la rivale di Shu, Wai, che allena una
combattente altrettanto talentuosa e determinata, l’agguerrita
Ling. Mentre il Kumite si avvicina tra
combattimenti, rivalità e allenamenti estremi, Jane e Ling si
trovano al centro di un conflitto più grande. Oscure trame legate
alla criminalità organizzata e a un giro internazionale di
scommesse illegali minacciano di travolgerle entrambe, e le due
ragazze, destinate a scontrarsi, scopriranno di dover unire le
forze per sopravvivere e cambiare le regole di un gioco
mortale.
La spiegazione del finale del
film
Nel
finale di Lady Bloodfight, Jane si ritrova dunque
nell’incontro decisivo del Kumite contro Ling, la campionessa
imbattuta e allieva della sua ex-maestra Shu. Lo scontro è carico
di tensione, non solo per la posta in gioco – la sopravvivenza e
l’onore – ma anche per i legami personali e i conflitti irrisolti
tra le due combattenti e le rispettive mentori. Il combattimento è
intenso, coreografato con uno stile visivo che esalta la fisicità
delle due protagoniste. Entrambe si spingono al limite, mostrando
non solo abilità tecniche ma anche una profonda determinazione
interiore. In un momento cruciale, Jane ha l’opportunità di
uccidere Ling ma sceglie di risparmiarla, rompendo così il ciclo di
violenza cieca su cui si fonda il torneo.
Amy Johnston in Lady Bloodfight
Questa scelta si rivela fondamentale. In un ambiente dominato dalla
brutalità e dalla legge del più forte, Jane dimostra che la vera
forza risiede nella compassione e nel controllo. Il gesto di pietà
verso Ling rappresenta una presa di distanza dalla logica del
Kumite, che trasforma le donne in macchine da guerra per il
divertimento di un’élite corrotta. Jane, pur avendo vinto secondo
le regole del torneo, ridefinisce il significato della vittoria
stessa, opponendosi alla logica distruttiva del sistema. In questo
senso, il finale assume una connotazione etica che eleva il film
oltre il puro action.
Subito dopo la vittoria, il torneo viene interrotto e disgregato
grazie anche all’intervento delle autorità, segno che l’equilibrio
di potere sta cambiando. Jane riesce a liberarsi non solo
fisicamente, ma anche simbolicamente: ha conquistato il rispetto
delle altre combattenti, ha mantenuto la propria integrità e ha
aperto una breccia in un mondo che sembrava impenetrabile. Il
rapporto con Shu, inoltre, si conclude con una nota di
riconciliazione: la maestra comprende il valore della scelta della
sua allieva e la rispetta, pur rimanendo legata alla sua filosofia
più dura.
Il finale di Lady
Bloodfight chiude così un arco narrativo coerente con i
temi del film: l’emancipazione femminile, il superamento dei limiti
imposti dalla società e il rifiuto della violenza come unico
linguaggio possibile. Jane emerge non solo come vincitrice del
Kumite, ma anche come simbolo di una nuova via, in cui la forza è
al servizio della dignità e non della distruzione. Per raggiungere
questo status ha ovviamente dovuto attraversare prove durissime e
grandi dolori, tra cui la scomparsa del padre, ma è riuscita a non
farsi sottomettere da tutto ciò e anzi a reagire con il cuore alle
leggi della violenza.
Il 2017 è stato un anno
particolarmente ricco per il cinema, che ha visto alternarsi sul
grande schermo titoli come La forma dell’acqua, Il filo nascosto, The Post, Tre manifesti a Ebbing,
Missouri, I, Tonya e Chiamami col tuo nome.
Ad aver rappresentato una grande sorpresa è però stato
LadyBird (qui la recensione), opera prima
dell’attrice Greta Gerwig. Celebre
per essere stata protagonista di film come Frances Ha e Mistress America, la
neo regista ha qui debuttato con un lungometraggio, da lei anche
scritto, incentrato sulla vita di una giovane ragazza in procinto
di intraprendere nuovi percorsi di vita. Una storia semplice e
sincera, proprio come le emozioni in essa contenute.
Partendo da esperienze personali, la
Gerwig dà così vita ad un ritratto generazionale che attraversa le
insicurezze sentimentali, quelle legate al futuro, e quelle
relative al rapporto con i genitori. Proprio quest’ultimo tema
risulta essere il cuore del film, originariamente intitolato
Mothers and Daughters Nelle sue intenzioni, questo doveva
configurarsi come una controparte femminile di titoli come I
400 colpi e Boyhood. Girato in
particolare nella città di Sacramento, dove la Gerwig è nata,
Lady Bird si è così configurato come un nostalgico tributo
ad un periodo irripetibile della vita, ricco di prime volte e
scoperte che rimangono impresse per sempre.
Candidato a ben 5 premi Oscar, tra
cui quello per il miglior film, Lady Bird è stato un vero
e proprio protagonista del suo anno, contribuendo a lanciare nel
panorama cinematografico statunitense una nuova promettente
regista. La Gerwig ha poi guadagnato ulteriori apprezzamenti grazie
alla sua opera seconda, Piccole donne. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Lady Bird: la trama del
film
Lady Bird racconta l’ultimo
anno di liceo di Christine “Lady Bird”
McPherson. Studentessa in una scuola cattolica nella
città di Sacramento, la giovane vive qui insieme ai genitori, al
fratello maggiore adottivo e alla ragazza di lui. Nel pieno del suo
tormento adolescenziale la ragazza non sembra andare troppo
d’accordo con la madre Marion, con cui ormai ha
intrapreso questo rapporto di odio violento e affetto improvviso,
gli stessi sentimenti che la legano alla città natale che vuole
lasciare e frequentare così l’università dei suoi sogni a New York.
Nella stagione del suo coming of age,
Christine conoscerà le prime cotte, le delusioni, i desideri
infranti, le difficoltà della vita adulta e la nostalgia verso ciò
che ha sempre guardato con distacco.
Lady Bird: il cast del
film
La memorabile protagonista di questo
film ha il volto della candidata all’Oscar Saoirse Ronan.
L’attrice ha incontrato la Gerwig durante il Toronto Film Festival,
ed ha iniziato a leggere con lei la sceneggiatura. Giunta alla
seconda pagina, la regista aveva già capito di aver trovato la sua
protagonista. Per dar vita a Lady Bird, la Ronan ha poi deciso di
andare contro la canonica rappresentazione degli adolescenti al
cinema. Ha infatti rifiutato di farsi truccare lasciando visibili
le imperfezioni del viso, così da far apparire questo come quello
delle adolescenti nella vita reale. Si è inoltre tinta i capelli di
rosso, ed ha dovuto imparare a sfoggiare un corretto accento
americano. Per la sua interpretazione, la Ronan è in seguito stata
candidata all’Oscar come miglior attrice.
Accanto a lei, nel ruolo della madre
Marion, si ritrova invece Laurie Metcalf. Celebre
per aver interpretato la mamma di Sheldon Cooper in The Big
Bang Theory, questa è stata scelta dalla Gerwig dopo che la
regista la vide recitare in teatro. Anche la Metcalf ha in seguito
ottenuto una candidatura all’Oscar come miglior attrice non
protagonista. A Lucas Hedges,
celebre per Manchester by the sea,
era stato offerto un ruolo maschile a sua scelta, e questi optò per
Danny O’Neill, il primo ragazzo di Lady Bird. Tracy
Letts è invece presente nei panni dell’amorevole padre di
Christine, Larry McPherson. Beanie Feldstein
interpreta Julie, la miglior amica della protagonista, mentre
Timothée
Chalamet è Kyle, il secondo ragazzo di Christine.
Lady Bird: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Lady Bird grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Chili Cinema, Google Play, Infinity, Apple iTunes, Tim Vision e
Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 2 agosto alle ore 21:10
sul canale La 5.
Christine (Lady
Bird) McPherson è una studentessa di una scuola
cattolica di Sacramento che “vuole essere dov’è la cultura”.
Confinata nella cittadina californiana, la ragazza conduce una vita
normale, in conflitto costante con una madre “affettuosa e
inquietante”, circondata da un posto che non sente suo. Si tratta
della rappresentazione canonica del protagonista del teen movie
indie americano.
Eppure, dietro all’esordio alla
regia di Greta
Gerwig, che a piccoli passi si è fatto spazio trai
grandi titoli della stagione, tanto da concorrere da protagonista
durante la Notte degli Oscar 2018, si nasconde un’originalità
inaspettata, insolita per un tipo di prodotto così facilmente
catalogabile nel genere.
Lady Bird si pone
in continuità perfetta con il precedente lavoro di
co-sceneggiatrice della Gerwig (Frances Ha e
Mistress American) e si incastra nella terra di
mezzo tra una autobiografia appena accennata e un racconto di
formazione. Tuttavia, la sceneggiatrice e ora regista sceglie di
uscire dai canoni del teen movie, creando una protagonista
autodeterminata e autentica. All’inizio del film è lei stessa che
tiene a spiegare che Lady Bird è un nome che lei
stessa ha scelto per sé. La nostra eroina sa esattamente cosa vuole
e ostenta una diversità forzata, strumento per staccarsi dal
contesto in cui vive, un contesto “viziato” principalmente dalla
presenza della madre.
Lady Bird, a
metà tra autobiografia e racconto di formazione
Il film riesce nel piccolo miracolo
di raccontare senza sciocchi preamboli o siparietti melensi un
autentico rapporto madre/figlia in cui chiunque sia sopravvissuto
all’adolescenza si può rispecchiare. La furia, l’amore viscerale
mai esternato, la contrarietà: ogni elemento del rapporto di
Christine con sua madre è spiazzante e allo stesso tempo delicato.
Una dinamica attraverso la quale la Gerwig
sembra voler rassicurare ogni spettatrice e spettatore che “ci
siamo passati tutti”. Questo rapporto diventa cuore del
racconto: Lady Bird ama e odia la sua città, così
come ama e odia sua madre, scapperà presto da entrambe, per cercare
di raggiungere la sua indipendenza più che di realizzare un sogno,
soltanto per se stessa. Eppure, appena messo piede nella New York
delle opportunità, della cultura, si ricongiunge con quella vita da
cui voleva scappare, perché questo tipo di amore è così grande e
feroce che si può dire solo da una distanza di sicurezza.
Greta
Gerwig sembra aver superato brillantemente la sua
adolescenza creativa, scrive e dirige un film che nell’onestà e
nella semplicità trova le sue armi vincenti e si avvale di una
Saoirse Ronan che conferma il suo talento
giovane ma maturo, sostenuta da Laurie Metcalf, la
madre, e da un bel gruppo di comprimari. Si conferma, trai giovani
interpreti, Lucas Hedges che dopo Manchester By The Sea offre un’altra autentica
e commovente interpretazione.
Lady Bird è onesto
e semplice, un esempio di scrittura pulita e di personaggi vividi,
sembra quasi una lettera d’amore di Greta
Gerwig alla se stessa cresciuta a Sacramento, che
ha trovato la strada e ora è pronta per raccontare da sola le sue
storie.
Ecco il trailer italiano di
Lady
Bird, il film che segna l’esordio alla regia di
Greta Gerwig, autrice anche della sceneggiatura.
Il film è reduce da un grande successo ai Golden Globes
2018, dove ha portato a casa il premio per la Migliore
Attrice Protagonista in una comedy o musical, a Saoirse
Ronan, e il premio al Miglior Film comedy o musical.
Ecco il trailer:
La trama di Lady Bird
In Lady
Bird, Greta Gerwig si rivela una
nuova, audace voce cinematografica con il suo debutto alla regia,
facendo emergere sia l’umorismo che il pathos nel legame turbolento
tra una madre e la figlia adolescente.
Christine “Lady Bird” McPherson
(Saoirse Ronan) combatte, ma è esattamente come
sua madre: selvaggia, profondamente supponente e determinata
(Laurie Metcalf), un’infermiera che lavora
instancabilmente per mantenere a galla la sua famiglia dopo che il
padre di Lady Bird (Tracy Letts) perde il lavoro.
Ambientato a Sacramento, California nel 2002, in un panorama
economico americano che cambia rapidamente, Lady Bird è uno sguardo
commovente sulle relazioni che ci formano, le credenze che ci
definiscono e l’ineguagliabile bellezza di un luogo chiamato
casa.
Ecco il trailer di Lady
Bird, il film che segna il debutto alla regia di
Greta Gerwig, con protagonista Saoirse
Ronan. Completano il cast Laurie Metcalf,
Tracy Letts, Lucas Hedges, Timothée Chalamet, Beanie
Feldstein, Lois Smith, Stephen McKinley Henderson, Odeya
Rush, Jordan Rodrigues e Marielle
Scott.
Ecco il trailer diffuso dal canale
Youtube della A24:
Il film sarà distribuito dalla
Focus Features negli Stati Uniti e vede
la Ronan interpretare una ragazza che combatte contro la figura
materna, pur essendo la sua esatta copia.
La storia è ambientata nella
California del 2002 ed è prodotta da Scott Rudin, Eli
Bush e Evelyn O’Neill.
Lady
Bird, la commedia coming-of-age nominata agli Oscar
arriva in DVD e Blu-raya partire dal 20
giugno e in Digital HD dal 14 giugno con Universal Pictures Home
Entertainment Italia. Da uno script semi-autobiografico,
Greta Gerwig (Frances Ha, 20th
Century Women) debutta alla regia. Lady
Bird è il racconto di una ragazza presuntuosa e
che ama l’avventura nel suo percorso verso l’età adulta alla
scoperta di sé stessa. Il cast è composto dalla star del
cinema candidata all’Oscar Saoirse Ronan (migliore
attrice, Brooklyn, 2015; miglior attrice non protagonista,
Espiazione, 2007), la vincitrice del Primetime Emmy
Laurie Metcalf (miglior attrice non protagonista
in una serie comica, “Pappa e ciccia” 1992, 1993, 1994), il
candidato all’Oscar Lucas Hedges (Miglior attore
non protagonista, Manchester by the Sea, 2016), candidato all’Oscar
Timothy Chalamet (miglior attore, Chiamami col
tuo nome, 2017), Odeya Rush (The Giver)
Beanie Feldstein (Neighbors 2: Sorority aumento), e vincitore del
Tony Award Tracy Letts (indignazione, The
Lovers).
In Lady
Bird, Greta Gerwig si rivela essere
un audace e nuova voce cinematografica con il suo debutto alla
regia, dipingendo l’umorismo e il pathos di un turbolento legame
tra madre e figlia. Christine “Lady Bird” McPherson (Ronan) si
scontra con una madre(Metcalf), che è esattamente come lei,
profondamente supponente e volitiva. La donna è un’infermiera che
lavora instancabilmente per mantenere la sua famiglia dopo che il
marito ha perso il lavoro. Ambientato Sacramento, in California,
nel 2002, in un contesto economico in rapido cambiamento, Lady
Bird è uno sguardo emozionante su come le
relazioni ci formano, le credenze che ci definiscono, e sulla
bellezza insuperabile di quel luogo chiamato casa.
Lady
Bird CONTENUTI SPECIALI NEL DVD E NEL
BLU-RAY:
Realizzando Lady Bird
Commento al film della sceneggiatrice/regista Greta
Gerwig e del regista Sam Levy
Dopo i personaggi dei classici
Disney che cambiano sesso e i
Nani dello Hobbit che
diventano deliziose e ammiccanti nanette, ecco che anche i
Vendicatori si imbattono nel cambio di genere. Di seguito le
Lady Avengers!
Ecco cosa ha realizzato
CircusMayer con Cap, Thor (e Loki), Iron Man, Hulk,
Occhio di Falco e Vedova Nera (che ovviamente diventa un uomo)!
A partire da un’idea perversa e
divertente, John Landis torna a lavorare in
Inghilterra portando sulla schermo la storia (vera) di
Burke & Hare (Ladri di Cadaveri!)
due criminali che uccidevano persone innocenti per vendere i loro
corpi alla ricerca medica. Arriva al cinema Ladri di
Cadaveri! A partire da queste due figure realmente
esistite, Landis trasforma i due disgustosi criminali in due eroi
romantici aiutato soprattutto dallo humor nero tipicamente inglese
della sceneggiatura, e da due grandissimi interpreti che danno
volto ai protagonisti:
Andy Serkis e Simon Pegg, perfettamente a loro agio in
questo genere di ruolo.
Ladri di Cadaveri, il film
La forza di Ladri di
Cadaveri si trova proprio in questa coppia affiatata che
trova il giusto equilibrio tra cinismo e autocoscienza, lasciando
spazio alle azioni più nobili e a quelle di contrario più efferate
e odiose, senza perdere di vista nemmeno per un omicidio lo spirito
grottesco con cui Landis racconta la storia. I personaggi di Burke
e Hare trovano la loro perfetta collocazione ad Edimburgo, sudicio,
umido ma affascinante sottofondo di questa storia. Come Londra ha
il suo Jack lo Squartatore, Edimburgo ha questi due loschi figuri
che, almeno nel film, riescono a catturare l’attenzione del
pubblico strappando più di una risata. La regia di Landis come al
solito mette e segno un colpo vincente e le risate, dalle più
grasse alle più sottili, non si lasciano attendere.
Presentato in anteprima al
Festival Internazionale del Film di Roma del 2010,
Ladri di Cadaveri (titolo originale Burke & Hare)
si fregia di un ottimo cast, accanto ai protagonisti già citati
troviamo infatti Tom Wilkinson, Tim Curry e
Isla Fisher, forse l’unica un po’ a disagio in questa
commedia travestita da thriller che tiene lo spettatore con il
fiato sospeso … dalle risate.
Ladri di
biciclette è un film del 1948 diretto
da Vittorio De Sica e scritto da
Cesare Zavattini con protagonisti nel cast
Lamberto Maggiorani, Enzo Staiola
Il film, girato con un’ampia
partecipazione di attori non professionisti, è basato sul romanzo
(1945) di Luigi Bartolini adattato al grande
schermo da Cesare Zavattini.
In una Roma messa in ginocchio
dalla seconda guerra mondiale, come d’altronde tutta l’Italia, un
padre di famiglia disoccupato riesce a trovare un lavoro ben
retribuito come attacchino di manifesti per il cinema. Sfortuna
vuole però che proprio il primo giorno gli rubino la bicicletta,
elemento indispensabile per svolgere quel lavoro. Si mette così
alla disperata ricerca del mezzo insieme al figlio, con la fortuna
che sembra ancor più cieca con la povera gente…
Ladri di biciclette, il film di
maggior successo del neorealismo italiano
Dopo Sciuscià
uscito due anni prima, ecco una nuova perla da regista per
Vittorio De Sica, il quale, ancora una volta
propone senza fronzoli le difficoltà dell’Italia uscita dalla
seconda guerra mondiale. Lo fa dando molto spazio alle sofferenze
dei bambini e dei ragazzini, vittime indifese delle crudeltà degli
adulti. Il suo è un realismo nudo e crudo, che riprenderà in modo
egualmente forte in Umberto D., uscito qualche
anno dopo.
Ladri di biciclette, storia senza
spazio né speranza
Se però in quest’ultimo
alleggerisce il finale con un po’ di tenerezza, in questo
lungometraggio non dà spazio a speranze o sdolcinerie. Il finale è
triste, disilluso, amaro. Alleggerirà i toni in Miracolo a Milano,
film fiabesco che intervalla i due sopracitati.
Del romanzo originale come delle
sceneggiature, oltre sei più quella dello stesso De Sica, nel film
non è rimasto nulla. Il racconto alla fine sistemato da
Cesare Zavattini mostra però la traccia di queste
numerose sceneggiature nella serie di quadri che accompagnano la
vicenda del protagonista.
Sono dei bozzetti che vogliono
“realisticamente” mostrare al pubblico la vita italiana
dell’immediato dopoguerra. «Un ritorno alla realtà», così avevano
detto i critici in occasione della proiezione di “Sciuscià”; una
realtà a cui voleva tornare lo stesso De Sica dopo le sue
esperienze di attore canterino nei film di Mario
Mattoli e Mario Camerini degli anni
trenta.
Il regista nonostante le grande
difficoltà a reperire fondi per la realizzazione del film, rifiutò
i sostanziosi aiuti dei produttori americani che però avrebbero
voluto al posto di Maggiorani addirittura Cary
Grant.
L’attrice che interpretò il
personaggio di Maria, la moglie del protagonista, fu
Lianella Carell, una giovane giornalista e
scrittrice romana, che dopo un incontro con De
Sica per un’intervista, fu sottoposta ad un provino, dopo
il quale la giornalista entrò, in questo modo inaspettato, nel
mondo del cinema. In seguito la Carell girerà altri film ma senza
la stessa fortuna professionale di quella prima pellicola.
Il pubblico del cinema
Metropolitan di Roma non accolse bene il film,
anzi rivoleva indietro i soldi del biglietto. Tutt’altra
accoglienza alla proiezione del film a Parigi con la presenza di
tremila personaggi della cultura internazionale. Entusiasta e
commosso, René Clair abbracciò al termine del film
De Sica dando il via a quel successo mondiale che
ebbe in seguito il film e con i cui proventi il regista riuscì
finalmente a pagare i debiti fatti con “Sciuscià“.
Oscar speciale
1949, vinse anche 6 Nastri d’argento e altri premi tra
cui Locarno, ma anche all’estero: New York, Londra,
Knokke-le-Zonte, Bruxelles.
A Simple Life, in Concorso al Lido, ha
messo d’accordo più o meno tutti. La regista Ann Hui porta sullo
schermo una storia di solitudine che veva tutte le potenzialità per
scadere nel patetico.
Nel corso della sua filmografia il
regista Daniele Luchetti si è distinto per una
serie di opere con cui ha esplorato i legami famigliari e
sentimentali e ciò che essi provocano di buono e di feroce
nell’animo umano. Titoli come Mio fratello è figlio unico, La
nostra vita o il suo ultimo Confidenza
ne sono un esempio. Anche il film realizzato prima di quest’ultimo,
Lacci
(qui
la recensione) – tratto dall’omonimo romanzo del 2014
di Domenico Starnone – esplora
tale argomento.
“Quando ho letto per la prima
volta Lacci ho trovato domande che mi riguardavano e personaggi nei
quali era difficile non identificarsi. Attraverso una storia
familiare che dura trent’anni, due generazioni, legami che
somigliano più al filo spinato che a lacci amorosi, si esce
con una domanda: hai permesso alla tua vita di farsi governare
dall’amore? Lacci è un film sulle forze segrete che ci legano. Non
è solo l’amore a unire le persone, ma anche ciò che resta quando
l’amore non c’è più.“
E ancora il regista dichiara:
“Si può stare insieme per rancore, nella vergogna, nel
disonore, nel folle tentativo di tener fede alla parola data. Lacci
racconta i danni che l’amore causa quando ci fa improvvisamente
cambiare strada e quelli – peggiori – di quando smette di
accompagnarci“. In questo articolo, approfondiamo dunque
alcune delle principali curiosità relative a Lacci.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori e alla spiegazione del
finale. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama di
Lacci
Il film segue la storia di
Aldo e Vanda. Siamo a Napoli,
dove i due si sposano giovanissimi, per amore e per desiderio
d’indipendenza. Dalla loro unione nascono due bambini,
Sandro e Anna. Con il passare del
tempo, però, Aldo si sente soffocare, crede che il matrimonio lo
abbia imprigionato limitando la sua libertà. Attratto così da una
giovane studentessa di nome Lidia, all’età di
trent’anni, Aldo decide di seguire ciò che lo appassiona davvero:
scappa a Roma e abbandona improvvisamente sua moglie e i suoi
figli, pur sapendo che quest’avventura non avrà futuro e che il suo
posto è a casa con la sua famiglia.
Il cast del film
Ad interpretare i coniugi Vanda e
Aldo vi sono gli attori
Alba Rohrwacher e Luigi Lo Cascio, mentre ad interpretare la
versione anziana di questi personaggi si ritrovano Laura Morante e Silvio Orlando. Recitano poi nel film
Giovannino Esposito nel ruolo di Sandro
bambino e Sveva Aiardo Esposito in quello di
Anna bambina. Gli stessi personaggi vengono poi interpretati da
Adriano Giannini e Giovanna Mezzogiorno nella versione adulta.
Nel ruolo di Lidia, invece, si ritrova l’attrice Linda Caridi, vista anche in Ricordi?
e L’ultima notte di Amore.
La spiegazione del finale
Verso il finale del film, di fronte
alla difficoltà di dividersi tra due vite, quella a Roma con Lidia
e quella a Napoli con i figli, e soprattutto di fronte alle
manifestazioni di malessere da parte di Anna, che soffre per la
separazione dal padre, Aldo decide di lasciare Lidia e di tornare
da Vanda, con cui resterà fino alla vecchiaia, conservando tuttavia
il ricordo della sua amante e continuando a tradire la moglie con
altre donne. I “lacci” che avrebbero dovuto tenere insieme la
famiglia sono dunque le “armi” di cui marito e moglie si sono
serviti per farsi del male a vicenda, procurando sofferenza anche
ai propri figli.
Nell’ultima scena di Lacci,
questi ultimi, ormai adulti, si recano a casa dei genitori, partiti
per una breve vacanza, per dar da mangiare al gatto Labès. Qui
hanno modo di confrontarsi sulle proprie vite e sul dolore che le
scelte ipocrite dei genitori hanno loro procurato. Nel giungere a
nuove consapevolezze a riguardo, Sandro e Anna istintivamente
sfasciano la casa di Aldo e Vanda, come forma di sfogo e di
vendetta. Sono però consapevoli che nessuno sfogo potrà mai
realmente pagarli della spensieratezza di cui sono stati
derubati.
Il trailer di
Lacci e dove vedere il film in streaming e in
TV
È possibile fruire di Lacci
grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei
cataloghi di Now, Apple TV e
Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 2
agosto alle ore 21:20 sul canale
Rai 4.
Apre
Venezia 77 in Concorso il nuovo film di
Daniele Luchetti, Lacci, basato sul romanzo di Domenico
Starnone, che ha collaborato all’adattamento insieme a
Francesco Piccolo e allo stesso regista. Il lavoro
di adattamento non cambia la sostanza del racconto, ma ne sciupa il
mistero, l’indefinitezza, che del romanzo rappresentavano forse la
parte migliore.
La storia racconta di Aldo e Vanda,
una coppia con due bambini piccoli apparentemente ordinaria e
felice. Solo che Aldo ha tradito Vanda e glielo confessa in un
impeto di sincerità che gli costerà la tranquillità domestica.
Viene cacciato di casa e incomincia una storia con la giovane
Lidia, lontana dalla moglie e dai figli. Proprio il desiderio di
rivederli, insieme ad una ferma presa di posizione della nuova
fiamma, spingeranno Aldo a tornare da Vanda e dai suoi figli.
Tuttavia alcune cose non si aggiustano e la vita non sempre regala
sorprese, ma qualche volta va avanti ad oltranza, perché nessuno ha
la forza o la volontà di arrabbiarsi e combattere.
I lacci che legano, i lacci che
soffocano
I lacci tengono le scarpe ai piedi,
legarli è un gesto che in genere ci insegnano i nostri genitori, un
gesto di cura e attenzione (con i lacci sciolti è facile cadere),
quasi un rito di passaggio. Spesso i lacci non sono solo quelli
delle scarpe, quelli fisici, ma sono figurati, sono legami che non
sempre fanno bene, non sempre sono tenuti insieme dall’amore,
qualche volta è l’inerzia, altre la paura. E sono proprio questi
lacci qui che interessano a (Starnone prima e poi a) Luchetti.
Il regista conduce un racconto
puntuale, avanti e indietro nel tempo, fornendoci un resoconto a
singhiozzi di una separazione e poi riconciliazione, tornando ogni
volta sui suoi passi e regalandoci di volta in volta un pezzetto di
racconto in più. Attraverso questo movimento su e giù nel tempo
impariamo a conoscere i protagonisti, Aldo e Vanda, due anime
profondamente infelici, bloccatesi reciprocamente in un matrimonio
in cui entrambi hanno smesso di parlasi ma in cui entrambi sentono
la necessità di credere ancora, nonostante il male che si faranno
fino alla fine dei loro giorni.
I “panni sporchi” si lavano con nei
primi piani
Set of “Lacci” by Daniele Luchetti. in the picture Luigi Lo Cascio,
Alba Rohrwacher, Giulia De Luca and Joshua Cerciello.
Photo by Gianni Fiorito
Daniele Luchetti
sceglie di raccontare queste emozioni complesse con primissimi
piani, concedendosi pochissimo spazio all’aperto ma preferendo gli
interni di case, stanze e appartamenti, in cui “si lavano i panni
sporchi” e in cui avviene poi la vera tragedia, quella quotidiana
della sopportazione a tutti i costi, del logorio e dell’infelicità.
Ad una buona parte di film che sceglie questo linguaggio
frammentato ma teso a comporre un quadro completo, Lucchetti
aggiunge una chiusura che cede alla necessità di spiegare e
giustificare le azioni. Sono i figli di Aldo e Vanda, ormai adulti,
a raccontarsi, quasi a declamarle da un palco, le ragioni e le
conseguenze delle scelte dei genitori, il tutto, di nuovo, in un
appartamento di famiglia che preferirebbero vendere piuttosto che
occupare.
Protagonisti di Lacci sono Alba Rohrwacher e
Laura Morante, che interpretano Vanda, e
Luigi Lo Cascio e
Silvio Orlando, che invece sono Aldo. Adriano
Giannini e
Giovanna Mezzogiorno interpretano i figli adulti
e disincantati, protagonista dell’ultimo atto del film. Tutti e
quattro gli attori che interpretano la coppia sono perfettamente
calati nei loro ruoli e se nella versione giovane dei protagonisti
Rohrwacher dimostra di avere una marcia in più, per la controparte
avanti con gli anni è Silvoio Orlando a brillare, con un monologo
urlato di sconforto, stanchezza e frustrazione che racconta meglio
di ogni altro momento del film il suo personaggio. Menzione d’onore
va a Linda Caridi, che interpreta la vivace e
bellissima Lidia, amante e poi compagna di Aldo, che conferma il
magnetismo, l’eleganza e la dolcezza visti in
Ricordi? dello scorso anno.
Lacci racconta una storia comune, come ce ne
sono tante, lo fa con sincerità e spietatezza, mantenendo sempre il
controllo sull’emozione, senza lasciarsi andare troppo ai toni
drammatici in cui sarebbe facile trascendere, ma cede nel finale
all’esigenza di prendere una posizione, di spiegare i personaggi e
le loro azioni.
A pochi giorni dalla morte di
David Bowie, nel gennaio del 2016, venne
annunciato dalla Sony il progetto di un sequel per
Labyrinth, il classico del cinema per ragazzi anni
’80, con protagonista proprio il Duca Bianco nei panni del Re dei
Goblin.
Dopo oltre un anno di silenzio,
arriva adesso la notizia, via Deadline, che la TriStar
ha assunto Fede Alvarez per dirigere quello che a
quanto pare sarà un sequel del film originale. La sceneggiatura è
stata scritta da Alvarez in persona con Jay
Basu.
I due, già impegnati con Sony in
Quello che non Uccide, sequel di Millennium,
cominceranno a lavorare a Labyrinth non appena si
concluderà il lavoro in corso.
In merito a Labyrinth, Alvarez ha
detto: “È uno dei film seminali della mia infanzia che mi ha
fatto innamorare del cinema. Non potrei essere più eccitato
all’idea di espandere l’universo di Jim Henson, e portare una nuova
generazione di spettatori indietro nel labirinto.”
Sembra che la storia che
racconteranno i due filmmaker non sarà direttamente collegata al
film originale e non ci sarà posto per Sarah e Jareth.
Sarà Scott
Derrickson a firmare il sequel di
Labyrinth, in collaborazione con TriStar Pictures.
Il film riporterà sul grande schermo il mondo del fantasy culto del
1986 con David Bowie. Il progetto vede il
coinvolgimento della famiglia Henson, che si annoverano trai
produttori del film, Lisa Henson e Brian Henson
di The Jim Henson Company.
A firmare la sceneggiatura è stata
chiamata Maggie Levin che ha già firmato
Into the Dark, mentre la regia di Derrickson ci
lascia intuire che forse il regista di Doctor
Strange ha
lasciato la sedia di regia di Doctor Strange in the Multiverse of Madness,
altro sequel con protagonista Benedict Cumberbatch
di casa Marvel, proprio per mettere le mani
su questo materiale che è molto allettante per un nerd.
Nel film del 1986, seguiamo le
avventure di Sarah, una giovanissima Jennifer Connelly, che deve salvare suo
fratello più piccolo che per sbaglio è stato offerto a Jareth, Re
dei Goblin, interpretato da David Bowie. Per
farlo, la ragazza dovrà affrontare molti ostacoli in un pericoloso
mondo fantastico.
Mettere mano a questa mitologia può
essere davvero molto pericoloso, se si considera il fandom del film
originale. Pericoloso perché nel mondo in cui i social e il fan
service guidano, in maniera neanche tanto celata, le scelte di
alcune produzioni, un prodotto del genere rischia di essere un
ibrido che perde di vista la qualità di scrittura per assecondare
un pubblico che, comunque, non sarà mai felice al 100%.
Labyrinth è il film fantasy del 1986
di Jim Henson con David
Bowie, Jennifer Connelly, Frank Oz, Warwick Davis, Shelley
Thomposn e Toby Froud.
Anno: 1986
Regia: Jim Henson
Cast: David Bowie (Jareth), Jennifer Connelly (Sarah), Frank Oz
(il saggio), Warwick Davis (Goblin), Shelley Thompson (matrigna),
Toby Froud (Toby)
Labyrinth trama
Sarah, adolescente sognatrice e un
po’ ribelle, vive in un mondo tutto suo fatto di fiabe e balocchi,
digerendo male il nuovo matrimonio del padre e la nascita del
fratellino minore.
Una sera, costretta dal padre e
dalla matrigna a badare al fratellino, si ribella al suo destino,
raccontando al piccolo che non vuole addormentarsi la storia di una
ragazza che chiese aiuto al Re degli Gnomi, Jareth, per non dover
badare ad un pargolo viziato e farlo rapire. Così accade anche
nella realtà e Jareth rapisce il piccolo Toby: Sarah, disperata, lo
sfida, decidendo di sfidare il labirinto della città di Goblin
entro dodici ore per poterlo riportare a casa.
Sulla sua strada incontrerà gnomi
ed elfi buoni e cattivi, come il prode sir Didymus e il timido
Bubo, per recuperare il fratellino e nello stesso tempo per
crescere senza dimenticare i suoi sogni.
Labyrinth il fantasy che divenne cult
Fiaba con più livelli di lettura,
Labyrinth presenta una delle prove più
amate e popolari di David Bowie come attore,
affascinante e inquietante nel ruolo di Jareth e consacra la quasi
esordiente Jennifer Connelly, già ragazzina che
dialogava con gli insetti per Dario Argento in
Phenomena, nella parte di Sarah, divisa
tra realtà e fantasia, infanzia e età adulta, prime pulsioni
sensuali e voglia di rimanere in mezzo ai sogni, come è
simboleggiato dall’onirica e disturbante sequenza del ballo a
palazzo.
Arricchito da una serie di creature
magiche non generate dal computer e basate sulle leggende popolari
anglosassoni e sull’opera dell’artista Brian Froud, che al Piccolo
Popolo ha dedicato varie opere, Labyrinth
è una fiaba di iniziazione all’età adulta, la storia della ricerca
e del salvataggio di qualcosa di prezioso, morale ma senza facili
moralismi, dove Sarah, la protagonista, rievoca Alice e Dorothy del
Mago di Oz in una chiave più moderna,
all’interno delle famiglie disgregate e allargate in cui gelosia e
disorientamento possono obiettivamente farla da padrone e in cui la
fantasia e il chiudersi in se stessi possono sembrare le uniche
strade, in un momento storico in cui tra l’altro il computer con
gli annessi e connessi non avevano ancora lo spazio di oggi.
L’accettazione del diverso, la
lotta contro il destino ineluttabile imposto da Jareth, una ricerca
di un nuovo sé che non rinneghi il precedente ma lo migliori sono
tutte tematiche del film, in cui Sarah diventa amica di gnomi ed
elfi anche brutti e deformi, si oppone alle ingiustizie in fondo
provocate da lei perché non ha saputo dosare le parole e ha
provocato qualcosa che non doveva succedere, cerca una nuova
identità di se stessa in cui però sono ancora importanti i sogni,
dei quali non bisogna essere schiavi (emblematica a questo
proposito la scena con la vecchietta degli stracci), ma che possono
aiutare a vivere meglio. In fondo Sarah riesce nel suo intento
grazie ad uno dei suoi libri preferiti e nel finale è chiaro che
lei ha e avrà sempre bisogno della sua fantasia, per riempire una
vita che potrebbe altrimenti diventare insopportabile.
Sotto sotto si potrebbe anche
vedere una velata critica al consumismo occidentale che ha riempito
le nostre case di oggetti spesso futili ma assurti al livello di
totem: certo che la cameretta di Sarah ha riempito non poco i sogni
delle sue coetanee dell’epoca, tra romanticismo e peluches, specchi
magici e libri, tra cui si vede una rara edizione inglese di
Biancaneve e i sette nani ispirata al capolavoro di
Walt Disney.
Molto amato dall’autrice di manga
dark Kaori Yuki, che l’ha citato nel suo Angel
Sanctuary, cult anni Ottanta poi sparito per anni dai
nostri schermi per poi tornare di recente grazie ad una buona
edizione in dvd, Labyrinth è un film da
vedere o rivedere, come fiaba iniziatica o anche semplicemente come
oggetto di nostalgia di un decennio che ormai sembra remoto, in cui
il cinema di genere fantastico forse era meno schiavo degli effetti
speciali di oggi e attingeva al folklore e alle fiabe tradizionali,
creando storie interessanti e intriganti, capaci di essere
universali ancora oggi.
Il Re dei Goblin è morto. Evviva il
Re dei Goblin.
Morto un Re se ne fa un altro, ma
riusciranno a farlo anche con il Duca Bianco?
Ebbene si, a pochi giorni dalla
morte di David Bowie, interprete di Jareth il Re
dei Goblin in Labyrinth, la Sony sta
producendo un nuovo film con l’atichetta Tri-Star Pictures sulla
storia fantasy che vedeva protagonista la giovane Jennifer
Connelly.
Non è stato ancora specificato se si
tratterà di un sequel o di un remake, ma a scrivere il film c’è
Nicole Perlman, co-sceneggiatrice di
Guardiani della Galassia.
Il film del 1986 è un piccolo
classico di genere, nonchè film culto per più generazioni. Che ne
pensate dell’idea di questo nuovo capitolo?
Protagonista della conferenza
stampa di American Pastoral a Roma
(qui il resoconto della
conferenza stampa) in compagnia di Ewan
McGregor, Jennifer Connelly ha condiviso il suo ricordo
di David Bowie, con cui
ha recitato in Labyrinth, di cui ricorre
il trentesimo anniversario quest’anno.
“Ero molto nervosa – ha
esordito la Connelly – non avevo mai fatto danza, né ma
studiato ballo e l’essere in quell’abito così ampio e ingombrante
mi faceva sentire molto goffa. Dovevamo anche fare dei passi
all’indietro, sulle scale, mi sentivo molto agitata e impacciata.
Essere con lui era terrificante, ma David è stato gentile e dolce
ed è diventato il mio eroe perché mi ha messa a mio agio con
piccole battute e mi ha trattata benissimo. Mi ha fatto passare la
paura.”
Tra gli impegni di Jennifer Connelly, oltre al tour promozionale
del film al fianco di McGregor che ha esordito alla regia, ci sono
le riprese di Granite
Mountain, film drammatico diretto da
Joseph Kosinski in cui la Connelly
recita al fianco di Miles Teller
(Whiplash, Fantastici Quattro) e
Taylor Kitsch (John Carter, True
Detective 2).
Il film racconta la storia vera del
gruppo d’elite di uomini che nel 2013 lottò contro l’incendio di
Prescott, in Arizona e in cui morirono 19 membri della squadra.
La Funko
POP! ha presentato la sua nuova collezione che metterà in
commercio a settembre. Si tratta di una linea a tiratura limitata
di figure dedicate al cult fantasy
Labyrinth, del 1986 diretto da Jim
Henson. Le figure che saranno messe in commercio saranno
quattro e raffigureranno Jareth (David Bowie),
Sarah (Jennifer Connely) e Worm, Hoggle e
Ludo.
Potete vederle di seguito:
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L’ultima volta che si è parlato di
Labyrinth, la Sony voleva realizzare un
nuovo film nello stesso universo, annunciato a pochi giorni dalla
morte di David Bowie.
Non è stato ancora specificato se si
tratterà di un sequel o di un remake, ma a scrivere il film c’è
Nicole Perlman, co-sceneggiatrice di
Guardiani della Galassia.
Il film del 1986 è un piccolo
classico di genere, nonchè film culto per più generazioni. Che ne
pensate dell’idea di questo nuovo capitolo?
Numerosi sono i progetti che
Fede Alvarez, regista di Evil Dead e
Man in the Dark, ha in cantiere al momento: tra questi
figurano il riavvio del franchise di Non aprite quella
porta (in cui sarà coinvolto in qualità di
produttore) e uno zombie movie per conto della Lionsgate e
intitolato 16 States.
Circa tre anni fa, però, era stato
annunciato che Alvarez avrebbe diretto il sequel di
Labyrinth, il fantasy del 1986 con
protagonisti il compianto David Bowie e il premio Oscar Jennifer Connelly.
All’epoca venne annunciato che il
sequel sarebbe stato direttamente collegato al classico di
Jim Henson, “una continuazione di quella
storia ambientata soltanto diversi anni dopo”. Adesso, in un
recente podcast di
Bloody Disgusting, Fede Alvarez ha confermato di aver
ufficialmente accantonato il progetto e che non sarà lui a dirigere
il nuovo film.
“È veramente difficile quando
devi decidere come impegnare il tuo tempo. Ed è altrettanto
difficile capire cosa il pubblico vuole vedere. Labyrinth è stato
un progetto che avrei dovuto realizzare, ma poi ho deciso di fare
un passo indietro”, ha spiegato Alvarez. “Quando le
persone hanno dei preconcetti e immaginano a priori come dovrebbe
essere qualcosa, è davvero difficile riuscire a sorprenderle.
Semplicemente, si aspettano di rivedere la stessa cosa. Da regista,
ho capito che non mi interessa dedicarmi a progetti del genere,
dove il pubblico si aspetta già determinate cose. E Labyrinth è uno
di quei film a cui le persone si approccerebbero in quel modo.
Così, ho deciso di non farlo.”
Circa tre anni fa, quando Fede Alvarez venne annunciato come regista del
sequel, lo stesso aveva dichiarato: “È uno dei film seminali
della mia infanzia che mi ha fatto innamorare del cinema. Non
potrei essere più eccitato all’idea di espandere l’universo di Jim
Henson, e portare una nuova generazione di spettatori indietro nel
labirinto.”
Al momento non sappiamo se la Sony
Pictures e la TriStar Pictures decideranno di portare avanti il
progetto su un sequel di Labyrinth.
Chiaramente vi terremo aggiornati.
Un regista
visionario, una rockstar tra le più amate di tutti i tempi, una
giovane attrice futuro premio Oscar. È un classico del genere
fantasy Labyrinth – Dove tutto è
possibile, film che compie 30 anni e che, per l’occasione,
torna in versione deluxe – con tante sorprese – per la gioia di
vecchi e nuovi fan. Labyrinth sarà disponibile in DVD, Blu-Ray,
Steelbook Blu-Ray, 4K Ultra HD e nell’esclusiva Maze
Edition Blu-Ray (in edizione limitata da 1.500 pezzi) dal 28
Settembre 2016 con Universal Pictures Home Entertainment
Italia.
Tutti i prodotti sono disponibili
in un nuovo packaging ed impreziositi da contenuti speciali
inediti, tra cui interviste con la protagonista Jennifer
Connelly (premio Oscar nel 2002 come Migliore
Attrice Non Protagonista per A Beautiful
Mind), con il filmmaker Brian Henson
(figlio del regista di Labyrinth, Jim Henson) ed interventi in
ricordo di David
Bowie. Per la versione in 4K UHD il film è stato
totalmente restaurato e rimasterizzato, nel suono e nelle
immagini.
Il design dell’esclusiva e
sorprendente Maze Edition, invece, riproduce il castello
multidimensionale di Jareth ed è ispirato ad una delle scene più
famose del film. Il prodotto, inoltre, include un digibook Blu-Ray
di 24 pagine con tutti i contenuti speciali di Labyrinth, alcuni
elementi nascosti all’interno della confezione ed un’immagine di
David Bowie.
Sarah (Jennifer Connelly) è
un’adolescente sognatrice, che ancora si circonda di orsacchiotti e
buffi personaggi di peluche. Una sera in cui i suoi genitori escono
per qualche ora lasciandola sola con Toby, il fratellino di pochi
mesi, questi stenta ad addormentarsi e piange: innervosita, la
ragazzina invoca Jareth (David Bowie), il Re dei Goblin, affinché
lo porti con sé nel suo castello. E Toby scompare davvero. Sarah
impaurita decide di andarselo a riprendere…
NUOVI CONTENUTI SPECIALI
(Durata totale dei contenuti extra: 216 minuti ca.)
Riordinare i ricordi: Ripensare a Labyrinth
– Jennifer Connelly e la famiglia Henson riflettono su
questo film classico 30 anni dopo ricordando le loro esperienze,
l’innovativa trasposizione scenica e l’enorme eredità duratura del
film
L’eredità di Henson – Celebriamo
l’ultimo tocco nella filmografia di Jim Henson, nella visione
cinematografica e soprattutto l’immaginazione mentre la sua
famiglia ci parla del suo lavoro e ci porta dietro le scene in
“Center of Puppetry Arts”, che mostra la collezione Jim Henson e
gli oltre 100 burattini di Labyrinth
In ricordo del Re dei Goblin: Ricordando David
Bowie con la co-protagonista Jennifer Connelly, il figlio di Jim
Henson Brian e con Cheryl Henson
L’Anniversario di Labyrinth Q&A: Presentato dal
conduttore di Mythbuster Adam Savage, con la
partecipazione di Brian Henson, David Goelz e Karen Prell con
l’ospite a sorpresa Sharl Weiser
Trailer cinematografico
ALTRI CONTENUTI
I Narratori: Immagine nell’immagine
Commento del Conceptual Designer Brian Froud
Making Of – Documentario Dietro le Quinte di
Labyrinth
Viaggio attraverso Labyrinth: Il regno dei personaggi e la
ricerca della città dei Goblin
4K ULTRA
HD
Per la
prima volta il film sarà disponibile anche in 4K Ultra
HD™ in un combo pack che include il 4K Ultra HD
Blu-ray™ e il Blu-ray™. Il 4K Ultra
HDTM offrirà tutti i contenuti extra presenti nel
disco Blu-ray™.
Il 4K Ultra HD™ è
il massimo per l’esperienza visiva di un film. Il 4K Ultra
HDTM presenta la combinazione della risoluzione 4K
per immagini quattro volte più nitide dell’HD, la brillantezza del
colore High Dynamic Range (HDR) con un audio immersivo che offre
un’esperienza multidimensionale del suono.
Il
Blu-ray™ presenta immagini in alta definizione,
qualità della diffusione del suono come al cinema ed esclusivi
contenuti extra.
Cast: David Bowie, Jennifer
Connelly, Toby Froud, Shelley Thompson, Christopher Malcolm, Frank
Oz, Shari Weiser (voce),Ron Mueck (voce), David
Shaughnessy(voce).
Trama: Sara, adolescente
piena di fantasia, è costretta a restare a casa a tenere a bada il
piccolo fratellino, Toby. In un momento di rabbia invoca i Goblin e
Jareth, il loro Re, affinché portino via il bambino per farlo
diventare uno di loro. Comprendendo l’enorme sbaglio, cerca di
rimediare penetrando nel misterioso labirinto per salvarlo ma ha
solo tredici ore per raggiungere il castello e Jareth farà di tutto
per ostacolare il suo percorso.
Analisi: Diretto da Jim
Henson, il padre dei Muppets e cosceneggiato
insieme a Terry Jones, creatore dei Monty
Python. Labyrith ha numerosi richiami alla letteratura
classica del fantasy come Alice nel paese delle
Meraviglie di Lewis Carroll e Il Mago di Oz
di L. Frank Baum. Ma riprende la continuità visiva cominciata nel
1984 da Wolfgang Petersen, con La storia
infinita e di cui il grande successo porterà a vari sequel.
Il filone sul mondo “della fantasia” diventerà ricorrente negli
anni a seguire, con chiavi di lettura diverse e segnando il genere,
con parentesi sui cartoni animati in Chi ha incastrato Roger
Rabbit di RobertZemeckis e RichardWilliams, e nei giochi con Jumanji di Joe
Johnston.
Riprendendo lo schema delle Favole
di Prop, la storia racconta come la giovane ragazza affronti il
passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Sara, interpretata da una
gionavissima Jennifer Connelly, è ancora legata al mondo
della fantasia di cui si circonda con libri, pupazzi e oggetti con
cui si traveste, sin dai primi minuti del film si cuce addosso un
archetipo, la ragazza schiavizzata dalla “madrina” per badare al
suo “fratellastro”. Il labirinto che dovrà affrontare, altro non è
che il vero motore della storia che la porterà nella condizione di
valutarsi e confrontarsi con se stessa. Di fatti, tutte le prove
che le si presentano sono tutte decisioni nuove e che deve prendere
al momento, queste molto spesso saranno caratterizzati da tranelli
e doppi sensi che le mostreranno le ingiustizie, altre invece
faranno leva sulla giustizia e la fiducia, e di come sia difficile
conquistarla.
Questo percorso/crescita porterà
Sara a relazionarsi anche con i vari tipi d’affetto, l’amicizia per
i compagni di viaggio e con l’amore attraverso le prime pulsioni e
desideri nei confronti di Jareth; emozioni visibili durante la
scena del ballo e argomento ripreso nei vari dialoghi che i due
hanno. L’elemento che contraddistingue fortemente il film è la
presenza di David Bowie, nella veste d’attore, con i capelli
lunghi, il trucco eccessivo e i ghigni enigmatici, restituisce
perfettamente l’ambiguità che possono avere i desideri e i sogni
più nascosti simboleggiati anche dalla sua sfera di cristallo, che
mostra a Sara quello che potrebbe avere se cedesse al
male/desiderio. Ma anche come compositore, firmando la colonna
sonora e segnando un pezzo di storia del cinema e degli anni ’80.
Tutte le parentesi musicali oltre a essere evocative,
rappresenteranno delle vere ellissi temporali all’interno del film,
che fanno piacevolmente “perdere il tempo” a Sara.
Dal punto di vista della regia il
film è una costellazione di personaggi buffi e divertenti che anche
sotto sembianza spaventose restituiscono lo spirito ironico di cui
il film è completamente avvolto e che lo rendono un bellissimo
esempio di cinema fantasy. I principali pupazzi che caratterizzano
questo mondo sono Gogol, gnomo innamorato di Sara ma
incattivito dalla presenza di Jareth, Bubo il tenero
bestione che promette fedeltà a Sara dopo averlo salvato e infine,
il prode Sir Didymus uno yorkshire in sella al suo cane
pastore. Tutti questi pupazzi-burattini rappresentano la parte più
colorata dell’avventura onirica, che viene arricchita dalle
innumerevoli citazioni, come le porte che nascondono tranelli,
luoghi del labirinto con nomi spiritosi quali “la gora dell’eterno
fetore” o i richiami ai quadri di M.C.Escher luogo dove
Jareth fino alla fine chiede a Sara di essere la sua regina, tutti
elementi che segnano l’immaginario e restituiscono gli stupori e le
fantasie allo spettatore.
Nella parte finale del film e
quindi “nel ritorno a casa”, emerge la difficoltà di accettare la
consapevolezza del passaggio all’adolescenza ma Sara non rinuncia
mai realmente alla sua fantasia, mette via i giocattoli sapendo che
“se ha bisogno” ricorrerà sempre a quella parte di sé.
Poco dopo aver
lasciato Doctor
Strange nel multiverso della follia dei
Marvel Studios nel 2020, Scott
Derrickson ha
firmato per dirigere un altro sequel ambientato in una
dimensione alternativa sconvolgente per lo studio di proprietà
della Sony TriStar Pictures, Labyrinth
2, il sequel del classico avventura fantasy di
Jim Henson: The Labyrinth.
Da allora gli aggiornamenti sono stati praticamente inesistenti,
quindi si presumeva generalmente che il progetto fosse stato
accantonato, ma il regista di The Black
Phone ha ora rivelato
che Labyrinth 2 è ancora in
fase di sviluppo, anche se non ha idea di quando entrerà
effettivamente in produzione.
“Non siamo mai arrivati al punto in cui lo studio volesse
realizzarla, ma ero molto orgoglioso del lavoro che ci abbiamo
fatto”, ha spiegato Derrickson a ComicBook.com . “Ed
è un progetto molto difficile da trasformare in qualcosa di
commercialmente fattibile, perché è così fantasioso e surreale che
non c’è modo di farlo a buon mercato. E allo stesso tempo, è così
audace e diverso che è un film difficile per uno studio si senta
competente e abbia un valore commerciale sufficiente per guadagnare
un profitto. Quindi penso che sia un osso duro da risolvere, ma
tutto quello che posso dirti è che sono molto orgoglioso del lavoro
che abbiamo fatto su di esso. Certamente aveva in mente un grande
film.”
Quando gli è stato chiesto se il piano fosse quello di scegliere un
altro attore per il ruolo di Jareth il Re dei Goblin in
seguito alla scomparsa del leggendario David Bowie, Derrickson ha rifiutato di
entrare troppo nei dettagli, ma ha detto che “hanno avuto
un’idea davvero interessante“. “Dato che il progetto è
ancora in fase di sviluppo, probabilmente non dovrei dire quali
sono i piani perché penso che abbiamo avuto un’idea davvero
interessante, ma non voglio smentirla nel caso in cui il film venga
realizzato.”
L’originale del 1986 vedeva
Jennifer Connelly nei panni di un’adolescente
di nome Sarah che entra in uno strano regno fantasy nel tentativo
di salvare il suo fratellino da Jareth il Re dei Goblin
(Bowie). Lì incontra alcune creature strane e meravigliose
(Hoggle, Ludo e Sir Didymus) che la aiutano nella sua ricerca per
raggiungere il castello del re.
Sebbene abbia ricevuto
un’accoglienza tiepida al momento della sua uscita, il film da
allora ha raggiunto lo status di cult e nel corso degli anni
abbiamo visto vari fumetti, libri e videogiochi spin-off. Ogni anno
si tiene anche un ballo in maschera dei fan, considerato uno dei
più grandi del suo genere al mondo. Maggie Levin
( Into the Dark, My Valentine ) è
stata incaricata di scrivere la sceneggiatura del sequel quando è
stato annunciato per la prima volta nel 2020, mentre Brian e Lisa
Henson di The Jim Henson Company erano a bordo come produttori.
Nuovo progetto per il regista
M. Night Shymalan che archiviata la non felice
parentesi di After Earth, si appresta a
dirigere Labor of Love, script che
è stato acquistato dalla 20th Century Fox nel
1993. Si tratta di un inedito che è addirittura antecedente ai suoi
film culto. Ebbene il regista vorrebbe come protagonista nientemeno
che Bruce Willis, con il quale fece il suo primo
successo, Il sesto senso e anche il film
successivo Unbreakable.
Pare che oggi il regista sia
impegnato a riacquistare i diritti della sua sceneggiatura per
avviare le riprese nel mese di settembre a Philadelphia. All’epoca
il film non si fece perché Shyamalan voleva a
tutti i costi dirigerlo. Tempo dopo verso la storia ci fu il forte
interesse di Denzel
Washington. Protagonista quindi Bruce
Willis che interpreterà un libraio che, dopo aver
tragicamente perso la mogie, decide di attraversare il paese per
dimostrare il proprio amore nei suoi confronti. Le pellicola
dovrebbe arrivare a Berlino per essere venduta in tutto il
mondo.
A produrre la pellicola ci saranno Randall Emmett,
George Furla, Stuart Ford e Ashwin
Rajan.
Presentato ieri alla Casa del Cinema,
Là-bas. Educazione criminale uscirà nelle sale il
prossimo 9 marzo. Alla conferenza stampa erano presenti il regista
Guido Lombardi, i produttori e parte del cast: Kader Alassane,
Esther Elisha e “Billi” Serigne Faye. È intervenuto anche Pape
Diaw, portavoce della comunità senegalese di Firenze.
Il regista ne ha parlato come di un
film suicida: girato in francese e inglese, con attori di colore
non professionisti, parla di immigrati. Tutti ingredienti che si
discostano dal cinema mainstream, e che fanno di Là-bas
un’opera fresca e originale, capace di immortalare fedelmente e
senza retorica una realtà difficile qual è quella dell’immigrazione
clandestina. E non stupisce che Là-bas – Educazione
criminale, il lungometraggio d’esordio del napoletano
Guido Lombardi, classe 1975, abbia entusiasmato la giura veneziana
portandosi a casa il Leone del Futuro – Premio Opera Prima Luigi De
Laurentiis, oltre al Premio del pubblico Kino come Miglior
Film.
Là-bas – Educazione criminale, il film
L’opera Là-bas – Educazione
criminale si ispira alla strage di Castel Volturno, che
nel settembre 2008 portò alla morte di 6 ragazzi ghanesi ad opera
di un commando di camorristi. Ma l’episodio è abilmente inserito
solo nel finale: i restanti 90 minuti o quasi raccontano il
percorso di Yussouf (Kader Alassane), giovane
africano arrivato in Italia in cerca di fortuna. Viene ospitato
alla “Casa delle candele”, una villetta a 30 km da Napoli, così
chiamata per la luce che salta di continuo. Stringe amicizia con
Germain (l’ottimo “Billi” Serigne Faye): è in Italia da 6 anni e,
per vivere, s’accontenta di vendere fazzoletti al semaforo.
Ma le ambizioni di Yussouf, abile
disegnatore e scultore di statue in metallo, lo portano a farsi
trascinare nello spaccio di droga gestito da suo zio Moses
(Moussa Mone). Yussouf imparerà in fretta il
prezzo della sua scelta, a prima vista la più razionale, unica
alternativa ad un destino di sfruttamento. S’innamorerà di Suad
(l’attrice professionista Esther Elisha), per poi scoprirla
prostituta su una strada notturna del litorale campano. Quella di
Yussouf, come recita il sottotitolo del film, è
un’educazione criminale, obbligatorio
tragitto d’iniziazione per far parte di un mondo immaginato come
lontano e diverso: là-bas in francese significa appunto
laggiù, termine usato dagli africani per designare
l’Europa.
Dialoghi e sceneggiatura, ben
accompagnati dalle musiche di Giordano Corapi, non sono mai banali,
e l’affiatato gruppo di attori improvvisati è davvero una piacevole
sorpresa. Una pellicola in cui verità storica e invenzione filmica
si uniscono alla perfezione, e in cui il tutto è raccontato dall’
“interno”, ossia dal punto di vista degli stessi immigrati. Non una
lezione d’umanità, e nemmeno uno slogan contro il razzismo, bensì
lo sguardo asciutto di un regista-sociologo che mette a fuoco la
drammaticità di situazioni spesso volutamente dimenticate.
Suggestiva la scena finale, con Yussouf che torna alla Casa delle
candele, semi-nudo dopo aver gettato nel bosco i costosi vestiti
donati dallo zio: una rinascita simbolica del protagonista, pronto
a ripartire da zero, scegliendo una vita diversa per re-inventare
se stesso.
Le innumerevoli opere scritte dal
celebre Stephen King sono da sempre fonte di
grande ispirazione per il cinema e moltissime di queste hanno poi
trovato il loro adattamento sul grande schermo. Dal celebre
Stand by Me a Le ali dellalibertà, da Carrie – Lo sguardo di Satana
fino alla più recente serie televisiva The Stand. Quello
realizzato dallo scrittore del brivido è un bacino di storie senza
eguali, contenenti tutti i sentimenti e i temi più ricorrenti
nell’esistenza umana. Uno dei film più belli, e di cui forse si
parla meno, tratti da una sua opera è La zona
morta (qui la recensione), diretto nel
1983 dal celebre regista David
Cronenberg.
Realizzato dopo Videodrome e prima di La mosca, questo si
presentò da subito come un progetto estremamente nelle corde del
regista canadese. La storia infatti non presenta elementi
particolarmente fantastici o orrorifici quanto le precedenti
scritte, ma si concentra in modo particolare sull’evoluzione del
protagonista e sul suo rapporto con il potere acquisito. La prima
versione della sceneggiatura era stata scritta dallo stesso King,
ma rimaneva talmente fedele al romanzo da essere grossomodo
inadattabile per il grande schermo. Venne così chiamato
Jeffrey Boam, che riscrisse il tutto riuscendo ad
ottenere il consenso dello scrittore.
Divenuto negli anni un vero e
proprio cult, La zona morta è ancora oggi
considerato uno dei migliori adattamenti da un romanzo di King. Pur
con le dovute modifiche, il film riesce infatti a mantenere vivo il
cuore del romanzo, come anche tutti i suoi aspetti più
affascinanti. Prima di intraprendere una visione del film, però,
sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e alle
differenze tra il libro e il film. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.
La trama di La zona
morta
Protagonista del film è l’insegnante
Johnny Smith, il quale in seguito ad un incidente
rimanere per ben cinque anni in coma. Al suo risveglio si scopre in
possesso dello straordinario potere di leggere il passato e il
futuro delle persone semplicemente toccandole. Grazie a ciò può
letteralmente cambiare il corso degli eventi ancora da verificarsi.
Dopo aver fatto l’abitudine a tale capacità, Johnny inizia ad usare
questa per evitare varie disgrazie ed aiutare il prossimo. Così
facendo, egli spera di potersi lasciare il passato alle spalle e
ricominciare da capo, conducendo un’esistenza tranquilla. Ma quando
stringe la mano al politico Greg Stillson e ne
vede il futuro, capisce di dover intervenire per evitare che quanto
visto diventi realtà.
Il cast del film
Per dar volto al protagonista del
film King indicò come sua personale scelta l’attore Bill Murray,
Cronenberg invece propose un altro attore, ma ad avere l’ultima
parola fu il produttore Dino De Laurentis, il
quale affidò la parte al premio Oscar Christopher
Walken in quanto in quegli anni all’apice del suo
successo. Accanto a lui, nei panni della sua ex fidanzata vi è
l’attrice Brooke Adams, nota per Terrore dallo
spazio profondo, mentre il celebre Tom
Skerritt è lo sceriffo Bannerman. Herbert
Lom è invece il dottor Sam Weizak, e Nicholas
Campbell il serial killer Frank Dodd. Ad interpretare il
politico Greg Stillson vi è invece l’attore Martin
Sheen.
Le differenze tra il libro e il
film
Come anticipato, La zona
morta non è un film particolarmente fedele al romanzo di
King. Per quanto la storia sia grossomodo la stessa, cambiano
infatti una serie di eventi, dettagli o la stessa struttura
narrativa. Il libro, infatti, segue due storie parallele che
convergevano poi soltanto con il sopraggiungere del finale. Questa
struttura, inizialmente presente nella sceneggiatura di King, venne
poi abbandonata in favore di una narrazione più lineare,
suddividendo le avventure del protagonista in tre atti attraverso i
quali è più evidente l’evoluzione emotiva e psicologica del
personaggio. Ciò è tornato utile specialmente considerando che
molti degli episodi che evidenziano il dramma di Johnny sono
necessariamente stati sintetizzati per il film.
Ulteriore differenza si ritrova poi
nella rappresentazione delle visioni che il protagonista ha, e che
rappresentano la zona morta che dà il titolo all’opera.
Nel romanzo di King queste vengono descritte come dei frammenti
estremamente poco chiari, che lasciano interamente al protagonista
il compito di ricostruire il loro significato. Nel film, invece,
tali visioni appaiono estremamente più chiare nel loro svolgersi,
rendendo più semplice il compito del protagonista. In particolare,
la visione principale, quella relativa al personaggio di Stillson,
si spinge in dettagli particolarmente importanti. Il finale,
invece, risulta essere lo stesso tanto per il film quanto per il
libro.
La zona morta: il trailer e dove
vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di La
zona morta grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Infinity+, Apple
TV+ e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato
5 agosto alle ore 21:15 sul canale
Italia 2.
La zona morta è un
film del 1983 diretto da
David Cronenberg e con protagonisti nel
cast Christopher Walken, Martin Sheen, Tom Skerritt e
Brooke Adams.
Trama del film La zona morta
Dopo essere rimasto a lungo in
coma, al suo risveglio Johnny Smith si trova in possesso dello
straordinario potere di leggere il passato e il futuro delle
persone solo toccandole; dopo aver usato le sue nuove capacità per
evitare varie disgrazie ed aiutare la polizia nello scovare un
serial killer, il protagonista si imbatte in Greg Stillson, anonimo
candidato senatore, scoprendo, stringendogli la mano, che
quell’uomo, diventato Presidente degli Stati Uniti, scatenerà un
conflitto nucleare. Johnny si impegnerà allora ad usare quel potere
per eliminare la minaccia…
Analisi de La zona
morta
Uscito nel 1983, autentico
‘anno di grazia’ per gli amanti di Stephen King, che lo
vedono approdare sugli schermi assieme a
Christine e
Cujo,La Zona Morta si
fa ricordare come uno dei migliori adattamenti dei romanzi del Re
del Brivido; merito innanzitutto della squadra, ottimamente
assortita dal team produttivo formato da Dino
DeLaurentiis e Debra Hill: David Cronenberg alla regia,
Christopher Walker e Martin Sheen
nei ruoli principali.
Il regista canadese, qui in una
delle poche produzioni ad alto budget della carriera, porta
efficacemente sullo schermo il materiale kinghiano, basandosi sulla
sceneggiatura stesa da Jeffrey Boam (Indiana
Jones e l’ultima crociata), per la quale
DeLaurentiis aveva inizialmente pensato allo stesso King, senza che
poi la collaborazione arrivasse in porto; da notare che per il
ruolo del protagonista, King aveva inizialmente pensato a
Bill Murray.
La zona morta
venne girato in condizioni climatiche estreme: i set
nordamericani furono teatro di un’ondata di gelo senza precedenti,
e forse questo ha contribuito all’atmosfera sospesa e
vagamente straniante che accompagna tutto il film; lo stesso dicasi
per l’interpretazione – eccezionale – del protagonista Walken, il
cui colorito costantemente livido rende ancora più pronunciata
l’espressione allucinata di un uomo che si ritrova in possesso di
un potere che lo spaventa e che lo separa progressivamente da
coloro che lo circondano, facendogli sfiorare – e in parte varcare
– i confini dell’alienazione.
Uno sguardo sofferente,
perennemente disagiato, che trova corrispondenza in quello del suo
antagonista Martin Sheen, anch’esso velato di
follia, ma stavolta quella derivante dall’ambizione sfrenata e dal
delirio di onnipotenza.
Nel resto del cast de La
zona morta spicca un faccia nota come quella di
Tom Skerritt; il ruolo femminile principale è
affidato a Brooke Adams; al film partecipa con un
cameo anche uno dei figli di Sheen, Ramon
Estevez.
Unico episodio della cinematografia
del regista in cui ad occuparsi delle musiche non è il fido
Howard Shore, ma Michael Kamen,
La zona morta resta ancora oggi un
efficacissimo film di ‘genere’ e non solo nella categoria degli
adattamenti di
Stephen King.
I Wonder Pictures e
Unipol Biografilm Collection sono lieti di
presentare il trailer e il poster italiano
del film La Zona d’interesse (The
Zone of Interest) di Jonathan Glazer, in
anteprima nazionale oggi alla Festa del Cinema di Roma.
Il regista
britannico, vincitore del Gran Premio Speciale della Giuria alla
76ma edizione del Festival di Cannes e candidato agli Oscar® per
UK, sarà presente alla proiezione ufficiale del film e incontrerà
il pubblico in occasione di una masterclass domani
21 ottobre, alle ore 17.00, in Sala Petrassi.
La Zona
d’interesse rappresenta l’opera chiamata a raccogliere in
questo decennio il testimone dei grandi capolavori del cinema che
hanno raccontato la più grande tragedia del Novecento, da
Schindler’s List a Il Pianista, da Train de
Vie a La Vita è bella. Una prospettiva inedita e uno
sguardo nuovo, con stile altissimo, su una delle pagine più buie
della storia.
Liberamente
ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis, La Zona
d’interesse è la storia di una famiglia tedesca
apparentemente normale che vive – in una bucolica casetta con
piscina – una quotidianità fatta di gite in barca, il lavoro
d’ufficio del padre, i tè della moglie con le amiche, le domeniche
passate a pescare al fiume. Peccato che l’uomo in questione sia
Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, e la deliziosa villetta
con giardino in cui vive con la sua famiglia in una surreale
serenità è situata proprio al confine con il campo di
concentramento, a due passi dall’orrore, così vicino e così
lontano.
Prodotto da
A24 e Extreme Emotions, La Zona di Interesse (The
Zone of Interest) uscirà nelle sale italiane il 18
gennaio 2024 distribuito da I Wonder Pictures in
collaborazione con Unipol Biografilm Collection.