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Una famiglia vincente – King Richard: la vera storia dietro il film con Will Smith

Un filone particolarmente popolare al cinema è quello del biopic sportivo, ovvero quei film incentrati su grandi leggende dello sport o su precisi eventi che hanno segnato la storia della propria disciplina di riferimento. Film come Tonya, Toro scatenato, Rush, Cindarella Man, Invictus – L’invincibile o Alì, tanto per citarne alcuni, sono ottimi esempi di questo sottogenere. Si tratta di film molto apprezzati, capaci di ispirare quanti li vedono a compiere imprese simili a quelle degli sportivi di cui si racconta o, in generale, a non arrenderi mai davanti alle avversità. Un altro ottimo titolo recente di questa tipologia è Una famiglia vincente – King Richard (qui la recensione).

Diretto nel 2021 da Reinaldo Marcus Green (attualmente al lavoro su Bob Marley: One Love), il film narra le vicende di Richard Williams, padre e allenatore delle sorelle tenniste Venus e Serena Williams. Un uomo particolarmente complesso, controverso, la cui vita si adatta perfettamente ad essere raccontata sul grande schermo. Accolto come uno dei migliori film dell’anno, Una famiglia vincente – King Richard riflette dunque su dinamiche famigliari, sullo spingersi oltre i propri limiti ma anche sul peso delle aspettative, specialmente quelle di un genitore nei confronti dei figli. Naturalmente il ritratto che si fa di Richard Williams non è da tutti stato apprezzato, complice la sua personalissima idea di genitorialità.

Candidato a sei premi Oscar, incluso quello per il Miglior film, Una famiglia vincente – King Richard è ora disponibile su varie piattaforme, tra cui Netflix, dove è subito divenuto uno dei titoli più visti del momento. Un ottima occasione per scoprire o riscoprire un biopic sportivo particolarmente coinvolgente. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori, ma anche alla storia vera dietro il film. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.

Una famiglia vincente - King Richard Will Smith

La trama e il cast di Una famiglia vincente – King Richard

Il film racconta la storia delle due superstar del tennis, Venus e Serena Williams, tramite la figura del padre, Richard Williams, che sin dall’infanzia è stato il loro allenatore. Richard aveva infatti deciso che le figlie avrebbero auto un futuro da tenniste e, nonostante non avessero preparazione alcuna, ha iniziato ad allenarle. Con poche conoscenze di quello sport, l’uomo si è dunque impegnato a formarle, convinto che un giorno le sue bambine sarebbero potute diventare due delle tenniste migliori della storia. In attesa di quel momento, tuttavia, non sono stati pochi gli ostacoli da superare, sia a livello professionale che personale.

Ad interpretare Richard Williams si ritrova l’attore Will Smith, premiato con l’Oscar al Miglior attore per la sua interpretazione. Saniyaa Sidney è l’attrice che interpreta Venus Williams. In quanto mancina e non avendo mai giocato a tennis prima, ha dovuto imparare a giocare come Venus, che è invece destrorsa. Demi Singleton, che interpreta invece Serena Williams, aveva già interpretato la celebre tennista in uno spot pubblicitario del Super Bowl del 2019 per l’app di appuntamenti Bumble. L’attrice Aunjanue Ellis, candidata all’Oscar come Miglior attrice non protagonista, interpreta Oracene Price, mentre Jon Bernthal è Rick Macci.

 

La vera storia dietro Una famiglia vincente – King Richard e le differenze con il film

Maggiore di cinque figli, Richard Williams è cresciuto a Shreveport, Louisiana, dove da ragazzo è stato anche vittima violenza razziale nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta, sviluppando l’idea di essere in guerra contro i bianchi. Dopo essersi trasferito in California, però, Richard imparò a giocare a tennis prendendo lezioni da uomo di nome Oliver, il cui soprannome era “Old Whiskey”, un alcolizzato che a un certo punto della propria vita aveva lavorato con i grandi del tennis, Jimmy Connors e Arthur Ashe. Richard lo pagava con una pinta di whisky ogni volta che prendeva lezione, come richiesto dall’uomo.

Sviluppando una passione per questo sport, Richard stabilì che le sue figlie sarebbero dovute diventare campionesse di tennis. Dal suo secondo matrimonio, avvenuto nel 1979 con Oracene Price, ebbe due figlie: Venus e Serena Williams, nate rispettivamente nel 1980 e nel 1981. Per loro, Richard ha realmente scritto, prima che nascessero, un programma di 85 pagine dove riportava nel dettaglio tutto ciò che avrebbero dovuto fare e ciò che sarebbe servito ottenere affinché diventassero campionesse di tennis. Iniziò poi a dare loro lezioni quando avevano quattro anni e mezzo, portandole ad allenarsi sui campi da tennis pubblici.

Oscar 2022 Una famiglia vincente - King Richard

Il vero motivo per cui Richard scelse per loro il tennis, in realtà, era per via dei premi in denaro che anche le donne potevano vincere praticando tale sport. In pratica, Richard sperava di arricchirsi sulle spalle delle figlie, cosa che in seguito ha riconosciuto come sbagliata, pentendosi anche di aver fatto iniziare a giocare così presto le due figlie. Il film, dunque, non restituisce una quadro completo di Richard Williams. Gran parte del suo lato meno gradevole, compreso il suo ego, l’infedeltà e i discutibili rapporti d’affari, vengono trascurati nel film. Inoltre, il film mantiene la narrazione secondo cui Richard è sempre stato gentile, mentre i suoi lati oscuri sono quasi assenti.

All’inizio degli anni ’90 Venus e Serena iniziano a frequentare la scuola di tennis di Rick Macci in Florida. Tuttavia, dopo che la stella nascente del tennis Jennifer Capriati è stata arrestata per possesso di marijuana, Richard decide di ritirare le proprie figlie dai tornei junior, temendo che possano bruciare le tappe e fare la fine della Capriati. Nel 1994, tuttavia, Venus compie il suo debutto come professionista, con Serena che l’ha seguita pochi anni dopo. Nel giro di breve, entrambe hanno vinto i tornei del Grande Slam, divenendo già giovanissime leggende del tennis. Nonostante gli aspetti critici della loro vicenda, le due hanno sempre danno il credito per il loro successo al padre, affermandolo in più occasioni.

Il trailer di Una famiglia vincente – King Richard e dove vedere il film in streaming

È possibile fruire di Seven grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google Play, Apple TV, Prime Video e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video.

Fonte: HistoryvsHollywood

Una famiglia vincente – King Richard, recensione del film con Will Smith

Una famiglia vincente – King Richard, il nuovo film diretto da Reinaldo Marcus Green – il notevole il suo esordio Monsters and Men targato 2018 – mette in scena la storia di un uomo con una missione: superare tutte le barriere sociali, economiche e razziali che gli si presentano di fronte al fine di far diventare le sue bambine grandi giocatrici di tennis. Missione che Richard Williams, padre di Venus e Serena, ha portato a termine con indubbio successo.

Una famiglia vincente – King Richard, il costo del successo

Ma a quale costo? Questo si chiede il biopic che vede protagonista Will Smith, e il tentativo di dare una risposta sincera e non retorica a tale domanda rappresenta il lato più interessante e riuscito della trasposizione cinematografica. Lontano dall’essere un semplice feel-good movie volto a incensare l’incredibile abnegazione del protagonista, King Richard mette al contrario in scena un personaggio dalle mille sfaccettature, tanto eroico nella sua perseveranza quanto fin troppo ostinato e dispotico nel voler perseguire il proprio obiettivo.

La forza primaria del film risulta dunque la sceneggiatura scritta da Zach Baylin, la quale sviluppa col giusto ritmo e le necessaria capacità introspettiva del personaggio principale: se infatti all’inizio tutti i sacrifici compiuti da Richard per le proprie bambine dipingono in maniera univoca un “working-class hero” non troppo differente da molti già visti, nella seconda parte invece la storia rivela con verismo e lucidità il lato egoistico della psicologia di Williams.

Will Smith alla sua migliore performance in carriera

Tale ritratto composito è lo strumento principale di cui si serve Will Smith per costruire tassello dopo tassello una delle migliori performance della sua carriera. In molte scene l’attore riesce a mostrare una profondità emotiva trattenuta ma comunque vibrante che rimanda al suo ruolo in La ricerca della felicità di Gabriele Muccino – non a caso un altro biopic? – ma la vera sorpresa arriva quando deve evidenziare anche i lati meno altruisti del carattere di Williams, e questo mostra una maturità e un controllo dei toni fino a oggi sconosciuti nello spettro della star.

Se come pare chiaro Will Smith è tra i favoriti ai prossimi Oscar per la statuetta come miglior attore, non saremmo certamente delusi nel caso arrivasse finalmente a ottenere il premio (è già stato candidato per Ali di Michael Mann e proprio per il melodramma di Muccino). Accanto a lui dobbiamo esaltare un cast di supporto indubbiamente efficace: Aunjanue Ellis nel ruolo della moglie Brandy, Saniyya Sidney in quello di Venus ma soprattutto Jon Bernthal che interpreta l’allenatore Rick Macci. Il vero momento di svolta di Una famiglia vincente – King Richard avviene proprio nella scena di confronto tra i due uomini, impreziosita dal carisma e dalla potenza espressiva di Smith e Bernthal.

Finale anticlimatico

Detto dei pregi indiscutibili di King Richard bisogna però anche testimoniare di come non si tratti di un lungometraggio totalmente riuscito. Il problema maggiore consiste in un finale che, per evitare di essere eccessivamente celebrativo ed evitare la retorica in cui purtroppo scivolano molti biopic, compie invece l’errore opposto: la scelta su come chiudere il film si rivela stranamente anticlimatica, e stempera fin troppo il crescendo emozionale di storia e personaggi. Una scelta coerente con il tono del racconto, coraggiosa nel voler evitare un certo tipo di retorica, ma in qualche modo controproducente.

Reinaldo Marcus Green, molto lucido nel non sottolineare mai eccessivamente i fatti con una regia ostentata, si trova però impossibilitato a ovviare con il montaggio o la colonna sonora a un finale soltanto moderatamente coinvolgente, il quale non si rivela la conclusione più consona per una storia altrimenti appassionante sotto più di un punto di vista. 

Invece di essere ideato e realizzato intorno al suo carismatico protagonista Will Smith, Una famiglia vincente – King Richard propone una variazione sul tema decisamente non scontata, centrando l’obiettivo di intrigare il pubblico mostrando una versione differente e realistica del personaggio principale. Tale scelta viene pagata nel finale del film quando necessariamente il centro emotivo diventa Venus Williams. L’operazione rimane comunque lodevole, regalandoci un biopic lontano da molti degli schemi ormai conosciuti. 

Una famiglia quasi normale: spiegazione del finale e fonti d’ispirazione

Una famiglia quasi normale – disponibile dal 24 novembre su Netflix – è la nuova serie noir scandinava diretta da Per Hanefjord (Hamilton, The Hidden Child), scritta da Anna Platt (The Congregation, La verità verrà fuori) e Hans Jörnlind (Top Dog) ed è basata sull’omonimo romanzo best-seller del 2019 dell’autore svedese Mattias Edvardsson. “Fin dal primo incontro con questa storia, ho apprezzato il fatto che abbia davvero a cuore un’importante riflessione“. Ha affermato Per Hanefjord a Netflix. “Solleva questioni complesse, offre profondità di carattere e lo fa allo stesso tempo con una suspense avvincente”. Alla luce delle parole del regista, analiziamo allora il finale di Una famiglia quasi normale e la storia vera dietro il racconto.

Di cosa parla Una famiglia quasi normale

Una famiglia quasi normale Alexandra Tyrefors Björn Bengtsson
Una famiglia quasi normale (A Nearly Normal Family) – (Da sinistra a destra) Alexandra Tyrefors nel ruolo di Stella e Björn Bengtsson nel ruolo del padre Adam. Courtesy of Netflix © 2023

Ulrika (Lo Kauppi) e Adam (Björn Bengtsson) Sandell conducono, insieme alla giovane e tanto amata figlia Stella (Alexandra Karlsson Tyrefors), una vita apparentemente perfetta in un elegante quartiere residenziale nella periferia di Lund. Ulrika è un’intelligente e qualificata avvocata e il marito Adam è uno stimabile pastore della Chiesa di Svezia. La diciannovenne Stella, invece, dopo un traumatico episodio di violenza accaduto alcuni anni prima, ha scelto di abbandonare gli studi e lavorare in una piccola pasticceria in città, mentre sogna di poter viaggiare e scoprire il mondo. I Sandell sono, quindi, una famiglia ordinaria come tante altre, finché però una notte il 30enne Christoffer Olsen (Christian Fandango Sundgren) muore a causa di un brutale accoltellamento e Stella è considerata dalla polizia la principale indiziata.

Spiegazione del finale di Una famiglia quasi normale

Una famiglia quasi normale - Melisa Ferhatovic e Lo Kauppi
Una famiglia quasi normale (A Nearly Normal Family) – (Da sinistra a destra) Alexandra Tyrefors nel ruolo di Stella e Melisa Ferhatovic nel ruolo di Amina. Courtesy of Netflix © 2023

“Sembra che tu abbia una relazione complicata con i tuoi genitori, Stella. È sempre stato così? Come pensi sarebbe andata se avessero reagito diversamente?”. È con queste domande fatte a Stella dalla psicologa penitenziaria che inizia in medias res il primo episodio di Una famiglia quasi normale. Dopo questa breve scena che anticipa indirettamente allo spettatore il doloroso evento che farà da fulcro dell’intera storia, parte un’analessi che trasporta il pubblico a quattro anni prima: durante un ritiro sportivo, all’età di soli quindici anni, Stella è aggredita sessualmente dall’assistente del coach. Nonostante Stella racconti tutto fin da subito ai suoi genitori, non ha prove dell’abuso. Dunque, Ulrika, credendo di proteggere la figlia da un eventuale processo ancor più traumatico e vano, decide di non sporgere denuncia alla polizia. In fondo, chi crederebbe a una ragazzina? Questa scelta, come si evince episodio dopo episodio, influenzerà profondamente e con grande sofferenza e insicurezza il rapporto di Stella con i suoi genitori, con gli uomini e con sé stessa.

Il racconto ritorna poi a quattro anni dopo, precisamente al giorno del diciannovesimo compleanno di Stella. Quel giorno, dopo aver festeggiato con i suoi genitori, Stella va a ballare con la migliore amica Amina Besic (Melisa Ferhatovic) in un affollato locale in città dove incontra l’affascinante e carismatico trentenne Christoffer Olsen. I due iniziano una relazione romantica che di lì a poco diventerà un’ossessione. Sei settimane dopo, una notte, Chris viene assassinato e Stella, che pare essere stata vista sulla scena del crimine, viene presa in custodia dalla polizia. Ulrika e Adam, sconvolti e ignari di ciò che è realmente accaduto, iniziano a indagare sull’omicidio per poter proteggere la figlia a ogni costo, anche tradendo la propria morale e la fiducia di chi li circonda.

Una famiglia quasi normale si conclude con la sentenza del lungo processo che ha travolto i Sandell. Per riuscire a salvare Stella, Ulrika e Adam mentono, nascondono e intralciano le indagini della polizia fino al punto da inquinare le prove. Per esempio, Ulrika si sbarazza del cellulare di Stella, dei vestiti insanguinati e, addirittura, dell’arma del delitto. Mentre Adam utilizza la sua posizione di pastore per poter ingannare la polizia e mentire sull’ora in cui la giovane è tornata a casa la notte dell’omicidio. Senza parlare l’uno con l’altra né tanto meno accordandosi in alcun modo, i genitori di Stella giocano carte false pur di provare la sua “innocenza”. E tutto questo mentre il loro matrimonio vive una grave crisi di cui è complice l’infedeltà coniugale di Ulrika.

Ma il vero grande punto di svolta si ha quando, nell’ultima puntata, Ulrika convince Amina a testimoniare al processo raccontando ciò che accadde quella notte, omettendo però un dettaglio importante e spostando completamente l’attenzione del giudice su una nuova violenza. Amina lascia i pubblici ministeri senza parole quando spiega come Chris l’aveva drogata e violentata. Aggiungendo poi di essere fuggita appena ha potuto dal suo appartamento e che solo la mattina dopo è venuta a conoscenza della sua morte. La testimonianza della giovane amica acquisisce ancor più valore quando afferma di aver mentito fino a quel momento perché pensava che nessuno l’avrebbe creduta. Così come è successo a Stella alcuni anni prima e anche all’ex fidanzata di Chris, Linda (Emilia Roosmann), che aveva già precedentemente tentato di denunciarlo per abusi. Il processo si conclude come aveva pianificato Ulrika: con la terribile rivelazione di Amina, è introdotto nel caso un sospettato alternativo che distoglie l’attenzione dalla colpevolezza di Stella. E così la giovane Sandell viene liberata.

Ma quella di Amina è una “mezza verità” e, nel corso del finale della serie, ci sono dei flashback che dimostrano ciò che accadde realmente la notte dell’omicidio. Amina è stata drogata e violentata da Chris, ma è riuscita a fuggire solo grazie a Stella che, dopo essersi indispettita dell’assenza dell’amica quella sera, si è diretta verso casa di Chris per poi irrompere e salvare Amina. Le due ragazze sono fuggite via e Chris le ha inseguite fino a quando Stella è riuscita a reagire e lo ha pugnalato a morte.

La storia vera dietro la serie

Una famiglia quasi normale
Una famiglia quasi normale (A Nearly Normal Family) – (Da sinistra a destra) Alexandra Tyrefors nei panni di Stella e Christian Fandango nei panni di Chris. Courtesy of Netflix © 2023

Una famiglia quasi normale è un brillante thriller psicologico e poliziesco che racconta e affronta le complesse emozioni umane dell’intenso e intricato dramma familiare dei Sandell. Sebbene il romanzo di Edvardsson – da cui trae ispirazione la serie – possa sembrare tratta da una storia vera, durante un’intervista l’autore svedese ha spiegato che tutto è nato durante una notte solitaria. Edvardsson ha raccontato che iniziò per caso a riflettere sul suo ruolo di padre e su come reagirebbe innanzi alle avversità che travolgono i giovanissimi, soprattutto gli adolescenti.

“Ho due figlie, di tre e sei anni, e ho iniziato a pensare a cosa potrebbe accadere tra circa 10 anni, quando le mie figlie saranno, per esempio, fuori in centro con gli amici. Penso che ogni genitore possa identificarsi con quella paura di non sapere quando tuo figlio tornerà a casa. Quella notte ho poi immaginato cosa farei se, per caso un giorno, la mia futura figlia adolescente tornasse a casa dopo mezzanotte nascondendomi qualcosa di grave”, ha affermato lo scrittore. E cosa farei se mia figlia venisse portata via dalla polizia la mattina dopo, accusata di aver ucciso un uomo? Come reagirei? Fino a che punto mi spingerei a distorcere la verità per proteggerla?, ha inoltre aggiunto.

Infine, Edvardsson ha raccontato di come la sua esperienza di insegnante liceale gli è stata senz’altro d’aiuto per rendere i personaggi, e in particolare quello di Stella, autentici. Ha detto: “Non credo che avrei mai potuto scrivere questo libro se non fosse stato per il fatto che sono stato un insegnante di scuola superiore per 15 anni. So come interagiscono le diciottenni: conosco il loro mondo e so anche che genitori e adolescenti non sempre condividono tutto l’uno con l’altro. In alcuni casi estremi, sembra persino che non si conoscano bene. Questa è, infatti, una riflessione che volevo approfondire nel mio romanzo: quanto conosciamo davvero i nostri adolescenti?

Dunque, anche se Una famiglia quasi normale non nasce direttamente da fatti reali, il racconto di Edvardsson è senza alcun dubbio frutto di dure e difficili dinamiche familiari che accomunano tanti genitori e figli. L’inganno, l’omertà, il sentirsi soli e incompresi sono purtroppo gli elementi che più permettono al pubblico di empatizzare con i personaggi, proprio perché sentimenti sentiti così personali e vicini. Il risultato, tanto del romanzo quanto della serie Netflix, è un thriller che rapisce lo spettatore in una vorticosa indagine alla ricerca della verità, in cui la giustizia viene meno per lasciar spazio alla riflessione su quanto in là possa spingersi un genitore per amore dei propri figli.

Una famiglia quasi normale: recensione della serie thriller di Netflix

L’acclamato bestseller Una famiglia quasi normale (titolo inglese A Nearly Normal Family) dello scrittore svedese Mattias Evardsson arriva con la sua prima trasposizione televisiva sul piccolo schermo degli abbonati Netflix. La miniserie – composta da una stagione di 6 episodi di circa 45 min ciascuno – è diretta da Per Hanefjord (Hamilton, The Hidden Child) e scritta da Anna Platt (The Congregation, La verità verrà fuori) e Hans Jörnlind (Top Dog). I ruoli principali sono interpretati da Alexandra Karlsson Tyrefors, che debutta come attrice nel ruolo della giovane Stella, Lo Kauppi è la madre Ulrika e Björn Bengtsson recita nei panni del padre Adam Sandell.

Trama Una famiglia quasi normale

I Sandell sono, agli occhi degli altri, una famiglia quasi perfetta. Hanno una grande casa in un elegante quartiere della periferia di Lund, una bella figlia di nome Stella e due stimabili lavori: Ulrika è un’avvocata esperta e Adam è un gentile e rispettato pastore della Chiesa di Svezia. Ma la loro invidiabile e tranquilla vita viene improvvisamente scossa da un traumatico evento: durante un ritiro sportivo, la figlia quindicenne viene stuprata dall’assistente del coach. Esterrefatti e addolorati dall’accaduto, Ulrika e Adam decidono di non far denunciare la violenza per proteggere Stella da un eventuale processo che non avrebbe possibilità di vincere senza prove. È la parola di una ragazzina contro quella di un giovane uomo, chi la crederebbe? Scelgono, dunque, il silenzio, nella speranza di poter dimenticare e recuperare quella bella e invidiabile famiglia.

Quattro anni dopo, i Sandell si ritrovano a dover fronteggiare una nuova violenta crisi: la sera del suo diciannovesimo compleanno, mentre festeggia in un locale con la sua amica Amina (Melisa Ferhatovic), Stella incontra un affascinante e misterioso trentenne, Chris Olsen (Christian Fandango Sundgren), di cui si invaghisce perdutamente. Iniziano a frequentarsi e, dopo qualche tempo, l’uomo viene ritrovato morto. È così che un evento ancor più tragico di quello vissuto pochi anni prima bussa alla porta dei Sandell: Stella viene presa in custodia dalla polizia con l’accusa di omicidio. Ulrika e Adam, allibiti e sconfortati, si ritrovano ora coinvolti in una rete asfissiante di bugie e inganni dove faranno di tutto pur di liberare la loro Stella.

“Che cosa è successo? Vogliono aiutare la figlia a ogni costo, ma la conoscono davvero? E si conoscono l’un l’altra?”

La famiglia prima di ogni altra cosa

Una famiglia quasi normale è molto più di un freddo e intenso noir scandinavo. È, anche e soprattutto, un profondo dramma familiare che riflette su temi universali e, purtroppo, estremamente attuali. La serie di Hanefjord affronta il difficile rapporto genitori e figli, la violenza di genere, le ingiustizie giudiziarie. Racconta di tradimenti, di fede, dell’importanza dell’elaborazione del dolore, della difficoltà di saper riconoscere sempre la “cosa giusta da fare”.

Proprio per la ricchezza delle tematiche trattate, ciò che cattura davvero lo spettatore non sono la suspense o i particolari colpi di scena. Fin dall’inizio è, infatti, evidente chi sia il colpevole, ma resta un dato irrilevante. Il pubblico non può fare a meno di continuare la visione perché sente il bisogno di comprendere quello che è accaduto quella notte, di sapere semplicemente la verità nascosta dietro un mare di bugie e omissioni. Ciò che tiene davvero incollato allo schermo, quindi, è la storia di una famiglia come tante altre, “normale”, che si ritrova travolta da ingiustizie sociali e scelte sbagliate. È una storia sincera, disarmante, rumorosa e attuale che nel silenzio assordante di Stella dà voce a tante donne nel mondo, vittime di violenza e non, spesso condannate a un dolore indomabile, soprattutto quando sole, senza l’aiuto di professionisti e delle persone care.

Oltre al racconto, un altro punto di forza di questo thriller nordeuropeo è senza dubbio la grande attenzione alla psicologia dei personaggi. Hanefjord dà il meglio di sé affinché il pubblico possa leggere Stella, Ulrika e Adam al di là delle loro parole e delle loro azioni, invitandolo a soffermarsi sulle forti e sofferenti emozioni che li portano addirittura a tradire se stessi, la propria dignità e fede. Pur di proteggere Stella, Ulrika fa tutto ciò che è in suo possesso per poter raggirare i suoi colleghi, nascondere prove e giocare le migliori carte al processo. Così, allo stesso modo, Adam approfitta della propria immagine di pastore per poter ingannare l’accusa e tutelare la giovane.

Una famiglia quasi normale è, dunque, un appassionante e coinvolgente thriller che, nonostante la sua prevedibilità e l’assenza di una particolare maestria registica, entra a gamba tesa nel catalogo Netflix dedicato ai prodotti del Nord Europa, arricchendolo con un racconto degno e dalle nobili intenzioni.

Una famiglia perfetta: recensione del film di Paolo Genovese

Una famiglia perfetta: recensione del film di Paolo Genovese

Dopo l’ultimo successo, Immaturi – Il viaggio, Paolo Genovese torna al cinema con Una famiglia perfetta, una commedia di ambientazione natalizia. Protagonisti della nuova commedia  un cast d’eccezione composto da Sergio Castellitto, Marco Giallini, Claudia Gerini, Francesca Neri, Carolina Crescentini, Eugenia Costantini, Ilaria Occhini, Romuald Klos, Paolo Calabresi, Maurizio Mattioli, Sergio Fiorentini, Eugenio Franceschini, Giacomo Nasta, Lorenzo Zurzolo.

In Una famiglia perfetta Leone è un ricco cinquantenne, solo, che vuole provare per una volta a vedere come sarebbe stata la sua vita se si fosse costruito una famiglia. Così scrittura una compagnia  di attori che recitino per lui la parte della famiglia perfetta il giorno di Natale. Arrivano perciò in una villa sulle colline umbre il capocomico Fortunato/Marco Giallini, sua moglie Carmen/Claudia Gerini, Rosa/Ilaria Occhini, attrice dal glorioso passato, e i giovani che attendono l’occasione della loro carriera: Sole/Carolina Crescentini, Luna/Eugenia Costantini e Pietro/Eugenio Franceschini, oltre ai piccoli Daniele e Lorenzo. Tutti dovranno recitare la parte scritta per loro nei dettagli da Leone e nessuno dovrà andarsene fino alla fine della messinscena, o non verranno pagati. Inizialmente tutto sembra funzionare alla perfezione, ma sarà sempre più difficile conciliare finzione e realtà, anche per dei bravi attori: emergeranno gelosie, egoismi, rivalità, ma anche affetti e voglia di riuscire. Leone, poi, farà di tutto per mettere i bastoni tra le ruote alla famiglia.

Una famiglia perfetta, il film

Una famiglia perfetta

Paolo Genovese recupera qui, con padronanza di materia e mezzi, la corrosività, l’ironia graffiante della commedia all’italiana, dove non solo si ride, ma si riflette anche sul lato amaro della vita e degli uomini. Per far ciò si serve delle capacità ben note di Sergio Castellitto, che interpreta perfettamente il ruolo caustico di Leone: un vero cattivo, un cinico, un egocentrico, ma anche un uomo solo, cui manca l’affetto che non ha mai avuto, quello di una famiglia, però è incapace di viverlo, ora come allora, di rischiare. Questa è per lui una sfida a sé stesso, che vorrebbe vincere e perdere insieme. Gli altri personaggi, però, non sono forse da meno (a partire dal capocomico che pensa molto al compenso economico, ma non è il solo, fino all’anziana attrice che difende agguerrita il suo spazio nella recita): è un’umanità realisticamente egoista, mentre la rappresentazione fittizia del Natale svela l’ipocrisia di questo momento, anche in molte famiglie reali.

Il tutto è inquadrato da un valido soggetto e da una salda sceneggiatura, curate da Paolo Genovese assieme a Miniero e la seconda anche con Marco Alessi, per ottenere una storia articolata ma non farraginosa nell’intreccio, i cui meccanismi funzionano con precisione. Tiene abilmente insieme i due piani su cui è giocata, realtà e finzione, così come i registri comico e drammatico, oltre a riservare una piccola sorpresa. I dialoghi sono ben scritti ed efficaci le interpretazioni degli attori: Claudia Gerini è un’ottima Carmen, donna normale, ma non banale, coi piedi per terra, non furbetta, quanto legittimamente dubbiosa; Carolina Crescentini rende bene la frustrazione umana di Luna. Tutti si mostrano abili nel gioco dei doppi, rendendolo credibile. Un discorso a parte va fatto per l’interpretazione di Marco Giallini, che riesce a fare di Fortunato un personaggio comico e  spassoso al massimo, senza scadere nella macchietta, mentre in altri frangenti ci regala un’umanità fragile e drammatica che quasi commuove.

Il risultato finale è una commedia per tutti i gusti: chi ama più il divertimento ne apprezzerà il lato brillante, mentre chi predilige la riflessione esistenziale, la critica, lo smascheramento dell’ipocrisia, li troverà, assieme ad un lato sentimentale ma autentico, non stereotipato. Il finale resta aperto, non vuol essere consolatorio a tutti i costi, come spesso accade nelle commedie natalizie. Una famiglia perfetta, prodotta da Medusa Film (anche distributrice) e Marco Belardi, è nelle sale dal 29 novembre.

 

Una famiglia mostruosa: recensione del film con Cristiano Caccamo

Una famiglia mostruosa è il nuovo film di Volfango De Biasi. Con un cast che vanta i nomi di Massimo Ghini, Lucia Ocone, Lillo Petrolo, Ilaria Spada, Pippo Franco e Cristiano Caccamo, il regista mette in scena un racconto tragicomico e soprannaturale, fatto di malintesi e battute da cabaret.

Cosa succede in Una famiglia mostruosa?

Adalberto (Cristiano Caccamo) è fidanzato con Luna (Emanuela Rai): i due ragazzi vivono in città e studiano all’università. Quando Luna rivela ad Adalberto di essere incinta,  cambia l’armonia tra i due. Lui nasconde un segreto inconfessabile su di sé, che potrebbe essere rivelato dalla nascita di un figlio. Per risolvere la situazione, Adalberto deve per forza tornare alla casa dei genitori, presentando così a Luna la sua famiglia. Quella del ragazzo è una famiglia letteralmente mostruosa: un padre e una sorella vampiri, una madre strega, una nonna fantasma e uno zio zombie. Come se non bastasse, i parenti di Adalberto vivono isolati e disprezzano gli umani: le ostilità e le verità nascoste metteranno a dura prova la relazione dei due giovani, come anche il futuro di loro figlio.

Sketch comici e mostruosità

Con un cast del genere, la risata è assicurata in Una famiglia mostruosa. I genitori di Adalberto sono interpretati da Massimo Ghini, nei panni del conte Vladimiro, vampiro snob e senza polso, e Lucia Ocone, strega dispettosissima e arrogante. Coppia opposta è quella dei genitori di Luna: Lillo è il padre, un’imprenditore cafone arricchitosi in modo discutibile, mentre la madre è Ilaria Spada, nelle vesti della bella moglie appariscente. Entrambe le coppie funzionano e strappano continue risate nell’ironia gridata dei loro personaggi.

I genitori di Adalberto sono la caricatura dei personaggi legati ai racconti mostruosi, già ripresi ironicamente ne La famiglia Addams, Hotel Transylvania e tutto l’immaginario di Halloween. In Una famiglia mostruosa sembra però che il regista voglia forzare l’ironia, calcando un po’ troppo la mano. Stesso discorso vale per la coppia degli imprenditori romani: simpatici nella loro assurdità, ma che raccontano uno stereotipo italiano visto e rivisto.

Una famiglia MostruosaChi sono i veri mostri?

De Biasi unisce così una comicità tipicamente italiana, legata alla malagiustizia del nostro paese, ad una molto anglosassone, quella dei racconti dell’orrore divertenti. Il miscuglio che ne esce è, per restare in tema, un calderone non ben amalgamato. Mettendo a confronti i due mondi, Una famiglia mostruosa vuole chiedere allo spettatore: qual è la famiglia veramente mostruosa? E con mostruosa s’intende un po’ tutto: volgare, strana, brutta, poco affettuosa, scorretta. L’idea è interessante, ma il discorso non abbastanza profondo e la morale che resta sembra posticcia.

Barbara Bouchet e Pippo Franco nel cast di Una famiglia mostruosa

La trama del film sembra più che altro unire tutta una serie di siparietti comici tra i personaggi. Tra questi, fanno sorridere le parti lasciate al nonno di Luna, un anziano smemorato (Pippo Franco), e alla nonna di Adalberto, un fantasma che vaga per la villa (Barbara Bouchet). Nei loro ruoli, Franco e Bouchet sono le figure più sagge e distaccate dalle mostruosità dei figli e nipoti, facendo teneramente sorridere.

Il ruolo quasi marginale dei protagonisti

La coppia Caccamo-Rei, teoricamente protagonista del film, in realtà viene molto oscurata dal resto del cast. Come accade nella storia, i due personaggi principali hanno poco carattere e sono schiacciati dai membri delle famiglie ingombranti. Adalberto e Luna sembrano uscire di scena per buona parte del film, lasciando i riflettori ad attori con parti più colorite e più abili nell’interpretazione dei propri ruoli. Non aiutano la quasi totale mancanza di battute divertenti per la coppia, in contrasto con le raffiche che sparano continuamente gli altri personaggi.

Magia e freaks

La dimensione magica che è stata inserita in Una famiglia mostruosa non convince fino in fondo. De Biasi strizza l’occhio a moltissime commedie horror, da Frankenstein Junior agli Scary Movie, per non parlare del cinema di Tim Burton. I trucchi magici e gli effetti speciali usati non sono nulla di nuovo per il genere.

La parodia dell’horror è una novità nel cinema italiano. Forse anche per questo motivo, Una famiglia mostruosa spiazza lo spettatore per alcune scelte di stile che appaiono grottesche. In generale, vale la pena vedere il film per il tentativo, non perfettamente riuscito, di portare qualcosa di nuovo nell’ambito della commedia italiana. In ogni caso, il giudizio finale resta al grande pubblico.

Una famiglia mostruosa esce nelle sale italiane giovedì 25 novembre 2021.

Una famiglia Mostruosa: il trailer del film di Volfango de Biasi

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Una famiglia Mostruosa: il trailer del film di Volfango de Biasi

Ecco il trailer di Una famiglia Mostruosa, il film di Volfango de Biasi con Massimo Ghini, Lucia Ocone, Lillo, Ilaria Spada, Cristiano Caccamo, Emanuela Rei e con Paolo Calabresi, dal 25 novembre al cinema.

Una famiglia Mostruosa, la trama

Quando Luna e Adalberto scoprono di aspettare un figlio, per il ragazzo arriva il momento di presentare la fidanzata alla sua blasonata famiglia. Peccato che i suoi si rivelino “mostruosi” nel vero senso del termine: un padre vampiro, una madre strega, una nonna fantasma e uno zio zombie. Riusciranno a sopportare l’unione del loro rampollo con una comune mortale?

Una famiglia disfunzionale per Jim Rash e Nat Faxon

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Mentre il loro ultimo film, The Way, Way Back è stato recentemente presentato in occasione del Sundance Festival, Jim Rash e Nat Faxon, vincitori dell’Oscar 2011 per la miglior sceneggiatura non originale per Paradiso Amaro, hanno già cominciato a lavorare al loro terzo. film.

I due stanno collaborando con Fox Searchlight a un progetto ancora senza titolo, avviato ormai diversi mesi fa: una prima stesura sarebbe già stata redatta; ancora scarsi i dettagli riguardo la storia: si sa solo che al centro del film vi sarà una famiglia disfunzionale.

Rash e Faxon starebbero inoltre lavorano a un ulteriore progetto, un film d’azione con protagonista Kristen Wiig; nel frattempo, The Way, Way Back è in attesa di una data ufficiale d’uscita: del cast fanno parte Steve Carell, Toni Collette, Sam Rockwell e Liam James, mentre Rash ha recentemente scritto un episodio della quarta stagione della commedia Community, trasmessa dalla NBC.

Fonte:  CinemaBlend

Una Famiglia con Micaela Ramazzotti da Oggi al cinema

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Una Famiglia con Micaela Ramazzotti da Oggi al cinema

Debutta oggi al cinema Una Famiglia, il film con Micaela Ramazzotti che arriverà nelle sale grazie a BIM Distribution

Il film è stato presentato a Venezia e il regista ha così commentato: “Sono veramente onorato di essere in concorso a Venezia, un festival che ha una storia così importante, che ha ospitato i registi e gli attori più grandi del cinema contemporaneo. E sono felice di poter condividere questa esperienza con i miei attori. Sul set la storia ci ha molto coinvolto tutti dal punto di vista emotivo, Micaela ha fatto un grandissimo lavoro sul suo personaggio e mi emoziona l’idea di essere parte, con lei, con tutti loro, di una competizione così prestigiosa.”

Una Famiglia, la trama

Vincent è nato cinquant’anni fa vicino a Parigi, ma ha tagliato ogni legame con le sue radici. Maria, più giovane di quindici anni, è cresciuta a Ostia, ma non vede più la sua famiglia. Insieme formano una coppia che non sembra aver bisogno di nessuno e conducono un’esistenza appartata nella Roma indolente e distratta dei giorni nostri, culla ideale per chi vuole vivere lontano da sguardi indiscreti.

In più, Vincent e Maria sono bravi a mimetizzarsi: quando prendono il metrò, si siedono vicini, teneramente abbracciati. A volte cenano al ristorante, più interessati a guardarsi negli occhi che al cibo nei loro piatti. Quando tornano a casa, fanno l’amore con la passione degli inizi, in un appartamento di periferia che lei ha arredato con cura. Eppure, a uno sguardo più attento, quella quotidianità dall’apparenza così normale lascia trapelare un terribile progetto di vita portato avanti da lui con lucida determinazione e da lei accettato in virtù di un amore senza condizioni.

Un progetto che prevede di aiutare coppie che non possono avere figli. Arrivata a quella che il suo istinto le dice essere l’ultima gravidanza, Maria decide che è giunto il momento di formare una vera famiglia. La scelta si porta dietro una conseguenza inevitabile: la ribellione a Vincent, l’uomo della sua vita.

Una famiglia all’improvviso: la storia vera dietro il film

Una famiglia all’improvviso: la storia vera dietro il film

Una delle grandi regole non scritte del cinema è: parla di ciò che conosci. Solo così, infatti, si può dar vita a qualcosa realmente in grado di comunicare ad un ampio numero di persone. Il regista Alex Kurtzman ha dunque preso in parola tale detto per il suo debutto dietro la macchina da presa, andando a raccontare con il film Una famiglia all’improvviso una vicenda accadutagli realmente, riadattando però il tutto affinché non coincidesse interamente con la realtà. Insieme al suo storico collaboratore Roberto Orci ha dunque dato vita ad un racconto incentrato sulla famiglia e sul modo in cui questa può evolvere e cambiare in modi inaspettati.

Autore di film come The Island, The Legend of Zorro, Mission Impossible III, Transformers e The Amazing Spider-Man 2: Il potere di Electro, Kurtzman si è dunque allontanato da questi grandi blockbuster per dar vita ad un racconto molto più intimo, che parlando di famiglia porta ad una profonda riscoperta di sé stessi a partire dalla riscoperta delle proprie origini. Kurtzman – che poi tornerà ad occuparsi di blockbuster dirigendo nel 2017 il film La mummia con Tom Cruise – affronta dunque con grande tatto e sensibilità un tema universale.

Una famiglia all’improvviso (da non confondere con il film francese del 2016 Famiglia all’improvviso – Istruzioni non incluse con protagonista Omar Sy) è dunque un titolo da non perdere se si è in cerca di un film ricco di buoni sentimenti e capace di far emozionare scena dopo scena. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La trama e il cast di Una famiglia all’improvviso

Protagonista del film è Sam, un uomo d’affari sommerso dai debiti, costretto a lasciare New York per partecipare, seppur controvoglia, ai funerali del padre Jerry a Los Angeles, con il quale ha chiuso i rapporti da molto tempo. La lettura del testamento metterà poi Sam di fronte a un inatteso scenario: Jerry ha lasciato una smisurata somma di denaro non a lui, in quanto unico figlio, ma a una giovane sconosciuta di nome Frankie e al suo piccolo Josh. Il compito di consegnare i soldi all’estranea beneficiaria spetta proprio a Sam, naturalmente infastidito dall’idea che il padre abbia destinato tutti i suoi averi a quella che crede essere la sua giovane amante. Le cose cambieranno quando scoprirà che Frankie in realtà è sua sorella e Josh suo nipote.

Ad interpretare il protagonista Sam vi è l’attore Chris Pine, noto per essere stato il capitano Kirk nei film reboot di Star Trek e per aver anche recitato in Wonder Woman e Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri. Accanto a lui, nel ruolo di Frankie vi è invece l’attrice Elizabeth Banks. Un personaggio, il suo, per cui erano state considerate anche le attrici Rachel McAdams, Hilary Swank e Amy Adams.

L’attrice Michelle Pfeiffer interpreta Lillian, madre di Sam, un ruolo per cui era stata considerata anche Meryl Streep. L’attore Michael Hall D’Addario, scelto tra migliaia di candidati, interpreta invece il giovane Josh. Infine, Olivia Wilde è Hannah, compagna di Sam. Anni dopo l’attrice avrebbe diretto Pine nel suo secondo film da regista, Don’t Worry Darling.

Una famiglia all'improvviso storia vera

La vera storia dietro al film Una famiglia all’improvviso

Come rivelato nel corso di un’intervista dal regista, il film Una famiglia all’improvviso è parzialmente ispirato alla storia vera della sua famiglia e di come ha conosciuto solo da adulto i suoi fratellastri. “Ho conosciuto mia sorella quando ho compiuto 30 anni. Mio padre aveva avuto un’altra famiglia prima della nostra. Ne avevo sentito parlare quando ero già cresciuto un po’, ma non li avevo mai incontrati“, ha spiegato il regista.  “Poi io e mia moglie abbiamo iniziato a pensare di avere dei figli e questo ti porta a pensare alla tua famiglia e alle tue origini. Ho iniziato a pensare alla mia sorellastra e al mio fratellastro e a chiedermi chi fossero e come fossero“.

Poi una sera sono andato a una festa. Una donna si avvicinò e mi disse: “Sono tua sorella”. Così sono iniziati i sette anni in cui ho cercato di elaborare quella scoperta e la storia da cui poi è nato questo film, cercando di separare la verità dalla finzione. Quindi quello che vedete è per molti versi molto autobiografico e per altri versi c’è molta invenzione“, ha raccontato il regista. Kurtzman ha poi raccontato che da quando ha conosciuto i suoi fratellastri ha stretto un ottimo rapporto con loro e sono oggi molto legati. La storia del film si differenzia dunque per diversi aspetti da quella vissuta dal regista, ma resta quel desiderio di riscoprire la propria famiglia per scoprire meglio sé stessi.

Il trailer di Una famiglia all’improvviso e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Una famiglia all’improvviso grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Google Play, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 19 febbraio alle ore 21:10 sul canale La 5.

Una emozionante Featurette per Les Misérables!

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Una emozionante Featurette per Les Misérables!

Ecco un video di ben quattro minuti dietro le quinte de Les Miserables, il primo progetto cinematografico post Oscar di Tom Hopper

Una doppia verità: trama e cast del film con Keanu Reeves

Una doppia verità: trama e cast del film con Keanu Reeves

I cosiddetti legal thriller sono certamente una delle sottocategorie più affascinanti di quel vasto e sfaccettato genere che è il thriller. Numerosi sono i titoli che nel corso degli anni hanno fatto la fortuna di questo, portando le storie di avvocati, processi o questioni legate al mondo giudiziario a ritagliarsi il proprio posto di rilievo nel mercato cinematografico. Titoli come Il rapporto Pelican, Presunto innocente e Il cliente sono solo alcuni dei titoli più famosi. Negli ultimi anni si possono invece annoverare film come Michael Clayton, Il caso di Thomas Crawford e Una doppia verità (qui la recensione).

Diretto nel 2016 da Courtney Hunt, qui alla sua seconda opera dopo l’acclamato Frozen River, il film si configura come un avvincente thriller incentrato sul concetto di verità e su quanto questo possa dimostrarsi ambiguo. Scritto da Nicholas Kazan, figlio del celebre regista Elia, Una doppia verità si discosta dai canoni del genere portando avanti una ricerca introspettiva dei suoi personaggi, costruendo parallelamente una vicenda quantomai intricata, che gioca con lo spettatore e le sue aspettative. L’intento conclamato, infatti, era quello di mettere in scena la forte ambiguità tipica degli avvocati difensori.

Pur non essendosi affermato come un buon successo, cadendo parzialmente nell’anonimato, Una doppia verità ha il merito di affrontare in modo interessante tale concetto, dimostrando quante interpretazioni e versioni di questa possano davvero esistere. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Una doppia verità: la trama del film

Protagonista del film è l’avvocato difensore Richard Ramsey, il quale è da sempre convinto che la verità possa essere modellata a proprio piacimento nell’aula del tribunale. A metterlo fortemente in crisi a riguardo, però, si presenta il caso del giovane Mike Lassiter. Il ragazzo è stato sorpreso sulla scena del crimine, vicino al corpo senza vita di suo padre e per di più con un coltello insanguinato in mano. Davanti a queste prove schiaccianti, il giovane viene accusato di omicidio volontario e non sembra poterci essere altra versione rispetto a questa verità. Lassiter, tuttavia, è convinto di poterlo far scagionare.

Il caso si fa però più complesso del previsto quando Mike decide di chiudersi in un silenzio impenetrabile, negando ogni possibilità di collaborazione. Ciò costringe Richard a ricercare da sé prove a sufficienza per dimostrare l’innocenza del ragazzo, ammesso che egli possa esserlo davvero. Mentre nuovi elementi emergono a complicare la situazione e a indebolire la difesa già traballante di Richard, l’avvocato deve fare i conti con i metodi della nuova collega Janelle e la reticenza della madre di Mike, Loretta. Più si addentra nella storia della famiglia Lassiter, però più una serie di segreti indicibili verranno alla luce, facendo prendere alla vicenda una piega inaspettata.

Una doppia verità cast

Una doppia verità: il cast del film

Ad interpretare il ruolo del protagonista, l’avvocato Richard Ramsey, era originariamente stato contattato l’attore Daniel Craig. Questi, tuttavia, rinunciò al ruolo pochi giorni prima dell’inizio delle riprese, costringendo i produttori a trovare un sostituto. Ad ottenere il ruolo è così stato l’attore Keanu Reeves, celebre per serie di film action come Matrix e John Wick. Egli si è trovato qui ad interpretare nuovamente il ruolo di un avvocato, avendo già ricoperto una simile parte nel noto film del 1997 L’avvocato del diavolo. L’esperienza sviluppata per quel film, gli è così stata utile anche in questo caso, rendendolo credibile nella costruzione del personaggio.

Nel ruolo di Mike Lassiter, il giovane accusato dell’omicidio del padre, vi è l’attore Gabriel Basso, visto anche in Ithaca e il recente Elegia americana. Nei panni di suo padre, Boone, vi è l’attore Jim Belushi, celebre per la serie comedy La vita secondo Jim. La madre di Mike, Loretta, è invece interpretata dalla due volte premio Oscar Renée Zellweger. Per lei questo è stato il primo ruolo cinematografico dopo una pausa di sei anni. Nello stesso anno ha poi recitato anche in Bridget Jone’s Baby. Infine, nei panni dell’avvocatessa Janelle, vi è l’attrice Gugu Mbatha-Raw, celebre per l’episodio San Junipero di Black Mirror e per essere la giudice Ravonna nella serie dell’MCU Loki.

Una doppia verità: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Una doppia verità è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili, Google Play e Apple iTunes. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di giovedì 14 luglio alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

Una doppia verità: Keanu Reeves e Renée Zellweger al cinema dal 12 Aprile

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Arriverà al cinema il 12 Aprile, Una doppia verità film diretto da Courtney Hunt, con Keanu Reeves, Renée Zellweger, Jim Belushi, Gabriel Basso e Gugu Mbatha-Raw.

https://www.youtube.com/watch?v=jsTFNHmV7J0

Distribuito da Videa, Una doppia verità sarà in sala dal prossimo 12 aprile.

 

 

Sinossi

Una doppia veritàMike Lassiter (Gabriel Basso), ragazzo adolescente, uccide il padre violento (James Belushi). Un caso facile, un colpevole già scritto per tutti, ma non per l?ostinato avvocato difensione Richard Ramsey (Keanu Reeves), che ha promesso alla madre (Renée Zellweger) di scagionare suo figlio.

Dopo l?omicidio il giovane Mike decide di trincerarsi in un silenzio ostinato, non rispondendo ad alcuna domanda, dopo aver detto in prima battuta ?andava fatto tanto tempo fa?.

Un?apparente ammissione di colpa che non convince però Ramsey, intenzionato a portare alla luce la verità a qualunque costo. In un gioco di depistaggi e colpi di scena, si muovono testimoni non affidabili e personaggi ambigui,

accompagnando lo spettatore in un labirinto di menzogne per un processo che si trasforma, passo dopo passo, in un?adrenalinica corsa contro il tempo.

Ma se tutti mentono, qual è la verità?

Una doppia Verità recensione del film con Keanu Reeves

Una doppia Verità recensione del film con Keanu Reeves

In uscita nei cinema il prossimo 15 giugno, arriva anche in Italia Una doppia Verità, uno degli ultimi lavori di Keanu Reeves, uno degli attori hollywoodiani che più ha saputo conquistare il favore (e il cuore) del pubblico di tutto il mondo. Keanu potrebbe rappresentare di fatto l’unico reale polo di attrazione per indurre il pubblico a recarsi nelle sale per assistere ad un legal drama che più scontato non si può.

L’avvocato Ramsey (Keanu Reeves) deve difendere il diciassettenne Mike Lassiter (Gabriel Basso), colpevole – senza ombra di dubbio – di aver assassinato il padre (Jim Belushi). Tra gli spalti degli astanti, la madre e vedova interpretata da Renée Zellweger. Reeves dovrà arrivare ad una verità più o meno scomoda, bypassando l’aiuto del suo cliente, che non proferisce parola e sembra volersi autoaccusare.

L’intento conclamato della regista Courtney Hunt – per altro laureata in Legge – era quello di mettere in scena la forte ambiguità tipica degli avvocati difensori. Indipendentemente dalla propria colpevolezza, un imputato ha tutto il diritto di essere tutelato. In un’aula di tribunale, l’incessante ricerca della verità – che per antonomasia è suscettibile di interpretazione – può portare alla condanna o all’assoluzione dell’accusato.

«Credo ci sia una sola verità oggettiva nella storia» afferma la regista «ma ne otteniamo cinque versioni diverse». Questo perché, come ripete anche Reeves nel film, “tutti mentono alla sbarra”. I buoni propositi di regia e produzione non sono quindi mancati, ma ciò nonostante la storia pecca di eccessiva banalità. Non è solo il finale a risultare scontato, quanto tutto l’iter (giudiziario) per arrivarvi, compreso il telefonatissimo colpo di scena.

La sensazione principale è che si stia assistendo ad un episodio di serie tv che trattano temi giudiziari, come Law & Order, The Good Wife e compagni bella. E lo spettatore abituale è ormai troppo esperto in materia per apprezzare la piattezza della trama di Una Doppia Verità. Un plauso comunque va alle prove recitative di Keanu Reeves (alla faccia di chi afferma che non sa recitare), ansioso e ambiguo avvocato nonché amico di famiglia dell’imputato, e a Jim Belushi, qui nella parte del padre e marito violento, un ruolo sui generis rispetto ai suoi personaggi-standard,  goliardici e bonaccioni.

Altrettanto non può dirsi della Zellweger, irriconoscibile per fattezze fisiche e incapacità interpretativa. Per rifarsi gli occhi (e la mente) si veda il capolavoro di Billy Wilder, Testimone d’accusa.

Una donna promettente: la Universal si scusa per il doppiaggio di Laverne Cox

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Una donna promettente, il film di Emerald Fennell con protagonista Carey Mulligan, vincitore dell’Oscar 2021 alla migliore sceneggiatura originale, sarebbe dovuto arrivare nelle sale italiane lo scorso 13 maggio. Tuttavia, all’ultimo minuto, la divisione italiana della Universal Pictures ha deciso di posticiparne l’uscita al prossimo 24 giugno.

Il motivo di questo ennesimo rinvio è dovuto ad una protesta sorta nei confronti del doppiaggio italiano. Come riportato dal Guardian, nella versione italiana del film, a prestare la voce al personaggio di Gail interpretato dall’attrice transgender Laverne Cox era stato chiamato l’attore Roberto Pedicini. In seguito alla diffusione di una clip ufficiale tratta dal film, in cui era possibile ascoltare anche la voce di Pedicini, si sono scatenate sul web una serie di polemiche.

Proprio per questo, la Universal ha deciso di tornare in sala doppiaggio per rimediare all’errore. In merito all’accaduto, la Universal Pictures International ha rilasciato la seguente dichiarazione ufficiale: “Siamo profondamente grati a Laverne e alla comunità transgender per averci aperto gli occhi su un pregiudizio che né noi né molti nel nostro settore avevamo riconosciuto. Sebbene non vi fosse alcun intento dannoso dietro questo errore, stiamo lavorando diligentemente per risolverlo. Abbiamo iniziato a doppiare la voce della signora Cox con attrici donne nei nostri territori internazionali e stiamo posticipando le date di uscita per garantire che sia disponibile la versione corretta. Ci dispiace per il dolore causato, ma siamo grati di poter affrontare una situazione del genere con questo film e impedire che errori simili si ripetano su progetti futuri.”

In Spagna Una donna promettente è già uscito lo scorso 16 aprile. ll personaggio di Laverne Cox sarà doppiato nuovamente per l’uscita del film in home video. In passato l’attrice era già stata doppiata da uomini, come nelle serie Doubt – L’arte del dubbio, The Mindy Project e Orange Is the New Black, in cui a prestarle la voce era stato il doppiatore Andrea Lavagnino.

La sinossi ufficiale di Una donna promettente

Tutti dicono che Cassie (Carey Mulligan) era una giovane donna promettente… fino ad un misterioso evento che ha brutalmente dirottato il suo futuro. Nella vita di Cassie però nulla è come sembra: è perfidamente intelligente, seducente e astuta, e vive una doppia vita segreta di notte. Ora un incontro inaspettato sta per dare a Cassie l’opportunità di rimediare agli errori del passato in questa avvincente e emozionante storia.

Una donna promettente: la storia vera dietro il film

Una donna promettente: la storia vera dietro il film

Primo film diretto da Emerald Fennell, Una donna promettente (qui la recensione) racconta la storia di Cassandra “Cassie” Thomas (Carey Mulligan), una studentessa che ha abbandonato la facoltà di medicina e la cui vita sembra essere bloccata in un limbo. Non ha un fidanzato, lavora in un bar e vive con i suoi genitori. Si scopre che ha lasciato la facoltà di medicina insieme alla sua amica Nina dopo che quest’ultima è stata violentata mentre era sotto l’effetto dell’alcol. Da allora Nina è morta.

Sebbene il suo stupratore non sia mai stato punito, Cassie ha trovato un modo per espiare il suo peccato. Una volta alla settimana va in un nightclub e finge di essere ubriaca finché un uomo non le si avvicina con il pretesto di aiutarla. Questi la portano quasi inevitabilmente a casa loro, dove cercano di approfittare di lei mentre è profondamente ubriaca. A quel punto lei fa loro capire di essere perfettamente sobria, spaventandoli a morte.

Dopo aver scoperto che lo stupratore della sua amica e gli altri coinvolti nel caso conducono una vita normale, Cassie intraprende poi un percorso di vendetta. Il film sovverte però le aspettative del pubblico non trasformandosi in un thriller exploitation. Al contrario, attraverso il suo finale straziante, prende una strada molto più cupa, continuando a puntare il dito contro la società. Una donna promettente sembra scomodamente una storia vera, ma lo è davvero? In questo articolo approfondiamo proprio questo aspetto.

Una Donna Promettente spiegazione finale film
Carey Mulligan in Una donna promettente. Foto di © Focus Features

La storia vera dietro Una donna promettente

Sebbene Una donna promettente non sia basato su una storia vera in senso stretto, Emerald Fennell ha più volte dichiarato di aver tratto ispirazione da esperienze vissute da donne reali e dal contesto sociale che ha preceduto e accompagnato il movimento #MeToo. La regista e sceneggiatrice ha spiegato che l’idea per il film è nata dal desiderio di esplorare la cultura dello stupro e la normalizzazione del comportamento predatorio nei confronti delle donne, soprattutto in contesti apparentemente sicuri come feste universitarie o ambienti di lavoro.

Quello che succede a Nina è uno stupro da appuntamento, qualcosa che è diventato inquietantemente comune nei campus di tutto il mondo. Come mostrato nel film, l’atto è spesso preceduto da un consumo eccessivo di alcol e/o dalla somministrazione di una droga da appuntamento. Le vittime tendono ad essere prevalentemente altre studentesse universitarie, di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Anche la maggior parte dei responsabili rientra in quella fascia d’età. Negli ultimi anni, questo fenomeno è diventato sempre più diffuso nei locali notturni. Il titolo del film si riferisce sia a Cassie che a Nina.

Erano giovani donne brillanti destinate a un futuro brillante, fino a quando qualcosa di così vile come lo stupro non ha portato via loro il futuro. L’intento non era quindi raccontare un caso specifico, ma dare voce a un sentimento diffuso: quello della rabbia silenziosa e persistente di molte donne verso un sistema che tende a giustificare o minimizzare le aggressioni. Attraverso il film, Fennell satirizza l’espressione “non tutti gli uomini” dimostrando ripetutamente che i sedicenti “uomini gentili” non sono molto diversi dai cosiddetti maschi alfa. Gli uomini che appartengono al primo gruppo fingono solo di essere più gentili e premurosi.

Uno degli spunti principali è quindi arrivato dalla rappresentazione mediatica dei cosiddetti “bravi ragazzi”, spesso protetti da una narrazione che li vede come inconsapevoli o “vittime delle circostanze” anche quando sono responsabili di comportamenti gravi. Fennell ha voluto proprio mettere a nudo quella zona grigia della responsabilità maschile, ponendo domande scomode e capovolgendo l’archetipo della vendetta femminile. Come dice Cassie una volta nel film, quasi tutti i potenziali stupratori che cattura durante le sue escursioni notturne sono questi “uomini gentili”.

Carey Mulligan in Una donna promettente
Carey Mulligan in Una donna promettente. Foto di © Focus Features

La regista ha dunque preso una decisione consapevole quando ha scelto Adam Brody, Max Greenfield, Chris Lowell, Christopher Mintz-Plasse e Bo Burnham per questi ruoli. “Non volevo scegliere un sacco di goblin malvagi”, ha dichiarato in un’intervista. “Volevo scegliere persone che tutti noi vorremmo apprezzare. Quando senti qualcosa su qualcuno che ami, non vuoi crederci”. La sceneggiatrice e regista ha aggiunto: “Voglio mettere alla prova le nostre affiliazioni e lealtà in ogni fase. È molto più interessante che dire: ‘Oh, beh, lui è cattivo e spero che muoia’”.

Questo contrasto serve a sottolineare quanto la violenza possa annidarsi nei luoghi più familiari e nei volti più rassicuranti. L’ispirazione è però anche letteraria e cinematografica: il film richiama toni e temi di thriller come Hard Candy, ma è anche influenzato da romanzi sulla rabbia repressa e sulla disillusione come Lolita o American Psycho, filtrati però attraverso una prospettiva profondamente femminile. Inoltre, Fennell ha tratto ispirazione dalla cultura pop e dai suoi codici visivi per costruire un’estetica volutamente contraddittoria.

Si ritrovano infatti nel film colori pastello, musica pop romantica, ambientazioni quasi da commedia romantica che contrastano radicalmente con i contenuti violenti e cupi della storia. Il risultato è un’opera che, pur essendo di finzione, nasce da una realtà sociale ben riconoscibile e si fa portavoce di un’esigenza collettiva: quella di essere ascoltate, credute e vendicate. Alla luce di ciò, non sorprende che Una donna promettente abbia ricevuto molti riconoscimenti per aver descritto fedelmente l’atteggiamento indifferente della società nei confronti delle vittime.

Una donna promettente: la recensione del film con Carey Mulligan

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Una donna promettente: la recensione del film con Carey Mulligan

Far sentire la propria voce è un lavoro difficilissimo, soprattutto quando questa voce è stonata, lontana dagli archetipi, anche se offre strumenti per farsi riconoscere ma allo stesso tempo sfugge alla catalogazione. È quello che fa Emerald Fennel, è quello che fa il suo film, Una donna promettente, è quello che fa la sua protagonista Cassie, attraverso il corpo di Carey Mulligan. 

La trama di Una donna promettente

Per il suo esordio alla regia, la sceneggiatrice /attrice Fennel sceglie di raccontare la storia di una giovane donna promettente, una studentessa in medicina brillante, con un futuro radioso che, a seguito di un bruttissimo incidente, che causerà la morte della sua più cara amica, anche lei giovane e promettente, lascia gli studi, abbandona le sue ambizioni e vive in silenzio, in ombra, con un lavoro poco ambizioso e nessuna interazione sociale, a parte quelle che le “servono” per sfogare il suo infinito rancore, la sua rabbia, la sua sete di vendetta.

Il trauma di Cassie si dipana davanti agli occhi dello spettatore in maniera graduale, le sue intenzioni si strutturano a mano a mano che scaviamo dentro a quel trauma, seguendo un percorso che si svela fino ad indicare precisamente quale sarà la decisione ultima della protagonista. E a quel punto arriva l’epifania: siamo di fronte ad un raffinatissimo e allo stesso tempo super pop revenge movie, un genere che nel post – MeToo assume un significato retroattivo importantissimo, per tutte le storie che non sono state raccontate, per tutte le voci che non sono state ascoltate. Pur trovandosi al posto giusto nel momento giusto, Promising Young Woman è anche un esercizio di stile e di scrittura, un lavoro di ricerca di inquadrature simmetriche che, neanche per un momento, rinuncia alla vivacità dei colori pastello e alla bellezza dell’immagine, nonostante stia raccontando una crudeltà senza limiti e la discesa all’inferno dell’essere umano.

Black Humor e consapevolezza

Lo sguardo di Fennel è spietato, condanna senza appello i cattivi, glorifica la vittima e lo fa con eleganza, un tocco di black humor, la costante consapevolezza che si sta raccontando una storia importante.

Quello che resta a fine film, oltre allo shock emotivo, è la consapevolezza di quanto Una donna promettente racconti una storia realistica, terribilmente attuale e più vicina ai toni della cronaca che a quelli della fiction. Allo stesso tempo, la storia di Cassie, la sua rabbia, la sua vendetta, il comportamento dei suoi aguzzini e di ognuno dei personaggi maschili raccontati nel film mostra in maniera chiara che l’unica via di rieducazione e riabilitazione è l’educazione, a partire dalla più tenera età, al rispetto, alla reciprocità, al piacere non più visto come colpa ma come pulsione vitale. Non è certo questo il posto per la compassione né per la commiserazione dei colpevoli, e Fennel non cade nel tranello, resta salda dalla parte della sua straordinaria protagonista, una Carey Mulligan intensa e straziante. 

Carey Mulligan al centro della scena e dell’inquadratura

L’attrice che si rivelò al mondo in An Education, la storia della formazione alla vita di una giovane donna, conferma il suo talento cristallino con un ruolo molto difficile, che lavora per sottrazione, introiettando tutte le violentissime emozioni che prova e affidando a micro-espressioni e a gesti controllati l’esito della sua performance. 

L’utilizzo della musica nel film non fa altro con corroborare lo sfasamento tra apparenza e realtà, tra ciò che appare, che “suona”, e ciò che è in realtà, come il fidanzato pediatra di Cassie, nella parentesi romantica a metà film, o come la vecchia amica del college, che adesso tra bebè appena nati, vita perfetta e marito ricco, teme anche la più piccola macchia sul suo curriculum. 

Un esordio eccellente

Emerald Fennel confeziona un lavoro eccellente, costruisce una cornice esteticamente splendida che flirta con la simmetria dell’immagine e la bellezza delle inquadrature, trai toni pastello pop e “infantili”, scegliendo questo linguaggio rassicurante per raccontare una delle storie più nere che il cinema abbia raccontato in questo periodo.

Una donna promettente trova la sua voce, una voce di rabbia, di dolore, di vendetta, una voce di donna che lontana da qualsiasi rappresentazione cristallizzata libera il suo potenziale e alla fine, nella maniera più amara e cattiva, vince la sua battaglia.

Una donna promettente: clip con Carey Mulligan

Una donna promettente: clip con Carey Mulligan

Universal ha diffuso la clip dal film Una donna promettente con protagonista Carey Mulligan.

https://www.youtube.com/watch?v=on4TjI_jo40&feature=youtu.be

Dalla visionaria regista Emerald Fennell (Killing Eve) arriva un nuovo appassionante thriller sulla vendetta. Tutti dicono che Cassie (Carey Mulligan.) era una giovane donna promettente… fino ad un misterioso evento che ha brutalmente dirottato il suo futuro. Nella vita di Cassie però nulla è come sembra: è perfidamente intelligente, seducente e astuta, e vive una doppia vita segreta di notte. Ora un incontro inaspettato sta per dare a Cassie l’opportunità di rimediare agli errori del passato in questa avvincente e emozionante storia.

Una Donna Promettente, la spiegazione del finale del film

Una Donna Promettente, la spiegazione del finale del film

Potreste amare il film con Carey Mulligan Una Donna Promettente (la nostra recensione). Potreste odiarlo. Potreste esserne indifferenti. Ma una cosa sembra quasi certa: proverete forti emozioni per il suo finale.

La maggior parte di Una Donna Promettente (Promising Young Woman) sembra un’abile rivisitazione dei film di exploitation, in cui qualcuno che ha subito un torto si vendica. Mulligan interpreta Cassie, la cui migliore amica, Nina, è stata violentata quando le due frequentavano la facoltà di medicina. Nonostante Nina abbia denunciato lo stupro e nonostante ci fossero delle prove video, nessuno a scuola ha preso sul serio le sue affermazioni e ha punito i colpevoli. Sia Nina che Cassie hanno lasciato la scuola e si lascia intendere che Nina sia morta suicida.

Ora Cassie vendica abitualmente Nina andando nei bar e fingendo di essere ubriaca. Inevitabilmente, un uomo la porta a casa e inevitabilmente cerca di andare a letto con lei senza il suo chiaro consenso. Prima che lui possa farlo, lei rivela il suo stratagemma, parlandogli in modo convincente e terrorizzandolo al pensiero di quello che ha appena fatto. (Inevitabilmente, gli uomini tentano di ritorcere la loro situazione contro Cassie, ma il film non prende sul serio la loro reazione, a suo merito).

Il piano di Cassie prevede anche una vendetta più diretta nei confronti delle persone che incolpa per la morte di Nina, tra cui un ex amico che li ha lasciati a bocca asciutta, l’avvocato che ha difeso lo stupratore di Nina in tribunale e il preside del college. Ma la persona in cima alla lista di Cassie, com’era prevedibile, è lo stupratore di Nina, Al. E Al sta per avere un addio al celibato.

Seguono importanti spoiler su Una Donna Promettente (Promising Young Woman)

Cassie ottiene il luogo della festa di Al da Ryan, il ragazzo con cui esce per gran parte del film, finché non si rende conto che anche lui non ha fatto nulla per aiutare Nina mentre veniva violentata di fronte a numerose persone durante una festa. (Una Donna Promettente non racconta mai quello che è successo a Nina, né lo dice veramente, ma si capisce comunque cosa è successo perché la storia di Nina è così tristemente comune nel nostro mondo).

Così Cassie si traveste da spogliarellista e si presenta all’addio al celibato di Al, dove compirà il suo ultimo atto di vendetta: incidere il nome di Nina sulla pelle di Al dopo averlo ammanettato al letto.

Ma le cose non vanno secondo i piani. Ed è qui che nel film accade un punto di svolta sorprendente.

È come se l’intera trama di Una Donna Promettente fosse stata invertita da ciò che accade alla fine del film.

Una donna promettente Max Greenfield
Courtesy of © Focus Features

Ecco cosa succede: Al si libera da una delle manette e riesce a soffocare Cassie con un cuscino. Lei muore. Il film cambia prospettiva per seguire Al e il suo amico Joe mentre cercano di coprire il loro crimine. Più tardi, al matrimonio di Al, l’atto finale del piano di Cassie si compie quando la polizia si presenta per arrestare Al per l’omicidio di Cassie. La donna aveva inviato il luogo dell’addio al celibato all’avvocato pentito che aveva difeso Al nel caso di stupro, avvisandolo che aveva intenzione di essere presente, nel caso in cui fosse scomparsa. Lui ha contattato la polizia. Alla fine Al è finito in prigione.

Questi sviluppi racchiudono gli ultimi 15 minuti di un film, anche se si accetta il fatto che Una Donna Promettente ha già fatto accadere molti altri punti di svolga ancor prima di arrivare al finale. Ma la morte di Cassie ci ha fatto capire quale fosse l’obiettivo della sceneggiatrice/regista Emerald Fennell: Ci stava costringendo a vedere quanto profondamente il punto di vista di ragazzi come Al abbia soffocato la nostra cultura pop.

“L’addio al celibato va a rotoli quando muore la spogliarellista e/o la lavoratrice del sesso” è ormai un cliché, ma la maggior parte delle storie di questo tipo sono raccontate dal punto di vista dei partecipanti all’addio al celibato, non da quello della spogliarellista o della lavoratrice del sesso. Poiché Una Donna Promettente è così profondamente incentrato su Cassie, l’improvviso passaggio a una trama che sembra appartenere a un altro film è incredibilmente stridente. Tuttavia, questa stridente qualità ha uno scopo: aiuta gli spettatori a capire che la versione più tipica di questo film trasformerebbe la spogliarellista in un cadavere usa e getta – non le permetterebbe mai di essere la protagonista.

“Come appare questa storia dal punto di vista di uno dei personaggi minori?” è una domanda utile che ogni scrittore deve porsi riguardo a ciò che sta scrivendo. Ma ciò che Fennell ha fatto in Una Donna Promettente è stato concentrarsi su un intero tropo attraverso il punto di vista della persona più spesso trattata come un sacrificio necessario per portare avanti la trama.

In effetti, saremmo molto sorpresi se Una Donna Promettente non fosse un’opera inversa, solo un po’, da “Che aspetto ha la storia della spogliarellista che muore all’addio al celibato se è raccontata dal punto di vista della spogliarellista?”. Ricordandoci forzatamente di chi sarebbe la storia – ovvero di Al e Joe – Una Donna Promettente spinge il pubblico a riconsiderare tutti i cadaveri di donne senza nome che abbiamo visto in altri film e show televisivi, quelli che danno il via a una storia sugli uomini nelle loro vaghe vicinanze, a volte gli uomini che hanno effettivamente ucciso quelle donne.

Con questa scelta ci sfida anche a spostare la nostra empatia da Cassie ad Al o Joe. Il pubblico ha la tendenza a dare un po’ di tregua a un protagonista, e una volta che Cassie è morta, a Una Donna Promettente manca del tutto un protagonista. Al potrebbe intervenire per riempire questo vuoto. Dopo tutto, nessuno di noi vorrebbe che una donna vendicativa incidesse il nome della sua migliore amica sulla propria pelle.

Ecco perché il finale del film, in cui Cassie manda Al in prigione dall’oltretomba, è così importante. Senza di esso, il film non si concluderebbe solo con una nota negativa, ma comprometterebbe attivamente tutto ciò che è accaduto prima e rischierebbe di lasciare agli spettatori il ricordo primario di un altro uomo terribile che la fa franca per una cosa terribile.

Ma, sì, le fasi finali del piano di Cassie sono un po’ poco plausibili. O forse no?

La domanda su quale sia il genere a cui appartiene Una Donna Promettente è molto importante per il suo finale.

Una donna promettente

Prima di diventare un film su un addio al celibato finito male, Promising Young Woman passa agilmente tra tre generi molto diversi: la commedia romantica, il thriller d’exploitation e lo studio del personaggio. Il genere a cui appartiene più propriamente è l’ultimo, poiché l’azione del film è per lo più dedicata a cercare di capire cosa fa scattare Cassie. Ma per capire cosa fa scattare Cassie è necessario seguirla mentre terrorizza i ragazzi che la riaccompagnano a casa dal bar o affronta le persone che ritiene responsabili della morte di Nina (la trama del thriller d’exploitation del film). E poi bisogna anche vedere chi è Cassie nel contesto della sua relazione con Ryan (il suo lato da commedia sentimentale).

Ma nei momenti conclusivi di Una Donna Promettente, quando il piano di Cassie fa cadere Al al suo stesso matrimonio, il film punta tutto sul thriller d’exploitation. La commedia sentimentale è finita, con Ryan che si è rivelato un uomo di merda come tutti gli altri. E poiché Cassie è morta, anche lo studio del personaggio è finito, perché non possiamo più approfondire la sua conoscenza. In effetti, se il film fosse stato un puro studio dei personaggi, Al e Joe l’avrebbero probabilmente fatta franca. Ma poiché Promising Young Woman ha ancora una carta da thriller d’exploitation nella manica, mette in atto un ultimo trucco.

I thriller di sfruttamento spesso coinvolgono persone tradizionalmente svantaggiate che affrontano chi detiene il potere. Cassie, per esempio, è una donna che lotta contro la cultura dello stupro e il patriarcato, quindi le persone che affronta sono degli ubriachi di merda che si credono bravi ragazzi. I thriller di sfruttamento finiscono quasi sempre con una sorta di vittoria dell’eroe, per quanto donchisciottesca. Anche se l’eroe muore, sarà fatta giustizia. (Un altro esempio famoso, tratto da un altro film che utilizza le caratteristiche del thriller d’exploitation per i propri scopi: Kill Bill, che termina con il suo eroe che si allontana verso il tramonto dopo aver ucciso tutti coloro che l’hanno usata, abusata e oppressa).

Il finale di un thriller d’exploitation è proprio il finale di Una Donna Promettente. Molti spettatori potrebbero essere contrariati dal fatto che molte cose devono andare per il verso giusto perché il piano di Cassie funzioni: Deve sperare che l’avvocato faccia la cosa giusta, deve sperare che la polizia prenda sul serio un messaggio dall’oltretomba, deve persino programmare una serie di messaggi da inviare a Ryan (che sta partecipando al matrimonio di Al) proprio nel momento giusto per ottenere il massimo impatto drammatico.

Nel contesto di un thriller d’exploitation, tutto questo è assolutamente ragionevole. La sequenza finale a cascata di Una Donna Promettente non è più incredibile di quella di Cassie che va a casa con dozzine di uomini, li umilia e li spaventa, e poi non incontra alcun problema oltre a quello di arrabbiarsi con lei. All’interno di questo genere, le regole della realtà sono legittimamente un po’ più rigide.

Ho un test che a volte applico alle opere di fiction, soprattutto ai film. Lo chiamo il test “Sarebbe un film altrimenti?”. Con questo intendo dire che se trovo che qualcosa che accade in un film sia implausibile ma non impossibile, considero se il film avrebbe avuto lo stesso successo senza di esso. Il piano di Cassie che si sta mettendo in atto è sicuramente credibile, ma si può anche spiegare, più o meno, come ci riesca. È poco plausibile ma non impossibile. A mio parere, la storia di Cassie non sarebbe stata un gran film senza la sua vendetta postuma. La sua morte avrebbe mostrato quanto le donne siano usa e getta in un mondo gestito da uomini, un punto che la Giovane promessa ha già sottolineato e sovvertito molte volte prima della sua morte.

Se immaginiamo che gli eventi di questo film si verifichino nella vita reale, l’unico modo in cui potrebbero assurgere al livello di una storia che, ad esempio, farebbe notizia a livello nazionale (o almeno in uno dei più popolari subreddit di notizie insolite) sarebbe se Cassie riuscisse davvero a portare a termine l’improbabile epilogo del film. Pertanto, Una Donna Promettente non sarebbe un film senza i suoi momenti finali. Hanno messo un fiocco su qualcosa che per la maggior parte del tempo si è rifiutato di essere messo un fiocco.

Se tutto questo sembra un po’ come scrivere un intero problema di matematica a ritroso rispetto alla sua risposta, beh, è così. Più o meno. La Fennell ha distorto diversi eventi del suo film per arrivare alla scena finale, un approccio che sembra un imbroglio in uno studio sui personaggi, ma che risulta trionfante in un thriller d’exploitation.

Ma credo che questo sia anche la chiave del suo punto di vista più ampio. Il mondo in cui viviamo e le storie che raccontiamo sono così sbilanciate verso il punto di vista di ragazzi etero, bianchi e cis, che dobbiamo immaginare una donna iperintelligente con un’inestinguibile sete di vendetta che li colpisce dall’oltretomba per poter contemplare qualcosa di simile alla giustizia. Cosa ci dice questo del mondo in cui viviamo e delle storie che raccontiamo?

Una donna per amica: recensione del film con Fabio De Luigi

Una donna per amica: recensione del film con Fabio De Luigi

Forse è bene partire dagli obiettivi che un regista o chi per lui si pone sin dai primi momenti di realizzazione di un film. Giovanni Veronesi probabilmente con Una donna per amica aveva l’obiettivo di rimanere ancorato al discorso del “reale” e sotto questo punto di vista, ha portato a casa sufficientemente il risultato, descrivendo situazioni che, pur modellate gioco – forza per poter gestire con scioltezza la sceneggiatura,  non si discostano troppo da ciò che è possibile ritrovare nella “vita vera”.

E ancora, un ulteriore obiettivo prefissato poteva essere quello di affrontare i temi con leggerezza ed ironia, ed anche in questo caso gli esiti sono vicini ad una sufficienza di fondo, dove non c’è spazio per pesanti approfondimenti o riflessioni su questioni esistenziali. Ma se si trattasse di voler aggiungere qualcosa di nuovo, non solo per offrire uno spunto di riflessione ulteriore sul tema trattato, ma anche solo per discostarsi dal raccontare sempre lo stesso tipo di cinema, o la stessa linearità di fondo, siamo ancora (molto) lontani. E probabilmente non ce n’è neanche l’interesse.

Una donna per amica, il film

Una donna per amica

In Una donna per amica, Francesco (Fabio De Luigi), avvocato e consigliere comunale, è il migliore amico di Claudia (Laetitia Casta), con cui vive un rapporto  davvero profondo in tutti i sensi, che però non si è mai tramutato in qualcosa di più di una semplice amicizia. Ma tra storie più o meni brevi che l’uno e l’altra portano avanti con altrettanti e rispettivi partner, Francesco comincia forse a provare qualcosa di più e a chiedersi fino a che punto possa esistere l’amicizia tra uomo e donna.

Immediatamente sotto l’occhio è la coppia di protagonisti De Luigi – Casta : in termini assoluti funziona, anche se preferiamo il buon Fabio nelle sue vesti di “personaggio al servizio di altri personaggi”, da lui stesso interpretati (in Mai dire Gol et similia), con numeri più brevi ed una comicità ininterrotta.  La Casta, aiutata forse più dal suo fascino, recita un ruolo più interessante e forse studiato maggiormente, per renderlo il più vicino possibile a quello di una mente femminile della vita reale. E poi c’è tutto il contorno, dove spicca il personaggio interpretato magistralmente da Virginia Raffaele, una donna che parla talmente veloce che a malapena si riesce a capire quello che dice.

Una commedia leggera, con poche pretese, dove Veronesi ha costruito il film non allontanandosi molto dai suoi schemi consolidati, vincenti o meno. Fallisce nell’esprimere punti di vista approfonditi o innovativi sulla questione amicizia uomo-donna e  resta a galla più per le solite, neanche così riuscite, situazioni fini a se stesse, a riprova che spesso il cinema italiano contemporaneo privilegia le singole gag alle idee o alla costruzione di fondo.  Se vengono a mancare anche queste, è la fine.

Una donna per amica Trailer del film di Giovanni Veronesi

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Guarda il Trailer del nuovo film di Giovanni Veronesi, Una donna per amica, che vede protagonisti  Fabio De Luigi e  Laetitia Casta nel ruolo di due giovani belli e molto amici.  Il film arriverà al cinema dal 27 febbraio.

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Francesco e Claudia sono belli, giovani e molto amici. Lui è un avvocato, impacciato e spiritoso. Lei fa la veterinaria, un’anima libera e anticonformista. Tra loro non ci sono segreti, ma quando nella vita di Claudia arriva Giovanni e lei decide di sposarlo, Francesco si accorge che l’amicizia fra uomo e donna è più complicata del previsto. Equivoci, sentimenti e grandi risate nell’eterno incontro-scontro tra uomo e donna. Il re del divertimento Fabio De Luigi e la splendida Laetitia Casta sono destinati a diventare la nuova coppia d’oro della commedia italiana.

Una donna per amica-Film

 

Una donna per amica conferenza stampa del film con Fabio De Luigi

Una donna per amicaSi è svolta oggi 24/02/2014 presso il The Space Cinema Moderno di Piazza della Repubblica, la conferenza stampa di presentazione di Una donna per amica, nuova pellicola diretta da Giovanni Veronesi. Alla conferenza erano presenti lo stesso regista ed il cast formato da Fabio De Luigi, Laetitia Casta, Monica Scattini, Geppi Cucciari, Virginia Raffaele, Valeria Solarino, Valentina Lodovini, Adriano Gannini.

Una prima domanda ha riguardato la considerazione che Fabio De Luigi nutre nei confronti di Laetitia Casta, sul set ma anche nella vita ed è stata chiesta la stessa cosa anche all’attrice francese.

Fabio De Luigi: “Il rapporto con Laetitia è stato una cosa meravigliosa…lei è arrivata molto determinata, perché è una cazzuta, una persona che ha preso il ruolo in questo film con la giusta serietà e il giusto piglio. Addirittura più di me…a me piace molto ripetere le scene, riprovarle anche tante volte, ma a lei molto di più. Anche perché ha fatto un lavoro molto difficile, ovvero recitare una commedia in una lingua diversa dalla sua, ma riuscire a dare tutte queste sfumature al personaggio. Quindi mi sono trovato benissimo.”

Laetitia Casta: “Fabio mi ha fatto lavorare tutti i giorni delle riprese sulla lingua…non abbiamo avuto molto tempo per fare amicizia. Mi fa ridere, diciamo che è un amico diverso, particolare”.

Al regista Veronesi è stato chiesto come è venuta l’idea del film e com’è nato il personaggio di Virginia Raffaele, che interpreta una donna che parla in modo talmente veloce che si capisce poco o niente.

Giovanni Veronesi: “L’idea del film nasce tanto, tanto tempo fa, con Francesco Nuti. Lui era uno che amava molto le donne e non concepiva proprio l’idea di poter essere amico di una donna. Anche se non gli piaceva…dopo un po’ voleva entrarci in confidenza. Avevamo quindi pensato di fare un film di questo tipo insieme, poi il progetto non è andato in porto. Quando più avanti ho conosciuto Fabio De Luigi, ho pensato che avesse ‘le physique du role’ perfetto per fare questo film. Cioè, lui ha proprio la faccia del miglior amico. Se dovessi disegnare la faccia del mio migliore amico su un foglio, disegnerei quella di Fabio. Ho fatto questa accoppiata abbastanza particolare tra lui e Laetitia. Penso che sia molto difficile un rapporto di questo genere; sicuramente possibile, ma se avviene, avviene solo per un periodo breve della vita, perché poi viene sconquassato da mogli, mariti,  fidanzati, o amanti.  In America hanno addirittura fatto una trasmissione televisiva su questo, che si chiama Friendone, dove i ragazzi confessano a delle amiche l’amore che nutrono per loro, perché non riescono più a resistere. Avevo voglia di fare questo film davvero da tanti anni e finalmente con i protagonisti giusti, alla fine le operazioni si riescono a portare avanti. 
Il personaggio di Claudia interpretato da Laetitia era un molto delicato, perché poteva sembrare sciocca o superficiale, invece con il suo aiuto siamo riusciti a disegnare un personaggio vero, reale, come ce ne sono tanti in giro.
Il personaggio interpretato dalla Raffaele è un’idea mia. Perché quando penso a lei, penso che possa fare qualunque cosa. Mi sono inventato questa particolarità di farla parlare velocissima e non so bene come sia nata, ma sapevo che solo lei lo poteva fare. Lei è arrivata sul set a duemila, ma in realtà doveva far capire quello che diceva, pur dicendolo in modo rapidissimo”.

Virginia Raffaele: “Ho seguito il consiglio di Giovanni…andavo velocissima e cercavo di parlare più veloce possibile, ma come ha detto lui rischiava di non venire bene. Invece le parole dovevano avere un senso. Il personaggio era pensato veloce, ma le battute erano molto più brevi, quindi abbiamo dovuto pensare ad allungare tutta la battuta per farla durare comunque due secondi, ma andava detto un concetto molto più lungo”.

A tutti gli attori, a parte i due principali, è stato chiesto  di raccontare il proprio personaggio.

Monica Scattini: “Io sono Erika, una donna un po’ particolare, con dei principi un po’ strani. Certo, sono stata tagliata parecchio, ma questo succede a tutti. Con Giovanni mi sono trovata benissimo, siamo amici da molti anni però non ci avevo mai lavorato”.

Virginia Raffaele: “Il mio personaggio è quello di una surfista…che parla veloce. Se volete posso inventare una storia per il mio personaggio, perché in realtà non è che ne abbia proprio una. A parte il fatto che abbia una fratello. Si, ha un fratello che tifa Inter”.

Adriano Giannini: “Sono una guardia forestale, un personaggio un po’ ottuso, che non riesce esattamente a capire dove porsi nelle diverse situazioni. Credo però che Giovanni mi abbia chiamato sostanzialmente per giocare a tennis…e ha perso”.

Valeria Solarino: “Ogni volta mi ripropongo di non lavorare più con Giovanni perché ci sono dinamiche un po’strane. Ma questa volta qui non ce l’ho fatta, perché penso che sia stato uno dei personaggi più belli che mi abbiano offerto, anche se è piccolino, mi sono davvero divertita a farlo. E la dinamica è andata anche meglio del solito”.

Geppi Cucciari (interpreta una donna finita in carcere per aver parzialmente evirato il partner): “Mi sembra superfluo dire che non esiste nessuna corrispondenza tra il mio personaggio e la vita reale…questo lo dico anche per tranquillizzare la famiglia. Giovanni è nella lista delle 10 persone con cui rido di più nella vita. Ho detto subito di si quando mi è stato descritto il personaggio, senza fare domande…certe scelte non si giustificano”.

Valentina Lodovini: “Anche io non ho fatto domande per quanto riguarda il mio personaggio, che Giovanni diceva fosse perfetto per me…perché sono il ripiego di Fabio. E…ho fatto una scena di sesso con Fabio De Luigi e poi ci sono rimasta male perché pensavo che cambiassero le cose tra di noi,  invece mi ha lasciata subito dopo”.

Il film verrà distribuito nelle sale italiane da Warner Bros in circa 400 copie a partire dal 27 febbraio.

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Una Donna per Amica con Fabio De Luigi e Laetitia Casta

Una Donna per Amica con Fabio De Luigi e Laetitia Casta

L’abbiamo ammirata in tutta la sua bellezza in una noiosissima prima puntata del Festival di Sanremo, ma la potremo apprezzare ancora di più nell’ultimo film di Giovanni Veronesi, Una Donna per Amica, in uscita il 27 febbraio.

Per un uomo non è mai facile avere come confidente del cuore una donna, ma è ancor più difficile se quest’ultima ha il corpo di Laetitia Casta. Se poi il lui in questione è lo stralunato Fabio De Luigi, il mix sembra quanto mai improbabile.

Dopo L’Ultima ruota del carro, Veronesi torna così alla commedia sentimentale (una strada da lui praticata spesso e volentieri, basti pensare ai suoi Manuali d’Amore e Viola bacia tutti) proponendoci una sorta di Harry ti presento Sally all’italiana e ambientato ai giorni nostri. Oltre a questi particolari amici, ovviamente, arriverà un terzo incomodo che farà comprendere a uno dei due quanto ambiguo sia il sentimento che lo spinge verso l’altro. Così come la stessa Laetitia Casta spiega in un’intervista, tra un rapporto platonico tra uomo e donna “resta sempre una dose di malinteso. Un conto è se prima c’è stata una relazione sentimentale e poi si diventa amici. Ma altrimenti… In Una donna per amica c’è Francesco che si innamora perdutamente della sua amica Claudia, che sono io, ma lei non se ne vuole accorgere. Questa incapacità di amare mi pare molto moderna. Una malattia di oggi“.

Nel cast troveremo anche, oltre a Geppi Cucciari – nel ruolo di un’assistita di Francesco in carcere per aver evirato il marito sorpreso a tradire – c’è Adriano Giannini, la bella e bravissima comica e imitatrice Virginia Raffaele, Valeria Solarino e Valentina Lodovini, Monica Scattini e Flavio Montrucchio.

Le riprese sono iniziate lo scorso agosto e il film, scritto da Veronesi e Ugo Chiti e prodotto da Warner Bros Entertainment Italia e Fandango, è girato interamente in Puglia.

Oltre al già citato film di Rob Reiner del 1989, la trama di Una donna per amica, a primo acchito ricorda anche un po’ quelle dei mitici film americani degli anni Ottanta di John Hughes, in cui il ragazzo o la ragazza da sempre innamorati dei propri amici del cuore escono allo scoperto solo quando sembra troppo tardi. Tuttavia, l’andamento stesso della commedia e quello che sembra dover accadere nel corso della storia, accostano un po’ il film anche a Il matrimonio del mio miglior amico, lungometraggio del 1997 di P.J.Hogan con Julia Roberts, Dermot Mulroney, Cameron Diaz e (un irresistibile) Rupert Everett.   

Tutto questo, per intendere che il plot, per ora, non sembra brillare per originalità. Molto più coraggiosa la scelta di questa coppia De Luigi-Casta. E chissà che proprio loro non possano rispondere alla domanda che affligge dalla notte dei tempi i cuori di tutti i romantici del mondo: ma può esistere o no l’amicizia tra uomo e donna?

Una Donna Fantastica: anteprima gratuita con Cinefilos.it, cerca la tua città!

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Uscirà in Italia distribuito da Lucky Red il prossimo 19 ottobre Una Donna Fantastica, film vincitore dell’Orso d’argento per la Migliore Sceneggiatura al Festival di Berlino 2017 e diretto da Sebastian Lelio, con Daniela Vega, Francisco Reyes, Luis Gnecco, Aline Küppenheim, Amparo Noguera.

Cinefilos.it offre la possibilità a pochi fortunati di vedere il film gratis, in anteprima, il 16 ottobre, alle 20.30 in 12 città italiane.

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Una Donna Fantastica – il trailer

Vincitore dell’Orso d’argento per la Migliore Sceneggiatura al Festival di Berlino 2017, il nuovo film di Sebastián Lelio, già regista di Gloria, è la storia di Marina, una donna giovane e attraente, legata sentimentalmente ad un uomo di vent’anni più grande. La sua fragile felicità si interrompe la sera in cui Orlando, il suo grande amore, muore all’improvviso.

È in quel momento che la sua natura transgender la metterà di fronte ai pregiudizi della società in cui vive. Marina è però una donna forte e coraggiosa e si batterà contro tutto e tutti per difendere la propria identità e i propri sentimenti.

Una Donna Fantastica: anteprima gratuita a Napoli con Cinefilos.it

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Uscirà il prossimo 19 ottobre in Italia distribuito da Lucky Red Una Donna Fantastica, film diretto da Sebastian Lelio e con Daniela Vega, Francisco Reyes, Luis Gnecco, Aline Küppenheim, Amparo Noguera.

Cinefilos.it offre la possibilità a pochi fortunati di vedere il film gratis, in antreprima, l’11 ottobre, alle 20.30 al Multisala Filangieri di Napoli. Vai a link di seguito e prenota.

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Una Donna Fantastica – il trailer

Vincitore dell’Orso d’argento per la Migliore Sceneggiatura al Festival di Berlino 2017, il nuovo film di Sebastián Lelio, già regista di Gloria, è la storia di Marina, una donna giovane e attraente, legata sentimentalmente ad un uomo di vent’anni più grande. La sua fragile felicità si interrompe la sera in cui Orlando, il suo grande amore, muore all’improvviso.

È in quel momento che la sua natura transgender la metterà di fronte ai pregiudizi della società in cui vive. Marina è però una donna forte e coraggiosa e si batterà contro tutto e tutti per difendere la propria identità e i propri sentimenti.

Una domenica notte, la conferenza stampa

Una domenica notte, la conferenza stampa

Una domenica notteIl regista Giuseppe Marco Albano assieme al cast, al produttore Paolo Mariano Leone e a Distribuzione Indipendente hanno presentato alla Casa del Cinema di Roma Una domenica notte, commedia dagli accenti surreali, nelle sale del circuito Distribuzione Indipendente, ma anche in alcune sale “classiche”, dal 20 febbraio.

Quanto c’è di autobiografico nella sceneggiatura?

Antonio Andrisani: “Non è un film autobiografico, ma sincero. Questo è un valore aggiunto, in un momento in cui il nostro cinema è profondamente insincero a mio avviso, sia che si tratti di Sorrentino e di Garrone, sia che si tratti di molti autori della commedia all’italiana. Chi si cimenta con questo tipo di attività sicuramente avrà riscontrato nel film delle situazioni in cui si è imbattuto. Di autobiografico c’è la vita di provincia, nella quale noi viviamo”. 

Questa è un’opera prima che è costata abbastanza per gli standard di oggi. È stato coraggioso puntare su un giovane.

Una domenica notte posterPaolo Mariano Leone: “Abbiamo scommesso su Giuseppe e Antonio perché la sceneggiatura ci è piaciuta molto. Il budget iniziale era di quasi 100.000 euro, poi è quintuplicato, ma non potevamo fermarci. Siamo soddisfatti, ne è valsa la pena”.

Perché il protagonista è un regista di horror?

A.A.: “E’ una metafora della situazione di crisi nella quale viviamo. Gli uomini sono degli esseri spesso piuttosto egoisti e mostruosi, il regista di film di zombie serviva a far comprendere che i mostri non sono quelli dei film ma i vivi che circondano il protagonista”.

Come avete lavorato sulla fotografia?

Giuseppe Marco Albano: “Scenografia e fotografia sono molto naturali. Abbiamo girato in Basilicata, la nostra terra – nelle province di Matera e Potenza – rispettando i nostri colori e quello che siamo realmente. Scenograficamente, la provincia si vede molto, non abbiamo ambienti curati, laccati, come spesso siamo abituati a vedere nelle commedie italiane di oggi”.

Diteci qualcosa in più sui provini in bianco e nero

G. M. A.: “A Matera siamo quotidianamente vittime di questi personaggi che ti fermano e ti chiedono una parte, come se girassimo tutti i giorni. Quelli nel film non erano attori, ma persone che venivano sul set mentre giravamo e noi facevamo loro un provino. Erano tutti provini veri, tranne uno”.

C’è stato spazio per l’improvvisazione?

Francesca Faiella: “Sì, è stato questo il bello: abbiamo avuto modo di cambiare alcuni momenti o interpretarli in maniera diversa”.

Claudia Zanella: “Quando hai a che fare con attori bravi come Antonio, sei costretto a improvvisare: riescono ad essere sempre così naturali, che lo fai per esserlo altrettanto”.

Ernesto Mahieux: “Qualche battuta è mia, anche gli schiaffetti, li ho inventati per creare una vittima della situazione. Giuseppe mi ha lasciato libero di proporre”.

Una domenica notte recensione del film di Giuseppe Marco Albano

Una domenica notte recensione del film di Giuseppe Marco Albano

Una domenica notte recensioneAntonio Colucci vive nella provincia lucana. È un regista di horror. Ne ha girato uno a vent’anni, ma è uscito solo in Germania. Ora, a quarantasei anni, ci riprova: cerca un produttore disposto a finanziarlo, ma l’impresa è ardua. Nel frattempo, sbarca il lunario con filmini di matrimoni, spot pubblicitari, ma anche qui il suo rigore lo penalizza. Sul fronte sentimentale non va meglio: un divorzio alle spalle, un figlio trascurato e una compagna dal carattere difficile.

L’esordio nel lungometraggio di Giuseppe Marco Albano, Nastro d’Argento per il corto Stand by me, sfrutta il buon soggetto di Antonio Andrisani che, assieme al regista, è sceneggiatore, nonché disinvolto protagonista nei panni di Colucci. Nell’odissea di Antonio si riconoscono facilmente non solo le difficoltà nel fare cinema di un uomo con molti limiti e pochi mezzi, ma per estensione, quelle di un’intera industria culturale, e in generale, di chi segue le proprie passioni invece di facili opportunismi. Una domenica notte recensioneIl protagonista si confronta con un’umanità egoista e cinica, con incomprensione e grettezza. Molti cercano solo un guadagno, altri hanno problemi anche peggiori dei suoi. Così, magari, è Antonio che deve aiutare, consolare.

Si tratta di un lavoro eclettico, una commedia dallo humour sarcastico e irriverente che unisce  il surreale con l’iperrealismo grottesco, in stile Cinico tv – spassosi i provini in bianco e nero – e un forte genius loci lucano (lo spirito può ricordare Basilicata coast to coast, non solo per l’ambientazione, qui la provincia di Matera, ma per quella caparbietà sognatrice in una provincia asfittica e tarpante). L’omaggio al cinema di genere horror è intelligentemente usato nell’economia del film, non preponderante, il che rende il lavoro adatto a un ampio pubblico.

Le pecche del lavoro sono una seconda parte più lenta, un po’ meno coinvolgente, laddove i caratteri e le dinamiche sono ormai note, con delle ripetizioni e un momento pleonastico. La traccia romantica ha qualche momento banale, col leitmotiv della separazione che impera.

C’è però indubbiamente un talento registico originale ed evocativo, una capacità di trasformare lo script in immagini spesso efficaci – sebbene a tratti la fotografia appaia un po’ sbrigativa – non solo quando la macchina da presa segue il protagonista, ma quando ci offre un’intera galleria di personaggi, le cui  caratterizzazioni rafforzano il film: da Ernesto Mahieux ad Adolfo Margiotta, da Francesca Faiella a Claudia Zanella.

I riferimenti provengono dal grande cinema (Fellini e Leone sono anche citati nel film).

Colonna sonora curata, tra nuovo cantautorato italiano (Brunori Sas) ed elettronica (Populous). Questi elementi non fanno pesare troppo allo spettatore i limiti del low budget e di un’ opera prima, comunque intelligente e accattivante.

Una divesità che arricchisce

Una divesità che arricchisce

RICKY TOGNAZZI CON IL PADRE E LO STRANIERO AL FESTIVAL DEL CINEMA

“Il nostro film è un inno all’amicizia, che è un sentimento misterioso, tenace che può cambiare una vita, in questo caso si tratta di amicizia verso uno straniero, un arabo Walid (AmrWaked) che aiuta Diego (Alessandro Gassman) a maturare sia come individuo che come padre”.

Una data per Resident Evil 5

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{jcomments off}Milla-Jovovich

A quanto pare Resident Evil: Afterlife 3D non ha ancora concluso la saga fantascientifica che vede protagonista la bellissima Milla Jovovich.

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Daniel Craig ha recentemente ricevuto una buona notizia che riguarda il suo impiego al servizio di Sua Maestà.