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Pietro Castellitto parla de I Predatori a Venezia 77

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Pietro Castellitto parla de I Predatori a Venezia 77

Pietro Castellitto, che presenta in Orizzonti la sua opera prima, che scrive, dirige e interpreta, I Predatori, parla del film e della stesura di una sceneggiatura complicata che gli ha permesso di vincere il premio per la Migliore Sceneggiatura in Orizzonti.

I predatori, film d’esordio alla regia di Pietro Castellitto è stato presentato in Concorso in Orizzonti alla 77° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura. Protagonisti sono Massimo Popolizio, Manuela Mandracchia, Pietro Castellitto, Giorgio Montanini, Dario Cassini, Anita Caprioli, Marzia Ubaldi, Antonio Gerardi, Nando Paone, Vinicio Marchioni, Claudio Camilli, Liliana Fiorelli, Renato Marchetti, Giulia Petrini, Francesco Borghese.

Sono profondamente felice – dichiara il regista – che il mio film venga presentato nella sezione Orizzonti. Lo sconquasso della pandemia ha distrutto molte certezze aprendo le porte a un nuovo scontro fra culture e visioni del mondo, premessa fondamentale per qualsiasi era artistica. C’è un che di bellico in quest’alba veneziana e farne parte è motivo di orgoglio. Ringrazio Alberto Barbera e tutti i selezionatori per la fiducia data. Spero di esserne all’altezza.

       Pietro.

Nel film  I predatori È mattina presto, il mare di Ostia è calmo. Un uomo bussa a casa di una signora: le venderà un orologio. È sempre mattina presto quando, qualche giorno dopo, un giovane assistente di filosofia verrà lasciato fuori dal gruppo scelto per la riesumazione del corpo di Nietzsche. Due torti subiti. Due famiglie apparentemente incompatibili: i Pavone e i Vismara. Borghese e intellettuale la prima, proletaria e fascista la seconda. Nuclei opposti che condividono la stessa giungla, Roma. Un banale incidente farà collidere quei due poli. E la follia di un ragazzo di 25 anni scoprirà le carte per rivelare che tutti hanno un segreto e nessuno è ciò che sembra. E che siamo tutti predatori.

I predatori è una produzione FANDANGO con RAI CINEMA prodotto da Domenico Procacci e Laura Paolucci, opera realizzata con il sostegno della Regione Lazio Fondo regionale per il cinema e l’audiovisivo.

Pietro – recensione

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Col film che s’intitola Pietro, il regista Daniele Gaglianone ha gareggiato al Festival del Cinema di Locarno 2010. L’ambientazione è a Torino, nei “grigi” quartieri in periferia. Il protagonista Pietro sta superando l’età della giovinezza, ma dei problemi psicologici ne frenano il raggiungimento della maturità. Più che la goffaggine nei movimenti, in lui conta la continua “sudditanza” ai comandi del fratello Francesco, tossicodipendente. I due giovani vivono insieme, in un appartamento fatiscente.

Pietà: recensione del film di Kim Ki-Duk

Pietà: recensione del film di Kim Ki-Duk

In Pietà ogni vita che nasce è un atto d’amore fatto di carne ed ossa… ma se si è privati dell’amore sin dalla nascita, come si può imparare ad amare? Kang-do (Lee Jung-jin) è sempre stato solo, si muove come un automa, indifferente a tutto ciò che lo circonda, sembra vivere in perenne anestesia, col disgusto per il genere umano stampato in faccia. Per vivere – o meglio – per sopravvivere, Kang-do lavora al servizio degli usurai, riscuotendo i debiti che la gente disperata di Cheonggyecheon ha contratto nel tentativo di risollevare le sue sorti e, quando non ottiene ciò che vuole, non batte ciglio nel tagliare una mano o una gamba e riscuotere dalla pensione d’invalidità perché “se muori l’assicurazione non paga”. Poi, una donna piomba nella sua non-vita, dice di essere sua madre e riesce a farsi strada nell’animo addormentato dello spietato strozzino di Cheonggyecheon. Mi-sun, interpretata magistralmente da CHO Min-soo, in realtà è solo una donna che cerca vendetta e, forgiata dalla sofferenza, non è meno crudele di Kang-do.

Pietà, il film

Tesa nello sforzo di portare a termine il suo piano, si fa sua complice e si sottomette all’unica forma di affetto che Kang-do, inesperto, riesce a donarle: un misto di violenza e amore, eros&thanatos che si legano indissolubilmente fino allo scioglimento della loro storia. Si può provare Pietà per un mostro? Dopotutto, Mi-sun ci riesce e, come una Madonna, cura le ferite invisibili dell’uomo nascosto dietro la cruda violenza. La città coreana di Cheonggyecheon, nella quale il film è ambientato, diventa essa stessa un personaggio, specchio della disperazione e dell’indifferenza di un dio che sembra aver abbandonato l’umanità a se stessa.

Vincolato dagli stilemi della recitazione tipicamente orientale, Pietà di Kim Ki-duk, sembra indebolirsi quando la scena non è totalmente controllata dai due protagonisti, la cui interpretazione riesce a dare lo spessore artistico di cui la materia trattata necessita. Il regista, che nei momenti di più forte intensità emotiva investe letteralmente gli attori, senza preoccuparsi di osare e  di sfidare le regole stilistiche del “buon cinema”, riesce a dare un taglio fortemente avanguardistico e inedito al film.

Leone d’oro alla 69esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Pietà è stato scelto per rappresentare la Corea del Sud agli Oscar, in corsa nella categoria “miglior film straniero”.

Piero Tosi: si è spento a 92 anni il costumista Premio Oscar

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Si è spento a 92 anni Piero Tosi, il costumista italiano nominato cinque volte al premio Oscar e vincitore del riconoscimento alla carriera nel 2014.

“Ci ha lasciato oggi Piero Tosi, amico di una vita del Maestro e suo collaboratore fin dagli esordi della sua carriera. L’Oscar alla carriera del 2014 corona una vita di collaborazioni con i più grandi registi del cinema italiano. Sarà seppellito nella tomba di famiglia di Franco Zeffirelli, accanto al Maestro e a Anna Anni, suoi amici di sempre dai tempi dell’Istituto d’arte di Porta Romana”. A diffondere il comunicato è stata la Fondazione Franco Zeffirelli.

Piero Tosi ha lavorato nell’epoca d’oro del cinema italiano, collaborando con Zeffirelli, Luchino Visconti e Vittorio De Sica, tra gli altri. Ha firmato, tra gli altri, i costumi di Senso, Il Gattopardo, Ieri, oggi domani, La Traviata e Storia di una Capinera.

PIERO PICCIONI – A MODERN GENTLEMAN: Cam Sugar e Decca celebrano il compositore nel centenario della nascita

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In occasione del centenario della nascita esce PIERO PICCIONI – A MODERN GENTLEMAN: The refined and bittersweet sound of an italian Maestro. Piero Piccioni è senza dubbio il più “dandy” dei compositori italiani di musica da film. Il più elegante, nell’arte come nella vita. Nel centenario della nascita del compositore, CAM Sugar, in collaborazione con Decca Records, celebra la sua arte con una raccolta che attinge dalle sue più e meno note opere, accanto a un prezioso gruppo di brani che, sorprendentemente, sono rimasti del tutto inediti fino ad oggi. Il risultato è un viaggio alla riscoperta del suono unico, abbagliante e inconfondibile del compositore torinese: un “Piccioni’s touch” morbido, sensuale ed emozionante che si percepisce in ogni composizione su cui ha lavorato durante la sua lunga carriera, spaziando dal jazz alla bossa nova, al funk, alla disco e alla musica orchestrale. Un tocco che dona armonia e coerenza ad un corpus di colonne sonore che si distingue come una delle più prestigiose e importanti discografie del mondo: musica  destinata a durare per sempre, senza mai risultare fuori tempo.

Nel cd e doppio LP compaiono capolavori come Significa Amore, tratta dal film “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” (per cui Piccioni vinse il David di Donatello come miglior musicista nel 1975), Pop’s Lolly, dal “3 Notti d’amore”, nella cui session spunta anche Gato Barbieri al sax, o Papa Funky, dalla colonna sonora di “In viaggio con papà”, dove Piccioni commenta il rapporto Sordi-Verdone con una miscela spensierata di generi diversi, unendo jazz, funk e rock insieme, con il suo stile inconfondibile.

Nel centenario della sua nascita non potevamo non dedicare una pubblicazione a Piero Piccioni, uno dei migliori  compositori italiani di colonne sonore e uno dei più grandi della scuderia CAM Sugar – spiega Filippo Sugar, Presidente e CEO del Gruppo Sugar – Il progetto si inserisce in un contesto che dedicheremo all’opera del Maestro con le prime uscite digitali previste per i prossimi mesi che comprenderanno molti inediti. Accanto ai brani noti e storici facciamo sempre molta attenzione a fare un lavoro culturale di ricerca e recupero negli archivi riportando alla luce brani che meritano di essere riscoperti e che hanno un sound che può avere un significato molto importante per l’ascolto contemporaneo”.

Piero Piccioni (Torino 1921- Roma 2004), enfant prodige, ascolta jazz fin dall’infanzia. A tredici anni, autodidatta impressionato dall’ascolto dei dischi di Duke Ellington, scrive già canzoni che vengono pubblicate dalla casa editrice Carisch. Nel 1937 fa un’audizione per la EIAR e gli viene commissionato di suonare per un programma musicale su Radio Firenze. A 17 anni Debutta come pianista alla radio, dove ritorna nel 1944 con l’orchestra ‘013’, da lui costituita: la prima orchestra di jazz che trasmette ai microfoni e la prima formazione jazzistica stabile italiana. Parallelamente al jazz Piccioni esercita la professione di avvocato  e inizia a studiare filosofia. Nel 1949 a New York, dove vive per un anno e mezzo, viene chiamato a sostituire il pianista Al Haig in un programma televisivo, suonando insieme a Charlie Parker, Kenny Dorham, Tommy Potter e Max Roach. È stato l’unico musicista italiano ad aver suonato con Charlie Parker.

Compositore di oltre 300 colonne sonore per il cinema, sceneggiati televisivi, musiche per  radio, balletto e orchestra, inizia a scrivere colonne sonore negli anni ’50. Michelangelo Antonioni gli commissiona la musica per il documentario di un suo allievo, Luigi Polidoro. Il primo film per il quale scrive le musiche è “Il mondo le condanna” di Gianni Franciolini del 1952, seguito da “La spiaggia” di Alberto Lattuada del 1953. Piccioni compone le musiche di 13 dei 17 film di Francesco Rosi e lavora molto con Alberto Sordi in un lungo sodalizio umano e professionale. Tra le sue musiche più famose, quelle dei film “Il caso Mattei” di Francesco Rosi,  “Un italiano in America” e “Polvere di stelle” dello stesso Sordi. Tanti registi hanno affidato al suo genio musicale le loro pellicole: Francesco Rosi, Mario Monicelli, Alberto Lattuada, Luigi Comencini, Luchino Visconti, Antonio Pietrangeli, Elio Petri, Bernardo Bertolucci, Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, Tinto Brass e Dino Risi tra gli altri. Sue anche le colonne sonore di “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto” e “Tutto a posto e niente in ordine” di Lina Wertmuller, e di “Il bell’Antonio” di Mauro Bolognini.

Tra i prestigiosi riconoscimenti ottenuti nella sua lunga carriera il David di Donatello come miglior musicista per la colonna sonora di “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” (1974), il Nastro d’argento per la colonna sonora di “Salvatore Giuliano” di Francesco Rosi (1963), il Prix International Lumiere (1991), il premio Anna Magnani (1975) e il premio Vittorio De Sica (1979).

Pierfrancesco Favino: fa buon brodo… e diventa star

Pierfrancesco Favino: fa buon brodo… e diventa star

Pierfrancesco Favino – È lui stesso a dire che il termine star evoca alla sua mente solo l’immagine del famoso brodo. E questo già la dice lunga sul suo understatement, sull’umiltà con la quale affronta il mestiere d’attore. Tuttavia, considerata la popolarità raggiunta, le collaborazioni illustri in Italia e all’estero, la versatilità che ormai tutti gli conosciamo, che lo rende capace di spaziare nei più svariati registri cinematografici e di giocare coi più disparati dialetti dello stivale, pare che l’attore romano dovrà proprio abituarsi ad essere definito star.

Tante, negli ultimi quindici anni, le pellicole cui ha dato sapore e carattere, passando con disinvoltura dalla commedia al dramma e viceversa: da L’ultimo bacio di Muccino a Romanzo criminale, da  Saturno contro a Figli delle stelle. Senza dimenticare le interpretazioni televisive: dal giovane medico di Amico mio, al ciclista Gino Bartali, al sindacalista Di Vittorio. Personaggi forti e determinati i suoi, uomini tutti d’un pezzo, balordi, ma anche bravi ragazzi, uomini d’oro, o simpatiche canaglie e cinici egoisti. Ad ognuno ha saputo dare una caratterizzazione precisa, fatta di movenze, sguardi, atteggiamenti, inflessioni linguistiche, sempre perfettamente in sintonia col personaggio, tanto da renderlo fotografia vivida e spesso memorabile. Stiamo parlando di Pierfrancesco Favino.

Pierfrancesco Favino Marco Polo

Tutto ha inizio il 24 agosto del 1969, quando nasce in quella stessa Roma dove tutt’ora vive. Sul fatto che abbia un forte legame con la sua città sussistono pochi dubbi: si dice che ami vivere il suo quartiere – il Celio – e che non si sottragga al contatto con la gente. È proprio nella Capitale che muove i primi passi da attore, inizialmente come studente dell’Accademia d’Arte Drammatica, poi sul palco, sotto la sapiente direzione di maestri come Proietti e Ronconi. Prosegue quindi approdando alla tv – che continuerà a frequentare con una certa assiduità – nel ’91 con la partecipazione a Una questione privata di Alberto Negrin, cui segue la serie tv Amico mio (1 e 2, 1993 e 1998).

Nel frattempo, esordisce anche al cinema, con Pugili di Lino Capolcchio (1995). Due anni dopo è nel cast del film di Stefano Reali In barca a vela contromano, accanto a Valerio Mastandrea e Antonio Catania, in un piccolo ma ben caratterizzato ruolo: quello del disinvolto dottor Castrovillari. Nello stesso anno è diretto da uno dei nostri più grandi registi: Marco Bellocchio, in Il principe di Homburg. Nel 2000, non si lascia sfuggire l’occasione di farsi dirigere da Luigi Magni, che firma la sua ultima opera, La carbonara. Qui Pierfrancesco Favino recita accanto a Fabrizio Gifuni, Valerio Mastandrea e al grande Nino Manfredi. Nel 2001 lo vuole Gabriele Muccino, per la sua commedia sentimentale sui trentenni in crisi L’ultimo bacio.

Altro film sulla generazione degli “enta” è la seconda prova dietro la macchina da presa di Luciano Ligabue Da zero a dieci (2002), dove Pierfrancesco Favino interpreta Biccio. È poi scelto da Enzo Monteleone per una pellicola drammatica: veste i panni del sergente Rizzo in El Alamein – La linea del fuoco, che ricostruisce le vicende legate all’omonima battaglia, protagonisti un plotone italiano opposto alle forze inglesi in Egitto nel 1942. Per l’efficace prova d’attore non protagonista, è tra i candidati al David di Donatello.

Il 2003 lo vede partecipare alla commedia corale, esordio registico di Maria Sole Tognazzi,  Passato prossimo, con Paola Cortellesi, Claudio Santamaria, Valentina Cervi. Al centro del film un gruppo di amici che si ritrovano nella casa di campagna di una di loro (Paola Cortellesi) per passare il fine settimana, ricordando il loro passato insieme e immaginando il loro futuro. Nel 2004 arriva un’altra collaborazione importante, che porterà a Pierfrancesco Favino ancora una candidatura al Nastro d’Argento come miglior attore non protagonista, quella con Gianni Amelio per Le chiavi di casa, accanto a Kim Rossi Stuart. Per ora, però, non arrivano premi pesanti, come non sono ancora arrivati ruoli da protagonista. Pierfrancesco Favino è infatti considerato un buon caratterista, in grado di ricoprire brillantemente ruoli di comprimari, ma non adatto a quelli di primo piano. Tuttavia, è innegabile che anche nei più piccoli ruoli affidatigli, l’attore romano riesca sempre a fornire una caratterizzazione precisa, vivida e realistica, che lascia il segno e resta nella memoria.

Il primo a scommettere di più sulle sue doti è Michele Placido, che lo vuole per il suo Romanzo criminale (2005), tratto dall’omonima opera narrativa di Giancarlo De Cataldo, e liberamente ispirato alle vicende della Banda della Magliana. E la scommessa è senz’altro vinta. Il film è strutturato in tre episodi, che rispecchiano le fasi e i passaggi di potere all’interno del gruppo criminale. Favino è protagonista del primo episodio, nei panni del Libanese: colui a cui si deve l’idea del “salto di qualità” della banda, dalla piccola criminalità al crimine organizzato, che controlla droga e prostituzione a Roma, stringe alleanze con la mafia siciliana e con le alte sfere di un potere politico più o meno corrotto.

Il Libanese pensa in grande, si ispira agli imperatori romani e vuole ottenere con la forza un riscatto sociale che non è riuscito a guadagnare con altri mezzi. E come Giulio Cesare, finirà pugnalato per vendetta da uno degli scagnozzi che si tiene intorno, in una delle sequenze più intense del film. Pierfrancesco Favino mette al servizio del personaggio la sua fisicità imponente, qui quasi da orso (assieme all’andatura claudicante messa a punto per il personaggio), e un’espressività truce, adattissima all’occasione. Ciò non significa però che nel corso della pellicola non mostri un ampio repertorio espressivo, che spazia appunto dallo sguardo più torvo, alle lacrime, in un’interpretazione di altissimo livello. Accanto a lui, degni protagonisti degli altri due episodi della pellicola, Kim Rossi Stuart/Il Freddo, che ritrova dopo Le chiavi di casa, e Claudio Santamaria/Il Dandi, con cui aveva condiviso il set di Passato prossimo. Il film fa il pieno di riconoscimenti, collezionando sette Nastri d’Argento e dieci David di DonatelloPierfrancesco Favino li porta a casa entrambi, il primo come Miglior Attore protagonista e il secondo come Miglior Attore non protagonista. La pellicola ottiene uno straordinario successo di pubblico e la popolarità dell’attore romano cresce vistosamente, assieme al credito accordatogli dalla critica e dagli ambienti cinematografici. Il riscontro è tale che dal film viene tratta una fortunata serie televisiva (giocata però più sulla rappresentazione di tipi umani dai modi stereotipati, che banalizzano certi tratti tipici della romanità. Nulla a che vedere con la complessità e la sapidità dei personaggi del film).

Altri affermati registi italiani vogliono Pierfrancesco Favino nei loro cast. Nel 2006 lo sceglie Giuseppe Tornatore per interpretare il ruolo di Donato Adacher ne La sconosciuta, protagonista Ksenia Rappoport. Lo stesso fa Ferzan Ozpetek che, dopo aver scelto Gassman per Il bagno turco, Accorsi e Margherita Buy per Le fate ignoranti, Barbora Bobulova per Cuore sacro, ora punta proprio su Favino per farne il personaggio cardine di quell’affresco corale su amicizia, amore e morte, che è Saturno contro (2007). Anche in questo caso, il compito non è facile: Davide è un uomo equilibrato, sicuro di sé, risolto, con una vita tranquilla, che condivide  con il suo compagno Lorenzo/Luca Argentero e un nutrito gruppo di amici, per i quali è figura di riferimento. Ha un lavoro che lo soddisfa (scrive favole) e una bella casa. Questo universo quasi perfetto entra in crisi con la morte improvvisa di Lorenzo. Per buona parte del film, il personaggio si mostra forte, quasi spavaldo di fronte all’accaduto, nascondendo in qualche parte remota di sé il dolore causato dalla scomparsa del compagno. Poi, tutto emergerà, reclamando il suo spazio.

E solo dopo aver vissuto realmente il lutto e averne acquisito consapevolezza, lui e i suoi amici, colpiti anch’essi profondamente dalla perdita, potranno ricominciare a vivere.Pierfrancesco Favino convince anche nei panni dell’omosessuale alle prese con il lutto e commuove davvero nella sequenza clou del film quando, in preda a tentazioni suicide, scoppia in lacrime. Un filo di rigidità si percepisce solo in una delle prime scene, quella del bacio con Argentero, in cui certamente Ozpetek è bravo a sfruttare, volgendolo in positivo, l’imbarazzo dei due protagonisti.

Nello stesso anno, all’attore viene offerta la possibilità di partecipare con un cameo a una produzione made in USA: Una notte al museo di Shawn Levy, con Ben StillerPierfrancesco Favino non si lascia scappare l’opportunità, che in seguito sfrutterà ancora con successo, riscuotendo un discreto apprezzamento oltreoceano. Il 2008, infatti, è l’anno della sua partecipazione a Le cronache di Narnia: il principe Caspian di Andrew Adamson. Ma è anche quello di Spike Lee, che lo vuole nel cast di Miracolo a Sant’Anna. Tuttavia, non dimentica l’Italia e ritrova Maria Sole Tognazzi, che lo dirige in L’uomo che ama, di nuovo accanto a Ksenia Rappoport. Nel 2009 torna a solcare l’oceano e partecipa, in un piccolo ruolo, ad Angeli e demoni di Ron Howard, tratto dal best seller di Dan Brown,  protagonista Tom Hanks.

Nel 2010 torna in Italia per collaborare con un altro regista nostrano di grande sensibilità: Silvio Soldini. Pierfrancesco Favino interpreta Domenico in Cosa voglio di più, storia della travolgente passione e dell’amore clandestino tra lui, uomo sposato e con due figli, e Anna/Alba Rhorwacher, anche lei sposata, con Alessio/Giuseppe Battiston. Il loro incontro metterà tutto in discussione. Nelle difficoltà quotidiane di Domenico e Anna, anche un affresco sociale dell’Italia di oggi. Nello stesso anno, l’attore romano ritrova Lucio Pellegrini, con cui aveva collaborato nel 2005 per il documentario La vita è breve, ma la giornata è lunghissima, stavolta per la commedia Figli delle stelle. Pellegrini mette insieme un cast di tutto rispetto, che raccoglie, oltre a Pierfrancesco Favino, Giuseppe Battiston, Claudia Pandolfi, Paolo Sassanelli, Giorgio Tirabassi, Fabio Volo per raccontare la vicenda tragicomica di un gruppo di precari che per dar una svolta alle loro sorti, decidono di rapire un membro delle istituzioni, ritenute responsabili della loro condizione esistenziale: un ministro.

Sennonché, essendo alquanto maldestri, rapiscono per errore un onesto sottosegretario. Seguono grottesche ed esilaranti avventure che innescano una riflessione, seppur velata dal sorriso, sia sulla stagione del terrorismo in Italia, che sulla difficoltà delle attuali generazioni di trovare modelli di intervento e di lotta sociale diversi da quelli passati. Caustica ironia anche su alcuni vizi tipici italiani (su tutti, l’ipocrisia). Nel gruppo dei precari sfruttati, Pierfrancesco Favino è Pepe, che aspetta da anni un posto d’insegnante di educazione fisica, e intanto lavora, indignato, in un fast food. Pepe è un omone grande, grosso e capellone, ma dal cuore tenero, appassionato di indiani d’America ma con uno spassosissimo accento pseudo-ternano, che a trentotto anni vive ancora coi genitori. Completa l’affresco l’abbigliamento vintage anni ’80. Il rischio di sfociare nella macchietta comica è alto, ma l’attore romano lo schiva abilmente, regalando ancora una volta una caratterizzazione ricca di sfumature e perfettamente credibile.

altLo stesso anno, Favino partecipa al sequel di L’ultimo bacio, Baciami ancora, accanto a Stefano Accorsi e Vittoria Puccini, sempre per la regia di Gabriele Muccino. Mentre il 2011 lo vede protagonista di un’altra pellicola diretta da Lucio Pellegrini: La vita facile, dove ritrova proprio Accorsi e Puccini per una commedia sui (tanti) vizi e le (poche) virtù italiane, rese ancora più evidenti dalla cornice africana in cui la vicenda è ambientata. Inoltre, lo vedremo nella prossima fatica di Carlo Verdone Posti in piedi in Paradiso.

Un capitolo a parte, come detto all’inizio, è quello delle fiction televisive. In particolare, ricordiamo le sue interpretazioni del ciclista Gino Bartali in Gino Bartali – L’intramontabile (2006), diretto da Alberto Negrin, col quale aveva esordito in tv nel 1991. All’interpretazione di Bartali, Pierfrancesco Favino si applica, al solito, con abnegazione e meticolosità, si cimenta con l’accento toscano (come farà due anni dopo, quando interpreterà il partigiano “Farfalla” per Spike Lee). Segue una rigorosa preparazione fisico-atletica e percorre svariati chilometri su due ruote perché, dice, vuole rendersi conto di quali pensieri attraversino la mente di un ciclista mentre corre. (E la risposta è: nessun pensiero, se non la preoccupazione di riuscire ad arrivare alla fine, macinando una pedalata dopo l’altra e cercando di non farsi travolgere dalla fatica). Nel 2007 vince il premio come Miglior Attore protagonista al Roma FictionFest per la fiction tv Liberi di giocare, per la regia di Francesco Miccichè, dove recita accanto a Isabella Ferrari. Nel 2009 ottiene lo stesso riconoscimento per la sua interpretazione di Giuseppe Di Vittorio in Pane e libertà, ancora sotto la regia di Alberto Negrin. Qui veste i panni del sindacalista pugliese – ancora una volta lavora egregiamente sull’aspetto linguistico, dimostrando anche in questo grande versatilità- che promosse la coscienza di classe tra i contadini meridionali, per poi arrivare ai vertici del sindacato. Guadagna per lo stesso ruolo il Premio Internazionale Flaiano come Miglior interprete.

Solo una volta finora si è cimentato nella regia, in occasione di un video promozionale di raccolta fondi per l’Associazione Parent Project, costituita da genitori di bambini affetti dalla distrofia muscolare Duchenne, che finanzia progetti di ricerca (2008). L’attore è anche impegnato con Oxfam Italia, che opera in Africa con vari progetti.

Pierfrancesco Favino: 10 cose che non sai sull’attore

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Pierfrancesco Favino: 10 cose che non sai sull’attore

Pierfrancesco Favino è uno di quegli attori che sta contribuendo a cambiare la storia del cinema italiano recente grazie alle sue incredibili interpretazioni. L’attore, che ha avuto diverse occasione di poter lavorare in grandi produzioni americane, ha sempre preferito rimanere in terra italiana, regalando interpretazioni memorabili ed entrando nel cuore del pubblico per il suo talento e la sua innata simpatia.

Ecco dieci cose da sapere su Pierfrancesco Favino.

Pierfrancesco Favino: i suoi film

1. Ha recitato in celebri film. La carriera cinematografica dell’attore è iniziata nel 1995, quando debutta sul grande schermo con Pugili, per poi proseguire con Il principe di Homburg (1997), In barca a vela contromano (1997), Bonanno – La storia di un padrino (1999), L’ultimo bacio (2001) e La verità vi prego sull’amore (2001). In seguito, lavora in Da zero a dieci (2001), El Alamein – La linea del fuoco (2002), Al cuore si comanda (2003), Le chiavi di casa (2004), Romanzo criminale (2005), Una notte al museo (2006), Saturno contro (2007), Le cronache di Narnia – Il principe Caspian (2008), Miracolo a Sant’Anna (2008), Angeli e demoni (2009) e Baciami ancora (2010). Tra i suoi ultimi lavori, vi sono La vita facile (2011), ACAB – All Cops Are Bastards (2012), Romanzo di una strage (2012), World War Z (2013), Rush (2013), Senza nessuna pietà (2014), Suburra (2015), Moglie e marito (2017), A casa tutti bene (2018), Moschettieri del re – La penultima missione (2018), Il traditore (2019), Hammamet (2020), Gli anni più belli (2020), Padrenostro (2020), Promises (2021), Corro da te (2022) e Il colibrì (2022).

2. Ha lavorato molto anche per il piccolo schermo. L’attore ha prestato la sua attività recitativa anche per il piccolo schermo, partecipando a numerosi progetti. Infatti, ha iniziato la sua carriera recitativa con Una questione privata, film per la tv del 1992, per poi proseguire con Correre contro (1996), Bonanno (1999), Padre Pio (2000) e Gli insoliti ignoti (2002). Inoltre, ha partecipato in molte serie e miniserie come Amico mio (1993-1998), Ferrari (2003), Gino Bartali – L’intramontabile (2005), Liberi di giocare (2007), Pane e libertà (2009), Il generale Della Rovere (2011), Qualunque cosa succeda (2014) e Marco Polo (2014-2016).

3. È anche doppiatore e produttore. Nel corso della sua carriera, l’attore ha indossato panni diversi da quelli abituali. Infatti, ha indossato molte volte quelli da doppiatore, prestando la propria voce per il doppiaggio italiano di Daniel Day-Lewis in Nine e Lincoln, Vincent Cassell in Il racconto dei racconti e Michael Shannon in Revolutionary Road. Inoltre, ha praticato anche l’attività di produttore, lavorando alla realizzazione del film Senza nessuna pietà e Padrenostro.

pierfrancesco favino

Pierfrancesco Favino: la moglie e i figli

4. Non si è mai sposato. L’attore non ha ancora praticato il passo che conduce verso l’altare. Tuttavia, è fidanzato da moltissimi anni con la collega Anna Ferzetti. I due si conoscono infatti dal 2003 e sono insieme da allora, affermandosi come una delle coppie più longeve e solide del mondo dello spettacolo italiano.

5. È padre di due figlie. Dall’unione con la sua compagna di lunga data, l’attore è diventato padre di due bambine: Greta (nata nel 2006) e Lea (nata nel 2012). Favino si è sempre dimostrato molto attento ad evitare che le due bambini venissero sovraesposte mediaticamente per via del suo mestiere, cercando dunque di crescerle nel più normale dei modi.

Pierfrancesco Favino in Il traditore

6. Ha persuaso Bellocchio a dargli la parte. Per interpretare Tommaso Buscetta in Il traditore, l’attore ha dovuto convincere Marco Bellocchio, regista del film, poiché egli non era convinto del suo provino al cento per cento. Dopo che ebbe modo di sostenere un’ulteriore prova, Favino convinse tutti di essere l’interprete giusto per la parte. I numerosi premi poi vinti testimoniano la sua estrema bravura per questa interpretazione.

7. Ha imparato molto dal personaggio e dal film. Interpretando il suo personaggio e facendo parte di un film come Il traditore, l’attore ha imparato molto sul concetto di mafia, intesa come organizzazione criminale e come pensiero. Il film è dunque stato per lui un modo per approfondire quel mondo della criminalità organizzata di cui si parla sempre ma di cui concretamente si sa poco.

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Pierfrancesco Favino in Una notte al museo

8. Ha recitato nella celebre commedia statunitense. Nel corso della sua ventennale carriera, Favino ha avuto modo in diverse occasioni di recitare anche in film di produzione statunitense. Una delle sue esperienze più celebri a riguardo è quella nella popolare commedia Una notte al museo, dove l’attore ha avuto modo di impersonare Cristoforo Colombo sotto forma di statuetta di bronzo.

Pierfrancesco Favino è Bettino Craxi

9. Ha interpretato Bettino Craxi. Per il film Hammamet, dove l’attore interpreta il controverso politico Bettino Craxi, Favino è stato protagonista di una trasformazione impressionante. Egli si è infatti reso irriconoscibile non solo per via del massiccio trucco prostetico, che lo ha portato ad assomigliare moltissimo al vero Craxi, ma anche per via del modo di parlare e di muoversi. Favino, infatti, ha studiato a lungo la figura del politico, cercando di fare sue le principali caratteristiche di Craxi.

Pierfrancesco Favino: età e altezza

10. Pierfrancesco Favino è nato il 24 agosto del 1969 a Roma.  La sua altezza complessiva corrisponde a 180 centimetri.

Fonte: IMDb

Pierfrancesco Favino presenta in concorso Padrenostro a Venezia 77

Sarà presentato in concorso alla 77esima edizione della Mostra del cinema di Venezia, Padrenostro il nuovo film con protagonista Pierfrancesco Favino, diretto da Claudio Noce. Nel cast anche Barbara Ronchi, Mattia Garaci, Francesco Gheghi, Anna Maria De Luca, Mario Pupella, Lea Favino, Eleonora De Luca, Antonio Gerardi, Francesco Colella, Paki Meduri, Giordano De Plano.

La sua figura forte, magnetica, eroica, assurge ad archetipo di un’intera generazione di uomini per i quali le emozioni erano percepite solo come debolezza e obbligate a essere camuffate da silenzi. Nel dicembre del 1976, quando mio Padre subì l’attentato, io avevo un anno e mezzo: abbastanza per comprendere la paura, troppo pochi per capire che quell’affanno avrebbe abitato dentro di me per molto tempo. Non sono mai riuscito a dirglielo. Scrivere questa lettera a mio Padre tracciando i contorni di una generazione di bambini “invisibili” avvolti dal fumo delle sigarette degli adulti non è stato facile; provare a farlo mutando le parole da private in universali è stata una grande sfida come cineasta e come uomo.

Padrenostro: la trama

Roma, 1976. Valerio ha dieci anni e una fervida immaginazione. La sua vita di bambino viene sconvolta quando, insieme alla madre Gina, assiste all’attentato ai danni di suo padre Alfonso da parte di un commando di terroristi. Da quel momento, la paura e il senso di vulnerabilità segnano drammaticamente i sentimenti di tutta la famiglia. Ma è proprio in quei giorni difficili che Valerio conosce Christian, un ragazzino poco più grande di lui. Solitario, ribelle e sfrontato, sembra arrivato dal nulla. Quell’incontro, in un’estate carica di scoperte, cambierà per sempre le loro vite.

Pierfrancesco Favino in Rush di Ron Howard!

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Dopo la vittoria del meritatissimo David di Donatello come miglior attore non protagonista per “Romanzo di una strage”, di Marco Tullio Giordana,  la carriera di Pierfrancesco Favino sembra non fermarsi più. In di questi giorno la notizia del suo ingaggio per il prossimo film di Ron Howard (“A Beautiful Mind”, “Il Codice Da Vinci”), intitolato “Rush”, incentrato come sappiamo da tempo, sul mondo della Formula 1.

Pierfrancesco Favino e Mario Martone ospiti al Bardolino Film Festival con Nostalgia

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Saranno Pierfrancesco Favino e Mario Martone, reduci dal trionfo all’ultimo festival di Cannes con Nostalgia, i protagonisti assoluti del weekend al Bardolino Film Festival.

Nella serata a bordo lago di sabato 18 giugno, infatti, Pierfrancesco Favino incontrerà il pubblico del festival proprio in occasione della presentazione di Nostalgia, ultimo lavoro di Mario Martone (in sala per Medusa) tratto dall’omonimo romanzo di Ermanno Rea. Favino interpreta Felice, un uomo ritornato a Napoli per la madre dopo quarant’anni di assenza, che si troverà a riscoprire i luoghi ma anche i fantasmi del proprio passato. La proiezione del film sarà preceduta da un incontro con l’attore, che riceverà il Premio Bardolino del BFF assegnato per meriti artistici ad un personaggio del mondo del cinema.

Nella serata conclusiva, domenica 19 giugno, torna il grande cinema di Mario Martone con Qui rido io, che riceverà il prestigioso Premio Ciak d’Oro assegnato ad uno dei film più apprezzati dell’ultima stagione.

Il film, incentrato sulla figura del celebre attore e commediografo Eduardo Scarpetta acclamato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, sarà proiettato nel corso della serata nella suggestiva cornice del lungo lago di Bardolino in collaborazione con Ciak, media partner della manifestazione. A ritirare il premio e presentare il film sono attesi il regista Mario Martone, l’attrice Cristiana Dell’Anna, tra i protagonisti della pellicola, e Ippolita Di Majo, sceneggiatrice del film con Martone.

L’appuntamento con la seconda edizione di Bardolino Film Festival, manifestazione organizzata e sostenuta dal Comune di Bardolino con la direzione artistica di Franco Dassisti, è dal 15 al 19 giugno 2022.

Il programma completo del festival sarà annunciato prossimamente nel corso della conferenza stampa di presentazione.

Pierfrancesco Favino è Craxi nelle prime foto dal set di Hammamet

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Si intitola Hammamet il nuovo film di Gianni Amelio con protagonista Pierfrancesco Favino nei panni di Bettino Craxi. Il film sarà un biopic dedicato alla vita e alla caduta di un uomo di Stato italiano, una figura ispirata a Craxi.

Le prime immagini che mostra ADNKronos in anteprima, mostrato Favino con il trucco di scena, un risultato davvero notevole in quanto a somiglianza, come si può notare nelle foto (qui).

La trasformazione dell’attore romano si deve a un processo di trucco e prostetica che è stato utilizzato anche su Christian Bale in Vice – l’uomo nell’ombra, per trasformare l’attore premio Oscar in Dick Cheney.

Le due foto in cui vediamo Pierfrancesco Favino rimandano a un momento fondamentale della vita di Craxi, il momento prima di salire sul palco per l’apertura del Congresso del Psi, svoltosi a Milano negli ex locali dell’Ansaldo nel 1989.

Il film, tuttavia, non sarà una biografia ufficiale, ma una ricostruzione con personaggi ispirati alla realtà e altri di fantasia, in cui si riconosce la figura di Craxi e in cui il racconto privato serve a illuminare quello pubblico. Sembra si tratti dello stesso approccio che Paolo Sorrentino ha utilizzato nei suoi ritratti cinematografici di Giulio Andreotti (Il Divo) e Silvio Berlusconi (Loro).

Nel cast di Gianni Amelio, oltre a a Pierfrancesco Favino, ci sono anche Renato Carpentieri, Claudia Gerini, Livia Rossi, Luca Filippi.

Il titolo del film prende il nome della città tunisina in cui Craxi si rifugiò e dove morì mentre erano ancora in corso i procedimenti giudiziari nei suoi confronti.

Pierce Brosnan: 10 cose che non sai sull’attore

Pierce Brosnan: 10 cose che non sai sull’attore

Celebre per avere donato ulteriore fascino all’agente segreto più celebre della storia del cinema, Pierce Brosnan si è negli anni distinto per le sue interpretazioni in film di grande successo popolare. Versatile e carismatico, l’attore continua ancora oggi a regalare al suo pubblico ruoli affascinanti e spesso controversi.

Ecco 10 cose che non sai di Pierce Brosnan.

Parte delle cose che non sai sull’attore

Pierce Brosnan moglie

Pierce Brosnan: i suoi film e le serie TV

10. Ha recitato in celebri lungometraggi. L’attore debutta sul grande schermo con il film Quel lungo venerdì santo (1979), per poi distingueri anche grazie a Quarto protocollo (1987), Il tagliaerbe (1992) e Mrs. Doubtfire (1993), con Robin Williams. In seguito, partecipa a film come Mars Attacks! (1996), Il sarto di Panama (2001), Caccia spietata (2006), Mamma mia! (2008), con Meryl Streep, L’uomo nell’ombra (2010), Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo – Il ladro di fulmini (2010), Ma come fa a far tutto? (2011), The November Man (2014), Survivor (2015), The Foreigner (2017), The Only Living Boy in New York (2017) e Mammia Mia! Ci risiamo (2018), con Amanda Seyfried.

9. Ha interpretato il celebre 007. Nel 1995 l’attore ha debuttato nel ruolo del celebre James Bond con il film GoldenEye. Particolarmente apprezzato da critica e pubblico, l’attore viene così confermato per i successivi titoli Il domani non muore mai (1997) e Il mondo non basta (1999). Nel 2002 recita per l’ultima volta, con gran dispiacere dei fan, nei panni del celebre agente segreto per il film La morte può attendere, che in termini di incasso mondiale batte tutti i precedenti film realizzati su 007.

8. Ha preso parte a produzioni televisive. Ad aver contribuito alla popolarità dell’attore è stata la serie Mai dire sì, dove Brosnan ricopre il ruolo di Remington Steele. In seguito è apparso anche in miniserie come Il re di Hong Kong (1998), Il giro del mondo in 80 giorni (1989), e Mucchio d’ossa (2011). Dal 2017 al 2019 ha poi ricoperto il ruolo di Eli McCullough nella serie The Son, comparendo in circa 20 episodi.

Pierce Brosnan: sua moglie e i suoi figli

7. Ha sposato un’attrice. Nel 1980 Brosnan ha sposato l’attrice australiana Cassandra Harris, dalla quale ebbe nel 1983 il figlio Sean. Brosnan decise però di adottare anche i due precedenti figli della donna, Charlotte e Christopher. Sfortunatamente, il loro matrimonio finì nel momento in cui la Harris scomparve in seguito ad una malattia, nel 1991.

6. La sua nuova moglie è una giornalista. Nel 1994 l’attore intraprende una relazione con la giornalista Keely Shaye Smith. Nel 1997 nasce il loro primo figlio, Dylan, mentre nel 2001 arriva la figlia Paris. In quello stesso anno i due decidono di sposarsi, e tutt’oggi sono un’affermata coppia del mondo dello spettacolo.

Parte delle cose che non sai sull’attore

Pierce Brosnan 007

Pierce Brosnan è 007

5. Avrebbe dovuto ricoprire il ruolo già anni prima. Quando nel 1986 Roger Moore rinunciò al ruolo dell’agente James Bond, dopo ben sette film, i produttori pensarono subito a Brosnan come suo sostituto. Questi tuttavia, per via del suo impegno con la serie Mai dire sì dovette rinunciare alla parte, che fu dunque assegnata ad un altro attore. Nel 1994, tuttavia, ormai libero da altri impegni, Brosnan venne ricontattato e scelto per il ruolo.

4. È stato l’unico 007 degli anni Novanta. Sin dal debutto del personaggio sul grande schermo, i suoi interpreti si sono spesso divisi il ruolo attraverso i decenni. Brosnan è invece stato il primo attore ad aver avuto l’esclusiva sull’agente segreto per tutti gli anni Novanta. In tale decennio, non vi sono infatti stati altri volti per il personaggio se non quello di Brosnan.

3. La morte può attendere è il film che ha apprezzato di meno. Tra i quattro film dedicati a James Bond girati dall’attore, l’ultimo di questi, La morte può attendere è anche quello da lui meno apprezzato. Brosnan si lamentò infatti di alcuni effetti speciali non all’altezza delle intenzioni, come anche di alcuni risvolti di trama a suo dire non coerenti con il personaggio.

Pierce Brosnan: il suo 2020

2. Ha diversi progetti in arrivo. Nel giugno del 2020 l’attore tornerà a recitare per il film Netflix Eurovision Song Contest: la storia dei Fire Saga, commedia musicale con protagonisti Will Ferrell e Rachel McAdams. Nello stesso anno reciterà nel fantasy The King’s Daughter, dove ricoprirà il ruolo di Re Luigi XIV, accanto all’attrice Kaya Scodelario.

Pierce Brosnan: età e altezza

1. Pierce Brosnan è nato a Drogheda, in Irlanda, il 16 maggio 1953. L’attore è alto complessivamente 186 centimetri.

Fonte: IMDb

 

Pierce Brosnan sul nuovo James Bond: “Penso a Idris Elba o Tom Hardy”

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Creato dalla mente dello scrittore Ian Fleming nel 1953, il personaggio di James Bond, apparso per la prima volta come protagonista di un libro, è diventato uno dei più iconici della storia del cinema, interpretato da ben sette attori differenti nel corso degli anni.

Tra questi, c’è stato anche Pierce Brosnan, erede di Timothy Dalton, che ha interpretato 007 dal 1995 al 2002, precisamente in GoldenEye, Il domani non muore mai, Il mondo non basta e La morte può attendere. Sebbene l’attore abbia avuto successo anche grazie ad altri generi cinematografici e ad altri ruoli, il fandom di 007 brama ancora la sua opinione in merito a tutto ciò che riguarda Bond, soprattutto in merito a chi sarebbe, dal suo punto di vista, il candidato ideale per sostituire l’attuale Bond in carica, ossia Daniel Craig.

Durante la promozione del suo nuovo film False Positive, Brosnan ha discusso la questione con People, rivelando che sono ben due i nomi che gli vengono in mente quando si tratta di riflettere sulla prossima incarnazione dell’agente: “Mi viene in mente Idris Elba. Ha una presenza scenica davvero potente e una tensione vocale senza precedenti. Sarebbe magnifico. E poi ci sarebbe anche Tom Hardy, che può fare davvero grandi cose. Entrambi possono farle, in realtà. Daniel ha lasciato un’impronta davvero indelebile, e quindi ora c’è la possibilità di andare avanti percorrendo nuove strade.”

Ricordiamo che Daniel Craig vestirà per l’ultima volta i panni di James Bond in No Time to Die, che sarà diretto e co-scritto da Cary Fukunaga e interpretato, tra gli altri, anche da Rami Malek, Léa Seydoux, Christoph Waltz, Lashana Lynch e Ana de Armas. Il film, posticipato innumerevoli volte a causa della pandemia di Coronavirus, arriverà nelle sale italiane il prossimo 30 settembre.

Pierce Brosnan riceverà il premio contributo europeo al cinema

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Pierce Brosnan riceverà il premio contributo europeo al cinema

A riconoscimento di una lunga e  ricca carriera davanti alla machina da presa, e dietro in veste di produttore, Pierce Brosnan riceverà il premio onorario CONTRIBUTO EUROPEO AL CINEMA MONDIALE.

Tra i numerosissimi titoli di Pierce Brosnan ricordiamo MR. JOHNSON (1990 di Bruce Beresford, IL TAGLIAERBE (1992) di Brett Leonard, IL CASO THOMAS CROWN  diretto da John McTiernan (1999) e  IL SARTO DI PANAMA diretto da John Boorman (2001), solo per citarne alcuni. Film d’azione, romantici, commedie – Pierce Brosnan non ha tralasciato nessun genere interpretando l’agente del KGB  Valeri Petrofsky in QUARTO PROTOCOLLO diretto da John Mackenzie (1987), il killer nevrotico Julian Noble in THE MATADOR diretto da Richard Shepard (2005), Gideon in CACCIA SPIETATA per il regista David Von Ancken (2006), Richard in AMORI DIVORZI E RAPINE diretto da  Joel Hopkins (2013) o ancora l’ex primo ministro britannico Adam Lang in L’UOMO NELL’OMBRA diretto da Roman Polanski (2010).

Pierce Brosnan riceverà il premio contributo europeo al cinema

Ogni volta ci ha turbati, emozionati, ispirati  – cantando canzoni degli a Abba nei panni di uno dei padri in MAMMA MIA! diretto da Phyllida Lloyd (2008) di Philip l’arrabbiato uomo d’affari vedovo in LOVE IS ALL YOU NEED diretto da Susanne Bier (2012, del duro ex agente Peter Deveraux nell’action thriller THE NOVEMBER MAN diretto da Roger Donaldson (2014). 

Dal 1995 al 2002  ha impersonato l’agente segreto più famoso del mondo, James Bond, in GOLDEN EYE, IL DOMANI NON MORE MAI (per cui ha ricevuto una nomination agli  EFA), IL MONDO NON BASTA, e LA MORTE PUO’ ATTENDERE..

Oltre al suo lavoro davanti alla macchina da presa, Pierce Brosnan ha da lungo tempo una passione per l’arte di realizzare film. Ha fondato una sua casa di produzione  e fino ad oggi ha prodotto 11 film tra cui THE NEPHEW (1998), IL CASO THOMAS CROWN (1999), THE MATCH (1999), EVELYN (2002), LAWS OF ATTRACTION – MATRIMONIO IN APPELLO (2004), THE MATADOR (2005), SHATTERED – GIOCO MORTALE (2007), THE GREATEST (2010), THE NOVEMBER MAN (2014) e  I.T. (2016). 

Ha appena terminate la lavorazione di THE FOREIGNER, un film di Martin Campbell, co-interpretato con Jackie Chan. Attualmente è impregnate nelle riprese di  THE ONLY LIVING BOY IN NEW YORK accanto Jeff Bridges per il regista Marc Webb e lo vedremo in ACROSS THE RIVER AND INTO THE TREES, tratto dal’omonimo  romanzo di Ernest Hemingway, per la regia di Martin Campbell. 

E’ un grande piacere per l’European Film Academy conferire il premio d CONTRIBUTO EUROPEO AL CINEMA MONDIALE a Pierce Brosnan per la sua straordinaria dedizione al cinema.

Pierce Brosnan sarà uno deli ospiti d’onore della 29ma Cerimonia di Premiazione degli European Film Awards, il 10 Dicembre a  Breslavia, Capitale Europea della  Cultura 2016.

Pierce Brosnan protagonista in Out Last Man

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Pierce Brosnan protagonista in Out Last Man

Dopo essersi cimentato nella regia di alcuni film davvero strampalati come The Big Tease e Saving Grace, il comico Craing Ferguson è tornato dietro la macchina da scrivere per una nuova sceneggiatura dal titolo Out Last Man, tratta dal romanzo thriller I Dodici di Stuart Neville. Assieme all’assistenza di Ted Mulkerin, il nuovo soggetto di Ferguson racconta le vicende di un ex sicario dell’IRA uscito di prigione dopo 20 e ossessionato dalla vendetta contro gli autori della sua incarcerazione. Alla regia dovrebbe esserci Terry Loan, mentre come protagonista si è optato immediatamente per il fascino e il carisma di Pierce Brosnan. In questi giorni le trattative per la vendita del soggetto si stanno concludendo a Berlino, mentre Ferguson continua con il suo talk show dal titolo The Late Late, edito dalla CBS, in cui si intervista da solo.

Fonte: empire

Pierce Brosnan protagonista di I.T. di Stefano Sollima

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Pierce BrosnanSarà Pierce Brosnan il protagonista di I.T., il thriller che sarà diretto dal regista italiano Stefano Sollima, che si è imposto al pubblico con il suo film ACAB. L’ex 007 sarà un editore di successo che si ritrova a contrapporsi ad un giovane scontento IT, consulente ed esperto di tecnologia. Sollima oltre ad aver diretto ACAB: All Cops Are Bastards, sarà presto in televisione dove ha diretto per Sky la miniserie Gomorra. I.T. sarò prodotto da David T. Friendly, Craig Flores , Nicolas Chartier e Beau St. Clair. Proprio quest’ultimo è partner dell’attore con cui dirigono una casa di produzione. Dan Kay ha scritto la sceneggiatura basata su un’idea di Friendly Films banner . Le riprese del film dovrebbero iniziare nel 2014. Per quanto riguarda l’interprete del giovane I.T. al momento non si sa nulla.

Pierce Brosnan poteva essere Batman per Tim Burton

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Pierce Brosnan poteva essere Batman per Tim Burton

Ospite al The Tonight Show con Jimmy Fallon per promuovere Black Adam, Pierce Brosnan ha parlato della sua prima volta in un film di supereroi, ma ha anche detto che poteva essere Batman per Tim Burton, durante il processo di casting per il film che poi ha visto vincere Michael Keaton. Ma in merito alla possibilità di interpretare il Crociato di Gotham, Brosnan ha dichiarato:

“Ricordo di aver detto qualcosa di stupido a Tim Burton, ho detto che non riuscivo a capire perché un uomo dovesse indossare le mutande sopra ai pantaloni… Ma ecco qua il miglior attore possibile ha ottenuto il lavoro e poi è finita che il dottor Fate e io ci siamo incontrati nel momento giusto”.

Black Adam, ecco la Sneak Peek del #SDCC22

Il cast completo di Black Adam, oltre a Dwayne Johnson nei panni dell’anti-eroe del titolo, annovera anche Noah Centineo (Atom Smasher), Quintessa Swindell (Cyclone), Aldis Hodge (Hawkman) e Pierce Brosnan (Doctor Fate). Insieme a loro ci saranno anche Sarah Shahi, che interpreterà Isis, e Marwan Kenzari, che sarà invece l’antagonista principale (anche se il personaggio non è stato ancora svelato).

Black Adam, che sarà diretto da Jaume Collet-Serra (già dietro Jungle Cruise, sempre con Johnson), ha dovuto far fronte a non pochi problemi durante il suo travagliatissimo sviluppo. Inoltre, la pandemia di Coronavirus ha ulteriormente complicate le cose e costretto la produzione del film all’ennesimo rinvio. L’uscita del film nelle sale americane è fissata per il 29 luglio 2022. Black Adam uscirà al cinema in Italia giovedì 21 ottobre 2022.

Il progetto originale della Warner Bros. su Shazam! aveva previsto l’epico scontro tra il supereroe e la sua nemesi, Black Adam appunto, una soluzione esclusa dalla sceneggiatura per dedicarsi con più attenzione al protagonista e alla sua origin story. A quanto pare, il film su Black Adam dovrebbe ispirarsi ai lavori di Geoff Johns dei primi anni duemila.

Pierce Brosnan e Martin Campbell di nuovo insieme dopo 007

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Pierce Brosnan e Martin Campbell di nuovo insieme dopo 007

Come ci informa l’Hollywood Reporter, Pierce Brosnan e il regista Martin Campbell torneranno a lavorare insieme, dopo GoldenEye (diciottesimo film della saga di James Bond), per l’adattamento cinematografico del romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi (Across the River and Into the Trees), scritto da Ernest Hemingway nel 1950.

Di seguito la trama del romanzo: Nell’alba fredda di una domenica d’inverno, sulla laguna ghiacciata quattro imbarcazioni si stanno recando alle botti per la caccia alle anatre. Su una di queste si trova il cinquantenne colonnello Richard Cantwell, che è di stanza a Trieste. Il colonnello era partito il venerdì precedente con la sua grossa Buick per Trieste. Mentre percorreva la strada per raggiungere Venezia, fu assalito dai ricordi della prima guerra mondiale e ritrovò il luogo dove allora era stato ferito. Aveva combattuto anche nella seconda guerra mondiale e, pluridecorato, è considerato un eroe; lui tuttavia non si sente più un soldato, ma un semplice uomo in uniforme. Il colonnello ha una relazione con una diciannovenne veneziana, Renata, alla quale racconta, quasi come in una sorta di terapia psicanalitica, le vicende della guerra. Nonostante la grande differenza di età fra i due, la relazione riesce a dare al colonnello serenità e gioia, ma è ben consapevole che i suoi problemi cardiaci non gli danno molto tempo da vivere. Quando sente avvicinarsi la morte, il colonnello si fa accompagnare dal suo autista nel luogo dove era stato ferito tanti anni prima, e dopo aver lasciato le ultime consegne, rimane lì ad aspettare la fine.

In realtà, Di là dal fiume e tra gli alberi è il secondo progetto che vedrà riuniti Brosnan e Campbell: i due, infatti, sono attualmente impegnati con le riprese dell’action thriller The Foreigner a Londra, che arriverà nelle sale a marzo del 2017.

Fonte

Pierce Brosnan e Emma Thompson nel trailer di Love Punch

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pierce brosnan

Presentata lo scorso settembre al Toronto Film Festival, arriva oggi il trailer della nuova commedia con Pierce Brosnan ed Emma Thompson dal titolo Love Punch.

Nel film diretto da Joel Hopkins (Oggi è già domani), i due attori interpretano una coppia in crisi che si avventura in Europa per recuperare i soldi rubati destinati alla propria pensione, mettendo in atto una caccia all’uomo per rintracciare il malfattore che li ha truffati, riscoprendo intanto il loro reciproco amore.

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Girato interamente a Parigi, e Coye-la-Forêt, Francia, Love Punch esce oggi in anteprima e poi a Dicembre in tutti i cinema.

Ricordiamo che i due attori britannici torneranno a recitare nello stesso set per il film Survivor di James McTeigue. Emma Thompson, dopo aver recitato a fianco di Tom Hanks in Saving Mr. Banks, è attualmente impegnata nelle riprese di Voyage of Time di Terrence Mallick. Pierce Brosnan invece, dopo Non buttiamoci giù, è molto probabile che torni ad un ruolo “action” dopo James Bond, con il quarto capitolo dei Mercenari di Stallone.

Fonte: ComingSoon.net

Pierce Brosnan disse no al Batman di Tim Burton: “Non riuscivo a prenderlo sul serio”

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Pierce BrosnanUno dei suoi ruoli più noti è quello di un personaggio iconico, vestito di scuro e con grandi doti fisiche e investigative: si tratta di James Bond e lui è Pierce Brosnan. L’attore però ha anche perso l’occasione di incarnare un’altra icona pop che potrebbe condividere la descrizione che abbiamo appena offerto dell’agente 007. Si tratta di Batman. Infatti Brosnan, quando Tim Burton cercava il suo Batman, rifiutò il ruolo perchè lo credeva ridicolo. E pensare che adesso i giovani attori in cerca di fama farebbero di tutto per indossare la calzamaglia di un supereroe!

Ecco cosa ha dichiarato l’attore in merito a quella proposta di Burton e al suo rifiuto:

“Incontrati Tim Burton per parlare del film su Batman, ma non riuscivo a prenderlo sul serio. Qualunque uomo indossi delle mutande sui pantaloni non può che essere ridicolo. La vedevo così, purtroppo. Pensavo fosse uno scherzo, ma quanto mi sbagliavo?”

Si sbagliava davvero tanto, considerando che Michael Keaton, il Batman designato da Tim Burton, è diventato un’icona pop allo stesso modo del personaggio che ha interpretato!

Fonte: CBM

Pierce Brosnan ammette: “non sono stato un buon James Bond!”

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Pierce Brosnan ammette: “non sono stato un buon James Bond!”

Durante un’intervista al The Telegraph, Pierce Brosnan ha parlato della sua esperienza nei panni di James Bond definendo la sua performance “non abbastanza buona”. Brosnan, che ha indossato i panni della spia più famosa al mondo per quattro film (GoldenEye, Il domani non muore mai, La morte può attendere, Il mondo non basta) ha detto di essersi sentito come risucchiato in una curva temporale tra Roger Moore e Sean Connery e sopratutto ha espresso così le sue difficoltà:

“È stato difficile cogliere il significato di questa esperienza, tutto era molto pilotato, dalla violenza alla forza bruta. Non c’era niente che avesse un riscontro nella realtà, era tutto troppo superficiale.” Alla domanda se avesse mai rivisto i Bond in cui lui ha recitato risponde così: “Non ho alcuna intenzione di vedere me stesso come James Bond, mi sembra di non essere stato abbastanza bravo ed è una sensazione orribile da provare”

Infine Brosnan parla della sua esperienza sul set di The Love Punch con Emma Thompson, film che racconta la storia di una coppia divorziata che cerca di recuperare alcuni soldi rubati dal loro fondo pensione: “È stato veramente piacevole, non ci hanno chiesto di recitare ma solo di presentarci e cercare di divertirci insieme. Con Emma poi è facile lavorare e trovarsi bene”.

Fonte: THR

Piera Detassis presidente della Fondazione Cinema per Roma

Piera DetassisLa giornalista, saggista e critica cinematografica Piera Detassis, direttore del mensile Ciak, è il nuovo presidente della Fondazione Cinema per Roma, l’ente che organizza dal 2007 il Festival Internazionale del Film di Roma. Lo ha deciso oggi il Collegio dei Fondatori formato da Comune di Roma, Regione Lazio, Città Metropolitana di Roma, Camera di Commercio di Roma, Fondazione Musica per Roma, Istituto Luce Cinecittà.

Il nuovo Consiglio di Amministrazione della Fondazione sarà composto da cinque membri: Piera Detassis (in rappresentanza del Comune di Roma), Laura Delli Colli (in rappresentanza della Regione Lazio), Giancarlo Cremonesi (Camera di Commercio), Carlo Fuortes (Musica per Roma), Roberto Cicutto (Istituto Luce Cinecittà).

Piera Detassis è stata tra i principali protagonisti del Festival fin dalla sua nascita nel 2006, prima come membro della direzione artistica, poi come coordinatore e successivamente, fino al 2011, come Direttore Artistico.

“Per l’onore e la fiducia accordatemi desidero innanzitutto ringraziare il Sindaco Ignazio Marino e l’intero Collegio dei Fondatori – ha dichiarato il Presidente Detassis – Esprimo soddisfazione per l’ingresso fra i Fondatori del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, rappresentato dall’Istituto Luce Cinecittà. Ringrazio inoltre il Ministero dello Sviluppo Economico per il supporto a The Business Street nell’ambito del processo di internazionalizzazione a favore dell’intera industria audiovisiva italiana. Do il benvenuto ai rappresentanti del nuovo Consiglio di Amministrazione: la vicinanza di tutti gli organi di governo della Fondazione sarà fondamentale per la realizzazione della Festa del Cinema, che immagino come un festival diffuso e popolare, con lo sguardo rivolto all’evento artistico, ma anche al mercato, alla formazione e ai giovani, capace di far dialogare i protagonisti con il pubblico e di rapportarsi con le tante realtà culturali fiorite sul territorio. Una Festa in tempo di crisi, ma ottimista sul futuro del cinema e dell’audiovisivo, sulla possibilità di fare sistema. Oltre al saluto alla squadra della Fondazione Cinema per Roma, ricca di speciali professionalità, il mio ringraziamento particolare va oggi ai protagonisti dell’industria cinematografica, registi, attori, produttori, distributori e professionisti del settore, che considero da sempre compagni di avventura e alleati fondamentali nella realizzazione di questa rinnovata Festa. Con loro ho sempre lavorato, con loro mi auguro di continuare a farlo. Semplicemente nel nome del cinema e di tutte le sue nuove forme e declinazioni. Cioè del futuro”.

Pier Paolo Pasolini: il suo cinema in 20 tavole

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Pier Paolo Pasolini: il suo cinema in 20 tavole

Dal 2 novembre, a quarant’anni esatti dalla morte di Pier Paolo Pasolini, fino al 15 dicembre, si svolgerà l’iniziativa “Pasolini – Il Cinema in 20 tavole”, festival itinerante che coinvolgerà – in un ideale tour attraverso la Capitale – le biblioteche Marconi (Portuense), Elsa Morante (Ostia), Rispoli (Rione Pigna), Vaccheria Nardi (Tiburtino), Mameli (Pigneto), Pasolini (Spinaceto).

L’evento è realizzato da CityFest – il programma di appuntamenti annuali della Fondazione Cinema per Roma presieduta da Piera Detassis – in collaborazione con NED Edizioni di Pier Paolo Mocci e Biblioteche di Roma, e rientra nelle iniziative ufficiali promosse dal Mibact in occasione delle celebrazioni per il quarantesimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, con il patrocinio di Accademia del Cinema Italiano Premi David di Donatello e di Agis Scuola. I partner tecnici Rai Teche e Istituto Luce che partecipano all’iniziativa fornendo materiale video e filmati d’archivio.

L’iniziativa sarà inaugurata, lunedì 2 novembre alle ore 17.30 presso la Biblioteca Marconi, da una mostra di disegni realizzata da Luisa Mazzone che ripercorre – con un tratto del tutto originale, sospeso tra graphic-novel e immagine digitale – la filmografia pasoliniana. L’esposizione sarà corredata dai testi di Mario Sesti. Nello stesso giorno sarà presentato il volume di Mario Sesti e Luisa Mazzone “Pasolini – Il Cinema in 20 tavole” (NED Edizioni) con letture di Pino Calabrese, alla presenza di Chiara Rapaccini, Antonello Caporale, moderatore Leonardo Jattarelli.

I passaggi più interessanti saranno letti, di volta in volta, da alcuni amati volti del cinema e del teatro italiano: Giulio Scarpati, Vinicio Marchioni, Alessandro Roja, Greta Scarano, Antonello Fassari, Paola Minaccioni, Eleonora Danco.

Nel corso dei vari appuntamenti che si susseguiranno nelle biblioteche romane saranno mostrati alcuni dei film più celebri di Pasolini (da Accattone a Il vangelo secondo Matteo, da La rabbia a Uccellacci e uccellini, da Decameron a Il fiore delle Mille una notte), e si terranno proiezioni di materiale d’archivio Rai e Istituto Luce, tra cui un filmato di montaggio inedito realizzato appositamente da Rai Teche per l’iniziativa. In programma anche i documentari Pasolini. Il corpo e la voce di Maria Pia Ammirati, Arnaldo Colasanti, Paolo Marcellini, La voce di Pasolini di Mario Sesti e Matteo Cerami (presentati all’ultima Festa del Cinema di Roma), Nuovi comizi d’amore di Italo Spinelli. L’iniziativa prevede ulteriori eventi: la proiezione di Alì ha gli occhi azzurri di Claudio Giovannesi, di N-Capace di Eleonora Danco, dei cortometraggi pasoliniani di Arcipelago – Festival Internazionale di Cortometraggi, e la presentazione di “Cerco qualcuno che guardi assieme a me”, libro e video a cura di Gianguido Palumbo, in memoria di Pier Paolo Pasolini e Nadine Gordimer.

“È fondamentale, per la nostra idea di cultura e per l’attività che svolgiamo nella Capitale, tener costantemente viva la memoria e l’opera di uno dei più scomodi, brillanti e onesti intellettuali dello scorso secolo – ha detto Piera Detassis, presidente della Fondazione Cinema per Roma – Abbiamo celebrato Pier Paolo Pasolini,nei giorni scorsi, con una serie di eventi nell’ambito della Festa del Cinema e lo faremo nelle prossime settimane con questa iniziativa del programma di CityFest”.

Tratto dal volume “Pasolini – Il cinema in 20 tavole” di Mario Sesti e Luisa Mazzone edito da NED

Come racconta lui stesso, il primo vero cineforum Pasolini lo conobbe a 17 anni quando, a Bologna, incontrò le lezioni di Roberto Longhi, il più grande critico d’arte dell’Italia contemporanea, con le sue proiezioni di diapositive di dipinti e quadri. Il cinema, scrisse Pasolini usando esplicitamente questa parola, iniziò ad agire da allora in lui “sia pure in quanto mera riproduzione di fotografie”. “Quello che io ho in testa come visione, come campo visivo, sono gli affreschi di Masaccio, di Giotto”, scrisse al tempo di Accattone. Questa mostra, che si avvale dei disegni dell’artista e scenografa Luisa Mazzone, accompagnati dai testi di Mario Sesti, recupera questa “forma primigenia” del cinema di Pasolini: l’idea di poter raccontare i suoi film, e le immagini che per essi egli ha trovato e creato, attraverso delle tavole, come se fossero pale, affreschi, pittura, graffiti. E tra i disegni, come nei suoi film (che spesso ricorrono a scritte, cartelli, lettere) ci sono le parole appunto di Mario Sesti, un testo che sembra scritto da una macchina per scrivere degli anni ’70: la stessa forma che le parole assumevano quando scriveva i suoi romanzi, i suoi articoli, le sue sceneggiature. Sono parole che si fanno sfondo e paesaggio e si confondono con le immagini, come se fossero fossili che il tempo ha reso della stessa natura minerale della materia che li ingloba, circondati da segni che sono dettagli “prelevati” da uno sfondo senza fine: è quello di tutti i film di Pasolini assieme, il cui paesaggio è stato riempito dalle borgate romane degli anni ’60 come dalla savane africane, dalle periferie italiane come dai deserti dell’Asia, ovunque abbia piantato la macchina da presa “in tanta gloria di sole, di luce, di pianto”.

Pieces of a Woman: trailer del film con Vanessa Kirby

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Pieces of a Woman: trailer del film con Vanessa Kirby

Netflix ha diffuso il trailer ufficiale di Pieces of a Woman, il film presentato a Venezia78 che arriverà in cinema selezionati a dicembre (compatibilmente con la riapertura delle sale cinematografiche) e su NETFLIX dal 7 gennaio 2021.

In Pieces of a Woman Martha (Vanessa Kirby) e Sean (Shia LaBeouf) sono una coppia di Boston. Stanno per diventare genitori ma la scelta di far nascere loro figlio in casa ha un risvolto tragico che cambierà per sempre le loro vite. Per Martha ha inizio un’odissea lunga un anno. Deve convivere con il dolore, con il rapporto conflittuale con il marito e con la madre dispotica (Ellen Burstyn), oltre che confrontarsi in tribunale con l’ostetrica divenuta oggetto di pubblica denigrazione. Diretto da Kornél Mundruczó (WHITE GOD – Sinfonia per Hagen, vincitore del premio Un Certain Regard a Cannes nel 2014) e con la sceneggiatura di Kata Wéber. Martin Scorsese è produttore esecutivo. PIECES OF A WOMAN è la storia profondamente intima, travolgente ed eccezionale di una donna che deve imparare a convivere con una perdita.

  • Prodotto da: Kevin Turen, p.g.a., Ashley Levinson, p.g.a. e Aaron Ryder
  • Produttori esecutivi: Martin Scorsese, Sam Levinson, Stuart Manashil, Viktoria Petranyi, Jason Cloth, Richard McConnell, Suarj Maraboyina per Creative Wealth Media, Aaron Gilbert per BRON Studios, e Steven Thibault
  • Direttore della fotografia: Benjamin Loeb, FNF
  • Scenografie: Sylvain Lemaitre e Frédérique B. Ste-Marie
  • Costumi: Rachel Dainer-Best
  • Montaggio: Dávid Janscó, HSE
  • Musiche originali: Howard Shore
  • Hair & Makeup: Gemma Lousie Hoff

Pieces of a Woman: intervista ai protagonisti del film Netflix

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Pieces of a Woman: intervista ai protagonisti del film Netflix

Ecco la nostra intervista ai protagonisti di Pieces of a Woman, il film presentato alla 77° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e disponibile su Netflix dal 7 gennaio 2021.

In Pieces of a Woman Martha (Vanessa Kirby) e Sean (Shia LaBeouf) sono una coppia di Boston. Stanno per diventare genitori ma la scelta di far nascere loro figlio in casa ha un risvolto tragico che cambierà per sempre le loro vite. Per Martha ha inizio un’odissea lunga un anno. Deve convivere con il dolore, con il rapporto conflittuale con il marito e con la madre dispotica (Ellen Burstyn), oltre che confrontarsi in tribunale con l’ostetrica divenuta oggetto di pubblica denigrazione. Diretto da Kornél Mundruczó (WHITE GOD – Sinfonia per Hagen, vincitore del premio Un Certain Regard a Cannes nel 2014) e con la sceneggiatura di Kata Wéber. Martin Scorsese è produttore esecutivo. PIECES OF A WOMAN è la storia profondamente intima, travolgente ed eccezionale di una donna che deve imparare a convivere con una perdita.

Pieces of a woman, recensione del film con Vanessa Kirby

Pieces of a woman, recensione del film con Vanessa Kirby

Il regista ungherese Kornel Mundruczo, amato dai festival europei, diverse volte in concorso a Cannes, vinse nel 2014 nella sezione Un certain regard con Withe god – Sinfonia per Hagen, mentre l’ultima partecipazione risale al 2017 con Una luna chiamata Europa.

Nel 2020 è tornato dietro la macchina da presa con il suo primo film in lingua inglese, che vede  Martin Scorsese nel team produttivo. In coppia con la compagna Kata Weber, che firma la sceneggiatura, Mundruczo ha dato vita a Pieces of a woman, progetto ambizioso e riuscito, che esplora la maternità e il suo momento più delicato, la nascita, facendola coesistere con quanto di più lontano da essa vi possa essere, la morte, e ponendo la protagonista, un’ottima Vanessa Kirby, di fronte all’elaborazione di una tragedia devastante. Sbarcato a Venezia lo scorso anno, il film è valso proprio all’attrice britannica, nota per la sua partecipazione alla serie tv The Crown, la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile e chissà che non possa aspirare a un premio dell’Academy.  

Pieces of a woman, la trama

Martha, Vanessa Kirby, e Sean, Shia LaBeouf, sono una coppia di Boston in attesa della loro prima figlia. Martha ha scelto il parto in casa e quando inizia il travaglio, Sean chiama l’ostetrica che segue la coppia, Barbara. Questa però non può recarsi sul posto e manda la sua collega Eva, Molly Parker. Martha e Sean sono inizialmente perplessi, ma poi si lasciano convincere dai modi pacati e rassicuranti della donna. Purtroppo, nonostante l’esperienza di Eva, qualcosa va storto, il feto va in sofferenza e la bambina muore pochi minuti dopo la nascita. Di fronte a questa tragedia, Martha e Sean reagiscono in modo diverso e iniziano ad allontanarsi. La madre di Martha, Elizabeth, Ellen Burstyn, poi, vorrebbe che la figlia facesse causa all’ostetrica, giudicandola colpevole dell’accaduto, e pensa che questo sia il modo ideale per affrontare la questione e poter lasciarsi poi tutto alle spalle. Martha però, vuole trovare il suo modo per elaborare questo lutto. 

Un film intenso e duro, che non cede al melò e apre le porte alla speranza 

Kornel Mundruczo parte bene, dimostrando di padroneggiare la macchina da presa con la sequenza iniziale del parto, lunga e dal forte impatto, che colpisce e avvince, tiene lo spettatore incollato allo schermo per scoprire cosa succede, cosa va storto. È adrenalinica, fa entrare lo spettatore nel vivo di un momento così delicato e potente al tempo stesso, che spesso al cinema viene stereotipato. Qui è raccontato con autenticità, senza tacerne il dolore e la forza, grazie alla bravura di Kirby, intensa ma mai eccessiva, alla capacità sua e di LaBeouf di rendere l’intesa della coppia, alla capacità del regista di mostrare il comportamento e il punto di vista di ogni attore della vicenda senza giudicare, ma cercando di comprenderne le ragioni, di portare all’immedesimazione, con la volontà di non edulcorare. Caratteristiche che si ritroveranno in tutto il film. Merito infine anche del montaggio di David Jancso. 

pieces of a woman recensionePoi arriva il dolore, che si spalanca dopo la tragedia della morte della piccola. Questo non è trattato dal regista con uno stile melodrammatico. Martha è una donna dura, forte, che non si vuole far vincere dalla sofferenza, non vuole mostrare le lacrime, la disperazione. In qualche modo però, il dolore trova una sua strada per emergere, e allora sono scoppi d’ira, nervi a fior di pelle di una donna provata, ma che non vuole mollare. Il regista mostra due modi di affrontare la cosa, strade diverse che portano Martha e Sean a separarsi.

Mostra anche una terza via, quella del processo, perseguita strenuamente da Elizabeth, rendendo bene il rapporto conflittuale di Martha con una madre autoritaria, le sue conseguenze sulle scelte della figlia e la voglia di questa di dimostrare a sé stessa e ad Elizabeth il proprio valore, ma anche emanciparsi e trovare un proprio modo di elaborare questo trauma. Alla fine sarà una strada più emotiva e meno razionale, più istintiva, fatta di sensazioni e odori, quella che traghetterà Martha fuori dal buio. Nel cast anche Iliza Shlesingher nel ruolo di Anita, sorella di Martha, Benny Safdie, che interpreta il compagno di Anita, Chris, e Sarah Snook, Suzanne, l’avvocato che segue la causa. 

Il paesaggio è metafora del mondo interiore dei protagonisti. La veduta panoramica da un ponte si ripete e scandisce i vari momenti della vicenda. Tutto è grigio e plumbeo, fino a quando, finalmente, compaiono i colori e il sole. La fotografia è curata da Benjamin Loeb. 

Il simbolico finale di Pieces of a woman

La sequenza finale, su cui scorrono i titoli di coda, è  poi l’esatto contraltare dell’inizio. Dominano la quiete e la serenità della natura, con un elemento chiave, che non sveliamo, a fare da protagonista, simbolo proprio dell’elaborazione, che non significa oblio, ma trasformazione di un dolore profondo in qualcosa che diventa un punto di partenza per ricominciare. È dunque un messaggio di speranza, di fiducia nel futuro e di ripartenza quello che il regista vuol dare e che ben si concilia con i tempi difficili che stiamo vivendo.

Pieces of a woman, dove vederlo in streaming

Prodotto da Little Lamb e Bron Studios con Proton Cinema e Creative Wealth Media, Pieces of a woman è disponibile in streaming su Netflix dal 7 gennaio. 

Piece by Piece: recensione della biografia musicale animata di Pharrell Williams

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Piece by Piece è una biografia musicale narrata attraverso l’animazione LEGO, un’esperienza che sfida il cinismo e abbraccia una vibrante originalità. Presentato al Toronto Film Festival, il film, che nasce dalla collaborazione tra il regista Morgan Neville e il genio creativo di Pharrell Williams, reinventa il genere documentario mescolando vivacità visiva e narrativa pop.

Piece by Piece è un connubio inaspettato

L’idea di raccontare la vita di Pharrell tramite i LEGO è insolita, ma si rivela sorprendentemente azzeccata. La carriera del musicista e produttore si distingue per la capacità di mescolare elementi incongruenti in creazioni straordinarie. È facile immaginare un giovane Pharrell costruire mondi magici con pezzi presi da set LEGO diversi, proprio come mescolava hip-hop, disco e rock per creare il suo sound unico.

Neville sfrutta questo connubio per creare un’opera visiva che trasforma episodi della vita di Pharrell in scene animate piene di colori e fantasia. Non vediamo il progetto di edilizia popolare di Virginia Beach come un quartiere grigio e difficile, ma come una realtà solare e comunitaria. La scuola che Pharrell frequentava insieme a Timbaland e Missy Elliott diventa un’esplosione di luci e musica, una capsula di creatività pronta a scoppiare. Ogni nuovo beat prodotto dai Neptunes prende forma come sfere luminose e pulsanti, che sembrano emergere direttamente dalla sinestesia di Pharrell.

Una narrazione vivace

La scelta di un approccio LEGO permette a Piece by Piece di esprimere la gioia che è al centro della musica e della personalità di Pharrell. La sua ascesa da Virginia Beach al successo globale è una storia familiare, ma Neville la racconta con un tocco così giocoso che sembra nuova e insolita. I contributi di Pharrell a brani iconici come Superthug di NORE, Drop It Like It’s Hot di Snoop Dogg e l’inno Alright di Kendrick Lamar vengono visualizzati con un brio che rende giustizia alla loro importanza culturale.

Le interviste con Missy Elliott, Jay-Z, Gwen Stefani e Pusha T arricchiscono la narrazione, creando un ritratto collettivo che celebra l’impatto di Pharrell sul mondo della musica. Ma questa componente allegra e positiva è bilanciata da aspetti più emotivi che certo non mancano in un racconto biografico: le riflessioni su sua nonna, che lo ha incoraggiato fin dall’inizio, e le difficoltà creative che ha affrontato nel bilanciare l’arte con le pressioni del business, aggiungono profondità emotiva.

Un trionfo visivo con qualche limite

Visivamente, Piece by Piece è un trionfo. L’animazione LEGO non è solo un espediente, ma una scelta narrativa che amplifica la creatività del soggetto. Tuttavia, questo approccio ha i suoi limiti. La rappresentazione LEGO, per quanto brillante, manca della capacità di catturare le espressioni umane con la stessa profondità di un documentario tradizionale. Le teste di plastica e i sorrisi stampati non riescono sempre a trasmettere le sfumature delle emozioni reali.

Inoltre, la natura profondamente giocosa del film a volte riduce il dramma intrinseco della storia di Pharrell. Sebbene le sue sfide creative e personali vengano affrontate, il tono rimane ottimistico al punto che i conflitti sembrano appena accennati.

Il peso di un successo chiamato Happy

Un capitolo interessante e ambivalente è quello dedicato a Happy, la canzone che ha definito la carriera di Pharrell. Creata per un progetto commerciale, Happy ha avuto un impatto universale in un periodo segnato dall’ascesa del movimento Black Lives Matter e dalle proteste contro la brutalità della polizia. Il film esplora questo contrasto con delicatezza, mostrando come il successo della canzone sia stato allo stesso tempo una benedizione e una fonte di riflessione.

Un esercizio di branding che funziona

Piece by Piece è un esercizio di branding mascherato da biografia, con tutto ciò che questo implica. È un branding fatto bene. Pharrell Williams emerge come un artista che vede il mondo attraverso una lente di infinita creatività e positività. Il film, con la sua estetica giocosa e i suoi ritmi coinvolgenti, prova a essere una celebrazione di quella visione. Siamo quindi di fronte a un’agiografia, più che a una biografia. E se da un lato questo punto di vista risulta poco interessante, dall’altro nulla ci impedisce di godere del film anche solo per la sua positiva e giocosa esplosione di colori. Dopotutto il “trattamento LEGO” ha il potere di rendere tutto migliore.

Piece By Piece, il trailer ufficiale

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Piece By Piece, il trailer ufficiale

Universal Pictures ha diffuso il primo trailer ufficiale di Piece By Piece, diretto da Morgan Neville con Pharrell Williams. Prossimamente al cinema.

Piece By Piece è un’esperienza cinematografica unica che invita il pubblico a compiere un viaggio straordinario nella vita dell’icona pop Pharrell Williams. Raccontata attraverso la lente dell’animazione LEGO®, alza il volume della tua immaginazione e scopri l’evoluzione di una delle menti più innovative della musica

Piccolo Corpo: recensione del film di Laura Samani

Piccolo Corpo: recensione del film di Laura Samani

Fresco di vittoria agli European Film Awards 2022 – dove si è aggiudicato il premio Discovery – Fipresci come rivelazione per il film d’esordio, Piccolo Corpo di Laura Samani mette in scena il miracoloso viaggio di una giovane donna in cerca di una riconnessione spirituale con una parte di sè che sembra aver perduto per sempre. Sospeso tra la ricercatezza visiva del fantasy e quella storica, che indaga il folklore del Friuli Venezia Giulia, il film di Samani si è anche aggiudicato il David di Donatello 2022 alla miglior regia esordiente.

Piccolo Corpo, la trama: il santuario della speranza

Nell’Italia nord-orientale, all’inizio del XX secolo, una giovane donna di nome Agata (Celeste Cescutti) è sotto shock dopo che la sua primogenita è nata morta. Il sacerdote le dice che la bambina è destinata a vagare nel Limbo per l’eternità, senza speranza alcuna di raggiungere il Paradiso, poiché è morta prima di essere stata battezzata.

Nonostante ciò, Agata scopre che c’è una chiesa da qualche parte a nord dove una sacerdotessa dai poteri soprannaturali può riportare in vita un bambino morto per un solo respiro, sufficiente a battezzarlo e ad elevare la sua anima. Agata dissotterra il bambino con il favore delle tenebre e parte con il piccolo scrigno legato sulla schiena, come una pellegrina; nella foresta fa amicizia con la figura ferina di Lince (Ondina Quadri), che sarà la sua unica amica durante il viaggio disperatamente faticoso e pericoloso di Piccolo Corpo.

La voce del Mare

Agata parla attraverso la voce del mare: le sonorità di una distesa infinita di acqua salata sono linfa per le sue corde vocali, si raggruppano per dare vita a un nuovo codice linguistico. È l’idioma dell’amore, quello indissolubile, che permea ogni boscaglia e tratto di percorso che Agata attraversa. La figlia di Agata, secondo le credenze dell’epoca, non ha nome, dunque, non appartiene: è condannata a restare in un tempo e in uno spazio indefinito, del blu scuro della profondità oceanica. Tuttavia, il piccolo corpo del titolo è di dimensioni tali solo nella fattualità, non dal punto di vista del suo significato. È corpo arboreo, marittimo, terrestre, che unisce le due linee su cui viaggia il concetto di femminilità nel film – quelle di “madre” e di “figlia” – proprio nella sua appartenenza alla natura. Dalla natura proviene e a questa ritornerà: lo scopo del viaggio salvifico di questa creatura si associa immediatamente alla certificazione della sua identità, all’atto di nominare e sancire la sua afferenza ai paesaggi del Friuli Venezia Giulia di inizio XX secolo.

Una scena di Piccolo Corpo

Naturalismo umano

In Piccolo Corpo, Laura Samani sceglie di abbracciare le tradizioni più spirituali della sua regione, rifacendosi alla storia del santuario di Trava, tutt’ora esistente e dove, originariamente, si svolgevano proprio riti per far tornare in vita i bambini nati morti, giusto il tempo di un respiro, quello necessario a battezzarli per evitare la permanenza nel Limbo. In questo modo, la talentuosa regista elabora il modus operandi perfetto per fare grandi film di genere in Italia – similmente a La terra dei figli (2021) di Claudio Cupellini: ripartire dalle nostre radici, quelle misconosciute ai più, ma che si incastrano perfettamente con l’immaginazione. Serve una mano registica vivace, che segue il ritmo della brezza tra gli alberi su cui Agata e Lince lasciano la loro impronta per tracciare un racconto in cui ogni tema si collega al suo opposto – la morte diventa rinascita, i monti diventano mare, il ghiaccio diventa acqua – fortificando l’idea di una connessione assoluta tra corpo e spirito, uomo e natura.

Lince diventa la spalla perfetta per accompagnare Agata nel suo viaggio; questa figura androgina, variazione del lupo cattivo del bosco ma che assume pian piano connotati quasi fatati, interpretata da Ondina Quadri in maniera semplicemente sublime. In un passaggio di testimone inedito, in cui la forza materna ha a che fare più con lo spirito che con l’atto stesso del partorire, Lince diviene un personaggio fondamentale, che rinnova ancor di più l’unione col paesaggio naturale dei personaggi di Piccolo Corpo. Arriva a legarsi con la natura altra, il mare che un montanaro come lui non ha mai conosciuto ma a cui sente irrimediabilmente di appartenere: è basato un respiro a farglielo capire.

Piccolo Corpo (Small Body) di Laura Samani nella 60a Semaine De La Critique

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Piccolo Corpo (Small Body) di Laura Samani verrà presentato alla 60a Semaine De La Critique del Cannes Film Festival 2021 in concorso. Scritto da Marco Borromei, Elisa Dondi e Laura Samani, Piccolo corpo vede protagonisti Celeste Cescutti e Ondina Quadri.

Ambientato in una piccola isola del nord est italiano, in un inverno agli inizi del ‘900, Piccolo Corpo racconta della giovane Agata perde sua figlia alla nascita. La tradizione cattolica dice che, in assenza di respiro, la bambina non può essere battezzata. La sua anima è condannata al Limbo, senza nome e senza pace. Ma una voce arriva alle orecchie di Agata: sulle montagne del nord pare ci sia un luogo dove i bambini vengono riportati in vita il tempo di un respiro, quello necessario a battezzarli. Agata lascia segretamente l’isola e intraprende un viaggio pericoloso attaccata a questa speranza, con il piccolo corpo della figlia nascosto in una scatola, ma non conosce la strada e non ha mai visto la neve in vita sua. Incontra Lince, un ragazzo selvatico e solitario, che conosce il territorio e le offre il suo aiuto in cambio del misterioso contenuto della scatola. Nonostante la diffidenza reciproca, inizia un’avventura in cui il coraggio e l’amicizia permetteranno a entrambi di avvicinarsi a un miracolo che sembra impossibile.

Laura Samani è nata nel 1989 a Trieste. Dopo la laurea in Filosofia e Letteratura presso l’Università degli Studi di Pisa, ha studiato al Centro Sperimentale di Cinematografia (Roma), corso di regia. Il suo cortometraggio di diploma, La Santa che dorme, è stato presentato in anteprima a Cannes Cinéfondation nel 2016. Da allora, ha ottenuto consensi e premi in diversi festival internazionali. Nel 2018 ha lavorato per l’Associazione Maremetraggio, conducendo il videolaboratorio partecipativo Città Visibile, finanziato da Siae Bando Sillumina – Periferie Urbane di Valmaura, Trieste. È il primo laboratorio di questo tipo mai condotto a Trieste, ha coinvolto adolescenti che vivono nella marginalità sociale con l’obiettivo di realizzare un documentario auto-narrativo. Piccolo corpo, una favola cruda, è il suo primo lungometraggio girato in Friuli Venezia Giulia e Veneto.