Che il franchise Marvel sia un calderone
colmo di idee (vecchie e nuove) adatto e riadattato per il grande
schermo è un fatto ormai risaputo. Così nessuno (quasi) si è
stupito quando fu ufficializzata la notizia riguardo un reboot per
i Fantastici Quattro, uno dei primissimi
progetti proposti per il cinema, da quando i fumetti sono diventati
oggetto ambitissimo da modellare per il pubblico nelle sale
cinematografiche. E, proprio su questo discusso reboot, ha voluto
dire la sua perfino John Byrne, uno che sui
Fantastici Quattro ci ha speso più di
qualche anno della propria vita.
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paragona il film a Batman Begins
Byrne è uno
scrittore/illustratore che si è dilettato fin dagli anni Settanta
con testate quali X-Men e FQ
(passando anche per la DC, con Superman, o alla
Dark Horse, con Hellboy). E
proprio Byrne si è cimentato nei giorni scorsi in
alcune discussioni via web, riguardo questo nuovo progetto
cinematografico sui FQ, discutendo di tutto, del
concept, del cast e di molto altro.
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Giugno via alle riprese
E, cominciando proprio dal cast,
Byrne ha espresso il suo disappunto per la
presenza di attori di colore che vanno a interpretare personaggi
dalla carnagione chiara e viceversa, riferendosi alla bellissima
Jessica Alba (una donna latino-americana e quindi
mora) nella parte della bionda Susan Storm nel
primo filone sul grande schermo. Byrne ha espresso
tutto il suo disappunto su quella scelta, rinnovandolo con un
esempio davvero curioso: “Se, per esempio, ci fosse stato un
remake di Via col vento, sarebbe accettabile per
voi un Will Smith per il personaggio di
Rhett Butler?”
E Byrne continua a
discutere su questo aspetto, poichè “il colore della pelle” al
cinema ha portato a decisioni davvero inappropriate, dal suo punto
di vista: “Hollywood aveva capito che la
diffusione dei video-registratori stava spingendo sempre più i
bianchi ricchi a restare a casa per vedere film. E l’inserire “la
minoranza nera” nei film, anche per ricoprire ruoli non adatti ai
profili degli attori neri è divenuta sempre più una moda. Ora non
esistono quasi più parti concepite per i soli neri! Perchè attori
come Will Smith, Samuel L. Jackson, Halle Barry
devono accontentarsi di ruoli marginali? Dove sono i ruoli creati
per gli attori neri? Questo è un atteggiamento chiaramente
razzista! Perchè un regista dovrebbe cambiare il “profilo” di un
personaggio creato apposta per un bianco, per un nero o per un
asiatico?!”
Parole forti, quelle di
Byrne, che non sono indirizzate solo al mondo
cinematografico. Per lo scrittore anglo-americano, il problema è
presente anche nel mondo del teatro.
Questa delicata questione di
sensibilità “razziale”, non riguarda per Byrne il
solo aspetto visivo. Per lui la gravità si spinge anche oltre:
“Quando vedo un attore nero pronto per interpretare un
personaggio come Johnny Storm, credo che in quel
momento si stia calpestando il lavoro storico di grandi autori come
Jack Kirby e Stan Lee“.
Queste parole non devono, tuttavia, essere interpretate male: per
Byrne un attore di colore merita ruoli principali,
ma disegnati su misura, che i bianchi non potrebbero ricoprire in
qualunque caso. Non c’è motivo di forzare e traviare la memoria
storica di un lavoro imponente, come quello fatti dagli anni
Sessanta in poi dai più grandi autori Marvel.
“Jack
(Kirby) e Stan
(Lee) hanno creato qualcosa di veramente
unico”, continua Byrne. “In quei
personaggi c’è la loro vita, sono un’estensione di loro stessi. In
tutto il loro lavoro c’è l’America degli
anni Cinquanta e Sessanta.
Pensate a come hanno plasmato una coscienza sociale migliore di
quanto potesse apparire in quegli anni. Inoltre, assieme a
Steve Ditko hanno introdotto nel loro lavoro le
minoranze etniche ancor prima che le altre case rivali (la
DC su tutte) potessero anche pensare di farlo, e
si pensi a Pantera Nera, o a Robbie
Robertson in Spider-Man, e così
via…”.
Poi,
Byrne torna sul ruolo del casting: “Prendere
una storia scritta da un nero, ambientata in
Africa, che parla di africani e far impersonare
uno di loro da un attore bianco è da considerare un “oltraggio”.
Voglio dire, guardate il personaggio di Nick Fury:
Fury è un bianco e da quando è stato interpretato
da Samuel L. Jackson, è diventato non solo un
personaggio di colore (sul quale non ci sarebbero problemi!), ma
piuttosto, è cambiato dentro. E’ nato come un personaggio diverso.
E questo va a inficiare il lavoro storico di Lee e
compagni. Ricordiamoci che il pubblico predilige il video ai
fumetti e lo piazza in primo piano rispetto alle vere storie su
carta. Un esempio è quello del Batman di
Burton: tutti lo hanno elogiato, non sapendo che
Burton stava facendo quello che autori del calibro
di Frank Miller e Neil Adams
avevano già fatto alla DC.”
Byrne difende,
infine, il grande pubblico di lettore di fumetti: “I fans dei
comics, i lettori veri, sono visti con disprezzo, questo perchè i
fumetti sono visti con disprezzo da molti. E’ normale che il
pubblico preliga la “luce” del grande schermo. E, per uno
sceneggiatore, a quanto pare, portare al cinema un personaggio in
chiave futuristica e moderna è più facile e accattivante di quanto
possa sembrare. Ma sono i fumetti (e chi ancora li legge) a
rimetterci davvero.”
Infine, lo scrittore-sceneggiatore
prova a sussurrare un possibile rimedio contro questo “degrado
comic-cinematografico: “Chissà, magari la risposta potrebbe
partire proprio dai fan dei fumetti e ciò potrebbe già essere
raccontato da pessimi risultati al box-office. Magari il cinema dei
fumetti potrà essere riservato solo per i fanservice, per coloro
che, non conoscendo nulla, andranno a vedere quel personaggio,
perchè “wow, è proprio fico!”. E così, forse, anche ai neri e ai
bianchi potrà essere ritagliato un ruolo più adatto ai loro profili
e alla memoria storica del fumetto americano”.
Fonte: Comicbookmovie.com