A presentare il film Una
Vita Spericolata, sono arrivati a Roma presso la
Casa del Cinema il regista Marco
Ponti accompagnato dai protagonisti Matilda De
Angelis, Eugenio Franceschini e, in una versione speciale
via Skype perché bloccato su un set a Praga,
Lorenzo Richelmy.
Il film racconta la storia di due
ragazzi (Richelmy e Franceschini) che, in seguito ad un equivoco e
in preda alla disperazione data dalla mancanza di speranze e
lavoro, rapinano una banca.Con loro si portano dietro in ostaggio
una attrice (Matilda De Angeles) in un viaggio su e giù per
l’Italia, inseguiti da polizia e altra gente più cattiva della
polizia, in un mix perfetto di commedia, road movie, film di
formazione e anche spaghetti western.
“Lo stile voleva essere quello
della commedia, in generale, ovvero fare un film divertente”
racconta il regista Marco Ponti, “Però dare
uno scarto successivo, quindi mi è venuto da dire ‘ Facciamo una
commedia energetica e avventurosa’. Così come la commedia è una
bibita, questa è una Red Bull. Quindi ho pensato, se io parto da
questi personaggi che sono degli outsider, un po’ sfigati, un po’
nel posto sbagliato ed emarginati (anche letteralmente emarginati,
visto che la scena iniziale l’abbiamo girata esattamente al confine
tra l’Italia e la Francia), in questo luogo un po’ abbandonato da
tutti… Se io, gli apro la porta e li lancio nel mondo
dell’avventura, a quel punto come minimo combinano di tutto e di
più, pastrocchi, problemi e cose inenarrabili! E visto che mi
piaceva l’idea che si scontrassero, non con il mondo debole ma con
dei cattivi che sono davvero cattivi, tu fino alla fine pensi che
possa succedere di tutto e che stia per arrivare il finale carogna.
Se pensiamo, non era una commedia, ma a The Sugarland Express di
Steven Spielberg, era un road movie con una
fuga da una rapina e nel finale il protagonista veniva ucciso da
uno sniper e ci rimanevi malissimo anche se lo avevi già capito che
non poteva esserci un lieto fine. Questo per dire che mi piaceva
l’idea che i cattivi fossero pericolosi.”
Non solo cattivi, ma c’è la
polizia che viene dipinta in modo pittoresco e non del tutto dalla
parte dei buoni…
Ponti: “La mia
era solo un idea, non rappresentano per niente le vere forze
dell’ordine ma dei personaggi inventati al fine della commedia. Se
andate a vedere poi alla fine c’è solo un poliziotto cattivo e gli
altri sono simpatici… Quello che voglio dire è che in tutti i film
ci sono i buoni e cattivi. In questo posso dire che ci sono i
giovani e gli adulti. E gli adulti non ne escono bene per niente, i
giovani invece sì, perché hanno più integrità morale.”
I tre personaggi hanno tre
approcci diversi all’evento, lei in quale si rivede di
più?
Ponti: “Sono
troppo belli per immedesimarmi! Io però sono molto più simile a BB,
in un momento importante dove deve dare il massimo in macchina ha
il suo momento zen: quello sono molto io! E anche quello che fa nel
momento di caos più totale, che si va a presentare al capo della
polizia, quindi quell’atteggiamento giusto ma un po’ strambo. Mi
piace molto lui.”
Nel film c’è anche un forte
elemento western…
Ponti:
“Terence Hill e Bud Spencer ci stanno sempre: sono dei forti
riferimenti culturali per me. Per me sono due figure fondamentali
del cinema italiano e non saremmo mai sufficientemente bravi per
vederne la vera portata. Però in una scena in particolare c’è del
Sergio Leone, tant’è che anche nella colonna sonora c’è un
riferimento a Ennio Morricone. Nel mio film precedente (La Cena di
Natale) anche c’è un accenno al western, in quel caso un duello
verbale tra due donne, qui invece tiriamo fuori le pistole. C’è
anche qualcosa di Terminator e tanti altri riferimenti a film,
piccole citazioni che qualcuno le trova altri no. Ad esempio cito
anche Peaky Blinders. Poi i miei amici mi hanno detto Breaking Bad
ma io non l’ho mai vista quella serie, quindi non era
voluto!”
E elementi del
pulp…
Ponti “Nella
parte più estrema del film, sicuramente ci sono riferimenti ad un
certo tipo di cinema dei Cohen, da cui si parte. Se uno li ama non
puoi non interiorizzare l’essere Lebowski e vivere con i sandali di
gomma e andare a comprare il latte al supermercato per fare il
white-russian! C’è un omaggio esplicito a Niccolò Ammaniti, tant’è
che la scena del diavolo della Tasmania me l’ha scritta lui, me
l’ha regalata. I suoi libri sono sempre situazioni per lo più
ordinarie che evolvono in chiave apocalittica. Ci sono diversi
innesti della letteratura americana, ma questo film è anche molto
italiano, non solo nei panorami ma anche nel senso della famiglia,
come per i genitori di BB.
Una Vita Spericolata a
livello visivo è un prodotto abbastanza nuovo, come pensa reagirà
il pubblico?
Ponti: “Non ne
ho idea. È Giugno quindi un momento difficile, ma spero nel
passaparola . Che ti piaccia o non ti piaccia è sicuramente
qualcosa di diverso. Così come a suo tempo quando uscì Santa
Maradona, la gente, anche quelli a cui non era piaciuto, avevano
ammesso che era comunque diverso da tanti altri film che avevano
visto. Quindi che venga riconosciuta la novità e anche lo
sforzo.”
E voi, vi siete mai
accorti di quello che stavate facendo?
Matilda De
Angelis: “Quando ho letto la sceneggiatura ho riso ad
alta voce diverse volte. Ho pensato che era strano, divertente e
effettivamente qualcosa che non mi era mai capitato tra le mani ne
tanto meno di vedere. Detto questo noi sul set, eravamo talmente
tanto presi da quello che dovevamo fare, io correvo sui tacchi,
Eugenio faceva i testa coda, le pistole, il caldo che faceva… Che
io non mi sono mai effettivamente ferma a riflettere e realizzare
quello che stavamo facendo. Ho vissuto questo film come anche
questo personaggi: nel gioco, nell’essere un po’ sconsiderati, nel
non realizzare quello che effettivamente stai facendo ma alla fine
sentire che stai facendo la cosa giusta, che il sentimento è grande
e reale. Quando ho visto il film ultimato non sapevo bene
come reagire, non riuscivo a ricollegarlo a niente che io avessi
mai visto e quindi posso dire che inizialmente non mi ero accorta
di quello che stavamo facendo ma io, parlando per me, ero già
contenta di fare un personaggio inedito per me, nella mia
carriera.
Eugenio
Franceschini: “Non pensavo di stare facendo una cosa
nuova pensavo semplicemente che era una cosa che mi stava piacendo
fare in quel momento lì. Anche io ero divertito ma forse questa è
una domanda più per Marco, perché è stato lui che ha dato
l’impronta maggiore al film. Io seguivo l’onda e il divertimento e
non pensavo a fare qualcosa di diverso”.
Lorenzo Richelmy:
“Io sono in controtendenza con quello che avete detto, per me
tutto il film è stato una roba assurda! Cercavo sempre di spingerla
verso un territorio che per il cinema italiano è abbastanza inedito
e poi fortunatamente è stato percepito. Ci sono state tantissime
scene complicate, dalla sparatoria tutta coreagrafata, a gli
inseguimenti che abbiamo fatto proprio noi, al fuoco che c’era in
una scena specifica di cui avevamo sempre paura di diventare pelati
a causa del ritorno di fiamma… Insomma varie scene bellissime, ma
anche complicate!”