King Arthur – Il potere della spada, nuova versione cinematografica della storia di Re Artù, è disponibile dal 23 agosto su tutte le piattaforme digitali e dal 6 settembre in DVD, Blu-Ray, Blu-Ray 3D e 4K Ultra HD distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia.
Il poliedrico regista Guy Ritchie (Sherlock Holmes) imprime il suo inconfondibile stile dinamico e pieno d’azione al genere epico fantasy, proponendo una versione irriverente del classico mito di Excalibur, che segue il tumultuoso percorso di Arthur dalla strada al trono. Nel cast, Charlie Hunnam (Sons of Anarchy, Crimson Peak) il candidato all’Oscar Jude Law (The Young Pope, Il talento di Mr. Ripley, Ritorno a Cold Mountain), Astrid Bergès-Frisbey (Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare), il candidato all’Oscar Djimon Hounsou (In America – Il sogno che non c’era, Blood Diamond – Diamanti di sangue, Fast & Furious 7), Aidan Gillen (Il Trono di Spade, Queer as Folk, The Wire) e Eric Bana (Hulk, Star Trek, Troy).
King Arthur – Il potere della spada SINOSSI
Quando il padre del piccolo Artù viene assassinato, suo zio Vortigern si impadronisce del trono. Privato dei diritti che gli spetterebbero per nascita e senza sapere chi sia realmente, Artù riesce a sopravvivere nei vicoli oscuri della città e solo quando estrae la mitica spada dalla roccia la sua vita cambia radicalmente ed è costretto ad accettare la sua vera eredità… che gli piaccia o meno.
King Arthur – Il potere della spada DVD
Durata: 121 min. ca.
Lingue: Dolby Digital: Italiano 5.1, Inglese 5.1, Francese 5.1, Tedesco 5.1.
Sottotitoli: Francese, Olandese. Non udenti: Italiano, Inglese, Tedesco.
Contenuti speciali: Arthur with Swagger – Charlie Hunnam è un gentiluomo, bel fusto e un tipo tosto.
King Arthur BLU-RAY
Durata: 126 min. ca.
Video: 1080p High Definition 16×9 2.4:1
Lingue: DTS-HD Master Audio: Italiano 5.1. Dolby Atmos True HD: Inglese. Dolby Digital: Inglese 5.1, Spagnolo 5.1, Francese 5.1.
Sottotitoli: Francese, Spagnolo, Svedese, Norvegese, Islandese, Finlandese, Olandese, Danese. Non udenti: Italiano, Inglese.
Contenuti speciali: possono essere in Alta Definizione. Lingue e Sottotitoli possono variare:
- Arthur with Swagger – Charlie Hunnam è un gentiluomo, bel fusto e un tipo tosto.
- Sword from the Stone – Guy Ritchie porta il 21esimo secolo in una delle leggende inglesi più iconiche nella realizzazione di Camelot per un nuovo pubblico.
- Parry and Bleed – Charlie e il resto del cast frequentano un corso intensivo di scherma in stile vichinghi contro sassoni.
- Building on the Past – Londinium riprende vita con un nuovo design da città urbana medievale, costruita dal nulla.
- Inside the cut: the Action of King Arthur – la stunt coordinator Eunice Huthart insieme al regista Guy Ritchie ricreano insieme le strabilianti sequenze di azione in King Arthur.
- Camelot in 93 Days – Amicizia e amore si rinforzano e si indeboliscono mentre il set prende vita in 93 giorni.
- Legend of Excalibur – La spada più famosa del mondo viene ricreata per una nuova generazione.
- Scenic Scotland – Una grandiosa produzione avvolta nella gloriosa location della Scozia.
King Arthur – Il potere della spada BLU-RAY 3D
Durata: 126 min. ca.
Video: 1080p High Definition 16×9 2.4:1
Lingue: Dolby Digital: Italiano 5.1, Inglese 5.1, Spagnolo 5.1, Portoghese 5.1, Francese 5.1., Ceco 5.1, Ungherese 5.1, Turco 5.1. DTS-HD Master Audio: Inglese 5.1, Tedesco 5.1.
Sottotitoli: Francese, Portoghese, Spagnolo, Arabo, Bulgaro, Croato, Ceco, Ebraico, Ungherese, Romeno, Sloveno, Turco. Non udenti: Italiano, Inglese, Tedesco.
King Arthur – Il potere della spada 4K ULTRA HD
Durata: 126 min. ca.
Video: 2160p Ultra High Definition 16×9 2.40.
Lingue: DTS-HD Master Audio: Italiano 5.1. Dolby Digital: Inglese 5.1, Polacco 5.1, Ceco 5.1, Ungherese 5.1, Russo 5.1, Spagnolo 5.1, Tailandese 5.1. Dolby Atmos True HD: Inglese, Francese, Tedesco.
Sottotitoli: Cinese, Ceco, Svizzero, Danese, Olandese, Finlandese, Ungherese, Coreano, Norvegese, Polacco, Portoghese, Russo, Spagnolo, Svedese, Tailandese, Cantonese, Francese, Arabo. Non Udenti: Italiano, Inglese, Tedesco.

Ambientato in una Napoli di cenere, Gatta Cenerentola coniuga toni e temi, tuffandosi nel torbido di una città distopica, in cui il Vesuvio ha ricoperto tutto di un grigio strato che soffoca colori e speranze. In questo tragico e triste scenario si muove il Principe, Primo Gemito, la speranza, o forse, meglio, l’ostinazione nel trovare una via d’uscita dall’impero della malavita rappresentato da Salvatore ‘o Rre.
Non sono mancati litigi sul set, e comportamenti davvero straordinari da parte della famiglia di Kaufman, che all’epoca assecondò la digressione di Carrey in Andy, arrivando a trattarlo come un figlio. Celebre anche l’alterco con il wrestler Jerry Lawre, che partecipò al film e finì per picchiare sul serio Carrey, che non riusciva ad uscire, letteralmente, dai panni di Andy. Altre scene esilaranti dal backstage mostrano Jim, calato nei panni di Andy, calato a suo volta in Tony Clifton, personaggio famosissimo di Kaufman, presunto cantante di Las Vegas, che venne anche interpretato dal suo amico e collaboratore Bob Zmuda (
Devo dire che dopo aver letto il resoconto di oggi di Ang non me la sentirei quasi di aggiungere nulla, un po’ perché so scoppiata a ride in sala stampa e m’hanno bevuto (sì i post io e Ang non li scriviamo vicini digitando a quattro mani come dei poliponi, ma ce li passamo da una sala stampa all’altra, lui ovviamente sta in quella Vip, io in quella dei morti di figa, per restare in tema) un po’ perché ho visto anche io Aronofsky e credo di essere stata l’unica persona che ha pianto, e non perché ha trovato orrendo il film. Quindi sono un po’ provata. Ma devo dire che due parole sull’inciviltà durante le proiezioni vanno spese.
Jennifer Lawrence sostiene di aver interpretato un personaggio completamente differente da tutto quello che ha fatto fino a questo momento nella sua carriera. Ma anche una donna molto diversa da se stessa, da quello che lei è nella vita di tutti i giorni. Ha lavorato duramente per allontanarsi, anche con l’aiuto del regista, che l’ha indirizzata nella direzione da seguire, facendola entrare in contatto con una parte sconosciuta di lei, portandola in superficie.
Mother! È un film che non può essere affrontato serenamente, la sua visione pone lo spettatore in uno stato d’ansia quasi insostenibile, fin dai primi fotogrammi. Mother! non è racconto, non è storia. Mother! è un’allucinazione continua a occhi aperti, un delirio in costante evoluzione, uno sconvolgente groviglio criptico che cattura, o meglio che sbrana il pubblico, lasciandolo atterrito, sfinito, sanguinante.
Nonostante l’estrema durezza di alcune situazioni messe in gioco, Tre manifesti a Ebbing, Missouri è di una commovente delicatezza nel raccontare anche le fragilità di anime in pena, facendolo continuamente attraverso i toni sardonici e i confronti spietati di umanità allo stadio primordiale.
Una scritta iniziale informa che la vicenda è ispirata a storie vere e purtroppo sabbiamo bene che un tipo di mercato così bieco e spietato esiste, ma nel film, nonostante l’approccio registico volutamente spietato, freddo e di taglio molto realistico, la vicenda risulta assai poco credibile e pian piano che si va avanti si fa grande fatica accettare quello che viene raccontato. Viene naturale porsi domande o esigere delle spiegazioni. Manca completamente una descrizione del fenomeno e la terribile compravendita viene rappresentata solo attraverso poche figure: un medico, un’intermediaria e la coppia in questione. Si sente la necessità di conoscere gli spietati meccanismi di tale mercato e capire quali sono le figure che si muovono nelle sue file, molto numerose e sicuramente vicine ad altre forme di criminalità. Probabilmente si tratta di vere e proprie organizzazioni, ma nel film la vendita sembra procedere in maniera autonoma, come si farebbe per un’automobile usata. Probabilmente l’intento del regista era quello di concentrarsi sull’aspetto emotivo e interiore di scelte così estreme e questo viene avvertito, ma quando si fa riferimento a tematiche reali, oltretutto poco trattate, sarebbe doveroso cercare di indagare, di informare, di sensibilizzare.
Vediamo se se mette a piove quando arriva lui, eh), per cui – a non prima che un giapponese mi si avvicinasse e mi chiedesse se glie vendevo una sigaretta (tranquilli gliel’ho regalata, già è giapponese e c’ha i problemi suoi di dimensioni) – siamo scappate a casa. In abito da sera, abbiamo cenato tra di noi, e ci sta. Perché nonostante le cose belle, i film di Virzì, i cocktail alla grappa, gli spritz che non si sa perché ma a me e Chiara ci offrono anche perfetti sconosciuti (chissà perché), una serata casalinga tra amici è quasi un miracolo. Poi se c’è il whisky giapponese, ancora meglio, in quel caso le dimensioni non sono importanti.
E che gli vuoi dire, non fa una piega. Oh, se riesci a dormire sereno dopo un film così vuol dire che eri proprio cotto. E io ci sono riuscito, se avessi visto gli Orsetti del Cuore mi avrebbero fatto lo stesso effetto, sfruttando anche il fatto che stamattina non ho proiezioni presto, anche se mi dicono un gran bene di Three Billboards Outside Ebbing, Missouri e che ovviamente sarò maledetto per sempre per non averlo visto qui al Festival, ma io sticazzi, sono troppo felice di aver dormito e non rimpiango nulla, che qui il sonno è come l’oro. A quanto pare sono l’unico al Lido a non avere un selfie con John Landis. Ho provato ad aspettarlo mezz’ora prima della sua conferenza per la riedizione in 3D del Thriller di Michael Jackson (amo Landis per il suo spirito squisitamente vintage. Capito? Il 3D. Quella roba che cinque anni fa cercavano di venderci come il futuro della sala), ma niente. Nemmeno
A chi dice che la Mildred del film possa portare la McDormand di nuovo agli Oscar, Frances risponde: “Mildred è la mia Marge (personaggio di Fargo premiato con l’Oscar, ndr) cresciuta. Il mio personaggio era interessante perché alcuni suoi tratti sono simili a quelli di un personaggio del western. Quando pensavo a delle icone del cinema a cui ispirarmi mi venivano in mente solo uomini, e così ho pensato a John Wayne, riferimento che è stato lasciato fuori dal film perché in un paio di scene avevo anche imitato la sua camminata.”


Io questa mattina ho appuntamento per trucco e parrucco, e non perché ce ne sia particolarmente bisogno qui (come diceva Ang passiamo le giornate tra persone vestite come DiCaprio in The Revenant a quelli vestiti da pinguini che se vengono solo a fà i selfie tra cinesi fuori dal red carpet), ma perché dopo due giorni di pioggia, ma di quelle monsoniche che pensi ti abbia mandato qualche ex fidanzato solo per romperti i coglioni e farti uscire vestita come una foca monaca, ero impresentabile pure per il Selvaggio Lido. Per cui realizzo che forse è il caso di rendermi un’umana e decido anche di farmi truccare, almeno per coprire le occhiaie da ore di sala al buio che ci rendono tanto truci, che poi sembriamo sempre incazzati col mondo andando ad alimentare l’orrendo cliché secondo cui i critici sarebbero sempre incazzati perché in verità volevano fare i registi ma erano pippe ar sugo. Orrendo, ovviamente, in quanto vero, nel 90%. Ora uno che non lo sa pensa: ‘E che ce vò, vai, te mette un po’ di ombretto, mascara, rossetto, 5 minuti e via’. Colcazzo, miei amati ventiquattro lettori. Arrivo coperta con un foulard e gli occhiali come Mata Hari per la vergogna di mostrare le ore di sonno perse, e ti trovi davanti questo Dio che uccide le imperfezioni, bellissimo già alle nove del mattino, che ti scruta con calma, ti studia, e poi inizia a pulire i pennelli. Tu osi dirgli ‘guarda, una cosa veloce giusto per nascondere le occhiaie’ e quello emette un ultrasuono, simile forse a quello dei delfini in un delfinario quanto non acchiappano al volo er pescetto – o se preferite, a quello emesso del Mostro della Laguna nel film di delToro quando gli danno scosse elettriche sulle palle, e con buona ragione – e mentre tu cerchi di sdrammatizzare e intanto te copri le orecchie per non avere le convulsioni lui ha già sfoderato un porta arnesi che simile forse l’hai visto in un film di Tarantino, e conteneva cose non proprio piacevolissime, e inizia a lavorare. Con una cura meticolosa e sprezzante verso le lancette che io guardo con la coda dell’occhio mi tortura per circa mezz’ora – roba che al cospetto le ossa spezzate e le sevizie di Brawl in Cell Block ’99 sono scherzi al telefono che finiscono con ‘stocazzo’ – e vi assicuro sono cose che pure io che faccio pipì in testa a Clio Make up non avevo mai visto fare. Dopo tutto questo lavoro, felice finalmente di potermi fumare una sigaretta, entrare in sala e godermi il film mi metto in coda per vedere Virzì. Non l’avessi mai fatto. Pure io ho pianto in maniera imbarazzante, scambiandomi kleenex col mio vicino di posto che a un certo punto, se non avesse tirato fuori una banana per far merenda (e io odio l’odore di molte cose, tra cui quello) avrei abbracciato. Poi il pensiero è andato al mio trucco, e al Dio dei pennelli e fortunatamente prima di uscire dalla sala sono passata dal bagno, che è sempre un piacere incontrare durante il festival, e ho cercato di ripulirmi senza sembrare Pierrot. In tutto questo incontro una ragazza che piagne pure lei, le faccio un cenno di intesa, le dico ‘Virzì eh’, me dice ‘no m’ha mollato quel gran figlio di una bòna donna del mio fidanzato, ora che torno lo ammazzo’. Bene, come non detto, pietra sopra. Finale con le feste, che non sempre sono una cosa bella. Perché il tipo di feste varia da quelle in cui invitano anche i cavalli di fronte al red carpet, a quelli in cui per entrare devi superare prove di sopravvivenza. Ad esempio ieri io e Ang abbiamo dovuto indossare una calzamaglia colorata e saltare su un tetto in un posto indicatoci da una mail anonima. Su quel tetto, dopo aver dato prova di saper stare 5 minuti nella posizione del Guerriero tipica dello Yoga Asana. Dopo questa prova, ci siamo calati dal tetto e io ho dovuto fare il bagno nella fontana davanti alla biglietteria, che ora copre la famosa buca della darsena, urlando ‘Ang, Ang, came here!’. E solo allora, finalmente, un ragazzo rasato vestito da Borghi ci ha consegnato 2 biglietti per andare alla festa. Com’è stata? Non lo sappiamo. Siamo annati a cena da Tiziano, ristoratore amabile che ce tiene il posto a qualsiasi ora, perché le cose troppo complicate ci stanno sul cazzo a prescindere. Ci vediamo domani, voi intanto fate 10 flessioni.