In merito al film il regista ha
dichiarato: “The Room Next Door è il mio primo lungometraggio in
inglese. La mia insicurezza è scomparsa dopo la prima lettura a
tavolino con le attrici, alle prime indicazioni di regia. La lingua
non sarebbe stata un problema, e non perché io padroneggi
l’inglese, ma perché tutto il cast era pronto a venirmi incontro
per capirmi e farsi capire. I miei film sono pieni di dialoghi. Tra
tutti gli elementi narrativi (tutti importanti e in cui sono
coinvolto al 100%), sono gli attori a raccontare davvero la storia.
In The Room Next Door
Tilda Swinton e
Julianne Moore sostengono da sole tutto il peso del
film e sono incredibili. Sono stato fortunato perché entrambe hanno
dato vita a un vero e proprio recital. A volte, durante le riprese,
sia io che la troupe eravamo sull’orlo delle lacrime. È stato un
lavoro molto commovente e benedetto, in un certo senso.”ù
La Stanza
Accanto (The room next door) segue la storia di
una madre imperfetta e di una figlia rancorosa, separate da un
grave malinteso. Tra di loro, un’altra donna, Ingrid (Julianne
Moore), amica della madre, è la custode del loro dolore e della
loro amarezza. Martha, la madre (interpretata da Tilda Swinton), è
una reporter di guerra e Ingrid è una romanziera autobiografica. Il
film affronta la crudeltà infinita della guerra, i modi molto
diversi in cui le due autrici femminili si avvicinano e scrivono
della realtà, della morte, dell’amicizia e del piacere sessuale
come i migliori alleati nella lotta contro l’orrore. Ma evoca anche
i dolci risvegli con il cinguettio degli uccelli, in una casa
costruita nel mezzo di una riserva naturale nel New England, dove
le due amiche vivono in una estrema e stranamente amabile
situazione.
Quando il 23 luglio Alberto Barbera
ha presentato il programma della 81esima edizione della
Mostra
del Cinema di Venezia, La stanza
accanto (The Room Next Door), il nuovo film di
Pedro Almodóvar che concorre per il Leone
d’oro, ha immediatamente suscitato grandi aspettative e un’enorme
curiosità. Il motivo principale? È la prima opera del
regista spagnolo realizzata interamente in lingua inglese.
Almodóvar si è avventurato nel cuore di Hollywood, ma con
ammirevole coerenza ha mantenuto intatti gli stilemi che
caratterizzano la sua filmografia.
Quindi, alla domanda se La
stanza accanto (The Room Next Door) deluda
le attese, la risposta è no. Almodóvar ci conquista ancora una
volta, non solo per il suo talento e l’attenzione costante alle
figure femminili, ma anche per la fedeltà alla sua cifra
stilistica, consegnandoci uno dei prodotti più affascinanti di
questa edizione del Festival. A impreziosire la scena, troviamo due
stelle eteree del cinema hollywoodiano: Tilda Swinton e Julianne Moore. Sceneggiata dallo stesso
regista, la pellicola sarà distribuita da Warner Bros.
La trama di La stanza accanto (The Room
Next Door)
New York. Martha è una reporter di
guerra che vive un rapporto conflittuale con la figlia Michelle. La
ragione è il padre di quest’ultima il quale dopo essersi trasferito
a San Diego quando la madre era ancora incinta, non si è più
interessato a loro. Ingrid, invece, è autrice di romanzi
semi-biografici, nei quali racconta spesso la sua paura delle
morte. Ed è proprio questa che bussa alla sua porta quando scopre
che Martha, sua cara amica, è ricoverata in ospedale per via di un
tumore. Per la donna non ci sono speranze di vita e, dopo aver
riflettuto, fa una richiesta particolare a Ingrid: nel Dark Web ha
acquistato una pillola che la aiuterà a morire, ma vuole farlo in
un contesto che non le è familiare e soprattutto con qualcuno che
le stia nella stanza accanto. Dopo diverse titubanze, Ingrid decide
di accettare e si trasferisce con lei in una casa di campagna a due
ore dalla Grande Mela. Ma il pensiero di sapere che l’amica le
morirà vicino è qualcosa di assolutamente atroce e spaventoso.
Fra dramma e ironia
Nonostante l’essere andato
oltreoceano, con La stanza accanto (The Room
Next Door) Almodóvar rimane ancorato alla sua
estetica e al suo inconfondibile stile narrativo,
confermandosi un autore maturo e consapevole. Nessun compromesso
per un regista che ha una visione chiara del cinema che intende
fare, mantenendo quei tratti distintivi che lo rendono
immediatamente riconoscibile anche in un diverso contesto
produttivo. Al centro della storia ci sono due donne,
apparentemente molto diverse ma profondamente simili, unite da
un’amicizia sincera e disposte ad affrontare insieme persino la
morte, che è uno dei temi portanti del film. Sono i sorrisi di
Martha e Ingrid, le loro lacrime, le speranze e i turbamenti, a
bucare lo schermo e a catturare l’attenzione dello spettatore sin
dalla prima scena. La macchina da presa aderisce alle protagoniste
con intimità, restituendoci due figure fragili ma determinate, che
trovano nel loro legame la forza per far fronte al momento più
doloroso della vita: il calare definitivo del sipario.
I dialoghi, ricchi di
sentimenti ed emozioni, compongono una narrazione che, pur partendo
da un contesto drammatico, non scivola mai nel melodramma.
Il regista infatti inserisce con intelligenza sprazzi di ironia che
stemperano la tensione, mantenendo un equilibrio perfetto,
affrontando così il tema delicato dell’eutanasia ma senza mai
cadere nell’enfasi o nella tragedia. Almodóvar trova dunque il
giusto linguaggio per trattare la morte e la scelta di morire,
senza appesantire il tono o risultare ridondante. Il risultato? Una
leggerezza che non è mai superficiale, ma che, al contrario, sa
cogliere la profondità delle emozioni senza rinunciare a un tocco
di umanità.
Swinton e Moore: che coppia!
Tilda Swinton e
Julianne Mooreoffrono due interpretazioni
straordinarie, calibrate e intense, senza mai scadere nel
teatrale o nell’eccessivo. La Swinton, in particolare, riesce a
catturare tutte le sfumature del suo personaggio, spesso senza
nemmeno bisogno di pronunciare una battuta. Basta uno sguardo,
un’espressione, per rimanere affascinati dalla sua performance.
Ecco perché ci viene da dire questo: insieme Swinton e Moore
formano una delle coppie più memorabili viste recentemente sul
grande schermo, dando vita a personaggi che rimarranno impressi nel
cuore del pubblico.
In merito al film ha commentato:
“The Room Next Door è il mio primo lungometraggio in
inglese. La mia insicurezza è scomparsa dopo la prima lettura a
tavolino con le attrici, alle prime indicazioni di regia. La lingua
non sarebbe stata un problema, e non perché io padroneggi
l’inglese, ma perché tutto il cast era pronto a venirmi incontro
per capirmi e farsi capire. I miei film sono pieni di dialoghi. Tra
tutti gli elementi narrativi (tutti importanti e in cui sono
coinvolto al 100%), sono gli attori a raccontare davvero la storia.
In The Room Next Door
Tilda Swinton e
Julianne Moore sostengono da sole tutto il peso del
film e sono incredibili. Sono stato fortunato perché entrambe hanno
dato vita a un vero e proprio recital. A volte, durante le riprese,
sia io che la troupe eravamo sull’orlo delle lacrime. È stato un
lavoro molto commovente e benedetto, in un certo senso.”
La trama di La Stanza Accanto (The room next door)
Nel film Ingrid e Martha erano care
amiche da giovani, quando lavoravano per la stessa rivista. Ingrid
è poi diventata una scrittrice di romanzi semiautobiografici mentre
Martha è una reporter di guerra e, come spesso accade nella vita,
si sono perse di vista. Non si sentono ormai da anni quando si
rivedono in una circostanza estrema ma stranamente dolce.
L’attore Deric Augustine, che
interpreta Miles Penn nella serie poliziesca della ABC The
Rookie, ha pubblicato un’immagine dal dietro le quinte che
conferma che la
stagione 8 è ufficialmente in produzione. Augustine è entrato a
far parte del cast di The Rookie nella
stagione 7, quando il suo personaggio Miles è stato addestrato
dal personaggio fisso della serie Tim Bradford. Nonostante Miles
abbia avuto un inizio difficile sia con Tim che con la sua
fidanzata Lucy Chen, alla fine riesce a guadagnarsi il rispetto di
entrambi. Con il rinnovo della stagione 8 di The Rookie,
Miles è pronto a tornare, e Augustine ha rivelato che la stagione è
ora in produzione.
Sul suo account X, Augustine
ha pubblicato un’immagine senza didascalia che mostra la
sceneggiatura della stagione 8, episodio 1, di The Rookie,
completa di un pennarello evidenziatore, indicando che la stagione
è ora ufficialmente entrata in produzione. Il titolo dell’episodio
deve ancora essere confermato e sulla pagina del copione è indicato
come “TBD”, mentre l’immagine si interrompe prima che venga
rivelato il nome dello sceneggiatore.
Cosa significa questo per la
stagione 8 di The Rookie
L’episodio finale della settima
stagione di The Rookie è andato in onda il 13 maggio e
l’ottava stagione è già entrata in pre-produzione, il che
suggerisce che lo showrunner Alexi Hawley abbia un piano molto
preciso su dove vuole portare la stagione. Con oltre 100 episodi
andati in onda, The Rookie è uno dei programmi più
importanti e di successo della televisione, ma potrebbe essere
necessario un periodo di evoluzione o di reinvenzione per mantenere
l’interesse e il coinvolgimento del pubblico. Il fatto che la
sceneggiatura della premiere stia già circolando tra il cast
suggerisce che diverse sceneggiature siano già state scritte e che
le riprese della nuova stagione potrebbero iniziare molto
presto.
Le serie televisive hanno spesso
calendari di riprese molto intensi e, dato che le stagioni
terminano solitamente a maggio e quelle nuove iniziano a settembre,
c’è un periodo di pochi mesi per girare più episodi. Secondo
Deadline, l’ottava stagione di The Rookie
dovrebbe avere 18 episodi e, di conseguenza, le riprese inizieranno
probabilmente a breve, con il primo episodio già confermato come
già scritto.
In La sposa promessa
(Lemale et ha’halal) Shira (Hadas Yaron) è la
figlia appena diciottenne di una famiglia di ebrei ultraortodossi
di Tel Aviv. Ogni aspetto della sua vita è deciso dalla tradizione,
ogni comportamento votato alla fede religiosa, ogni scelta attenta
alla reazione dell’intera comunità.
Per una giovane donna come lei,
quindi, la sola opportunità di realizzazione personale possibile e
l’obiettivo supremo a cui tendere è contrarre un buon matrimonio.
Shira accoglie dunque con gioia la notizia che i suoi, con l’aiuto
di un sensale, le hanno trovato un pretendente e che anche per lei
è giunto il momento di sposarsi. Nonostante la ragazza possa solo
ammirare il futuro marito da lontano, poiché non le è in alcun modo
consentito avvicinarsi a lui al di fuori dagli stretti rituali del
fidanzamento chassidico, Shira sente che la sua vita è a un punto
di svolta e pregusta silenziosamente la felicità che il matrimonio
sarà in grado di portare nella sua vita.
Purtroppo, proprio nel frangente
decisivo (quello delle presentazioni ufficiali) la sorella di
Shira, Ester, muore di parto, dando alla luce un bimbo e lasciando
vedovo Yohai (Yiftach Klein), un uomo sensibile e rispettoso delle
tradizioni che, per dare una nuova madre a suo figlio, vorrebbe
risposarsi con una vedova belga e portare via con sé il bambino. Ed
è qui che entrano nella vicenda la famiglia e la comunità: la madre
di Shira, avendo già perso una figlia, non sopporta di perdere
anche il nipotino e manda a monte il fidanzamento imminente di
Shira chiedendole di sposare Yohai per scongiurare la sua
partenza.
La sposa promessa (Lemale et ha’halal)
Per Shira inizia così un calvario
interiore: seguire i suoi sentimenti o accettare la volontà della
madre per non causarle un nuovo dolore? La sua scelta deciderà
infatti il futuro di tutta la famiglia, ma soprattutto il suo e,
più che di una scelta, il film sembra piuttosto trattare di un
particolare tipo di coercizione. Una coercizione dolce, silenziosa,
travestita da premura e piena d’affetto.
Le inquadrature vicine, i piani
stretti, i continui fuori fuoco, gli interni soffocanti delle sale
da pranzo, delle camere, delle sinagoghe che separano nettamente il
mondo maschile da quello femminile: tutto sottolinea
l’ineluttabilità del destino di Shira, l’impossibilità di sottrarsi
agli schemi e la necessità, non detta né imposta, di mettere al
primo posto la comunità.
La sposa promessa/Fill the
Void (titolo originale Lemale et ha’halal), presentato a
Venezia dalla regista Rama Burshtein (ebrea newyorkese convertitasi
al chassidismo), è un film senz’altro interessante. Anche e
soprattutto perché, fotogramma per fotogramma, viene rivelato al
pubblico un mondo altrimenti chiuso in sé stesso, quello degli
ebrei chassidici. Un mondo rigido ma saturo d’amore,
contemporaneamente limitato nel contingente ma infinito nel suo
reiterare delle tradizioni millenarie tramandate identiche per
generazioni e quindi senza tempo.
Alla Mostra
Internazionale del Cinema di Venezia applausi e
standing ovation per regista e interpreti durante la proiezione per
il pubblico e Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile
conferita ad Hadas Yaron, nei panni della dolce e
combattuta Shira. Caldamente consigliato.
Ecco il Trailer del
film LA SPOSA PROMESSA di RAMA
BURSHTEIN, candidato israeliano agli Oscar come miglior
film straniero. La pellicola arriverà al cinema il 15
novembre.
La sposa in nero è
un thriller del 1968 diretto dal regista francese François
Truffaut, qui in un’insolita versione alla
Hitchcock, poiché traspone un romanzo giallo di William
Irish (all’anagrafe Cornell Woolrich), “The Bride Wore Black”
(1948), riadattato per il grande schermo dallo sceneggiatore
Jean-Louis Richard.
Come noto, nella sua carriera
Truffaut si è dedicato soprattutto alla Commedia e al genere
Drammatico, eppure è riuscito in maniera egregia anche cimentandosi
in un genere per lui insolito. Non resterà comunque l’unico film
atipico per lo stile del regista, il quale concluderà la sua lunga
filmografia proprio con un giallo, Finalmente domenica!, anch’esso
trasposizione di un romanzo.
La sposa in nero, la
trama
Una giovane donna chiusa nella sua
stanza guarda nervosamente l’album delle sue fotografie per poi
gettarlo via e tentare il suicidio lanciandosi da una finestra, ma
sua madre accorre in tempo chiamandola per nome: Julie.
Nella scena successiva la donna
parte per un viaggio, mettendo in valigia i suoi vestiti ed una
somma cospicua di franchi; la madre insiste perché prenda altri
soldi, per poi chiederle se è decisa nel suo intento. La risposta è
ovviamente sì.
Julie, donna tanto affascinante
quanto fatale, innesca così una serie di omicidi, seducendo alcuni
uomini per poi ucciderli. Le motivazioni alla base del suo agire si
svelano agli occhi dello spettatore poco a poco, con atroce
lentezza.
La sposa in nero, il
film
Girato a Cannes, Parigi e Grenoble
dal 16 maggio al 10 novembre 1967, fu proiettato per la prima volta
in pubblico il 7 aprile 1968. Oltre al genere, l’assonanza col
maestro britannico del giallo deriva anche dalla colonna sonora
curata da Bernard Herrmann, storico collaboratore
di Hitchcock, la cui notorietà è arrivata però grazie alla colonna
sonora di Taxi driver. La sposa in nero può essere
considerato un antenato di
Kill Bill di Quentin Tarantino, anche
se non è mai circolata una dichiarazione ufficiale in tal senso, il
regista americano molto probabilmente si è ispirato al film di
Truffaut per il suo moderno capolavoro. Infatti la loro trama è
molto simile: una giovane donna viene privata del marito il giorno
delle nozze, e decide di vendicarsi annotando i nomi degli
aguzzini, uccidendoli a uno a uno. Se nel film di Tarantino
l’omicidio è frutto di un’atroce vendetta, ne La sposa in nero la
morte del consorte è accidentale; ma ciò non riduce minimamente la
sete di vendetta della sposa.
Ogni omicidio viene preparato con
arguta lentezza dalla seducente Julie; quest’ultima, da audace
Vedova nera, vuole prima conoscere le sue vittime, per poi sedurle
e infine ammazzarle. Ogni assassinio, nella sua perfezione, sembra
una macabra opera d’arte inquietante e forse non a caso, una delle
sue vittime gli dipinge segretamente anche un quadro, per una sorta
di sfogo artistico delle sue più intime tentazioni ispirate alla
bella donna presentatasi a lui come modella. Man mano che il
progetto diabolico della vedova infelice va avanti e si compie, le
ragioni che lo muovono si svelano con sapiente lentezza allo
spettatore; omicidio dopo omicidio quest’ultimo ne comprende i
motivi, forse li giustifica, quasi fa il tifo per la diabolica
Sposa in nero.
Per quanto riguarda il ricco cast,
giusto annoverare il nome dell’affascinante Jeanne
Moreau nei panni di Julie Kohler; Jean-Claude
Brialy nei panni della prima sua vittima, il gigolò Corey;
Michael Lonsdale nei panni dell’arrogante politico
René Morane; e quelli di due attori spesso scelti da Truffaut per i
suoi film: Michel Bouquet e Charles Denner nelle
vesti rispettivamente di Coral e del solitario pittore prima
menzionato.
Infine, una curiosità che riguarda
il nostro Paese. Il film fu trasmesso per la prima volta dalla
televisione italiana nella primavera del 1977. A quanto pare, in
quell’anno la Rai volle dedicarsi ai film trattanti omicidi
seriali, poiché nell’autunno dello stesso anno, trasmise la
miniserie francese Appuntamento in nero, ispirato ad un altro
soggetto di Woolrich scritto nel 1948. Qui l’assassino seriale è un
giovane (Didier Haudepin) che con cadenza annuale vendica la sua
fidanzata Catherine, anch’ella vittima di una bravata, “punendo”
gli autori con l’assassinio delle rispettive mogli o amanti. Nulla
a che vedere, ovviamente, con l’arte cinematografica di
François Truffaut.
Il film La Sposa di
Frankenstein appartenente al Dark
Universe della Universal è ancora in fase di sviluppo.
Ricordiamo che lo Studio Universal è uno dei più antichi di
Hollywood, ancora in attività, e che sin dai suoi primi giorni ha
avuto grande successo di pubblico con i film che portavano al
cinema i grandi mostri della letteratura, tanto che sono diventati
un suo vero e proprio marchio.
A partire dagli anni ’20 e
mantenendo lo slancio fino agli anni ’50, la Universal ha sfruttato
con grande felicità degli spettatori e delle tasche degli
investitori, le figure di Dracula, Frankenstein e l’Uomo Invisible
(solo per citarne alcuni) e questo lavoro ha anche posto le basi
per i film di mostri in tutto il mondo. I Toho Studios del Giappone
hanno sviluppato Godzilla, la Hammer Film Productions inglese ha
rilasciato titoli come Revenge of Frankenstein e
The Abominable Snowman. I film sui mostri erano un
grande affare e, negli ultimi anni, la Universal ha deciso di voler
esplorare ancora una volta quei titoli originali.
Sfortunatamente, The Dark Universe – un universo condiviso che
racchiudeva tutti questi mostri – si è aperto e chiuso con
l’insuccesso de
La Mummia, con Tom Cruise. I creativi
della Universal nel progetto, Alex Kurtzman e
Chris Morgan si sono allontanati subito dopo che
il film non ha registrato il successo sperato. Alla fine, la
Universal ha deciso di abbandonare tranquillamente il suo concetto
di Dark Universe a favore del riavvio autonomo
per ogni mostro, il che ha già portato ad un ottimo prodotto,
L’uomo invisibile con Elizabeth
Moss.
David Koepp ha riscritto
la sceneggiatura de La Sposa di Frankenstein
In altre parole, il Dark Universe può anche essere morto, ma
l’impegno di Universal nel riportare sullo schermo i mostri
classici per una nuova generazione potrebbe non esserlo. Ciò è
stato ulteriormente sottolineato recentemente da una conversazione
che Collider ha avuto con l’acclamato sceneggiatore David
Koepp. Durante l’intervista, Koepp ha rivelato di aver ha
deciso di rivisitare la sua sceneggiatura per La sposa di
Frankenstein, mentre il progetto è andato in pausa a causa
del COVID-19. Koepp ha affermato di essere stato in grado di
trasformare la sceneggiatura in ciò che aveva sempre desiderato e
attribuisce il merito di aver avuto questa possibilità alla
Universal, che è stata così gentile da permettergli di “riprovare”
a riscrivere una storia su cui molte persone si sono
avvicendate:
“Ora ho una versione nuova, una
versione che a loro piace molto. Penso che al momento stiano
parlando con i registi (…) Non tutte le idee funzionano ma è merito
loro. Ciò che ho davvero ammirato della Universal è che hanno
durante lo sviluppo hanno avuto la lucidità di alzare le mani e
dirmi: “Aspetta. Questa cosa non sta funzionando. Fermiamoci a
pensare a dei progetti per un anno o due.” Ho pensato che fosse
davvero una scelta intelligente. E le grandi aziende oggigiorno non
lo fanno spesso. Non ci sono molti momenti in cui vanno le grandi
aziende capiscono subito che il loro progetto non sta funzionando,
si fermano e ripartono dall’inizio.”
La recensione del film
d’animazioneLa sposa
cadavere diretto da Tim Burton, Mike
Johnson. Voci originali: Johnny Depp
(Victor Van Dort), Helena Bonham Carter (Emily, la sposa cadavere),
Emily Watson (Victoria Everglot), Albert Finney (Finnis Everglot),
Richard E. Grant (Barkis Bittern), Tracey Ullman (Nell Van
Dort/Hildegarde), Paul Whitehouse (William Van Dort/Mayhew/Paul, il
cameriere-testa), Michael Gough (Saggio Gutknecht), Christopher Lee
(Pastore Galswells), Jane Horrocks (Ragno/Mrs. Plum), Enn Reitel
(Maggot), Deep Roy (Generale Bonesapart), Danny Elfman
(Bonejangles).
La Trama
I coniugi William e Nell Van Dort
Victor sperano di risollevare le loro sorti economiche attraverso
il matrimonio combinato tra il figlio, Victor, e la giovane
Victoria Everglot. Tuttavia il ragazzo è fin troppo impacciato
tanto da rischiare di mandare all’aria la cerimonia. Proprio quando
formulerà il giuramento di matrimonio in un lugubre bosco, infilerà
l’anello in un districato ramo e si ritroverà ad essere il marito
di Emily, la sposa cadavere. Victor conoscerà il mondo dei defunti,
ma avrà l’ardente desiderio di ritornare sulla terra dei vivi per
sposare la donna amata. Ad ostacolare l’impresa non ci sarà solo la
novella sposa cadavere, ma che un misterioso uomo che cercherà di
sottrargli Victoria.
In un cinema
dove il 3D e gli effetti speciali sono il pane quotidiano dei film,
Tim Burton non rinuncia alla tecnica di animazione
della stop-motion, opportunamente affiancato da una squadra di
fedeli esperti.
Lo stesso Mike Johnson era già
stato nel cast tecnico di Nightmare Before
Christmas. Danny Elfman ha
composto le colonne sonore per ben 12 film di Burton e ne
La sposa cadavere le musiche, alternate a
spezzoni di musical, ricordano lo stile Disney simpaticamente ripreso con la jam
session degli scheletri, che ci riporta a La danza degli
Scheletri (Skeleton Dance del 1929).
La sposa cadavere è una
mortiferastoriad’amore
piena di colori
Per la sceneggiatura il regista si
serve ancora di John August (la sua è la terza collaborazione con
Burton) e Caroline Thompson (dopo aver sceneggiato
Nightmare Before Christmas e Edward mani di forbice), nonché di
Pamela Pettler (che ha collaborato anche per 9). Insieme
queste tre menti conferiscono ai personaggi una spontanea comicità,
in grado di reggere anche scene più ponderate.
Il grosso del lavoro si deve anche
a McKinnon e Saunders, i creatori dei pupazzi, che sono stati in
grado di dotarli di una notevole espressività facciale.
Il cerchio viene chiuso da Tim
Burton e dalle sue incredibili idee
immaginifiche. Egli ha tratto la storia da una favola russa,
rimanendone affascinato non solo per il contatto tra il mondo dei
vivi e quello dei morti, ma anche perché rispetta la considerazione
che il popolo russo ha dei defunti. Di suo ci mette le atmosfere
dark-gotiche che in produzioni precedenti (Edward mani
di forbice,Nightmare Before
Christmas) fanno da cornice a personaggi spesso
emarginati. E così, i lineamenti dello smilzo Victor ci ricordano
Vincent, il bambino protagonista del cortometraggio di
Burtun del 1982. O ancora, Emily, sposa cadavere, somiglia
alla bambola di pezza di Nightmare Before Christmas. Potremo
trovare altre similitudini, ma è chiaro che il regista è
affezionato ai suoi personaggi e alla stessa tecnica della
stop-motion, tanto da affermare: “C’è qualcosa di meraviglioso
nell’essere in grado ti toccare fisicamente i personaggi e farli
muovere, e vedere esistere il loro mondo”.
La sposa
cadavere non è la solita storia d’amore come può
farci inizialmente credere, ma è la storia parallela di Victor ed
Emily. Il primo intende superare l’antica tradizione del matrimonio
combinato e sposare la donna che ama veramente. La seconda è
emarginata dallo stesso Victor, illudendosi di poter credere in
un’unione così povera di sentimento. Ma i personaggi che popolano
il mondo dei morti, per quanto grotteschi, appaiono goffi e
bizzarri, più spensierati durante la morte rispetto a quando erano
in vita, in un mondo scandito da azioni e tradizioni meccaniche mai
sentite vicine sentimentalmente.
È divertente notare come
l’atmosfera del film sia grigia e cupa quando è ambientata nel
mondo dei vivi, mentre è animata da colori più accesi
nell’oltretomba. Che sia una visione di Tim Burton destinata a
entrare nella nostro immaginario?
La sposa
bambina arriverà al cinema il 12 maggio distribuito
da Barter Entertainment. Dopo aver vinto il Premio come
Miglior Film al Festival International du Film de Dubai
2014 e una sfilza di riconoscimenti internazionali, arriva
nelle sale italiane il 12 maggio con Barter
Entertainment, La sposa bambina – Mi chiamo
Nojoom ho 10 anni e voglio il divorzio. Di
seguito le immagini dal film:
[nggallery id=2654]
Il film è diretto da
Khadija Al-Salami, prima donna yemenita a
diventare regista e produttrice, e punta il dito sulla crudele
pratica del matrimonio tra bambine e uomini adulti attraverso la
storia di Nojoom, una bambina yemenita che riesce a fuggire dal suo
sposo aguzzino, ottenendo il divorzio all’età di 10 anni. Basato su
una storia vera, raccontata nel libro “I am Nojood, age 10 and
divorced” di Nojoud Ali e della giornalista Delphine Minoui,
il film è fortemente autobiografico poiché ripercorre il vissuto
della stessa regista.
Una storia forte, una rivendicazione
più che mai attuale sul grande schermo per salvare le bambine
obbligate a diventare adulte troppo presto e per il loro diritto a
vivere la loro vita liberamente. Una condanna contro la pratica
delle spose bambine – sostenuta da Amnesty International che ha
scelto di legarsi al film a supporto della propria campagna
Mai più spose bambine – e allo stesso tempo un
invito alla speranza e al rinnovamento dello Yemen.
La sposa
bambina chiuderà sabato 7 maggio il Festival
dei diritti umani di Milano, alla sua prima edizione, che
si terrà dal 3 all’8 maggio presso la Triennale di Milano. Per
l’occasione sarà presente la regista Khadija
Al-Salami.
Si apre all’insegna del cinema la
seconda parte della stagione 2015 – 2016 del Teatro
Palladium – Università Roma Tre (Piazza Bartolomeo Romano,
8). Martedì 8 marzo alle ore 20,30 verrà
proiettato il film “La sposa bambina” di
Khadija Al Salami mentre venerdì 11 marzo,
alle ore 20,30, per la prima volta a Roma, sarà possibile
assistere alla proiezione del documentario
“Asmarina”, realizzato da Alan
Maglio e Medhin Paolos all’interno della
comunità habesha di Milano.
La sposa
bambina
YEMEN. Una bambina entra in un’aula
di un tribunale, guarda il giudice dritto negli occhi e gli dice:
«Voglio il divorzio». Comincia così la solitaria e determinata
battaglia di Nojoom, bambina yemenita costretta dalla sua famiglia
a sposare un uomo 20 anni più grande di lei. La battaglia di una
bambina che diviene battaglia-simbolo di tutte le donne del suo
paese, contro la violazione dei diritti umani. Il film che la
racconta, tratto dal libro “I am Nojood, age 10 and
divorced” di Nojoud Ali e
Delphine Minoui e basato su una storia vera, verrà
proiettato al Teatro Palladium martedì 8 marzo alle ore
20,30. Vincitore del premio best fiction al Dubai Film
Festival, è fortemente autobiografico, poiché ripercorre il
vissuto della stessa regista, Khadija Al Salami,
prima donna yemenita a diventare regista e produttrice.
La diffusione su Netflix di
Hitman: Agent 47 (qui
la recensione) sta dando al film una nuova vita, tanto che il
pubblico ha permesso al film con Rupert Friend di
risalire rapidamente la top ten della Piattaforma dei film più
visti in Italia. In occasione di questo ritorno in auge
dell’action, analizziamo insieme il significato della scena
post credits del film. Seguono
Spoiler.
Zachary Quinto interpreta un tizio non proprio
buono in Hitman: Agent 47. I trailer del film lo
lasciano trapelare all’inizio, ma non sapevamo quanto fosse cattivo
in realtà. Se non si ha familiarità con il mondo dei videogiochi
originali, allora il finale di Agent 47 potrebbe destare qualche
perplessità.
La trama di
Hitman: Agent 47
Hitman: Agent 47
ha come protagonista
Rupert Friend
nel ruolo del personaggio principale. Prodotto dell’ormai concluso
Agent Program, è uno dei tanti cloni geneticamente potenziati per
diventare il miglior killer del mondo. Incontra Katia van Dees
(interpretata da Hannah Ware) e i due si mettono
in viaggio per smantellare un’organizzazione rivale guidata da un
uomo di nome Le Clerq (Thomas Kretschmann). Le
Clerq sta tentando di riavviare il Programma Agenti e John Smith di
Quinto è un prodotto di questi sforzi. Sebbene Smith sia una
minaccia formidabile, Le Clerq ha bisogno del dottor Litvenko
(Ciaran Hinds), l’uomo dietro il programma
originale, per completare il suo lavoro.
L’agente 47 ha un paio di scontri
con Smith, ma il loro ultimo lascia il cattivo fulminato e lasciato
per morto. Tuttavia, a metà dei titoli di coda, c’è una scena che
mostra il corpo di Smith, ora con i capelli biondi, per rivelare
che è ancora vivo. Il film ha mostrato a tutti gli effetti
l’origine di The Albino.
Chi è The Albino nel
franchise di Hitman
“È un po’ come il Joker
dell’agente 47”, ha detto il produttore Adrian Askarieh a
Cinema Blend descrivendo il personaggio. L’Albino, chiamato Mark
Parchezzi III nel gioco, è molto simile all’agente 47; anche lui è
un clone, creato da un programma di agenti rivale, con un set di
abilità paragonabile al personaggio principale dei giochi.
“È un anarchico completo, non ha
alcuna alleanza. Vuole solo distruggere 47… Volevamo l’Albino qui
in qualche modo. È divertente perché il personaggio di John Smith
nei giochi non diventa l’Albino, sono due [persone] diverse, ma
volevamo unirli in questa incarnazione perché pensavamo che sarebbe
comunque sembrato organico.”
Altrove, Zachary Quinto, l’attore
dietro John Smith/The Albino ha detto che sebbene affermi che la
scena dei titoli di coda è stata girata a metà della produzione
(gli hanno messo una calotta calva, invece di fargli tingere i
capelli di biondo), sapeva fin dall’inizio che questa era la
traiettoria definitiva per l’arco narrativo del suo
personaggio.
Il film, uscito nel 2015, non ha poi
avuto un seguito e l’idea dell’Albino come nemesi di Agente 47 si è
spenta sul nascere, ma è interessante comunque dare agli spettatori
di oggi una spiegazione per la scena finale di Hitman:
Agent 47.
ATTENZIONE
– L’articolo contiene spoiler su Doctor Strange nel Multiverso
della Follia
Doctor Strange nel Multiverso della Follia
lascia molte domande senza risposta, ma forse la più grande
riguarda il motivo per cui Dottor Strange ha un terzo occhio sulla
fronte nell’inquadratura finale, terzo occhio che ricompare nella
scena post credits quando l’eroe si appresta a seguire Clea.
L’apparizione di uno Stephen Strange con un terzo occhio è stata
anticipata per la prima volta nei trailer di Doctor Strange nel Multiverso della Follia.
Tuttavia, il terzo occhio è apparso solo su una variante
apparentemente malvagia di Doctor Strange in una realtà
alternativa.
In Doctor Strange nel Multiverso della Follia,
Doctor Strange (Benedict Cumberbatch) della
Terra-616 viaggia con Christine Palmer (Rachel
McAdams) in una realtà che ha subito una grave incursione
e in cui Stephen Strange sembra essere l’unico sopravvissuto
rimasto. Queste due versioni di Doctor Strange si affrontano mentre
Strange di Earth-616 cerca di rivendicare Darkhold dal malvagio
Doctor Strange. Durante il combattimento malvagio Strange rivela il
terzo occhio sulla sua fronte, ma alla fine del film, anche il
Dottor Strange di Earth-616 viene visto con un terzo occhio tutto
suo, prima nell’ultima ripresa del film quando cammina per la
strada apparentemente in pace prima di crollare per il dolore, e
poi di nuovo quando Clea (Charlize Theron) lo
informa che l’aiuterà a riparare un’incursione nella scena
post-crediti di Doctor Strange 2.
In una serie di credenze spirituali
del mondo reale, il terzo occhio (spesso raffigurato sulla fronte
di un individuo) è un simbolo di illuminazione. In alcune credenze,
questo può portare alla capacità di vedere oltre il mondo visibile
e persino di fornire la chiaroveggenza. Tuttavia, nei fumetti
Marvel il terzo occhio, in
particolare quello associato al dottor Stephen Strange, ha una
tradizione tutta sua ed è legato all’Occhio di Agamotto. Ora che è
ufficialmente entrato nell’MCU in Doctor Strange nel Multiverso della Follia, il
franchise può esplorare completamente cosa significa per Doctor
Strange avere un terzo occhio.
Nei fumetti Marvel, il terzo occhio
di Doctor Strange è legato all’Occhio di Agamotto, un talismano che
la sua controparte del MCU ha indossato sin dal suo debutto.
L’accesso completo ai poteri dell’Occhio di Agamotto
tradizionalmente comporta l’apparizione di un terzo occhio sulla
fronte di chi lo impugna, che viene utilizzato in alcune delle
applicazioni dei poteri dell’Occhio di Agamotto. Quindi, in un
senso molto reale, il terzo occhio di Doctor Strange nel film è
l’Occhio di Agamotto stesso.
Sebbene Doctor Strange possieda
l’Occhio di Agamotto da molto tempo, prima degli eventi di
Avengers: Infinity War, l’Occhio era visto
principalmente come un alloggiamento per la Gemma del Tempo. Il
dottor Strange ha ricostruito la reliquia dopo che è stata
danneggiata da Thanos e l’ha chiaramente indossata poiché la
vediamo già in Spider-Man: No Way Home. Il fatto
che ora sia mostrato con un terzo occhio sulla fronte suggerisce
che è finalmente in grado di attingere ai poteri più potenti che
l’Occhio di Agamotto possiede veramente.
Mentre nei fumetti, l’Occhio di
Agamotto è tradizionalmente associato alla “magia bianca” e
utilizzabile solo da coloro che hanno intenzioni pure, l’MCU sta
chiaramente cambiando questo dettaglio. Sembra che il terzo occhio
del malvagio Doctor Strange sia stato aperto attraverso l’uso di
Darkhold e, in base ai tempi dell’apertura del terzo occhio del
dottor Strange della Terra-616 in Doctor Strange nel Multiverso della Follia, è
lo stesso uso del libro che gli consente di accedere completamente
ai poteri dell’Occhio di Agamotto. Ciò si collega al fatto che il
dottor Strange usa il Darkhold per sperimentare il dream walking,
una forma di proiezione astrale attraverso il multiverso, e questa
volta fuori dal suo corpo potrebbe significare che è stato
finalmente in grado di seguire le istruzioni che una volta L’Antico
(Tilda Swinton) ha impartito a Stephen Strange nel primo film,
quando lo manda sul piano astrale: “apri gli occhi”.
Nei fumetti Marvel, l’Occhio di
Agamotto (in particolare quello associato alla conoscenza – in
realtà le reliquie con questo nome sono tre) è stato creato da
Agamotto quando ha ricoperto il ruolo di Stregone Supremo della
Terra. L’Occhio di Agamotto alla fine passò al Dottor Strange e lo
aiutò a sconfiggere Dormammu e da allora è stato brandito da
diversi personaggi, principalmente in carica come Stregone
Supremo.
Una volta descritto dal Dottor
Strange come “uno dei più potenti condotti mistici su questo piano
fisico”, l’Occhio di Agamotto ha diversi poteri e rende visibile un
terzo occhio sulla fronte di chi lo impugna. I poteri del terzo
occhio consentono al dottor Strange alcune abilità telepatiche che
gli consentono di vedere degli aspetti dell’anima di un’altra
persona. L’Occhio di Agamotto è uno dei pochi talismani che possono
essere usati nel Piano Astrale.
Di conseguenza, utilizzando l’Occhio
di Agamotto come parte del proprio essere, il dottor Strange può
emettere una luce rivelatrice che consente all’utente di vedere
attraverso qualsiasi occultamento e travestimento (non dissimile
dal modo in cui Strange è in grado di rivelare il mostro
tentacolare, Gargantos, mentre attacca America Chavez) e
soprattutto per il futuro del MCU, potrà vedere attraverso gli
inganni di Skrull. Il terzo occhio può anche riprodurre gli eventi
recenti, un’abilità che si rispecchia anche in Doctor Strange nel Multiverso della Follia
quando Strange e America Chavez vedono i ricordi del passato
proiettati davanti a loro. Queste somiglianze tra i poteri del
terzo occhio del dottor Strange e le scene nel film suggeriscono
che una parte dell’accesso al potere dell’Occhio di Agamotto e
l’apparizione del terzo occhio del dottor Strange nell’inquadratura
finale del film era legata all’arco del suo personaggio e l’uomo
che è diventato quando ha finalmente acquisito un livello di umiltà
e compassione per le altre persone.
La sceneggiatura del film porterà la
firma di Jade
Bartlett e Michael Waldron.
Oltre a Cumberbatch e Olsen, nel sequel ci saranno
anche Benedict
Wong (Wong), Rachel
McAdams(Christine
Palmer), Chiwetel
Ejiofor (Karl Mordo) e Xochitl
Gomez (che interpreterà la new entry America Chavez).
Nel cast è stato confermato anche Patrick Stewart nel ruolo di Charles Xavier.
Doctor Strange nel Multiverso della Follia è
al cinema dal 4 maggio 2022. Le riprese sono
partite a Londra a novembre 2020 e avranno luogo anche a New York,
Los Angeles e Vancouver. Nel sequel dovrebbe apparire in un cameo
anche Bruce Campbell, attore feticcio
di Sam Raimi. Al momento, però, non esiste
alcuna conferma in merito.
Arriva oggi in sala
La Spia – A Most Wanted Man, l’ultimo film con
protagonista il compianto attore Philip Seymour
Hoffman. Il film è diretto da Anton
Corbijn e tratto da un romanzo di John Le
CarrèYssa il buono. Al Festival di Roma 2014,
dove La Spia è stato presentato, abbiamo avuto l’occasione di
parlare del film con il regista e con Willem
Dafoe, che nei film interpreta un piccolo ma importante
ruolo.
-Cosa si prova a rivedere
il film adesso, quando Philip Seymour Hoffman è andato
via?
A.C.: “Sono stato molto
contento che avesse finito di girare il film. Avrei dovuto prendere
delle decisioni difficili, cosa tagliare, cosa tenere, come montare
le parti incomplete. Con la sua dipartita, il film ha assunto un
peso che personalmente non volevo avesse. Qualcuno ha anche
cominciato a fare paralleli tra il suo personaggio e la sua vita.
ma è facile fare questo tipo di ragionamenti a posteriori. E’ stato
molto doloroso riguardare il film, non avrei mai potuto
immaginare di trovarmi adesso in questa situazione.”
W.D.: “Non ho più visto il film
dopo averlo visto con lui al Sundance. Dopo poche settimane è
morto. Ricordo lo straordinario lavoro che abbiamo fatto insieme, e
questo valore che mi porto dentro eclisserà per sempre il film
stesso per me.”
La Spia – A Most Wanted Man, la
trama
Il boxer Melik Oktay e sua madre,
entrambi residenti turchi-musulmani ad Amburgo, incontrano una
persona per strada che si fa chiamare Issa. I due, senza saperlo,
innescano una catena di eventi che coinvolgono le agenzie di
intelligence di tre paesi. Issa, che afferma di essere uno studente
musulmano di medicina, è, in realtà un terrorista ricercato e il
figlio del colonnello dell’Armata Rossa Grigori Karpov, la cui
notevole eredità è tenuta nascosta in una banca di Amburgo.
E’ in questi giorni al cinema
l’atteso penultimo film del compianto attore Premio
Oscar, Philip Seymour Hoffman, protagonista
de
La Spia – A Most Wanted Man diretto da
Anton Corbjin. Proprio il regista ha ricordato
l’attore:
Era un gigante…non
saprei da che parte iniziare quando penso a ciò che ci ha lasciato
in eredità, che è immenso sia per portata che per profondità. Ma
questo già ci dice molto sulle sue scelte. Era il miglior
caratterista che io riesca a immaginare, e se si pensa anche solo
ai suoi ruoli minori, quelle sole performance lo distaccano dai
suoi contemporanei. La sua forza consisteva in un’immersione totale
nel ruolo ed in una completa assenza di vanità. Al contempo, odiava
ciò che amava, che era la sua maledizione, si faceva a pezzi per le
sue interpretazioni.
Il boxer Melik Oktay e sua madre,
entrambi residenti turchi-musulmani ad Amburgo, incontrano una
persona per strada che si fa chiamare Issa. I due, senza saperlo,
innescano una catena di eventi che coinvolgono le agenzie di
intelligence di tre paesi. Issa, che afferma di essere uno studente
musulmano di medicina, è, in realtà un terrorista ricercato e il
figlio del colonnello dell’Armata Rossa Grigori Karpov, la cui
notevole eredità è tenuta nascosta in una banca di Amburgo.
I thriller ambientati nel mondo
dello spionaggio sono da sempre fonte di grande fascino, sia per
gli intrighi narrativi che presentano quanto per l’imprevedibilità
di personaggi e risvolti. Tra i migliori e più recenti di questo
genere vi è La spia – A Most Wanted Man
(qui la recensione), diretto nel
2014 da Anton Corbijn, già regista di un titolo
simile quale The American, e basato su
un romanzo di John le Carrè. Agente segreto del
Secret Intelligence Service, le Carrè conosce bene il mondo dello
spionaggio e i suoi romanzi ambientati in questo sono opere
particolarmente dettagliate e più volte adattate per il grande
schermo.
La spia – A Most Wanted Man
è infatti basato sul suo romanzo Yssa il buono, pubblicato
nel 2008, dove si propone una profonda critica alla politica di
extraordinary rendition (ovvero la cattura, la
deportazione e la detenzione clandestina di un “elemento ostile”)
messa in atto dal presidente George W. Bush in seguito agli
attentati dell’11 settembre. Il film, tuttavia, è diventato
principalmente noto per essere l’ultimo interpretato dall’attore
Philip Seymour Hoffman prima della sua tragica
scomparsa. Al di là della sua grande interpretazione, si trova un
altrettanto grande film, capace di raccontare un contesto reale
perfino nei suoi risvolti più complessi.
Ancora oggi è considerato uno dei
film che meglio hanno saputo raccontare gli Stati Uniti post 11
settembre, collocandosi in un filone di opere che oltre a
raccontare vicende dal grande intrattenimento offrono pungenti
riflessioni sulla nostra attualità. Prima di intraprendere una
visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune
delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La spia – A Most Wanted Man: la
trama del film
Protagonista del film è
Günther Bachmann è un agente dei servizi segreti
anti-terrorismo tedeschi con base ad Amburgo. Estremamente attento
e preciso nel suo delicato lavoro, Bachmann e la sua squadra si
trovano a dover indagare su un clandestino ceceno, Isaa
Karpov, appena arrivato in città. Le sue intenzioni non
sono note, ma in quanto figlio di uno spietato criminale di guerra
per Bachmann è lecito attendersi azioni pericolose da lui.
L’indagine su di lui si collega ben presto a quella su un
rispettato accademico musulmano, lasciando intendere un’operazione
illegale più ampia del previsto.
Faisal Abdullah,
questo il nome dell’accademico, è sospettato di appoggiare
segretamente attività terroristiche islamiste tramite donazioni ad
una compagnia di navigazione con sede a Cipro. Con i due casi
sempre più strettamente legati tra loro, Bachmann avrà bisogno
dell’aiuto di una giovane avvocatessa, di un agente della CIA e di
un banchiere, per organizza un contorto piano per fermare
l’attività terroristica in atto. L’intromissione della stessa CIA,
però, rappresenterà un ostacolo non da poco. Consapevole di non
poter fare passi falsi, Bachmann dovrà valutare attentamente ogni
sua mossa.
La spia – A Most Wanted Man: il
cast del film
Come anticipato, nel ruolo del
protagonista Günther Bachmann vi è il premio Oscar Philip Seymour Hoffman,
il quale sviluppò un grandissimo interesse ed empatia per il suo
personaggio. Egli ha infatti lavorato a stretto contatto con lo
sceneggiatore Andrew Bovell sulla sua
caratterizzazione di Bachmann, costruendolo come un uomo convinto
delle sue azioni nonostante i contrasti incontrati lungo il
percorso. Accanto a lui, si ritrovano poi attori come
Willem Dafoe nel ruolo
di Tommy Brue, ricco banchiere a cui si rivolge Isaa Karpov,
interpretato dall’attore russo Grigorij
Dobrygin.
L’attrice Rachel McAdams, invece,
è l’avvocatessa Annabel Richter, la quale per prepararsi al ruolo
ha imparato a parlare con un marcato accento tedesco. Per il ruolo
erano state considerate anche Amy Adams, Carey
Mulligan e Jessica Chastain.
Robin Wright è Martha
Sullivan, mentre Daniel Brühl è Max.
L’attore iraniano Homayoun Ershadi, celebre per il
film Il sapore della ciliegia, è l’accademico Faisal
Abdullah. Sono poi presenti le attrici Vicky
Krieps, divenuta celebre grazie a Il filo
nascosto, e la turca Derya Alabora nei panni
di Leyla.
La spia – A Most Wanted Man: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. La spia – A Most
Wanted Man è infatti disponibile nei cataloghi di
Rakuten Tv, Google Play, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un
dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è
inoltre presente nel palinsesto televisivo di giovedì 29
luglio alle ore 23:15 sul canale
Rai Movie.
Il 30 ottobre di quest’anno sarà
una giornata triste. È la giornata che tutti i cinefili
ricorderanno come l’ultima volta che è arrivato al cinema un film
con Philip Seymour Hoffman (fatta eccezione per la
saga di Hunger Games che però non lo vede
protagonista). La Spia – A Most Wanted Man è
l’ultimo film che lo straordinario attore americano ha girato e
completato prima della sua prematura scomparsa a gennaio 2014, è
diretto da Anton Corbijn ed è basato sul romanzo
di John Le Carrè, Yssa il buono.
In La Spia – A Most Wanted
Man Yssa Karpov, un povero diavolo di origine
russo-cecena, approda nel porto di Amburgo, all’indomani degli
attentati terroristici dell’undici settembre, deciso a recuperare
il denaro che suo padre, uno spietato criminale di guerra, ha
accumulato impunemente. Melik Oktay e sua madre, entrambi residenti
turchi-musulmani ad Amburgo, incontrano il ragazzo e gli offrono
asilo. Senza saperlo, innescano una catena di eventi che
coinvolgono le agenzie di intelligence di tre paesi. Sulle tracce
del giovane c’è Günther Bachmann, agente dei servizi segreti che
cerca di scoprire chi è e cosa cerca Yssa Karpov.
Corbijn, che ha alle spalle una
solida formazione fotografica e solo due esperienze come regista di
lunghi, cerca di seguire l’esempio di Tomas
Alfredson, che con il suo La Talpa, altro adattamento da Le
Carrè, aveva realizzato uno dei migliori film di genere (e non)
degli ultimi anni. Purtroppo il risultato non è altrettanto
interessante e La Spia si rivela,
registicamente, un film tronco, che manca del ritmo e dell’eleganza
che la letteratura di Le Carrè esige, una volta trasposta al
cinema. La regia segue il protagonista in maniera servizievole,
senza guizzi, e ci consegna un racconto monocorde che si risolleva
in un finale pessimistico e cinematograficamente perfetto.
Protagonista della scena è
Philip Seymour Hoffman, che con la sua mole e la
sua personalità dipinge un personaggio completamente dedito al
lavoro; incurante della sua persona e della sua salute (beve e fuma
troppo), il suo Günther Bachmann è un uomo buono, nonostante sia
stato fregato dalla vita e dagli eventi, un uomo che nonostante la
sua difficile posizione cerca di fare la cosa giusta pur facendo il
suo delicato mestiere, fatto di equilibri e compromessi. La
gravitas di Hoffman passa dallo schermo allo spettatore,
con la consueta potenza di uno sguardo penetrante e fermo, eppure
intimamente ferito, quello sguardo che l’attore riusciva a
consegnare con impensata semplicità ad ogni suo personaggio. A
condividere con lui questo viaggio in una insolita Amburgo
cinematografica ci sono
Rachel McAdams,
Robin Wright, Nina Hoss, Daniel Brühl, Grigoriy
Dobrygin e Willem Dafoe.
La Spia – A Most Wanted
Man è un film non completamente riuscito, un film
dimenticabile che verrà purtroppo ricordato per essere stato
l’ultima possibilità per Philip Seymour Hoffman di
scavarsi dentro alla ricerca dell’altro e di consegnare al pubblico
una nuova, e in questo caso struggente, maschera.
Notorious
Pictures è lieta di annunciare l’uscita nelle sale
italiane di “La
Spia – A Most Wanted Man”, la spy story tratta
dal romanzo di John Le Carrè “Yssa il buono” e
diretta dall’affermato fotografo e regista Anton Corbijn (Control;
The American).
La pellicola vede l’ultima
preziosissima apparizione da protagonista sul grande schermo dello
straordinario Premio OscarPhilip Seymour Hoffman, che
interpreta magistralmente il ruolo del protagonista della storia,
l’agente anti-terroristico Günther Bachmann.
Accanto ad Hoffmann nomi
altrettanto prestigiosi: dal versatile e bravissimo Willem Dafoe
(Ninphomaniac vol.2; Grand Budapest
Hotel; Spider man 1 e 2; Il paziente
inglese), all’accattivante attrice canadese Rachel Mc Adams
(Sherlock Holmes,Sherlock Holmes – Gioco
d’ombre; Midnight in Paris); dal
brillante Daniel Brühl, impostosi all’attenzione mondiale per
l’incredibile interpretazione di Niki Lauda in Rush,
alla splendida attrice teatrale Nina Hoss (Le particelle
elementari, Yella – che le è valso l’Orso d’argento al
festival di Berlino come miglior attrice); dalla talentuosa
vincitrice del Golden Globe® Robin Wright per
finire col giovanissimo e magnetico Grigoriy Dobrygin, molto
conosciuto in patria ma ancora poco nel resto del mondo.
Ambientato e girato nella Germania
contemporanea, tra Amburgo e Berlino, “La spia” è un thriller
emozionante e avvincente, che mescola i toni concitati dell’action
a quelli più intimi e soffusi della storia d’amore. Si avvale della
regia dinamica e visionaria di Corbijn, regista celebre, oltre che
per il cinema, per i suoi videoclip musicali dall’intensa
evocatività; sfrutta al massimo le eccezionali doti interpretative
di Philip Seymour Hoffman, che è fulcro della vicenda e personaggio
fondamentale intorno a cui ruota tutto il resto del cast.
Pur essendo una storia di finzione,
inoltre, il film indaga in modo così potente e introspettivo il
dramma del terrorismo internazionale, fenomeno che negli ultimi
decenni ha intaccato in modo irreversibile le abitudini e il
pensiero occidentale, tanto da diventare indagine autentica sulla
paura dell’altro e specchio della società contemporanea.
Anton Corbijn su Philip Seymour
Hoffman: “Non saprei da che parte iniziare quando penso a
ciò che ci ha lasciato in eredità, che è immenso sia per portata
che per profondità… Era il miglior caratterista che io riesca a
immaginare. La sua forza consisteva in un’immersione totale nel
ruolo ed in una completa assenza di vanità. Al contempo, odiava ciò
che amava, che era la sua maledizione – si faceva a pezzi per le
sue interpretazioni.”
Notorious
Pictures porta nelle sale italiane l’ultima strepitosa
performance cinematografica di un interprete già finito a pieno
titolo tra i migliori che il cinema di tutti i tempi abbiamo mai
avuto.
Sinossi breve: Dopo “La Talpa”, un altro romanzo ad alta
tensione dello scrittore britannico John Le Carré arriva sul grande
schermo. LA SPIA – A MOST WANTED MAN è un action thriller
politico interpretato da un cast strepitoso che annovera tra gli
altri: Philip Seymour Hoffman nella sua ultima grande
interpretazione da protagonista; con lui Rachel McAdams, Willem
Dafoe e Daniel Brühl.
La trama si dipana tra Amburgo e Berlino, e vede coinvolti
un misterioso uomo in fuga, un banchiere britannico, una giovane
avvocatessa idealista e il capo di un’unità segreta di spionaggio
tedesca
Dopo la proposta italiana, Terraferma
di Emanuele Crialese, arrivato anche a sorpresa visto che tutti
indicavano come il possibile candidato Habemus Papam di Nanni
Moretti, oggi arriva la sorpresa spagnola: niente
Almodovar.
Recensione del cult
d’animazione La spada nella roccia,
il film d’animazione di Wolfgang Reitherman e
targato Walt Disney. Sinossi: E’ la
storia del giovane Artù, il futuro leggendario Re, nel suo
apprendistato presso un eccentrico e pasticcione Mago
Merlino.
Analisi, La spada nella
roccia: Il giovane Artù, che tutti chiamano
Semola è ignaro del pasticcio in cui si sta andando a cacciare
quando, addentrandosi nella foresta, va a recuperare la freccia che
Caio ha scagliato troppo lontano.
E’ così che comincia questa
incredibile avventura, ed è così che il protagonista conosce
l’eccentrico e potente Mago Merlino e il suo gufo ‘altamente
istruito’ Anacleto.
Mai come in questo caso, la storia
prende forma secondo le caratteristiche del viaggio di formazione,
in cui un giovane di buon speranze prende coscienza delle proprie
qualità, che nel caso particolare non risiedono nel corpo, ma nello
spirito brillante e acuto del giovane. Efficace la contrapposizione
di Semola con Caio, giovanotto grosso e stupido che però davanti
all’evidenza, davanti a Semola che è riuscito ad estrarre la Spada
dalla roccia, non può fare altro che inchinarsi.
La spada nella roccia:
recensione del film
Un viaggio di
formazione dunque, ma che attraverso la magia assume dei contorni
personali. Semola diventerà pesciolino, scoiattolo e passerotto,
sfuggirà ad un luccio enorme, ad un lupo affamato, ad un falco so
grazie ai suggerimenti di Merlino e alla sua astuzia, perché i
cervello vince sui muscoli. Ma lì dove cervello e muscoli perdono è
di fronte al cuore, all’amore della piccola scoiattolina che ignara
della vera natura di Semola se ne innamora e sprigiona una forza
‘più potente della forza di gravità’. Tutte lezioni di vita
che il giovanotto apprende a cuor leggero dal mago pasticcione.
L’avventura di Semola assume una
piega negativa quando cade ignaro nelle grinfie di Maga Magò,
acerrima nemica di Merlino, che potrebbe essere ricondotta alla
leggendaria figura della Fata Morgana, avversaria di Merlino nella
mitologia arturiana.
Ancora una volta con La
spada nella roccia la musica Disney
incanta, con motivi che restano nell’immaginario e fanno sorridere
a tutte le età, candidati all’Oscar nel 1964.
Come già annunciato due anni fa, la
Disney ha ufficialmente iniziato la pre-produzione del live action
de La spada nella roccia, nuovo adattamento del
classico uscito nel 1963 sceneggiato da Bryan
Cogman, show runner della serie tv Game
of Thrones. Nel frattempo, fa sapere l’Hollywood Reporter, è stato
confermato alla regia Juan Carlos
Fresnadillo, lo spagnolo che ha firmato l’horror
28 settimane dopo.
Come il film d’animazione, La spada
nella roccia in live action sarà tratto dall’omonimo romanzo
di T.H. White e seguirà la formazione
giovanile del giovane Artù in compagnia del Mago Merlino.
Ecco di seguito tutti i progetti in
live action che sta sviluppando la Disney al momento: Dumbo (diretto da Tim
Burton), Mulan, Pinocchio, Campanellino (con Reese
Witherspoon), il sequel di Maleficent, e Aladdin.
“Dopotutto perché no, cominciavo
a sentirmi escluso” la battuta è una delle tante celebri
pronunciate dal Genio della Lampada di
Aladdin, ma in questo caso potrebbe
averla pronunciata benissimo Semola, o Artù, protagonista, insieme
a Mago Merlino e ad Anacleto, de La Spada nella
Roccia, forse il più amato classico della Disney.
Ebbene, per rimanere fedele alla sua
linea produttiva degli ultimi mesi, la casa di Topolino ha deciso
di realizzare un live action anche della classica storia di origini
del grande re della leggenda bretone. Bryan
Cogman, show runner della serie tv Game of
Thrones, è stato incaricato di scrivere la
sceneggiatura.
Nel lungo e glorioso elenco dei
Classici Disney, La spada
nella roccia viene troppo spesso dimenticato o
sottovalutato. Esso è però una brillante rilettura della leggenda
di Re Artù, nonché uno dei più divertenti e bizzarri tra i vari
film d’animazione realizzati dal celebre studios. Distribuito al
cinema nel 1963, il film è diretto da Wolfgang
Reitherman, ed è anche stato l’ultimo ad essere prodotto
sotto la supervisione di Walt Disney, scomparso
nel 1966.
Dotato di memorabili canzoni,
scritte e composte dai fratelli Robert e
RichardSherman, il film è basato
sull’omonimo romanzo di T. H. White, pubblicato
nel 1938. Questo propone una rielaborazione dell’infanzia di Artù,
combinando una serie di generi tra cui il fantasy e la commedia.
Grazie alla presenza di personaggi iconici e situazioni divenute
parte dell’immaginario collettivo, il titolo si è negli anni
affermato nel cuore di grandi e piccoli.
Al momento della sua uscita, fu uno
dei maggiori successi del suo anno. A fronte di un budget di soli 4
milioni di dollari, questo arrivò ad incassare complessivamente
circa 34 milioni nel mondo, grazie anche alle diverse riedizioni
curate negli anni. La spada nella roccia si è inoltre
affermato come uno dei più complessi film d’animazione dello
studios, nonché carico di elementi filosofici che lo
contraddistinguono dagli altri Classici. Un film che merita di
essere riscoperto e apprezzato nelle sue numerose
particolarità.
La spada nella roccia: la trama, i
personaggi e la genesi del film
La vicenda ha inizio nel momento in
cui il re d’Inghilterra, Uther Pendragon, muore
senza lasciare eredi al trono. Miracolosamente, a Londra appare una
spada conficcata in un’incudine e sopra di essa vi è incisa una
profezia: chiunque riuscirà ad estrarla sarà il nuovo re. Nessuno
sembra tuttavia in grado di riuscire nell’impresa, e la spada viene
ben presto dimenticata. Diversi anni dopo, Artù, un orfano
dodicenne soprannominato Semola, accompagna il fratello adottivo
Caio in una battuta di caccia. Quando una delle frecce di Caio
finisce accidentalmente nel bosco, il ragazzino viene mandato alla
sua ricerca. Addentratosi nel bosco, il giovane si ritrova al
cospetto di Merlino, un anziano e potente mago.
Questi si offre di diventare il
precettore del giovane e lo accompagna a casa sua, al castello di
Sir Ettore, il padre adottivo di Semola. Quella stessa notte, Sir
Pilade, amico di Sir Ettore, arriva con la notizia che l’annuale
torneo tra cavalieri si terrà a Londra e il vincitore sarà
incoronato re. Ettore decide quindi di preparare suo figlio Caio
per l’evento e nomina Artù suo scudiero. Tra gli insegnamenti di
Merlino e imprevedibili quanto comici eventi, Semola cresce da un
punto di vista intellettivo ed emotivo, ignaro che un glorioso
futuro lo attende.
La volontà di realizzare un film
tratto dal romanzo omonimo nacque in Disney nello stesso 1938. Egli
ne acquisì subito i diritti, convinto dal potenziale della storia.
Tuttavia, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la
produzione del film venne sospesa e rimandata. Nel corso degli anni
Quaranta e Cinquanta questa venne più volte messa in programma e
puntualmente rimandata. Soltanto nel 1960 Disney si decise a dare
il via definitivo alla sua realizzazione. Un team di esperti
animatori si misero così a ricercare la giusta formula per dar vita
ai mitologici eventi della storia, cercando allo stesso tempo di
costruire una narrazione più coesa e di semplice fruizione.
La spada nella roccia: le
differenze con il libro e il significato del film
Nell’adattare il libro di White,
gli animatori e gli sceneggiatori della Disney dovettero ricorrere
ad alcuni “tradimenti” nei confronti di questo. Ciò è motivato
dalla necessità di dar vita a delle soluzioni più confacenti con la
natura cinematografica del progetto. In particolare, per conferire
un tono più fanciullesco al tutto l’età del protagonista è stata
abbassata dai sedici ai dodici anni. Si è poi reso necessario
inserire nel film degli opponenti ed un vero e proprio nemico. Nel
libro, infatti, Sir Ettore e Caio sono personaggi positivi, mentre
nel film ostacolano in più modi Artù.
Il celebre personaggio di Maga
Magò, invece, era presente soltanto nelle edizioni originali del
romanzo, mentre era stata rimossa dalle stesure revisionate.
Disney, però, avvertiva la necessità di conferire alla storia un
nemico concreto, e vide tale possibilità nella Maga, che venne
quindi recuperata per la pellicola. Il suo scontro con Mago Merlino
si basa invece su quello che nel libro quest’ultimo intrattiene con
un’ancella della Dama del Lago. Tale episodio, però, si svolge dopo
l’incoronazione di Artù, mentre nel film avviene prima di essa.
Al di là della magia e del fantasy,
La spada nella roccia è un vero e proprio racconto di
formazione. L’istruzione di Artù avviene tramite l’aiuto del
mentore Merlino, il quale lo aiuta a trovare il proprio posto nel
mondo. Egli lo sprona a perseguire il bene, facendo in modo che il
ragazzo creda sempre di più in sé stesso e impari a superare le
difficoltà che gli si parano di fronte. Le situazioni a cui lo
sottopone (la trasformazione in pesce e in scoiattolo) gli
serviranno per imparare le leggi della società e dell’amore.
Particolarmente significativo è
anche lo scontro tra Merlino e Maga Magò. Questi sono l’uno
l’opposto dell’altro, e dalla loro sfida a suon di magia Artù
imparerà un importante lezione: la saggezza trionfa sempre sulla
forza bruta. Più la Maga si trasforma in creature grandi e forti,
più Merlino si rimpicciolisce, fino a diventare un virus con cui
sconfigge l’avversaria. Il piccolo ha trionfato sul grande, la
saggezza sui muscoli. L’estrazione della spada nella roccia, a
questo punto, diventa il coronamento di un percorso di crescita, il
quale è alla base di questo racconto senza tempo.
La spada nella roccia: le canzoni,
il live-action e dove vedere il film streaming
Ad accompagnare il racconto di Artù
e Merlino vi sono alcune tra le più celebri canzoni dell’universo
Disney. Composte dai fratelli Sherman, queste arricchiscono di
significato le situazioni mostrate, permettendo così al loro
significato più intrinseco di arrivare nei cuori e nella mente
dello spettatore. In particolare, Questo il mondo fa girar
si può ascoltare nella sequenza in cui Artù viene trasformato in
pesciolino, e descrive le varie leggi che governano il mondo e la
società. Iconica, per la sua particolarità e per la bellezza della
scena a cui è associata, è anche Higitus Figitus, cantata
dallo stesso Merlino.
Dati i successi dei rifacimenti in
live-action dei propri Classici, la Disney ha annunciato nel 2015
di aver in programma anche un remake de La spada
nella roccia. Questo verrà scritto da Bryan
Cogman, autore di diversi episodi di Il Trono di
Spade, ed esperto di genere fantasy. Nel 2018 viene annunciato
che le riprese sono previste per il 2019, con la regia di
Juan Carlos Fresnadillo, e che il titolo
dovrebbe essere reso disponibile nel 2020 direttamente sulla
piattaforma Disney+.
Per gli appassionati di La
spada nella roccia, o per chi desidera vederlo per la prima
volta, sarà possibile fruirne grazie alla sua presenza nel catalogo
di alcune delle principali piattaforme streaming oggi disponibili.
Il film è infatti presente a noleggio su Rakuten TV, Chili Cinema,
Tim Vision e Apple iTunes. È inoltre presente nel
catalogo di Disney+. In base alla piattaforma scelta, sarà
possibile noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento
generale al catalogo. In questo modo sarà poi possibile fruire del
titolo in tutta comodità e al meglio della qualità video.
Lo scorso 24 marzo, al debutto di
Disney+, moltissimi abbonati
al servizio di streaming della Casa di Topolino avevano notato
l’assenza di uno dei classici d’animazione più amati della
produzione disneyana, La Spada nella
Roccia.
Da oggi, per fortuna, quella lacuna
del catalogo Disney+ è stata colmata e infatti
potete godere del film in tutta la sua magica bellezza (qui).
Rispolverate la magia del classico
con la bellissima introduzione del film:
La spada nella roccia
(The Sword in the Stone) è un film del 1963 diretto
da Wolfgang Reitherman. È un film d’animazione
prodotto dalla Walt Disney Productions e uscito negli Stati Uniti
il giorno di Natale del 1963, distribuito dalla Buena Vista
Distribution. 18° Classico Disney, fu l’ultimo ad uscire prima
della morte di Walt Disney ed è stato anche l’ultimo ad essere
prodotto tutto sotto la supervisione di quest’ultimo.
Tra un cavaliere Jedi e un Avenger,
chi avrebbe la meglio? Ma soprattutto: riuscirebbe la forza della
spada laser a distruggere l’inossidabile scudo di
Captain America?
Domande curiose che si è posto un
giovanissimo fan, sottoponendo la questione al diretto interessato
Mark Hamill (lui che di spade laser ne ha
impugnate a volontà nell’universo di Star
Wars). E, come previsto, è arrivata la risposta
dell’attore su Twitter: “Nell’universo Marvel non succederebbe mai. In
quello di Star Wars però Luke non combatterebbe contro un eroe, ma
se dovessero chiederglielo, potrebbe ridurre lo scudo in mille
pezzi“.
Il tempo di leggere cosa aveva da
dire Hamill, ed è comparsa subito dopo la replica dell’altro
diretto interessato, Chris Evans (interprete di
Steve Rogers nel MCU):
“È una follia. Adesso ho le
stelle ninja fatte di vibranio“.
Nuovi sequel stanno per
prendere vita, uno di questi è quello del film del
1980 La spada di Hok, diretto
da Terry Marcel, che ritorna dopo ben 35 anni
dalla sua ultima avventura. E proprio il regista è in procinto di
lanciare una campagna crowdfunding per il sequel.
Per chi non conoscesse la trama, il
film raccontava le avventure di Hok (John Terry),
che lotta contro suo fratello malvagio Voltan (Jack
Palance). Nel film presenti anche Bernard Bresslaw e
Roy Kinnear. Voltan uccide il padre e rapisce una suora.
Hok inizia la missione di salvataggio con una maga, un nano,
un elfo, un gigante con una grande mazza, e l’antico potere della
Spada della Mente.
I dettagli de La spada
di Hok sono abbozzati al momento, in attesa di un
annuncio vero e proprio, il prossimo mese, da parte di Marcel.
Sappiamo già che Marcel delegherà i compiti del regista, ma non si
sa ancora chi sarà a sostituirlo. Bisogna anche vedere se il cast
sarà lo stesso, o se sarà quello di ”Hawk The Destroyer”, sequel
mai realizzato. Come ultimo aggiornamento, Marcel ha
annunciato sulla pagina Facebook del film che Rick Wakeman si
occuperà della colonna sonora.
“La spada di Hok è stato
importante per me come ragazzo”, afferma il CEO di Rebellion,
Jason Kingsley, ‘‘ed è rimasto una pietra miliare importante
per me ora come adulto. Aprì un sentiero luminoso per i film
magici con spade e di stregoneria per gli altri a seguire. Sono
lieto, e un po’ intimorito, di far parte del team che
contribuirrà a creare altre avventure per Hok e i
suoi amici”.
“Questo è un sogno che si
avvera”, dice Marcel. “Sono felice di poter lavorare con
un vero fan di spada-e-stregoneria, poiché le possibilità di
Hok sono infinite – continuate a guardare fan di
Hok!”
Dopo vent’anni di silenzio, nel
1998 il celebre regista Terrence Malick torna al
cinema con quello che è ancora oggi considerato il suo massimo
capolavoro. Si tratta di La sottile linea
rossa, film di guerra unico nel suo genere,
attraverso il quale emergono i tormenti interiori di un gruppo di
soldati costretti a misurarsi con gli orrori della Seconda guerra
mondiale. Malick è infatti noto per il suo perfezionismo maniacale,
come anche per le profonde riflessioni filosofiche e spirituali di
cui i suoi film sono intrisi, con tanto di vero e proprio viaggio
nella mente dei personaggi attraverso la loro voce narrante.
Quello di La sottile linea
rossa è un progetto cullato per circa dieci anni, periodo di
tempo in cui il regista si è dedicato ad un minuzioso e ambizioso
adattamento dell’omonimo romanzo del 1962 di James
Jones. Vero reduce della guerra nel Pacifico, questi
racconta qui la sua esperienza durante la battaglia del Monte
Austen, nell’ambito della campagna di Guadalcanal. A ritardare la
realizzazione del film vi furono inoltre i particolari metodi di
ripresa tipici del regista. Questi decise infatti di girare spesso
in condizioni estreme, avvalendosi di fonti luminose diverse, sino
a dar vita ad una prima versione del film lunga ben sei ore.
Dopo un drastico taglio in fase di
montaggio, riducendo il film a metà della sua durata originale.
Nonostante ciò, poco o nulla della sua bellezza è andata persa, e
ancora oggi si tratta di un’opera senza tempo, capace di comunicare
come pochi film del suo genere lo stato d’animo di personaggi e
l’atmosfera delle vicende da loro vissute. Prima di intraprendere
una visione del film, proseguendo qui nella lettura sarà possibile
ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama,
al cast di attori e ad altre curiosità. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La sottile linea rossa: la trama del film
La vicenda narrata si svolge nel
1942, nell’isola di Guadalcanal, appartenente all’arcipelago delle
Isole Salomone. Qui la compagnia di fucilieri Charlie
viene inviata alla conquista di un campo d’aviazione giapponese
posto in cima alla collina dell’isola. Il gruppo di militari è
guidato dal mite capitano Staros, il quale esegue
gli ordini dell’ambizioso colonnello Tall. Durante
il lungo e sanguinoso assalto, gli uomini avranno modo di
confrontarsi tanto con il luogo che li ospita quanto con sé stessi,
interrogandosi sulla follia di quella guerra. Tra tutti,
spiccheranno le vicende del soldato Witt, del
soldato Bell e l’inevitabile scontro tra Tall e
Staros. Le loro azioni segneranno in modo talvolta imprevedibile
l’esito della missione.
La sottile linea rossa: il cast
del film
Al momento di dover produrre il
film, data la sua complessità, i produttori convinsero Malick a
coinvolgere attori particolarmente noti nel progetto. Il primo a
dichiararsi disponibile fu Sean Penn,
disposto persino a lavorare gratis pur di poter prendere parte al
nuovo film del regista. A lui è stata assegnato il ruolo del cinico
sergente Welsh. Dopo di lui, numerosi attori si proposero per
recitare in La sottile linea rossa, dando vita ad una
lunga fase di provini. Adrien Brody
finì con l’interpretare il caporale Geoffrey Fife. Questi doveva
essere uno dei protagonisti del film, ma finì con il rappresentare
poco più di un cameo in seguito ai tagli effettuati al montaggio.
Jim Caviezel dà
invece vita al soldato Robert Lee Witt, mentre Ben
Chaplin è il soldato Jack Bell.
George Clooney
interpreta il capitano Charles Bosche. Questi lavorò sul set per
due settimane, ma anche lui vide drasticamente ridotta la sua
presenza dopo i tagli di montaggio. Finì infatti con l’apparire in
scena per meno di un minuto. Woody
Harrelson, che interpreta il sergente Keck, rimase sul
set ben oltre quanto per lui previsto solo per poter osservare
Malick al lavoro. Sono poi presenti attori come John Cusack nei
panni del capitano John Gaff, Jared Leto in
quelli del secondo tenente William Whyte e John Travolta
per il brigadier generale Quintard. Nick
Nolte interpreta il tenente Tall,
mentre Elias Koteas il capitano Staros.
Numerosi sono inoltre gli attori che hanno recitato nel film e che
sono stati del tutto tagliati dal film. Tra questi si annoverano
Gary Oldman, Mickey Rourke, Viggo Mortensen e
Billy Bob
Thornton.
La sottile linea rossa: le
riprese, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Come accennato, con questo film
Malick portò le proprie particolari tecniche di ripresa a nuovi
livelli. Nei cento giorni dedicati al set, egli sperimento diversi
risultati con la luce naturale e artificiale. Non volendo attendere
per l’illuminazione giusta, decise infatti di girare la stessa
scena per tre volte, ogni volta con condizioni di luce diverse,
così da avere maggior scelta in fase di montaggio e prediligere
l’illuminazione che riteneva più adeguata ad ogni sequenza. Allo
stesso modo, durante le scene dedicate alle battaglie più crude
decise di distogliere l’attenzione da queste, come per pudore e
rispetto, e andare piuttosto ad inquadrare elementi naturali
presenti sul luogo. Tecniche come queste hanno così portato il film
ad ottenere quello spiritualismo tipico del cinema di Malick.
Per poter ritrovare tutto ciò, è
possibile fruire di La sottile linea rossa grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Amazon Prime Video e Disney+. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente, in prima visione
assoluta, nel palinsesto televisivo di martedì 2
marzo alle ore 21:20 sul canale
Rai 4.
In La sorgente
dell’amore in un ameno e sperduto villaggio arroccato
sulle montagne di un non meglio precisato paese tra il nord Africa
e la penisola arabica, le donne della piccola comunità sono
costrette a scarpinare per centinaia di metri in salita pur di
raggiungere l’unica sorgente d’acqua disponibile. Come per le loro
madri e le madri delle loro madri, così è per loro; mentre i mariti
disoccupati bivaccano al bar a bere the, le donne, giovani,
vecchie ed addirittura gravide sono costrette a questo
faticosissimo supplizio giornaliero pur di garantire acqua alla
famiglia. Tutto questo sino a quando la giovane e bella Leila
(Leila Bekhti), nata nel sud, nelle terre del
grande deserto, spingerà le compagne a dire basta e a reagire a
quello stato di cose. Leila convincerà le altre donne del villaggio
a cominciare una singolare forma di sciopero: lo sciopero
dell’amore. Come previsto gli uomini del villaggio, soprattutto i
più anziani ed i più integralisti, non la prenderanno bene e
cercheranno con ogni mezzo di intimorire e spegnere l’ardore
rivoluzionario delle agitate consorti.
Radu Mihaileanu
dirige e co-produce questo interessantissimo La sorgente
dell’amore che affronta con serietà e profondità la
questione della donna e del suo ruolo all’interno della società
musulmana. La sorgente dell’amore, che figura
nella selezione ufficiale del Festival di Cannes 2010, espone con
una certa completezza di argomenti l’attualissimo dibattito
inerente alla donna nel mondo arabo, sezionando la questione da
diversi punti di vista e confrontando le varie interpretazioni
coraniche.
E’ giusto che alla donna sia
vietato di istruirsi, di crearsi delle opinioni e di avere un ruolo
attivo nella società musulmana? E’ proprio vero che il Corano
impedisce ad essa di parificarsi ai diritti propri dell’uomo?
La sorgente dell’amore parte dalla circoscritta
lotta per l’acqua per giungere ad un dibattito dal respiro più
ampio e complesso come testimoniano gli interessantissimi dialoghi
finali tra le donne del villaggio e l’Imam locale.
Radu Mihaileanu è
un regista francese di religione ebraica che ha partorito questa
storia prendendo spunto da un episodio accaduto realmente e
recentemente in un piccolo villaggio della Turchia. Il bravo
regista francese per documentarsi a dovere sulla realtà che stava
andando a rappresentare ha trascorso diversi mesi girando e
visitando piccoli villaggi montani sparsi per il territorio
arabo; molti dei personaggi del film hanno contorni e
caratteristiche ispirati a personaggi realmente conosciuti. Ottimo
il risultato e soprattutto la scelta degli interpreti trai quali
spiccano la bella protagonista Leila Bekhti e il giovane ed aitante
marito Saleh Bakri. Interpretazioni convincenti e spontanee
accompagnate ad un’ineccepibile ricostruzione scenografica.
La sorgente
dell’amore di Mihaileanu se difetta in qualcosa è in
una lunghezza forse eccessiva ma lascia un segno importante nella
mente dello spettatore il quale ha modo di conoscere meglio e da
un’angolazione nuova una società chiusa e tanto diversa come quella
del film. Ne La sorgente dell’amore non si vuole
accusare o additare tutto il mondo musulmano, al contrario si vuole
dare voce ad un islamismo illuminato e liberale che esiste e che
l’occidente deve aiutare ad emergere.
In uscita nelle sale italiane il
prossimo 9 marzo, La sorgente dell’amore è un film
coinvolgente e ben fatto, un film che difficilmente troverete nei
multisala, ma che merita di essere cercato e visto.
Manca ancora molto all’uscita di
Venom
3, ma la Sony Pictures, svelando la sua line-up
per il 2024 al CES 2024, ha finalmente rivelato il primo logo
ufficiale del film, insieme anche a quello del
nuovo Karate Kid. Per quanto riguarda
il logo di Venom 3,
questo assomiglia ai due precedenti titoli dedicati al celebre
simbionte, ma potrebbe facilmente essere un logo temporaneo. Si
prevede infatti che, proprio come per il secondo capitolo, Venom: La furia di Carnage, anche questo terzo film
avrà un sottotitolo, per cui è lecito aspettarsi che un nuovo logo
del film verrà prima o poi fornito, comprensivo di tale
aggiunta.
Oltre a questo, come anticipato, è
poi stato presentato anche il logo di Karate Kid, un nuovo
film del franchise che
riporterà in scena il karate kid originale Ralph
Macchio e Jackie Chan, che aveva
invece recitato in qualità di maestro nel reboot. A novembre è
infatti stato annunciato che Macchio e Chan si riuniranno per
questo nuovo film nel 2024 e che è ancora in corso il casting per
una nuova star bambina che interpreti il personaggio principale. Ad
oggi non sono ancora stati rivelati altri dettagli sulla trama, per
cui non resta che attendere maggiori comunicazioni da parte della
Sony. Intanto, ecco qui di seguito i loghi presentati, riportati da
Rotten Tomatoes:
A maggio, il titolo provvisorio di
Venom 3 è stato rivelato
essere Orwell, che alcuni fan
hanno preso come riferimento a Orwell Taylor della
Marvel Comics, un ex
generale dell’esercito degli Stati Uniti che formò la squadra di
supercriminali cacciatori di Venom nota come “Jury”. Il
personaggio di Orwell ha svolto un ruolo di primo piano nella
miniserie Venom: Lethal Protector dello scrittore David
Michelinie e dell’artista Mark Bagley, che ha segnato il primo
titolo da solista di Venom quando è stato lanciato nei
primi anni ’90. In attesa di una conferma sul titolo ufficiale,
restano sconosciuti i dettagli della trama. Il film sarà
distribuito in sala dalla Sony dall’8 novembre
2024.
Oltre al ritorno di Hardy nel ruolo
di Venom/Eddie Brock, Venom 3 introdurrà la star
di Ted Lasso, Juno Temple, in
un ruolo significativo anche se sconosciuto. Anche la star di
Doctor StrangeChiwetel
Ejiofor, che interpreta lo stregone Karl Mordo nel
Marvel Cinematic
Universe, è stata confermata per il cast di Venom 3
in un ruolo a sua volta sconosciuto. Al momento della stesura,
Hardy, Temple ed Ejiofor sono gli unici tre attori ufficialmente
coinvolti nel progetto, lasciando i fan a ipotizzare se
Michelle Williams e/o Stephen
Graham torneranno per riprendere i rispettivi ruoli di
Anne Weying e il detective Mulligan dal precedente Venom ( 2018) e Venom: La furia di
Carnage (2021).
La serie tv degli anni ’70
Good Times, che negli USA ebbe una certa
popolarità, venendo in seguito diffusa in Italia da varie reti
locali, potrebbe diventare un film.
A mettere in cantiere il progetto è
stata la Sony; il progetto è attualmente seguito
da Scott Rudin, che avrebbe già individuato in
Phil Johnston (co-sceneggiatore di
Ralph Spaccatutto) la persona giusta cui
affidare la scrittura del film.
Trasmessa dalla CBS a cavallo tra il 1974 e il 1979, ambientata
a Chicago, Good Times narrava le vicende di una famiglia di colore
di ceto medio basso; del cast faceva parte, tra gli altri,
John Amos, che in seguito ha visto proseguire con
alterne fortune la propria carriera sul piccolo schermo, con
qualche apparizione cinematografica (era uno dei ‘cattivi’ di 58
Minuti per morire); del cast ricorrente faceva parte anche l’allora
giovanissima Janet Jackson, mentre ad alcuni
episodi ha partecipato Louis Gossett Jr.