In una calda domenica d’agosto
l’eclettico e brillante Kevin Spacey si è concesso
alla stampa italiana per qualche domanda in occasione dell’uscita
nelle sale italiane il prossimo 7 settembre di Baby Driver – Il genio della
fuga, il nuovo film diretto da Edgar
Wright, in cui il celebre attore statunitense interpreta
Doc, la mente geniale a capo di una gang che rapina banche.
Durante l’intervista Spacey si è
dimostrato un vero intrattenitore, esternando più volte tutta la
passione per il proprio mestiere, che non giudica un lavoro
difficile ma un vero e proprio piacere.
Contrariamente ad uno dei suoi personaggi più noti, lo spietato
Frank Underwood nella popolare serie Netflix House of Cards, Kevin Spacey ha
cercato di evitare qualsiasi riferimento alla politica nelle sue
risposte.
Tre anni fa lei, in
un’intervista all’Hollywood Reporter, aveva parlato delle
scelte della sua carriera e aveva detto che avrebbe voluto
accettare unicamente ruoli di rilievo, che non avrebbe più
interpretato il fratello di nessuno e ha proprio detto “Datemi
Martin Scorsese e un ruolo vero oppure andatevene a fanculo!”
Volevo sapere se conferma e se per questa scelta lei ritiene Edgar
Wright un nuovo Martin Scorsese del cinema?
Penso di dover collocare questa
risposta nella categoria corretta… C’è stato specificamente un
periodo nella mia carriera in cui per poter raggiungere un certo
livello, per potermi spingere oltre, dovevo smettere di
interpretare determinati ruoli. Suppongo che adesso io stia
cercando di ricostruire la mia carriera cinematografica, poiché per
un certo verso , quando mi sono trasferito a Londra per dirigere un
teatro, sono uscito dalla vista e quindi dalla mente di tante
persone di Hollywood, quindi ora mi interessa essere una parte
importante del racconto di una storia e ti posso assicurare che se
Martin Scorsese mi offrisse una parte non lo
manderei a fanculo.
Per quanto riguarda Edgar Wright, io amo i suoi
film, è brillante, molto divertente, amo l’uso della musica nei
suoi film e poi questo era un po’ il ruolo giusto per Michael
Caine, quindi come avrei potuto rifiutare? [Imitando la voce di
Michael Caine] My name is Michael
Caine!
In che modo Doc di Baby
Driver è diverso dai bad guys che lei ha interpretato
precedentemente e, secondo lei, quali sono gli ingredienti perfetti
per interpretare un cattivo?
Tu lo chiami bad guy, ma io
non lo giudico un cattivo. Quando interpreti un ruolo non è compito
mio giudicare, il mio è recitare. È il tuo lavoro giudicare, io
interpreto una persona e anche “il cattivo” non è interpretabile,
tu puoi solo interpretare azioni che compiono le persone, quello
che dicono, quello che pensano. Quindi, non è il mio lavoro.
Certamente il pubblico è molto attratto da personaggi complessi,
machiavellici; soprattutto negli ultimi vent’anni, forse da
I Soprano il pubblico è innamorato degli
antieroi.
Secondo lei per un bravo
attore è più interessante e stimolante interpretare un basista di
rapine in banca, un politico corrotto o un grande personaggio a
teatro?
È molto difficile perché è come fare
un confronto tra le arance e le mele ma se dovessi proprio fare un
paragone tra arance e mele ti direi che se queste arance e mele
fossero nel teatro allora io sarei la persona più felice al
mondo.
Lei adesso è un modello per
molti attori… Quali sono invece i suoi modelli come attore e come
persona?
Io sono stato molto fortunato poiché
mia madre amava il teatro e il cinema e mi ha fatto conoscere una
varietà di talenti incredibili che sono diventati i miei modelli:
Henry Fonda, Katharine Hepburn, Spencer Tracy, Rosalind
Russell, Cary Grant, James Stewart, Bette Davis, la lista
è molto lunga…
Come modelli di persona sono stato
molto fortunato ad avere Jack Lemmon nella mia
vita quando ero molto giovane e ho avuto la possibilità di lavorare
con lui in quattro occasioni differenti, una persona di
un’influenza incredibile. Inoltre citerei Joseph
Papp, che diresse il New York Shakespeare Festival,
Alan J. Pakula, uno dei primi registi che si è
battuto per me e questi sono solo alcuni di loro…
Lei in Baby Driver
è doppiato da Roberto Pedicini. Ha mai ascoltato la sua voce
italiana? Cosa ne pensa del mondo del doppiaggio, visto che anche
lei ne ha fatto parte in diverse occasioni?
Chiederei per prima cosa quali altri
attori doppia.
Jim Carrey, Javier
Bardem…
Perché una volta ho conosciuto una
persona ad una festa al festival di Berlino ed era molto entusiasta
di incontrarmi e mi disse: “Io sono te!” e continuava a ripeterlo
aggiungendo “io sono la tua voce in tutti i tuoi film in Germania,
e sono inoltre Robert De Niro e Sean Connery”. Così io dissi:
“quindi se faccio un film con De Niro e Sean Connery tu fai
entrambi”. Non ho conosciuto questo doppiatore italiano ma farò in
modo di non girare mai un film con Jim Carrey.
C’è una tipologia di ruolo
che non prende in considerazione, che non le interessa
interpretare?
Lei prima ha parlato degli antieroi, della fascinazione del
pubblico per queste figure… Crede sia così anche nella vita reale,
che è finita l’epoca del buonismo e ci affidiamo agli
antieroi?
Le uniche parti che non voglio
accettare sono quelle che sono scritte male. Non mi censuro per
nessun tipo di ruolo. Qualche volta la gente crede che io o
comunque gli attori siamo lì a scegliere i ruoli: George Clooney
interpreta questo ruolo, Brad Pitt quest’altro, io un altro ancora,
non funziona così. Io posso solo interpretare le parti che mi
vengono offerte e quelle che io magari in quel momento sono libero
di poter fare. Io sono aperto a tutti i tipi di ruoli. L’unica cosa
che mi spaventa veramente è la stupidità, non ho paura di
nient’altro.
Per la seconda domanda, non ho idea.
Intuisco che sia un modo molto intelligente per farmi una domanda
politica.
Tornando a Baby
Driver, so che ha recitato a tempo di musica. Ci può
raccontare com’è andata?
Certo. Quando abbiamo letto la
sceneggiatura per la prima volta, abbiamo ascoltato tutti i brani
della colonna sonora, poiché tutta la musica era già stata scelta.
Quindi, quando la leggi è come se la ascoltassi e si tratta di una
lettura molto sexy e poi ci sono scene in cui Edgar voleva che
fisicamente seguissimo il ritmo della canzone, avevamo delle
cuffiette e potevamo recitare come se qualcuno ci desse il tempo,
facevamo tutta la parte fisica fino all’inizio del dialogo quando
la musica si fermava ed era come una specie di danza.
In Baby Driver la
sua voce è al centro di uno dei brani, dato che viene remixata dal
protagonista, quindi volevo chiederle se aveva qualche curiosità in
merito. Poi volevo sapere qualcosa sulla sua esperienza da
produttore, per esempio per Manhunt?
Adoro! Voglio essere un mixtape.
Come produttore, quello che amo di
questo lavoro è essere un facilitatore, mettere insieme figure:
trovare il regista, gli attori, lo sceneggiatore. Mi piace
assistere al processo, fidarsi delle persone che hai assunto e
lasciarle lavorare. Per dodici anni ho fatto questo lavoro qui,
come direttore artistico dell’Old Vic e credo sia una cosa
bellissima vedere il progetto che prende forma. Anche per
Unabomber è stata una bellissima esperienza e penso che
sia una serie fantastica.
Lei ha interpretato vari
ruoli importanti, dal marito di famiglia che si masturba in doccia
fino ad arrivare al politico amorale? Qual è stato, secondo lei, il
ruolo più difficile?
[Ride fragorosamente] Mi piace come
descrivi i miei ruoli. La masturbazione è stata piuttosto
difficile. Comunque non so, penso sia improprio per un attore
parlare di un ruolo difficile, non lo è, è maledettamente
divertente, è un piacere, è una gioia andare al lavoro ogni giorno
e fingere per vivere. Ho fatto un monologo una volta a teatro in
cui il personaggio racconta che a dieci anni il padre l’aveva
mandato a lavorare in una giornata caldissima per coltivare le
patate. È stato lì ore e ore a girare la terra per queste patate,
poi ha deciso di fare altro e si è cominciato ad occupare di studi
legali e da quel giorno non ha più lavorato un solo giorno in vita
sua.
di Ivana Ziello