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Scary Movie 5: ecco il trailer originale

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Scary Movie 5: ecco il trailer originale

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Da Collider abbiamo oggi la versione originale del trailer di Scary Movie 5. Il famoso sito americano si esprime molto chiaramente (e negativamente) in merito

Aftershock: il trailer del film scritto e prodotto da Eli Roth

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Aftershock: il trailer del film scritto e prodotto da Eli Roth

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Il sito Worstpreviews ci presenta oggi il trailer di Aftershock, un thriller simil apocalittico co-scritto, prodotto e interpretato dal tarantiniano Eli Roth, che ha come

E’ morto il regista Emidio Greco

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emidio-grecoE’ morto oggi il regista Emidio Greco dopo una breve malattia. Ricoverato al Fatebenefratelli di Roma da qualche giorno, il regista era una figura carismatica all’interno

Giuseppe Tornatore e la magia del cinema

Giuseppe Tornatore e la magia del cinema

Il cinema è molte cose: è la magia del suo farsi, è la possibilità per chi guarda di sognare una realtà diversa dalla propria, è la speranza per chi crea di poterla realizzare e racchiudere in un’unità perfetta e coerente. Può essere un rifugio, un modo di fuggire la vita, o piuttosto uno strumento, un veicolo di memoria e consapevolezza. È un mestiere da artigiani, certosino, quello di stupire e commuovere con le immagini, di saper trasmettere emozioni attraverso una forma rigorosa, far convivere istinto e stile, e far sì che tutto funzioni, come in una danza, o in una partitura musicale.

Tra i registi italiani d’oggi, quello che forse più di tutti ha voluto e saputo raccontare il fascino del cinema e il potere delle immagini, facendone al contempo strumento d’indagine della realtà e dell’individuo, è Giuseppe Tornatore. I suoi sono racconti di grande respiro, anche magniloquenti, grandi affreschi di spazi circoscritti – i paesini della sua terra d’origine, la Sicilia, protagonista di tante pellicole, amata, ma al tempo stesso esposta nelle sue contraddizioni e amaramente criticata; oppure contesti chiusi come il commissariato di polizia di Una pura formalità, o la nave Virginian de La leggenda del pianista sull’oceano -ma dal valore universale. Per questo le sue opere sono apprezzate anche all’estero e Tornatore può vantare tra i premi vinti la famigerata statuetta dell’Academy di Hollywood, ottenuta col suo secondo film Nuovo Cinema Paradiso. Inoltre, ad aumentare l’appeal del suo lavoro a livello internazionale, c’è sicuramente lo sguardo aperto del regista verso quel mondo e quel cinema, che ben volentieri ha coniugato più volte col nostro, scegliendo di dirigere attori di fama internazionale come Ben Gazzara, Philippe Noiret, Gérard Depardieu, Tim Roth e ora, nel suo ultimo film in uscita il 1 gennaio 2013, La migliore offerta, Geoffrey Rush, Donald Sutherland e Jim Sturgess. Una carriera partita dal teatro, proseguita come documentarista e per il grande schermo, dove in quasi trent’anni con una produzione piuttosto contenuta – una decina di lungometraggi  – ha imposto il suo nome nel panorama italiano e internazionale, senza tuttavia essere risparmiato da critiche e attacchi, come è accaduto con Baarìa, non molto apprezzato dalla critica, quasi per nulla premiato, al centro di polemiche per gli alti costi di produzione, solo in parte ripagati dagli incassi.

Giuseppe Tornatore nasce a Bagheria il 27 maggio del 1956. Come il personaggio di Totò in Nuovo cinema paradiso, la cui storia contiene diversi elementi autobiografici, Tornatore inizia presto (a dieci anni) a lavorare nell’ambito del cinema, facendo il proiezionista. Dunque non certo dalla parte delle “star”, bensì come artigiano del mestiere. Ma è l’immagine in tutte le sue forme ad interessare il futuro regista, così comincia anche ad approfondire la fotografia. Ed è proprio grazie ai servizi fotografici che mette da parte i primi risparmi. Questi gli consentono di acquistare la prima attrezzatura da documentarista. Il suo documentario d’esordio, Le minoranze etniche in Sicilia, è premiato e fa da trampolino di lancio verso una collaborazione con la Rai. Seguono infatti diversi lavori per l’emittente nazionale: il documentario Diario di Guttuso e due regie televisive: Ritratto di un rapinatore: incontro con Francesco Rosi, Scrittori siciliani e il cinema: Verga, Pirandello, Brancati e Sciascia.

L’esordio per il grande schermo risale al 1986, quando Tornatore dirige Il camorrista, in cui racconta il mondo della camorra attraverso un suo personaggio di spicco dell’epoca. La figura del protagonista, il Professore di Vesuviano, magistralmente interpretato da Ben Gazzara, si ispira infatti a Raffaele Cutolo – il film è tratto da un romanzo di Giuseppe Marrazzo ispirato proprio a Cutolo. Per questo lavoro il regista siciliano è subito premiato col Nastro d’Argento come miglior esordiente. Della pellicola Tornatore è anche sceneggiatore, come accadrà per diversi lavori successivi (qui assieme a Massimo De Rita). Inizia anche la sua collaborazione col fotografo Blasco Giurato, mentre le musiche sono di Nicola Piovani. Nonostante sia solo all’esordio, Tornatore mostra di saper ben padroneggiare il mezzo, realizzando un film avvincente, ricco di pathos drammatico, ma al tempo stesso senza fronzoli, coadiuvato dalle ottime interpretazioni del cast. Per quel che riguarda la materia, poi, non si limita certo a parlare di camorra come di un fenomeno locale e circoscritto, ma ne dà una visione più ampia che non manca di coinvolgere livelli politici e istituzionali nazionali e internazionali.

Giuseppe Tornatore Nuovo Cinema Paradiso

Due anni dopo è di nuovo dietro la macchina da presa per dirigere quello che a oggi è considerato il suo capolavoro: Nuovo Cinema Paradiso, di cui è anche sceneggiatore. Torna a lavorare con Blasco Giurato e chiama attorno a sé un ricco cast: Philippe Noiret, Pupella Maggio, Isa Danieli, Leopoldo Trieste, Antonella Attili, Enzo Cannavale e Agnese Nano, oltre a confermare la collaborazione con Leo Gullotta e Nicola Di Pinto. Ma oltre a Noiret, che interpreta Alfredo, il proiezionista del Cinema Paradiso nella Sicilia post bellica, il protagonista del film è Salvatore (da bambino, Salvatore Cascio, da adolescente, Marco Leonardi, da adulto, Jaques Perrin): la piccola peste che ama il cinematografo e vuole rubare al burbero Alfredo i segreti del mestiere, Salvatore che più tardi lascerà l’isola per Roma, dove diverrà un affermato regista. Il film è la storia di una grande amicizia, ma è innanzitutto un atto d’amore incondizionato per il cinema visto dalla parte della gente comune – quella che affollava le sale nel dopoguerra, quella come Alfredo che rendeva possibile tutto ciò stando dietro al proiettore – il cinema come mestiere artigianale dalla insostituibile funzione sociale, ma anche come mezzo per recuperare memoria di sé e della propria storia. Poi c’è il tema del coraggio e dell’emancipazione rispetto a una  realtà chiusa – quella dell’isola siciliana – che si ama ma che può diventare ostacolo alla realizzazione  delle proprie aspirazioni e talenti.

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Una realtà da cui è necessario essere lontani per comprenderla, ma a cui tornare per comprendere fino in fondo sé stessi. Un rapporto complesso quello di Tornatore con l’isola natale che, ha affermato, “è stata a lungo il mio tema ricorrente”. Nel personaggio di Salvatore troviamo poi una caratteristica che sarà tipica anche di altri personaggi creati dal regista, un duplice aspetto: da un lato possiedono un’indubbia capacità, un talento, una grandezza in un certo campo – Salvatore, ad esempio, è un affermato regista – dall’altro, rivelano grandi debolezze, sono impauriti e fragili nell’affrontare il passato, l’essenza più profonda di sé a lungo rimossa, oppure il mondo esterno con le sue insidie, le difficili relazioni umane, l’ignoto, la morte. Il film,  prodotto da Franco Cristaldi, ha una strana fortuna: la sua prima versione, di 167 minuti, viene scarsamente presa in considerazione dal pubblico e passa sotto silenzio.

La seconda invece, accorciata a 118 minuti, rinunciando al racconto dell’incontro tra Salvatore e il suo amore di gioventù ormai adulti, ha un enorme successo sia nel nostro paese che all’estero, dove Tornatore riceve i riconoscimenti più prestigiosi, che lo lanciano nel firmamento delle star internazionali come erede della grande tradizione cinematografica italiana: innanzitutto l’Oscar, il Golden Globe e il BAFTA come miglior film straniero – quest’ultimo premio va anche a Philippe Noiret e Salvatore Cascio come migliori attori, protagonista e non, allo stesso Tornatore in veste di sceneggiatore e ad Ennio Morricone per le splendide musiche.  Ma i premi non arrivano solo dal mondo anglosassone. Tornatore si aggiudica anche lo European Film Award, e il Festival di Cannes gli assegna il Premio Speciale della Giuria. È un successo internazionale enorme, cui si aggiunge il David di Donatello ottenuto in patria per la colonna sonora di Ennio Morricone.

Nel ’90 il regista di Bagheria ha l’occasione di dirigere Marcello Mastroianni, che in Stanno tutti bene offre una delle sue ultime intense interpretazioni nei panni di un anziano che gira l’Italia alla ricerca dei suoi figli. La pellicola riceverà il Nastro d’Argento per la sceneggiatura – opera dello stesso regista assieme a Tonino Guerra e Massimo De Rita – e il premio della Giuria Ecumenica al Festival di Cannes. Nel 2009 l’americano Kirk Jones ne ha tratto un remake, affidando a Robert De Niro la parte che fu di Mastroianni.

L’anno dopo, Tornatore vuole ancora Philippe Noiret come protagonista de Il cane blu, episodio da lui diretto facente parte del film La domenica specialmente.

Una Pura Formalita Giuseppe TornatoreNel ’94, cambia genere e stile con Una pura formalità. Sceglie infatti le atmosfere cupe di un noir claustrofobico, che ruota attorno alla sfida ad alta tensione fra i due protagonisti: Gérard Depardieu e Roman Polanski. Entrambi offrono delle ottime interpretazioni: il primo è il noto scrittore Onoff, che si trova a vagare in un bosco nel mezzo della notte. Raggiunto dai gendarmi, è condotto in commissariato per accertamenti come presunto autore di un omicidio (a stendere il verbale dell’interrogatorio che segue è un giovane Sergio Rubini). Il secondo è il commissario che cerca di farlo confessare, sebbene Onoff dichiari di non ricordare nulla. La chiave del film è appunto il ricordo – Ricordare è anche il titolo del brano cantato dallo stesso Depardieu sui titoli di coda, con testo scritto da Tornatore e musica di Andrea ed Ennio Morricone – che porterà a svelare il mistero e a dare al film nella sua seconda parte una svolta e un significato del tutto diversi da quelli inizialmente intesi.

Sfruttando la dicotomia tra sogno (incubo) e realtà, la pellicola si trasformerà infatti da giallo classico in riflessione sul tema della morte, dell’angoscia dell’uomo di fronte a quest’evento, dell’inconsapevolezza con cui lo affronta. Qui Tornatore è lontano dai grandi affreschi storico sociali dell’Italia, preferisce il sano distacco di un’oscura ambientazione europea e uno stile registico più scarno, funzionale all’ambiente chiuso e ristretto in cui si svolge gran parte dell’azione. Certo meno vistosi dei grandi “kolossal” diretti dal regista, questo tipo di film, che pure occupano una parte non trascurabile della sua produzione, hanno una serie di pregi: offrono uno sguardo inedito, sono aperti alla sperimentazione e meno sentimentali – in essi manca quel romanticismo nostalgico presente nelle pellicole legate all’Italia, e in particolare alla Sicilia. È proprio alla terra d’origine che il regista di Bagheria sceglie di tornare artisticamente col suo successivo lavoro – oltre che col documentario Lo schermo a tre punte –  a dimostrare come i due aspetti convivano nella sua carriera.

uomo_stelle-tornatoreNel ’95 infatti, sceglie ancora il binomio Sicilia-cinema per L’uomo delle stelle, in cui dirige Sergio Castellitto. Siamo negli anni ’50 e il Joe Morelli interpretato dall’attore romano è un cialtrone, un truffatore che sbarca in Sicilia per vendere agli abitanti di un piccolo paesino il sogno del cinema, della fama e del successo attraverso finti provini. Un film sul cinema come sogno, ma con un lato amaro e un disincanto assai più marcati rispetto a Nuovo cinema Paradiso, perché qui il cinema è assieme momento di verità su sé stessi (durante i provini gli aspiranti attori mettono a nudo la loro parte più autentica), ma anche una grande truffa, un raggiro e la miriade di caratteristiche facce sicule che Morelli scova appartiene a una massa di italiani creduloni, pronti a farsi raggirare davanti al miraggio della fama, del successo.

Morelli stesso, appunto, è a sua volta un disgraziato, ma anche un vigliacco truffatore. È esterno a quell’ambiente, che vive e legge da romano, con la tipica concretezza, il disincanto, il sarcasmo e una buona dose di cinismo. Ne esce la fotografia di un’Italia non certo edificante, in cui l’aspetto romantico, lo sguardo indulgente del regista si stemperano, pur essendo presenti. Attraverso quei volti segnati, quegli individui disposti a tutto pur di coltivare una speranza, il regista ci racconta comunque un sud che ama profondamente, con le sue ferite: arretrato, in perenne difficoltà, costretto a vivere di sogni, di miti, abbandonato a sé stesso. La pellicola riceve una buona accoglienza da parte di pubblico e critica e diversi riconoscimenti: David e Nastro d’Argento a Tornatore come miglior regista, Nastro d’Argento anche a Sergio Castellitto come miglior attore e a Leopoldo Trieste come non protagonista, oltre che alla fotografia di Dante Spinotti e alla scenografia di Francesco Bronzi; mentre a Venezia il film ottiene il Premio Speciale della Giuria.

La leggenda del pianista sull’oceanoIl 1998 è l’anno della trasposizione del monologo teatrale di Alessandro Baricco, Novecento, che diventa nelle mani di Tornatore La leggenda del pianista sull’oceano. Potenti uomini e mezzi lo affiancano in quest’impresa di respiro internazionale, che vede protagonista nei panni del pianista Danny Boodman T. D. Lemon, detto Novecento – abbandonato su una nave e lì cresciuto, diventato un portentoso pianista e mai sceso – un Tim Roth in grande spolvero. Se già il monologo di Baricco era toccante, intimo, ricco di piani lettura e sfumature, capace di veicolare emozioni universali, tale ricchezza viene resa perfettamente dal film, che aggiunge l’elegante magniloquenza delle immagini, degli scenari e della musica, quest’ultima opera ancora una volta del Maestro Morricone, al suo meglio. Il film è ricco di momenti e scene che restano impressi nella memoria dello spettatore, poiché è questo il cinema che piace al nostro regista, quello che lascia lo spettatore stupito, a bocca aperta di fronte alle immagini. Si disegna qui in maniera egregia la figura di un uomo vissuto da sempre in un universo limitato, quello del transatlantico Virginian, e abituato a valicare i suoi confini solo con la fantasia e attraverso la magia delle note, della musica che ha imparato a suonare alla perfezione sui tasti del pianoforte. Dunque, come già in altri film di Tornatore, c’è l’idea di uno spazio chiuso, di un universo circoscritto e della difficoltà ad uscirne, a trovare il coraggio di affrontare il mondo esterno. Questa difficoltà è spinta qui alle estreme conseguenze. E come in altre opere del regista, a questa debolezza e fragilità del protagonista fa da contraltare una straordinaria capacità, un talento in un dato ambito. Sembra una fiaba, o appunto, una leggenda, ma c’è nel personaggio di Novecento un’umanità in cui tutti si possono riconoscere. Tornatore ottiene per questo lavoro il Ciack d’Oro,  il David di Donatello e il Nastro d’Argento per la miglior regia. Con quest’ultimo è premiato anche per la sceneggiatura. Mentre Ennio Morricone riceve il Golden Globe per la colonna sonora.

malena-tornatoreDopo questo successo internazionale, il regista torna all’Italia, e alla “sua” Sicilia con Malèna, che segue la vicenda esistenziale di un’affascinante e disinibita donna (Monica Bellucci) in un paesino della provincia siciliana in tempo di guerra, vittima di una mentalità bigotta e ipocrita, considerata puro oggetto di desiderio dagli uomini e d’invidia e rancore dalle donne. L’unico che sembra nutrire per lei un sentimento autentico è l’adolescente Renato (Giuseppe Sulfaro). Malèna dovrà sopportare una serie di traversie, conoscere umiliazioni e violenze, ma faticosamente e a caro prezzo sarà poi accettata. Ancora un premio alle musiche di Morricone, il Nastro d’Argento, e uno alla fotografia di Lajos Koltai, il David.

A questo punto della carriera, Tornatore si concede una sosta per poi riprendere nel 2006 con quel filone noir, thriller intrapreso anni addietro con Una pura formalità. Riprende però anche, in un cero senso, il tema di Malèna. La sconosciuta infatti, ci porta nel territorio oscuro della suspense, ma la sua protagonista, Irena/Ksenia Rappoport, vive una condizione per alcuni versi non dissimile da quella di Malèna. È cambiata l’epoca, qui siamo all’attualità, e Irena è una donna ucraina venuta in Italia per lavorare, che invece finisce a fare la prostituta per conto di un inquietante protettore di nome Muffa. Una donna che diventa oggetto, viene usata dagli uomini.

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Qui ci si spinge ancora oltre rispetto a Malèna, perché Irena è per di più schiava dell’abbietto Muffa e viene usata non solo come prostituta, ma anche come fattrice di bambini da vendere alle facoltose famiglie del nord Italia che non possono avere figli. Tutto questo però si scopre solo gradualmente durante il film perché svelato poco alla volta da sapienti flashback. All’inizio infatti, Irena è “la sconosciuta” che fa di tutto per guadagnarsi un posto a servizio in casa Adacher. Scopriremo poi il suo doloroso passato e quali conti con esso lei voglia chiudere. Qui il regista, ancora coadiuvato dal Maestro Morricone, sostenuto da un ottimo cast che vede accanto alla talentuosa Rappoport, volti noti del cinema nostrano come Alessandro Haber, Piera Degli Esposti, Michele Placido, Margherita Buy, Claudia Gerini e Pierfrancesco Favino, dà una convincente ulteriore prova della sua grande abilità registica riuscendo a orchestrare un noir che tiene alta la tensione e vivo l’interesse dello spettatore per tutta la sua durata, con un mistero che si svela pian piano e che unisce abilmente una storia di rivincita, un tentativo di riappropriarsi della propria vita e dignità, con la denuncia di una tragedia sociale che si consuma nelle società occidentali. Il film otterrà quattro David, fra cui quello come miglior pellicola e miglior direzione, tre Nastri d’Argento e uno European Film Award.

Tre anni dopo Tornatore si dà alla realizzazione di quello che lui stesso ha definito “il film della mia vita”, ovvero Baarìa, in cui racconta uno spaccato di vita della sua città natale, Bagheria (Baarìa), a partire dagli anni ‘30 e nel suo dipanarsi attraverso tre generazioni. Il film può dirsi davvero corale: se infatti i protagonisti sono Peppino Torrenuova/Francesco Scianna e Mannina Scalia/Margareth Madè con le rispettive famiglie, una miriade di interpreti – quasi tutti siciliani, il che ha permesso di farne una versione in siciliano stretto e una doppiata  dagli stessi attori e destinata alla fruizione fuori dall’isola – si muovono attorno a loro a comporre un affresco poetico ed epico di grande raffinatezza estetica, come solo Tornatore sa fare.

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Il regista è anche autore del soggetto e della sceneggiatura. Le musiche sono come sempre affidate a Ennio Morricone, mentre la fotografia è di Enrico Lucidi. Il film porta con sé grandi aspettative, sia da parte del suo autore, che si è mosso sul terreno a lui più caro con un grande impegno registico, sia da parte del pubblico, che ormai conosce la maestria di Tornatore e si aspetta sempre da lui cinema ai massimi livelli. L’impegno non viene però suffragato dai riconoscimenti sperati: nonostante le molte candidature, il film porta a casa solo il David alla miglior colonna sonora, il David Giovani e il Nastro dell’anno. Altrettanta delusione per quanto riguarda i premi internazionali: è candidato all’Oscar ma non arriva alla cinquina finale, e neppure la nomination al Golden Globe va a buon fine. Per quel che riguarda l’accoglienza da parte del pubblico, il film incassa, sì, più di 10 milioni di euro, a fronte però di un impegno produttivo di 25 milioni da parte di Medusa. Addosso al regista piovono così molte critiche, cui si aggiungono quelle degli animalisti per la sequenza dell’uccisione di un bovino, girata in un mattatoio tunisino. Un’esperienza con luci e ombre, dunque, questa di Baarìa, di cui però Tornatore resta nel complesso soddisfatto e orgoglioso.

Giuseppe TornatoreDal 1 gennaio 2013, invece, nelle sale italiane ci sarà l’ultima fatica del regista siciliano, di nuovo un tuffo nel giallo, come lui stesso lo ha definito: “con una tessitura narrativa un po’ misteriosa, da giallo classico, un po’ thriller, anche se nel film non ci sono morti, assassini, assassinati o investigatori”. Il film si avvale ancora una volta di un cast internazionale: Geoffrey Rush, Donald Sutherland, Jim Sturgess, Sylvia Hoeks, ed ha in comune con La sconosciuta l’ambientazione in una città mitteleuropea. L’azione si svolge nel mondo delle aste: il protagonista è infatti Virgil Oldman/Geoffrey Rush, un battitore d’asta che si trova alle prese con una particolare cliente (Sylvia Hoeks). Molteplici saranno le chiavi della storia, che è anche e soprattutto una storia d’amore, come dichiarato dallo stesso Tornatore. La produzione stavolta è affidata a Paco Cinematografica e Warner Bros.

Mentre, per chi è già oltre e si sta chiedendo quali siano i programmi futuri di uno dei registi più apprezzati del nostro cinema, pare stia cercando di concretizzare un suo vecchio progetto: un kolossal sull’assedio nazista di San Pietroburgo che dovrebbe intitolarsi Leningrado. Al lavoro sull’aspetto produttivo di un progetto da cento milioni di dollari dovrebbe esserci l’americano Avi Lerner. Per il momento però, non c’è nulla di certo.

Jack Reacher – La Prova Decisiva: recensione del film con Tom Cruise

Dal 3 gennaio arriverà nelle sale italiane Jack Reacher – La Prova Decisiva, il cavaliere errante Jack Reacher, assetato di giustizia e di nobili propositi, un eroe post-moderno dall’identità liquida e cangiante, la cui aura di mistero e lucida spregiudicatezza lo renderà, sicuramente, un gradito paladino metropolitano.

Christopher McQuarrie prende in prestito La prova decisiva, il nono romanzo della saga dedicata a Jack Reacher di Lee Child e, entrando in simbiosi con la sua profonda enigmaticità e sfaccettata nota action – già di per se molto cinematografica – si affida all’eloquenza mimica di Tom Cruise, per interpretare il mondo celato e contraddittorio, che lo sguardo fuorviante di Jack Reacher nasconde. Bastano pochi minuti a innescare un criptico gioco di rimandi e a minare l’inconfutabile certezza di prove ritenute fino a quel momento schiaccianti. Una sete di verità pervade le nostre menti: chi è Jack Reacher?

L’unico in grado di risolvere questo fosco cocktail di dubbi, è il nostro caro Jack Reacher (Tom Cruise), un ex militare-investigatore che, nel pieno rispetto del suo status di eroe onnisciente e onnipresente, piomba sulla scena del crimine all’improvviso, come piovuto dal cielo, per condurre la sua personale e volitiva battaglia verso la verità.

Jack Reacher – La Prova Decisiva, il film

Un fiuto da cane da caccia, un animo solitario e nomade in grado di risvegliare il suo granitico spirito quando si tratta di mettersi al servizio della giustizia. L’astuzia e la destrezza di una volpe, l’ossessione per i piccoli dettagli e una smodata dimestichezza a scavare nelle vite altrui. Tutto quello che serve per costruire un personaggio invincibile, in grado di spogliare anche la sua più remota parvenza di umana sensibilità, di ogni senso logico.

Un personaggio dal fascino magnetico e dalla faccia da schiaffi, costruito su misura per un attore dall’ego smisurato come Cruise che, completamente a suo agio nel panni del paladino superomistico, lo carica di prestigio e infinita passione.

Un film che si fregia di una regia sopraffina dove, la lentezza narrativa riesce nel ponderato intento di acuire la tensione. Scelta questa che fa di Jack Reacher – La prova decisiva, un action senza quella sfrenata e adrenalinica dose di azione che caratterizza un film appartenente al genere – fatta eccezione per l’unico suggestivo e ansiogeno inseguimento automobilistico piazzato a metà del film – ma arricchito di una nota torbida e sfuggente che rivela la sua natura mentale di thriller.

Che dire poi del raccapricciante criminale Zec, interpretato da un magistrale Werner Herzog che, con un corpo sfregiato e un’irrazionale voglia di annichilire l’umanità che lo circonda, rappresenta l’antieroe americano per eccellenza, facendo da contraltare all’esagerato e patinato machismo di Tom Cruise, l’uomo in grado di sconfiggere orde di malfattori, sempre con un ghigno sorridente sulla bocca e quella spigliata nonchalance che non gli fa versare neanche una goccia di sudore. Qualche stereotipo di troppo, ma un godibile intrattenimento che non ci fa pesare le oltre due ore di film.

The Master: recensione del film di Paul Thomas Anderson

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The Master: recensione del film di Paul Thomas Anderson

Ha fatto parlare di sé film dalla messa in produzione, ed ora The Master, ultimo lavoro di Paul Thomas Anderson arriva sugli schermi italiani (il 3 gennaio) dopo una trionfale presentazione al Festival di Venezia, dove ha portato a casa il Leone d’Argento alla regia e la Coppa Volpi alla migliore interpretazione maschile, condivisa tra Joaquin Phoenix e Phillip Seymour Hoffman.

In The Master Freddie (Joaquin Phoenix) è un reduce della Seconda Guerra Mondiale, completamente dilaniato dall’esperienza della guerra che fatica a ritrovare un suo spazio nel mondo, nonostante gli vengano offerte diverse possibilità di reinserimento. La sua turbolenta strada si intreccia con quella di un uomo molto carismatico, “maestro” di una sorta di organizzazione religiosa, convinto di riuscire ad aiutare il suo nuovo amico con i suoi “metodi” che affondano le radici in un misto tra psicoanalisi, misticismo e non poca esaltazione. Presto però Freddie comincerà a mettere in dubbio il credo del suo mentore, trovandosi ancora una volta ad affrontare il mondo in solitudine.

The Master, il film

The Master film 2012

The Master è innegabilmente un film potente, un film che scava nello spettatore a cercarne i nervi scoperti, tutto attraverso due interpretazioni straordinarie, di quelle che capitano una volta nella vita. Maghi assoluti della recitazione, Phoenix e Hoffman si dividono la scena in un susseguirsi di dialoghi e battibecchi completandosi a vicenda poiché sono tanto violente e spropositate le reazioni del primo, quanto misurate e calcolate quelle del secondo.

Anderson si affida principalmente ai suoi due protagonisti, assolutamente all’altezza della tensione emotiva della storia, senza apparentemente curarsi troppo del dettaglio, e inserendo quasi a margine un altro personaggio profondamente importante e a sua volta tormentato. Si tratta di Amy Adams che interpreta la moglie di Hoffman e che si rivela pian piano sempre più importante come ago della bilancia nel rapporto del marito con il giovane “caso umano”.

Eppure il film sembra stagnare proprio nella regia, nel ritmo del racconto, che non procede, si impantana e conferisce al film una lentezza che non giova alla sua godibilità. Non si può certo parlare di film non riuscito, poiché Anderson ha sempre qualcosa di interessante da dire, ma questa volta sembra che proprio la sua regia non sia stata all’altezza delle interpretazioni laceranti dei protagonisti e della sceneggiatura, straordinario racconto di due esistenze che si scontrano per darsi reciprocamente equilibrio, senza però riuscirci.

The Master resta, con tutti i suoi difetti, un film potente, straordinario affresco di individualità pubbliche e private, superbo esempio di come un attore possa elevare la sua arte al sublime.

Abraham Lincoln secondo Steven Spielberg

Abraham Lincoln secondo Steven Spielberg

Day-Lewis_LincolnDopo la parentesi fanciullesca con Le avventure di Tintin – Il segreto dell’Unicorno e War Horse, Steven Spielberg torna alla regia dei film storici. Schindler’s List e Salvate il Soldato Rayan hanno dimostrato come il regista sapesse trattare argomenti quali la shoah e la Seconda Guerra Mondiale vincendo persino l’Oscar. Ma il lavoro che c’è dietro Licoln è un percorso diverso intrapreso con  Il Colore Viola (1985) seguito poi con Amistad (1998) che va a concludere il discorso sulla trilogia abolizionista, altro tema caro al regista.

La migliore offerta: 7 spot per il film di Giuseppe Tornatore

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La migliore offerta: 7 spot per il film di Giuseppe Tornatore

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Il prossimo film di Giuseppe Tornatore, La Migliore Offerta, sarà al cinema dal primo gennaio e vedrà impegnato un cast internazionale diretto dal regista italiano.

The World’s End: prima foto ufficiale!

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The World’s End: prima foto ufficiale!

Superata la minaccia dell’Apocalisse il 21 dicembre 2012, Simon Pegg ha scelto di rimanere in tema twittando la prima immagine ufficiale per The World’s End, irriverente pellicola

Planes: poster e teaser del prossimo film Pixar

Planes: poster e teaser del prossimo film Pixar

Planes, lo spin off di Cars, uscirà in fine nei cinema il prossimo 9 agosto. Il progetto è curato dai Disney Toon Studios e sviluppato separatamente dalla Pixar, anche se i collegamenti diretti con l’universo creato da John Lasseter non si faranno attendere.

Potete vedere un teaser trailer qui sotto:

 

Django Unchained: un ultimo trailer!

Django Unchained: un ultimo trailer!

Django Unchained Jamie FoxxL’uscita negli States di Django Unchained, ultimo acclamato lavoro di Quentin Tarantino,è ormai imminente( per vederlo in Italia dovremo attendere il 17 gennaio):

The Place Beyond the Pines: ecco il primo trailer!

The Place Beyond the Pines: ecco il primo trailer!

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è finalmente stato diffuso online il primo trailer di The Place beyond the Pines di  grande successo all’ultimo Festival di Toronto con ,

Kristen Stewart nel sequel di Biancaneve e il Cacciatore!

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Kristen Stewart nel sequel di Biancaneve e il Cacciatore!

Nonostante lo scandalo che la scorsa estate l’aveva vista protagonista dei rotocalchi a causa della sua presunta relazione col regista Rupert Sanders, Kristen Stewart tornerà a vestire i panni della combattiva Biancaneve nel sequel di Biancaneve e il Cacciatore (SnowWhite and The Huntsman).

Po o nulla si sa ancora della trama del film, ma la Stewart si è detta entusiasta di riprendere il ruolo:

“Sarà davvero fantastico. Sono davvero esaltata per questo film. Non posso parlarne, l’altro giorno ho detto che c’era una forte possibilità che venisse realizzato questo sequel, perché è vero, e tutti quanti mi hanno detto “Ehi, non parlarne!” Quindi sappiate che non posso parlarne!”

Biancaneve e il Cacciatore, il film

Nel poema epico di azione e avventura Biancaneve e il Cacciatore, Kristen Stewart (Twilight) interpreta l’unica persona sulla terra ad essere più bella della regina del male (il premio Oscar Charlize Theron) che è decisa ad ucciderla. Ma quello che non avrebbe mai immaginato la regina malvagia è che la ragazza che minaccia il suo regno è stata iniziata all’arte della guerra dal Cacciatore (Chris Hemsworth, Thor) che era stato da lei inviato per ucciderla. Sam Claflin (Pirati dei Caraibi) completa il cast , interpretando il principe stregato dalla potenza e dalla bellezza di Biancaneve.

La nuova versione mozzafiato della leggendaria fiaba è opera di Joe Roth, produttore di Alice in Wonderland, del produttore Sam Mercer (Il Sesto Senso) e dell’acclamato regista televisivo e visualista d’avanguardia Rupert Sanders.

Winona Ryder: vizi e virtù di un’attrice tormentata

Winona Ryder: vizi e virtù di un’attrice tormentata

Winona Ryder – La teenager alienata, la classica “ragazza della porta accanto”, e infine la donna fragile, tormentata, soggetta a continue crisi depressive, attacchi di panico e, non ultimo, manie cleptomani.

Sono molte le immagini che hanno accompagnato la vita e la carriera di Winona Ryder, oggi di nuovo sotto i riflettori grazie al suo prossimo doppiaggio nel remake animato del celebre Frankenweenie di Tim Burton, in cui presterà la voce a Elsa Van Helsing.

Winona Laura Horowitz nasce il 29 ottobre del 1971 in una piccola città del Minnesota, da cui prende il nome. Il padre, Michael Horowitz, è un russo di origine ebraica, ateo, mentre la madre Cynthia Istas ha origini romene e professa la religione buddista. Con la famiglia e il fratellino Yuri, la piccola Winona Ryder si sposta da uno stato all’altro a bordo dell’autobus psichedelico ribattezzato “Veronica” dai genitori, entrambi hippies e attivisti politici vicini alla beat generation.

A causa della sua abitudine di indossare abiti maschili, vive un’infanzia difficile alla Petaluma Kenilwoth Jr. High School, la scuola californiana che frequenta: costantemente presa di mira dagli altri studenti, all’età di 12 anni sarà brutalmente picchiata da due coetanei che la scambiano per un ragazzo dai modi effeminati. L’episodio la porterà a lasciare la scuola e a terminare gli studi privatamente.

Winona Ryder: vizi e virtù di un’attrice tormentata

Ma nel frattempo la giovane Winona Ryder ha già maturato l’amore per il cinema e il desiderio di diventare attrice, ispirata dalle proiezioni che gli Horowitz erano soliti organizzare nel loro fienile. I genitori non perdono tempo e assecondano la verve artistica della figlia, iscrivendola nel 1983 all’American Conservatory Theatre di San Francisco.

È qui che viene notata dalla famosa agente Deborah Lucchesi, grazie alla quale Winona Ryder otterrà il suo primo ruolo cinematografico nella commedia di David Seltzer “Lucas” (1986), accanto a Charlie Sheen. In questa circostanza, decide di cambiare il suo cognome adottando lo pseudonimo di Ryder, in omaggio al cantante rock Mitch Ryder, molto amato dal padre.

Passeranno solo due anni prima che Winona Ryder venga chiamata dal cineasta più controverso di Hollywood, l’allora esordiente Tim Burton, il quale nel 1988 la sceglie per il suo Beetlejuice – Spiritello Porcello, affidandole il ruolo della ragazzina gotica e depressa Lydia Deetz, che trova conforto nel parlare con una novella coppia di sposi appena passati a miglior vita. Un’interpretazione che, insieme al successivo Schegge di follia di Michael Lehman, farà parlare del lato dark e ribelle della giovane e talentuosa attrice.

La collaborazione con Burton riprenderà nel 1990, quando vestirà i panni della dolce e biondissima Kim nella favola noir Edward Mani di Forbice. Qui la 19enne originaria del Minnesota (che per l’occasione vinse il premio “miglior attrice straniera” al Jordi Awards 1992), offrì il commovente ritratto di una teenager che, unica all’interno della gretta società in cui vive, saprà accettare e persino amare lo strano quanto gentile Edward.

Un ruolo fortunato per Winona Ryder, a giudicare dalla love-story nata sul set con l’affascinante protagonista Johnny Deep e, ovviamente, dal successo di botteghino e di critica che il film si portò (meritatamente) a casa. Intanto l’attenzione dei media nei suoi confronti continua a crescere, in parte per la relazione con Deep, in parte per le doti attoriali dell’attrice, ancora una volta messe in luce da Sirene (1990), il film di Richard Benjamin che le valse la nomination al Golden Globe 1991 come miglior attrice non protagonista.

Winona RyderMa se la carriera della graziosa brunetta inizia a decollare proprio in questi anni, lo stesso non si può dire per la sua vita personale: prova ne è la rinuncia al ruolo di Mary Corleone ne Il Padrino – parte III, causa una fortissima influenza probabilmente dovuta allo stress lavorativo e alle crisi depressive cui la Ryder inizia ad essere soggetta. Poco male – Francis Ford Coppola la richiamerà per il suo Dracula di Bram Stoker nel 1992, consacrandola così come nuova diva dello schermo americano.

Nel 1993 la Ryder vedrà realizzarsi un suo grande sogno, scelta dal suo regista prediletto Martin Scorsese per recitare ne L’età dell’innocenza (per il quale fu nominata agli Oscar 1994) insieme a star del calibro di Michelle Pfeifffer e Daniel Day-Lewis. Purtroppo, a tanto successo nel campo cinematografico corrisposero i primi fallimenti sentimentali: dopo 4 anni il suo fidanzamento con Johnny Deep giunge al termine, e gli attacchi d’ansia – misti ad insonnia – inizieranno ad essere sempre più frequenti, tamponati con alcool e farmaci (nonché dalle telefonate notturne con il collega e amico Al Pacino).

La situazione si ristabilisce un anno dopo, quando la Ryder conosce il musicista grunge Dave Pirner, leader della band Soul Asylum, con cui intrattenne una relazione sino al 1997. In quegli anni spingerà il regista Gillian Armstrong a dirigere il remake di Piccole Donne (1994), che l’attrice dedicherà alla piccola Polly Klaas, sua compaesana rapita e brutalmente uccisa da un maniaco.

Qui la Ryder interpreta – e lo fa magistralmente – Jo, il maschiaccio di casa March con una passione sfrenata per la lettura e il desiderio di diventare, un giorno, una scrittrice famosa. Con la sua naturale simpatia, il suo charme e la sua auto-ironia, Winona ritrae al meglio la giovane eroina della Alcott, mettendo in luce l’umanità e la profonda contemporaneità del personaggio (cosa che non era riuscita a fare a suo tempo June Allyson, nel film del ’49 diretto da Mervyn LeRoy). Non a caso, Piccole donne diede alla Ryder la seconda nomination ai Premi Oscar del 1995 come miglior attrice protagonista.

Winona RyderDopo la parentesi di alcuni film di medio successo come l’inusuale Gli anni dei ricordi di Jocelyn Moorhouse (1995), il discusso Ragazze interrotte e il melò drammatico Autumn in New York a fianco di Richard Gere, la carriera della Ryder subirà un crollo improvviso quando, nel 2001, viene sorpresa a rubare nei grandi magazzini Saks Fifth Avenue di Beverly Hills. Nella borsa le furono trovati capi d’abbigliamento per il valore di 4mila e rotti dollari, insieme a numerosi analgesici senza prescrizione. Per questo, la diva fu condannata a tre anni di libertà vigilata, al pagamento di circa 10.000 dollari di multe, 840 ore di volontariato e a sottoporsi a consulenza psichiatrica – il tutto, alla fine di un lungo processo-show ripreso costantemente dalle telecamere americane.

Un duro colpo per la Ryder, costretta ad ammettere al mondo intero la sua cleptomania, e ad affrontare seriamente le crisi depressive cui era soggetta. L’episodio la farà stare per un po’ lontana dalla macchina da presa – sino al 2006, quando ricompare nel film digitale presentato a Cannes A Scanner Darkly, e in The Darwin Awards di Finn Taylor, commedia proiettata al Sundance Film Festival di Robert Redford.

Dopo la partecipazione allo Star Trek di J.J. Abrams (2009) e la prova del Cigno Nero nel 2010, la Ryder sembra ormai essere tornata in carreggiata, sia sul grande schermo che nella vita personale. Dopo l’infelice rottura con Matt Damon, che la lasciò nel 2000 poco dopo aver deciso di sposarla, l’attrice si riprese tra le braccia di Page Hamilton, e successivamente con il regista esordiente Henry-Alex Rubin.

Una “creatura affascinante”, Winona, timida di fronte ai riflettori dei media ma al tempo stesso sfrontata e sicura delle proprie idee, da sempre considerata un po’ border-line per la sua volontà-capacità di interpretare personaggi femminili fuori dal comune, attratti dal “diverso” e spesso emotivamente fragili. Una diva sui generis, spaventata dal contatto ossessivo ricercato dai fan, acquafobica in seguito ad un’incidente per il quale rischiò di affogare da bambina. Dopo più di vent’anni, questa strana perla di Hollywood torna a collaborare con uno dei suoi primi ed antichi maestri, Tim Burton, entrando nuovamente a far parte del suo fantastico ed inquietante mondo con Frankenweenie.

Les Misérables: un nuovo trailer con Elizabeth Banks

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Les Misérables: un nuovo trailer con Elizabeth Banks

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Diffuso un altro trailer per Les Misérables, atteso film basato sull’omonimo musical e diretto dal premio Oscar Tom Hooper.

Nel video a seguire (via Badtaste) possiamo

Zero Dark Thirty: recensione del film Kathryn Bigelow

Zero Dark Thirty: recensione del film Kathryn Bigelow

A quattro anni da The Hurt Locker, opera che ha regalato a entrambi ben due Oscar, la regista Kathryn Bigelow e lo sceneggiatore Mark Boal tornano insieme per raccontare al mondo il lavoro compiuto da una squadra di coraggiosi e caparbi agenti della CIA per scovare “lo sceicco del terrore”, un impegno durato dieci anni e due amministrazioni presidenziali americane.

Nelle sale italiane dal prossimo 10 Gennaio, Zero Dark Thirty è la cronaca dettagliata di tutti gli eventi, alcuni mai rivelati, che hanno portato alla cattura di Osama bin Laden; la colla che tiene unite le varie parti del racconto, che copre un ampio arco di tempo e molte zone del globo, è Maya/Jessica Chastain (Lawless), una giovane agente della CIA trasferita a Islamabad, Pakistan, come rinforzo. Nonostante l’ottusità del suo capo stazione, Bradley/Kyle Chandler (Super 8), e grazie all’aiuto dei colleghi più esperti, Dan/Jason Clarke (Lawless) e Jessica/Jennifer Ehle (Il Discorso del Re), Maya non abbandonerà mai la sua pista e riuscirà a trovare il nascondiglio del capo di Al Qaeda. Zero Dark Thirty, nel gergo militare, significa qualsiasi ora compresa nel buio della notte, in questo caso specifico le 00.30, ora in cui il Team Six dei Navy SEALS ha fatto irruzione nel covo di bin Laden ad Abbottabad, ora in cui la più grande caccia all’uomo della storia ha avuto fine.

Zero Dark Thirty, un film da OSCAR

Zero Dark Thirty filmBasata sul lungo e approfondito reportage di Boal, nato giornalista, la sceneggiatura dà fin da subito al film uno stampo documentaristico, che si rispecchia sia nella scelta delle location sia nella regia della Bigelow, studiata, ma dal risultato finale naturale: camera a mano, inquadrature strettissime e utilizzo di telecamere a infrarossi ci portano dentro l’azione, permettendoci di sentire l’ansia che provano i personaggi nelle situazioni più critiche.

La notevole mole d’informazioni (luoghi, date, nomi) e la durata del film (ben 157’) possono deconcentrare lo spettatore; tuttavia, le didascalie e la suddivisione della storia in capitoli, con titoli specifici, aiutano a fare il punto della situazione. I dettagli delle scenografie e dei costumi contribuiscono ad avvicinare il pubblico alla storia, mentre il montaggio s’intromette nella linearità del racconto solo nei momenti-chiave per creare quella suspense necessaria a sottolineare il clima di quel periodo.

I personaggi, incluso quello principale di Maya, non prendono mai il sopravvento sulla storia e sono definiti esclusivamente in relazione ad essa. Questo rende ancora più cariche di significato le interpretazioni degli attori, in particolare nelle scene di tortura con Jason Clarke e Reda Kateb/Ammar (Il Profeta) e in quella finale con un’intensa e magnifica Chastain. Nel ben assortito cast, oltre ai già citati, troviamo James Gandolfini (Welcome to the Rileys), Mark Strong (La Talpa), Stephen Dillane (“Il Trono di Spade”), Edgar Ramirez (“Carlos”), Chris Pratt (Moneyball) e Joel Edgerton (Warrior).

Con la mente libera da pregiudizi e l’unico intento di mostrare quello che è accaduto (incluse le crudeli e amorali torture durante gli interrogatori), Kathryn Bigelow porta sullo schermo un film complesso, amalgamando abilmente i generi del documentario, dello spy-thriller e del dramma e lasciando al pubblico non una morale, ma una storia di fatti realmente accaduti. Con 4 nomination ai Golden Globes e probabilmente con molte altre agli Academy Awards, Zero Dark Thirty ha già riscosso molti premi.

 

Niente corsa all’Oscar per i fratelli Taviani

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Si è fermata oggi la corsa dei fratelli Taviani verso gli Oscar 2013, corsa che aveva fatto sperare in un ritorno italiano al Kodak Theatre per i due registi. Invece il loro film,

Una clip estesa di Les Misérables con Hugh Jackman e Russell Crowe!

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Arriva dalla Spagna una clip estesa di Les Misérables. La clip in questione è quella proiettata in anteprima alle giornate professionali di cinema di Sorrento, dove noi di Cinefilos

La Summit produce Revoc di Olaf de Fleur!

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Olaf de Fleur-revoc-filmLa Summit Entertainment si è assicurata i diritti di un’idea originale per un nuovo film Sci-Fi scritto da Olaf de Fleur, famoso per aver scritto e diretto City State. The Hollywood reporter

Trailer originale di Burt Wonderstone con Jim Carrey e Steve Carell!

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Guarda il primo trailer ufficiale del film Burt Wonderstone con Steve Carell, Jim Carrey, Steve Buscemi, Olivia Wilde, Alan Arkin,  James Gandolfini e Jay Mohr. La pellicola uscirà il 15 Marzo 2013 negli USA, mentre nel nostro paese uscirà il 18 Aprile 2013.

 Tutte le info utili del film nella nostra scheda: Burt Wonderstone

Fonte. Comingsoon.net

This is the End: teaser con James Franco sulla fine del mondo!

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this is the end-filmLa fine del mondo ha preoccupato anche la Columbia Pictures, che ironizzando sull’evento così tanto chiacchierato ha rilasciato un video teaser sul film This is the End

Film su WikiLeaks: ecco titolo e protagonista

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Benedict Cumberbatch, Self Assignment, February 1, 2008Ha finalmente un titolo il film che ripercorre la vicenda di WikiLeaks, alias Julian Assange, che partirà a gennaio: The Man Who Sold the World. Ad interpretare il ruolo

Quattro clip di Jack Reacher con Tom Cruise

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Quattro clip di Jack Reacher con Tom Cruise

Jack Reacher-filmEcco quattro clip del film Jack Reacher con protagonista Tom Cruise, Rosemund Pike, Robert Duvall e Warner Herzog. La pellicola distribuita dalla Universal Pictures uscirà 5 Gennaio 2013.

Mad Max: ecco la prima foto di Tom Hardy

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E’ Slashfilm a mostrare la primissima immagine di Tom Hardy in costume sul set del remake di Mad Max, nei panni proprio di Max Rockatansky.

Intervista a Elio Matassi, professore di docente di Filosofia all’Università Roma Tre

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Elio Matassi“Nella mia riflessione sullo statuto dell’identità digitale ho utilizzato alcuni romanzi contemporanei che possono essere piegati e declinati a grandi metafore di ciò che sta avvenendo con la svolta impressa dal digitale.” A parlare è il Professore Elio Matassi, docente di Filosofia Morale e Estetica Musicale all’Università di Roma Tre. “Dei romanzi che ho preso in considerazione, per due sono già stati acquistati i diritti per la trasposizione cinematografica.

Buon Anno Sarajevo: recensione del film di Aida Begic

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Buon Anno Sarajevo: recensione del film di Aida Begic

In Buon Anno Sarajevo Rahima e Nedim vivono a Sarajevo. Dopo un’adolescenza punk,  finita la guerra in Bosnia che li ha resi orfani Rahima è costretta a lavorare sottopagata in un ristorante, mentre suo fratello non ha vita facile a scuola. Un giorno infatti litiga con il figlio di un potente della zona e Rahima si troverà a confrontarsi con una situazione che non avrebbe immaginato.

Sono passati quasi 20 anni dall’assedio di Sarajevo, che ha cambiato la faccia e la struttura ma anche la fisionomia di un paese e dei suoi abitanti, ci sono voluti tutti questi anni per fare in modo che ci fossero registi in grado di raccontare il cambiamento. Ad ampliare l’orizzonte barocco del cinema di Kusturica, ci sono altri registi che raccontano la realtà di tutti i giorni in maniera più realistica e meno romanzata di come fa ad esempio Margaret Mazzantini e di riflesso Sergio Castellitto in Venuto al mondo.

Aida Begic ad esempio racconta questa storia che deve essere stata comune a molti giovani nati o cresciuti duranti la guerra, e comunque cresciuti prima con le forze Nato, il coprifuoco e poi con un ribaltamento dei valori di una società diversa esponenzialemente da quella dei loro genitori.

Buon Anno Sarajevo, il film

Buon Anno Sarajevo film

La storia pedina la quotidianità di Rahima, punk convertitasi all’Islam, che rimasta orfana a causa della guerra deve lavorare e badare al fratello che è una testa calda. La loro vita, al limite della sopravvivenza e dell’assistenza sociale, che è una sorpresa che continui giorno per giorno, si scontra con i nuovi ricchi, dal look e dalla spocchia occidentale, che sono lontani anni luce dalla realtà di certe parti di quelle zone.

La regista effettua un vero pedinamento della protagonista, nella ripetizione quasi esasperata della sua routine, con la macchina da presa che sta sulle spalle di Rahima, quasi come il destino e come abbiamo visto in molti film che raccontano le storie di personaggi al limite della resistenza umana, come lo sono i protagonisti dei film dei fratelli Dardenne, come riferimento europeo e di Darren Aronofsky, negli Stati Uniti. La famosa inquadratura di nuca, a stare addosso al personaggio quasi a raccontare i suoi pensieri è anche funzionale a rendere l’atmosfera soffocante, quasi da gabbia in cui la ragazza si trova.

Uscite al cinema del 20 dicembre 2012

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Uscite al cinema del 20 dicembre 2012

Ralph-spaccatutto-locandinaRalph Spaccatutto – Il film racconta la storia di un celebre personaggio dei videogame del passato che si trova a dover affrontare i nuovi e supertecnologici videogiochi moderni. Ralph è stanco di essere messo in ombra da Fix-It Felix, il “bravo ragazzo” campione nel loro gioco dove ogni volta finisce per salvare la situazione. Ma dopo decenni trascorsi guardando Felix ricevere tutta la gloria, Ralph decide che è arrivato il momento di smettere di interpretare il ruolo del cattivo.

Tom Hiddleston e Loki non saranno in The Avengers 2?

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Tom Hiddleston e Loki non saranno in The Avengers 2?

Manca molto tempo a The Avengers 2 ma nonostante questo continuano ad arrivare notizie. Infatti, l’attore Tom Hiddleston in un’intervista rilasciata ad MSN è parso molto dubbioso sulla possibilità di rivedere Loki nel sequel del fortunato film di Joss Whedon.

“Non lo so, è in realtà la risposta più onesta”, ha detto. “Lo so che ho ci sperano in molti ma non ho idea, non ho parlato con Joss(Whedon) che sta lavorando al film. Quindi, io non sospetto che ci sia, solo perché penso che probabilmente il pubblico è stanco di Loki come  cattivo. Forse i Vendicatori hanno bisogno di qualcun altro contro cui combattere. Ma mi piacerebbe farne parte di nuovo. “

Vi ricordiamo che The Avengers 2 è previsto per il 2015. Tutte le news sulla serie nel nostro speciale The Avengers. Tutte le info sul film nella nostra scheda film:  The Avengers 2.

Fonte: Comingsoon.net

 

 

Il Teaser Trailer di Pain & Gain di Michael Bay!

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Il Teaser Trailer di Pain & Gain di Michael Bay!

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Guarda il Teaser Trailer originale di Pain & Gain, il nuovo film di , registra della saga di Transformers. Il film vede come protagonisti  ,