“Penso che nella
vita tutti abbiamo degli obbiettivi, e questi più che un traguardo
da raggiungere a tutti i costi siano uno stimolo a correre più
forte verso la versione migliore di noi stessi. Io sono partito
anni fa come scrittore di romanzi e sono arrivato qui, oggi, come
scrittore di una serie tv, d’altronde non è sempre tutto chiaro
dall’inizio, altrimenti Marracash sarebbe diventato ricco nel
2008.” Così, Antonio Dikele Distefano
esordisce durante la conferenza stampa di presentazione di Zero,
che ha scritto e che è stata creata da Menotti, insieme a Stefano
Voltaggio (anche Creative Executive Producer) Massimo
Vavassori, Lisandro Monaco e Carolina
Cavalli dando forma ad una originale e unica esplorazione
di Milano e raccontando un mondo ricco e variegato di culture
sottorappresentate, a cui si aggiungeranno significativi contributi
presi dalla scena rap.
“C’è una cosa che mi
è sempre stata chiara – continua Distefano – è che avrei
sempre dovuto avere un approccio personale sincero nel mio lavoro,
perché la cosa che ho imparato dalla musica è che non vince chi lo
dice meglio, ma chi si racconta meglio. Un approccio che ho portato
anche in Zero, a cui ho lavorato con tanti altri autori. In questa
serie c’è dentro un po’ della mia storia, quella di un ragazzino
afro-italiano cresciuto fuori dal centro dell’attenzione, un po’
come quelle persone che nella vita si sono sempre date per
sconfitte, anche prima di scendere in campo. In Zero non volevamo
raccontare la vita di un supereroe predestinato, ma quella di un
ragazzo che è costretto a diventarlo. Zero è la storia di chi
impara ad accettare la propria diversità, al di là di ogni tratto
estetico, come quella che nascondiamo ogni giorno, quando usciamo
dalla nostra porta di casa. Zero è la nostra storia, che spero
diventi presto la storia di tutti, la storia di chi impara che
spesso le cose più importanti che ci salveranno sono proprio quelle
che avevamo tenuto invisibili.”
“Il cambiamento ci sarà quando tutto diventerà normale” Antonio
Dikele Distefano
La serie è il primo prodotto
italiano che per protagonista ha un cast composto esclusivamente da
ragazzi neri, un unicum, al momento, ma anche un primo passo verso
quella che Distefano si augura possa diventare normalità.
“Io dico sempre che
la cosa che conta di più è esistere, quando abbiamo cominciato a
lavorare al progetto, dicevano che non c’erano attori, registi,
direttori della fotografia neri, pensavano tutti che fosse
possibile. Ma a vedere il cast di Zero, ci rendiamo conto che
esistono questi attori neri. Esistono questi talenti, bisogna
coinvolgerli. Questa è la prima finestre verso una rappresentazione
migliore. L’errore che non bisogna fare è che questa sia una serie
che parla di tutti i ragazzi neri italiani. La cosa che ci accomuna
non è il colore della pelle, ma sono le emozioni. La storia parla
di Omar, un ragazzo timido che vuole disegnare i fumetti. E spero
che in futuro si parli di Omar e non del fatto che è
nero.”
Partendo da una base letteraria,
sembra inevitabile un confronto tra ciò che è scritto e ciò che è
filmato, differenze e affinità, spirito, sviluppo dei personaggi e
dei luoghi. Per l’autore la differenza è insita principalmente nel
tono, dal momento che il romanzo è più biografico e legato ad un
solo immaginario, mentre la serie è frutto di una collaborazione e
di diversi punti di vista: “Il romanzo di partenza spinge molto
alla riflessione, mentre la serie dà molta leggerezza. Quando l’ho
vista sono rimasto piacevolmente colpito, in un periodo come
questo, qualcosa che alleggerisca è la cosa che ci vuole.”
Ma Zero è l’inizio di un
cambiamento? “Mio padre è arrivato in Italia negli anni ’80, io
sono nato nel ’92 e quando facevo le medie, mi dicevano che era
nuovo avermi in classe e io pensavo che a 14 anni non ero nuovo.
Succede anche oggi, a 28 anni come faccio a essere nuovo? C’è
sempre questa politica del non siamo pronti, ma la verità è che
questo è un Paese da sempre restio al cambiamento. Ma se una serie
come questa ha successo, costringi i poteri forti a includerti. Se
Zero dovesse essere un successo, allora questo mondo si racconterà.
Penso che Zero sia l’inizio di un processo, di un
cambiamento.”
E sull’inclusione e la
diversity, Antonio Dikele Distefano ha le
idee estremamente chiare: “Il termine diversità non mi piace,
mi piace molto il termine normalità. Zero deve essere la prima
serie che racconta la normalità e solo quando sarà normale avere
serie come queste, ci sarà un cambiamento. La maggior parte delle
domande di oggi sono legate al fatto che i protagonisti della serie
sono neri. Il vero cambiamento ci sarà quando alla prossima
conferenza stampa parleremo delle cose che hanno fatto Zero e i
suoi amici nella serie.”
Gli otto episodi di Zero sono
diretti da 4 registi diversi: Paola Randi, Ivan Silvestrini,
Margherita Ferri e Mohamed Hossameldin. In particolare Paola Randi
ha diretto il primo e terzo episodio, Mohamed Hossameldin il
secondo, Margherita Ferri il quarto e quinto episodio, mentre Ivan
Silvestrini il sesto, settimo e ottavo episodio. Personalità
diverse che affiorane dalle immagini ma che trovano la loro
uniformità stilistica grazie alla fotografia di Daniele
Ciprì, che ha confezionato un altro ottimo lavoro che si
aggiunge al suo CV.
Il bellissimo cast è composto da
giovani talenti italiani: Giuseppe Dave Seke (Zero/Omar),
Haroun Fall (Sharif), Beatrice Grannò (Anna), Richard Dylan Magon
(Momo), Daniela Scattolin (Sara), Madior Fall (Inno), Virginia Diop
(Awa), Alex Van Damme (Thierno), Frank Crudele (Sandokan), Giordano
de Plano (Ricci), Ashai Lombardo Arop (Marieme), Roberta Mattei (La
Vergine), Miguel Gobbo Diaz (Rico) e Livio Kone (Honey).
Tutti volti interessanti, decisamente tutti belli (e forse questo è
poco realistico) e tutti portatori di un’energia incredibile che
traspare da ogni singola scena.
ZERO è la nuova serie
originale italiana Netflix in 8 episodi nata da un’idea di
Antonio Dikele Distefano e prodotta da Fabula
Pictures con la partecipazione di Red Joint Film, disponibile su
Netflix in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo dal 21
aprile.
