Giuro che ieri alla festa ci volevo andare davvero. Una volta tanto, che dopotutto, mi son detto, siamo quasi verso la fine e pure se mi distruggo un po’ sticazzi, me lo sono meritato.
Mi ero ingiacchettato e incravattato, spalmato la barba di olio profumato, pettinato i capelli, lucidato gli occhiali, rinfrescato le parti basse. Una specie di Tony Manero lidense, magari meno scattante in pista da ballo ma comunque pronto a folleggiare per tutta la notte. Ovvero dalle 23.00 (orario infausto in cui iniziano le feste qui a Venezia) alle 23.30 (orario infausto in cui mi piglia una cecagna che nemmeno se mi bombo di Rohipnol), ma va bene, ci voglio andare. Davvero.
La festa ha luogo praticamente a Treviso, ma parte una comoda navetta ogni mezz’ora. Che cavolo, mica si può sempre essere asociali. Mi affaccio al balcone. Scroscia che Nicolas Cage la manda. Ma proprio il diluvio, come qui non s’era mai visto né quest’anno né mai. I taxi sono irraggiungibili, lo starting point della navetta che ve lo dico a fà. Mi spiace ragazzi, ho sbagliato tutto. Una volta che ci volevo venire scroscia.
Ecco perché è meglio che non insistete, quando dico ‘no dai, non ce vengo alla festa. È meglio per tutti’. Vado a letto e sogno roba alla Aronofsy, evidentemente il temporale mi turba. Stamattina fatico ad alzarmi dal letto ma ormai siamo sostanzialmente alla fine.
Il Lido si svuota come i testicoli di un bufalo dopo l’accoppiamento e sul gran viale che porta all’Excelsior ci siamo solo io, dei portantini sudati e un brachiosauro di plastica, con cui scatta selfie per supplire a quello mancato con Sam Neill, noto protagonista di Jurassic Park che un po’ come Landis ha prestato la sua immagine a tutti, pure ai peggio stracciaculi in giro per questa palude di tristezza, ma non a me. Ma chi se ne frega. Che te ne fai di un selfie con Sam Neill quando hai un fottuto selfie con un fottuto brachiosauro? Al Jurassic Park, come al Lido, si sa, chi è che comanda la Terra.
I film sono finiti e già posso dire che mi porterò nel cuore- oltre ai deliri di Darren Aronofsky, che mi svegliano di notte – l’amore sconfinato tra vecchiacci di Virzì, la spietata crudezza di Clooney e la favola zoofila di Guillermo del Toro. Gli altri me li so già scordati quindi non fate che me chiedete come sono quando torno a Roma perché è come quando esci dall’esame e ti chiedono ‘che ti ha chiesto?’. Non te lo ricordi mai.
Siccome oggi è anche la giornata in cui ci tempestano di comunicati con i premi collaterali dai nomi più buffi e immaginabili possibili, in attesa del gran finale è ora che a dare i nostri attesissimi premi ci pensiamo pure noi. Dobbiamo farlo in maniera compita e professionale, quindi ci ubriacheremo a merda, alla faccia delle coliche.
Ang
Anche io volevo andare alla festa, non che non sia andata alle altre ma ve lo dicevo ieri, io me diverto di più quando c’è Ang. Poi ieri per dire era pure una festa comoda, di quelle che nessuno chiama i servizi segreti per scoprire se la persona che porti con te (è che è visibilmente una persona a modo, che lavora al festival, che ha accredito, e soprattutto dentro ce so 10 stronzi ed è mezzanotte, abbiamo giàccenato e non ambiamo a morì come ne La grande abbuffata) è un tagliagole pagato da qualcuno che entra solo per prendere a mozzarelle de bufala in faccia cantanti neomelodici.
Ma come già raccontato sopra, è successa una cosa nuova: è venuta giù tutta l’acqua del Comune di Roma (e detto tra noi nonostante qua le secchiate non manchino rimane un mistero come la sala stampa a volte oscilli tra l’olezzo di un kebabbaro e l’odore dello zoo safari di Fasano). Ma va bene. Insomma ieri io e Ang ci mandavamo messaggi sul meteo che se ci intercettavano li rivendicava l’ufficio stampa dell’isis come istruzioni strategiche per annegare il Molise, indecisi se rischiare o tagliare. Alla fine abbiamo capito che era meglio andare a dormire che nuotare nel guano più di quanto non si nuoti in questi giorni.
Torniamo al cinema, manca poco per capire come andrà a finire il Festival. Oggi giornata dedicata all’ultimo italiano in concorso, Andrea Pallaoro, che presenta al lido la sua ultima fatica, Hannah. Capiamo dopo 20 minuti anche noi lo sforzo. Lui è un regista italiano che lavora all’estero, che tutti invidiano con livore perché fino a ieri i suoi film li guardava con fatica anche la fidanzata, e oggi si ritrova per magia ad avere Charlotte Rampling nel cast.
Ovviamente tutti, per l’invidia di cui sopra, lo chiamano Palla Oro (aggiungendoci anche un ‘gnè gnè gnè’ di matura disapprovazione) mentre lui sostiene di chiamarsi Pallàoro, con l’accento sulla à. Che è un po’, diciamocelo, come la storia di ieri di Mastranzo e Mastronzo.
Ma noi gli italiani li amiamo, quindi oltre ai soliti premi che domani la gran giuria autonominata e che non ha nessuna autorità composta da Ang, me, un Marinelli qualsiasi e qualsiasi persona abbia il cognome oscilli tra Mainetti e Manetti, assegnerà i classici premi ai quali siete abituati, il prestigioso premio GCCMNF in primis, l’ ICEFAC assieme alla gran presidentessa di giuria Cristiana Paternò, la Coppa Polpi, il Tardo d’oro, il Collammare e poi ci pensiamo domani in base ai un corposo brief davanti a un paio di Spritz, che finalmente stasera Ang mi farà l’onore di ingurgitare perché calcoli o no, come dice Marilena Vinci, ‘troppa acqua fa ruggine’ . A voi fedeli sedici lettori anticipiamo che a Pallaoro abbiamo deciso di nominare un premio, che ovviamente si chiama Palla d’oro. State con noi, dopo una sbronza professionale vi spoileriamo la lista come se fosse la trama di It.
Vì


Il personaggio di Corrado Sassi è in realtà l’alter ego del protagonista, per stessa ammissione dell’attore, che spiega: “Io sono la parte più nascosta di un personaggio che ha un ruolo più riconosciuto.”


Comunque, qui al Lido c’erano sia Gabriele Mainetti – noto per Lo chiamavano Jeeg robot ma qui presente per aver prodotto un corto di Claudio Santamaria come regista. Guardacaso proprio Claudio Santamaria – che i Manetti Bros., che invece come vi dicevo ieri portavano il loro film, Ammore e Malavita, con Giampalo Morelli, guardacaso proprio Giampaolo Morelli. Anyway, cosciente dei miei limiti, per tutta la giornata mi sono ripetuto: “Stai seguendo i Manetti, non scrivere Mainetti. Stai seguendo i Manetti, non scrivere Mainetti. Stai seguendo i Manetti, non scrivere Mainetti. Stai seguendo i Manetti, non scrivere Mainetti” come se fosse un mantra. L’ho detto anche in redazione: “Oh ragà, è pazzesco. Mi confondo sempre tra i Manetti e Mainetti, non trovate sia buffo?”. Tutti a ridere. Purtroppo qualcuno ha nominato Gabriele Mainetti mentre stavo concludendo il pezzo e scrivendo il titolo.
Ha constatato che, nonostante il loro handicap, le persone non vedenti lavorano, fanno sport, viaggiano, fruiscono di film e di cose che nell’immaginario comune sono godibili solamente di chi può vedere. Soldini afferma “Mi sono poi reso conto che al cinema non avevo mai visto niente di tutto ciò, che i ciechi erano spesso dipinti in modo drammatico, scontato, o con dei quasi super-poteri. Così ho deciso di filmare una storia d’amore con una non vedente come accade nella vita. Raccontare l’incontro tra due mondi lontanissimi, di un uomo che cambia, del coraggio di affrontare la vita, con leggerezza e profondità. E raccontare Emma e Teo come fossero due di noi, due persone amiche”.















Mi metto un attimo in balcone, che devo dire la vista della casa che ho qui al Lido non è niente male, dà direttamente su uno dei canali principali – per cui occhio che vi sento, quando parlate male dei colleghi tornando a casa a tarda notte ubriachi come merde, voi non mi vedete ma io, dal balcone, sì – in cerca di ispirazione. Magari mi viene voglia di uscire, hai visto mai.
Detto questo visto che continuavo a sentirmi poco a mio agio e pressata come una fetta di lattuga in un hamburger mi guardo intorno con orrore, e a un certo punto ho temuto persino che si fosse imbucato Aronofsky e al suo tre tutta quella gente iniziasse a sbranarmi come un pollo allo spiedo, per cui al minimo cenno delle mie amiche di andarcene scodinzolo come un Labrador. Ci dormo (male) su. Stamattina me facevano male pure le ciglia ma decido di andare comunque a vedere i Manetti, e mentre stavo per rimuovere una frase in particolare mi rievoca l’esperienza carnaio di ieri, fa più o meno così ‘per loro l’umanità è come a pummarola ncopp o spaghetto avvongole. Non conta nu cazz’.

