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Star Wars Episodio VII: Disney dà il via alle video audizioni

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Star Wars Episodio VII: Disney dà il via alle video audizioni

star-wars-episodio-VIIContinuano le operazioni di casting per Star Wars Episodio VII di J.J. Abrams e proprio come disse Saoirse Ronan poco più di un mese fa, “Ad Hollywood stanno provinando chiunque!” Ed è proprio così, visto che la Disney prenderà in considerazione la candidatura di chiunque provenga dal territorio nazionale. L’invito è infatti rivolto a tutti coloro che vorranno inviare un video per proporre una propria performance, nella speranza di essere scelti per un ruolo all’interno del film.

Nel frattempo vanno avanti le audizioni nel Regno Unito ed in alcune città degli Stati Uniti dove la Disney sarebbe attualmente alla ricerca di due giovani attori per le parti di Rachel e Thomas (che probabilmente sono nomi in codice). Di seguito vi proponiamo la descrizione dei due personaggi pervenuta attraverso il casting-call del film:

RACHEL: Giovane donna sui 17-18 anni. Deve essere bella, intelligente ed atletica. Apertura a tutte le etnie (tra cui bi-e multi-razziale). Era molto giovane quando ha perso i suoi genitori. Essendo sola al mondo, è stata costretta a crearsi la propria strada da sola in una città dura e pericolosa. Ora a 17 anni è diventata intelligente e forte. E’ in grado di prendersi cura di se stessa usando umorismo e coraggio per tirare avanti. Sempre una sopravvissuta, mai una vittima, le rimane la speranza dii potersi allontanare da questa dura esistenza per una vita migliore. Pensa sempre a ciò che può fare per andare avanti.

THOMAS: Giovane uomo tra i 19 ed i 23 anni. Deve essere bello, intelligente ed atletico. Deve avere oltre i 18 anni. È cresciuto senza l’influenza di un padre. Senza un modello di come essere un uomo, non ha un forte senso di se stesso. Nonostante questo, è intelligente, capace e mostra coraggio quando è necessario. Può apprezzare le assurdità della vita e capisce che non si può prendere la vita troppo sul serio.

C’è da credere che, con un invito come quello di cui vi abbiamo parlato poco sopra, saranno molti i giovani aspiranti attori che tenteranno l’impresa. Impresa ancora più ardua per la Disney e per la direzione del casting, che probabilmente dovranno visionare filmati a valanga cercando di scovare volti nuovi da inserire nell’assemble di Star Wars Episodio VII.

Vi ricordiamo che Star Wars Episodio VII uscirà al cinema nel 2015, per la regia di J.J. Abrams, basato su una sceneggiatura di J.J. Abrams e Lawrence Kasdan. Per tutte le notizie sulla nuova trilogia targata Disney vi segnaliamo il nostro speciale: Star Wars. La scheda del film: Star Wars: Episodio VII.

Fonte: Collider

Dark Places: un primo sguardo a Charlize Theron

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Charlize TheronEcco l’immagine che ci regala un primo sguardo a Charlize Theron nel nuovo thriller a tinte drammatiche da lei interpretato: Dark Places, atteso per il 2014 e diretto da Gilles Paquet-Brenner. Di seguito vi proponiamo la prima foto che immortala l’attice all’interno della pellicola:_DSC1203.NEF

Come possiamo vedere, in questa immagine dal film, Charlize Theron  indossa un berretto verde da camionista ed una giacca di pelle che le conferiscono l’aria di un vero e proprio maschiaccio. In Dark Places l’attrice e modella sudafricana, che a questo punto della sua carriera ha ampiamente dimostrato di essere un perfetto connubio tra bellezza e bravura, conduce un cast impressionante che include Corey Stoll, Tye Sheridan, Chloe Grace Moretz, Nicholas Hoult, Sterling Jerins e Christina Hendricks con Gilles Paquet-Brenner (La chiave di Sara) a dettare legge da dietro la macchina da presa.

Ecco la sinossi del film: Libby Day (Theron) all’età di 7 anni rimane l’unica sopravvissuta di un sacrificio a Satana in cui vede morire la madre e le due sorelle. Durante la sua testimonianza Libby incolperà dell’accaduto il fratello Ben, che verrà condannato all’ergastolo. Venticinque anni dopo, mentre Ben è ancora in carcere per l’orribile delitto, un gruppo di appassionati di crimine convincerà Libby a riesaminare gli eventi di quella notte, così che nuovi ricordi e vecchi sospetti improvvisamente irrompono di nuovo nella sua vita. Mentre informazioni scioccanti vengono alla luce, Libby inizia a mettere in discussione la propria testimonianza proponendosi di scoprire la verità sul suo tragico passato.

Fonte: IndieWire

Acrid recensione del film di Kiarash Asadizadeh

Acrid recensione del film di Kiarash Asadizadeh

di Francesca Vennarucci

acrid recensioneUn film corale Acrid, di Kiarash Asadizadeh, che si muove raccontando storie di matrimoni infelici e di personaggi che vivono in una solitudine di coppia che trova appagamento solo nell’affetto verso i figli o verso rapporti extraconiugali, un fallimento che riguarda ogni generazione.

acrid festival di roma 2013La narrazione si sviluppa con un intreccio molto ben articolato intorno a due famiglie dove l’amore è finito, e a tenere uniti sono i figli e la rassegnazione. I veri protagonisti però sono i sentimenti che scaturiscono dal tradimento, filo conduttore che permette al regista di raccontare una società ipocrita, quella iraniana, dove le persone non si sentono libera di seguire il proprio istinto, impedendo a se stessi e chi è accanto di essere felice. La speranza non vive neanche nelle nuove generazioni, dove la fiducia mal riposta mette in dubbio oltre l’amore anche le amicizie, e non lascia ai giovani nessun appiglio se non quei genitori che tra loro non riescono a comunicare e a donarsi più amore, ma fortunatamente riescono a trasmetterlo ai propri figli. Una denuncia dura all’ipocrisia della società e del peso che la tradizione può avere sulla felicità delle persone.

Quello che il regista con la sua pellicola lancia è un messaggio forte, che non lascia speranze e via di fuga se non con un percorso fatto di sofferenze e sensi di colpa, dove paura del giudizio del prossimo e di andare contro quella che è la morale di un modo di vivere della cultura con la quale si è cresciuti sono in certi casi più forte del raggiungimento della propria felicità. Acre è il titolo perfetto per un film che riesce a descrivere e a trasmettere al pubblico tutta l’amarezza e la sofferenza del tradimento.

Acrid è stato presentato in Concorso all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.

Festival di Roma 2013: il regista e il cast di Acrid presentano il film


acrid recensione festival di roma 2013Il regista del bellissimo AcridKiarash Asadizadeh, insieme al suo straordinario cast di bellissime attrici (Roya Javidnia, Ehsan Amani, Pantea Panahiha, Saber Abar, Shabnam Moghadami, Mahsa Alafar, Mahana Noormohammadi, Sadaf Ahmadi, Nawal Sharifi, Mohammadreza Ghaffari) ha presentato oggi alla stampa festivaliera il suo film, che gareggia nel Concorso e si candida a pieno titolo per portarsi a casa un premio per la migliore interpretazione femminili (di gruppo).

Che difficoltà ci sono state in Iran per produrre un film come Acrid?

“Nessuna difficoltà maggiore rispetto a tutte le altre proiezioni. Abbiamo avuto dei problemi per la distribuzione con la vecchia amministrazione, ma il nuovo Governo sembra più aperto al dialogo e siamo in trattativa e penso che non ci saranno problemi poi ad avere il permesso per le sale”.

acrid festival di roma 2013Questo è un film sulla famiglia, ma anche soprattutto un film sulle donne della famiglia che sembrano avere una coscienza maggiore?

“Le donne hanno un ruolo importantissimo nella famiglia, ma il mio intento era di raccontare anche i cambiamenti della struttura familiare e del cambiamento dei valori. Osservando le famiglie iraniane, soprattutto nell’ultimo decennio in cui ho cominciato a fare cinema, ho l’impressione che la struttura familiare si stia allentando, i componenti della famiglia hanno sempre meno rispetto reciproco. Ma non credo che sia una cosa solamente iraniana, da quello che vedo in giro credo sia un problema esteso a tutto il mondo”.

Il filo conduttore nelle storie narrate sembra essere il tradimento. 

“Il tema del tradimento nel mio Paese sta crescendo a vista d’occhio. Io da cittadino e da cineasta non posso fare a meno di mostrare ciò che accade intorno”.

Il cast di attrici, coinvolte in prima persona, ha raccontato l’interessante lavoro sul set e anche l’attualità del film, sottolineando anche come in alcuni casi la condizione dell’attrice coincidesse proprio con la condizione del personaggio che stava interpretando in quel momento in scena.

Qui la gallery del Festival di Roma:

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Il Venditore di medicine conferenza stampa del film

Il Venditore di medicine conferenza stampa del film

Quest’oggi presso l’AuditoriumArte si è tenuta la conferenza stampa del film Fuori Concorso Il venditore di medicine di Antonio Morabito. In sala oltre al regista era presente il cast, composto da Claudio Santamaria, Isabella Ferrari e Ignazio Oliva ed il produttore Matteo Pagani.

Come è stato pensato il personaggio di Bruno?
Antonio Morabito:
Stiamo parlando di una persona che all’interno di una situazione dilagante, di corruzione non rappresenta uno dei primi artefici, cioè uno dei vertici che muovono i fili di questa dinamica, ma rappresenta anche la vittima di questo ingranaggio, questo perché volevo assolutamente far vedere come questo problema, la corruzione tra la farmaceutica e la sanità, sia un qualcosa di vicinissimo a noi, non stiamo parlando dei grandi soprusi che le nazionali del farmaco fanno nel sud del mondo. Ma stiamo parlando del nostro medico di fiducia, il medico di base. Volevo porre l’accento di quanto fosse un qualcosa di molto prossimo a noi.

IL VENDITORE DI MEDICINE (6)Il film nasce da quale esigenza?
A.M.:Nasce da un’esigenza personale perché io purtroppo mi sono trovato a con necessità di trovare un farmaco per una malattia rara che colpì mio padre, prima che questo farmaco fosse messo in commercio in Italia ed in occidente. Questo farmaco già esisteva in altre parti del mondo ma l’FDA non dava il permesso di entrare nel mercato. Siccome vengo da una famiglia di medici, i miei zii, i miei nonni erano medici, ho sempre visto la malattia e il farmaco come un qualcosa di molto regolato. Non riuscendo a trovare questo farmaco ho provato a interessarmi personalmente sul perché e perciò ho scavalcato quella linea immaginaria che c’è tra la sanità e la farmaceutica, per vedere tutti le fasi di un farmaco e lì mi si è aperto un mondo. Che ho approfondito conoscendo una marea di informatori del farmaco delle più disparate case farmaceutiche, ma anche medici che operano oggi nel settore, e lì sono arrivato a capire come funzionano le cose, purtroppo sottolineo che questo non si tratta solo di poche “mele marce” ma purtroppo si tratta dell’andazzo del sistema.

Claudio tu sei protagonista di questo film, sei vittima e carnefice
C.S.: Il film prende il punto di vista da questa figura che è l’ultima ruota del carro, colui che conta meno di tutti, ma rappresenta non solo dell’informato scientifico ma una classe molto precisa, l’uomo con la valigetta, il rampante, colui che cerca di raggiungere un certo status sociale della ricchezza, ed è proprio questo il meccanismo che funziona tanto nel film, perché è il carnefice e anche vittima, perché di fatto per sostenere questo ritmo e questa pressione che viene dall’alto è costretto di fatto a drogarsi, quello che gli prescrive il suo medico non è altro che cocaina legale, anfetamina. Non solo questo ma attraverso i suoi strumenti, fa del male anche alla sua famiglia, distrugge ciò che ama, sua moglie, ritrovandosi dall’altra parte e forse capisce davvero e profondamente di cosa si tratta il suo lavoro.

Isabella e Ignazio siete due lati opposti dello stesso sistema.
Isabella Ferrari: Mii sono resa conto di avere un personaggio che comunque era tanto che non mi veniva offerto, lontano dai ruoli fatti ultimamente, quindi c’era una curiosità d’attrice che si muoveva, inoltre è un opera prima, in qualche modo, è un film di denuncia, un film che socialmente e politicamente ha un senso farlo oggi. Poi portato da Matteo Pagani un produttore che io stimo e seguo da sempre quindi non ho avuto dubbi. Ho avuto un po’ di dubbi quando l’ho letto perché mi sembrava, terribilmente forte, che non poteva essere reale, questa capo area con una totale mancanza di umanità. La mia preoccupazione era capire se era reale lo script, ho preso le mie informazioni, ho incontrato due capo area, è molto difficile parlare di queste cose, quindi ho sentito una sorta di fastidio, perciò ho fatto leggere solo le mie battute. E loro mi hanno confermato questo sistema. Inseguito mi sono buttata nella direzione che mi ha dato il regista.
Ignazio Oliva: Io rappresento la parte etica ed è stata abbastanza facile farla, perché siamo più o meno tutti sulla stessa onda, il regista ha voluto fare il film per denunciare la situazione che per me è oggettiva ed è vera. Ed io rappresento secondo me quel tipo di medici, che secondo me esistono, che ci sono, che vanno valorizzati, quelli che si rifiutano di stare al gioco, rischiando il lavoro, la vita e tutto quello che ne consegue. Per me è stato un grande piacere ed onore lavorare con tutti loro.

IL VENDITORE DI MEDICINE (2)Data la forza del messaggio che viene trasmesso dal film, siete mai stati ostacolati durante la produzione?
Matteo Pagano: Ti ringrazio ma non c’è stato nessun coraggio, è stata una necessità. Antonio mi ha portato questa storia ed è interessantissima, non credo che serva tanto coraggio per dire la verità. Tengo a precisare che tutto quello che c’è nel film è assolutamente vero. Non c’è un minimo di esagerazione, anzi c’è una forma di riduzione dell’evidenza.
A.M: Si ci sono state, a parte le varie lettere al limite della protesta, ci sono arrivati insulti…anche fantasiosi, di informatori e medici indignati, che “la sanità venga sempre dipinta in questo modo” oppure “diamo una brutta immagine dell’Italia”. Infatti, quando abbiamo fatto la conferenza stampa a Bari tre giorni prima delle riprese, il direttore sanitario dell’ospedale che già avevamo contattato per usare l’ospedale per girare, inseguito a questa conferenza, revocato l’utilizzo dell’ospedale. Così come anche i tre medici che ci avevano dato il loro studio privato. E questi tre medici lavorano nello stesso ospedale di quel direttore sanitario….sicuramente sarà stato un caso!

Qual’è la sua posizione sulle staminali?
A.M: Fare questo film fa male proprio perché la sanità Italiana avrebbe un grosso potenziale, ci sono paesi al mondo che non hanno sistemi sanitari come il nostro, per cui vederlo distrutto e stracciato fa ancora più male. Per quanto riguarda le staminali non capisco perché la ricerca venga così frenata.

Quanto sei stato costretto a censurarti?
A.M.: A me è piaciuto molto The Costant Gardner, però guardando quel film lo sento un po’ protetto dalla distanza, quello è anche un film d’inchiesta che fa vedere questi grandi meccanismi a livello dei vertici, io volevo fare un’altra cosa, volevo far vedere che noi questi livelli ce li abbiamo in casa e ci viene presentato dal nostro dottore, e questa cosa secondo me si può fare solo se si rimane appiccicati al suo personaggio e si diventa la sua ombra, facendogli pressione con la macchina da presa.

Sorrow and Joy recensione del film di Nils Malmros

Sorrow and Joy recensione del film di Nils Malmros
sorrow and joy recensioneIl regista danese Nils Malmros ci accompagna con Sorrow and Joy (Sorg og Glaede) in un viaggio nei ricordi e nella vita di un regista cinematografico, alle prese con la revisione della sua storia d’amore con Signe, sua compagna da due anni, che durante una fortissima crisi psicotica, ha ammazzato la loro figlioletta di nove mesi, Maria.
Siamo negli anni ’80 e di ritorno da una prestigiosa conferenza universitaria, Johannes, acclamato regista danese, trova la sua casa immersa nel lutto. In un momento particolarmente difficile della sua vita, la sua compagna affetta da depressione ha ucciso con un coltello da cucina la figlia di soli nove mesi.

sorrow and joy recensione poster

A partire dalla constatazione della tragedia e dal ricovero in una clinica psichiatrica della donna, Johannes inizierà un percorso interiore che lo porterà a raccontarsi e raccontarci il suo incontro con Signe, la sua vita con questa donna complicata e il lento sprofondare della donna, non adeguatamente curata, in un baratro che presto, come purtroppo sappiamo, la inghiottirà.
Il tronfio regista protagonista della pellicola di Malmros fa un resoconto apparentemente oggettivo della sua relazione con questa donna, mostrandosi inconsapevolmente inadeguato ad avere a che fare con una psicologia così fragile. In maniera speculare però anche il regista  di Sorrow and Joy si ritrova ad essere completamente inadeguato nell’inquadrare, raccontare e commentare il disagio mentale e le dinamiche che intorno ad esso proliferano con una complessità davvero difficile da raccontare in maniera assoluta, e non solo per il cinema.
Nel tratteggiare il personaggio di Signe, il regista sembra voler ricondurre la nascita del suo disagio all’adolescenza, periodo notoriamente complicato e formativo per tutti gli esseri umani. Allo stesso modo diversi accenni si fanno al background familiare in cui è presente il disagio mentale, vissuto come macchia, come vergogna e come (ovviamente) portatore di grande sofferenza. Anche se le fondamenta del racconto sono gettate con cognizione di causa, il film naufraga in un abisso di irrealismo. L’immensa sofferenza che dovrebbe trasmettere la situazione narrata sembra scivolare sugli interpreti che appaiono freddi, inconsistenti e forse inadeguati a raccontare una storia potenzialmente molto potente ma sciupata da un’eccessiva lunghezza del film e da un’approssimativa messa in scena di quei sentimenti fondativi dell’essere umano che si vorrebbero invano mettere in mostra.
Presentato in Concorso all’ottava edizione del Festival di Roma, Sorrow and Joy ha il sapore dell’occasione persa, dell’idea sprecata, dell’approssimazione con cui troppo spesso viene affrontato al cinema l’insondabilità della mente umana.

 

Festival di Roma 2013 La Santa conferenza stampa del film

Festival di Roma 2013 La Santa conferenza stampa del film

la santa conferenza stampa

Al Festival Internazionale del Film di Roma è stato proiettato oggi il film La Santa, diretto da Cosimo Alemà, che abbiamo recensito qui. A seguire c’è stata la conferenza stampa del film, alla quale ha partecipato tutto il cast principale, il regista e i produttori.

Visto che la carriera professionale del regista Alemà è nata con i video musicali, gli è stato chiesto come mai poi fosse approdato al cinema. “Si tratta di un passaggio naturale. Tutti i registi che vogliono fare film partono da altro, come dalla pubblicità”. Il regista ha poi espresso una considerazione sul genere e sull’ambientazione del film: “Questo è un film di genere, anzi direi che è un meltin-pot di generi. Considero l’ambientazione come uno dei protagonisti. La “pietra leccese” è sempre presente”.

A tutti gli attori è stata poi rivolta una domanda sul rapporto con il regista durante le riprese e se quest’ultimo avesse lasciato più o meno libertà. Francesco Siciliano, uno dei protagonisti, ma anche produttore del film, ha dichiarato: “Cosimo ha diretto in maniera straordinaria una troupe molto giovane. Lo considero un regista colto, nelle sue riprese nulla è lasciato al caso, tutto viene costruito alla perfezione. Il nostro era un progetto low-budget, abbiamo realizzato il film con 180.000 euro e per fare questo serve una grande organizzazione”.

Anche Marianna di Martino ha espresso parole di elogio per il regista e per il progetto in generale: “Proprio perché si trattava di un progetto con un budget limitato, tutti mettevano il 100%. Io sono entusiasta di Cosimo. Mi ha messo alla prova con scene molto forti sia fisicamente che emotivamente. Mi ha lasciato fare e ha lasciato che il mio flusso emotivo venisse fuori fino alla fine“.

Il regista ha preso nuovamente la parola alla fine, chiudendo la conferenza con una considerazione sul film stesso: “La Santa vuole essere una sorta di metafora. Lo scopo era quello aprire una parentesi dove entrassero uomo e natura. Quando queste due realtà di scontrano è inevitabile che nasca qualcosa di forte. L’epilogo è quasi psichedelico“.

Qui tutte le foto del Festival:

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Scarlett Johansson, Joaquin Phoenix e Rooney Mara: le foto sul red carpet

Festival-di-roma-2013-Scarlett Johansson-Joaquin PhoenixScarlett Johansson, Joaquin Phoenix e Rooney Mara  hanno infiammato il terzo girno del Festival di Roma 2013, ottava edizione dell’evento diretto da Marco Muller, al secondo anno al timone della kermesse capitolina ha accolto nella bellissima cornice dell’Auditorium le tre star internazionali, ecco tutte le foto sul red carpet:

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Romeo e Giulietta: recensione del film di Carlo Carlei

Romeo e Giulietta: recensione del film di Carlo Carlei

Fuori Concorso al Festival del Film di Roma è stato presentato oggi Romeo e Giulietta diretto da Carlo Carlei e adattato da Julian Fellowes, scrittore dell’acclamata serie tv della ITV britannica Dowtown Abbey.

La storia è conosciuta da gli amanti della letteratura inglese e no, anche grazie a gli adattamenti cinematografici fatti in precedenza, ma ripassiamola insieme! Un odio antico divide le due famiglie di Verona i Montecchi e i Capuleti, sempre pronti a darsi battaglia , disobbedendo al volere de Il Principe di Verona (Stellan Skarsgard). Il giovane Romeo (Douglas Booth) erede dei Montecchi invece non pensa a combattere, ma all’amore. Per seguire Rosalina (Nathalie Rapti Gomez) la sua amata, Romeo insieme a Benvoglio (Kodi Smit-McPhee ) e Mercuzio (Christian Cooke) finisce ad un ballo in maschera a casa dei Capuleti. La festa è stata organizzata da Lord e Lady Capuleti (Damian Lewis e Natascha McElhone) per presentare in sposa la loro figlia Giulietta (Hailee Steinfeld) al facoltoso Paride (Tom Wisdom). Ma Giulietta è ancora piccola e non è pronta per il matrimonio, cosa di cui è convinta anche la sua balia (Lesley Manville).

Romeo e Giulietta recensione del film di Carlo Carlei

Uno scambio di sguardi tra Romeo e Giulietta e i giovani si dimenticano di tutto, rimanendo incantati all’istante. Il cugino di Giulietta,Tebaldo (Ed Westwick) accecato dall’odio per i rivali Montecchi riconosce subito gli ospiti sgraditi e lo comunica alla famiglia, facendo arrivare la notizia anche ai due amanti che nel frattempo erano riusciti a scambiarsi un veloce bacio e una promessa d’amore. Con l’aiuto di Frate Lorenzo (Paul Giamatti) e della balia, Romeo e Giulietta si sposano in segreto, convinti che l’unione annienterà l’odio tra le famiglie, ma è solo l’inizio della più tragica storia d’amore mai raccontata. Ora la domanda è : c’era bisogno di un’ennesima versione del dramma d’amore Shakespiriano per eccellenza? La risposta è probabilmente no.

Probabilmente no perché per quanto ci sia la buona volontà di mantenere il testo originale di Shakespeare, nel 2013 un linguaggio del genere non funziona per un prodotto di due ore. L’idea di riproporre il dramma nell’ambientazione originale Rinascimentale è apprezzabile, per quanto una nota stonata di moderno avrebbe movimentato le cose. Sarà che il Romeo+Juliet di Baz Lhurman del 1996 aveva dato tutta un’altra interpretazione e una svolta alla storia, che questo adattamento risulta lento e tedioso, per quanto fedele all’originale. Certi personaggi, in particolare il Tebaldo interpretato da Ed Westwick a volte sfocia nel ridicolo, non riuscendo a risultare credibile. Mentre Hailee Steinfeld, Douglas Booth e Christian Cooke mostrano una maturità nella recitazione che può essere applaudita oltre il film. Paul Giamatti e Damien Lewis da grandi attori riescono a dare la loro impronta, ma anche qui si parla di una piccola nota positiva.

La regia di Carlo Carlei risulta più televisiva che cinematografica, ricordando a tratti addirittura Fantaghirò , non brillando particolarmente. Mentre va un applauso ai costumi , realizzati nei minimi dettagli da Carlo Poggioli che nel suo curriculum vanta anche l’ultimo “Abrham Lincoln” e “Seta”. La ricostruzione degli abiti Rinascimentale è precisa fino all’ultimo brillantino Swarosky (che con la Swarowsky Enternainement è alla sua prima intera produzione di un film ), con classe e ottima fattura. Milena Canonero, la costumista vincitrice di diversi premi tra cui Academy Awards è co-produttrice per Romeo e Giuletta, ma sicuramente c’è una sua collaborazione anche nella supervisione dei costumi.

La riproposizione del testo originale di Shakespeare nei dialoghi può essere positiva solo per un pubblico giovane che si avvicina al dramma per la prima volta e quindi può esserci uno scopo educativo, ma a parte questo è un film che non coinvolge più di tanto essendo il soggetto conosciuto e privo di colpi di scena che potrebbero tenere lo spettatore sveglio.

Romeo e Giulietta recensione

 

Twitt dal Festival: Who is Dayani Cristal? e Sorrow and Joy

Sorrow and joyTwitt dal Festival, 140 caratteri istantanei per le opinioni a caldo del nostro collega e collaboratore Prof. Marco Stancati che ci indirizzeranno il pubblico verso i titoli di maggir richiamo. Oggi è il giorno di due titolo, WHO IS Dayani Cristal? e SORROW AND JOY..

#Romaff8, WHO IS Dayani Cristal? Centro America – USA: un’altra immigrazione, un’altra Lampedusa, un’altra repressione. E morti senza fine.

#Romaff8, SORROW AND JOY. Regista in carriera e moglie psicotica: amore così forte da superare un dramma sconvolgente. E sarà l’ultimo film.

Vi ricordiamo che le opinioni dell’esperto in comunicazione Marco Stancati si possono anche leggere sul suo profilo Twitter.

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Ecco tutte le nostre Foto dal Festival:

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Il venditore di medicine: recensione del film

Il venditore di medicine: recensione del film

Presentato Fuori Concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, Il Venditore di Medicine di Antonio Morabito è un film che attraverso le vicende fittizie di Bruno risalta uno spaccato di vita italiano ben noto ma poco approfondito dal mondo cinematografico. Difatti viene portata in scena più che un episodio di “mala sanità”, un vero e proprio sistema contraddistinto dal mero baratto, che non riguarda le sale operatorie ma piuttosto illustra ciò che lega le case farmaceutiche e i medici. Seppur i personaggi e i luoghi siano fittizi, nella storia è evidente l’impronta documentaristica con cui viene sviluppata e intrecciata la storia di Bruno. Egli è interpretato da un bravo Claudio Santamaria, la cui funzione principale è di stare sulla soglia di questo mondo e indirizzare lo sguardo dello spettatore.

In Il venditore di medicine Bruno è un informatore medico. La sua azienda, la Zafer, sta vivendo un momento difficile. Pur di non perdere il suo posto di lavoro, Bruno è disposto a corrompere medici, a ingannare colleghi, a tradire la fiducia delle persone a lui più vicine. E se alcuni dottori si rifiutano di prestarsi a questo gioco, molti di loro non si sottraggono affatto.

Il venditore di medicine, il film

Quando indossa il suo completo e la valigetta con i campioni omaggio, viene rappresentata l’intenzione della sceneggiatura di fare luce in questo mondo. Quindi, assistiamo Bruno nella sua giornata tipo, portando in rilievo un mondo fatto di medici-regine e di primari-squali il cui pregio più rilevante è di essere corrotti e amorali. In queste scene lo vediamo sfoderare le sue doti di “venditore” che asseconda i vezzi e i desideri dei dottori che parlano di “piazzare” prodotti o “spingere” determinati medicinali. Nell’altro aspetto, quello fittizio, assistiamo alla sua vita familiare; preoccupato di un amico malato e di sua moglie, che gli mostrano il contraddittorio della sua doppia vita e come questo lavoro lo ha reso un uomo disposto a tutto per mantenersi un lavoro che lo porta ad assumere pillole per l’ansia per placare i suoi dubbi di coscienza.

Sarà proprio questa sfera a frenare un potenziale thriller; poiché seppure la vicenda sia lineare e ben dettagliata con i suoi gerghi e i suoi intrallazzi, tiene comunque lo spettatore lontano, fuori dal disincanto della storia facendo risultare di troppo le vicende private che portano il bilanciamento nella storia senza aggiungere nulla di nuovo; mentre invece sarebbe stato interessante seguire altri percorsi narrativi, come quelli del Dr. Sebba (Ignazio Oliva), che potevano esaurire il quadro narrativo.

Il venditore di medicine è un buon film che porta una storia inedita nella nostra cinematografia ma che perde nella seconda parte tutta la tensione ben costruita nella prima. Il regista riesce comunque a far passare le vicende sulle multinazionali farmaceutiche e sul vero costo della salute, reso un semplice prodotto “commerciale”.

Festival di Roma 2013: Conferenza Stampa Song’e Napule il film dei Manetti Bros

Song e Napule

Quasi tutto il cast al completo è arrivato al Festival del Film di Roma per presentare in conferenza stampa il film Song’e Napule dei Manetti Bros.

Antonio e Marco Manetti, Giampaolo Morelli, Alessandro Roja, Serena Rossi e Paolo Sassanelli hanno divertito la sala stampa con la loro goliardia e genuinità trasmessa anche nel film.

Prima di iniziare è stato dedicato un doveroso applauso al produttore Luciano Martini che voleva a tutti i costi che Song’e Napule venisse realizzato, e così è stato prima della sua scomparsa : “Luciano ha fortemente voluto questo film.” commenta Antonio Manetti del duo di registi romani. “Siamo orgogliosi di aver fatto l’ultimo film di Luciano Martini e si può dire che questo film è più suo che nostro.”.

Giampaolo Morelli spiega poi come gli è venuta l’idea del film : “A me piace molto questo genere e io vengo dal’Arenella, un quartiere di Napoli che si trova diciamo nel mezzo. Mi intrigava l’idea di mettere un napoletano borghese in mezzo ad un tessuto sociale più popolare – il personaggio di Paco – e cosa c’è di più popolare del neo melodico? Volevo fortemente raccontare di questo mondo fatto di videoclip pieni di cuori e sentimenti e soprattutto sfatare il mito dei cantanti neo melodici che vanno a braccetto con la camorra. Ma soprattutto volevo mostrare Napoli ai Manetti Bros, perchè secondo me la vedevano nello stesso modo in cui la vedevo io e così è stato. Diciamo che non la sentivo rappresentata a dovere dai film degli ultimi anni come Gomorra o i film di Nanni Loi.”

L’altro protagonista, Alessandro Roja racconta che “questo era un ruolo troppo succulento per lasciarmelo sfuggire, per uno come me sempre a caccia di ruoli diversi e interessanti” , mentre Serena Rossi, che in Song’e Napule interpreta la sorella di Morelli, è stata contentissima di questa sua prima esperienza cinematografica e si trova nella situazione di Roja “visto che lui da romano ha interpretato un napoletano, io da napoletana interpreterò una romana” nella nuova produzione di Rugantino a teatro a fianco di Enrico Brignano.

Tutte le nostre Foto dal Festival:

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La Santa recensione del film di Cosimo Alemà

La Santa recensione del film di Cosimo Alemà

la santa recensione

La Santa di Cosimo Alemà è stato presentato al Festival Internazionale del Film di Roma 2013 nella categoria “fuori concorso”.

Quattro persone, differenti per età, carattere, abitudini, si recano in un paesino della Puglia per rubare la statua della santa patrona, di grande valore, convinti che sia un gioco da ragazzi. Ci riescono, ma non hanno fatto i conti con il paese: dopo meno di un minuto, tutti i cittadini sanno cosa i quattro hanno rubato e che stanno scappando. Comincia la caccia, senza pietà.

Con un cast non altisonante (intendiamoci, parliamo di nomi), dove spicca il più giovane Gianluca Di Gennaro e talvolta la protagonista femminile Marianna Di MartinoLa Santa parte da un’idea interessante, sviluppando una trama originale e riuscendo a mantenere sempre viva l’attenzione, seguendo quattro storie distinte, visto che il gruppo si separa, pur figlie di una stessa madre. Dentro c’è un po’ di tutto: dall’azione alla drammaticità, ad una piccola dose di humour “scuro”, con un tocco di noir, specie nel raccontarsi dei personaggi.

Il furto della santa colpisce l’animo del paese, non certo per il presunto valore economico che dovrebbe avere, quanto per una profonda ferita nell’orgoglio, un discorso di “principio”, doversi riprendere ciò che è proprio a qualsiasi costo, fucili compresi. Una violenza inaspettata, diabolica, talmente eccessiva da risultare alla fine veritiera e una delle cose più riuscite del film.

Alemà però si rifugia troppo dentro una citazione che pronuncia uno dei suoi attori nei minuti iniziali: “È un film, per forza deve andare così”, riferendosi ad un’altra pellicola, in una stravagante conversazione tra i personaggi. Come a dire che nei film qualcosa deve succedere per forza ed è normale che alcuni passaggi servano per arrivare ad altri. Difficile non essere d’accordo in senso assoluto e ragionando solo in quest’ottica è possibile giustificarli tutto. Ma il discorso vale solo quando non se ne sente il peso. Uscendo dallo schema, o almeno prendendolo con le molle, si tocca con mano uno script forzato e uno svilupparsi dei personaggi che sembra costruito ad hoc per arrivare a determinate conclusioni, anche fini a se stesse. Così, si accelera e si frena a seconda del momento e sembra che la frase citata sia un espediente per giustificare e mettere le mani avanti su ciò che arriverà.

Non mancano frecciatine al mondo religioso, a partire dal furto della santa, ma anche immagini visuali più o meno sacre e sequenze in compagnia di suore e scuole cattoliche.

Alemà ha creato un prodotto dove l’azione risulta anche avvincente e mai noiosa, aiutata dalle quattro storie che si alternano; ma si avverte  il peso di una sceneggiatura troppo indirizzata, rinchiusa dentro al concetto: “è un film, per forza deve andare così”.

La nostra foto gallery del Festival:

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Box Office ITA dell’11 novembre 2013

Box Office ITA dell’11 novembre 2013

Sole a Catinelle domina il box office con incassi stellari, seguito dalle new entry Planes e Prisoners. Ma decisamente non c’è concorrenza.

Dopo l’exploit del primo weekend, Sole a Catinelle conferma ovviamente la prima posizione con un incasso altrettanto stellare. Negli ultimi quattro giorni, il film con Checco Zalone ha incassato ben 11 milioni di euro in oltre 1000 sale, giungendo alla bellezza di 34,5 milioni di euro in appena undici giorni. E’ evidente che il campione di incassi sarà in grado di superare i 44 milioni globali registrati a fine corsa da Che bella giornata, con un passaparola e un andamento impressionante in pochissimi giorni. Neppure Avatar di James Cameron, che primeggia nella classifica italiana dei maggiori incassi di tutti i tempi, riuscì a incassare una cifra di questa portata in così poco tempo.

Il resto della classifica registra risultati decisamente al di sotto per via del dominio incontrastato di Sole a Catinelle al box office italiano. Gli altri due gradini del podio sono occupati da due new entry. Il film della Disney Planes apre al secondo posto con 1,4 milioni incassati in 536 copie, mentre il thriller Prisoners con Hugh Jackman esordisce in terza posizione con 609.000 euro in circa 270 sale a disposizione.

Cattivissimo Me 2 scende al quarto posto con altri 531.000 euro, arrivando a quota 15,3 milioni. Captain Phillips – Attacco in mare aperto perde due posizioni rispetto all’esordio, giungendo a 1,3 milioni totali con altri 402.000 euro.

Seguono altre due novità del fine settimana. Machete Kills di Robert Rodriguez apre al sesto posto con 360.000 euro incassati in 193 copie, mentre la commedia romantica Questione di tempo di Richard Curtis debutta con 345.000 euro in 218 sale disponibili.

Alle posizioni successive troviamo pellicole in calo, ossia Ender’s Game (214.000 euro) e La Vita di Adele (175.000 euro), giunti rispettivamente a 928.000 euro complessivi e 1,3 milioni.

Chiude la top10 un’altra new entry. Presentato all’ultimo Festival di Cannes, Giovane e Bella esordisce in coda della top10 con 156.000 euro. Il film di François Ozon è stato lanciato in appena 62 copie, ottenendo una buona media di poco inferiore ai tremila euro.

Buon Compleanno Leonardo Di Caprio

Buon Compleanno Leonardo Di Caprio

Si chiama come Leonardo Da Vinci perché ha dato il primo calcio nel pancione mentre la mamma ammirava un dipinto del celebre artista. E il nome ha portato fortuna a Leonardo Di Caprio, che esordisce a soli 3 anni in uno show per bambini e, dopo la gavetta in TV, nel ‘93 debutta al cinema con De Niro in Voglia di ricominciare. Nello stesso anno è anche il fratello handicappato di Johnny Depp in Buon compleanno Mr. Grape, per cui si becca le nomination al Golden Globe e all’Oscar.

Anche i personaggi successivi sono impegnativi – vedi il tossico di Ritorno dal nulla e il tormentato Rimbaud in Poeti dall’inferno – per non parlare dell’eroe shakespeariano in Romeo + Giulietta  di Baz Luhrmann, con cui conquista il Festival di Berlino e milioni di ragazze. La sua faccia monopolizza diari e pareti, e le cose peggiorano quando nel ‘97 esce Titanic. Jack Dawson è il re del mondo, ma anche dei cuori delle spettatrici che assistono impotenti al tragico epilogo.

Quanti accidenti si è presa la povera Rose! È vero, quella zatterella bastava per tutti e due, ma la licenza artistica dove la mettiamo? Il colossal di Cameron lancia Leo nell’olimpo di Hollywood, eppure, malgrado la scia del Titanic, La maschera di ferro e The beach non fanno faville, e Di Caprio vira verso progetti più tosti, dando il via al suo sodalizio con Scorsese, che nel 2002 lo dirige in Gangs of New York, per poi riconfermarlo come protagonista in The aviator (2004), The departed (2006), Shutter Island (2010) e l’imminente The wolf of Wall Street.

Ma Leo collabora anche con altri registi DOC come Spielberg (Prova a prendermi), Edward Zwick (Blood Diamod), Ridley Scott (Nessuna verità), Sam Mendes (Revolutionary Road, dove torna a lavorare con la naufraga Kate Winslet), Christopher Nolan (Inception), Clint Eastwood (J. Edgar), e Tarantino, che finalmente lo convince a fare il cattivo in Django Unchained (dopo il no di Leo all’Hans Landa di Bastardi senza gloria – p.s. Christoph Waltz ringrazia per l’Oscar). Ultimamente lo abbiamo rivisto al servizio di Luhrmann nelle bianche vesti di Gatsby, che si strugge d’amore per la Daisy di Carey Mulligan; nella vita vera, invece, frequenta una modella tedesca appena ventenne, Toni Garnn, l’ultima di una lunga serie di top. Ci si potrebbe organizzare un defilé con le sue ex: Gisele Bundchen, Bar Rafaeli, Erin Heatherton; magari lasciamo fuori Aretha Wilson, una modella che nel 2005 a un party gli ha tirato in testa una bottiglia rotta (= 17 punti di souvenir), ma buttiamo in passerella un’altra fiamma di Leo, l’attrice Blake Lively (ora Mrs Reynolds).

Ha buon gusto Di Caprio (pur essendo vegetariano) e di certo gradirà la nostra torta. Speriamo che ci inviti nella sua isola del Belize con gli amichetti del cuore – Winslet, Haas, Maguire – per spegnere le candeline (rigorosamente eco-compatibili). HAPPY BIRTHDAY LEO!

The Railway Man i character poster con i protagonisti

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The Railway Man i character poster con i protagonisti

The-Railway-ManArrivano i primi character poster per The Railway Man di Jonathan Teplitzky (Gettin’ Square, Better than Sex),film tratto dall’autobiografia di Eric Lomax, tenente dell’esercito inglese portato in Giappone durante la seconda guerra mondiale come prigioniero di guerra.
La pellicola che uscirà in Australia e Regno Unito tra la fine del 2013 e inizio 2014 vede protagonisti Colin Firth, Nicole Kidman,Stellan Skarsgard,Hiroyuki Sanada e Jeremy Irvine.
Di seguito potete ammirare i poster

La sinossi del film: Fin dall’infanzia Eric Lomax era appassionato di treni. Per uno scherzo del destino, è stato catturato dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale e mandato in Thailandia a lavorare alla ferrovia Burma-Siam, il progetto barbarico che ha richiesto le vite di 250 mila uomini. Lì costruii una radio per ricevere notizie sulla guerra e in segreto disegnò una mappa della ferrovia. Per questo, Lomax è stato sottoposto a torture e interrogatori estenuanti. In mezzo a tutto ciò c’era Nagase Takashi. un giovane soldato giapponese che traduceva le domande del suo aguzzino e le risposte di Lomax. Trenta anni dopo, Lomax ha cercato il suo molestatore giapponese, incontrandolo su una collina sul fiume Kwai. Ma il motivo per cui Takashi voleva voleva incontrare Takashi non era la vendetta. Era la riconciliazione.

Fonte: Impawards

Oldboy tre nuove clip e un greenband trailer

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Oldboy tre nuove clip e un greenband trailer

oldboyA poche settimane dall’uscita nei cinema USA, cresce l’attesa per vedere in sala Oldboy di Spike Lee,remake del classico di Park Chan-Wook,con Josh Brolin nei panni di Joe Doucett.

Di seguito trovate il greenband trailer(in cui non vi sono scene di violenza esplicite) e tre nuove clip.

Il Trailer

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E le Clip

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Il film, remake dell’omonima pellicola di Park Chan-wook, è diretto da Spike Lee ed è atteso nei cinema statunitensi il 27 novembre. Oldboy è un thriller provocatorio e viscerale che racconta la storia di Joe Doucette, un uomo che senza alcuna ragione apparente, viene improvvisamente rapito e tenuto in ostaggio in completo isolamento, per vent’ anni. Al momento del suo rilascio inaspettato, e senza alcuna spiegazione, inizia una missione ossessiva per scoprire chi lo ha imprigionato, anche se quel che emergerà è che il vero mistero è il motivo della sua liberazione.
Nel remake firmato Spike Lee vedremo un cast comprendente gli attori Josh Brolin, Elizabeth Olsen, Sharlto Copley, Samuel L. Jackson e James Ransone.

L’Evocazione – The Conjuring avrà due spin-off

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L’Evocazione – The Conjuring avrà due spin-off

Dopo il grandissimo successo ottenuto da L’Evocazione – The Conjuring (oltre 300 milioni di dollari incassati a fronte di una spesa di soli 20), New Line Cinema ha deciso di mettere in cantiere almeno due spin-off per il film di James Wan.

Se su uno dei due il segreto è ancora massimo(o più probabilmente ancora senza un preciso soggetto),per l’altro sappiamo che John Darko e John R. Leonetti(quest’ultimo ha fotografato, con uno splendido lavoro,il film originale di Wan) avranno una co-regia. Il progetto dovrebbe intitolarsi The Annabelle Story(chiaro il rimando alla bambola demoniaca con cui si apre l’horror originale) e sarà un prequel rispetto alle vicende narrate nell’evocazione. Per ora non sono stati forniti ulteriori dettagli per quanto riguarda trama, budget, cast ma le riprese dovrebbero iniziare già il mese prossimo.

Insieme a questi spin-off, New line sta sviluppando anche il seguito di The Conjuring sulla base di una sceneggiatura di Chad e Carey Hayes;anche qui però non sono disponibili altri dettagli e probabilmente non ce ne saranno ulteriori finché James Wan non avrà terminato Fast and Furious 7.

Fonte: BloodDisgusting

Festival di Roma 2013 Scarlett Johansson e Joaquin Phoenix sul red carpet per Her

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Arrivano altre tre grandi star di Hollywood ad animare il red carpet del festival di Roma 2013, la bellissima Scarlett Johansson, Joaquin Phoenix e Rooney Mara, che insieme al regista Spike Jonze presentano in concorso Her (recensione).

Tutte le nostre Foto dal Festival:

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Segui il nostro speciale con tutte le news sul Festival di Roma 2013

 

Lo Hobbit la Desolazione di Smaug i LEGO e gli occhiali 3D del film

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Per tutti gli appassionati di toys LEGO, ecco che grazie al sito The Brick Fan oggi vi mostriamo una nuova scatola gioco che raffigura due diversi set del film Lo Hobbit la Desolazione di Smaug: La Battaglia di Dol Guldur e Agguato a Dol Guldur.

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Inoltre grazie al sito theonering.net ecco gli occhiali 3D che verranno indossati da alcuni fortunati frequentatori di cinema selezionati. Gli occhiali sono disegnati da Look3D:

occhiali 3D lo hobbit la desolazione di smaug

Lo Hobbit: La desolazione di Smaug, il film

Lo Hobbit: La desolazione di Smaug, secondo capitolo della trilogia uscirà al cinema il 12 dicembre 2013. Lo Hobbit: La desolazione di Smaug è il secondo capitolo della Trilogia di Peter Jackson tratta dall’omonimo romanzo di J.R.R. Tolkien. La pellicola uscirà il 12 dicembre 2013 in Italia ed è scritto da Fran Walsh, Peter Jackson, Philippa Boyens e Guillermo del Toro. La terza parte, invece intitolata Lo Hobbit: Racconto di un ritorno è atteso per il 14 Dicembre 2014. Il cast del film comprende Martin Freeman, Benedict Cumberbatch, Ian McKellen, Evangeline Lilly, Luke Evans, Richard Armitage, Elijah Wood, Orlando Bloom, Cate Blanchett, Hugo Weaving, Christopher Lee e Andy Serkis.

Trama: Le avventure di Bilbo Baggins e della compagnia di dodici nani di Thorin Scudodiquercia, formata da Balin, Dwalin, Kili, Fili, Dori, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bifur, Bofur e Bombur. Il gruppo deve recuperare il tesoro posto nel cuore della Montagna Solitaria, sorvegliato dal drago Smaug.

Hunger Games – La ragazza di fuoco: nuovo spot tv

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Hunger Games – La ragazza di fuoco: nuovo spot tv

Manca davvero poco alla premier romana, in occasione dle Festival di Roma, di Hunger Games la Ragazza di Fuoco, ed ecco che è stato diffuso via internet un nuovo spot tv del film con protagonista Jennifer Lawrence:

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Hunger Games – La ragazza di Fuoco, il film

Hunger Games – La ragazza di Fuoco è diretto da Francis Lawrence e oltre a Jennifer Lawrence il cast comprende anche Josh HutchersonLiam HemsworthPhilip Seymour HoffmanWoody HarrelsonElizabeth Banks, Lenny Kravitz, Jeffrey WrightStanley Tucci, Donald Sutherland, Amanda Plummer e Lynn Cohen. Tutte le news sulla saga nel nostro speciale Hunger Games. Per tutte le info sul film vi segnaliamo la nostra scheda Hunger Games – La ragazza di Fuoco.

La trama del film: Katniss Everdeen torna a casa incolume dopo aver vinto la 74ª edizione degli Hunger Games, insieme al suo amico, il “tributo” Peeta Mellark. La vittoria però vuol dire cambiare vita e abbandonare familiari e amici, per intraprendere il giro dei distretti, il cosiddetto “Tour di Victor”. Lungo la strada Katniss percepisce che la ribellione sta montando, ma che il Capitol cerca ancora a tutti i costi di mantenere il controllo proprio mentre il Presidente Snow sta preparando la 75ª edizione dei giochi (The Quarter Quell), una gara che potrebbe cambiare per sempre le sorti della nazione di Panem.

Festival di Roma 2013 Alex De La Iglesia incontra il pubblico

Festival di Roma 2013 Alex De La IglesiaL’incontro con Alex De La Iglesia prende vita dopo la proiezione di una serie di sequenze tratte dai suoi film più famosi, Acciòn Mutante, Perdida Durango, El Dia de la Bestia, La Comunidad, El Crimen Perfecto, The Oxford Murders, La Chispa de la vida, Balada Triste de Trumpeta e il nuovissimo Las Brujas de Zugarramurdi.

Il regista catalano comincia la chiacchierata raccontando la genesi del suo ultimo film parlando della sequenza iniziale, nella quale un rapinatore, camuffato da Cristo, con tanto di croce sulle spalle, assalta un banco dei pegni trasformandosi in feroce assassino. De La Iglesia racconta che aveva avuto questa idea vent’anni prima, per un film che poi non è mai stato realizzato perché ritenuto troppo estremo e demenziale,  all’interno del quale trovavano spazio anche le figure di alcune streghe, divenute poi il punto centrale del suo ultimo film.

Festival di Roma 2013 Alex De La IglesiaLa scelta di ambientare la storia nel piccolo paese di confine tra Spagna e Francia chiamato Zagarramurdi è stata pressochè obbligata, poiché tale luogo sembra essere l’equivalente della cittadina americana di Salem, nota per le sue oscure vicende legate alla stregoneria. A Zagarramurdi sembra prendere origine tutta la stregoneria del vecchio continente ed in particolare, in una grotta limitrofa al paesino, sembra che avvenissero sabba di dimensioni incredibili, che coinvolgevano centinaia, forse migliaia di adoratrici del demonio. De La Iglesia racconta divertito di aver girato la sequenza finale del film proprio in quella grotta e di aver scoperto durante le ricerche per sviluppare la storia del film le vere origini di alcune abitudini stregonesche, come quella di cavalcare le scope, pratica legata ad una forma di autoerotismo al fine di assimilare una mistura a base di veleno di rospo e altre sostanze allucinogene spalmate sul manico dell’utensile; il volare altro non sarebbe che una visione metaforica dell’orgasmo allucinatorio raggiunto attraverso tale pratica.

Poi si è lungamente soffermato su uno dei temi principali del suo ultimo film, ma anche di tante altre sue opere, ovvero il difficile, se non impossibile, rapporto tra uomo e donna, ma anche sull’ipocrisia che a suo avviso è insita nella convivenza quotidiana tra esseri umani, molte volte basata su una subdola forma educazione superficiale quasi sempre malcelata. A proposito di tali dichiarazioni non si può non pensare ai rapporti degenerati tra condomini bellicosi de La Comunidad, o quello che avveniva tra i commessi del grande magazzino de El Crimen Perfecto. Alex De la Iglesia definisce gli esseri umani degli animali feroci, ma stupidamente intelligenti, che stentano a convivere e faticano a non sbranarsi l’uno con l’altro.

Torna poi nuovamente a sottolineare la dipendenza inconsapevole degli uomini dalle donne e il continuo loro bisogno di fare ritorno a l’utero materno e sentenzia beffardo che l’egoismo e la sopravvivenza sono la vera natura dell’amore e ciò che di conseguenza alimenta l’animo di tutti i suoi personaggi e motore di molte delle sue storie.

Alla domanda di come faccia ad avere uno stile così particolare e riconoscibile, lui semplicemente risponde che quello è il suo occhio e che naturalmente lui racconta ciò che lo circonda. Afferma che quella che si vede nei suoi film è la sua visione della vita, senza sforzarsi di voler costruire una sua originalità autoriale. Un buon regista, sostiene, deve essere come un barman, ovvero bravo a miscelare gli ingredienti già esistenti, senza dover necessariamente inventare chissà cosa. E’ convinto che non esista l’innovazione, ma che tutto è ricordo del futuro, che le idee differenti tra loro lottano, ma al tempo stesso si sostengono.  Dice che andare avanti, significa guardare indietro.

In conclusione e in maniera simpaticamente provocatoria si autodefinisce un immorale e prostituto mentale, che farebbe di tutto per soldi, ma ride sornione, e noi sappiamo bene che non è così.

Las brujas de Zugarramurdi recensione del film di Alex De La Iglesia

Las brujas de Zugarramurdi recensioneJosè in compagnia di un gruppo di balordi compie una rapina in un banco di pegni e ruba venticinquemila fedi nuziali. Porta con sé il figlio di appena otto anni, facendolo partecipare attivamente al colpo all’insaputa della moglie, in lotta con lui per l’affidamento del bambino. Ma qualcosa va storto, la rapina si trasforma in una caneficina e Josè, con il figlio, un altro strampalato rapinatore, un ignaro tassista e un ostaggio, fuggono verso il confine francese. Ma nella loro fuga approdano a Zugarramurdi, un piccolo paese popolato da streghe bellicose che non hanno nessuna intenzione di lasciarli andare via.

Las brujas de Zugarramurdi recensione posterDopo Balada triste de trumpeta, film molto personale e apice indiscusso della sua poetica, Alex De La Iglesia torna a realizzare un film più leggero e scanzonato, ma non per questo meno riuscito. La libertà espressiva di cui ormai dispone gli permette di confezionare un piccolo gioiellino che si barcamena disinvoltamente tra generi diversi e che stupisce lo spettatore con continue sorprese e cambi di rotta improvvisi. Si parte con un action-movie rutilante, al cardiopalma, che immediatamente si trasforma in commedia per poi scivolare nell’horror, con punte di puro splatter, ma senza mai perdere di vista significati e riflessioni importanti, disseminate di citazioni colte camuffate sapientemente con elementi pop.

E’ un turbinio di continue invenzioni, a cominciare da Gesù Cristo rapinatore che nasconde un fucile a pompa nella croce, il lercio omino che vive imprigionato sotto al cesso pubblico, le bislacche abitudini goderecce delle streghe, fino ad arrivare ad un sabba infernale rivisitato come un moderno rave  debitore delle pitture nere di Goya e pregno di fondatissime ricerche folkloristiche e antropologiche.

La sceneggiatura è una macchina ben oliata, che scorre disseminando battute a raffica che ironizzano e fanno riflettere sui rapporti tra uomo e donna e tra esseri umani in generale. E quando il discorso sembra farsi troppo serio ecco che arrivano a sorpresa folgoranti sequenze visionarie colme d’azione e trovate strabilianti, personaggi improbabili e creature uscite direttamente da un libro di fiabe. Gli interpreti sono tutti azzeccati e in grande sintonia, in particolare una divertita Carmen Maura e i due protagonisti Hugo Silva e Carolina Bang.

Ne Las brujas de Zugarramurdi si respira l’aria migliore del nuovo cinema iberico, si sente lontano l’eco di Almodovar (suo primo produttore), si intravede nella nebbia l’affabulazione gotica di Del Toro, ma soprattutto si gusta la stupefacente esibizione poetica e stilistica di Alex De La Iglesia.

Festival di Roma 2013 Jonathan Demme incontra il pubblico

Jonathan Demme

Oggi pomeriggio il Festival di Roma 2013 ha dato l’opportunità al pubblico di partecipare all’incontro col grande regista americano Jonathan Demme. L’autore di film come Il silenzio degli innocenti e Philadelphia, solo per citare i due più famosi e premiati, non ha perso occasione per mettere in luce la sua passione per il cinema e per far trasparire la sua ironia.

Dopo una breve filmato iniziale, Jonathan Demme ha iniziato a rispondere alle domande, la prima delle quali piuttosto generica, sul concetto di comunicare con il cinema e sulla sensazione che si prova:

“Io ho sempre riflettuto sulla dimensione narrativa del cinema. Raccontare storie è sempre primario per me. Se non hai una storia forte o non la sai raccontare, sei nei guai. Tutti le persone che ruotano intorno al film raccontano una storia e hanno una responsabilità completa. Dagli attori all’operatore, tutti con il loro lavoro raccontano storie”.

La discussione si è poi spostata sugli inizi cinematografici di Demme e non è potuto mancare il riferimento al regista e produttore Roger Corman:

“Posso considerarlo un maestro. Io adoro fare cinema e incontrare Corman è stato un momento unico, di quelli che ti capitano una volta nella vita. Corman mi fece scrivere una sceneggiatura e io ero agli inizi. Mi propose di andare a Los Angeles e lavorare al film. Dissi di si senza neanche far passare un secondo”.

Inevitabile poi la domanda riguardante Fear of Falling, un film che andrà in onda domani 11 Novembre 2013 al Festival del Cinema di Roma in anteprima mondiale. Si tratta di un progetto particolare, poiché è un film basato su un progetto teatrale, un mondo con il quale Demme non si era mai confrontato:

“Pensavo sarebbe stato facile trasportare il teatro al cinema. Invece mi sono reso conto, quando ho cominciato il lavoro, che non è affatto semplice perché il tipo di performance teatrale non è adatta per il cinema. Posso dire che Fear of Falling sia il progetto più coraggioso che abbia mai realizzato. Alcuni amici che l’hanno già visto mi hanno detto che assomiglia ad un film di Bergman però visto sotto l’effetto di Lsd”…

Poi Demme ha continuato, spiegando perché dopo aver raggiunto grandi traguardi cinematografici, sia tornato un po’ agli albori, voltando le spalle alle grandi industrie:

“Non mi piace dire che ho voltato le spalle. Quando si inizia la propria carriera come regista indipendente, si hanno budget limitatissimi, ho fatto un film anche con 125.000 dollari. Quando poi vai avanti e fai successo, sai come gestire meglio dei budget più elevati, anche milioni di dollari. Ma sai anche che hai delle responsabilità, ovvero fare un film che debba almeno pareggiare il bilancio. Ecco, io non avevo più voglia di queste responsabilità. A me piace lavorare con cifre minori e lavorare in tempi più stretti”.

In ultimo, anche al pubblico è stato concesso un piccolissimo spazio ed in particolare una domanda ha fatto scatenare le risate della sala,vista la risposta tanto secca quanto esplicativa di Demme:

Se qualcuno mi ha mai chiamato per girare un film di supereroi che tanto hanno successo negli ultimi anni? Semplicemente, no.

 

La nostra foto gallery del Festival:
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Entre nos recensione del film di Paulo Morelli

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Entre nos recensione del film di Paulo Morelli

Presentato in Concorso alla ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, Entre Nos racconta la storia di un gruppo di giovani, spensierati e ottimisti, che passano insieme una parte della lroo vita prima che questa cambi radicalmente. Isolati dal resto del mondo in una magnifica tenuta di campagna, i giovani amici decidono di scrivere delle lettere indirizzandole ai se stessi che diventeranno da li ai dieci anni successivi, e di seppellirle con la promessa di ritornare in quel luogo al tempo stabilito per rileggerle insieme. Il giorno stesso, però, in seguito a un tragico e imprevisto incidente automobilistico, ognuno di loro prende strade diverse. Contro ogni previsione il gruppo affiatato all’inizio si perde di vista, e la loro vita prenderà una piega completamente diversa. A dieci anni di distanza però i protagonisti si ritroveranno, riuniti a causa della morte di uno di loro e da un mistero che li tiene involontariamente uniti. Riaffioreranno così vecchie passioni, nuove frustrazioni e un oscuro segreto sepolto nel passato.

A dirigere il film Paulo Morelli, italiano per metà, che ci racconta un tipo di storia che è stato già affrontato, anche se con toni nelle intenzioni pià leggeri, dal nostro cinema con Immaturi. Come nel film di Paolo Genovese, un gruppo di amici si ritrova dopo aver trascorso anni senza vedersi, e così la loro vita cerca di riprendere in qualche modo lì dove si era interrotta. Purtroppo però le intenzioni del regista vengono ostacolate da un plot banale, da una sceneggiatura piatta e da una serie di cliché ripetuti, che contribuiscono a fare di Entre Nos un film non riuscito.

I personaggi stessi del racconto sono appena abbozzati, riducendosi a sagome che inscenano schemi interpersonali fissi. Nel cast Caio Blat, Carolina Dieckmann, Maria Ribeiro, Paulo Vilhena, Martha Nowill, Julio Andrade, Lee Taylor. Il film non manca di una certa leggerezza che, unita alla durata ragionevole, aiuta lo spettatore a procedere nella visione; ma il prodotto finale rimane patinato e scontato, come in un lungo spot televisivo.

Song’e Napule: recensione del film dei Manetti Bros

Song’e Napule: recensione del film dei Manetti Bros

E’ stato presentato Fuori Concorso al Festival Internazionale del Film di Roma l’ultima impresa dei Manetti Bros , Song’e Napule. Tra il comico, il noir e il poliziesco, il film è un cocktail di generi a cui i registi romani si sono affezionati particolarmente con la serie tv L’Ispettore Coliandro interpretato da Giampaolo Morelli. Il loro attore-feticcio torna protagonista di questa storia, riunendo le forze con i fratelli Antonio e Marco per raccontare una Napoli diversa, diversa anche da quella raccontata da Gomorra e co. senza troppa angoscia e rifiuti, ma con un film rilassato e positivo.

Song’e Napule segue le vicende di Paco Spillo (Alessandro Roja), un pianista diplomato in conservatorio che si ritrova a fare il poliziotto per sfuggire alla disoccupazione. La sua dote musicale tornerà utile quando all’Ispettore Cammarota (Paolo Sassanelli) dell’anticrimine serve un infiltrato al matrimonio della figlia del boss di Somma Vesuviana per acchiappare il famoso latitante O’ Fantasma. Paco, non con poca riluttanza ,si trasformerà da signorino del conservatorio a tamarro cafone per entrare a far parte della band di Lollo Love (Giampaolo Morelli), un famoso cantante neo melodico ben inserito nel giro delle feste. Suo malgrado, Paco in arte Pino Dynamite, si troverà a rischiare la sua vita incappando in piacevoli rapporti di amore e amicizia.

Song’e Napule, il film

Song'e Napule recensione

 

Con un cast costellato di tanti amici , oltre che a Roja, Morelli e Sassanelli troviamo Serena Rossi, Carlo Buccirosso, Antonio Pennarella e un cammeo di Peppe Servillo, sempre centratissimo nel personaggio. I Manetti Bros realizzano quasi una serenata a Napoli con le canzoni di Lollo Love interpretate da Morelli, arrangiamenti di musiche degli Avion Travel e tanti altri omaggi alla canzone napoletana grazie a Franco Ricciardi, Ivan Granatino, Antonio Buonomo, Serena Rossi, Pino Moccia e Rosario Miraggio.

Raccontato in modo semplice e vero, Song’e Napule regala risate dall’inizio alla fine, senza mai scadere nella comicità demenziale ma facendo affidamento a gli unici tempi comici della “lingua napoletana”. Un bell’affresco di Napoli che mostra non solo la parte brutta “della fogna dell’Italia” ma anche la parte onesta senza troppo buonismo del , sempre più generalizzato , Napoletano medio.

Questo è stato l’ultimo film prodotto da Luciano Martino, fermo sostenitore dell’idea di Morelli.

Festival di Roma 2013: Video commento dei film del terzo giorno

Festival di Roma 2013

Nella terza giornata del Festival di Roma 2013 è stato presentato e accolto calorosamente dalla stampa Her di Spike Jonze di con Joaquin Phoenix, Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wilde e la calorosa voce di Scarlett Johansson. Nella sezione Fuori Concorso è stato presentato Las brujas de Zugarramurdi di Álex de la Iglesia, il regista che aveva segnato il festival di Venezia con La ballata dell’odio e dell’amore, nel cast troviamo Javier Botet, Mario Casas, Carmen Maura, Hugo Silva e Carlos Areces.
Di seguito il video commento dei film con i trailer:

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Tutte le foto del Frestival di Roma 2013 nella nostra gallery:

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Festival di Roma 2013 Joaquin Phoenix, Spike Jonze e Rooney Mara presentano Her

Festival di Roma 2013 HERE’ stato presentato nella selezione ufficiale in Concorso alla ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma Her, ultimo film di Spike Jonze in cui un magnifico Joaquin Phoenix si innamora della voce sensuale di Scarlett Johansson. Sono arrivati a Roma per presentare il film il regista Spike Jonze, il protagonista Joaquin Phoenix e Rooney Mara, che nel film interpreta l’ex moglie del protagonista. L’incontro con la stampa è stato, come c’era da aspettarsi, atipico, essendo note a tutti le stranezze di Phoenix e la sua ritrosia verso i giornalisti e le domande sul suo lavoro.

Ciò nonostante l’attore si è mostrato insolitamente loquace, anche se ha prevalentemente scherzato sul suo ruolo e con i suoi colleghi. Il regista Jonze ha commentato così la sua esigenza di raccontare il film: “Volevo raccontare questa storia perché tratta temi sui quali ho riflettuto, nei confronti delle quali ho una valutazione un po’ confusa. Il modo in cui viviamo e gestiamo i nostri rapporti, che non sempre sono semplici.”

In una delle poche risposte esaurienti concesse, Joaquin Phoenix ha accennato alla complicità di sua sorella (e sua manager) nella partecipazione al progetto: “E’ stata mia sorella e mia agente a passarmi la sceneggiatura. Mi ha detto che Spike aveva una sceneggiatura per me, l’ho letta e ci siamo innamorati.”

Rooney Mara ha invece dovuto lottare per ottenere il suo ruolo: “Mi hanno inviato la sceneggiatura e volevo partecipare al film, solo che Spike diceva che ero troppo giovane. Quando ci siamo incontrati però sono riuscita a convincerlo che la forza interiore del personaggio era senza tempo e che quindi ero adatta al ruolo.”

I costumi e gli arredi sono vintage ma il film è ambientato in un vicino futuro. Può motivare questa scelta?

SJ: “L’obbiettivo era creare un mondo accogliente, e questo mi sembrava il modo migliore per mettere in scena questa esigenza di gradevolezza e facilità della vita. Tuttavia ci sono ancora personaggi che desiderano qualcosa, a cui manca qualcosa.”

In che modo Joaquin e Scarlett hanno interagito sul set per parlarsi senza che la Johansson fosse presente?

SJ: “Quando abbiamo girato il film c’era un’altra attrice, Samantha Morton, che ci ha accompagnati nella lavorazione. Era sul set e parlava con Joaquin. Poi in post produzione è arrivata Scarlett che è stata accompagnata da entrambi per registrare le sue parti e creare un’intimità.”

 

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Her: recensione del film con Joaquin Phoenix e Scarlett Johansson

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Spike Jonze ci ha da sempre abituati a viaggiare in mondi straordinari, che con profonda malinconia coinvolgono lo spettatore, trasportandolo in una realtà parallela e deliziandolo con storie magistralmente raccontate. Il suo ultimo film Her non fa eccezione. Interpretato da Joaquin Phoenix, il film racconta di Theodore, un uomo dal cuore spezzato che sta cercando di metabolizzare la separazione e l’imminente divorzio dall’amata moglie (Rooney Mara).

In una Los Angeles futuristica ed insieme straordinariamente malinconica, Theodore trascorre le sue giornate tra il lavoro e il suo solitario appartamento, fino a che non incontra Samantha, un sistema operativo senziente e intuitivo (cui da la voce Scarlett Johansson), e in grado di evolversi con l’uso, con la quale Theo comincia una relazione particolare che trasformerà sia l’umano che l’artificiale fino a giungere ad un epilogo inevitabile e struggente.

La domanda che ci pone Jonze è semplice e complessa insieme: si può amare qualcuno nel corso di tanti anni, accettandone e consentendone i cambiamenti fondativi di un essere umano in continuo divenire? Si può amare ed essere ricambiati anche attraverso il tempo di una vita che cambia e trasforma?

Her, il film

Her

Il caro Theodore, personaggio con il quale non si può non entrare in sintonia, ci conduce con mesta compostezza nella sua vita, e noi impariamo molto su di lui e su possibili risposte alle domande dello stesso regista. Mattatore incontrastato del film è Joaquin Phoenix, attore straordinario, uno dei migliori della propria generazione, che ad ogni nuova prova d’attore riesce a scavare in se stesso e nell’animo dello spettatore, completamente rapito dai suoi occhi, dalle sue movenze, da questo essere romantico e triste che l’attore dipinge sullo schermo.

A dare voce al sistema operativo c’è Scarlett Johansson, che per una volta rinuncia a sfruttare la sua prorompente presenza scenica e ci regala solo il suono della sua sensuale voce, creando con pochi mezzi un personaggio artificiale per natura ma allo stesso tempo estremamente umano. Completano il cast una diafana Rooney Mara e Amy Adams, che riesce con pochi sguardi a dare profondità anche al più piccolo dei personaggi.

Il film di Spike Jonze è un viaggio nella coscienza di un uomo che può essere ognuno di noi, è un viaggio nell’amore e nella sua trasformazione in quanto sentimento tanto universale quanto privato e mutevole, un viaggio ambientato in una bellissima Los Angeles delicatamente futuristica che funge da perfetta cornice per il nostro malinconico protagonista. Her è un racconto coinvolgente e struggente, romantico, tenero e profondamente devastante, che emoziona lo spettatore e lo induce a riflettere con inquietante profondità ed urgenza sulla propria vita.

 

 

The invisible Life recensione del film di Vítor Gonçalves

The invisible Life recensione del film di Vítor Gonçalves

the invisible life recensioneThe Invisible Life (A Vida Invisìvel) è un film diretto da Vítor Gonçalves presentato in Concorso alla ottava edizione del Festival Internazionale del film di Roma.

 

È notte fonda e Hugo, un impiegato statale, siede sui gradini del Ministero in cui lavora. Non ha il coraggio di tornare a casa e non riesce a togliersi dalla mente le immagini di un misterioso filmino in 8mm che ha ritrovato in casa del defunto Antonio. Ricorda quindi il giorno in cui Antonio, suo superiore al Ministero, gli rivelò che stava per morire. Hugo ha sempre creduto che Antonio volesse in realtà confidargli qualcosa che lo riguardava direttamente. Spinto dal desiderio di comprendere questo segreto inconfessato, rispolvera ricordi sepolti da tempo. E ripensa all’ultima volta che ha visto Adriana, la donna che amava. Ancora una volta lo assale il pensiero che la sua è stata una vita non vissuta.

the invisible life recensione poster

Gonçalves sceglie la strada del racconto a posteriori per mostrarci il viaggio interiore del protagonista Hugo (Filipe Duarte); un racconto in voce fuori campo in cui seguiamo in una serie di accavallamenti temporali il percorso del personaggio, tra ricordo del passato e indagine nel futuro alla ricerca di un misterioso messaggio che forse non è mai stato scritto.

Il racconto, il ricordo e la ricerca sono però raccontati attraverso uno stile statico, che non fa nulla per coinvolgere lo spettatore, addentrandosi in un racconto autoreferenziale e complesso, difficilissimo da comprendere a ancora più difficile da gradire. Nonostante Duarte sia un interprete molto intenso, la scelta registica di utilizzare prevalentemente la camera fissa non fa altro che ostacolare ulteriormente la fluidità di un racconto che non decolla mai.

Completano il cast Maria João Pinho, João Perry, Pedro Lamares e Susana Arrais.

The Invisible Life è un racconto pretensioso e poco interessante di una vita misteriosa sì, ma chiusa in se stessa e che non ha nessuna voglia di mostrarsi benevola nei confronti dello spettatore.

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