Richard Gere è
stato a Roma per presentare uno dei suoi ultimi film,
L’Incredibile Vita di Norman, ovvero “La
moderata ascesa e la tragica caduta di un faccendiere
newyorchese”. Il film uscirà il 28 settembre.
D: Come vede lei
dall’esterno Norman, il protagonista che interpreta?
R: La cosa che mi piace molto di
questo film è che chiunque lo abbia visto si chieda come mai Norman
sia così fastidioso. Sembra una personaggio molto comune in tutte
le culture quello del “disturbatore”, un qualcuno che pare aver
come obiettivo quello di infastidire certe persone per ottenere
qualcosa. Credo che oggi il mondo sia estremamente basato sulle
trattative e sui compromessi, nel senso che chiunque si può
chiedere « Cosa devo fare per ottenere quello che voglio? Se
rinuncio o offro qualcosa, che cosa ottengo in cambio? » Il
presidente degli USA oggi è uno che vive di compromessi, in quello
che fa non è spinto dal senso morale. Forse è anche positivo,
perché è speculare a noi. È come se ci guardassimo allo specchio, e
nei suoi difetti dovremmo cercare di rispecchiarci e quindi
migliorare noi stessi. Anziché comportarci senza responsabilità.
Norman è portato per il compromesso, ma non manipola le persone per
rovinarle. Lui davvero vorrebbe dare alle persone ciò che promette.
Norman ha un cuore grande e sincero. Quindi lui ha questi due
aspetti dicotomici: essere uno che scende a compromessi – noioso e
fastidioso – ma al contempo essere generoso e voler aiutare gli
altri.
D: Con questo film siamo
distanti dai suoi ruoli principali come American Gigolò, Chicago,
ecc, insomma una sterminata filmografia che l’ha vista sempre
fisicamente molto lontano dal personaggio di Norman. Qui lei ha
sempre il cappello che nasconde la sua chioma bianca, e le orecchie
a sventola in bella mostra. Come ha lavorato sul personaggio dal
punto di vista fisico?
R: in realtà è stato molto
facile. Perché Norman è chi sono io veramente. Il regista mi aveva
proposto di cambiare da un punto di vista fisico, soprattutto per
evitare associazioni ai miei film precedenti. Alla
fine abbiamo optato per la messa in evidenza , tramite delle
protesi, delle orecchie a sventola. Fisicamente poi Norman
assomiglia al tipico newyorchese ebreo dell’upper west side. Ho
vissuto a New York quando ero intorno ai ventanni e ne ho
incontrati tanti di Norman.
D: In questo film sembra
proprio che il mondo sia diviso a metà: “quelli che stanno sopra” e
“quelli che stanno sotto”, senza alcuna possibilità di
comunicazione. E quelli che stanno sotto devono per
forza soccombere. Le è mai capitato di essere vittima di un
Norman? O è stato lei stesso un Norman?
R: Abbiamo dei Norman in ogni
cultura – soprattutto nel mondo del giornalismo,
dell’intrattenimento, della politica, dell’economia – ovvero gente
che vuole controllare e vuole entrare nella cerchia di quelli che
contano. Non importa che cultura abbiano o che lavoro
facciano, quello del Norman è un personaggio universale. Così come
lo sono i gruppi di persone che “contano”, coloro che hanno il
Potere. A loro si accostano questi “Norman” nella speranza di
entrarvi a fare parte, di trovare un varco, una porta che non sia
chiusa a chiave per avere accesso al loro mondo. Ma la cosa
che contraddistingue QUESTO personaggio è che è di buon cuore,
anche se è un bugiardo. È un imbroglione, certo. Ma non sa nemmeno
bene perché. Lui ci crede davvero. Davvero vorrebbe dare qualcosa
per rendere felice gli altri. Ha una natura buona.
D: Gli Academy le
interessano ancora, o ci ha messo una pietra sopra?
R: In realtà sarebbe molto
comodo vincerne uno perché mi renderebbe più facile realizzare più
film indipendenti, per cui perché no?!
D: Lei ha avuto un percorso
piuttosto anomalo per quanto riguarda la sua carriera. All’interno
di Hollywood, per Sua stessa ammissione, le è stato difficile
lavorare, date anche le scelte politiche che ha fatto. Ha deciso
appositamente di puntare su giovani registi o comunque grandi
promesse? Come costruisce il suo percorso come attore?
R: A dire la verità io vedo la
mia carriera come un unicuum. Mi sembra di fare sempre le medesime
scelte, a partire dal mio primo film che fu I Giorni del Cielo. Di
fondo i film che ho fatto son sempre un po’ difficili, drammatici,
con registi interessanti. La differenza rispetto ad oggi è che gli
Studios questo tipo di film non li producono più. È un genere che
oggi viene prodotto come film indipendente. Poi è ovvio che oggi ho
68 anni e interpreto – per forza di cose – ruoli diversi, ma
il tipo, il genere di film è rimasto lo stesso.