Maïwenn ha
lasciato un segno indelebile nel mondo del cinema francese. Anche
se la maggior parte del pubblico e dell’industria americana l’ha
conosciuta prevalentemente nel ruolo della seducente aliena
canterina, Diva Plavalaguna, nel film di Luc Besson
Il quinto elemento (1997), i suoi successivi
sforzi come attrice, regista e sceneggiatrice hanno
indiscutibilmente eclissato questo piccolo ruolo interpretato da
adolescente. Negli ultimi dieci anni, ha diretto e sceneggiato un
cortometraggio e ben quattro lungometraggi. La duttilità che
Maïwenn ha messo al servizio della Settima Arte ne hanno messo in
evidenza il talento e la sua intuizione per la creazione di storie
e sequenze magistrali, dove ritmo narrativo e fluidità
dell’immagine si intersecano.
Tra i suoi film più
recenti, Polisse (2011) e Mon roi – il mio
re (2016) le sono valsi il plauso della critica e una
moltitudine di candidature molto ambite, tra cui il Gran premio
della giuria al Festival di Cannes, il César per il
miglior film, la migliore regia e la migliore sceneggiatura. Con il
suo ultimo film, Jeanne du
Barry – La Favorita del Re in uscita nelle sale
italiane dal 30 agosto grazie a Notorious Pictures, ripercorriamo
la carriera di Maïwenn, i momenti fondanti del suo percorso
artistico e la svolta che l’ha vista dedicarsi anche alla
sceneggiatura e alla regia.
ATTRICE
Maïwenn
è stata sotto i riflettori per la maggior parte della sua vita: la
sua infanzia è stata segnata dalla presenza della madre,
l’attrice e giornalista di origine cabila Catherine
Belkhodja, che spingeva affinché la figlia diventasse una star
del cinema: “non aveva fatto carriera e la voleva attrice a
tutti i costi”, ricorda l’agente Myriam Bru. Nel 1981, all’età
di 5 anni, fa la sua prima apparizione sul grande schermo in
L’anno prossimo se tutto va bene (1981) di Jean-Loup
Hubert. A 7 anni, interpreta il ruolo di Isabelle Adjani da bambina
in L’estate assassina (1983) di Jean Becker. In
Lacenaire (1990), accanto a Daniel Auteuil,
interpreta Hermione, personaggio che condivide con la sorella
minore Isild Le Besco. Il primo ruolo importante di Maïwenn è stato
in La Gamine, in cui ha interpretato un’adolescente
turbolenta, al fianco di Johnny Hallyday nel 1992. A 15 anni
incontra il regista Luc Besson, con cui si fidanza e che la
inserisce nel cast di Léon e Il quinto
elemento (1996). Maïwenn, all’epoca appena
sedicenne, rimane incinta e il fatto suscita non
poche polemiche in Francia. Dopo la fine del matrimonio con Besson,
abbandona momentaneamente la carriera di attrice. Durante
questo periodo, è apparsa solo in un ruolo di supporto in The
Perfect Killer (1994). Incoraggiata dalla sua insegnante di
teatro Corine Blue a fare un’improvvisazione su sua madre durante
una lezione, si è imbarcata poi nella scrittura di un one-woman
show in gran parte autobiografico, Le Pois
chiche, che ha portato in scena al Café de la Gare e il cui
successo tra pubblico e critica ne sancisce il ritorno anche sul
grande schermo. Nel 2023, Maïwenn è finalmente pronta a tornare al
cinema, interpretando una delle eroine dell’acclamato film horror
Alta tensione di Alexandre Aja, accanto a Cécile de
France. Sedotto dalla sua forte personalità, Claude Lelouch le
affida uno dei ruoli principali nel suo Les Parisiens
(2004) e nel sequel dell’anno successivo, Le Courage
d’aimer.
REGISTA
Seguito del suo
one-woman show e del suo cortometraggio I’m an
actress (in cui ha diretto la propria figlia Shanna Besson
nel 2004), Pardonnez-moi, il primo lungometraggio di
Maïwenn, è uscito nel 2006. In questo ritratto di
famiglia, che ha tutte le caratteristiche di un Festen –
Festa in famiglia (1998) alla francese, l’attrice-regista
confonde maliziosamente i confini tra realtà e
fantasia. Il film
le ha fatto guadagnare il premio come miglior promessa femminile e
la migliore opera prima ai César 2007. In un’ottica altrettanto
personale, nel 2009 realizza il suo secondo lungometraggio,
Le Bal des actrices, una riflessione divertente e
anticonformista sulle attrici e sui vari significati che la loro
figura assume, commedia musicale che evidenzia l’eleganza di
Maïwenn come regista. Il suo terzo film, quello che la consacra
definitivamente come artista a tutto tondo è
Polisse, in cui recita con Karin Viard, Marina Foïs e
Joey Starr: un film sospeso tra documentario e fiction, resoconto
molto realistico della vita quotidiana di una Brigade de Protection
des Mineurs (Brigata di Protezione dei Minori) di Parigi. Con
questo film, si è aggiudicata il Premio della Giuria al Festival di
Cannes 2011 e il plauso del pubblico, dato che è stato un grande
successo nei cinema francesi. Alla fine del 2015, esce il suo
quarto film da regista, Mon Roi – il mio re, con
Emmanuelle Bercot (premiata come migliore attrice al Festival di
Cannes) e Vincent Cassel nei ruoli principali, che segue una
tumultuosa storia d’amore tra due personaggi che si amano e si
distruggono a vicenda. In seguito, è tornata davanti e dietro la
macchina da presa per DNA – le radici dell’amore
(2020), in cui interpreta Neige, una madre divorziata di tre figli
che va regolarmente a trovare Émir, suo nonno algerino che vive in
una casa di riposo. Neige adora e ammira questo pilastro della
famiglia, che l’ha cresciuta e soprattutto protetta dalla tossicità
dei suoi genitori: ma i rapporti tra i numerosi membri della
famiglia sono complicati e ci sono molti rancori. Infine, nel 2023,
esce il suo sesto film, Jeanne du Barry – La favorita del
Re, che ha l’onore di essere presentato all’apertura del
Festival di Cannes. Questa prima incursione di Maïwenn nel film in
costume racconta la storia vera di Jeanne, una giovane proletaria
divenuta la favorita del re Luigi XV, interpretato da Johnny Depp e la scandalosa relazione tra i
due.
SCENEGGIATRICE
La carriera da
sceneggiatrice di Maïwenn è iniziata
parallelamente a quella di regista: è stata, infatti,
sceneggiatrice del suo cortometraggio e di tutti i suoi film, più
un’aggiunta seriale “Paris, etc” e il film Les
Miens (2022), diretto da Roschdy Zem e in cui recita anche.
Già dal corto I’m an actrice (2004) e
dall’esordio al lungometraggio Pardonner-moi inizia a emergere la
tendenza di Maïwenn a intendere
l’auto-fiction come veicolo prediletto per l’autoanalisi, tramite
cornici da psicodrammi incredibilmente affascinanti. Il nucleo
familiare diviene colonna portante della sua scrittura, dagli
albori fino all’appena citato Les Miens, presentato
in concorso al Festival di Venezia 2022. Un film praticamente agli
antipodi rispetto all’esplorazione sopra le righe del trauma
infantile e allo studio sul personaggio di un’attrice narcisista:
qui, Maiwenn si avvale di una penna chiara e sobria, che si
concentra in modo particolare e appropriato sugli attori e sulle
loro emozioni, permettendo agli spettatori di entrare direttamente
in empatia con i personaggi e al film di avere un impatto intimo
sul pubblico.
Importante menzione è
poi la serie televisiva Paris, etc., creata da Zabou
Breitman nel 2017 per Canal+, ritratto al contempo divertente ed
emozionante di cinque donne che vivono nella Parigi di oggi:
Marianne, Mathilde, Nora, Allison e Gil e che testimonia
l’attenzione di Maïwenn per il punto di
vista, incontrovertibilmente femminile. Lavoro, quello sulla
prospettiva femminile molteplice ed esaminata in tutte le sue
varianti e variabili già da Le Bal des actrices
esperimento dialogico e metacinematografico, in cui lo spettatore
viene messo alla prova intellettualmente cercando di capire i
diversi punti di vista, oggettivi e soggettivi, utilizzati dalla
regista. Dalla sperimentazione formale e di scrittura, Maïwenn è passata allo spaccato di realismo
efficacemente drammatizzato di Polisse, che cattura
le brutture delle squadra di protezione dei minori
della polizia di Parigi, mantenendo un certo grado di
libertà nel racconto, prediligendo un tipo di narrazione
essenzialmente patchwork, seppur molto precisa. Con il suo
naturalismo crudo e grintoso e la sua immediatezza, rifugge dalle
formule stantie dei procedural televisivi: la struttura episodica
sciolta, il vivido mix di personaggi e il realismo in stile cinema
verité hanno conquistato gran parte della critica. Infine,
Maïwenn si è buttata a capofitto in due
storie d’amore, una ambientata nel passato e l’altra che si snoda
nel presente. Con Mon Roi – il mio re ha abbracciato
il dramma
relazionale, imbastendo un discorso molto rilevante sul
ribaltamento dei ruoli di genere oggigiorno. Il film è
imprevedibile, caotico e familiare, proprio come i personaggi che
ospita, proprio come l’amore e la vita che consumano Tony e
Georgio. Infine, con Jeanne du Barry – La favorita del
re, la penna di Maïwenn rielabora il dramma storico per
consegnare al pubblico il ritratto di un’eroina femminista, sulla
stregua del
Maria Antonietta di Sofia Coppola.