Il Distretto 12 distrutto, una
nuova casa nel 13, Peeta nelle mani di Capitol City, nuovi
incontri, una nuova Era in cui un cambiamento della società sembra
possibile. Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte
1 ci porta in un mondo in cui le ceneri hanno preso
il posto del mondo di Panem così come lo conoscevamo, in cui per
Katniss l’unica via da percorrere è quella della guerra, per
riavere la libertà, la casa e soprattutto Peeta.
Il canto della rivolta è quello che
deve intonare la protagonista, il canto della ghiandaia imitatrice
che, sopravvissuta due volte ai Giochi, sfida la Capitale e il
Presidente Snow facendosi volto della rivoluzione. Peccato però che
le interessanti premesse di una guerra combattuta con i mezzi della
propaganda e dei mess media, fortemente presenti, quasi
protagonisti, nella saga della Collins, si risolvano in una serie
di sequenze che si lasciano sfuggire sia la possibilità di
affrontare il tema politico, sia quella di mettere in scena una
potente riflessione sulla forza della comunicazione di massa,
elementi cruciali e validi anche dell’opera letteraria.

Quello che rimane è il racconto
reiterato e semplificato di un triangolo amoroso che coinvolge la
protagonista, interpretata da Jennifer Lawrence, e i due giovani
Peeta (Josh
Hutcherson) e Gale (Liam
Hemsworth).
L’affiatato terzetto di
protagonisti offre una performance addirittura sottotono rispetto a
quanto abbiamo visto nei film precedenti, probabilmente perché
l’attore più dotato dei tre, Hutcherson, ha un ruolo relativamente
marginale, a dispetto del collega Hemsworth che chiaramente ha
ereditato dal possente fratello più il fisico che il talento. La
luminosa Lawrence che abbiamo visto ne
La Ragazza di Fuoco sparisce dietro il muro di smorfie
di sofferenza della sua Katniss.
Hunger Games: Il canto
della rivolta – Parte 1 è uno straordinario esempio di
fan-service, il prodotto di un’operazione al servizio del pubblico
che troverà nel film tutto ciò che la Collins ha scritto nel libro,
un film che rinuncia alla sua autonomia in favore di una
rappresentazione fedele di un romanzo che è il più debole della
trilogia. Il film di Francis Lawrence soffre anche
del troncamento forzato del racconto, della divisione della storia
in due film separati che nella loro fedeltà filologica al testo
rischiano di trovare il loro più grande limite.

A nulla serve l’imponente sfilata
di grandissimi attori che affianca i tre giovani protagonisti. La
sceneggiatura di Peter Craig e Danny
Strong , nell’ordine, sacrifica una magnifica
Julianne Moore, tratta con approssimazione il
personaggio di
Woody Harrelson e, purtroppo, non riesce a
rendere giustizia nemmeno a Philip Seymour
Hoffman.
Hunger Games: Il canto
della rivolta – Parte 1 piacerà tantissimo ai fan della
saga e ancora di più, manderà in estasi i puristi della trilogia
letteraria. Peccato che, nella filologica fedeltà al romanzo, il
film perda, anzi, rinunci completamente alla sua anima
cinematografica.