Il Premio Oscar Gabriele
Salvatores arriva a Giffoni con Ludovico
Girardello protagonista de Il Ragazzo Invisibile – Seconda
Generazione per incontrare i ragazzi del Festival
e tenere una masterclass. A Giffoni sarà proiettato anche Denti,
film del 2000 con Paolo Villaggio che ricorda con emozione:
“Era un grandissimo attore e un amico, era un grande attore
comico – sottolinea – perché aveva innato il senso tragico della
vita”.
Alle domande sul suo prossimo film
dice: “Uscirà a gennaio e sarà accompagnato da una serie di
iniziative collaterali. Ci sarà una graphic novel con la Panini e
molto probabilmente uscirà il secondo capitolo del libro. Stiamo
ultimando gli effetti e ricreando alcuni passaggi in 3D. Nel
frattempo dal precedente a questo il nostro protagonista è
cresciuto e senza fare troppe anticipazioni – aggiunge – scoprirà
di avere una sorellina un po’ “infiammabile” e due madri, una
biologica e l’altra adottiva – questo secondo film ha un andamento
emotivo molto forte e più dark del primo”.
A venti anni di distanza da
Nirvana (1996) Salvatores spiega come all’epoca
non si conoscevano le potenzialità della rete. “L’approccio
alla fantascienza mi viene naturale. Per capire la realtà non basta
la ragione e oggi capire il confine tra realtà a finzione non è
facile. Il cinema ha un grande potere, quello di far apparire le
ombre di Platone vere. Il cinema ha il potere di evocare i fantasmi
come diceva Jacques Derrida, e per questo la sala cinematografica
non morirà mai – asserisce con convinzione Salvatores. Il ragazzo
invisibile gioca con il tema dei supereroi e cita Gramsci per
affermare che per capire la realtà non basta la ragione. Nel primo
film il protagonista scopriva il superpotere, nel secondo il tema è
come usare i superpoteri, cosa farne e come capire il confine tra
giusto e ingiusto, tra bene e male”.
Il ragazzo invisibile seconda generazione: il teaser
trailer del film di Gabriele Salvatore
Parlando di un certo cinema che si
ispira a storie realmente accadute Salvatores spiega che per lui
“il cinema non ha più solo la funzione di essere una finestra
sulla realtà. Una storia vera ti lega alla presa diretta e la
televisione, se ben fatta, assolve a questo compito. Apprezzo molto
Dolan perchè è molto bravo a coniugare lo sguardo sulla realtà con
la dimensione emotiva andando oltre il realismo. Nel mio film c’è
uno sguardo introspettivo, un ritmo serrato ed è più spettacolare
del primo. Ne sono fortemente innamorato. Sto intraprendendo alla
soglia dei 67 anni (li compirà il 30 luglio) un viaggio che
scompagina la struttura classica della sceneggiatura.”
Alla domanda se ci sarà la
continuazione di Italy in a Day, il documentario
che nel 2014 realizzò con la Rai, a partire da una campagna
pubblicitaria online che chiedeva alle persone di riprendere alcuni
momenti della propria giornata, Salvatores ha detto che ne sarebbe
contento e che “sarebbe potuto e potrebbe diventare un
appuntamento annuale ma – sottolinea – per questo servirebbe la Rai
a cui peraltro abbiamo proposto il progetto ma ad oggi non se ne è
fatto nulla. Gli avevamo proposto il tema del Capodanno. Farei
Italy in a Day di nuovo”.
Parlando dei progetti futuri
Salvatores dice: “Sto lavorando a un film americano, sarebbe un
ritorno al road movie raccontando un rapporto tra padri e
figli”. A proposito de Il Ragazzo Invisibile
non esclude che ci possa essere un terzo episodio. “In un
momento in cui i ragazzi vogliono la visibilità attraverso i social
abbiamo scelto questo super potere perché il più economico e non si
vende.”
Tra i più abili registi italiani vi
è senza ombra di dubbio Gabriele Muccino, profondo
conoscitore del mezzo cinematografico che negli anni ha portato al
cinema la storia di un’Italia, e di italiani, in piena
trasformazione. Con le sue storie corali e ricche di passioni, il
regista ha conquistato critica e pubblico, riuscendo anche a
compiere il salto in quel di Hollywood, dove ha avuto modo di
realizzare più di un film.
Ecco 10 cose che non sai su
Gabriele Muccino.
I film di Gabriele Muccino
1. Ha scritto e diretto
lungometraggi in Italia e negli Stati Uniti. Muccino
debutta alla regia nel 1998 con il film Ecco fatto,
ottenendo maggior popolarità con l’opera seconda Come te
nessuno mai (1999). Il successo arriva con il film
L’ultimo bacio (2001). Dirige poi Ricordati di me
(2003), mentre con La ricerca della
felicità compie il suo esordio statunitense, collaborando
con l’attore Will
Smith, che dirige nuovamente in
Sette anime (2008). Torna poi in Italia per realizzare
Baciami ancora (2010), sequel del suo celebre film. Negli
Stati Uniti realizza poi altri due film Quello che so
sull’amore (2012) e Padri e
figlie (2015). Con L’estate
addosso (2016) torna in Italia, ottenendo poi un altro
grande successo con A casa tutti
bene (2018), di cui poi realizza anche la
serie. Nel 2020 realizza Gli
anni più belli, dove dirige alcuni tra i suoi attori
feticcio, come Pierfrancesco
Favino e ClaudioSantamaria, in aggiunta a Kim Rossi
Stuart e MicaelaRamazzotti.
2. Per i suoi film ha
ottenuto importanti riconoscimenti. Nel corso degli anni
Muccino si è affermato come un regista particolarmente apprezzato
dalla critica, che ne ha in più occasioni premiato l’opera
artistica. Con L’ultimo bacio, infatti, ha vinto il David
di Donatello come miglior regista, mentre nel 2008 riceve un David
speciale per i suoi successi negli Stati Uniti come autore e come
regista. Nel 2019, infine, vince la prima edizione del David dello
spettatore con il film A casa tutti
bene, premio assegnato ai più grandi successi della
stagione.
Fino alla fine, l’ultimo film di Gabriele Muccino
3. Ha girato lo stesso film
due volte. Nel 2024 Muccino torna al cinema con Fino alla
fine (qui
la recensione), il suo nuovo film incentrato su una ragazza
americana che vive una pericolosa avventura di una notte insieme a
quattro ragazzi palermitani.
Come raccontato da Muccino, il film è stato girato due volte:
una prima volta interamente in lingua inglese, per il mercato
internazionale; e una seconda volta con l’alternanza di lingua
inglese, italiano e dialetto siciliano, cosa che ha fatto esaltare
le difficoltà di comunicazione tra i protagonisti.
Gabriele Muccino e Elena Kampouris in Fino alla fine. Foto di
Valentina Glorioso.
Il figlio di Gabriele Muccino, Ilan, fa parte del cast di
Amici 2024
4. Suo figlio è un
cantante. Ilan, figlio del celebre regista
Gabriele Muccino, è uno dei talenti scelti per la
ventiquattresima edizione di Amici di Maria De Filippi. Ha
infatti presentato il suo inedito Inverno proprio durante
la sua prima esibizione ad Amici, dove grazie alle sue capacità
interpretative e al suo talento autoriale viene scelto come allievo
da Rudy Zerbi.
La vita privata di Gabriele
Muccino
5. Si è sposato più
volte. Muccino è stato sposato una prima volta dal 2002 al
2006 con Elena Majoni, mentre dal 2012 è sposato
con Angelica Russo. Per entrambi i matrimoni,
Muccino ha mantenuto particolare riserbo, evitando di condividere
dettagli privati sui social o con i media.
6. Ha tre figli. Il
regista ha avuto un primo figlio, Silvio Leonardo,
nato nel 2000 da una relazione avuta con Eugenia F. Di
Napoli. Nel 2003, durante il matrimonio con Elena
Majoni, nasce il secondo figlio, chiamato
Ilan. La prima figlia femmina nasce invece nel
2009, avuta con l’attuale moglie Angelica
Russo.
Gabriele Muccino e suo fratello
Silvio Muccino
7. Suo fratello è un noto
attore. Muccino ha un fratello minore, Silvio, divenuto
negli anni un noto attore. Questi esordisce al cinema proprio come
protagonista del film Come te nessuno mai, per poi
collaborare nuovamente con il fratello per i film L’ultimo
bacio e Ricordati di me.
8. Da anni non si parla con
il fratello. Come noto, il rapporto tra Gabriele e Silvio
non è dei migliori. Quest’ultimo accusò pubblicamente il fratello
maggiore di essere una persona violenta e da lì ebbe inizio una
lunga battaglia legale che ha contribuito ad allontanare i due. Ad
oggi il legame sembra irrecuperabile e Silvio Muccino ha di molto
ridotto i suoi lavori come attore.
Gabriele Muccino è su Instagram
9. Ha un account
personale. Il regista è presente sul social network
Instagram con un proprio profilo, seguito da 326 mila persone.
All’interno di questo Muccino è solito condividere immagini e video
promozionali dei suoi progetti cinematografici, ma non mancano
anche affascinanti dietro le quinte estratti dalle riprese dei suoi
film.
L’età e l’altezza di Gabriele
Muccino
10. Gabriele Muccino è nato
aRoma, in Italia, il 20 maggio 1967. Il
regista è alto complessivamente 182 centimetri.
Gabriele Muccino ha
fatto molto parlare di sé nelle ultime ore a causa di una sua
dichiarazione abbastanza “scooda” affidata a Facebook. La questione
presa in esame dal regista è nientemento che il rapporto tra
Pier Paolo Pasolini, di cui ricorre il
quarantesimo anniversario della morte, e il cinema, o meglio, la
figura di regista.
Ecco cosa ha scritto Muccino:
Pier Paolo Pasolini,
regista.
Leggo tanto di lui in questi
giorni, ovunque. Lasciatemi dire la mia, ciò che penso da quando
iniziai a sognare di diventare, un giorno, regista. Avevo
diciott’anni e avevo tantissimi riferimenti che ancora oggi sono
rimasti tali e altissimi. So che quello che sto per dire suonerà impopolare e forse
chissà, sacrilego? Ma per quanto io ami Pasolini pensatore,
giornalista e scrittore, ho sempre pensato che Pasolini regista
fosse fuori posto, anzi,
semplicemente un “non” regista che usava la macchina da presa in
modo amatoriale, senza stile, senza un punto di vista meramente
cinematografico sulle cose che raccontava, in anni in cui il cinema
italiano era cosa altissima, faceva da scuola di poetica e racconto
“cinematico” e cinematografico in tutto il mondo.
In quegli anni Pasolini regista aprì involontariamente le porte a
quella illusione che il regista fosse una figura e un ruolo
accessibile a chiunque, intercambiabile o addirittura
improvvisabile. La dissoluzione dell’eleganza che il cinema
italiano aveva costruito, accumulato, elaborato a partire da
Rossellini e Vittorio de Sica per arrivare a Fellini, Visconti,
Sergio Leone, Petri, Bertolucci e tanti, davvero tanti altri
Maestri, rese il cinema un prodotto avvicinabile da coloro che il
cinema non sapevano di fatto farlo. Non basta essere scrittori per
trasformarsi in registi. Così come vale anche il contrario. Il
cinema Pasoliniano aprì le porte a quello che era di fatto l’anti
cinema in senso estetico e di racconto. Il cinema italiano morì da
lì a pochissimi anni con una lunga serie di registi improvvisati
che scambiarono il cinema per qualcos’altro, si misero in conflitto
(come fece Nanni Moretti) con i Maestri che il cinema lo avevano
nutrito per decenni e di fatto distrussero con tutti quelli che
seguirono quella scia di arroganza intellettuale rifiutando anzi
demolendo la necessità da parte del Cinema di essere un’arte
POPOLARE e lo privarono, di fatto, di un’eredità importante che ci
portò dall’essere la seconda industria cinematografica più grande
al mondo ad una delle più invisibili.
Con legittimo e immenso rispetto
per Pier Paolo Pasolini poeta e narratore della nostra società
quando ancora in pochi riuscivano a interrogarla, provocarla e
analizzarla, il cinema è però altra cosa.
Il regista Gabriele
Muccino commenta il discorso fatto agli Oscar del collega
Paolo Sorrentino, che secondo lui avrebbe dovuto
ringraziare anche Medusa Film che ha
finanziato e distributore del film. Il regista scrive sulla sua
pagina ufficiale di facebook che al suo posto
avrebbe ringraziato la casa che ha finanziato il film,
sottolineando che per molti anni ha finanziato altri grandi film e
merita riconoscimento:
Nei ringraziamenti di Paolo
Sorrentino ne è mancato uno che io avrei fatto. Ovvero a chi ha
finanziato e distribuito il suo film. La Medusa. La Medusa è
stata per decenni la Casa dei più grandi autori italiani. Ha
finanziato e distribuito enormi successi. Conquistato grandi premi,
fatto esordire importanti registi. Oggi ha finanziato La Grande
bellezza e portato a casa un Oscar. Ma nessuno che l’abbia
nominata. Eppure un film non è un quadro né una poesia. Un film ha
bisogno di coraggio e denari da parte di chi vuole investire nel
cinema.
Ma non sol, il regista parla
anche dello stato attuale che la Medusa Film non
propriamente positivo, anche se nell’ultimo periodo ha centrato una
serie di successi al botteghino:
Medusa sta subendo una lenta
indecifrabile morte per eutanasia da parte della gestione del suo
padrone. Berlusconi avrà forse legittime ragioni per asfissiare
quella che fino a pochissimi anni fa era la più importante, insieme
a Rai Cinema, casa di produzione e distribuzione del cinema
italiano. Un paese senza cinema e senza cultura è un paese povero,
con meno energia, meno lavoro, meno prestigio e una statura sempre
più piccina.
“Mi auguro che questo Oscar vinto da Paolo […] faccia
rivedere i piani di demolizione di una delle pochissime ma migliori
cose che Berlusconi abbia costruito nei suoi migliori anni: Il
Cinema libero e senza bandiere e propaganda. Ma solo cinema. A
volte grande davvero.”
Più che una conferenza, è stato un
vero e proprio sfogo per il regista Gabriele
Muccino, l’incontro con la stampa italiana questa
mattina a Roma. Il regista romano,
Dopo l’avventura seriale con
A casa tutti bene, Gabriele
Muccino torna al cinema con Fino alla
fine, suo nuovo lungometraggio dopo Gli
anni più belli, con il quale esplora non solo quella
giovinezza che tanto gli è cara, ma anche nuove declinazioni del
suo cinema. Il film, distribuito in sala dal 31
ottobre, offre infatti un racconto che dal dramma sfocia
nel puro thriller d’azione, senza mai dimenticare quella componente
sentimentale composta da passioni irresistibili e
incontenibili.
Protagonista del film è
Sophie (Elena Kampouris), una
giovane americana reduce da una vita di sacrifici e dolori. Durante
una vacanza a Palermo con la sorella, nelle ultime 24 ore prima del
ritorno in California, incontra Giulio
(Saul Nanni) e il suo gruppo di amici siciliani.
Desiderosa di vivere fino in fondo, Sophie decide di scegliere di
camminare sull’orlo del baratro. In questo labile confine tra vita
e morte, Sophie verrà risucchiata dal fascino del pericolo,
commettendo errori che marchieranno la sua vita, cambiandola per
sempre.
“Io sono i miei film”
“La mia vita professionale è
stata particolarmente ricca di esperienze, ma ogni film che faccio
è come tornare al punto di partenza. È un’esperienza masochistica,
perché mi metto nella condizione di essere giudicato e io da
adolescente balbettavo e temevo molto il giudizio altrui. –
racconta Gabriele Muccino, introducendo il
suo nuovo film alla Festa del Cinema di
Roma – Pensai quindi di fare cinema per riuscire
a comunicare attraverso i film ciò che non riuscivo a dire in altro
modo.Così facendo, in realtà, ho finito per ricadere
nella trappola da cui cercavo di fuggire”.
“Faccio film per raccontare chi
sono e cosa vedo ma sono di nuovo terrorizzato dal giudizio che i
miei film possono ricervere, per cui ho capito che semplicemente
non riuscirò mai a sfuggire da questo schema. – afferma
Muccino – Di certo, però, fare cinema mi ha salvato la vita.
Quasi tutti i miei film raccontano il mio modo di vedere e stare al
mondo. Mi sono mimetizzato nei miei racconti e attraverso di essi
riesco a fare ciò che altrimenti non potrei e quindi ad esorcizzare
certe paure”.
Gabriele Muccino e Elena Kampouris in Fino alla fine. Foto di
Valentina Glorioso.
“Fino alla fine non è da meno. È
il risultato della mia voglia di uscire dalla mia comfort zone, di
fare qualcosa di diverso dal solito. Non cambio rotta, non cambio
genere, per me anche L’ultimo bacio ha un che di thriller, ma di
certo ho cambiato la declinazione del linguaggio, mi sono spostato
oltre ciò che mi è proprio e anche oltre il buonsenso, un po’ come
fanno i protagonisti del film. Insomma, con questo nuovo film mi
sono completamente lasciato andare all’ignoto”.
Scavare nell’animo umano
Muccino passa dunque poi a parlare
del nuovo film, partendo da ciò che lo ha spinto a realizzarlo,
affermando a riguardo: “Di certo so che da tempo volevo
realizzare un thriller puro, o comunque un film con un morto, per
entrare in un territorio spaventoso che non conosco ma che mi
intriga.La serie A casa tutti bene mi ha preparato a
questo momento e anzi ho capito che mi piaceva lavorare su questi
toni e così da lì sono partito per concepire Fino alla fine”. “Era
anche da tempo che volevo realizzare un film con protagonista una
donna, creatura misteriosa e indecifrabile che cerco qui di
proporre attraverso quante più sfumature possibili”.
Il cuore del racconto, però, è
sempre quello: “L’animo umano”. “Ciò che siamo oggi è
il frutto di quanto costruito per millenni sulle atrocità, sulla
necessità di autoproteggersi, di prevaricare. Siamo tutti forieri
di qualcosa di oscuro, pronto ad emergere. Siamo tutti cacciatori o
prede e le circostanze ci trasformano nell’una o l’altra cosa. I
protagonisti di questo film scelgono consapevolmente e pur potendo
in più occasioni tirarsi fuori dalle brutte situazioni scelgono di
andarvi a fondo in quanto ciò li fa sentire vivi.
“Le scelte sono una cosa molto
delicata. Non sapremo mai cosa sarebbe potuto accadere se avessimo
deciso una cosa invece di un’altra. Anche le piccole scelte possono
condizionare come un effetto domino tutto quello che verrà dopo. Il
punto è che le scelte che facciamo sono dettate dal nostro
subconscio, dalla formazione che abbiamo vissuto, dalle ferite che
abbiamo riportato. Crediamo di avere il controllo delle nostre
scelte, ma stiamo solo mentendo a noi stessi“, conclude il
regista.
Enrico Inserra, Francesco Garilli, Lorenzo Richelmy, Elena
Kampouris e Saul Nanni in Fino alla fine. Foto di Valentina
Glorioso.
Un film girato due volte
Fino alla fine,
afferma Muccino, è un film unico. Anzi, due film unici. “Quando
ho scelto Elena per il ruolo di Sophie, non sapevo ancora quanto
fosse speciale. – ha spiegato il regista – Solo in
seguito, guardando i film e le serie che aveva realizzato ho
scoperto che è in grado di parlare più lingue e riuscire ad
esprimere così sfumature sempre nuove del suo talento. È a quel
punto che le ho chiesto di assecondarmi in una follia: girare il
film due volte. Le ho chiesto di imparare l’italiano, così abbiamo
potuto girare una versione diFino alla
finetutta in inglese per i mercati
internazionali e una dove l’inglese si mescola all’italiano da
distribuire nel nostro paese.
“Sono due film identici, ma in
quello con la doppia lingua c’è l’elemento in più del gap
linguistico che torna estremamente funzionale per certe scene. Mi
ha inoltre permesso di evitare il doppiaggio, che avrebbe invece
appiattito le differenze tra Sophie, Giulio e i suoi amici, un
contrasto che non volevo assolutamente perdere”, afferma
Muccino. “Così facendo, – conclude il regista – credo
di essere riuscito a restituire anche tutto il caos interiore che
questa giovane avverte mano mano che le cose prendono pieghe
inaspettate”.
Gabriele
Muccino non vuole abbandonare l’altra sponda
dell’Atlantico, dopo aver realizzato il suo sogno americano:
arrivare al successo grazie all’incursione hollywoodiana con
La ricerca della felicità e
Sette anime. Quello che so sull’amore (Playing
for Keeps) uscirà in Italia il 29 novembre e racconta
la storia di una ex star del calcio (Gerard
Butler) che, dopo il ritiro, trascorre la sua vita tra
ricchezza e frivolezze.
Alla fine ha
ceduto, Gabriele Muccino, ed è andato al cinema a
vedere Captain America Civil War. Il
regista italiano conosciuto anche all’estero ha però avuto una
brutta esperienza al cinema, tanto che a circa metà proiezione ha
lasciato la sala, ormai insofferente di fronte a quello a cui stava
assistendo.
Alla fine sono andato. Sono andato ieri a vedere Captain America Civil war. E devo
dirlo, non sono riuscito a vederlo tutto. Mi ha talmento depresso
l’idea di disattivare la mia mente
del tutto pur di diventare un demente fruitore di un simile B movie
che alla fine mi sono liberato di quella tortura che attanagliava
la mia vista e sono uscito dal cinema pur di riveder le stelle e
sentire di nuovo me stesso e potermi illudere che il cinema non sia
davvero diventato tanto di scarto. Il cinema drammatico è stato
completamente scippato al cinema da Netflix e questo si sa. Quello di qualità viene
confinato e ammassato nei tre mesi antecedenti alla stagione degli
Academy che va da settembre a dicembre, durante la quale escono
circa 40 film di cui almeno l’ 80 percento rimane del tutto sotto
il radar e lontano dalla possibilità di essere conosciuto dal
pubblico, eppur famelico del cinema di qualità che ancora c’è, lì
fuori. Tutto quel che resta in giro, quasi tutto, è spesso privo,
appunto, di tutto.
Se non c’è un Art House vicina, e per vicina intendo entro i 30
kilometri, se parliamo di Los Angeles, non c’è modo di andare al
cinema senza finire quasi inesorabilmente intrappolati in un bel
Multiplex incolore e nella fruizione passiva e inaffettiva di un
film che va ben oltre l’accettabilità della necessaria
commerciabilità del prodotto. Captain America e con esso tutto il
franchising che sta divorandosi Hollywood, diventa amnesia del
cinema e di cosa esso possa e debba rappresentare. Il Batman di
Nolan piuttosco che l’Iron Man di Favreu sono ormai pezzi di una
scialuppa lontana e alla deriva. Il nuovo franchising, lanciato da
quei film circa dieci anni fa, è ormai l’ammucchiata di Avengers
che si prendono a botte dall’inizio alla fine senza che a te, e
parlo per me, si intenda, possa fregare di meno.
E allora si torna casa, si accende Amazon, Netflix e si scarrella
alla ultima e urgente ricerca di qualcosa di bello da vedere. E
quando lo si trova, si tira un respiro e si guarda finalmente un
FILM.
È chiaro che, per molti versi, il
regista ha le sue ragioni. Noi stessi (Cinefilos.it) abbiamo più
volte sottolineato la mancanza, negli ultimi cinecomicsMarvel, di racconto e pathos, la
mancanza di tutte quelle strutture, tecniche e artistiche, nonchè
emotive, che fanno il cinema. Sembra tuttavia quantomeno cattivo,
da parte del regista, ignorare il lavoro e la perizia tecnica che
comunque esiste in prodotti a grande budget come il film Marvel in questione. Considerato
poi che la sua recente filmografia non brilla per prodotti che si
possono annoverare nell’Olimpo dei FILM, come li chiama lui, sembra
oltremodo insensata una posizione così dura. Si corre soltanto il
rischio di apparire ingiustamente snob.
Sembra proprio che Gabriele Muccino
non riesca a trovare il progetto giusto con cui ritornare sul
mercato americano. Saltato il film di fantascienza Passengers a causa
del budget troppo elevato, pare perà che sia in dirittura d’arrivo
con un nuovo progetto. Staimo parlando della commedia romantica
Playing ther Field che vedrà coinvolte tre star di grande impatto:
Gerard Butler, Uma Thurman e Jessica Biel.
Il regista Gabriele
Mainetti, dopo aver lavorato a “Lo
chiamavano Jeeg Robot” e “Freaks
Out“, sta lavorando al prossimo progetto che sarà un film di
kung fu ambientato nel quartiere multietnico di Piazza Vittorio a
Roma. Le riprese sono appena cominciate a Roma e il film sarà il
terzo lungometraggio di Mainetti, ancora da intitolare, che lo
vedrà cimentarsi con un genere che affonda le proprie radici nella
storia del cinema, come accaduto con i precedenti film. Vision
Distribution lancerà le vendite del film al Marché du Film
di Cannes.
Ambientato nel melting pot
cosmopolita del quartiere romano l’Esquilino/Piazza Vittorio,
l’ultimo lavoro di Mainetti vedrà incrociarsi due anime molto
diverse. Uno è il figlio di un ristoratore locale indebitato
scomparso con il suo amante. L’altra è una giovane donna
misteriosa appena arrivata nella capitale italiana alla ricerca
della sorella scomparsa. “Uniti dal destino, i due si
ritroveranno catapultati nei bassifondi del ventre criminale di
Roma”, si legge nella sinossi. “Per sopravvivere
dovranno combattere fianco a fianco in una travolgente avventura
senza esclusione di colpi, sfidando eserciti di spietati criminali,
ma soprattutto antichi pregiudizi e diversità culturale.”
Il film di kung fu ambientato a Roma è
interpretato dall’artista marziale cinese Liu
Yaxi, che era la controfigura di Liu
Yifei nel film della Disney “Mulan“,
insieme all’italiano Enrico Borello (“Lovely
Boy”),
Sabrina Ferilli (“La grande bellezza”), Marco Giallini (“Perfetti Sconosciuti”) e
Luca Zingaretti (“Montalbano”).
Il film è scritto da Mainetti con gli
sceneggiatori Stefano Bises (“Gomorra”) e
Davide Serino (“Il cattivo”). È prodotto da
Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa
per Wildside, la società di Fremantle dietro a “Le Otto
Montagne”, il dramma ambientato nelle Alpi che ha vinto il premio
della giuria l’anno scorso a Cannes ed è diventato un successo
speciale. A bordo ci sono anche Vision
Distribution, una compagnia Sky, e Goon
Films di Mainetti in collaborazione con la tedesca
DCM, che distribuirà il film in Germania, Austria
e Svizzera, e la francese Quad Films, che lo
distribuirà in Francia. Vision si occuperà
anche della distribuzione in Italia.
Dal 13 marzo al cinema su 400
schermi grazie a Piperfilm, con un’anteprima l’8 marzo su 200
schermi, La
Città Proibita è il terzo film di
Gabriele Mainetti che, dopo i supereroi e i freak
a Roma, attraverso le epoche, ci proietta nella contemporaneità
multietnica dell’Esquilino, portando questa volta nella Capitale il
Kung Fu.
Nel cast del film, frutto di un
enorme sforzo produttivo in collaborazione tra WILDSIDE, UNA
SOCIETÀ DEL GRUPPO FREMANTLE, PIPERFILM E GOON FILMS dello Stesso
Mainetti, ci sono Yaxi Liu, Sabrina Ferilli,
Marco Giallini e Enrico Borello.
Per Gabriele
Mainetti, che oggi ha incontrato la stampa, il film è una
“lettera d’amore a Roma“, per mostrarne il potenziale
narrativo che va al di là delle commedie per cui è tanto famoso il
nostro cinema e che sembrano gli unici prodotti di interesse di un
pubblico sempre più complicato da convincere a portare in sala. Per
lui era il momento giusto per tornare, si è fatto convincere dalla
sua compagna e soprattutto da Mario Gianani, produttore, che ha
voluto che portasse avanti quella “vecchia storia di kung fu” che
gli aveva raccontato tempo prima. “Era il momento giusto per
questo film” spiega Mainetti.
Il regista ce la mette
tutta: il film è un melting pot di culture e profumi di cucine
tradizionali, tra Cina e Italia, tra spaghetti di soia e
amatriciana, a suon di botte suonate a mestiere, grazie alla
protagonista
Yaxi Liu, attrice e stuntwoman cinese che interpreta Mei.
“Ero consapevole che nessuna attrice poteva darmi lo stesso
grado di autenticità che ricercavo. Avevo bisogno di una persona
che conoscesse davvero le arti marziali, e per fortuna ho trovato
Yaxi, che è stata anche la controfigura di Mulan nel live action
Disney, e credete, dà molto realismo alle scene di scontri. A quel
punto serviva un fight coordinator che fosse cinese e siamo
arrivati a Liang Yang. Ha lavorato a livelli altissimi, gli ho
chiesto di custodire l’immaginario Kung Fu di Bruce Lee, ma dando
tempo al pubblico di vedere quello che accade, non a una velocità
folle che non fa capire niente.”
Molto a loro agio nei ruoli per
La città Proibita, Marco Giallini
e Sabrina Ferilli sono ormai il simbolo di una
romanità verace che si sposava perfettamente con le intenzioni di
Mainetti, romani autentici che non vedevano l’ora di collaborare
con Gabriele.
“Il mio
primo film è stato accolto più che bene, il pubblico è stato
generoso e la critica ancora di più se pensate ai David di
Donatello. Il secondo film
è stato una montagna da scalare, ma poi la produzione è stata così
complicata che alla fine volevo solo concluderlo. Questo è arrivato
come un regalo, e una collaborazione con dei veri produttori che mi
hanno permesso di lavorare bene e in fretta.”
Si è tenuto sabato 31 ottobre alle
ore 18.30 l’incontro in streaming con Gabriele
Mainetti, regista dell’acclamato Lo chiamavano
Jeeg Robot e dell’attesissimo Freaks
out, nell’ambito di Lucca Comics & Games – edizione
Changes.
Dopo esser stato ospite dell’Area
Movie di Lucca Comics & Games nel 2015,
proprio per presentare Lo chiamavano Jeeg Robot,
Gabriele Mainetti è tornato, anche se solo virtualmente, nel
capoluogo toscano per raccontare le sue passioni, il suo cinema, il
suo rapporto con Lucca e i fumetti in un incontro dal
titolo Gabriele Mainetti – Passione
Lucca, moderato da Gianmaria Tammaro.
Il regista ha dichiarato di avere un
ricordo molto bello di quella prima volta a Lucca nel 2015, dove
aveva percepito una vitalità difficile da immaginarsi oggi in un
momento come quello che stiamo vivendo, una sensazione di
collettività di un pubblico unito dalla passione. “Mi sono
sentito un po’ come una rockstar” ha dichiarato Mainetti
“Vedere persone vestite come i personaggi del mio film mi ha
emozionato”.
Rispetto al suo rapporto con i
fumetti, Mainetti ha raccontato di aver letto
molto Topolino, Lupo Alberto, Alan Ford, durante la
sua infanzia fino alla scoperta di Dylan Dog a
10 anni, ma l’ispirazione per Jeeg Robot è arrivata dagli
anime.
Riguardo alla possibilità di un
ipotetico sequel del suo successo Lo chiamavano Jeeg
Robot, Mainetti risponde di non essere interessato al
momento, perché impegnato su altri progetti e perché considera
conclusa quell’esperienza.
Edison for Nature,
progetto di cinema collettivo su energia, uomo e natura, raccontati
attraverso gli occhi di ognuno di noi, sbarca al Giffoni
Film Festival.
Appuntamento lunedì
18 luglio alle 16.00 con il regista Gabriele Mainetti,
reduce dallo straordinario successo della sua opera d’esordio
Lo chiamavano Jeeg
Robot, testimonial e curatore – insieme a
Andrea Segre – del progetto ideato da
Edison, azienda leader nel settore dell’energia,
da sempre impegnata nella diffusione della cultura della
sostenibilità e del risparmio energetico.
Il regista incontrerà alle 15.00 i
ragazzi ospiti della manifestazione per una
Masterclass, e alle 16.00 presenterà il progetto,
aperto a chiunque abbia un’idea e una storia da raccontare
nell’ambito dei temi green: Comportamenti
sostenibili, L’energia del futuro e
I mestieri dell’energia. Un contest al quale sarà
possibile partecipare attraverso video,
parole, immagini e
audio.
Chiunque potrà caricare,
entro fine luglio, i contributi sulla piattaforma
www.edisonfornature.it.
Le idee proposte verranno valutate e selezionate da Gabriele
Mainetti e dal documentarista Andrea Segre per l’individuazione di
dieci progetti finalisti. I loro autori avranno l’opportunità di
sviluppare il proprio progetto, insieme a Gabriele Mainetti e
Andrea Segre, affiancati da una troupe professionista, realizzando
un cortometraggio. Sarà a questo punto dell’iniziativa, che i
registi Mainetti e Segre, partendo dai 10 cortometraggi realizzati,
daranno vita ad un mediometraggio collettivo.
Edison
Edison è tra i principali
operatori di energia in Italia ed Europa con attività
nell’approvvigionamento, produzione e vendita di energia elettrica,
nei servizi energetici e ambientali grazie anche alla propria
controllata Fenice e nell’E&P. Con i suoi oltre 130 anni di
storia, Edison ha contribuito all’elettrificazione e allo sviluppo
del Paese. Oggi opera in 10 paesi nel mondo in Europa, Africa,
Medio Oriente e Sud America, impiegando 5.000 persone. Nel settore
elettrico Edison può contare su un parco impianti per una potenza
complessiva di 7 GW.
Gabriele Mainetti
tornerà a breve dietro la macchina da presa per girare
Freak Out, film che lo vede tornare alla regia
dopo l’esordio con Lo Chiamavano Jeeg Robot,
campione di incassi nella stagione 2016 e trionfatore ai
David di Donatello dello stesso anno.
Il regista, alla sua opera seconda,
ha ufficializzato che le riprese inizieranno a Marzo durante il
Festival di Berlino in corso. Dopo la difficoltà
per trovare i finanziamenti per realizzare Jeeg
Robot, Mainetti è diventato un regista
corteggiato dalle produzioni, visto il successo del film, e
Variety, che riporta la notizia
in esclusiva, lo aveva già inserito nella top 10 dei registi
europei da tenere d’occhio.
Mainetti sta
osservando il più stretto riserbo in merito alla trama del film, a
cui ha collaborato anche il suo sceneggiatore di fiducia,
Nicola Guaglianone. Il film promette però di
mescolare anche più generi di Jeeg. Così come la sua opera prima,
anche in Freak Out, Gabriele
Mainetti parlerà di tematiche importanti come l’abuso
sessuale e ci sarà un personaggio femminile molto forte.
Non ci sono ancora nomi legati al
cast del film, che sarà prodotto dalla Lucky Red
di Andrea Occhipinti insieme alla Goon
Films di Mainetti stesso, con i finanziamenti di
Rai Cinema e della Gap Finders,
belga. La Lucky Red distribuirà il film in
Italia.
Dopo l’esordio con The Grand
Bolero,Gabriele Fabbro arriva in sala con
Trifole – Le radici dimenticate,
un’emozionante avventura ambientata nel mondo del Tartufo Bianco,
che arriverà nei cinema italiani a partire
dal 17 ottobre con Officine
UBU.
Quello di
Gabriele Fabbro è un drama-adventure dal respiro
internazionale ambientato nelle Langhe, la terra del Tartufo Bianco
d’Alba. È la storia di un ricongiungimento familiare e della
riscoperta delle proprie radici, che vede come protagonisti il
cercatore di tartufi, il trifulau Igor (Umberto
Orsini) con la sua cagnolina Birba e la giovane nipote
Dalia (Ydalie Turk, attrice e co-autrice del
film), che da Londra arriva nelle Langhe su richiesta della madre
Marta (Margherita Buy), per assistere il nonno che
si trova in difficoltà economiche e di salute.
Gabriele Fabbro
considera Trifole come un documentario
Una storia che ha
una universalità oggettiva ma anche una forma molto personale di
racconto e di intenzione, come dice lo stesso regista: “La mia
filosofia di fare cinema è rivolta a quelle storie che sono molto
reali. Tutto quello che accade in questo film è reale, lo considero
quasi come un documentario. L’unica concessione fantastica è la
leggenda di Giove che feconda la terra con i fulmini e così nascono
i tartufi. A me piace raccontare storie che lasciano lo spettatore
nel dubbio rispetto alla verità di quello che stanno
vedendo.”
Un viaggio che comincia sulle parole
di Cesare Pavese in ‘Il mestiere di vivere’. “Quella citazione
– spiega Fabbro – è stata appuntata già in fase di
sceneggiatura e l’ho scelta perché stavamo parlando della natura e
dell’importanza di preservarla, di quanto noi ne siamo parte e non
dobbiamo dimenticarlo.”
Tramandare e recuperare la
memoria
Ydalie Turk in Trifole – Cortesia di Officine UBU
Il film racconta anche
dell’importanza di tramandare la memoria: mentre il personaggio del
nonno perde la memoria, la nipote riacquista quella della sua
infanzia e “raccoglie” quella del vecchio. L’elemento della
memoria è legato a un’esperienza personale, per
Gabriele Fabbro, opportunamente modificata per il
film: “Ho scelto di raccontare anche questo nel film per il
rapporto con mio nonno. Lui aveva il Parkinson e nei dieci anni in
cui è stato malato abbiamo smesso pian piano di comunicare. Io sono
cresciuto stando con lui ma non mi sono mai interessato a quello
che era stato lui nella sua vita. Quando le nostre comunicazioni
per cause di forza maggiore si sono interrotte, ho cominciato a
interessarmi, a parlare con la nonna, mi sono incuriosito e per
questo ho raccontato una storia simile nel film.”
La saggezza dei trifulau
Trifole
– Le radici dimenticate ci immerge nella
natura, nei colori e nella poesia di un territorio unico. È un inno
alla riscoperta delle tradizioni, delle proprie radici. “Il
mondo potrebbe diventare migliore se ascoltassimo quello che hanno
da dirci i trifulau – dichiara Gabriele
Fabbro – Passano la loro vita a coltivare le piantine
fertilizzate con la spora del tartufo bianco, è lo scopo della loro
vita, danno i nomi ai loro alberi, li coltivano, li curano e il
disboscamento per loro è un problema serio. Il film è una tesi sul
rispetto della natura.”
Ma è anche un’esperienza
sensoriale in cui luce e profumi trasudano dallo schermo, grazie a
un paziente lavoro fatto di concerto con il direttore della
fotografia, come spiega il regista: “Io lavoro sempre con
Brandon Lattman con cui ormai porto avanti un vero e proprio
matrimonio professionale. L’approccio visivo è nato principalmente
da lui, è venuto nelle Langhe, e vedendo questo mondo molto statico
ha pensato che la macchina dovesse far vedere anche il rigore, la
calma del posto. Ottenere quel tipo di luce poi era
importantissimo, perché volevamo che fosse tutto inerente alla
nostra idea di ambientazione. Volevamo provare a rendere tutto il
più sensoriale possibile.”
Umberto Orsini e Ydalie Turk in Trifole – Cortesia di Officine
UBU
Riscoprire la memoria e trovare la
passione
Il film ci racconta che
non si tramanda solo la memoria, ma anche la passione. Come nasce
la passione per il cinema di Gabriele Fabbro?“Nel mio caso il responsabile sono io. Sono figlio unico e da
piccolo vedevo un sacco di film, giocavo con quei personaggi. Più
vado avanti e più mi rendo conto che i film d’animazione della
Disney degli anni ’90 sono entrati a far parte di me e hanno
contribuito in maniera importante alla mia passione. Ma un’altra
cosa che mi muove è l’avversione per lo stereotipo nei film. Quando
vedevo questi film in cui tutti erano bellissimi mi sembrava
strano, perché io nella mia vita ho sempre incontrato persone
fisicamente normali, che però avevano una grande passione. E da
questi pensieri è nata la mia esigenza di raccontare queste
storie.”
TRIFOLE – Le radici
dimenticate arriva nei cinema italiani a partire dal 17
ottobre con Officine UBU.
Apprezzato tanto per la sua
carriera cinematografica quanto per quella televisiva, l’attore
Gabriel Macht è riuscito ad ottenere uno di quei
ruoli che possono fare la fortuna di un attore, e con il suo
talento è riuscito così ad affermarsi all’interno della serie
Suits, ottenendo le lodi di critica e pubblico.
Ecco 10 cose che non sai di
Gabriel Macht.
Gabriel Macht film
1 I film. La
carriera cinematografica dell’attore ha inizio nel 1998 con il film
L’oggetto del mio desiderio. Negli anni successivi prende
parte ai film Semplicemente irresistibile (1999), Gli
ultimi fuorilegge (2001), Bad Company (2001), Una
canzone per Bobby Long (2004), The Good Shepherd
(2006), The Spirit (2008),e Amore e altri
rimedi (2010).
2 Le serie Tv.
Particolarmente ricca è anche la carriera televisiva dell’attore,
che comprende partecipazioni a serie come Beverly Hills
90210 (1991), Spin City (1997), Sex and the
City (1998), Wasteland (1999), Archangel
(2005) e Suits (2011-2019), dove è divenuto famoso grazie
al ruolo dell’avvocato Harvey Specter. Nella serie recita accanto
al collega Patrick J.
Adams.
Gabriel Macht Instagram
3 Ha un profilo
personale. L’attore è presente sul social network
Instagram con un proprio profilo verificato, seguito da 2,3 milioni
di persone. All’interno di questo l’attore è solito condividere
fotografie scattate in momenti di svago o a fini promozionali dei
propri progetti da attore.
Gabriel Macht vita privata
4 E’ sposato.
Contrariamente al suo personaggio in Suits, l’attore è
molto legato alla famiglia. È sposato dal 2004 con l’attrice
Jacinda Barrett, e hanno due figli. Durante il tempo libero Macht
ha dichiarato di passare molto tempo con loro, giocando con i figli
o aiutandoli con i compiti di scuola.
Gabriel Macht Sarah Rafferty
5 E’ molto amico della
collega. Macht e la collega Sarah
Rafferty condividono spesso il set di Suits,
dimostrando un’ottima chimica. Questa è dovuta dall’amicizia di
lunga data che c’è tra i due attori, conosciutisi già nel 1993.
Nonostante abbia dichiarato che è difficile recitare ruoli seri con
la propria migliore amica, i due riescono allo stesso tempo ad
essere particolarmente professionali grazie alla conoscenza che
hanno l’uno dell’altra.
Gabriel Macht alimentazione
6 E’ vegetariano.
A partire dal 2008 l’attore si è dichiarato vegetariano, e che ha
smesso di mangiare animali per una questione di salute. Da quando
ha smesso, l’attore ha ammesso di sentirsi particolarmente
meglio.
Gabriel Macht Suits
7 Non è affatto come il suo
personaggio. All’attore non piace essere associato con il
suo personaggio, Harvey specter, poiché nonostante lo adori si
ritiene estremamente diverso da lui. Macht adora infatti stare in
famiglia, è una persona gentile e rispettosa, quasi l’esatto
opposto del suo personaggio, spesso particolarmente aggressivo.
8 Vorrebbe che lo show
fosse girato a New York. Nonostante Suits sia
ambientata a New York, la serie viene girata a Toronto, poiché
questa risulta una location più economica per la produzione. Macht
ha però più volte sottolineato il suo disappunto, poiché spostare
la produzione fuori dai confini nazionali non favorisce
all’economia del suo Paese.
Gabriel Macht mentori
9 Il suo mentore è John
Travolta. Mente lavorava sul set del film Una canzone
per Bobby Long, dove divideva il set con l’attore John
Travolta, Macht si è dichiarato particolarmente ispirato dalla sua
persona, affermando che egli è stato un grande maestro per lui e lo
ha aiutato in numerosi momenti difficili durante le riprese.
Gabriel Macht età e altezza
10 Gabriel Macht è nato a
New York, negli Stati Uniti, il 22 gennaio 1972. L’altezza
complessiva dell’attore è di 183 centimetri.
L’attore Gabriel
Luna vanta già diversi ruoli di rilievo, specialmente in
prodotti televisivi, ma non è ancora un volto particolarmente noto
del mondo della recitazione. Grazie ad alcuni progetti in arrivo,
però, il suo status di celebrità sembra essere destinato a crescere
notevolmente. Dotato di carisma e solida presenza scenica, Luna sta
convincendo sempre più critici e spettatori del suo valore ed ogni
sua interpretazione rimane difficilmente dimenticabile.
Ecco 10 cose che non sai su
Gabriel Luna.
Gabriel Luna: i suoi film e le
serie TV
1. È noto per alcune serie
TV. Dopo aver recitato in alcuni episodi di serie
come Prison Break (2008), Touch (2013) e
NCIS: Los Angeles (2013), Luna ottiene una prima notorietà
recitando in Matador (2014) e nella seconda stagione di
True Detective, con
Colin Farrell.
In seguito ha recitato in Wicked City (2015) e Agents
of S.H.I.E.L.D (2016-2017), dove ha avuto un altro ruolo di
primo piano. Nel 2023 lo si vedrà nella serie The Last of Us, accanto
a Pedro Pascal e Bella
Ramsey.
2. Ha recitato in alcuni
noti film. Nel corso della sua carriera l’attore ha avuto
anche modo di recitare in diversi film, alcuni di maggior rilievo e
altri meno noti. Il primo lungometraggio a cui ha preso parte è
stato Fall to Grace (2005), seguito poi da Dance with
the One (2010). Nel 2011 ha avuto un ruolo in Bernie,
con Jack Black,
mentre in seguito ha recitato in Spring Eddy (2012),
Palle fuori (2014), Freeheld: Amore, giustizia,
uguaglianza (2015), con Julianne Moore,
Gravy (2015) e Transpecos (2016). Nel 2019 torna
al cinema con un ruolo di rilievo in Terminator: Destino
oscuro, con Arnold
Schwarzenegger. Nel 2022 è protagonista di Eddie &
Sunny.
Gabriel Luna è Ghost Rider
3. Ha interpretato il quinto
Ghost Rider della Marvel. Tutti ricorderanno
il Johnny Blaze interpretato da Nicolas Cage
nei due film dedicati al supereroe Ghost Rider. Blaze è stato il
secondo umano ad incarnare il demoniaco personaggio, ma nella
quarta stagione della serie Agents of S.H.I.E.L.D. i fan
hanno imparato a conoscere un altro dei possessori dei poteri del
Ghost Rider. Si tratta di Robbie Reyes, quinto umano ad incarnare
il supereroe, interpretato nella serie proprio la Luna. L’attore si
è detto estremamente grato di tale ruolo, per il quale si è
preparato a lungo e che gli ha donato grande popolarità.
4. Avrebbe dovuto avere una
serie tutta sua. Dopo essere comparso come Ghost Rider in
Agents of S.H.I.E.L.D., Luna avrebbe dovuto interpretare
nuovamente tale personaggio anche in una serie a lui interamente
dedicata. Tuttavia, in seguito all’unificazione tra Marvel Television e i Marvel Studios nel 2019, il progetto è stato
attualmente cancellato. Non è del tutto escluso però che in futuro
si possa decidere di realizzare una serie dedicata al celebre
supereroe, da introdurre così ufficialmente all’interno del
Marvel Cinematic Universe.
Gabriel Luna è Tommy Miller in
The Last of Us
5. Interpreta uno dei
personaggi principali. Nella serie HBO The Last of Us, tratta dall’omonimo
videogioco, Luna interpreta Tommy Miller, uno dei personaggi più
importanti del racconto. Questi è un infallibile cecchino, nonché
fratello di Joel. Tale personaggio si è affermato come uno dei più
amati della serie videoludica, vantando non solo una fisicità
simile a quella del fratello ma anche una forte componente emotiva
e tanta gentilezza. Con questo personaggio, Luna avrà dunque un
ruolo di primo piano nell’attesa serie e il suo potrebbe affermarsi
anche in essa come uno degli elementi più importanti ai fini
narrativi.
6. Conosceva già il
videogioco. Prima di iniziare le riprese della serie, agli
attori del cast era stato chiesto di non giocare al videogioco
The Last of Us, in modo tale da non farsi influenzare da
questo. Luna, tuttavia, conosceva già il gioco e aveva iniziato a
giocarci ben prima che gli fosse comunicata tale richiesta.
Confrontarsi con il videogioco, a suo dire, gli ha però permesso di
entrare meglio nel mondo e nell’atmosfera del racconto, così da
poter poi riproporre le sensazioni provate al momento di
interpretare il suo Tommy Miller.
Gabriel Luna in Terminator:
Destino oscuro
7. È stato l’antagonista del
film. In Terminator: Destino oscuro, sesto film
della celebre saga di fantascienza, Luna ha interpretato il Rev-9,
un Terminator avanzato inviato indietro nel tempo per terminare
Dani, costituito da un tradizionale endoscheletro solido circondato
da una “pelle” di poli-lega mimetica. Possiede la capacità di
separare questi due componenti in due unità Terminator
completamente autonome. Un avversario affermatosi come
particolarmente minaccioso, anche per la grande presenza scenica
sfoggiata da Luna.
Gabriel Luna è su Instagram
8.Ha un
profilo sul social network. Gabriel Luna è
naturalmente presente sul social network Instagram, con un profilo
seguito attualmente da 161 mila persone. Su tale piattaforma egli
ha ad oggi pubblicato oltre mille e seicento post, la maggior parte
relativi alle sue attività come attore. Si possono infatti
ritrovare diverse immagini relative a momenti trascorsi sul set ma
anche foto promozionali dei suoi progetti e altre immagini che lo
raffigurano ad eventi a cui ha preso parte. Seguendolo si può
dunque rimanere aggiornati sulle sue attività.
Gabriel Luna e Diego Luna
9. Non sono
imparentati. Pur facendo Luna di cognome e vantando
origini messicane, Gabriel non è in alcun modo imparentato con
l’attore Diego Luna,
recentemente visto nella serie Andor, ambientata
nell’universo di Star
Wars. I due non hanno dunque legami di alcun tipo, se non
il condividere lo stesso cognome. Gabriel, inoltre, non è
propriamente messicano, essendo nato negli Stati Uniti. Solo i suoi
genitori erano discendenti di cittadini messicani.
Gabriel Luna: età e altezza
dell’attore
10. Gabriel Luna è nato ad
Austin, in Texas, Stati Uniti, il 5 dicembre del 1982.
L’attore è alto complessivamente 1,79 metri.
E’ morto ieri all’età di 87
anniGabriel Garcia Marquez, il
grande scrittore colombiano premio Nobel 1982 per la Letteratura.
Lo scrittore si trovava in Città del Messico, dove abitava da
qualche anno quando è stato colto da un malore. Con affetto
ricordiamo molti dei suoi libri più famosi da cui sono stati tratti
molti film memorabili.
Esponente del celebre realismo
magico sudamericano, ha visto trasformare molti dei suoi celebri
romanzi in film, e tra quelli usciti negli ultimi anni si ricordano
L‘amore ai tempi del colera, che ha visto
il debutto ad Hollywood di Giovanna Mezzogiorno nel 2007,
Memorias de mis putas tristes, Nessuno scrive al
colonnello, Cronaca di una morte annunciata. Lavorò
anche come sceneggiatore, e tra i suoi lavori più noti c’è il
film, El año de la peste (1979)
scritto con Juan Arturo Brennan e Felipe Cazals.
Ricoverato da 31 Marzo scorso fino
all’8 Aprile in ospedale, lo scrittore era stato dimesso ma le sue
condizioni erano apparse comunque critiche. Gabriel Garcia
Marquez, malato da tempo, avrebbe avuto un tumore ormai
incurabile a polmoni e fegato, dopo che anni fa era stato vittima
di un altro cancro al sistema linfatico.
Il Regno Unito ha dato i natali a
tantissimi grandi attori e uno di questi è proprio Gabriel
Byrne. Famoso sia al cinema che sul piccolo schermo,
alcune delle sue interpretazione sono passate alla storia. Ma se
ancora non conoscete Byrne e la sua lunga carriera, mettetevi
comodi. Venite a scoprire con noi tutto quello che c’è da
sapere su Gabriel Byrne.
Gabriel Byrne film: dal seminario
al grande schermo
10. Nato a
Dublino, in Irlanda, il 12 maggio del 1950, Gabriel Byrne è il
primo di sei figli. La sua famiglia è molto numerosa e religiosa e
i suoi genitori sono membri della classe lavorativa. Gabriel, così
come i suoi fratelli, riceve la sua educazione presso i
Fratelli Cristiani, un istituto maschile di
diritto pontificio.
9. Conosciuti come
i Marines della Chiesa Cattolica, i Fratelli Cristiani, a detta
dello stesso attore, non erano particolarmente permissivi o
tolleranti. Essere educati in un contesto del genere
voleva dire seguire un rigido codice morale e di comportamento.
Ogni trasgressione veniva condannata e il trasgressore punito
severamente. In un’intervista rilasciata a The Hollywood
Interview, Byrne afferma di essere stato
picchiato più volte e di come quel metodo educativo non abbia
giovato alla sua crescita emotiva e professionale.
Secondo l’attore, punire
corporalmente un ragazzino che non riesce ad afferrare i basilari
concetti della matematica o della grammatica non porta a nessun
risultato. Le umiliazioni fisiche non fanno altro che minare
l’autostima della persona che le subisce e può causare gravi
problemi comportamentali.
Gabriel Byrne filmografia:
dall’Irlanda a Hollywood
Gabriel Byrne nel film “Excalibur” Fonte: IMDB
8. Grazie (o a
causa) della rigida istruzione cattolica ricevuta, Gabriel
trascorre ben cinque anni in seminario, studiando
per diventare un terapista ordinato dalla Chiesa. Ma ben presto
capisce di voler intraprendere una carriera differente. Dopo aver,
infatti, cimentato nei mestieri più disparati, Byrne si dedica
anima e corpo al mondo della recitazione.
A Dublino frequenta l’Abbey
Theatre e in seguito il Royal Court di
Londra; studia recitazione per molti anni fino a quando la sua
carriera prende il volo.
La sua prima apparizione sul grande
schermo risale al 1981 quando debutta nel film
Excalibur, diretto da John Boorman. Ma il suo
talento non passa inosservato e nel corso degli anni ottanta
partecipa a tante altre produzioni come Hanna K
(1983), La fortezza (1983),
Reflections (1984), Dossier
confidenziale (1985), Gothic (1986),
Cuor di leone (1987), Giulia e
Giulia (1987), Bentornato fantasma
(1987), Siesta (1987), Il
corriere (1988) Spia per forza (1989) e
L’ora del tè (1989).
Gabriel Byrne e i film degli anni
novanta
Gabriel Byrne in “Piccole Donne”
7. Gli anni novanta sono
senza dubbio i più importanti per la carriera di Gabriel Byrne che
pian piano si fa strada verso Hollywood. Dal 1990 fino al 2000,
l’attore prende parte a produzioni di grande pregio e comincia a
lavorare con grandi registi e attori. I film di quegli anni sono
Crocevia della morte (1990),
Naufragio (1990), Fuga dal mondo dei
sogni (1992), Into the West (1992),
Nome in codice: Nina (1993), Una donna
pericolosa (1993), Prince of Jutland
(1994), Uno strano scherzo del destino (1994) e
Il verdetto della paura (1994).
Uno dei film più amati e conosciuti
che vede Gabriel Byrne tra i suoi protagonisti risale proprio al
1994. In quell’anno l’attore viene scelto per interpretare il
professor Friedrich Bhaer nel remake di Piccole
Donne, tratto dal celebre omonimo romanzo di
Louisa May Alcott. Nel cast del film troviamo
anche Susan Sarandon,
Winona Ryder,
Kirsten Dunst,
Christian
Bale e Claire
Danes.
Successivamente, Byrne recita anche
nei film I soliti sospetti (1995), Dead
Man (1995), Il tempo dei cani pazzi
(1996), L’ultimo dei grandi re (1996), Il
senso di Smilla per la neve (1997), Crimini
invisibili (1997), Fra odio e amore
(1997), Amori e segreti (1998), La
maschera di ferro (1998), Nemico pubblico
(1998), Stigmate (1999) e Giorni contati –
End of Day(1999)
Gabriel Byrne e i film del nuovo
millennio
Gabriel Byrne in “Canone Inverso”
6. Gabriel Byrne
continua la sua scalata nel mondo del cinema. Grazie alla notorietà
acquisita tra gli anni ottanta e novanta, l’attore viene arruolato
sempre più spesso e in produzioni internazionali ed è proprio il
nuovo millennio a fare la sua fortuna. Lavora infatti con registi
da tutto il mondo come Mira Nair, Ricky Tognazzi, David
Cronenberg,Jean-François
Richet, Wim Wenders e molti altri ancora.
Tra i suoi film più importanti
ricordiamo Canone inverso (2000) La corsa
di Virginia (2002), Spider (2002),
Contratto con la morte (2002), Nave
fantasma (2002), Shade (2003), La
fiera della vanità (2004), P.S. Ti amo
(2004), Il ponte di San Luis Rey (2004),
Assault on Precinct 13 (2005), Emotional
Arithmetic (2007), Attacco a Leningrado
(2009) e 2:22 – La rapina ha inizio (2008).
Negli ultimi dieci anni, la sua
carriera ha, tuttavia, subito un rallentamento. I film più
importanti di questo periodo sono Le capital
(2012), The Deadly Game (2013), Vampire
Academy (2014), Nadie quiere la noche
(2015), Segreti di famiglia (2015), The
33 (2015), No Pay, Nudity (2016)
Mad to Be Normal (2017), Hereditary – Le
radici del male (2018) e Lost Girls
(2020).
Gabriel Byrne serie tv
5. Parallelamente
alla sua carriera nel cinema, Gabriel Byrne inizia a lavorare anche
per il piccolo schermo. Tra gli anni settanta e ottanta partecipa a
diverse serie tv, con piccoli ruoli o ‘comparsate’. In questi anni
ricordiamo Last of Summer (1978), The
Burke Enigma (1978), The Riordans
(1978-1979), Bracken (1980-1982),
Wagner (1981-1983), The Search for
Alexander the Great (1981), Strangers
(1981) e i film tv Joyce in June (1982) e
Treatment (1984).
Gabriel Byrne in Cristoforo
Colombo
Gabriel Byrne nella miniserie “Cristoforo Colombo”
4. Una dei ruoli
più famosi e amati dal pubblico, interpretati da Gabriel Byrne è
senza dubbio quello di Cristoforo Colombo.
L’attore irlandese, infatti, nel 1985 ha preso parte alla miniserie
tv dedicata al navigatore italiano.
Lo sceneggiato in quattro puntate,
prodotto dalla RAI nel 1984, narra le vicende del
navigatore e cartografo genovese che precedono e seguono il suo
viaggio verso le Indie che lo porterà invece alla scoperta di un
nuovo continente.
Ma le avventure televisive di Byrne
non finiscono qui. Tra gli anni ottanta e duemila lo vediamo in
altre serie tv come Mussolini: The Untold Story
(1985), Screen Two (1994),
Glenroe (1997), Madigan Men
(2000) e film tv come Buffalo Girls (1995),
Draiocht – Magia (1996) e Weapons of Mass
Distraction (1997).
Gabriel Byrne nella serie In
Treatment
Gabriel Byrne nella serie “In Treatment”
3. Il successo
televisivo per Gabriel Byrne, tuttavia, arriva solo nel 2008 con
In
Treatment. La serie tv è andata in onda dal 2008 al
2010 per tre stagioni e un totale di 106 episodi ed è stata accolta
molto bene dal pubblico e dalla critica.
Prodotta da Rodrigo
Garcia e trasmessa dalla HBO, la serie
racconta la vita dello psicoterapeuta Paul Weston, interpretato da
Gabriel Byrne, il quale cerca di esorcizzare in qualche modo i suoi
demoni interiori attraverso le sedute con i suoi pazienti. Disturbo
da stress post traumatico, paura della morte, depressione, manie
suicide, problemi relazionali e terapia di coppia; questi sono solo
alcuni dei temi affrontati dalla serie, problemi che il dottor
Weston dovrà trattare.
Insieme a Gabriel Byrne, nella
serie troviamo anche attori come Melissa George, Blair
Underwood, Mia Wasikowska e Hope
Davis.
Tra le altre serie interpretate da
Byrne ricordiamo Secret State (2012),
Quirke (2014), Marco Polo (2016),
Maniac (2018), War of the Worlds
(2019 e attualmente in corso), ZeroZeroZero (2020)
e ovviamente Vikings (2013).
Gabriel Byrne in Vikings
Gabriel Byrne nella serie “Vikings”
2. Gli amanti
delle serie storiche e in costume ricorderanno sicuramente il ruolo
di Gabriel Byrne nella famosa serie Vikings.
Nata da una co-produzione di Canada
e Irlanda, la serie è andata in onda per bene sei stagioni e un
totale di 79 episodi, tutti trasmessi a partire dal 2013.
Ambientata nel IX secolo in Scandinavia e nei paesi del nord
Europa, Vikings, così come suggerisce il titolo, racconta delle
vicende (romanzate) della stirpe vichinga attraverso il personaggio
di Ragnarr Sigurðsson una figura semi leggendaria
di un re che dominato nelle terre di Svezia e Danimarca nel 1800.
Ovviamente, oggi non ci sono prove certe dell’esistenza di questo
valoroso re oppure non sono ancora state scoperte.
Gabriel Byrne nella serie ha
interpretato il ruolo del Conte Haraldson,
personaggio presente solo nei primi sei episodi della prima
stagione di Vikings.
Gabriel Byrne moglie e figli:
curiosità e vita privata
1. La vita
sentimentale di Byrne è sempre stata molto chiacchierata. Dal 2001,
anno d’uscita della sua autobiografia dal titolo Pictures
in my Head, ormai quasi più nulla del suo privato è
rimasto tale.
Nel 1988 Gabriel Byrne sposa
Ellen Barkin, attrice, dalla quale negli anni
successivi ha due figli Jack Daniel (1989) e
Romy Marion (1992). La loro relazione, molto bella
e intensa, purtroppo giunge al capolinea nel 1999, anno in cui i
due divorziano ma in modo amichevole, mantenendo buoni rapporti.
Tra flirt e brevi storie, Byrne non sembra intenzionato di nuovo a
prendere moglie.
Soltanto nel 2014 l’attore decide
si tornare sull’altare e di sposare la produttrice Hannah
Beth King, con cui era già fidanzato da qualche anno.
Indicato come uno dei più
promettenti e interessanti attori della sua generazione,
Gabriel Basso si è in pochi anni guadagnato
numerose lodi grazie alle sue convincenti interpretazioni.
Destregiandosi tra film di alto profilo e progetti più autoriali,
l’attore si sta smarcando da facili categorizzazioni per dare prova
di un talento multiforme e in continua crescita.
Ecco 10 cose che forse non sai su Gabriel
Basso.
I film e i programmi TV di Gabriel Basso
1. Ha recitato in celebri
film. Basso debutta al cinema con il film Ti presento
Bill (2007), per poi recitare in Alice una vita
sottosopra (2007), Alabama Moon (2009) e Super 8 (2011), regia di J. J. Abrams.
In seguito recita in The Kings of Summer (2013),
Anatomy of the Tide (2013), The Hive (2014),
Barely Lethal – 16 anni e spia (2015), Ithaca –
L’attesa di un ritorno (2015), regia di Meg Ryan, American Wrestler: The
Wizard (2016), Una doppia verità (2016) e Elegia americana (2020), dove recita accanto ad
Amy Adams e Glenn Close e grazie al quale ottiene grande
popolarità. Torna poi a recitare nei film The
Strangers: Capitolo 1 (2024), Trigger Warning (2024) e Giurato
numero 2 (2024), di Clint Eastwood.
2. Ha preso parte a note
serie TV. Oltre ai film per il cinema, Basso si è distinto
anche per la sua partecipazione a celebri serie come
iCarly (2009), Eastwick (2009), The
Middle (2010), The Big C (2010-2013), R. L.
Stine’s The Haunting Hour: The Series (2011),
Perception (2012) e The Red Road (2014). Dal 2023
è protagonista della serie NetflixThe Night
Agent nel ruolo di Peter Sutherland, poi ripreso anche
nella seconda stagione (qui la recensione) e che
riprenderà anche
nella già annunciata terza.
3. È il protagonista della
serie Netflix. In The Night Agent Basso
interpreta l’agente dell’FBI
Peter Sutherland, un ruolo che inizialmente stava però per perdere.
L’attore ha infatti ricordato: “Avevo fatto il provino mentre
stavo girando un altro film,
Trigger Warning, con
Jessica Alba. Avevo la barba. Così, quando ho inviato il mio
nastro, mi hanno rifiutato. Quando ho finito di girare Trigger
Warning, ricordo di aver scritto di nuovo alla mia squadra
chiedendo: “Ehi, cos’è successo con L’agente di notte, perché era
bello. Hanno già fatto il casting?”. Mi hanno risposto di no. Così
ho ripreso con una rasatura pulita e alla fine sono stato
scelto”.
4. Ha eseguito quanti più
stunt possibile. Basso è un grande appassionato di
combattimenti e arti marziali, affermando: “Ho fatto pugilato
per tutta la vita. Da bambino ho praticato il tae kwon do, una
sorta di lotta sportiva. Credo che mi abbia aiutato nei movimenti.
Ho fatto anche kickboxing e Muay Thai“. Proprio per questo,
l’attore ha richiesto di poter interpretare lui stesso i tanti
combattimenti che gli si vedono fare nel corso della serie
The NightAgent e per i quali si è preparato con
alcuni speciali allenatori.
Gabriel Basso ha interpretato J.D.
Vance in Elegia americana
5. Ha interpretato l’attuale
Vice Presidente degli Stati Uniti d’America. Nel 2020,
Basso ha interpretato il ruolo di J.D. Vance nel
film
Elegia americana, che racconta l’infanzia difficile di
Vance e il suo viaggio alla Horatio Alger attraverso la scuola di
legge. Due anni dopo il film, Vance è stato eletto al Senato degli
Stati Uniti, per poi divenire Vice Presidente nel novembre 2024
accanto al presidente Donald Trump. Basso e Vance
si sono anche incontrati prima delle riprese del film. “Abbiamo
parlato un po’. È un tipo a posto. Siamo entrambi del Midwest.
Abbiamo parlato della vita, del crescere nei boschi”.
6. Il film gli fa oggi uno
strano effetto. Proprio a seguito della nomina come Vice
Presidente di Vance, il film è tornato in auge, riportando così
alla luce anche l’interpretazione di Basso. A tal proposito,
l’attore ha dichiarato: “È un po’ strano essere inclusi in
quella linea temporale. Hanno fatto un film del suo libro, e il mio
nome sarà sempre legato al suo”. Basso non si è però lasciato
andare a giudizi di merito, affermando unicamente di non sapere
bene cosa pensare del suo volto associato nel mondo del cinema
all’attuale Vice Presidente.
Gabriel Basso è su Instagram
7.Ha un
profilo sul social network. L’attore è naturalmente
presente sul social network Instagram, con un profilo seguito
attualmente da 346 mila persone. Su tale piattaforma egli ha ad
oggi pubblicato appena una settantina di post, tutti relativi alle
sue attività come attore o modello. Si possono infatti ritrovare
diverse immagini relative a momenti trascorsi sul set ma anche foto
promozionali dei suoi progetti. Seguendolo si può dunque rimanere
aggiornati sulle sue attività.
Amy Adams e Gabriel Basso in Elegia americana
Gabriel Basso ha una fidanzata
8. È molto riservato
riguardo la sua vita privata. Per quanto riguarda la vita
lontana dai set dell’attore, si sa ad oggi molto poco. Basso ci
tiene infatti a far sì che il suo privato rimanga tale e pertanto
non è solito condividere dettagli a riguardo. Ad oggi, dunque, non
è noto se ha una fidanzata o meno, anche se si presume sia
single.
Gabriel Basso ha una figlia
Gabriel Basso non è dunque
attualmente sposato, ma ha però una figlia. Nell’agosto 2020,
l’attore ha infatti annunciato la notizia su Instagram con una foto
e una didascalia che diceva: “C’è un nuovo Basso sulla
fioriera”. Dato che l’attore ha tenuto nascosta la sua
vita privata, non è chiaro chi sia la madre di sua figlia.
Gabriel Basso ha origini italiane
9. Vanta origini italiane da
parte del padre. Come si può intuire dal suo cognome,
l’attore ha origini italiane attraverso il nonno paterno. Tuttavia,
non è noto se Gabriel Basso abbia un qualche legame con l’Italia,
se vi sia mai stato e se parli questa lingua. Non è inoltre noto da
dove provenga il nonno, ma sappiamo che Basso è un cognome diffuso
soprattutto nel Nord Italia, in Veneto, Piemonte, Liguria,
Lombardia e Friuli.
L’età, l’altezza e il fisico di Gabriel Basso
10. Gabriel Basso è nato
l’11 dicembre 1994 a St.
Louis, Missouri, StatiUniti. L’attore è
alto complessivamente 1,83 metri. Basso è poi noto anche per il suo
fisico atletico e muscoloso, per mantenere il quale ha dichiarato:
“Nella vita reale tendo a tenermi in forma, combatto e mi
alleno molto“.
Il film G20 di
Prime Video – diretto da
Patricia Riggen – ha
riservato avvincenti colpi di scena fino all’ultimo, presentando
un’inaspettata mente dietro l’attacco terroristico al summit del
G20 e salvataggi incredibili, all’altezza del thriller ricco di
azione che ci si aspettava. In esso, dopo che la bomba nell’ala est
dell’hotel ha colto tutti di sorpresa, i leader all’interno
dell’albergo hanno cercato di mettersi in salvo, mentre quelli
all’esterno hanno cercato di capire chi fosse
Rutledge (Antony
Starr) e come avesse potuto accumulare il livello di
conoscenza necessario per prendere il controllo di una fortezza
impenetrabile.
Se parte delle ragioni di Rutledge
erano evidenti, in quanto voleva arricchirsi a spese di tutti gli
altri, la sua fissazione per il Presidente degli Stati Uniti
Danielle Sutton (Viola
Davis) era personale e quindi meno immediata da
cogliere, diventando chiara solo nel finale di
G20. Questo ha messo in grave pericolo la famiglia
del Presidente e il benessere di Demetrius,
Serena e Derek è diventato
rapidamente l’obiettivo principale di Danielle. Con il piano
nefasto di Rutledge che aveva obiettivi separati, G20 ha quindi
incluso molti colpi di scena tortuosi, rendendo il finale più
soddisfacente grazie alle molteplici sequenze d’azione che vedono
la Presidente Sutton direttamente coinvolta nella lotta contro i
suoi nemici.
Come la Presidente Danielle Sutton
ha fermato il piano di Rutledge
La Presidente Sutton ha inizialmente
cercato di portare in salvo Han Min-Seo, il Primo
Ministro Oliver Everett (Douglas
Hodg) e la direttrice dell’IMF Emma
Romano (Sabrina
Impacciatore) con l’agente Ruiz, ma è
stato subito chiaro che doveva affrontare Rutledge
se voleva tenere al sicuro la sua famiglia. Tuttavia, l’incontro
con quest’ultimo le ha fornito tutte le informazioni di cui
Danielle aveva bisogno per capire il loro legame diretto, essendo
stata sul campo durante la stessa missione, e senza di esso sarebbe
stato impossibile rivelare chi fosse la vera mente dietro
l’attacco.
Il Presidente Sutton ha riconosciuto
subito come il passato militare di Rutledge lo avesse segnato,
sperando che la somiglianza lo convincesse a fare la cosa giusta.
Quando Rutledge ha messo in pericolo Derek sparandogli, è diventato
anche evidente che, nonostante Derek e il Segretario del Tesoro
Joanna Worth (Elizabeth Marvel) fossero ostaggi
davanti a lei, Joanna non è mai stata veramente minacciata da
Rutledge. Il fatto che quest’ultima abbia intascato il portafoglio
di criptovalute nel caos della lotta e abbia scelto quel luogo per
il vertice del G20 ha inevitabilmente dimostrato il suo
coinvolgimento, rendendo possibile al Presidente Sutton di usare il
portafoglio per raggiungere Rutledge e salvare Serena.
Le motivazioni di Rutledge e del
suo gruppo per l’attacco al G20
Le bugie di Rutledge hanno fatto
sembrare che le intenzioni del suo gruppo avessero a che fare con
la scoperta di come il Piano Together del Presidente Sutton mirasse
a impoverire la gente comune nei Paesi ricchi invece di aiutare
quelli del Sud globale, ma l’obiettivo principale del suo piano è
sempre stato quello di arricchire se stesso e il suo gruppo
attraverso il crollo dei mercati. Allo stesso tempo, c’era una
ragione che motivava la sua scelta di attaccare specificamente il
piano di Sutton e non quello di qualcun altro, e aveva a che fare
con gli amici che morirono per proteggere il convoglio di Sutton
prima che lei diventasse presidente e fosse nell’esercito.
Mentre le ragioni di Rutledge erano
profondamente personali, il resto del cast di personaggi del G20 ha
motivazioni diverse, come la cieca fiducia dell’agente
Darden nei racconti di Rutledge, secondo cui il
piano di Sutton avrebbe tradito gli americani comuni concentrandosi
sugli aiuti all’estero. Il coinvolgimento del Segretario del Tesoro
nascondeva tuttavia un’altra ragione: la convinzione di Joanna
Worth che Sutton le avesse rubato il posto di Presidente degli
Stati Uniti, rendendo la sua organizzazione dell’attacco
terroristico un puro atto di vendetta.
La spiegazione del coinvolgimento
del Segretario del Tesoro Joanna Worth
Il coinvolgimento di Joanna Worth
viene quindi scoperto solo quando Rutledge stava per fuggire con
Serena Sutton, ma l’aver intascato il portafoglio di criptovalute
ha rivelato alla Presidente Sutton tutto ciò che doveva sapere. Se
Rutledge poteva essere il volto dell’attacco terroristico del G20,
Joanna Worth ne è stata la mente: senza di lei, infatti, il gruppo
di Rutledge non sarebbe stato scelto come sicurezza aggiuntiva, né
l’hotel sarebbe stato scelto come sede del summit del G20.
Il film ha solo brevemente accennato
alla potenziale ostilità tra Joanna Worth e il Presidente Sutton,
quando quest’ultima ha menzionato la campagna presidenziale che è
stata combattuta tra loro all’inizio. Tuttavia, nient’altro avrebbe
potuto far presagire che l’insider dietro il complotto sarebbe
stato il Segretario del Tesoro, soprattutto perché l’agente Darden
ne faceva già parte. Tuttavia, il fatto che l’attentato non sarebbe
stato possibile senza che Joanna Worth mettesse in contatto persone
con rancori nei confronti di Sutton, come Darden e Rutledge, la
rendeva la principale promotrice dell’intero piano.
Perché far uscire Oliver Everett ed
Elena Romano è stato fondamentale per il piano della Presidente
Sutton
Il fatto che i leader del G20 e
tutti i membri dell’hotel siano stati tagliati fuori dall’esterno
ha fatto sì che il gruppo di Rutledge fosse l’unico in grado di
inviare i propri video deepfake per controllare la narrazione,
rendendo impossibile per i governi esterni coordinare una risposta
che non avrebbe messo in pericolo quelli interni. Le e-mail di
Serena Sutton agli agenti a casa e al Vicepresidente hanno permesso
di ottenere alcune informazioni, ma non sono state sufficienti per
poter agire, e la connessione non ha potuto essere stabilita di
nuovo poiché Serena e Demetrius erano in fuga.
Ciò ha reso estremamente importante
la guida spericolata della Bestia verso i cancelli dell’hotel da
parte di Elena Romano e del Primo Ministro
britannico Oliver Everett. Avendo passato gran
parte della serata a seguire il Presidente Sutton, sapevano di
potersi fidare di lei e del suo piano. Mentre i missili da cui
erano inseguiti li hanno quasi fatti saltare in aria, il fatto di
essere arrivati davanti ai loro alleati ha salvato le loro vite e
quelle di tutti coloro che si trovavano all’interno dell’hotel,
perché hanno potuto condividere il piano della Presidente Sutton
con il Vicepresidente Moseley e il direttore della
CIA Mikkelson.
La spiegazione del messaggio del
finale di G20
Come nei migliori film d’azione, la
collaborazione tra improbabili alleati contro un nemico comune è
ciò che spesso salva la situazione. Questo è anche un tema centrale
di G20, poiché il motivo per cui i leader mondiali
erano in pericolo aveva a che fare con il tradimento della
Presidente Sutton da parte del suo segretario al Tesoro che voleva
vendicarsi di lei. La Presidente Sutton ha messo in evidenza il
senso di comunità quando ha scelto di salvare
Melokuhle, Lesedi e gli altri
ostaggi perché era la cosa giusta da fare, avendo l’opportunità di
farlo in quel momento. Il messaggio generale è apparso nel Piano
Together del Presidente Sutton e nell’inevitabile cameratismo che
la situazione ha creato tra i membri del gruppo di Sutton.
Infatti, se all’inizio della serata
il Presidente Sutton ed Elena Romano non sopportavano il Primo
Ministro Everett, alla fine della stessa erano stretti alleati. La
comunità era anche in diretta opposizione a ciò che Joanna Worth e
Rutledge rappresentavano, poiché avevano organizzato quell’attacco
per promuovere i loro piani, la loro avidità e le loro rimostranze,
invece di pensare a chi stavano danneggiando direttamente e
indirettamente con le loro azioni al G20. Il film, in un’ultima
analisi, ribadisce l’importanza della cooperazione globale per far
fronte a situazioni di grave crisi, mettendo da parte le differenze
e superandole grazie alla coesione.
Ecco il trailer di
G20, il nuovo film Prime Video con il premio Oscar Viola Davis, disponibile dal 10 aprile sulla
piattaforma.
Quando il vertice del
G20 viene messo sotto assedio, il
presidente degli Stati Uniti Danielle Sutton (interpretata
dall’attrice Premio Oscar Viola Davis) diventa il bersaglio numero
uno. Dopo essere riuscita a sfuggire alla cattura da parte degli
aggressori, deve ingannare il nemico per proteggere la sua
famiglia, difendere il suo Paese e pensare alla salvaguardia dei
leader mondiali in una emozionante corsa contro il tempo.
G20
Diretto da Patricia Riggen
Con Viola Davis, Anthony Anderson, Marsai Martin, Ramón
Rodríguez, Douglas Hodge, Elizabeth Marvel, Sabrina Impacciatore,
Christopher Farrar e Antony Starr
Scritto da Caitlin Parrish & Erica Weiss and Logan
Miller & Noah Miller
Storia di Logan Miller & Noah Miller
Prodotto da Andrew Lazar, Viola Davis, Julius
Tennon
Arriva da The Hollywood Reporter
(via
ScreenRant) la notizia che la Paramount e la Hasbro sono in
trattative con gli sceneggiatori Joe Shrapnel
e Anna Waterhousee per la stesura dello script di
un nuovo film della saga di G.I. Joe. Il
film in questione non sarà un sequel dell’atteso Snake Eyes che dovrebbe arrivare il
prossimo ottobre nelle sale americane, ma un’espansione
dell’universo che poterà gli spettatori a scoprire ancora più in
profondità la squadra speciale anti-terrorismo.
Per quanto riguarda
Snake Eyes, il film basato sul personaggio
presente nei fumetti avrà come protagonista Henry Golding(Crazy & Rich, Last
Christmas) e dovrebbe raccontare le origini del personaggio.
La data di uscita nelle sale americane è fissata per il prossimo 23
ottobre, salvo cambiamenti dell’ultimo minuto causa pandemia di
Covi-19. Robert Schwentke(RED)
dirigerà su una sceneggiatura firmata da Evan
Spiliotopoulos(La bella e la bestia).
Il personaggio Snake
Eyes è un membro chiave del team G.I.
Joe, un abile combattente e maestro di armi con un passato
tragico. È apparso in entrambi i precedenti film sui G.I.
Joe, G.I. Joe: La nascita dei Cobra del 2009 e
il G.I. Joe: La vendetta del 2013. Nessuno dei
due film è stato accolto molto bene dalla critica, anche se al
botteghino hanno avuto buoni risultati. Poco dopo l’uscita del
secondo, è stato annunciato anche un terzo film, che però non è mai
stato realizzato a causa di problemi di schedule degli attori.
Snake Eyes è stato interpretato
negli ultimi due film dall’attore e artista
marziale Ray Park. Poiché lo spin-off è
destinato a essere un importante ripartenza per il franchise, il
personaggio è stato assegnato a Golding, attore che sta cominciando
ad essere sempre più presente sul grande e piccolo schermo.
Snake
Eyesruoterà intorno alla nascita del
protagonista che cerca di diventare un membro del Clan Arashikage,
team che ha lavorato come agenzia di serial killer per generazioni
usando l’inganno per guadagnarsi da vivere.
La Paramount
starebbe già pensando a un terzo film della serie dedicata ai
G.I. Joe: gli incassi del secondo
capitolo in pochi giornidiprogrammazione ne hanno del resto già
superato i costi.
G.I.
Joe – La Vendetta ha già incassato 132 milioni di
dollari, 51,7 negli USA e 80,3 nel resto del mondo, superando il
costo complessivo sostenuto, di 130 milioni, inferiore a quello del
primo film della serie, che si attestò sui 175 milioni. Secondo le
stime, G.I. Joe La Vendetta potrebbe arrivare ad incassare oltre
400 milioni di dollari, superando i 303 milioni del film
precedente.
Ecco un nuovo spettacolare trailer
di G.I. Joe –
La Vendetta, sequel di G.I. Joe: La
nascita dei Cobra e interpretato da Channing
Tatum. Il film, che verrà riconvertito in 3D per l’uscita
il 29 marzo negli States, vede trai protagonisti anche
Dwayne Jhonson e Bruce
Willis.
Dal video, che ci mostra qualche
sequenza inedita, sembra proprio che il film sarà molto divertente,
basato su forti scene d’azione, cosa che in parte vale anche per il
film precedente. Dirige Jon Chu, e nel cast
compaiono anche Adrianne Palicki, Walton Goggins, Ray Park,
Byung-hun Lee, Elodie Yung, RZA, Ray Stevenson e
D.J. Cotrona.
Il trailer italiano ufficiale di
G.I. Joe –
La Vendetta, il nuovo film d’azione con Channing
Tatum, Bruce Willis e Dwayne Johnson, da agosto 2012 al cinema. La
squadra dei G.I. Joe torna per stupirci con nuove avventure ed
effetti speciali. Chunning Tatum questa volta è affiancato da Bruce
Willis e Dwayne Johnson.
Deadline riporta la notizia che la
Paramount Pictures avrebbe offerto la regia del prossimo G.I.Joe3 a D.J. Caruso
(Eagle Eye, Disturbia). Al momento Caruso sarebbe in
trattative iniziali per prendere le redini del progetto dopo
l’abbandono di Jon M. Chu (che ha lasciato per
dedicarsi a Jem e le Holograms).
L’ultima volta che si era sentito parlare del film è stato
da parte del produttoreLorenzo diBonaventura ed erano in atto
le prime negoziazioni. I dettagli della trama del terzo episodio sono ancora vaghi, maci si aspetta che ruoterà intorno
alpersonaggio diDwayneJohnson, Roadblock. Ci si aspetta che
AdriannePalicki e la maggior parte del cast di
G.I. Joe – La Vendetta facciano ritorno
nel nuovo film.
Per quanto riguarda il nuovo
sceneggiatore Jonathan Lemkin, egli hagià lavorato condiBonaventura
per Shooter del
2007con Mark
Wahlberg, oltre ad aver già firmato sceneggiature
come quella de L’avvocato del diavolo e
quella di Arma Letale 4.Adesso che c’è uno
sceneggiatore, è plausibile che la fase produttiva di
G.I.Joe3 abbia luogo tra la
fine del primo trimestre e l’inizio del secondo trimestre del
2015.
Ci si aspetta che G.I.Joe3 faccia il suo debutto in
una data ancora non precisata dell’anno 2016.
Durante una recente intervista
rilasciata a Collider incentrata sul
lancio pubblicitario dell’atteso xXx Il ritorno di
Xander Cage, il regista D.J.
Caruso ha avuto modo di esprime le sue personali idee
circa la possibile realizzazione di un G.I. Joe
3, progetto per il quale egli è stato preso in seria
considerazione malgrado al momento siano subentrati tutta una serie
di intoppi e di rallentamenti che ritardano il concretizzarsi delle
riprese. Il regista ha affermato addirittura che un ipotetico
crossover con la mitologia
dei Transformers potrebbe dar vita a
qualcosa di davvero interessante, essendo entrato più volte in fase
di ideazione.
Pur ammettendo che la saga
cinematografica di G.I.
Joenon gode certamente al momento
di ottima salute – soprattutto dopo gli esiti sottotono dei
due capitoli finora prodotti, G.I Joe La nascita dei
cobra e G.I Joe La vendetta
-, D.J. Carusoha
affermato che ci sarebbero tutte le carte in regola per
un G.I Joe 3 davvero innovativo, anche
se al momento forse non tutte le carte giocano a favore. Il regista
ha infatti dichiarato che “beh, sì, l’idea c’è
sicuramente, ma la Paramount non è ancora pronta ad
imbarcarsi nel progetto. Tuttavia penso che se G.I.
Joe incontrasse in qualche
modo Transformers allora ne verrebbe fuori
qualcosa di grosso. Questo è esattamente quello che dovrebbero
accadere secondo me, ma capisco che i tempi non siano a ancora
maturi, perché in realtà la sceneggiatura che si stava
pensando di sviluppare e che avrebbe dovuto prevedere una
sorta di collisione fra i due mondi è risultata poco credibile in
questa forma iniziale. Infatti quando l’ho letta ho capito
subito che non eravamo ancora pronti … penso tuttavia che alla
fine questi due mondi avranno modo di incontrasi
e ciò probabilmente accadrà quando
Michael Bay deciderà di
conseguenza“.
Parlare di un possibile crossover
fra due saghe così particolari come quelle di G.I
Joe e Transformers appare
al momento qualcosa che supera persino l’immaginario
fantascientifico più spinto, tuttavia è indubbio che se il progetto
dovesse andare a buon fine in maniera coerente, entrambi i
franchise ne trarrebbero reciproco vantaggio. Con l’uscita del
prossimo Transformers The Last
Knightdiretto
da Michael Bay, è probabile
che D.J. Carusoarrivi
prima o poi a uno scambio di opinioni in grado dare corpo alla
sua folle idea.
Ultimamente non ci
sono state molte novità da parte della Paramount a proposito
di G.I. Joe3, ma
ora chelo
studioha
portatolo
sceneggiatoreJonathanLemkina
bordodel progetto per scrivere
lasceneggiatura del
film,le cose
dovrebberoiniziare a
muoversi diversamente.
L’ultima volta che si era sentito parlare del film è
stato da parte del
produttoreLorenzo
diBonaventura ed erano in
atto le prime negoziazioni. I
dettagli della trama del terzo
episodio sono ancora
vaghi, maci si aspetta che ruoterà intorno alpersonaggio
diDwayneJohnson, Roadblock. Ci si aspetta
che AdriannePalicki e la maggior parte del
cast di G.I. Joe – La Vendetta facciano
ritorno nel nuovo film.
Per quanto riguarda il nuovo
sceneggiatoreJonathan Lemkin,
egli hagià
lavorato condi Bonaventura per Shooter del 2007 con Mark
Wahlberg, oltre ad aver già firmato sceneggiature
come quella de L’avvocato del diavolo e
quella di Arma Letale 4.Adesso che c’è uno
sceneggiatore, è plausibile che la fase produttiva
di G.I. Joe3 abbia luogo tra
la fine del primo trimestre e l’inizio del secondo trimestre del
2015.
Ci si aspetta che G.I. Joe3 faccia il suo debutto in una
data ancora non precisata.