La Warner Bros.
Pictures ha deciso che il film su King
Arthur di Guy Ritchie arriverà nelle
sale di tutto il mondo il 22 luglio 2016. Confermato dunque il
progetto che sarà una rivisitazione della leggenda di Re Artù, e si
baserà sul romanzo di Thomas Mallory
“Le Morte d’Arthur“, pubblicato nel
1485. La pellicola è sceneggiata da Joby Harold e il
lungometraggio è il primo film ad occupare in ordine di annuncio
quella data di uscita, che si posizione esattamente ad una
settimana dopo l’arrivo nelle sale de L’Era Glaciale
5 della 20th Century Fox e Blue Sky
Studios. Questa notizia dovrebbe dunque farci capire che Sherlock
Holmes 3 è molto lontano.
Intato vi ricordiamo che attualmente
il regista Guy Ritchie sta montando il
suo ultimo film , The Man From UNCLE
che arriverà nelle sale il 16 Gennaio 2015 e vedrà protagonisti un
cast d’eccezione composto da Henry Cavill, Armie
Hammer, Alicia Vikander, Elizabeth Debicki, Jared Harris,
Hugh Grant e Luca Calvani.
Tutte le foto nella nostra foto
gallery:
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La trama: sullo sfondo della guerra
fredda, l’agente della CIA Solo e
l’agente del KGB Kuryakin devono mettere
da parte le ostilità tra i due team e collaborare per cercare di
fermare una misteriosa organizzazione criminale avente lo scopo di
destabilizzare il fragile equilibrio mondiale attraverso l’utilizzo
di armi tecnologiche e nucleari. L’unica speranza è rappresentata
dalla figlia di un noto scienziato tedesco scomparso, la chiave per
infiltrarsi all’interno dell’organizzazione. Nel cast dei
confermati Henry Cavill (Man
of Steel), come Napoleon Solo, Armie
Hammer (The Social Network)
come Illya Kuryakin ed e Hugh
Grant (Cloud Atlas) come Waverly. Nel cast
anche Alicia Vikander (Anna
Karenina), Elizabeth
Debicki (Il grande Gatsby)
e Jared Harris (Sherlock
Holmes: Gioco di ombre).
Dell serie
originale, Robert Vaughn era Napoleon
Solo e David McCallum interpretava Illya
Kuryakin; i due erano agenti speciali della United Network Command
for Law Enforcement (U.N.C.L.E.) che combattevano contro le forze
della Technological Hierarchy for the Removal of Undesirables and
the Subjugation of Humanity (T.H.R.U.S.H.).
La sceneggiatura è scritta
da Guy Ritchie e Lionel
Wigram, che sono anche i produttori insieme
a John Davis (Chronicle)
e Steve Clark-Hall (RocknRolla, Sherlock
Holmes). David Dobkin invece è il
produttore esecutivo.
Mettetelo in ginocchio,
Decisi a morire e Sei più importante di quanto
pensassi sono i titoli delle tre nuove clip tratte
da King
Arthur – Il Potere della Spada, nuovo film di
Guy Ritchie con Charlie Hunnam e
Jude Law.
Sul film Guy
Ritchie ha dichiarato a EW: “Luke
Skywalker è sempre stato il personaggio meno interessante di
Star
Wars, perché è sempre così buono. I bravi ragazzi sono
noiosi.” Questa affermazione ci suggerisce che vedremo un Artù
decisamente diverso da come la tradizione ce lo ha raccontato.
L’ambizioso progetto è
potenzialmente il primo di una serie di sei film sui Cavalieri della Tavola
Rotonda e offrirà una rivisitazione della leggenda di Re Artù, noto
per essere riuscito a difendere la Bretagna dall’invasione sassone.
La pellicola si ispira al libro di Thomas
Mallory “Le Morte d’Arthur” pubblicato nel 1485.
Leggi la nostra recensione di
King Arthur – Il Potere della Spada
Al fianco di
Charlie Hunnam un cast di prim’ordine che
comprende Astrid Berges-Frisbey come Ginevra,
Eric Bana come Uther Pendragon, oltre a
Jude Lawe
Djimon Hounsou. Nel cast anche
Annabelle Wallis, Katie McGrath,
Aidan Gillen, Millie Brady, David Beckham, Poppy Delevingne,
Mikael Persbrandt e Peter Ferdinando.King
Arthur Legend of the Sword si basa su una
sceneggiatura scritta da Joby Harold e
il film è prodotto da Akiva
Goldsman, Tory
Tunnell e Ritchie, al fianco
di Cate Adams e Niija
Kuykendall della Warner Bros e della Village
Roadshow.
Da oggi al cinema, King
Arthur – Il Potere della Spada è il nuovo film di
Guy Ritchie, con protagonista Charlie
Hunnam. Di seguito tre avvincenti clip dal film
distribuito dalla Warner Brod.
Sul film Guy
Ritchie ha dichiarato a EW: “Luke
Skywalker è sempre stato il personaggio meno interessante di
Star
Wars, perché è sempre così buono. I bravi ragazzi sono
noiosi.” Questa affermazione ci suggerisce che vedremo un Artù
decisamente diverso da come la tradizione ce lo ha raccontato.
L’ambizioso progetto è
potenzialmente il primo di una serie di sei film sui Cavalieri della Tavola
Rotonda e offrirà una rivisitazione della leggenda di Re Artù, noto
per essere riuscito a difendere la Bretagna dall’invasione sassone.
La pellicola si ispira al libro di Thomas
Mallory “Le Morte d’Arthur” pubblicato nel 1485.
Leggi la nostra recensione di
King Arthur – Il Potere della Spada
Al fianco di
Charlie Hunnam un cast di prim’ordine che
comprende Astrid Berges-Frisbey come Ginevra,
Eric Bana come Uther Pendragon, oltre a
Jude Lawe
Djimon Hounsou. Nel cast anche
Annabelle Wallis, Katie McGrath,
Aidan Gillen, Millie Brady, David Beckham, Poppy Delevingne,
Mikael Persbrandt e Peter Ferdinando.King
Arthur Legend of the Sword si basa su una
sceneggiatura scritta da Joby Harold e
il film è prodotto da Akiva
Goldsman, Tory
Tunnell e Ritchie, al fianco
di Cate Adams e Niija
Kuykendall della Warner Bros e della Village
Roadshow.
È stato diffuso il trailer
ufficiale italiano di King Arthur – il potere della
spada, film di Guy Ritchie con
Charlie Hunnam che arriverà al cinema il
prossimo 10 maggio.
Sul film Guy
Ritchie ha dichiarato a EW: “Luke
Skywalker è sempre stato il personaggio meno interessante di
Star
Wars, perché è sempre così buono. I bravi ragazzi sono
noiosi.” Questa affermazione ci suggerisce che vedremo un Artù
decisamente diverso da come la tradizione ce lo ha raccontato.
L’ambizioso progetto è
potenzialmente il primo di una serie di sei film sui Cavalieri della Tavola
Rotonda e offrirà una rivisitazione della leggenda di Re Artù, noto
per essere riuscito a difendere la Bretagna dall’invasione sassone.
La pellicola si ispira al libro di Thomas
Mallory “Le Morte d’Arthur” pubblicato nel 1485.
Al fianco di
Charlie Hunnam un cast di prim’ordine che
comprende Astrid Berges-Frisbey come Ginevra,
Eric Bana come Uther Pendragon, oltre a
Jude Lawe
Djimon Hounsou. Nel cast anche
Annabelle Wallis, Katie McGrath,
Aidan Gillen, Millie Brady, David Beckham, Poppy Delevingne,
Mikael Persbrandt e Peter Ferdinando. King Arthur il
Potere della Spada si basa su una sceneggiatura
scritta da Joby Harold e il film è
prodotto da Akiva Goldsman, Tory
Tunnell e Ritchie, al fianco
di Cate Adams e Niija
Kuykendall della Warner Bros e della Village
Roadshow.
Dopo gli investigatori e le spie,
Guy Ritchie si dedica ai re leggendari e porta al
cinema, in Italia dal 10 maggio, King Arthur – Il Potere
della Spada, rivisitazione del mito di Re Artù
interpretato da Charlie Hunnam, il Jax di Sons of
Anarchy.
L’origine di King Arthur –
Il Potere della Spada
Liberamente ispirato a La
morte di Artù di Thomas Mallory, il film
doveva intitolarsi inizialmente Knights of the
Roundtable: King Arthur, ma probabilmente alla luce
dei fatti raccontati il titolo del film è stato modificato in
King Arthur: Legend of the Sword. La storia
prevede tutti gli elementi (o quasi) della leggenda tradizionale:
la stirpe dei Pendragon, l’erede, la spada Excalibur, Re Uther e la
magia; tuttavia i componenti della storia vengono mescolati e
riposizionati, rivelando un racconto completamente diverso che dal
fantasy sfocia nell’action, passando per i toni della commedia e
dell’epica, adattandosi alla perfezione allo stile del regista
britannico, che già con Sherlock Holmes aveva saputo adeguare al suo
linguaggio la letteratura della tradizione.
Erede al trono di Camelot, ma
orfano di entrambi i genitori a causa dello zio usurpatore
Vortigern (un Jude Law in pieno stile The Young
Pope), Arthur cresce in un bordello, dimostrando di saper
sopravvivere anche nelle difficoltà e ignorando completamente il
suo lignaggio e il suo destino. Fino a che la prodigiosa spada
Excalibur non decide di rivelarsi.
La leggenda, il re, i cavalieri
Pensato per il grande pubblico, con
abbondanza di effetti digitali e poca attenzione allo sviluppo
narrativo tradizionale della storia, King Arthur – Il
Potere della Spada è un progetto onesto che intrattiene
con intelligenza, dal momento che Guy Ritchie
riesce a fare suo il genere, giocando tra mitologia e azione, senza
rinunciare alla sua irriverente loquacità, che appiccica addosso ai
protagonisti e in particolar modo a Arthur, un Charlie Hunnam chiaramente in splendida forma
che, per costruire la sua versione del mitico re bretone, ricorda
moltissimo Robin Hood nel tratteggiare un Re Artù
distaccato dalla classica rappresentazione del personaggio. Allo
stesso tempo i suoi compagni di avventura abbandonano i panni dei
romantici cavalieri per diventare personaggi coloriti, di strada,
anche se fedeli fino alla morte al loro boss. Un misto di etnie e
colori che andranno a occupare i posti di quella tavola rotonda
che, in questo contesto scevro di inchini e riverenze, sembra
stridere come acciaio contro acciaio con quello che accade nel
mondo oggi.
Ritchie si conferma padrone del
montaggio alternato per raccontare fatti che si sono svolti
precedentemente o che ancora si devono verificare, conferendo alla
narrazione brio e velocità, principale pregio del film.
Parallelamente, le scene d’azione, principalmente fughe
rocambolesche e duelli feroci, sono costruite con attenzione con un
contrappunto musicale, che rivela la vera anima rock del film, a
opera di Daniel Pemberton. Nonostante sia
ambientato in un fantastico Alto Medioevo, King Arthur – Il
Poter della Spada ha un sapore contemporaneo che si
scontra piacevolmente con gli elementi magici e con il tradizionale
ritratto della Camelot letteraria.
Guy Ritchie costruisce un’epica
scanzonata e moderna
Soffocato dagli effetti
visivi, King Arthur – Il Poter della Spada si
sviluppa in una storia che a tratti fatica a trovare la sua
coerenza, disperdendosi vagamente tra visioni, profezie e
maledizioni che non sono esposte nella maniera più cristallina
possibile. Nonostante queste carenze strutturali, la pellicola è
infusa di un senso di epica scanzonata e di eroismo moderno che
Guy Ritchie cuce addosso ai suoi protagonisti con
ogni mezzo possibile, passando dalle panoramiche tipiche del genere
alla macchina a mano, fino ad appiccicarsi ai volti dei
protagonisti con la go-pro.
Partendo dal basso, come ha sempre
fatto con i suoi protagonisti, il regista innalza l’ingegno e
la furbizia, ancor prima che le virtù cavalleresche, costruendo un
esagerato divertimento per il suo pubblico più affezionato.
Trai produttori di King
Arthur – il potere della spada, Lionel
Wigram ha raccontato a Colliderl’idea di un universo
condiviso che potesse partire dalle leggende arturiane che verranno
riportate al cinema con il film di Guy
Ritchie.
“Penso che andremo avanti nella
nostra direzione, ma speriamo anche che ci siano collegamenti con
le storie originali. Ci sono determinate cose su cui ci siamo
basati, per esempio, un tizio di nome Joby Harold che ci ha
proposto l’idea per questo particolare franchise. In pratica ha
proposto di raccontare storie d’origine separate, per Re Artù,
Lancillotto, Merlino… Non credo che lo faremo per ora, a meno che
le cose non cambino. Vedremo cosa accadrà con il film che abbiamo
già fatto. Ma se siamo fortunati abbastanza, sarà un po’ diverso
dall’originale ma a grandi linee ci occuperemo di dare ad ognuno la
sua storia, sperando di reinventarla in una maniera
divertente.”
L’idea di un nuovo universo
condiviso non è proprio originale, ma potrebbe adattarsi alla
natura collettiva delle storie del ciclo di leggende arturiane.
King Arthur Legend of
the Sword di Guy Ritchieposticipato al
2017
Sul film Guy
Ritchie ha dichiarato a EW: “Luke
Skywalker è sempre stato il personaggio meno interessante di
Star
Wars, perché è sempre così buono. I bravi ragazzi sono
noiosi.” Questa affermazione ci suggerisce che vedremo un Artù
decisamente diverso da come la tradizione ce lo ha raccontato.
L’ambizioso progetto è
potenzialmente il primo di una serie di sei film sui Cavalieri della Tavola
Rotonda e offrirà una rivisitazione della leggenda di Re Artù, noto
per essere riuscito a difendere la Bretagna dall’invasione sassone.
La pellicola si ispira al libro di Thomas
Mallory “Le Morte d’Arthur” pubblicato nel 1485.
Al fianco di
Charlie Hunnam un cast di prim’ordine che
comprende Astrid Berges-Frisbey come Ginevra,
Eric Bana come Uther Pendragon, oltre a
Jude Lawe
Djimon Hounsou. Nel cast anche
Annabelle Wallis, Katie McGrath,
Aidan Gillen, Millie Brady, David Beckham, Poppy Delevingne,
Mikael Persbrandt e Peter Ferdinando. King Arthur il
Potere della Spada si basa su una sceneggiatura
scritta da Joby Harold e il film è
prodotto da Akiva Goldsman, Tory
Tunnell e Ritchie, al fianco
di Cate Adams e Niija
Kuykendall della Warner Bros e della Village
Roadshow.
La WB Italia ha diffuso il trailer
italiano ufficiale di King Arthur – il potere della
spada, film con Charlie Hunnam nei panni
del leggendario Re Artù, per la regia di Guy
Ritchie.
King Arthur Legend of
the Sword di Guy Ritchieposticipato al
2017
Sul film Guy
Ritchie ha dichiarato a EW: “Luke
Skywalker è sempre stato il personaggio meno interessante di
Star
Wars, perché è sempre così buono. I bravi ragazzi sono
noiosi.” Questa affermazione ci suggerisce che vedremo un Artù
decisamente diverso da come la tradizione ce lo ha raccontato.
L’ambizioso progetto è
potenzialmente il primo di una serie di sei film sui Cavalieri della Tavola
Rotonda e offrirà una rivisitazione della leggenda di Re Artù, noto
per essere riuscito a difendere la Bretagna dall’invasione sassone.
La pellicola si ispira al libro di Thomas
Mallory “Le Morte d’Arthur” pubblicato nel 1485.
Al fianco di
Charlie Hunnam un cast di prim’ordine che
comprende Astrid Berges-Frisbey come Ginevra,
Eric Bana come Uther Pendragon, oltre a
Jude Lawe
Djimon Hounsou. Nel cast anche
Annabelle Wallis, Katie McGrath,
Aidan Gillen, Millie Brady, David Beckham, Poppy Delevingne,
Mikael Persbrandt e Peter Ferdinando. King Arthur il
Potere della Spada si basa su una sceneggiatura
scritta da Joby Harold e il film è
prodotto da Akiva Goldsman, Tory
Tunnell e Ritchie, al fianco
di Cate Adams e Niija
Kuykendall della Warner Bros e della Village Roadshow.
Sono stati distribuiti nuovi poster
e un nuovo spot per King Arthur – il potere della
spada, in cui vediamo il vero potere del protagonista,
interpretato da Charlie Hunnam.
Sul film Guy
Ritchie ha dichiarato a EW: “Luke
Skywalker è sempre stato il personaggio meno interessante di
Star
Wars, perché è sempre così buono. I bravi ragazzi sono
noiosi.” Questa affermazione ci suggerisce che vedremo un Artù
decisamente diverso da come la tradizione ce lo ha raccontato.
L’ambizioso progetto è
potenzialmente il primo di una serie di sei film sui Cavalieri della Tavola
Rotonda e offrirà una rivisitazione della leggenda di Re Artù, noto
per essere riuscito a difendere la Bretagna dall’invasione sassone.
La pellicola si ispira al libro di Thomas
Mallory “Le Morte d’Arthur” pubblicato nel 1485.
Al fianco di
Charlie Hunnam un cast di prim’ordine che
comprende Astrid Berges-Frisbey come Ginevra,
Eric Bana come Uther Pendragon, oltre a
Jude Lawe
Djimon Hounsou. Nel cast anche
Annabelle Wallis, Katie McGrath,
Aidan Gillen, Millie Brady, David Beckham, Poppy Delevingne,
Mikael Persbrandt e Peter Ferdinando. King Arthur il
Potere della Spada si basa su una sceneggiatura
scritta da Joby Harold e il film è
prodotto da Akiva Goldsman, Tory
Tunnell e Ritchie, al fianco
di Cate Adams e Niija
Kuykendall della Warner Bros e della Village
Roadshow.
L’ultimo epico The Green Knight offre una rivisitazione
surreale di una leggenda arturiana, dimostrando che, nonostante sia
in circolazione da secoli, c’è sempre un modo per dare una svolta
ai racconti di Re Artù e dei suoi Cavalieri della Tavola
Rotonda. I film ispirati a queste leggende spuntano da
decenni, e qui difendiamo una rivisitazione molto, molto, costosa
di Re Artù che merita di essere ricordata per qualcosa di più della
sua implosione al botteghino: King Arthur – Il potere della
spada(la
recensione).
L’epopea fantasy
diretta da Guy Ritchie doveva essere il primo di
un universo condiviso di film, perché al giorno d’oggi sembra che
tutto lo sia, e la Warner Bros. era così fiduciosa in questo
progetto da aver investito circa 175 milioni di dollari nella
produzione. Ma né il pubblico né la critica sono stati d’accordo e
il film è stato bocciato con circa 140 milioni di dollari in tutto
il mondo, perdendo decine di milioni per la WB. Sebbene il film sia
stato relegato nella lista dei grandi fallimenti al botteghino, ci
sono diverse ragioni per cui questo film è incredibilmente
difficile da gestire, e qui ne elencherò alcune che spero vi
convinceranno a dargli un’altra possibilità (o anche la prima) e a
godervi questa stravagante rivisitazione della leggenda di Re Artù,
unica nella vita.
King Arthur – Il potere
della spada utilizza i minuti iniziali per mostrare
elefanti che fanno sembrare i Mûmakil del Signore degli
Anelli dei bulldog francesi, annientando completamente i
soldati a terra e abbattendo le strutture. Guardando questa
sequenza da urlo, così come le altre folli scenografie, non c’è da
chiedersi quale sia stato il prezzo da pagare. Ma Ritchie e il suo
team hanno usato ogni centesimo per creare un’avventura fantasy
selvaggia che crea un mondo unico, pieno di creature spaventose,
spade superpotenti, magia diabolica e un design di produzione e
costumi sorprendente, in gran parte portato alla vita cinetica dal
montaggio di James Herbert.
I
film fantasy sono una scommessa (come è stato chiarito qui), ma
tutto è stato messo in gioco per fare di King Arthur – Il
potere della spada un blockbuster high-fantasy che ha
portato il genere nel panorama cinematografico moderno, e sembra e
sembra qualcosa che probabilmente non vedremo mai più a breve.
Guy Ritchie è uno
di quei registi che, anche se i suoi film non sono grandiosi, hanno
comunque un senso dello stile e un’energia folle, e con
King Arthur – Il potere della spada mette
tutto insieme per infondere a quello che era probabilmente un
assegno in bianco una sfacciata ferocia. I suoi tratti distintivi –
dal tipo di azione vista in Sherlock Holmes all’interazione del cast di
Snatch – contribuiscono a dare
all’impressionante portata visiva l’energia necessaria per sembrare
qualcosa di più di una vuota CGI, il tutto distinguendo la trama
dai molti, moltissimi altri film di genere medievale.
La sua decisione, insieme al team
di co-sceneggiatori, di dare a questa storia d’origine un’impronta
grintosa, da gangster di bassa lega, avrebbe potuto essere un punto
a sfavore per alcuni, ma questo stile è semplicemente qualcosa che
gli riesce così bene che con l’arco di vita di Artù che va dai
bassifondi alla grandezza funziona piuttosto bene, infondendo
un’avventura fantasy con un’atmosfera da heist-movie che conferisce
ulteriormente a Re Artù una personalità distinta in un’epoca in cui
tanti blockbuster gonfiati sono più noiosi di un Excalibur di
cartone.
I grandi cast sono un’altra
caratteristica di Guy Ritchie e, con Charlie Hunnam alla guida della squadra nel
ruolo di Artù dalla parlantina veloce e dickensiana, l’intero cast
è all’altezza della situazione per rendere i futuri Cavalieri della
Tavola Rotonda una simpatica banda di furfanti.
Djimon Hounsou,
Aidan Gillen, Kingsley Ben-Adir, Tom Wu, Neil Maskell,
Annabelle Wallis e Àstrid Bergès-Frisbey sono tutte
personalità gradite che danno corpo al viaggio di Artù, con
Eric Bana che sfrutta al meglio il suo breve tempo nei
panni del cazzuto Uther Pendragon. Si tuffano a capofitto nei
dialoghi scoppiettanti e nell’azione ad alta energia senza una
spada spenta nel gruppo, ed è un peccato che non potremo vederli
approfondire i loro personaggi in futuro.
Ma il ruolo del cattivo è affidato
a Jude Law, che interpreta Vortigern con energia
seducente. Law interpreta il leader tirannico che fa salutare in
massa i suoi soldati come un dittatore fascista con delizioso
aplomb, il tutto indossando i costumi di Annie Symons. Giacche di
velluto, pantaloni di pelle, lunghi cappotti di pelliccia, armature
minacciose e allo stesso tempo cool: il Vortigern di Jude Law, sembra poter governare il mondo con
un guanto di ferro e fare ancora in tempo a sfilare all’ultima
sfilata di Tom Ford. Ma gioca anche con la
riluttanza e l’agitazione dei cattivi, sacrificando la moglie per
trasformarsi in un cavaliere demoniaco bambino per uccidere il
fratello (Eric
Bana). Il suo lavoro è misurato e tranquillamente
malvagio rispetto al ritmo incalzante di tutto il resto, e fa sì
che Law possa avere più ruoli malvagi da masticare, superando tutti
quelli che lo circondano.
La colonna sonora
Lasciando il meglio per ultimo, la
colonna sonora di Daniel Pemberton è la vera star
di King Arthur – Il potere della spada. Anche tra
tutte le impressionanti immagini e le ottime interpretazioni, la
musica viscerale, cruda e mozzafiato le supera tutte con una
cacofonia di suoni e influenze che probabilmente non dovrebbero
funzionare insieme, ma che funzionano al 100%. Sia che si tratti
dell’uso di strumenti medievali di ogni forma e dimensione, sia che
si tratti di respiri e urla gutturali che conferiscono una gradita
dose di fisicità alle scene più veloci, il livello di personalità
che Pemberton inietta nella colonna sonora per rendere King
Arthur – Il potere della spada diverso da qualsiasi
altro genere è degno di infinite lodi. Probabilmente più del cast,
delle immagini e del montaggio, la colonna sonora di Pemberton
stabilisce il tono della selvaggia avventura che verrà, e se sarete
travolti dall’avventura come lo sono stato io, dovrete ringraziare
questa colonna sonora adeguatamente fantastica.
King Arthur – Il
potere della spada, nuova versione cinematografica
della storia di Re Artù, è disponibile dal 23 agosto su tutte le
piattaforme digitali e dal 6 settembre in DVD, Blu-Ray, Blu-Ray 3D
e 4K Ultra HD distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia.
Il poliedrico regista Guy Ritchie (Sherlock
Holmes) imprime il suo inconfondibile stile dinamico e
pieno d’azione al genere epico fantasy, proponendo una versione
irriverente del classico mito di Excalibur, che segue il tumultuoso
percorso di Arthur dalla strada al trono. Nel cast, Charlie Hunnam (Sons of Anarchy,
Crimson Peak) il candidato all’Oscar Jude
Law (The Young Pope, Il talento di Mr. Ripley,
Ritorno a Cold Mountain), Astrid
Bergès-Frisbey (Pirati dei Caraibi: Oltre i confini
del mare), il candidato all’Oscar Djimon
Hounsou (In America – Il sogno che non c’era, Blood
Diamond – Diamanti di sangue,
Fast & Furious 7), Aidan Gillen (Il Trono di Spade, Queer as
Folk, The Wire) e Eric
Bana (Hulk, Star Trek, Troy).
King Arthur – Il potere della spada
SINOSSI
Quando il padre del piccolo Artù
viene assassinato, suo zio Vortigern si impadronisce del trono.
Privato dei diritti che gli spetterebbero per nascita e senza
sapere chi sia realmente, Artù riesce a sopravvivere nei vicoli
oscuri della città e solo quando estrae la mitica spada dalla
roccia la sua vita cambia radicalmente ed è costretto ad accettare
la sua vera eredità… che gli piaccia o meno.
King Arthur – Il potere della
spada DVD
Durata: 121 min.
ca.
Lingue: Dolby
Digital: Italiano 5.1, Inglese 5.1, Francese 5.1, Tedesco 5.1.
Sottotitoli:
Francese, Olandese. Non udenti: Italiano, Inglese, Tedesco.
Contenuti
speciali: Arthur with Swagger – Charlie Hunnam è un
gentiluomo, bel fusto e un tipo tosto.
King Arthur BLU-RAY
Durata: 126 min. ca.
Video: 1080p High Definition 16×9 2.4:1
Lingue: DTS-HD Master Audio: Italiano 5.1.
Dolby Atmos True HD: Inglese. Dolby Digital: Inglese 5.1, Spagnolo
5.1, Francese 5.1.
Contenuti speciali: possono essere in Alta
Definizione. Lingue e Sottotitoli possono variare:
Arthur with Swagger –
Charlie Hunnam è un gentiluomo, bel fusto e un tipo tosto.
Sword from the Stone –
Guy Ritchie porta il 21esimo secolo in una delle leggende inglesi
più iconiche nella realizzazione di Camelot per un nuovo
pubblico.
Parry and Bleed – Charlie
e il resto del cast frequentano un corso intensivo di scherma in
stile vichinghi contro sassoni.
Building on the Past –
Londinium riprende vita con un nuovo design da città urbana
medievale, costruita dal nulla.
Inside the cut: the Action of
King Arthur – la stunt coordinator Eunice Huthart insieme al
regista Guy Ritchie ricreano insieme le strabilianti sequenze di
azione in King Arthur.
Camelot in 93 Days –
Amicizia e amore si rinforzano e si indeboliscono mentre il set
prende vita in 93 giorni.
Legend of Excalibur – La
spada più famosa del mondo viene ricreata per una nuova
generazione.
Scenic Scotland – Una
grandiosa produzione avvolta nella gloriosa location della
Scozia.
King Arthur – Il potere
della spada BLU-RAY 3D
Durata: 126 min.
ca.
Video: 1080p High
Definition 16×9 2.4:1
Lingue: Dolby
Digital: Italiano 5.1, Inglese 5.1, Spagnolo 5.1, Portoghese 5.1,
Francese 5.1., Ceco 5.1, Ungherese 5.1, Turco 5.1. DTS-HD Master
Audio: Inglese 5.1, Tedesco 5.1.
“Everybody’s looking for
something…“, recita un celebre verso di “Sweet Dreams”,
traccia sonora che ha inquadrato Kinds of
Kindness, nuovo film del regista greco Yorgos
Lanthimos, fin dal rilascio del primo teaser trailer.
Girato praticamente in contemporanea a Povere Creature!, il film che ha visto
Emma Stone vincere il suo secondo Oscar come
migliore attrice protagonista, Kinds of Kindness –
presentato in concorso a Cannes 77 – è un progetto
piuttosto particolare: un racconto a tre capitoli, o un film
composto da tre racconti, in base a come lo si vuole intendere, in
cui gli stessi attori interpretano personaggi diversi.
Sogni d’oro… o incubi greci
Kind of Kindness è
un trittico composto da tre storie indipendenti, ma unite da quel
batterio grottesco che rende febbrile il cinema di
Lanthimos. Il primo, parla della totale dipendenza
di un uomo dai capricci del suo capo, o meglio dire Dio, che
scandisce la sua vita fino al ridicolo. Nel secondo, un poliziotto
non può capacitarsi della misteriosa scomparsa della moglie
biologa, fino a quando lei ritorna ma non sembra la stessa di
sempre. Il terzo, infine, ha a che fare con una setta ridicola e
con una donna alla ricerca di una profetessa che possa resuscitare
i morti.
Sono storie di presunta gentilezza
che non è altro che meschinità divoratrice, in cui i personaggi si
donano incondizionatamente ad altri, ripagano con atti ripugnanti
quella che reputano gloriosa benevolenza ricaduta sulle loro vite:
l’unico modo in cui credono di potere ricompensare chi ha garantito
loro una possibilità per esistere, chi gli ha affibbiato codici
secondo cui vivere, chi li ha fatti sentire vivi tramite gli atti
più umani: il cibo, il sesso, la fede.
In pieno stile
Lanthimos, che ritorna a collaborare col sodale
Efthymis Filippou, Kinds of
Kindness legge in chiave grottesca il concetto di
riconoscenza, rendendo alcuni generi e passaggi tipici dell’horror
(cannibalismo, necrofilia, sette) contrappunto dello humor che
pervade il trittico. Certamente, una delle chiavi per definire
Kinds of Kindness è proprio quella del
divertimento, tanto degli attori, quanto del pubblico:
un’esperienza che vuole intrattenere più di ogni altro progetto di
Lanthimos e in cui emerge, in ogni istante, il
divertimento degli attori stessi, pressochè lo stesso cast di
Povere Creature!, che si è prestato al
progetto nelle pause dalle riprese del film, reinventando anche, in
un qualche modo, il concetto di compagnia teatrale.
Kinds of Kindness è un
film di corpi e sui corpi
Tutto parte dal corpo e
Lanthimos sembra dirci che la riconoscenza non può
esistere senza la fisicità: dopo aver ricomposto e creato
Bella Baxter, bambina-donna in costante evoluzione
e aver deformato lo scienziato Godwin, il vero
Frankenstein di Povere Creature!, qui gioca indifferentemente
con i corpi maschili e femminili, con la fisicità dell’esperienza,
connessa al potere e alla sottomissione. “Some of them
want to use you”/”Some of them want to get used by
you“; “Some of them want to abuse you“/”Some
of them want to be abused“: effettivamente, Sweet
Dreams è manifesto tematico del nuovo film di Lanthimos.
In quei versi, così noti e canticchiati nel mondo, condensa
perfettamente i giochi di equilibro e potere che intessono la
narrazione, tra abusatori ed abusati, chi manipola e chi viene
manipolato.
Emma Stone,
Jesse Plemons, Margaret Qualley, Willem Dafoe: Lanthimos lavora sui corpi di
questi attori in maniera egregia, destrutturandoli, svuotandoli,
vestendoli (e svestendoli) in più modi, riadeguandoli alle
contrapposizioni cromatiche e strutturali che scandiscono la
narrazione di Kinds of Kindness, animata da un
comparto sonoro lugubre e cadenzato quanto basta a farci intendere
che c’è una logica prestabilita negli eventi a cui assisteremo.
Nella routine sopraggiunge lo straordinario, un errore, un piccolo
mutamento che buca il perimetro millimetrico delle vite di questi
personaggi.
Con Kinds of
Kindness, Yorgos Lanthimos riprende
alcune riflessioni delle sue prime produzioni greche, lo sguardo
glaciale e tagliente sui comportamenti umani, l’immagine-idea del
corpo come veicolo dell’esistenza, riadattando il tutto a una
confezione più “mainstream”, decodificabile alla luce della
partnership con Searchlight, che distribuirà il film nelle
sale, dopo Povere Creature!. Una cornice solo
all’apparenza più hollywoodiana, vendibile, commerciale: Lanthimos
resta Lanthimos e ci racconta le assurdità dell’essere umano con le
sue tipiche metafore distruttive, esilaranti, inquietanti e
scorrette che hanno contraddistinto la sua intera produzione
cinematografica.
Sono ora disponibili il primo
trailer e la prima immagine del film di Yorgos Lanthimos
Kinds of
Kindness, che arriverà prossimamente nelle sale
italiane.
Kinds of
Kindness è una favola in tre atti: un uomo senza
scelta che cerca di prendere il controllo della propria vita; un
poliziotto preoccupato dal fatto che la moglie scomparsa in mare
sia tornata e sembri un’altra persona; e una donna determinata a
trovare una persona specifica con una speciale abilità, destinata a
diventare un prodigioso leader spirituale.
Searchlight Pictures presenta
Kinds of Kindness, diretto dal candidato all’Academy
Award® Yorgos Lanthimos. Il film vede protagonista
la due volte vincitrice del Premio Oscar® Emma Stone, insieme al candidato all’Academy
Award® Jesse Plemons, al candidato all’Academy Award®
Willem Dafoe, Margaret Qualley,
al candidato all’Academy Award® Hong Chau,
Joe Alwyn, Mamoudou Athie e
Hunter Schafer. La sceneggiatura originale è
scritta da Lanthimos e Efthimis Filippou, segnando così la loro
quinta collaborazione (The Lobster, Il sacrificio del cervo
sacro, Dogtooth, Alps). Kinds of
Kindness è prodotto da Ed Guiney, Andrew Lowe,
Kasia Malipan e Yorgos Lanthimos.
Kinds
of Kindness, la prossima collaborazione tra il regista
Yorgos Lanthimos e Emma Stone, debutterà nei cinema quest’estate.
Searchlight, lo studio indipendente che
distribuisce il film, ha aggiunto il titolo al calendario delle
uscite il 21 giugno.
Anche se la trama rimane nascosta,
Kinds of Kindness è un film antologico che
riunisce Stone con i suoi co-protagonisti di Povere
Creature! Willem Dafoe e Margaret
Qualley, così come con l’attore di La favorita Joe
Alwyn. Jesse Plemons, Hong Chau e
Hunter Schafer completeranno il cast.
Lanthimos ha scritto la
sceneggiatura insieme a Efthimis Filippou, con il
quale ha co-sceneggiato alcuni dei suoi lavori precedenti,
The Lobster, Killing of a Sacred
Deer e Dogtooth. Il film, originariamente
intitolato And, è stato girato a New Orleans alla
fine del 2022.
Kinds of Kindness è
la quinta collaborazione tra Stone e Lanthimos, che si sono appena
riuniti per Povere
Creature!, che è valso a Emma Stone
un secondo Oscar come migliore attrice. Quel film, anch’esso
distribuito da Searchlight, ha vinto quattro Academy Awards in
totale.
Stone e Lanthimos hanno lavorato
insieme anche nel 2018 per La Favorita e nel
cortometraggio Bleat. Sono già in trattative per
organizzare il loro sesto film, un remake della commedia fantasy
sudcoreana Save the Green Planet.
Anche nelle imprese di
Yorgos Lanthimos più facilmente digeribili
e radicate, come La Favorita, ci si può aspettare
qualcosa di gloriosamente particolare. The Lobster e Il Sacrificio del cervo sacro,
due uscite che hanno portato le sue opere a un pubblico più vasto,
sono esempi lampanti delle peculiarità discorsive di Lanthimos.
All’inizio si potrebbe pensare che non ci si abituerà mai ai
modelli di discorso e alle scelte lessicali stravaganti e
ultraterrene. Tuttavia, i suoi interpreti si impegnano e
accettano la forma in modo così completo che non passano più di
pochi minuti prima che ci si senta completamente coinvolti.
Dopo che Poor
Things ha fatto incetta di nomination agli
Oscar, compresa la vittoria come miglior attrice per Emma Stone, è probabile che molti siano
accorsi a vedere il sorprendente e immediato seguito,
Kinds of Kindness,
soprattutto ora che è in streaming su Disney+. Questo film si
immerge in profondità nella sensibilità deliziosamente bizzarra di
Lanthimos. È una commedia dark che non rifugge in alcun
modo dall’inquietudine e dal disagio psicologico. Decifrarla
potrebbe essere un compito difficile, ma non temete. Siamo qui per
analizzare i finali (sì, al plurale) di Kinds of
Kindness.
Di cosa parla “Kinds of
Kindness”?
Kinds of Kindness è raccontato in tre parti. Sebbene
le tre storie siano completamente separate, il cast
principale appare in ruoli diversi e si possono certamente
cogliere alcuni temi generali. Emma Stone e
Jesse Plemons sono costantemente al
centro dell’attenzione e offrono alcune delle loro migliori
interpretazioni fino ad oggi, sorprendentemente dedicate alle
prospettive contorte dei loro tre ruoli. Il cast ricorrente è
completato da Willem Dafoe, Hong
Chau, Margaret Qualley, Joe Alwyn e
Mamoudou Athie. Poi c’è Yorgos
Stefanakos nel ruolo di R.M.F., l’unico nome che si ripete
in tutto il film. In modo assurdo, ogni parte affronta il tema
dell’amore, delle connessioni personali intime e del tributo spesso
dannoso della devozione.
La morte di R.M.F. confonde il
confine tra amore e obbedienza
Parte 1 di “Kinds of Kindness”
(I tipi di gentilezza)
Robert (Plemons) è assolutamente
devoto al suo ambiguo capo, Raymond (Dafoe). Raymond ha dato
a Robert sua moglie, Sarah (Chau), la sua auto, la sua casa e
praticamente ogni aspetto prezioso della sua vita. In
cambio, Robert esegue ogni ordine impartito da Raymond,
compreso ciò che Robert mangia e quando può fare sesso con Sarah.
Dopo che Raymond fa in modo che Robert abbia di proposito un
incidente d’auto, speronando un uomo di nome R.M.F. a un incrocio
(per il quale è stato reclutato, pienamente consapevole delle
conseguenze), Robert rimane leggermente ferito ma non viene
ricoverato completamente. Questo non soddisfa il desiderio di
Raymond, che ordina di rifarlo. Questa volta, temendo che rendere
l’incidente più estremo possa uccidere mortalmente R.M.F., Robert
si rifiuta. Così, Raymond “licenzia” Robert, tagliando ogni legame
e ogni residua connessione, compresa l’opportunità di andare a
letto con Raymond e la sua amante, Vivian (Qualley). La vita di
Robert va in pezzi. Sua moglie lo lascia e lui non riesce a trovare
la sua strada.
Robert corteggia Rita (Stone),
utilizzando gli stessi metodi che Raymond gli ha insegnato. Sembra
funzionare, ma poi Rita finisce in ospedale. Robert scopre che è il
nuovo soggetto di Raymond e che il suo incidente è stato il
completamento dell’investimento di R.M.F. con la sua auto.
Nella speranza di ricongiungersi a Raymond, Robert prende
R.M.F. (che ha perso conoscenza a causa dell’incidente) e lo
investe ripetutamente con la sua auto, uccidendolo. Questo
soddisfa il desiderio di Raymond e Robert viene riaccolto
nell’abbraccio di Raymond e Vivian.
Riuscite a immaginare uno scenario
più sconfitto? Si riesce finalmente a sfuggire alla morsa del
proprio vilipendio, ma invece di guarire, sembra che la
rivendicazione abbia causato una valanga di dolore nella propria
vita. In termini di relazioni abusive, nonostante Robert abbia
raggiunto uno scenario di relativo benessere (l’abbraccio dei suoi
autoritari), questo riempie perfettamente il ruolo del dilemma
ciclico. Robert si riporta al punto di partenza, solo che
ora ha meno di prima di tentare la libertà. Il comfort
immediato è stato raggiunto, ma a quale scopo? Il vuoto
continuerà e il dubbio provocato dalla sua indiscussa servitù
probabilmente crescerà da qui in poi.
R.M.F. Is Flying” mette alla
prova se stessi con i test più crudi
Parte 2 di “Kinds of Kindness”
(I tipi di gentilezza)
Daniel (Plemons), un agente di
polizia, ha da poco perso la moglie Liz (Stone), scomparsa
nell’oceano. R.M.F., un pilota di elicotteri, salva Liz,
riportandola apparentemente illesa. Daniel la osserva
attentamente e viene sopraffatto dalla paranoia, sospettando che la
donna che è tornata da lui sia un’impostora. Le sue scarpe
non vanno più bene, il comportamento del loro gatto nei suoi
confronti è cambiato e lei improvvisamente ama il cioccolato, cosa
che prima detestava. “Liz” dice a Daniel di essere incinta. Lui la
costringe ad andarsene e da lì in poi va fuori di testa.
Durante un blocco del traffico,
Daniel spara spontaneamente al passeggero (Alwyn) alla mano e,
in uno scatto inquietante, ne lecca il sangue. Daniel e
“Liz” rimangono insieme, nonostante il crescente disagio. “Liz”
racconta uno strano sogno al padre (Dafoe) e dice al suo medico che
Daniel l’ha picchiata (e lei incolpa i suoi farmaci). Daniel inizia
a chiedere l’automutilazione alla sua presunta moglie. Prima dice
che vuole che lei gli tagli un dito per mangiare (prima rifiutava i
pasti per protesta). Lei lo accontenta e, quando Daniel gliene
chiede ancora, lo fa di nuovo, questa volta asportando il fegato.
Daniel torna a casa e trova “Liz” deceduta.Pochi istanti dopo, la vera Liz (una donna identica
interpretata anche dalla Stone) arriva alla porta e lei e Daniel si
abbracciano amorevolmente.
Due verità scorrono una accanto
all’altra. Nel regno fantastico, Daniel è sospettoso della donna
che è tornata. Credendo che stia accadendo qualcosa di nefasto, la
mette alla prova con intense richieste fisiche. La donna si adegua,
tagliando e staccando parti del suo corpo fino alla morte
finale. Alla fine, il suo sospetto viene premiato e la morte
dell’ “impostore” riporta magicamente a casa la sua vera moglie.
Adattato alla lente della realtà, questo è un uomo sopraffatto
dall’insoddisfazione – carenze personali che vengono poi proiettate
sulla moglie. Essendo l’auto-riflessione e il miglioramento una
montagna troppo alta, l’uomo si scaglia contro la moglie con
aspettative impossibili. La vita di lei viene appesantita dal
bisogno di compiacere e dimostrare il suo amore al marito,
distruggendola alla fine. Se si uniscono le due versioni,
si ottiene un uomo che ha giustificato i suoi abusi attraverso
l’illusione.
Poiché la storia alterna i punti di
vista di Daniel e Liz, ciò che dobbiamo credere è intenzionalmente
lasciato in sospeso. Daniel soffriva di una forma di psicosi o si è
verificato qualcosa di soprannaturale o sinistro? Nel sogno di Liz,
i cani vivevano come noi, tenendo gli umani come animali domestici.
La sua rivelazione del sogno: “È meglio mangiare qualcosa
che è sempre disponibile quando si ha fame che dipendere da
qualcosa che finisce presto ogni mattina”. Mentre scorrono
i titoli di coda, vediamo i cani vivere come persone. Sebbene
l’azione trainante provenga da Daniel, il sogno di Liz offre la
visione più pura di come questo tipo di abuso persista. Daniel è il
colpevole; la sua calma e le sue mosse calcolate non sono
abbastanza persuasive da offuscare questa realtà. La moglie è
riuscita a sopportare l’abuso in qualsiasi modo – in questo caso,
giustificando le azioni del marito come lo scenario migliore in cui
può sperare.
R.M.F. mangia un panino”
mescola purezza e tossicità
Parte 3 di “Kinds of Kindness”
(I tipi di gentilezza)
OMI (Dafoe) e AKA (Chau) sono a
capo di una setta. I loro devoti sono vincolati da rapporti
sessuali e relazioni intensamente intime con OMI e AKA, e hanno
convinzioni rigorose sulle tossine. I membri del culto
Emily (Stone) e Andrew (Plemons)vengono messi
insiemee incaricati di trovare una donna che
soddisfi dei criteri precisi: il più importante è che hanno una
sorella gemella deceduta e che lei può rianimare i morti.
Dopo aver fallito nel tentativo di trovare il pretendente,
vengono avvicinati da Rebecca (Qualley), che in qualche modo è a
conoscenza della profezia. Insiste che sua sorella gemella, Ruth, è
la donna che stanno cercando.
Emily fa visita alla figlia e al
marito estraneo, Joseph (Alwyn). Dopo averle fatto bere
qualcosa, Joseph violenta Emily. Andrew informa l’OMI e l’AKA, che
tentano una “decontaminazione” di Emily. Quando fallisce, Emily
viene cacciata dalla setta. Emily fa visita a Rebecca, che si
uccide subito, realizzando la profezia della “gemella defunta”.
Emily taglia un cane randagio per giustificare la visita alla
clinica veterinaria di Ruth. Miracolosamente, la ferita del cane
guarisce rapidamente dopo il tocco di Ruth. Emily droga
Ruth e la porta all’obitorio dove, anche se per lo più incapace,
riporta in vita un cadavere (si tratta di R.M.F.). Emily
festeggia con un ballo prima di portare Ruth all’OMI e all’AKA, ma
la sua guida spericolata causa un incidente e Ruth rimane uccisa
prima del loro arrivo. Mentre scorrono i titoli di coda,
R.M.F. mangia un panino, sporcandosi di ketchup la camicia dove
sono cucite le sue iniziali.
R.M.F. mangia un panino è
il film che richiede la maggiore sospensione dell’incredulità.
Tutti i film si basano su richieste enormi, che soddisfano una
figura di spicco. In questo caso, i soggetti devono trovare una
persona illusoria che si dice abbia la capacità di resuscitare i
morti. Inoltre, funziona. La fede di Emily in Ruth si concretizza e
Ruth riporta in vita R.M.F.. La resurrezione, di per sé,
rappresenta la forma più alta di miracolo. Ma non c’è solo
l’elemento fantastico da analizzare. L’acqua merita un’attenzione
particolare. Tutti i membri della setta sono ossessionati dalla
nozione di contaminazione e, nei momenti di maggiore debolezza,
sono sopraffatti dalla sete. Solo l’acqua dei loro leader può
placare la loro sete, e l’acqua che possono bere è stata benedetta
dalle lacrime di OMI e AKA. C’è qualcosa di quasi biblico in
questo atto: la loro sofferenza porta alla benedizione dei loro
seguaci. Il sacrificio porta al sostentamento.
PoichéKinds of Kindnessriflette sugli elementi di abuso e controllo che vengono
scambiati per amore e nutrimento, questa sezione può essere un atto
d’accusa contro la religione e la sua colpevolezza in questo tipo
di inganno.
Kinds of Kindness è una
rete complessa da districare, ed è del tutto possibile che non
siamo destinati a dare un senso totale a tutto questo. Cani, piedi,
droghe, fame, sete e molto altro ancora sono elementi ricorrenti –
immagini che potrebbero semplicemente essere un filo visivo per
unire le storie. Ciò che rimane vero è che la disperazione
di placare, nella speranza di essere amati e accettati, è una
strada inevitabilmente sbagliata e spesso pericolosa. I
parallelismi d’azione rendono evidente che i fili comuni sono da
ricercare nei personaggi di ogni storia. Tutto inizia con l’arrivo
di R.M.F. a casa di Raymond per quello che sembra essere un
casting. Il ruolo: permettere a Robert di tamponarlo con la sua
auto, cosa che Rita farà in seguito. Poi, la parte finale si
conclude con l’incidente di Emily, che uccide Ruth sul sedile del
passeggero. Anche se con scopi diversi, la guida è stata fatta nel
tentativo di placare un leader, ed entrambe avrebbero provocato
gravi lesioni o la morte.
Lanthimos ha chiarito che R.M.F. non significa nulla in
particolare e non rappresenta un individuo specifico. È una
costante per ricordarci che, sebbene le storie siano a sé stanti,
si può trarre una lezione interconnessa. La gentilezza, come dice
il titolo, può essere facilmente fraintesa con il controllo. I
momenti scomodamente esilaranti abbinati a circostanze raccapriccianti sembrano strizzare l’occhio
all’ironia, suggerendo che “Tipi di gentilezza” potrebbe essere
intercambiabile con “Tipi di tirannia”, o forse “Servizi di
egoismo”, o qualche altra serie di allitterazioni che ci fanno
mettere in discussione le nostre devozioni e richieste.
Kind
of Kindness, il nuovo film di Yorgos
Lanthimos, arriverà il 6 giugno nelle sale
italiane. Il lungometraggio Searchlight Pictures sarà
presentato in anteprima mondiale alla 77esima edizione del Festival
di Cannes.
Kind
of Kindness è una favola in tre atti: un uomo senza
scelta che cerca di prendere il controllo della propria vita; un
poliziotto preoccupato dal fatto che la moglie scomparsa in mare
sia tornata e sembri un’altra persona; e una donna determinata a
trovare una persona specifica con una speciale abilità, destinata a
diventare un prodigioso leader spirituale.
Searchlight Pictures
presenta Kind of
Kindness, diretto dal candidato all’Academy Award®
Yorgos Lanthimos. Il film vede protagonista la due
volte vincitrice del Premio Oscar® Emma Stone, insieme al candidato
all’Academy Award® Jesse Plemons, al candidato all’Academy Award
Willem Dafoe, Margaret Qualley, alla candidata all’Academy Award®
Hong Chau, Joe Alwyn, Mamoudou Athie e Hunter Schafer. La
sceneggiatura originale è scritta da Lanthimos e Efthimis Filippou,
segnando così la loro quinta collaborazione (The Lobster,
Il sacrificio del cervo sacro, Dogtooth,
Alps). Il film è prodotto da Ed Guiney, Andrew Lowe,
Yorgos Lanthimos e Kasia Malipan.
Kind of
Kindness, film Searchlight Pictures, arriverà in
streaming su Disney+ il prossimo 30 agosto.
Dall’acclamato regista candidato
all’Oscar® per Povere Creature!,
Yorgos Lanthimos, questo lungometraggio
Searchlight Pictures “profondamente esilarante” (David Fear,
Rolling Stone) vanta un cast stellare, guidato da Emma Stone, Jesse
Plemons e Willem Dafoe, ed è stata descritto come “incredibilmente
divertente” (David Ehrlich, Indiewire) e “destinato a confondere e
deliziare” (Peter Debruge, Variety).
Il film è una favola in tre atti: un
uomo senza scelta che cerca di prendere il controllo della propria
vita; un poliziotto preoccupato dal fatto che la moglie scomparsa
in mare sia tornata e sembri un’altra persona; e una donna
determinata a trovare una persona specifica con una speciale
abilità, destinata a diventare un prodigioso leader spirituale.
La sceneggiatura originale è scritta
da Lanthimos e Efthimis Filippou. Il film è prodotto da Ed Guiney,
p.g.a., Andrew Lowe, p.g.a., Yorgos Lanthimos, p.g.a., Kasia
Malipan, p.g.a. Fanno parte del cast anche Margaret Qualley, Hong
Chau, Joe Alwyn, Mamoudou Athie e Hunter Schafer.
Al Festival di Cannes 2024 Jesse Plemons si è
aggiudicato il premio come Miglior Attore.
Kind of
Kindness, diretto dal candidato all’Academy Award®
Yorgos Lanthimos. Il film vede protagonista la due
volte vincitrice del Premio Oscar® Emma Stone, insieme al candidato
all’Academy Award® Jesse Plemons, al candidato all’Academy Award
Willem Dafoe, Margaret Qualley, alla candidata all’Academy Award®
Hong Chau, Joe Alwyn, Mamoudou Athie e Hunter Schafer. La
sceneggiatura originale è scritta da Lanthimos e Efthimis Filippou,
segnando così la loro quinta collaborazione (The Lobster,
Il sacrificio del cervo sacro, Dogtooth,
Alps). Il film è prodotto da Ed Guiney, Andrew Lowe,
Yorgos Lanthimos e Kasia Malipan.
Zoë Kravitz, Jack Reynor e
Myles Truitt in Kin. Foto di Alan Markfield
Nonostante l’interessante premessa
narrativa, la fusione di più generi tra loro e il cast composto da
noti attori di Hollywood, il film Kin è passato
grossomodo inosservato. Diretto da Jonathan e
Josh Baker, qui
al loro primo lungometraggio, questo include al suo interno
caratteristiche del
thriller con elementi
fantascientifici. Si costruisce così una vicenda
particolarmente intricata e sorprendente, ricca di colpi di scena
che non mancano di sorprendere continuamente. Per gli amanti del
genere, dunque, si tratta di un titolo da riscoprire e apprezzare
anche al netto dei suoi difetti.
Distribuito in sala nell’agosto 2018
(in Italia è in realtà arrivato nell’agosto del 2019),
Kin è basato sul lungometraggio del 2014
Bag, diretto sempre dai fratelli Baker. Questo ha per
protagonista un ragazzo diretto verso la periferia della metropoli
in cui abita. Con sé porta solo una borsa, il cui contenuto rimane
un mistero fino alla fine, come anche le intenzioni del ragazzo.
Partendo da questo spunto, i Baker hanno costruito la sceneggiatura
di Kin insieme a Daniel Casey
(noto per aver scritto anche la sceneggiatura di Fast & Furious 9). Con
un budget di 30 milioni, il film è così diventato realtà in modo
del tutto indipendente dai grandi studios.
Inizialmente mal accolto dalla
critica e snobbato dal pubblico, questo è poi lentamente divenuto
un piccolo cult per gli appassionati del genere. In particolare,
sorprendono certe ambientazioni e il modo in cui gli effetti
speciali vengono utilizzati a fini narrativi. In questo articolo,
approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a
Kin. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e alle
fonti di ispirazione. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Protagonista del film è il
quattordicenne Elijah Solinski, che risiede a
Detroit con il padre adottivo Hal. Un giorno, per
puro caso, egli si ritrova ad essere testimone di uno scontro tra
uomini armati di una tecnologia avanzata. Dopo lo scontro restano a
terra soltanto i corpi privi di vita e una strana scatola di
metallo. Elijah rientra a casa ma, come attratto dalla scena
vissuta, decide di ritornare sul luogo e prelevare la scatola di
cui ignora natura e funzione. Mentre cerca di capire con cosa a che
fare, il figlio biologico di Hal, Jimmy Solinski,
esce di prigione. La sua scarcerazione, però, non segna la fine dei
suoi problemi, ma anzi si trova costretto a fare i conti con il
criminale Taylor.
A questo Jimmy deve molti soldi, ma
non avendoli decide di rubarli al padre. Qualcosa però va storto e
sia Hal che il fratello di Taylor rimangono uccisi nel tentativo di
rapina. Ciò spinge il criminale a voler ottenere una feroce
vendetta, intraprendendo una vera e propria caccia nei confronti di
Jimmy e il fratello Elijah. Mentre questi due tentano di
nascondersi dalla furia del criminale, il quattordicenne inizia a
fare una serie di incredibili scoperte sull’oggetto di cui è
entrato in possesso. In breve, capirà che proprio quello è la loro
unica speranza di salvezza e che potrà perfino aiutarlo a scoprire
la verità sul suo destino e sulle sue origini.
Ad interpretare il protagonista del
film, Elijah, vi è il giovane Myles Truitt, qui al
suo debutto cinematografico e oggi noto per le serie Queen
Sugar, Black Lightning, mentre si attende di vederlo nella
quarta stagione di Stranger
Things. Nei panni del suo fratellastro Jimmy vi è invece
Jack Reynor,
visto in Transformers 4 – L’era
dell’estinzione e Il segreto. L’attore
Dennis Quaid
interpreta Hal, il padre dei due, mentre James Franco è
il criminale Taylor. Completano il cast Zoë Kravitz nei
panni della striper Milly, Carrie Coon in quelli
di Morgan Hunter, agente FBI, e Michael B.
Jordan in quelli del Cleaner maschio. Jordan, inoltre,
è anche produttore esecutivo del film.
Ulteriori curiosità relative al film
riguardano poi le fonti di ispirazione citate dai due registi.
Oltre a basarsi sul loro già citato cortometraggio, il film trae
spunto anche da un sogno fatto da uno dei due registi, dove un
ragazzo seduto nel bagno di un hotel analizza una strana arma
futuristica. Questa scena è poi stata inclusa nel film.
Kin, inoltre, è un omaggio ai film di James Cameron,
citato tanto in alcuni risvolti di trama quanto tramite alcuni
easter eggs. La contea immaginaria in cui Jimmy ed Elijah
vengonodetenuti alla stazione di polizia è la contea di Sulaco, un
riferimento alla USS Sulaco di Aliens – Scontro
finale, mentre la sparatoria nella stazione di polizia
ricorda quella vista in Terminator.
Il trailer di Kin
e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Kin grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Apple TV, Now
e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì
29 luglio alle ore 21:20 sul canale
Rai 4.
Arriva in prima tv
su
Sky Kimi – Qualcuno in ascolto, scritto e diretto dal
Premio Oscar Steven Soderbergh, lunedì 6
marzo alle 21.15 su Sky Cinema Uno e Sky Cinema 4K, in streaming su
NOW e disponibile on demand, anche in qualità 4K. Un
avvincente “tecno-noir” denso di mistero con protagonista Zoë Kravitz.
Con lei anche Byron
Bowers, Jaime Camil, Erika
Christensen, Derek DelGaudio,
Robin Givens, Charles Halford, Devin
Ratray, Jacob Vargas, con Rita
Wilson. La sceneggiatura è di David
Koepp.
Angela Childs è un’analista tecnica
che esamina dei flussi di dati per la Amygdala Corporation, azienda
fornitrice dell’assistente virtuale ad attivazione vocale KIMI. Il
mondo è alle prese con una pandemia e, anche se le restrizioni sono
allentate, Angela, che soffre di agorafobia, segue una rigida
routine all’interno della sicurezza del suo loft nel centro di
Seattle.
Angela comunica con la madre, il
suo dentista e il suo terapista tramite chat video e flirta con il
suo vicino dall’altra parte della strada, dimostrando che non ha
mai bisogno di lasciare le comodità di casa.
Ma le cose cambiano quando sente
qualcosa di orribile in uno dei flussi che sta analizzando.
Segnalarlo tramite e-mail è troppo rischioso, quindi un collega
fidato le consiglia di recarsi presso la loro sede centrale in
centro e parlare direttamente con la dirigente Natalie Chowdhury,
per avvisarla di quello che Angela è certa sia un crimine grave.
Angela non esce di casa da prima della pandemia: anche solo
arrivare in ufficio è una grande sfida, ma lei è determinata a fare
la cosa giusta. Ma non ha idea di cosa le accadrà realmente quando
e se riuscirà a uscire dalla sua zona di comfort.
Kim Rossi Stuart –
Alto e slanciato, splendidi occhi azzurri, figlio di una ex
mannequin di origine tedesco-olandese, Klara
Müller e di Giacomo Rossi Stuart – attore
italo-scozzese la cui fama è legata soprattutto ad horror come
Operazione Paura di Mario Bava e al
genere spaghetti western – da cui ha ereditato la passione per la
recitazione, insieme con un gruppo di coetanei è oggi l’orgoglio
del cinema italiano. Sarà nelle sale italiane dal prossimo 3
ottobre in Anni felici di Daniele
Luchetti, accanto a Micaela Ramazzotti. E
chissà che non sia la volta buona per aggiudicarsi quel David di
Donatello che finora ha ottenuto “solo” col suo esordio da regista
nel 2006 – Anche libero va bene – che ha convinto
critica e pubblico, sebbene resti ancora senza un seguito.
Un fascino fuori dal comune e
l’essere figlio d’arte potevano far pensare che si sarebbe fatto
strada nel cinema solo per questo, ma sono bastate le prime prove
impegnative – come Cuore cattivo e Senza
pelle – per portare alla luce un talento e una sensibilità
rari, affinati poi negli anni cimentandosi sempre in ruoli
complicati e intensi. Severo e rigoroso, attento ai particolari e
alle sfumature, è diventato uno specialista nel delineare
personalità tormentate ed estreme, dal fascino contraddittorio, e
nel rendere i molteplici aspetti di cui si compone l’animo umano.
Chirurgico nella scelta dei ruoli, ha lavorato con Amelio, Placido,
Benigni, Archibugi (senza dimenticare Antonioni e Wenders). La
notorietà presso il grande pubblico è arrivata soprattutto grazie
alla collaborazione con Michele Placido, che lo ha diretto in due
magistrali interpretazioni in Romanzo criminale e
Vallanzasca – Gli angeli del male.
Riservatissimo, tiene la sua vita
privata ben lontana dai riflettori. Anche per quel che riguarda il
suo lavoro, pesa ogni parola che pronuncia davanti alla stampa, e
comunque preferisce pronunciarne poche e lasciare ai suoi film il
compito di dirci qualcosa di lui.
Kim Rossi Stuart
nasce a Roma il 31 ottobre del 1969. Quel nome particolare – si
chiama come il protagonista di un noto romanzo di Kipling – gli
porterà fortuna (oltre ad accordarsi bene con lo scozzese Stuart).
L’attore romano ha tre sorelle. Negli anni dell’adolescenza si
dedica allo sport, diventando campione di nuoto. All’età di
quindici anni parte per l’America, col mito dell’Actor’s Studio e
la voglia di diventare attore. Tornato, studia recitazione al
Teatro Blu di Roma con Beatrice Bracco, e poi alla
scuola di Francesca De Sapio, che proprio ai
metodi dell’Actor’s Studio si ispira.
Nel frattempo, inizia a lavorare
per la tv e per il cinema, sebbene l’esordio sul grande schermo
risalga all’età di cinque anni, quando debuttò accanto al padre
Giacomo e a molti altri attori illustri – basti citare
Giancarlo Giannini e Catherine
Deneuve – in Fatti di gente perbene di
Mauro Bolognini (1974). È il 1984 quando appare
sul piccolo schermo nella miniserie I ragazzi della valle
misteriosa di Marcello Aliprandi, mentre tre anni
dopo torna al cinema interpretando il personaggio di Anthony Scott,
protagonista de Il ragazzo dal kimono d’oro di
Fabrizio De Angelis, che avrà due sequel, sulla
scia del successo del precedente Karate kid. È certo
a questo punto che il pubblico più giovane conosce Kim, solo
diciottenne eppure già dotato di un magnetico talento. Sembra
destinato a diventare il nuovo idolo delle teenagers, il che
pare confermato quando lo stesso pubblico lo segue nelle avventure
fiabesche di Fantaghirò, di nuovo in tv, per la regia
di Lamberto Bava, accanto ad Alessandra Martinez.
La saga della principessa guerriera innamorata di un giovane
cavaliere del regno rivale, Romualdo, interpretato dall’attore
romano, avrà ben cinque capitoli. Ma Rossi Stuart non
disdegna partecipazioni televisive di altro genere, come
quella ne La famiglia Ricordi (1993), dove offre
un’ottima prova del suo talento nei panni di Vincenzo
Bellini.
È questo il momento del salto di
qualità: dai film e serie tv destinati a un pubblico giovane, a
lavori più impegnativi, a ruoli più complessi, in cui Kim dà
prova delle sue notevoli capacità interpretative, e che lo lanciano
verso il cinema d’autore. Nel 1994 è infatti protagonista di
Cuore cattivo di Umberto Marino e
Senza pelle di Alessandro D’Alatri.
In Cuore cattivo incarna la rabbia e il malessere di
un giovane nella periferia romana, Claudio
Scalise: un emarginato che ricorre alla piccola
delinquenza e finirà malissimo. Il film si svolge per la maggior
parte in uno spazio chiuso, claustrofobico, in cui la tensione
cresce fino all’inevitabile scioglimento tragico. Assieme a lui,
Esther (Cecilia Genovesi), la ragazza paraplegica
che ha preso in ostaggio nell’appartamento di quest’ultima.
L’attore regge il film quasi interamente sulle proprie spalle con
un’interpretazione di grande forza e intensità, mostrandosi capace
di dar corpo alle molte sfaccettature di un’anima tormentata: dalla
rabbia, all’accusa, all’esaltazione, dalla comprensione alla
solidarietà e alla complicità che si crea tra lui ed Esther,
entrambi emarginati e soli. La tesi del film è forse un po’
scontata: che la “cattiveria” non sia propria del protagonista –
che tiene in ostaggio la ragazza con una pistola scarica e non si
dimostra capace di uccidere letteralmente neppure una mosca – ma
indotta da una società che non aiuta chi è in difficoltà, che non
accoglie e non capisce il disagio. La naturalezza e l’aderenza con
cui Rossi Stuart s’immedesima nel personaggio fanno del film un
cult che si fa ricordare a distanza di anni con estrema
vivezza.
Lo stesso può dirsi di Senza
Pelle, opera seconda di Alessandro
D’Alatri. Qui l’attore si confronta con gli abissi mentali
di un giovane psicotico, Saverio, sensibile e fragile, privo di un
limite che gli impedisca di manifestare apertamente, senza alcun
contegno, tutte le emozioni che lo scuotono. Sconvolge gli
equilibri di una modesta e tranquilla famiglia innamorandosi di
Gina (Anna Galiena). Anche in questo caso, l’interpretazione
offerta è toccante e mostra la duttilità espressiva dell’attore
alle prese con un ampio spettro di emozioni non facili da rendere.
Stavolta arrivano anche i riconoscimenti della critica. Riceve
infatti sia il Premio Flaiano che il Ciack d’Oro. Il film, oltre ad
essere presentato al Festival di Cannes, ottiene in Italia il David
di Donatello, il Nastro d’Argento e il Ciack d’Oro per la migliore
sceneggiatura.
Intanto, assieme a cinema e tv, Kim
prosegue brillantemente anche la carriera teatrale. Al palcoscenico
era infatti approdato nell’ ’87. Negli anni Novanta si distinguerà
interpretando con successo diversi personaggi shakespeariani in
prove di grande impegno: lavorerà in Re Lear, sotto la
direzione di Ronconi, ma sarà anche protagonista in Amleto e
Macbeth. Intensa interpretazione sul palco offrirà anche ne
Il visitatore di Schmitt, diretto da Antonio
Calenda.
Al cinema, la sua carriera prosegue
in piena ascesa. Viene notato e scelto da una coppia di registi
illustri come Antonioni e Wenders per prendere parte ad
Aldilà delle nuvole (1995). Nel 1998 torna a lavorare
con D’Alatri ne I giardini dell’Eden, dove ha il non
facile compito di interpretare Gesù.
Il nuovo millennio si apre con un
lavoro televisivo: Rossi Stuart è stavolta nei panni di un giovane
poliziotto sulle tracce della cosiddetta “banda della Uno bianca”,
nell’omonima miniserie diretta da Michele Soavi. Si tratta solo del
primo caso in cui la sua carriera d’attore si intersecherà con
rilevanti fatti di cronaca della nostra storia recente.
Nel 2002 torna al cinema per
interpretare Lucignolo nel Pinocchio di Roberto
Benigni.
Due anni dopo, l’incontro col
regista Gianni Amelio, che lo sceglie come
protagonista de Le chiavi di casa. Liberamente
ispirato a un romanzo di Giuseppe Pontiggia, il
film indaga il rapporto fra un giovane padre, Gianni (Kim
Rossi Stuart), e il figlio Paolo (Andrea
Rossi) disabile fisico e psichico. Un rapporto tutto da
costruire, perché Gianni alla nascita di Paolo non se l’era sentita
di prendersi cura di lui, dopo che la moglie era morta nel darlo
alla luce. Dopo quindici anni, decide di incontrarlo e cominciare a
conoscerlo. Il film, che oltre al soggetto di Pontiggia conta sulla
sceneggiatura di Stefano Rulli e Sandro
Petraglia – assieme allo stesso Amelio – ha il
pregio di non essere scontatamente moralistico nell’affrontare il
tema della disabilità. Non suggerisce un dover essere – curare,
capire, accogliere, sacrificare sé stessi per l’altro – bensì si
pone in maniera problematica di fronte al tema, lo guarda da più
prospettive, ci fa immedesimare nei dubbi, nelle ansie, nei momenti
di scoramento e rabbia che un genitore in una simile situazione
inevitabilmente vive. Le ottime interpretazioni di Kim
Rossi Stuart e di Andrea Rossi, oltre che
di Charlotte Rampling e Pierfrancesco Favino, fanno il resto, offrendo
momenti intensi e toccanti.
Il film è corteggiato dai festival
internazionali, partecipa in concorso a Venezia, dove però, seppure
tra i favoriti, non ottiene i riconoscimenti sperati. Questi
arrivano invece dalla critica: quella internazionale premia col
Globo d’Oro Kim Rossi Stuart, mentre quella
nostrana premia Amelio come migliore regista col Nastro d’Argento,
ma anche gli sceneggiatori, Luca Bigazzi per la
fotografia e Alessandro Zanon per il suono in presa diretta.
Il 2005 è l’anno di Romanzo
criminale. Kim aveva già lavorato con Michele
Placido anni prima in un film di Giulio Base
(Polizziotti 1994). Ora è invece il Michele
Placido regista di appassionate pellicole sulla
più controversa storia italiana che vuole l’attore romano per
interpretare il Freddo nel film tratto dal libro di
Giancarlo De Cataldo, liberamente ispirato alle
vicende della banda della Magliana, riproposte in chiave romanzata.
In questa rievocazione della parabola criminale della banda entra
anche, e non potrebbe essere altrimenti, uno spaccato dell’Italia
di quegli anni, in cui la delinquenza comune s’intreccia alla
mafia, al terrorismo ed emergono lati oscuri, che coinvolgono sfere
più alte, ombre che si allungano fino all’oggi. I tre protagonisti
– Libanese (Pierfrancesco
Favino), Freddo (Kim Rossi Stuart),
Dandi (Claudio Santamaria) sono amici d’infanzia
che scelgono la strada della malavita. Vogliono ottenere denaro e
potere ad ogni costo, e al prezzo di efferati crimini ci
riusciranno. Ma vediamo anche il loro lato umano, indispensabile
per farne personaggi vividi e realistici. Quindi, violenza e
ferocia, ma anche coraggio, lealtà, debolezze e fragilità. Placido
riserva una fine tragica e violenta a tutti i suoi protagonisti, in
un crescendo vorticosamente avvincente. Impeccabile
l’interpretazione del Freddo da parte di Kim Rossi
Stuart, così come quella degli altri protagonisti –
tutti premiati col Nastro D’Argento, mentre a Pierfrancesco Favino
va anche il David – e dell’intero cast. Ne fanno parte anche
Stefano Accorsi,Riccardo Scamarcio,
Jasmine Trinca, Elio Germano. Il film ha un enorme
successo e fa incetta di riconoscimenti – premiati anche gli
sceneggiatori Rulli, Pertraglia e De Cataldo per uno script senza
pecche. Dalla pellicola sarà tratta un’altrettanto fortunata serie
televisiva. Arrivano però anche molte polemiche per il rischio
d’identificazione con i personaggi negativi, di cui si teme restino
vittime soprattutto i giovani spettatori. Certo, il rischio di
subire il fascino del male c’è, ma è insito nella natura umana
perché, come Placido ha ricordato spesso pure riguardo al suo
Vallanzasca – gli angeli del male, esso è una parte
di noi che nascondiamo anche a noi stessi, ma riemerge quando
vediamo il male agito da qualcun altro.
Il 2005 per Kim Rossi
Stuart è però anche l’anno di un grave incidente stradale,
di cui resta vittima mentre è in moto, fermo a un semaforo a Roma:
viene travolto da un’auto che fa un’inversione a “U” e finisce in
rianimazione con un trauma toracico, entrambe le gambe e i polsi
fratturati. Dopo una lunga riabilitazione, si riprende
perfettamente dall’incidente, che in seguito ricorda così: “Fu
rischioso e mi è andata anche molto bene. Tutto ciò che è accaduto
dopo l’ho preso quasi come una vacanza”.
Della “vacanza” che è seguita,
dunque, fa parte anche la decisione di esordire dietro la macchina
da presa. È il 2006 quando Rossi Stuart dirige e interpreta
Anche libero va bene, intenso e verosimile ritratto
familiare: Renato – da lui stesso interpretato – è un padre in
difficoltà economica ed esistenziale, alle prese con due figli da
crescere, Viola e Tommi (Alessandro Morace), cui è
molto legato e con una moglie, Stefania (un’ottima Barbora
Bobulova), che, come dice il figlio, “va e viene”. Rossi
Stuart ci conduce con sicurezza nella loro vita: vera, fatta di
piccoli gesti quotidiani, apparentemente semplici e banali, ma
importanti – anche grazie a un’attenzione per i particolari non
comune, mostrandoci una fase difficile, piena di incomprensioni.
Queste nascono soprattutto perché, ecco il tema del film, i
genitori, ciascuno a suo modo, sono più immaturi dei figli e
commettono spesso, egoisticamente, l’errore di considerarli già
grandi.
Così i figli – il punto di vista
adottato è quello del piccolo Tommi – sentono gravare su di loro
pesi enormi, mentre vorrebbero spazio e attenzione da parte dei
genitori e un clima sereno per crescere. È Tommi, alla fine, a
dimostrare una inattesa capacità di comprendere e sostenere il
padre. Si trova a consolarlo, chiedendogli però, in cambio,
di imparare ad ascoltare le sue esigenze di bambino. Rossi
Stuart è al solito impeccabile nei panni di Renato, un uomo
profondamente provato dalla vita, stanco, con un carattere
difficile, orgoglioso, che vuol mostrarsi tutto d’un pezzo ma
rischia di andare in frantumi da un momento all’altro. Il film ha
momenti anche molto duri e riesce ad evitare i facili
sentimentalismi, bagnandosi continuamente nel reale. Piace sia in
Italia che all’estero. Il regista riceve il David di Donatello, il
Nastro d’Argento e il Premio Flaiano come miglior esordiente;
mentre il film è premiato col Globo d’Oro e il Ciack d’Oro come
migliore opera prima. Passa al Festival di Cannes, dove è accolto
calorosamente. Infine Kim riceve dal Capo dello Stato,
Giorgio Napolitano, il Premio Vittorio De Sica
2006.
Dopo le soddisfazioni della regia,
torna solo attore nel film di Riccardo Milani dedicato alla vita
del jazzista Luca Flores, Piano solo: grande
musicista dalla personalità sensibile e tormentata, afflitto da una
depressione che lo ha portato a togliersi la vita a trentanove
anni. Ancora una volta una prova estremamente ardua affrontata con
esiti di commovente intensità. Nel cast anche una sorprendente
Paola Cortellesi, perfettamente a suo agio anche
in veste drammatica, nel ruolo della sorella di Luca.
Nel 2009 Kim è in Questione
di cuore di Francesca Archibugi, metà
dramma e metà commedia, in cui può mostrare anche la vena più
ironica del suo talento, accanto ad un Antonio
Albanese in ottima forma, con cui compone una coppia
comico-tragica di indubbia efficacia. La figura di Angelo,
meccanico romano quarantenne, infartuato grave che in ospedale
stringe un’inconsueta amicizia con lo sceneggiatore Alberto
(Albanese), è tratteggiata con spontaneità e misura
impeccabile sia nei frangenti ironici e addirittura comici, che nei
risvolti più tragici, profittando anche dell’immediatezza con cui
l’attore sa calarsi in un certo tipo di romanità, pragmatica, a
volte cinica o caustica, ma anche di affetti e legami sinceri.
Del film ha parlato come di “un
altro viaggio in una certa romanità che io amo molto e che quindi
amo anche rappresentare”. La pellicola ha infatti il pregio di
riportare al cinema la Roma verace dei quartieri popolari (qui, il
Pigneto, dove si trova l’officina di Angelo e dove sono state
girate molte scene). Rossi Stuart ha anche voluto sottolineare come
in questo e in altri suoi personaggi recenti, abbia cercato di
“esplorare ed esaltare gli aspetti ironici”.
Di Micaela
Ramazzotti, che nel film offre un’intensa interpretazione
della moglie di Angelo, Rossana, parla come di “una compagna di
viaggio ideale, un’attrice collaborativa e intelligente”. La
collaborazione tra i due attori ha infatti funzionato tanto, che
sembra Rossi Stuart debba essere il protagonista di un film di
Paolo Virzì, accanto proprio a Micaela
Ramazzotti e Stefania Sandrelli (lo
dichiara lo stesso attore in diverse interviste dell’epoca ed
evidentemente si tratta de La prima cosa bella). Il
progetto però non si concretizza (quel ruolo andrà, poi, a
Valerio Mastandrea).
A concretizzarsi invece, è un altro
progetto e nel 2010 vediamo Kim in una straordinaria prova d’attore
nei panni di Renato Vallanzasca in
Vallanzasca – gli angeli del male, che Michele
Placido dirige con uno stile in tutto e per tutto simile a quello
già scelto per Romanzo criminale, avvalendosi della
collaborazione dell’attore romano anche per la sceneggiatura.
Ascesa e caduta della banda della Comasina, che negli anni Settanta
terrorizzò Milano con rapine e omicidi, e del suo leader, il bel
René, ladro per scelta e per vocazione, assassino, ma anche uomo
misterioso e affascinante, che ha fatto innamorare centinaia di
donne italiane, come testimonia la copiosa corrispondenza ricevuta
in carcere. L’ennesima figura controversa e sfaccettata, alla cui
interpretazione Rossi Stuart dice di essersi accostato con questo
spirito: “mi sono posto di fronte a questo personaggio, come a
tutti quelli che ho fatto, in maniera molto laica, senza nessuna
necessità di giudicare”, ma solo, dice, “per cercare di
capire”. Mentre a proposito della complessità di questa figura
ha dichiarato: “penso che nell’anima di ognuno non ci siano solo
due “io”, due propensioni; penso che ce ne siano decine”.
“In questo personaggio ci sono
tante voci (…), tutte voci molto estreme, radicali.
L’interesse del personaggio risiede proprio in questo, è ciò che ne
fa un personaggio di statura shakespeariana in qualche modo, nel
bene e nel male”. “E’ una personalità camaleontica, dalla
psicologia complicata”, al punto che, arriva a dire il suo
interprete, Renato Vallanzasca “resta un mistero”. In
particolare, ciò che l’attore ha voluto fare è stato “raccontare
un percorso” catturandone l’essenza. L’intento era quello di
“crescere, di conoscere cose importanti e attraverso
questo, far conoscere anche allo spettatore cose che lo portino ad
una crescita”. In questo caso, si è trattato di “un percorso
di delitto e castigo, di espiazione” perché, ha affermato,
“il cinema non dev’essere moralistico, ma deve porsi delle
domande su ciò che sta facendo”. Dunque non un’apologia, ha
ribadito, a dispetto delle polemiche che puntuali sono arrivate.
Ha poi posto l’accento sulla coerenza dell’uomo
nell’ammettere le proprie responsabilità: “Ha scontato
quarant’anni di carcere, ha sempre detto di essere un fuorilegge e
sta ancora pagando”.
Per la sua impeccabile
interpretazione, cui contribuisce anche un accento milanese ben
studiato, Rossi Stuart riceve il Nastro d’Argento. Per festeggiare,
l’attore inscena una curiosa quanto inattesa performance, ballando
sul palco del Teatro antico di Taormina. Ottiene anche il Premio
Flaiano e il Ciack d’Oro. E il momento è felice pure nella vita
privata: con la sua compagna, Ilaria Spada,
è in attesa di un figlio, Ettore, che nascerà a novembre 2011.
Attualmente, pare sia a lavoro sul
soggetto del suo prossimo film da regista, che vorrebbe solo
dirigere e non interpretare, ma intanto lo vedremo di nuovo attore
in Anni felici di Daniele Luchetti,
presentato in anteprima mondiale al Festival di Toronto: storia
parzialmente autobiografica della famiglia del regista negli anni
Settanta, dove Kim interpreta il padre, un artista d’avanguardia, e
Micaela Ramazzotti veste i panni della madre. In
sala dal 3 ottobre.
Celebre attore dell’attuale panorama
cinematografico italiano, Kim Rossi Stuart è noto
per le sue partecipazioni televisive, e ancor più per le sue
incursioni sul grande schermo. Negli anni l’attore ha così avuto
modo di lavorare con importanti attori e celebri registi,
dimostrando una continua versatilità e guadagnandosi le attenzioni
di critica e pubblico.
Ecco 10 cose che non sai su
Kim Rossi Stuart.
Kim Rossi Stuart: i suoi film
1. Ha recitato in celebri
lungometraggi. L’attore ha debuttato al cinema nel 1986,
con un piccolo ruolo nel film Il nome della rosa.
Successivamente recita in Il ragazzo dal kimono d’oro
(1987), Domino (1988), Lo Zio indegno (1989),
Un’altra vita (1992), Cuore cattivo (1994),
Senza pelle (1994), Al di là delle nuvole (1995),
La ballata dei lavavetri (1998), e Pinocchio
(2002). La consacrazione arriva però con Le chiavi di casa
(2004), e da quel momento partecipa a celebri film come Romanzo
criminale (2005), Anche libero va bene (2005),
Questione di cuore (2009), Vallanzasca – Gli angeli
del male (2010), Anni felici
(2013), Meraviglioso Boccaccio (2015), Tommaso
(2016) e Gli anni più belli (2020).
2. Ha preso parte a
produzioni televisive. L’attore ha, parallelamente al
cinema, preso parte anche a diverse produzioni televisive. Tra
queste si ricordano la miniserie Il ricatto (1988) e, in
particolare, la serie Fantaghirò (1991-1994), che lo ha
reso celebre, dove l’attore ricopriva il ruolo di Romualdo.
Successivamente prende parte anche ai film televisivi Uno
bianca (2001) e Il tunnel della libertà (2004). Nel
2017 torna in televisione con la miniserie Maltese – Il romanzo
del Commissario.
3. È anche regista e
sceneggiatore. Nel 2006 Stuart esordisce alla regia con il
film Anche libero va bene, da lui anche sceneggiato, e che
gli farà vincere un David di Donatello come miglior regista
esordiente. Nel 2016 realizza la sua opera seconda, il film
Tommaso. Stuart ha inoltre partecipato alla scrittura del
film Vallanzasca – Gli angeli del male, di cui è anche
interprete.
Kim Rossi Stuart: chi è sua
moglie
4. È sposato. Dal
marzo del 2019 Stuart è sposato con l’attrice e conduttrice
televisiva Ilaria Spada, nota per aver recitato in
film e serie TV come Questa notte è ancora nostra e
Don Matteo. Non si hanno notizia riguardo l’inizio della
loro relazione, poiché la coppia ha sempre mantenuto lontana la
propria vita privata dai riflettori della celebrità. È tuttavia
risaputo che hanno avuto un figlio, nato nel novembre del 2011.
Kim Rossi Stuart: il suo
incidente
5. Ha avuto un incidente
motociclistico. Nell’ottobre del 2005, a Roma, l’attore è
vittima di un incidente con la propria moto, tamponato da un’auto.
Dopo una prognosi riservata, l’attore fa sapere di stare bene e non
essere in pericolo di vita. Dopo alcuni mesi di riabilitazione si
ristabilisce correttamente.
Kim Rossi Stuart è Lucignolo
6. Ha interpretato il
celebre personaggio. Nel 2001 l’attore viene scelto per
ricoprire il ruolo di Lucignolo nel film Pinocchio,
adattamento cinematografico dell’opera di Collodi per mano di
Roberto
Benigni. Come risaputo, nel film il personaggio di
Stuart stringe amicizia con il burattino protagonista, portandolo
sulla cattiva strada per il paese dei balocchi.
Kim Rossi Stuart dirige
Tommaso
7. È la sua opera seconda da
regista. Nel 2016 l’attore presenta fuori concorso alla
Mostra del Cinema di Venezia, il film Tommaso, da lui
scritto, diretto e interpretato. Il film è incentrato sul giovane
protagonista, un attore giovane e bello che, appena lasciatosi con
la sua ultima fidanzata, sente di potersi aprire ad una sconfinata
libertà di avventure sentimentali.
8. Ha scavato nella propria
emotività. Nel momento in cui decise che voleva girare un
nuovo film, l’attore era indeciso sulla storia da raccontare. Come
dichiarato in un’intervista, alla fine decise che la cosa più sana
fosse cercare qualcosa dentro di sé. L’attore ha così scavato nella
propria emotività raccontando una storia che avvertiva come molto
personale.
Kim Rossi Stuart: i suoi film del
2020
9. Tornerà al cinema da
protagonista. Nel 2020 l’attore tornerà al cinema con il
film Gli anni più belli, diretto da Gabriele
Muccino e dove reciterà accanto agli attori
Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria, e
Micaela Ramazzotti. La storia del film segue
quella di quattro amici, raccontando il loro rapporto nell’arco di
40 anni, con sullo sfondo i cambiamenti dell’Italia nel corso del
tempo.
Kim Rossi Stuart: età e
altezza
10. Kim Rossi Stuart è nato
a Roma, in Italia, il 31 ottobre 1969. L’attore è alto
complessivamente 187 centimetri.
Attrice particolarmente attiva in
ambito televisivo, Kim Raver ha collezionato nel
corso degli anni alcuni ruoli di rilievo in celebri serie TV. In
questo modo ha potuto imporsi come uno dei volti di punta,
dimostrando continuamente di maturare in versatilità e doti
interpretative. Ecco 10 cose che non sai di Kim
Raver.
Kim Raver: le serie TV e i suoi
film
10. Ha recitato in celebri
prodotti televisivi. L’attrice inizia a farsi conoscere
sul piccolo schermo grazie al suo ruolo nella serie Squadra
emergenza (1999-2005), dove ricopre il ruolo di Kim Zambrano.
Negli anni recita anche in titoli come 24 (2004-2007),
The Nine (2006-2007), Lipstick Jungle (2008-2009)
e Grey’s
Anatomy, dove dal 2009 ricopre il ruolo di Teddy Altman,
recitando accanto agli attori Ellen Pompeo,
Patrick Dempsey,
Sandra Oh e
Chandra
Wilson. Contemporaneamente prede parte anche ad alcuni
episodi di Revolution (2012-2013), 24: Live Another
Day (2014), Ray Donovan
(2018), con Liev
Schreiber, e Designated
Survivor (2018).
9. Ha preso parte a film
per il cinema. Nel corso degli anni l’attrice ha in
diverse occasioni recitato in alcuni film per il grande schermo.
Dopo essere comparsa in titoli minori come Martin & Orloff
(2002), Mind the Gap (2004) e Keep Your Distance
(2005), ottiene il ruolo di Erica Daley in Una notte al
museo (2006), con protagonista Ben
Stiller. Nel 2007 è invece Renee nel thriller
Prisoner, con l’attore Julian
McMahon.
8. È anche
produttrice. Nel 2019 la Raver ricopre per la prima volta
anche il ruolo della produttrice, svolgendo tale attività per il
film romantico Tempting Fate, da lei anche co-diretto.
Nello stesso anno è anche produttrice esecutiva dei film To
Have and to Hold e Family Pictures. Così facendo la
Raver dimostra un interesse per il cinema e la televisione non
limitato all’aspetto recitativo, ampliando invece il proprio raggio
d’azione.
Kim Raver è su Instagram e
Twitter
7. Ha un account su
Instagram. L’attrice è presente sul celebre social network
con un profilo seguito da 1,2 milioni di persone. All’interno di
questo è solita condividere fotografie scattate in momenti di svago
quotidiano, da sola o in compagnia di amici. Non mancano però anche
diverse immagini o video promozionali dei suoi progetti da
interprete, come anche quelle tratte dai set da lei
frequentati.
6. È presente anche su
Twitter. Oltre ad Instagram, l’attrice possiede anche un
account sul social Twitter, dove ha un totale di circa 205 mila
follower. La Raver è qui solita condividere post riguardanti
i propri lavori da interprete, in particolare quello relativo alla
serie Grey’s Anatomy, ma non mancano anche post dove si
esprime su fatti di attualità.
Kim Raver in Una notte al
museo
5. Ha un ruolo nel celebre
film. Nel primo film della trilogia di Una notte al
museo, l’attrice ricopre il ruolo di Erica Daley, ex moglie
del protagonista Larry e madre del loro figlio Nick. Nel film il
personaggio dell’attrice è inizialmente restio nei confronti di
Larry e del suo nuovo lavoro, convincendosi però infine della bontà
d’animo delle sue azioni, specialmente nei confronti del
figlio.
Kim Raver in Grey’s Anatomy
4. Aveva scelto di
rinunciare al personaggio. L’attrice è comparsa per la
prima volta nel ruolo di Teddy Altman nella sesta stagione della
serie. A partire dalla settima stagione diventa parte del cast dei
personaggi fissi. La Raver rivelò tuttavia che aveva chiesto di far
concludere la sua storia con l’ottava stagione, e così accade. Il
personaggio uscì così di scena, ma ricomparve nuovamente a partire
dalla quattordicesima stagione, interpretato nuovamente dalla
Raver.
3. Non era stata subito ben
accolta. Il personaggio ricoperto dall’attrice non ha
avuto da subito una particolare accoglienza di pubblico, il quale
rimase invece piuttosto freddo nei suoi confronti. Con il procedere
della sua storia, e l’intreccio derivatone, gli spettatori
iniziarono tuttavia ad affezionarvisi, rimanendo particolarmente
colpiti dalla scelta dell’attrice di lasciare la serie.
Kim Raver in Designated
Survivor
2. Ha preso parte alla
serie Netflix. Nel 2018 l’attrice compare in sei episodi
della serie DesignatedSurvivor, dove
ricopre il ruolo della dottoressa Andrea Frost. Qui l’attrice è
tornata a recitare accanto all’attore Kiefer Sutherland, con il quale aveva già
collaborato per le serie 24 e 24: Live Another
Day.
Kim Raver: età e altezza
1. Kim Raver è nata a New
York, Stati Uniti, il 15 marzo 1969. L’attrice è alta
complessivamente 173 centimetri.
È online il primo teaser trailer di
Kim Possible, adattamento in live action della
serie vincitrice del Daytime Emmy Awards per la
categoria Outstanding Sound Mixing – Live Action and
Animation.
La giovane attrice Sadie
Stanley è stata scelta per interpretare l’eroina mentre
nel cast figurano anche Alyson Hannigan, Patton Oswalt, Todd
Stashwick, Taylor Ortega, Ciara Wilson, Erika Tham, Issac Ryan
Brown, Christy Carlson Romano e Connie Ray.
In passato la Disney aveva già
prodotto due lungometraggi televisivi basati sulla serie
(Kim Possible: A Stitch in Time nel 2003
e Kim Possible: So the Drama nel
2005).
È tramite un annuncio ufficiale
divulgato dall’Hollywood Reporter che Adam
Bonnett, produttore esecutivo di Disney
Channel, ha confermato che l’azienda sta attualmente
sviluppando un progetto sulla trasposizione in live action di
Kim Possible, la serie televisiva andata in onda
dal 2002 al 2007.
“Mark
McCorkle e Bob Schooley hanno creato un personaggio in cui i
bambini di tutto il mondo hanno trovato un’amica, una ragazza
normale che trascorre le sue ore scolastiche a combattere i
cattivi. Ci stiamo lanciando nella sfida di rendere Kim e gli altri
personaggi dimensionali, e siamo entusiasti all’idea di lavorare
ancora con loro dando il benvenuto ad un nuovo dinamico team
creativo“.
Nel 2005 la serie ha
vinto il Daytime Emmy Awards per la categoria Outstanding
Sound Mixing – Live Action and Animation.
In passato la
Disney aveva già prodotto due lungometraggi televisivi basati sulla
serie (Kim Possible: A Stitch in Time nel 2003 e
Kim Possible: So the Drama nel 2005).
Kim Kardashian
super seducente posa nuda sul letto in queste foto scattate per
l’edizione dell’anno di GQ British. La
showgirl ha anche rivelato alcuni dettagli piccanti tra lei e il
marito, Kanye West: “Con mio maritoKanyehouna vita sessualeincredibile. Per quanto riguarda un sex tape? .. è
interessato ma non l’abbiamo mai fatto. Ma è qualcosa che non
voglio dare al pubblico. Non voglio fare lo stesso errore due
volte. “.
E’ una Kim Kardashian molto hot quella
sulla copertina del primo numero di Paper
Megazine che sta facendo discutere molto la rete, e
dopo le critiche dei più sentenziosi oggi arrivano anche
l’approvazione del marito Kanye West che attraverso il suo profilo
Twitter ha lodato la sensualità di sua moglie. Tra i dissidenti
anche la “concorrente” Naya Rivera che ha commentato lapidante
” Tu sei la madre di qualcuno”. Intanto eccovi la scandalosa
copertina:
Kim Kardashian è nota
principalmente per il reality show Al passo con i
Kardashian (Keeping Up with the Kardashians), che
ruota intorno alla vita della famiglia Kardashian/Jenner. Dato
l’ottimo successo del programma, che diventa lo show più seguito
della rete televisiva E!, vengono prodotti altri tre reality
show sulla famiglia Kardashian uno dei quali, Le sorelle
Kardashian a New York (Kourtney and Kim Take New
York), vede Kim come protagonista insieme alla sorella
maggiore Kourtney.
Attrice simbolo degli anni Ottanta e
Novanta, Kim Basinger si è resa celebre per la sua
partecipazione ad alcune tra le pellicole più celebri di quel
tempo, affermandosi per le sue doti e la sua bellezza. Ancora oggi
viene indicata come una vera e propria icona, capace di attirare su
di sé tutte le attenzioni di critica e pubblico.
Ecco 10 cose che non sai su
Kim Basinger.
2Parte delle cose che non sai
sull’attrice
Kim Basinger in Batman
5. Aveva rifiutato il ruolo nel
film. L’attrice era la prima scelta dei produttori per
ricoprire il ruolo di Vicky Vale nel film Batman, ma
questa rifiutò per via di altri impegni precedentemente presi. Fu
allora sostituita con un’altra interprete, la quale però si
infortunò durante le prove sul set. A quel punto, la Basinger fu
ricontattata una settimana prima che iniziassero le riprese, e i
produttori la scongiurarono di accettare il ruolo. Liberatasi dai
precedenti impegni, l’attrice fu libera di accettare la
parte.
4. Non era prevista nel
finale. Inizialmente, secondo sceneggiatura, lo scontro
finale tra Batman e Joker non prevedeva altri personaggi coinvolti.
L’attrice tuttavia suggerì di aggiungere Vicky Vale, poiché
mettendo in pericolo l’interesse amoroso del supereroe si sarebbe
alzato il livello della tensione. I produttori acconsentirono, e
fecero così riscrivere il finale.
3. È divenuta nota per le sue
grida. Essendo legata sentimentalmente a Bruce Wayne, il
personaggio di Vicky Vale viene inevitabilmente più volte esposto
al pericolo. All’interno del film, la Basinger si è così esibita in
ben ventitre grida, nei momenti in cui si trova, o crede di
trovarsi, in pericolo. Questo dettaglio ha più volte fatto indicare
l’attrice come una possibile “scream queen”.
Kim Basinger: dov’è oggi?
2. Non recita da alcuni anni.
Nell’ultimo decennio le presenze al cinema dell’attrice si sono
piuttosto diradate, e il suo ultimo ruolo ufficiale è quello nel
film Cinquanta sfumature di rosso. Inoltre, attualmente la
Basinger non sembrerebbe avere film in programma, e molti fan
attendono il suo ritorno sulle scene.
Kim Basinger: età e altezza
1. Kim Basinger è nata a
Athens, in Georgia, Stati Uniti, l’8 dicembre 1953.
L’attrice è alta complessivamente 172 centimetri.
Kim Basinger ha ottenuto il ruolo
della protagonista femminile in Grudge Match,
nuovo film prodotto dalla Warner con Sylvester Stallone e Robert
DeNiro:la pellicola racconterà la storia di due pugili che a 50
anni dall’ultimo match decidono di ritrovarsi per combattere
un’ultima volta.
Grudge Match sarà diretto
da Pete Segel su una sceneggiatura di Tim Kelleher.
La Basinger è attualmente sul set
del film di Paul Haggis Third Person.
Tutti gli eroi del
Marvel Cinematic Universe sono
stati sconfitti da Thanos alla fine di
Avengers: Infinity War, ma c’è un personaggio che,
secondo il suo interprete, potrebbe avere un piano per batterlo sul
campo: Erik Killmonger.
Queste sono state le
parole di Michael B. Jordan, che ha vestito i
panni dell’antagonista di T’Challa in Black
Panther, sull’ipotetico scontro fra i due:
“Penso un
pregio di Killmonger sia il fatto di panificare
i suoi attacchi, e sono sempre ben pensati.
Quindi, se mai si fosse trovato di fronte a Thanos, avrebbe saputo
di avere almeno una possibilità. Voglio dire, sappiamo già che Erik
vuole sacrificarsi per un bene superiore, quindi non penso che
abbia mai avuto paura di morire, e se ci fosse stata l’occasione,
avrebbe già avuto un piano per battere Thanos“.
Killmonger è apparso di recente in
Black Panther, ma non è detto che non possa tornare nel sequel
annunciato da Kevin Feige.
Di seguito la sinossi del
film:
Black Panther segue T’Challa
che, dopo gli eventi di Captain America Civil War, torna a casa,
nell’isolata e tecnologicamente ultra avanzata nazione africana,
Wakanda, per prendere il suo posto in qualità di nuovo re.
Tuttavia, un vecchio nemico ricompare sui radar e il doppio ruolo
di T’Challa di sovrano e di Black Panther è messo alla prova,
quando viene trascinato in un conflitto che mette l’intero fato di
Wakanda e del mondo in pericolo.
Chadwick
Bosemaninterpreta il protagonista, T’Challa, già
visto in Captain America Civil War. Nei ruoli
principali del film ci saranno, oltre a Boseman,
Michael B. Jordan, Lupita Nyong’O, Danai Gurira, Martin Freeman,
Daniel Kaluuya, Angela Basset, Forest
Whitaker e Andy Serkis. Nei
ruoli di comprimari compariranno invece Letitia
Wright, Winston Duke, Florence Kasumba, Sterling K.
Brown e John Kani.
Come un beffardo déjà-vu, a
ventiquattro ore esatte dalla proiezione del discusso The
Nightingale di Jennifer Kent, lo
schermo del concorso di
Venezia 75 torna a tingersi di sangue e a mostrare
stupri, mutilazioni e atrocità varie, con Zan
(Killing) di Shin’ya
Tsukamoto.
Killing, la trama
Ambientato nel Giappone feudale del
diciannovesimo secolo, Killing narra la
storia di Mokunoshin Tsuzuki, un Ronin, ovvero un
samurai senza padrone, che lavora in una comunità di agricoltori di
una povera risaia sperduta tra i monti. Il ronin si allena
quotidianamente con Ichisuke, sotto gli occhi di sua sorella Yu,
che disapprova la loro dedizione al combattimento. Tra Mokunoshin e
Yu c’è attrazione e una relazione velata, mai dichiarata.
Tutto sembra scorrere in modo tranquillo, ma un giorno arriva
alla risaia Jirozaemon Sawamura, un abile ronin,
tanto spietato quanto gentile, che cerca abili samurai da portare
al servizio di un signore locale.
Shin’ya Tsukamoto,
autore di culto, creatore di capolavori come i tre film della
trilogia di Tetsuo, Tokyo fist,
A snake of June, Vital e Kotoko,
arriva a Venezia con una storia classica sul mondo dei samurai, da
lui scritta, diretta, prodotta e montata, oltre ad apparire anche
come attore. Realizza un film feroce, potente, raccontato con
sguardo fulminante, come il riflesso sulla lama della katana,
raccogliendo consensi e applausi in sala fin dalle prime
inquadrature, che mostrano la forgiatura di una spada, sottolineata
da una musica travolgente, che esalta e trascina i suoi tanti
sostenitori.
Ma nonostante questo
Killing rimane un’esibizione di stile e
capacità tecniche, che poco aggiungono alle istanze espressive
scaturite in passato dalla mente di Tsukamoto, come quel manifesto
della nuova carne che teorizzava ibridazioni tra organico e
tecnologico. Un corpo-macchina affine alle tematiche di Cronenberg,
che il regista giapponese considera suo padre spirituale. Il film
procede veloce e vivace, tra duelli, stupri, mutilazioni,
masturbazioni, schermaglie amorose sado-masochistiche e sangue a
fiumi, dipanando una trama esile e ormai abusata, dove l’unico
elemento di riflessione è l’incapacità del protagonista nel
riuscire a uccidere. Ed è paradossale che le situazioni similari
viste nel film di Jennifer Kent, seppure con
un’istanza narrativa completamente differente, vengano qui esaltate
e fomentate, con sentito apprezzamento e scrosci di applausi.
Killing è una
classica storia di samurai, con tanto sangue, arti mutilati,
soprusi e vendette, ma nulla di più. È un’opera minore di un autore
geniale che ha costruito una sua poetica originale, divenuta
culto.